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La pittura profana del d’Arpino

La pittura profana del d’Arpino...La Giuditta del D’Arpino nella descrizione di G. B. Agucchi « […]ma sopra tutte vi è bellissima dipinta la Vedovella di Betulia, alla quale

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La pittura profana del d’Arpino

Il trionfo dell’amore per Corradino Orsini (in occasione

del matrimonio di Virginio Orsini e Flavia Peretti), 1595.

Roma, Palazzo del Pio Sodalizio dei Piceni.

Ganimede, particolare, 1595.

Roma, Palazzo del Pio

Sodalizio dei Piceni.

Frascati, Villa Aldobrandini 1595 ca

Cavalier d’Arpino, Scene dell’Antico

Testamento, Peccato originale, 1602-

3, Frascati, Villa Aldobrandini di

Frascati.

Logge di Raffaello, part. Creazione di Eva

Nella Relazione della Villa Belvedere, G. B.

Agucchi (Archivio Aldobrandini di Frascati)

scrive al duca Carlo I Emanuele di Savoia che a

coloro i quali «l’amenità et delitia della Villa et

giardino godono» si ricorda «quanto sia facile

il perderla a chi con parca mano non l’usa et

non ritiene il gusto con il freno

dell’osservanza, et a ogni luogo et in ogni

tempo, de’ divini precetti».

G. Romano, Isacco e Rebecca spiati da Abimelech, Vaticano, Logge di Raffaello, 1517 ca.

C. d’Arpino, Giuditta, 1602-3. Frascati, Villa Aldobrandini. /C. d’Arpino, Santa Barbara, 1596-97. Santa Maria in Traspontina

La Giuditta del D’Arpino nella descrizione

di G. B. Agucchi « […]ma sopra tutte vi è bellissima dipinta la Vedovella di Betulia, alla quale pare che si come Iddio oltre che

la natural bellezza aggionse lo splendore, così habbia concesso in honore di sì gran donna che il Pittore

oltre l’arte et la bellezza et simmetria di questa pittura vi aggionga la gratia et la leggiadria […] et

con passo più tosto frettoloso andando si parte; la figura di Juidith è di proportionata et natural

grandezza ornata di vestito che parendo mosso dal vento scuopre li piedi et le gambe, et abigliata

al’Amazzone mostra la destra mammella, le braccia ignude, et una gran parte del petto acciò il

pittore l’arte sua scoprir possa; ha la testa vagamente acconcia, ma con una tal’ disprezzatura che

l’arte che vi è tanto maggiore non apparisce, anzi per una parte della chioma che oro fine pare al vento

sen’vola. Il volto è bellissimo ed è tra il pallido et il colorito in una maniera che accompagnato con la

espressione delli occhi, che bellissimi e scintillanti sono et con guardatura brusca spirando una

tal’fierezza et crudeltà, o pure se ripensando al gran fatto lo sdegno eccitato in lei dimostri, o

considerandolo maggiore di quello che al sesso suo convenisse se ne meravigli et spaventi. La fante

ha il volto senile così turbato e spaventato, che non pare immobile per esser pittura inanimata, ma

piuttosto che immobile la paura et lo sbigottimento resa l’abbia, et è stimata cosa singolare

giudicando molti non minor arte nel esprimer la bruttezza et paura di questa vecchia, che la bellezza et

fierezza insieme della delicata giovane. La testa di Holoferne, che con la pallidezza et languidezza

cascandoli le labbra, ha nel volto scolpita la morte, mostra così morta crudeltà et spira insieme

vino et lussuria. Non paiono a Vostra Serenissima queste cose per amplificatione, perch’è vero che à

giuditio di molti è questo il più bell’quadro di pittura che sia uscito di mano di Gioseppino, et gli ha

concesso Dio un dono particolare di esprimere in queste tre teste così bene gli affetti proportionati alle

qualità di ciascuna che meravigliose le rende forsi per mostrare in ogni luogo la grandezza di questo

fatto, et quando ammesse in costei come in tutte le altre donne la conservata fede al marito anco dopo

la morte»

La Giuditta nei versi

di Giovan Battista Marino (1602)

“Mira la vedovetta come

leggiadra, e forte

l’Impudico Amator

conduce a morte”.

Caravaggio, Ritratto di Giovan Battista Marino, 1600 ca. Londra Collezione privata. (già collezione Crescenzi).

Cavalier d’Arpino, Giuditta con la

testa di Oloferne. Berkeley,

University Art Museum.

Caravaggio, Giuditta, 1599 ca. o 1602. Roma, Galleria d’Arte

Antica (già collezione di Ottavio Costa).

G. Baglione, Giuditta, 1608. Roma,

Galleria Borghese.

C. d’Arpino, Giuditta, 1602-3. Frascati, Villa Aldobrandini.

Cavalier d’Arpino,

Giuseppe e la moglie di

Putifarre, 1600 ca.

Collezione privata.

Cavalier d’Arpino, Venere e Amore, 1600 ca. Collezione privata.

Diana e Atteone, 1600-1601. Parigi,

Louvre.

Cavalier d’Aprino, Diana e Atteone, particolare, 1603 ca. Olio su Rame.

Budapest, Szépmüvészeti Múzeum.

Alcuni precedenti

Giulio Mazzoni (Piacenza 1525-Roma 1590), Danae, 1550 ca. Roma, Palazzo

Capodiferro, Galleria.

Giulio Romano, Due amanti, San Pietroburgo, 1523-24. San Pietroburgo, Ermitage. «un altro quadro donatogli dal duca Federigo, [a Vespasiano Gonzaga] pur di mano di Giulio, nel quale è un giovane et una giovane abbracciati insieme sopra un letto, in atto di farsi carezze, mentre una vecchia dietro a un uscio nascosamente gli guarda: le quali figure sono poco meno che il naturale e molto graziose» (Vasari, Vita di Giulio Romano).

Il modello: La Danae di Tiziano

Modelli michelangioleschi per Tiziano: la perduta Leda e il cigno di (terminata

nel 1530) e la Notte delle tombe medicee

Cornelis Bos (da Michelangelo), Leda, dopo il 1537.

Michelangelo, La Notte (tomba di Giuliano de Medici), 1526-31.

La decorazione della Galleria di

Palazzo Capodiferro si caratterizza per

una pervadente sensualità che si mostra

nelle statue in stucco, a nudo integrale,

nei soggetti mitologici e allegorici.

Sopra il cornicione che circonda la

galleria sono nascosti nella decorazione

alcune immagini di falli, in

coordinamento con i soggetti erotico-

allegorico ripresi dalle pitture. La

datazione avanzata, molto dice sulla

personalità del committente, il

Cardinale Girolamo Capodiferro

(1502-1559), ricordato dalle cronache

fra i porporati mondani «avvezzi a

vivere licenziosi» (Pastor, Storia dei

Papi, VI, p. 619), non sensibili al

nuovo clima di riforma avviato da

Paolo III Farnese.

Giulio Mazzoni e aiuti, Galleria degli Stucchi, 1550. Roma, Palazzo Capodiferro.

Giovanni da Udine, Villa

Farnesina, Loggia di

Psiche, particolare, 1518

ca.

• Francesco Urbini, Testa de cazi (da Casteldurante), 1536, piatto maiolica. diametro 23 centimetri Ashmolean Museum, Oxford.

Interessante l’introduzione

del tema voyeuristico,

diffuso nel Rinascimento. Un

probabile riferimento è alla

figura della «mezzana»

popolare nelle commedie di

Plauto all’epoca molto

rappresentato e imitato nella

commedia di corte. Cfr. A.

Camarda, I Modi: genesi e

vicissitudini di un’opera

proibita tra Rinascimento e

Maniera, in «Storia

dell’arte», 2005, n. 110, pp.

75-104.

Da Marcantonio Raimondi, Modo XI, probabilmente Venezia 1527. Dall’unica edizione

cinquecentesca illustrata superstite dei Sonetti lussuriosi (Cosiddetta edizione

«Toscanini»).

I XVI modi disegnati da Giulio Romano e incisi da

Marcantonio Raimondi (prima ed. 1525 ca.).

Da Marcantonio Raimondi (versione in controparte), XI modo, XVI secolo (post. 1524). Xilografia, Vienna Albertina (Cfr. H. Zerner, L’Estampe erotique au temps de Titien, in Tiziano e Venezia, convegno internazionale di studi, Vicenza, 1980, p. 86).

Giulio Romano, Amanti, 1530. Penna, inchiostro acquerello preparazione a

matita nera. Budapest Szépmüvészeti Múzeum.

Gli Amori degli Dei di Jacopo Caraglio

(disegni di Rosso Fiorentino e Perin del Vaga)

- Serie di venti soggetti erotici a tema mitologico (rispetto ai

Modi di Giulio Romano vi è quindi il filtro erudito del mito).

- Prima serie pubblicata nel 1527 dal Baviera (stesso editore dei

Modi).

- Gli Amori degli Dei, rispetto ai Modi, rappresentano passioni

più attenuate e di un erotismo decisamente meno spinto. Anche

i sonetti che accompagnano le immagini sono lontanissimi

dalla volgarità esplicita dell’Aretino. I filtri dell’erudizione

mitica hanno consentito la sopravvivenza dei rami, replicati in

successive edizioni, tenendo la serie lontana dalla censura.

Jacopo Caraglio (da

Perin del Vaga), Marte e

Venere, 1527.