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1 BENITO CALONEGO LA POESIA DEL GIORNO E DELLA NOTTE (Dai primi chiarori dell’alba fino a notte fonda)

LA POESIA DEL GIORNO E DELLA NOTTE · 4 ALBA E AURORA Il cielo scuro scuro Il cielo scuro scuro lentamente s'imbianca, si spengon le stelle... Ecco l'alba che avanza. La stella mattutina

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BENITO CALONEGO

LA POESIA DEL GIORNO E

DELLA NOTTE

(Dai primi chiarori dell’alba fino a notte fonda)

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LE ORE DEL GIORNO

I momenti del giorno

Il cielo scuro scuro

lentamente s'imbianca,

si spengon le stelle...

Ecco l'alba che avanza.

Il cielo, ora più chiaro,

di rosa si colora,

si svegliano gli uccelli,

sta arrivando l'aurora.

Il cielo fiammeggiante

ha raggi d'oro fino.

Il sol splendente appare:

ecco il fresco mattino.

Dal cielo il sole diffonde

luce e calore intorno,

tutto ha riflessi d'oro:

è il caldo mezzogiorno.

Il sole lentamente

dilegua dietro il monte.

Quanti colori in cielo!

E' bello anche il tramonto.

Fioriscono le stelle

nel cielo che scurisce.

Cala la notte buia

così il giorno finisce.

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ALBA E AURORA

Il cielo scuro scuro

Il cielo scuro scuro

lentamente s'imbianca,

si spengon le stelle...

Ecco l'alba che avanza.

La stella mattutina (Jone di Ceo)

Aspettiamo la stella mattutina

dall'ala bianca che viaggia nelle tenebre,

primo annunzio del sole.

L'assiuolo (Giovanni Pascoli)

Dov’era la luna? ché il cielo

notava in un’alba di perla,

ed ergersi il mandorlo e il melo

parevano a meglio vederla.

Venivano soffi di lampi

da un nero di nubi laggiù;

veniva una voce dai campi:

chiù...

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Le stelle lucevano rare

tra mezzo alla nebbia di latte:

sentivo il cullare del mare,

sentivo un fru fru tra le fratte;

sentivo nel cuore un sussulto,

com’eco d’un grido che fu.

Sonava lontano il singulto:

chiù...

Su tutte le lucide vette

tremava un sospiro di vento:

squassavano le cavallette

finissimi sistri d’argento

(tintinni a invisibili porte

che forse non s’aprono più?...);

e c’era quel pianto di morte...

chiù...

Il cielo ora più chiaro

Il cielo, ora più chiaro,

di rosa si colora,

si svegliano gli uccelli,

sta arrivando l'aurora.

Ecco già il sole guida verso la terra (Euripide)

Ecco già il sole guida verso la terra

il suo carro splendente

ed a quel fuoco le stelle

fuggono nella sacra notte,

già i monti più alti

ricevono la luce del giorno.

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MATTINA

Il cielo fiammeggiante

Il cielo fiammeggiante

ha raggi d'oro fino.

Il sol splendente appare:

ecco il fresco mattino.

La vigna (Diego Valeri)

La vigna, che ha dormito

la breve notte rorida di stelle,

si sveglia al primo battere di ciglia

del cielo dì levante:

se tu premi l'orecchio su le zolle,

senti che cresce.

Mattina romana (Lawrence Ferlinghetti)

Ah queste dolci mattine romane —

Apro le persiane

alte sopra il cortile interno

e allungo lo sguardo sui

tetti silenziosi...

l'aria è ancora fresca...

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non ci sono uccelli sui comignoli di cotto...

gli scuri ancora chiusi dirimpetto...

una banderuola senza vento lontano...

un fischio sotto nella strada...

Adesso c'e un piccione

batte un'ala in una grondaia

sulle tegole di terracotta

Ah adesso una bianca colomba

si posa su una cupola

mentre il primo sole penetra obliquo

Il sole inonda

ombre che si allungano

sui giardini sopra i tetti

C'e qualcosa di dolce nell'aria

La silenziosa colomba volteggia

sui coppi ricurvi

Stanno aprendo le persiane

sul retro

di Palazzo Farnese

Una frase in francese fluttua

con un suono straniero

Da qualche parte una donna comincia a cantare

un pezzo d'opera

Da qualche parte arriva il canto di un angelus

Da qualche parte una donna grida Angelo, Angelo!

Il giorno comincia e comincia

(Trad. Lucia Cucciarelli)

Lawrence Ferlinghetti, Poesie, ed. Newton

I mattini d'allora (Diego Valeri)

I mattini d'allora... Portavano negli occhi

una profonda luce immacolata,

un fresco fiore di desiderio in bocca,

nelle mani una piccola gioia inaspettata.

I mattini d'allora... Ci chiamavano per nome,

ch'era tempo di ridere, di cantare, d'amare.

L’amico correva all'amico, a rinnovare

il patto di fraterna comunione.

I mattini d'allora... Ci venivano incontro

per le pallide vie della piccola città

col passo molle e baldo delle giovani donne

calde di sconosciute voluttà.

I mattini d'allora... Ci traevano incantati

a veder le robinie piegate dalla rugiada,

i giaggioli d'oro su le prode dei fossati,

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le mille meraviglie della strada.

I mattini d'allora... d'allora! Il nostro cuore

era semplice e buono e senza ferita.

Un'amata ci dava tutto il suo amore:

la vita”

Diego Valeri, Poesie scelte, Oscar Mondadori

Mattino (Federico Garcia Lorca)

Che dolcezza infantile

nella mattina tranquilla.

Gli alberi tendono

le braccia verso terra.

Un vapore tremulo

copre i seminati

e i ragni tendono

le loro strade di seta:

raggi sul cristallo

pulito dal vento

Mattino di sole (Rabindranath Tagore)

Sopra le risaie verdi e gialle

passano le ombre delle nubi autunnali

inseguite dal sole rapido incalzante.

Le api dimenticano di suggere il miele;

ebbre di luce, ronzano come impazzite.

Le anatre, sulle isolette del fiume,

schiamazzano allegre senza motivo.

Nessuno torni a casa stamattina,

fratelli, nessuno vada a lavorare.

Prendiamo d'assalto l'azzurro del cielo,

deprediamo lo spazio nella corsa.

Le risate vagano nell'aria

come spuma sulle onde del mare.

Fratelli, in lievi canzoni

sperperiamo il nostro mattino.

La vita solitaria (Giacomo Leopardi)

La mattutina pioggia, allor che l'ale

Battendo esulta nella chiusa stanza

La gallinella, ed al balcon s'affaccia

L'abitator de' campi, e il Sol che nasce

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I suoi tremuli rai fra le cadenti

Stille saetta, alla capanna mia

Dolcemente picchiando, mi risveglia;

E sorgo, e i lievi nugoletti, e il primo

Degli augelli susurro, e l'aura fresca,

E le ridenti piagge benedico

[…]

Stoppia (Giovanni Pascoli)

Dov'è, campo, il brusio della marètta

quando rabbrividivi ai libeccioli?

Ti resta qualche fior d'erba cornetta,

i fioralisi, i rosolacci soli.

E nel silenzio del mattino azzurro

cercano in vano il solito sussurro;

mentre nell'aia, là, del contadino

trébbiano nel silenzio del mattino.

Dov'è, campo, il tuo mare ampio e tranquillo,

con tenue vel di reste, ai pleniluni?

Pei nudi solchi trilla trilla il grillo,

lucciole vanno per i solchi bruni.

E nella sera, con ansar di lampo,

cercano il grano nel deserto campo;

mentre tuttora, là, dalla riviera

romba il mulino nella dolce sera.

Giovanni Pascoli, Poesie, Giunti Barbera

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MERIGGIO

Dal cielo il sole diffonde

Dal cielo il sole diffonde

luce e calore intorno,

tutto ha riflessi d'oro:

è il caldo mezzogiorno.

Zardin a mar (Biagio Marin)

Zardin a mar,

glicinia che fa unbría,

su la terassa mia

nel sol un grando altar.

I gerani de Pina

conforta el maestral,

che vien salso dal mar

in serca de la pase carnisina.

Luse d'incantamento

in quele boche rosse

dei gerani che a nosse

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invita el vento.

Giardino a mare

Giardino a mare,

glicine che fa ombra,

sulla terrazza mia,

nel sole un grande altare.

I gerani di Pina

Confortano il maestrale,

che viene salso dal mare

in cerca della pace carnicina.

Luce d’incantamento

in quelle bocche rosse

dei gerani che a nozze

invitano il vento.

(Versione in italiano di Edda Serra)

La vita solitaria (Giacomo Leopardi)

Talor m'assido in solitaria parte,

Sovra un rialto, al margine d'un lago

Di taciturne piante incoronato.

Ivi, quando il meriggio in ciel si volve,

La sua tranquilla imago il Sol dipinge,

Ed erba o foglia non si crolla al vento,

E non onda incresparsi, e non cicala

Strider, nè batter penna augello in ramo,

Nè farfalla ronzar, nè voce o moto

Da presso nè da lunge odi nè vedi.

Tien quelle rive altissima quiete;

Ond'io quasi me stesso e il mondo obblio

Sedendo immoto; e già mi par che sciolte

Giaccian le membra mie, né spirto o senso

Più le commova, e lor quiete antica

Co' silenzi del loco si confonda.

Magnolia (Diego Valeri)

Tra grandi foglie lisce,

lucide, verdibionde,

la magnolia, irradiata

dal mezzodì, fiorisce

una bianca covata

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di odorose colombe.

Meriggiare pallido e assorto (Eugenio Montale)

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d’orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia

spiar le file di rosse formiche

ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano

a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare

lontano di scaglie di mare

mentre si levano tremuli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia

com’è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

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POMERIGGIO

Sulla spiaggia (Blaga Dimitrova)

Giacevamo sulla sabbia -

due piccoli granelli,

l’uno nell’altro fusi,

infuocati dal sole.

In due - unico e doppio

un secondo che scorre

nell’orologio a sabbia

dell’eternità.

Blaga Dimitrova, Segnali, poesie scelte, Fondazione Piazzolla

Bate gnifa (Biagio Marin)

Nessuna roba al mondo xe piú bela

bàte gnifa duto 'l santo dí

e conpagnà co' l'odo garghe vela

fin che te vien la vogia de drumi.

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E colegài là sul sabion ardente

scoldàsse i ossi soto 'l sol d'istàe

e sa senti che 'l mar continuamente

el pianzota, cussí da fà pietàe.

E có s'ha 'I sangue za ben brostolào

sognà de basi e d'onbra fresculina

e dormensàsse, dopo un bon sussiào,

là soto 'l sol, in meso a la marina.

Biagio Marin, Poesie, Gli elefanti poesia, Garzanti

Battere fiacca

Nessuna cosa al mondo è piú bella

che battere fiacca tutto il santo giorno

e accompagnare con l'occhio qualche vela

fin che ti viene voglia di dormire.

E sdraiati là sulla sabbia ardente

scaldarsi le ossa sotto il sole d'estate

e stare a sentire il mare che continuamente

piagnucola, cosí da far pietà.

E quando si ha il sangue già ben abbrustolito

sognare di baci e di ombra frescolina

e addormentarsi, dopo un buon sbadiglio,

là sotto il sole, in mezzo alla marina.

(Versione in italiano di Edda Serra)

Banco dei trataùri (Biagio Marin)

«Banco dei trataùri»

che hè visto nâsse e crêsse là in ponente,

creào da le corente lente

che baseva i to uni;

dosso divin dei mie più puri amuri

quel de la granda istàe,

e quel de solitàe

fiorente de la luse nei splenduri;

sabie za emerse ma bagnàe,

sabie ruvinti brusa la gramègna,

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silensi iminsi che sul dosso regna,

ciapài de sol e de la biavitàe.

Ne la fiamada granda

d'un'ora più solene e sola

el canto in siel d'una calandra,

el lanpisâ d'un'ala che la svola.

Alora, drento al sol che duto indora,

vestia de sielo e maestrale,

vigniva avanti la madona mora

inm ola lieve su le sabie zale.

Banco dei trataùri

«Banco dei trataùri»

che ho visto nascere e crescere là in ponente,

creato dalle correnti lente / che baciavano i tuoi orli;

dosso divino dei miei più puri amori,

quello della grande estate

e quello di solitudine

fiorente negli splendori della luce,

sabbie già emerse ma bagnate,

sabbie roventi bruciano la gramigna,

silenzi immensi che sul dosso regnano,

presi dal sole e dall'azzurrità.

Nella fiammata grande

di un'ora più solenne e sola

il canto in cielo d'una calandra,

il lampeggiare di un'ala che svola.

Allora dentro al sole che tutto indora,

vestita di cielo e maestrale,

veniva avanti la madonna mora

in onda lieve sulle sabbie gialle.

(Versione in italiano di Edda Serra)

L'ora di Barga (Giovanni Pascoli)

Al mio cantuccio, donde non sento

se non le reste brusir del grano,

il suon dell'ore viene col vento

dal non veduto borgo montano:

suono che uguale, che blando cade

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come una voce che persuade.

Tu dici, È l'ora; tu dici, È tardi,

voce che cadi blanda dal cielo.

Ma un poco ancora lascia che guardi

l'albero, il ragno, l'ape, lo stelo,

cose ch'han molti secoli o un anno

o un'ora, e quelle nubi che vanno.

Lasciami immoto qui rimanere

fra tanto moto d'ale e di fronde;

e udire il gallo che da un podere

chiama, e da un altro l'altro risponde,

e quando altrove l'anima è fissa,

gli strilli d'una cincia che rissa.

E suona ancora l'ora, e mi manda

prima un suo grido di meraviglia

tinnulo, e quindi con la sua blanda

voce di prima parla e consiglia,

e grave grave grave m'incuora:

mi dice, È tardi; mi dice, È l'ora.

Tu vuoi che pensi dunque al ritorno,

voce che cadi blanda dal cielo!

Ma bello è questo poco di giorno

che mi traluce come da un velo!

Lo so ch'è l'ora, lo so ch'è tardi;

ma un poco ancora lascia che guardi.

Lascia che guardi dentro il mio cuore,

lascia ch'io viva del mio passato;

se c'è sul bronco sempre quel fiore,

s'io trovi un bacio che non ho dato!

Nel mio cantuccio d'ombra romita

lascia ch'io pianga su la mia vita!

E suona ancora l'ora, e mi squilla

due volte un grido quasi di cruccio,

e poi, tornata blanda e tranquilla,

mi persuade nel mio cantuccio:

è tardi! e l'ora! Sì, ritorniamo

dove son quelli ch'amano ed amo.

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TRAMONTO

Il sole lentamente

Il sole lentamente

dilegua dietro il monte.

Quanti colori in cielo!

E' bello anche il tramonto.

Il sabato del villaggio (Giacomo Leopardi)

La donzelletta vien dalla campagna

in sul calar del sole,

col suo fascio dell'erba; e reca in mano

un mazzolin di rose e viole,

onde, siccome suole, ornare ella si appresta

dimani, al dí di festa, il petto e il crine.

Siede con le vicine

su la scala a filar la vecchierella,

incontro là dove si perde il giorno;

e novellando vien del suo buon tempo,

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quando ai dí della festa ella si ornava,

ed ancor sana e snella

solea danzar la sera intra di quei

ch'ebbe compagni nell'età piú bella.

Già tutta l'aria imbruna,

torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre

giú da' colli e da' tetti,

al biancheggiar della recente luna.

Or la squilla dà segno

della festa che viene;

ed a quel suon diresti

che il cor si riconforta.

I fanciulli gridando

su la piazzuola in frotta,

e qua e là saltando,

fanno un lieto romore;

e intanto riede alla sua parca mensa,

fischiando, il zappatore,

e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,

e tutto l'altro tace,

odi il martel picchiare, odi la sega

del legnaiuol, che veglia

nella chiusa bottega alla lucerna,

e s'affretta, e s'adopra

di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.

Tramonto (Bai T. Moore – Liberia)

Guardavo con occhio rapito

montagne che cangiavano nel cielo,

paesaggi fugaci,

risaie tinte d'ambra,

azzurri laghi ed isole incantate,

canti d'uccelli e stridere di scimmie,

borghi di pescatori in riva al mare,

sotto palme di cocco …

Ma fu solo un istante. Il sole, a picco,

precipitò di là dai monti. Il mondo

trascolorò, tíngendosí dí rosso.

Risveglio serale (Kim Samhyon – Corea)

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Risvegliato dal sonno in mezzo ai pini,

apro, abbagliato, gli occhi.

Vedo, sul porto, al tramonto del sole,

nel cielo azzurro voli

bianchi d'uccelli.

Sono forse solo

a gustar lo splendore di quest'ora?

Tramonto dopo il temporale (V. Hugo, II rospo)

Era il tramonto dopo il temporale.

C'era a ponente un cumulo di cirri

color di rosa. Presso la rotaia

d'un'erbosa viottola, sull'orlo 70

d'una pozza, era un rospo. Egli guardava

il cielo intenerito dalla pioggia;

e le foglie degli alberi bagnate

parean tinte di porpora, e le pozze,

annugolate come madreperla.

Nel dì che si velava, anche il fringuello

velava il canto, e dopo il bombir lungo

del giorno nero, pace era nel cielo

e nella terra.

(Trad. G. Pascoli)

L'ora nostra (Umberto Saba)

Sai un'ora del giorno che più bella

sia della sera? Tanto

più bella e meno amata? È quella

che di poco i suoi sacri ozi precede;

l'ora che intensa è l'opera, e si vede

la gente mareggiare nelle strade;

sulle mole quadrate delle case

una luna sfumata, una che appena

discerni nell'aria serena.

È l'ora che lasciavi la campagna

per goderti la tua cara città,

dal golfo luminoso alla montagna

varia d'aspetti in sua bella unità;

l'ora che la mia vita in piena va

come un fiume al suo mare;

e il mio pensiero, il lesto camminare

della folla, gli artieri in cima all'alta

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scala, il fanciullo che correndo salta

sul carro fragoroso, tutto appare

fermo nell'atto, tutto questo andare

ha una parvenza d'immobilità.

È l'ora grande, l'ora che accompagna

meglio la nostra vendemmiante età.

Era già l’ora che volge il disio (Dante Alighieri)

Era già l’ora che volge il disio

ai naviganti e intenerisce il core

lo dì c’han detto ai dolci amici addio;

e che lo novo peregrin d’amore

punge, se ode squilla di lontano

che paia il giorno pianger che si more…

[…]

Dante Alighieri, Purgatorio, Canto VIII

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SERA

Fioriscono le stelle

Fioriscono le stelle

nel cielo che scurisce.

Cala la notte buia

così il giorno finisce.

Alla sera (Ugo Foscolo)

Forse perchè della fatal quïete

Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,

O Sera! E quando ti corteggian liete

Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquiete

Tenebre, e lunghe, all’universo meni,

Sempre scendi invocata, e le secrete

Vie del mio cor soavemente tieni.

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Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure, onde meco egli si strugge;

E mentre io guardo la tua pace, dorme

Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

Sera (Giuseppe Ungaretti)

Appiè dei passi della sera

va un’acqua chiara.

colore dell’uliva,

e giunge al breve fuoco smemorato.

Nel fumo ora odo grilli e rane,

dove tenere tremano erbe.

Giuseppe Ungaretti, Tutte le poesie, I Meridiani, Mondadori

Tristezza dolce della campagna (J. R. Jimenez)

Tristezza dolce della campagna,

va calando la sera.

Giunge daì prati mietuti

un leve odore di fieno.

Le pinete si sono addormentate.

Sulla collina il cielo

è viola teneramente.

Svegliato, canta un usignolo.

Stasera (Giuseppe Ungaretti)

Balaustrata di brezza

per appoggiare stasera

la mia malinconia

Sera (Wei Li Bo)

Rondini si dondolano

nell'aria serale.

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La sera (Rainer Maria Rilke)

Vien da lungi la sera, camminando

per l'abetaia tacita e nevosa.

Poi, contro tutte le finestre preme

le sue gelide guance: e, zitta, origlia.

Si fa silenzio, allora, in ogni casa.

Siedono i vecchi, meditando. I bimbi

non si attentano ancora ai loro giochi.

La mia sera (Giovanni Pascoli)

Il giorno fu pieno di lampi;

ma ora verranno le stelle,

le tacite stelle. Nei campi

c'è un breve gre gre di ranelle.

Le tremule foglie dei pioppi

trascorre una gioia leggiera.

Nel giorno, che lampi! che scoppi!

Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle

nel cielo sì tenero e vivo.

Là, presso le allegre ranelle,

singhiozza monotono un rivo.

Di tutto quel cupo tumulto,

di tutta quell'aspra bufera,

non resta che un dolce singulto

nell'umida sera.

E', quella infinita tempesta,

finita in un rivo canoro.

Dei fulmini fragili restano

cirri di porpora e d'oro.

O stanco dolore, riposa!

La nube nel giorno più nera

fu quella che vedo più rosa

nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!

Che gridi nell'aria serena!

La fame del povero giorno

prolunga la garrula cena.

La parte, sì piccola, i nidi

nel giorno non l'ebbero intera.

Nè io ... che voli, che gridi,

mia limpida sera!

Don ... Don ... E mi dicono, Dormi!

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mi cantano, Dormi! sussurrano,

Dormi! bisbigliano, Dormi!

là, voci di tenebra azzurra ...

Mi sembrano canti di culla,

che fanno ch'io torni com'era ...

sentivo mia madre ... poi nulla ...

sul far della sera.

La ruota gigante (Ennio Paolini)

La gran ruota gigante porta appese

culle dipinte e luccicanti

come gale d'albero di Natale,

che nella gran volta

scalano il cielo, che s'apre allo sguardo

in orizzonti limpidi e improvvisi,

colmi di luce,

per affondar ancora verso terra

in un tuffo, che mozza il respiro.

Ma, quando la sera discende,

d'improvviso s'ingemma

e trascina le culle

a nuotare nell'azzurro

in cerca delle stelle.

Sera d'aprile (Antonia Pozzi)

Batte la luna soavemente,

di là dai vetri,

sul mio vaso di primule:

senza vederla la penso

come una grande primula anch'essa,

stupita,

sola,

nel prato azzurro del cielo.

La sera del dì di festa (Giacomo Leopardi)

Dolce e chiara è la notte e senza vento,

E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti

Posa la luna, e di lontan rivela

Serena ogni montagna. O donna mia,

Già tace ogni sentiero, e pei balconi

Rara traluce la notturna lampa:

Tu dormi, che t'accolse agevol sonno

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Nelle tue chete stanze; e non ti morde

Cura nessuna; e già non sai nè pensi

Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.

Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno

Appare in vista, a salutar m'affaccio,

E l'antica natura onnipossente,

Che mi fece all'affanno.

[…]

Nella mia prima età, quando s'aspetta

Bramosamente il dì festivo, or poscia

Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,

Premea le piume; ed alla tarda notte

Un canto che s'udia per li sentieri

Lontanando morire a poco a poco,

Già similmente mi stringeva il core.

Sonnolenza (Giuseppe Ungaretti)

Questi dossi di monti

si sono coricati

nel buio delle valli

Non c'è più niente

che un gorgoglio

d grilli che mi raggiunge

E s'accompagna

alla mia inquietudine

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NOTTE

Che cosa? (Diego Valeri)

Sul paesino bianco bianco

scende la notte scura scura,

ma il cuor piccino non ha paura

anzi è preso da un dolce incanto.

Cosa c'è che lenta si leva per il cielo vasto e solo?

C'è una luna di rosa e d'oro

che sembra un fior di primavera.

Cosa c'è nell'aria quieta,

come un pianto grave e soave?

C'è la campana che prega l'Ave

e accarezza ogni pena segreta.

Che cos'ha per compagnia

la piazzetta solitaria?

Ha la fontana che sempre varia

la sua canzone di fantasia.

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E l'alberella che par morta

senza più un fremito di volo?

L'alberella ha l'usignolo

che col suo pianger la conforta.

E nella casa che s'empie già

d'uno stuolo vago e leggero

d'ombre, vestite di mistero,

il bambino felice, cos'ha?

Il bambino ha la sua mamma

che gli fa nido con le braccia

che se lo stringe guancia a guancia

e gli canta la ninna nanna.

Rio Bo (Aldo Palazzeschi)

Tre casettine

dai tetti aguzzi,

un verde praticello,

un esiguo ruscello: Rio Bo,

un vigile cipresso.

Microscopico paese, è vero,

paese da nulla, ma però ...

c'è sempre di sopra una stella

una grande, magnifica stella,

che a un dipresso ...

occhieggia con la punta del cipresso

di Rio Bo.

Una stella innamorata!

Chi sa

se nemmeno ce l'ha

una grande città.

Le ricordanze (Giacomo Leopardi)

Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea

Tornare ancor per uso a contemplarvi

Sul paterno giardino scintillanti,

E ragionar con voi dalle finestre

Di questo albergo ove abitai fanciullo,

E delle gioie mie vidi la fine.

Quante immagini un tempo, e quante fole

Creommi nel pensier l'aspetto vostro

E delle luci a voi compagne! allora

Che, tacito, seduto in verde zolla,

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Delle sere io solea passar gran parte

Mirando il cielo, ed ascoltando il canto

Della rana rimota alla campagna!

E la lucciola errava appo le siepi

E in su l'aiuole, susurrando al vento

I viali odorati, ed i cipressi

Là nella selva; e sotto al patrio tetto

Sonavan voci alterne, e le tranquille

Opre de' servi. E che pensieri immensi,

Che dolci sogni mi spirò la vista

Di quel lontano mar, quei monti azzurri,

Che di qua scopro, e che varcare un giorno

Io mi pensava, arcani mondi, arcana

Felicità fingendo al viver mio!

[…]

Sereno (Giuseppe Ungaretti)

Bosco di Courton luglio 1918

Dopo tanta

nebbia

a una

a una

si svelano

le stelle

Respiro

il fresco

che mi lascia

il colore del cielo

Mi riconosco

immagine

passeggera

Presa in un giro

immortale

Dormono le grandi cime

Dormono le grandi cime

dei monti,

e i dirupi e le balze,

e i muti letti dei torrenti;

dormono quanti strisciano animali

sopra la terra nera

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e le fiere montane, e le famiglie

delle api;

dormono i mostri giù nel fondo

del buio ceruleo mare;

dormono gli uccelli

dalle lunghe ali distese.

(Alcmane)

Gli astri intorno alla luna

Gli astri intorno alla luna

bella

celano il chiaro viso

quando, colma di luce, più dilaga

sopra la terra.

(Saffo)

Un’altra notte (Giuseppe Ungaretti)

Vallone il 20 aprile 1917

In quest'oscuro

colle mani

gelate

distinguo

il mio viso

Mi vedo

abbandonato nell’infinito

La notte bella (Giuseppe Ungaretti)

Devetachi il 24 agosto 1916

Quale canto s'è levato stanotte

che intesse

di cristallina eco del cuore

le stelle

Quale festa sorgiva

di cuore a nozze

Sono stato

uno stagno di buio

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Ora mordo

come un bambino la mammella

lo spazio

Ora sono ubriaco

d'universo Sono stato

uno stagno di buio

Ora mordo

come un bambino la mammella

lo spazio

Ora sono ubriaco

d'universo

Silenzio stellato (Giuseppe Ungaretti)

E gli alberi e la notte

non si muovono più

se non da nidi.

Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (Giacomo Leopardi)

[…]

Spesso quand'io ti miro

Star così muta in sul deserto piano,

Che, in suo giro lontano, al ciel confina;

Ovver con la mia greggia

Seguirmi viaggiando a mano a mano;

E quando miro in cielo arder le stelle;

Dico fra me pensando:

A che tante facelle?

Che fa l'aria infinita, e quel profondo

Infinito seren? che vuol dir questa

Solitudine immensa? ed io che sono?

Così meco ragiono; e della stanza

Smisurata e superba,

E dell’innumerabile famiglia

[…]

Uso alcuno, alcun frutto

Indovinar non so. Ma tu per certo,

Giovinetta immortal, conosci il tutto.

Questo io conosco e sento,

Che degli eterni giri,

Che dell’esser mio frale,

Qualche bene o contento

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Avrà fors’altri; a me la vita è male.

[…]

La ginestra (Giacomo Leopardi)

[…]

Sovente in queste rive

Che, desolate, a bruno

Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,

Seggo la notte; e su la mesta landa

In purissimo azzurro

Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,

Cui di lontan fa specchio

Il mare, e tutto di scintille in giro

Per lo voto seren brillare il mondo.

[…]