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LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA ALLA LUCE DELLA LEGGE 8 MARZO 2017, N. 24 (C.D. LEGGE GELLI-BIANCO) ***************** PREMESSA. La Riforma Gelli, in punto di responsabilità, riguarda gli esercenti le professioni sanitarie. Ma chi sono gli esercenti le professioni sanitarie? La normativa vigente, seppure frastagliata, consente di rispondere che debbono considerarsi esercenti le professioni sanitarie: - il farmacista ex Dlgs n. 258/1991; - il medico chirurgo ex Dlgs n. 368/1999; - l’odontoiatra ex L. n. 409/1985; - il veterinario ex L. n. 750/1984; - lo psicologo ex L. n. 56/1989; - l’infermiere ex L. n. 905/1980 e D.L. n. 70/1997; - l’ostetrico ex L. n. 296/1985; e in generale tutti gli operatori sanitari che pongono in essere “atti medici”. Sembra possano essere escluse dall’ambito applicativo della Riforma l’operatore di interesse sanitario (L. n. 403/1971 e L. n. 43/2006) e le arti ausiliarie delle professioni sanitarie (massaggiatore, ottico, odontotecnico, puericultore), ciò in quanto si tratta di soggetti che svolgono un’attività che ha sì rilevanza sanitaria, oppure di affiancamento, ma non costituiscono esse stesse attività sanitaria, mentre l’art. 7 della Riforma pretende un esercizio di attività sanitaria. 1

LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

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Page 1: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E

DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA ALLA LUCE

DELLA LEGGE 8 MARZO 2017, N. 24 (C.D. LEGGE GELLI-BIANCO)

*****************

PREMESSA.

La Riforma Gelli, in punto di responsabilità, riguarda gli esercenti le

professioni sanitarie. Ma chi sono gli esercenti le professioni

sanitarie?

La normativa vigente, seppure frastagliata, consente di rispondere

che debbono considerarsi esercenti le professioni sanitarie:

- il farmacista ex Dlgs n. 258/1991;

- il medico chirurgo ex Dlgs n. 368/1999;

- l’odontoiatra ex L. n. 409/1985;

- il veterinario ex L. n. 750/1984;

- lo psicologo ex L. n. 56/1989;

- l’infermiere ex L. n. 905/1980 e D.L. n. 70/1997;

- l’ostetrico ex L. n. 296/1985;

e in generale tutti gli operatori sanitari che pongono in essere “atti

medici”.

Sembra possano essere escluse dall’ambito applicativo della Riforma

l’operatore di interesse sanitario (L. n. 403/1971 e L. n. 43/2006) e le

arti ausiliarie delle professioni sanitarie (massaggiatore, ottico,

odontotecnico, puericultore), ciò in quanto si tratta di soggetti che

svolgono un’attività che ha sì rilevanza sanitaria, oppure di

affiancamento, ma non costituiscono esse stesse attività sanitaria,

mentre l’art. 7 della Riforma pretende un esercizio di attività sanitaria.1

Page 2: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

1) GENESI E RATIO DELLA RIFORMA GELLI.

La c.d. Legge Gelli arriva al termine di un travagliatissimo percorso

nel quale, in assenza di significativi provvedimenti legislativi, almeno

fino al Decreto Balduzzi (pubblicato in G.U. il 13 settembre 2012,

convertito in legge dalla Legge 8 novembre 2012, 189) la materia

della responsabilità del medico e della struttura sanitaria era stata

regolamentata dalla giurisprudenza, con significativi apporti della

migliore dottrina civilistica, sulla scorta delle norme del codice civile.

Il percorso inizia con l’affermazione di una responsabilità

prettamente aquiliana e poi, attraverso la teoria del contatto sociale

di matrice giurisprudenziale (Corte di Cassazione 22 gennaio 1999, n.

589, in Danno e Responsabilità, 1999, 294, con Nota di Carbone “La

responsabil ità contrattuale del medico ospedaliero come

responsabilità da contatto”; in Resp. Civ. e Prev., 1999, 653, con nota

di Forziati “La responsabilità contrattuale del medico dipendente: il

contatto sociale conquista la Cassazione”; in Foro It., 1999, I, 3332,

con nota di Di Ciommo “Note critiche sui recenti orientamenti in tema

di responsabilità del medico ospedaliero” e di La Notte “L’obbligazione

del medico dipendente è un’obbligazione senza prestazione o una

prestazione senza obbligazione?”), passa per l’affermazione della

responsabilità contrattuale, sia della struttura sanitaria, sia

dell’esercente la professione sanitaria, per concludersi, nei termini

individuati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la

famosa (per i giuristi) sentenza 11 gennaio 2008, n. 577 che, nel

definire il regime degli oneri probatori delle parti processuali in

ambito sanitario, ha rimandato appunto all’art. 1218 c.c..2

Page 3: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

In conseguenza di ciò, si è assistito ad una sempre più crescente

tutela dei diritti dei pazienti fino a determinare una reazione - per certi

versi comprensibile - del mondo medico, culminata con un altrettanto

crescente ricorso alla c.d. medicina difensiva, ovvero, alla

prescrizione, da parte dei medici, di molteplici prestazioni

diagnostiche e terapeutiche, spesso non necessarie per non dire

potenzialmente pericolose per la salute. Si è assistito addirittura al

rifiuto da parte dei medici a effettuare interventi sanitari ritenuti ad alto

rischio con conseguente venir meno di quel rapporto di fiducia che

deve intercorrere tra il medico e il proprio paziente.

Quanto descritto ha determinato, prima di tutto, conseguenze

negative per la salute dei cittadini ma anche un aumento della spesa

sanitaria: le risorse (più che mai preziose in tempi di congiuntura

economica sfavorevole) venivano male impiegate, per non dire

sprecate, in quanto anziché essere indirizzate verso prestazioni

sanitarie di cui i cittadini avevano effettivamente bisogno (e quindi,

diritto), venivano utilizzate per prevenire ipotesi di responsabilità, sia

penale che civile, in capo ai medici e più in generale agli esercenti la

professione sanitaria.

A ciò si aggiunga che la (anche qui) comprensibile preoccupazione di

essere chiamati a rispondere giudizialmente del proprio operato

anche nelle ipotesi in cui il professionista sanitario avesse svolto la

propria prestazione nello scrupoloso rispetto delle buone pratiche

cliniche (ma che non riusciva a dimostrarlo in giudizio) ha

determinato, in questi anni, una vera e propria fuga dalle

3

Page 4: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

specializzazioni mediche maggiormente esposte al c.d rischio

giuridico.

Non bisogna, infine, dimenticare che molti professionisti sanitari,

proprio a causa del proliferare del contenzioso, non riuscivano

materialmente a ottenere un’adeguata copertura assicurativa a causa

dei costi eccessivamente elevati delle polizze assicurative.

Il culmine di questo percorso si è avuto nell’autunno del 2010

allorquando una sentenza della Corte di Cassazione Penale (la n.

8254 del 23 novembre 2010) riconobbe la responsabilità penale di un

medico che dimise, nel presunto rispetto delle linee guida (invero mai

prodotte e accertate come esistenti), un paziente con trascorse

patologie cardiovascolari poi deceduto di lì a poco.

La sentenza suscitò molto scalpore e venne vista, anche dai media,

come la minaccia più grave rivolta dalla Magistratura al mondo

medico e al tempo stesso come il crollo dell’ultima barriera possibile

per cautelarsi preventivamente dalle richieste risarcitorie dei pazienti

ritenuti sempre più aggressivi e viene ricordata come la madre della

medicina difensiva.

In questo contesto, con il fine di porre un argine al diffondersi sempre

più massiccio delle cause contro i medici e per porre rimedio al

fenomeno della c.d. medicina difensiva, intervenne il Decreto

Balduzzi, sopra citato, che con il suo articolo 3) intendeva, ferma

restando la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, così

come elaborata dalla giurisprudenza (teoria del contatto sociale),

attenuare la responsabilità degli esercenti la professione sanitaria

dipendenti delle strutture sanitarie, sia pubbliche che private, 4

Page 5: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

introducendo, per questi ultimi, la responsabilità extracontrattuale ex

art. 2043 c.c..

Purtroppo la non felice formulazione dell’art. 3 non riuscì a superare

l’orientamento della c.d. responsabilità da contatto sociale che da

circa 15 anni comportava la responsabilità di natura contrattuale del

medico, cosicché si aprì un aspro contrasto in giurisprudenza tra i

fautori della tesi della responsabilità extracontrattuale e i fautori della

tesi della responsabilità contrattuale degli esercenti la professione

sanitaria nell’ambito delle strutture sanitarie, sia pubbliche che private

per le quali invece era pacifica la responsabilità contrattuale.

A fronte di una spaccatura così forte anche nell’ambito di diverse

Sezioni del medesimo Tribunale (emblematico il caso del Tribunale di

Milano che con sentenza n. 14320 del 17 luglio 2014 - Giudice

relatore, Dott. Patrizio Gattari - accoglieva la tesi della responsabilità

extracontrattuale e con sentenza n. 13574 del 8 novembre 2014 la

respingeva affermando la responsabilità contrattuale) le superiori

esigenze di certezza del diritto imponevano una presa di posizione

definitiva del Legislatore in grado di adottare una linea chiara su una

tematica che coinvolge, evidentemente, non soltanto il mondo dei

professionisti sanitari quanto l’intera collettività.

Ed eccoci alla c.d. Riforma Gelli intervenuta per riequilibrare un

sistema sanzionatorio degli esercenti la professione sanitaria che, a

causa dell’imprescindibile e sacrosanta esigenza della tutela del diritto

alla salute perseguito dalla Magistratura, aveva spostato il c.d.

pendolo della giustizia in posizioni da non pochi operatori del settore

ritenute eccessivamente sbilanciate a danno del c.d. mondo medico.5

Page 6: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

La Riforma Gelli ha inteso agire lungo 3 macro direzioni:

i) Una maggiore tutela del sanitario sotto il profilo penalistico,

avvertendosi la necessità di tranquillizzare l’operatore sanitario

(anche nell’interesse del paziente stesso) costretto a lavorare,

talvolta, in condizioni di particolare difficoltà, rispetto al rischio di

ledere proprio quel bene salute che si doveva tutelare e proteggere:

doveva essere chiara la differenza tra chi sbaglia nel complesso

esercizio di una professione volta a tutelare il bene salute, rispetto a

chi si comporta in spregio dei diritti e beni altrui.

ii) La tutela del professionista sanitario, pubblico e privato, anche sotto

un profilo civilistico attraverso la traslazione del rischio e del costo del

risarcimento del danno alla salute sulla struttura sanitaria,

valorizzando al tempo stesso tutte le iniziative finalizzate alla gestione

del rischio clinico e alla prevenzione degli eventi avversi nell’interesse

della collettività.

iii) Il maggiore coinvolgimento del mondo assicurativo nella duplice

convinzione che un’adeguata gestione dei volumi monetari legati al

risarcimento del danno da trattamento sanitario non sia altrimenti

gestibile se non con il supporto e il coinvolgimento delle

assicurazioni private e che la presenza delle stesse potesse fornire

maggiori garanzie di un giusto risarcimento delle pretese del

paziente rispetto alle talvolta carenti casse pubbliche.

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Page 7: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

2) LA MACRO DIVISIONE TRA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE

DELLA STRUTTURA SANITARIA E RESPONSABIL ITA’

EXTRACONTRATTUALE DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE

SANITARIA.

La soluzione legislativa, prevista dall’art. 7 della Legge Gelli-Bianco, è

quella fatta propria, se si vuole, dalla sentenza del Tribunale di Milano

n. 14320 del 17 luglio 2014 - Giudice relatore, Dott. Patrizio Gattari,

interpretativa dell’art. 3 del Decreto Balduzzi, nella quale veniva

ipotizzata la macro divisione tra responsabilità contrattuale ex artt.

1218 e 1228 c.c. delle strutture sanitarie e responsabilità

extracontrattuale ex art. 2043 c.c. del professionista sanitario

dipendente della medesima struttura.

2.1) LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE DELLA STRUTTURA

SANITARIA.

Uno dei punti fermi della responsabilità sanitaria che la Riforma Gelli

non ha in alcun modo modificato riguarda appunto la natura

contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria, sia essa

pubblica o privata.

Ma che significa, in concreto, che la struttura sanitaria assume

responsabilità contrattuale nei confronti dei pazienti?

Significa che la struttura sanitaria è responsabile per l’inadempimento

e/o inesatto adempimento delle prestazioni dovute in virtù del

contratto di spedalità o di assistenza sanitaria conclusosi per fatti

concludenti per effetto anche della sola accettazione del malato nella

struttura (teoria del contatto sociale). E ciò in virtù dei criteri sanciti 7

Page 8: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

dall’art. 1218 c.c. che definisce la responsabilità del debitore:

dell’eventuale errore del personale sanitario di cui l’azienda si avvalga

risponde la stessa ai sensi dell’art. 1228 c.c. in virtù del quale il

debitore che per adempiere l’obbligazione si avvale dell’opera di terzi

risponde anche dei fatti dolosi o colposi da quest’ultimi posti in essere.

In caso di responsabilità contrattuale, il diritto al risarcimento dei danni

si prescrive nel termine ordinario di 10 anni.

Sotto il profilo dell’onere probatorio è onere del debitore convenuto

(quindi della struttura sanitaria) fornire la prova di aver esattamente

adempiuto le sue prestazioni, ovvero che il danno lamentato dal

creditore (quindi il paziente), che può limitarsi ad una mera

allegazione qualificata dei fatti nei termini individuati dalla citata

sentenza dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 11 gennaio

2008, n. 577, non gli è imputabile, ciò che ha reso molto ardua, per la

struttura sanitaria, la prova liberatoria.

E’ contrattuale, ovviamente, anche la responsabilità del medico libero

professionista che è tale perché operante in virtù appunto di un vero e

proprio contratto intercorso tra il medico e il paziente.

8

Page 9: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

2.2) LA RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE DEL MEDICO

DIPENDENTE.

Il terzo comma dell’art. 7 della Legge Gelli stabilisce che l’esercente la

professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell’art.

2043 c.c., salvo che abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione

contrattuale assunta con il paziente.

Tale precetto chiarisce definitivamente il contenuto della

responsabilità del medico dipendente dopo le diverse interpretazioni

date dalla giurisprudenza all’art. 3 del Decreto Balduzzi culminate con

lo scontro tra due diverse sezioni del Tribunale di Milano, cui sopra si

è fatto cenno.

Quindi al medico dipendente è attribuita una responsabilità “attenuata”

nel senso che sarà tenuto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.

solo se il paziente riuscirà a dimostrare il fatto materiale, cioè la

condotta dell’agente, il danno subito, il rapporto di causalità tra la

condotta e il danno, nonché la colpa o il dolo dell’agente, ciò che

processualmente parlando non è affatto agevole.

In caso di responsabilità extracontrattuale, il diritto al risarcimento dei

danni si prescrive nel termine di 5 anni.

E’ naturale che affermare o prevedere la responsabilità

extracontrattuale del medico non significa affatto la sua

deresponsabilizzazione ma non si può negare che il raggiungimento

della prova dell’errore sarà ben difficile per il paziente che, seppure

coadiuvato da un consulente, avrà serie difficoltà a dimostrare

accadimenti o trattamenti errati eziologicamente collegati alla condotta

colposa o dolosa del medico e sotto questo profilo non vi possono 9

Page 10: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

essere dubbi sul fatto che la Legge Gelli possa contribuire a una

maggiore serenità professionale dei medici dipendenti.

Il cumulo delle azioni - quella contrattuale nei confronti della struttura

sanitaria e quella extracontrattuale nei confronti dell’esercente la

professione sanitaria, con conseguenti oneri probatori e termini

prescrizionali del tutto differenti - non costituisce, del resto, una novità.

Anche la giurisprudenza antecedente la teorizzazione del contatto

sociale aveva applicato in numerose occasioni il c.d. “cumulo

improprio” come, per esempio, per il danno subito dal trasportato su

mezzo pubblico a cui è stata concessa la possibilità di svolgere, sia

l’azione contrattuale nei confronti del vettore, sia l’azione

extracontrattuale nei confronti dell’autista del mezzo stesso.

Sotto un profilo teorico, dunque, viene a configurarsi sul piano

processuale un doppio regime di responsabilità tra medico dipendente

- obbligato ex delicto - e struttura sanitaria - obbligata ex contractu -

sicché nel medesimo giudizio la prova nei confronti del medico

potrebbe ritenersi non raggiunta (proprio perché più difficile da fornire)

ma, al tempo stesso, potrebbe essere condannata la struttura

sanitaria che non è riuscita a fornire la prova liberatoria del proprio

inadempimento, ciò che, nelle intenzioni del Legislatore, dovrebbe

scoraggiare azioni giudiziarie nei confronti del personale medico

dipendente, anche se ciò non è avvenuto quantomeno sul versante

penale (v. dichiarazione riportata da Repubblica del 8 ottobre 2018 del

P.M. aggiunto di Milano, Dott.ssa Tiziana Siciliano).

L’art. 8 della Legge Gelli prevede una c.d. condizione di procedibilità

dell’azione giudiziaria individuata nella alternativa e indifferente (che 10

Page 11: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

poi indifferente non è) proposizione di un ricorso per accertamento

tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ex art. 696 bis

c.p.c. ovvero nell’espletamento del procedimento di mediazione ai

sensi dell’art. 5, comma 1 bis del Dlgs 4 marzo 2010, n. 28.

11

Page 12: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

2.3 LA RIVALSA DELLA CORTE DEI CONTI

Nell’ipotesi che la struttura sanitaria venga condannata al risarcimento

del danno nei confronti del paziente per un errore commesso

dall’esercente la professione sanitaria, la struttura medesima ha, ai

sensi dell’art. 1 della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato

dall’art. 3 del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 543, azione di rivalsa

nei confronti di quest’ultimo che è esercitata dal Pubblico Ministero

presso la Corte dei Conti, ipotesi disciplinata dall’art. 9 della Legge

Gelli.

E’ la c.d. responsabilità amministrativa che può essere definita come

una responsabilità incombente su un soggetto legato a una pubblica

amministrazione da un rapporto di servizio che, in violazione di

obblighi o doveri da questo derivanti, provochi un danno alla propria o

ad altra Amministrazione dello Stato commettendo un illecito con dolo

o colpa grave.

Deve ritenersi colpa grave l’evidente e marcata trasgressione di

obblighi di servizio o di regole di condotta che si sostanzia

nell’inosservanza di quel minimo di diligenza richiesto nel caso

concreto o in una marchiana imperizia o un’irrazionale imprudenza

(Corte dei Conti, sezioni Riunite, 10 giugno 1997, n. 56/A).

A prescindere dai danni patiti dal paziente, ciò che rileva in tema di

danno erariale indiretto (cioè quello di cui si sta discutendo) è

l’effettivo pregiudizio dell’Erario che il comportamento del dipendente

ha provocato, ferma la possibilità per il giudice contabile di valutare

liberamente le risultanze processuali del giudizio civile o penale.

12

Page 13: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

La responsabilità civile e quella amministrativo-contabile, si fondano,

infatti, su presupposti differenti: i due giudizi (civile di risarcimento del

danno al paziente e di responsabilità amministrativa per danno

erariale) si sviluppano su piani differenti e tra loro autonomi in quanto

finalizzati a definire rapporti giuridici soggettivamente ed

oggettivamente diversi (Stato e paziente) e perché diverse sono

anche le norme cui fare riferimento.

La Corte dei Conti deve quindi valutare autonomamente i fatti

accertati nel processo civile o penale perché le sentenze di condanna

a carico della Pubblica Amministrazione non esplicano efficacia

vincolante nel giudizio di responsabilità amministrativa, se l’esercente

la professione sanitaria non è stato parte del giudizio.

Le strutture sanitarie, ovvero le compagnie di assicurazione, debbono

comunicare all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del

giudizio promosso dal danneggiato nei loro confronti (così come pure

l’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato) entro 45 giorni

dalla notificazione dell’atto introduttivo, a pena di inammissibilità

dell’azione di rivalsa.

E’ importante sottolineare che la Riforma Gelli prevede comunque un

tetto all’azione di rivalsa, tetto che di fatto altro non costituisce che

l’espressione dell’istituto del potere riduttivo (previsto dall’art. 52 del

regio n. 1214/1934) cui la Corte dei Conti aveva fatto ricorso anche

prima della Riforma.

L’importo della condanna per la responsabilità amministrativa e della

surrogazione di cui all’art. 1916, c.1, c.c., per singolo evento, in caso

di colpa grave, non può superare una somma pari al valore maggiore 13

Page 14: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguiti

nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno

immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo,

salvo che per gli esercenti al professione sanitaria indicati nell’art.

10.2., cioè i liberi professionisti.

Il limite sopra previsto per l’azione di rivalsa, nonostante qualche

isolata opinione contraria, vale anche per gli esercenti la professione

sanitaria presso strutture sanitarie private stante il tenore letterale

dell’art. 9 che fa espresso riferimento al termine “rivalsa”. La casa di

cura privata aveva ed ha tuttora un’azione di natura contrattuale

contro il suo ausiliario per la cui responsabilità ha dovuto sostenere un

esborso risarcitorio, ma tale azione è assoggettata ex lege a

limitazioni qualitative (dolo o colpa grave del medico) e quantitative (il

tetto previsto dall’art. 9) e questo basta per qualificare l’azione come

“rivalsa” e non come “regresso” che invece comporterebbe il

superamento dei limiti previsti dalla norma.

Per i 3 anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza di

condanna della Corte dei Conti, l’esercente la professione sanitaria

nell’ambito delle strutture sanitarie o socio sanitarie pubbliche non può

essere preposto a incarichi professionali superiori rispetto a quelli

ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica valutazione da

parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori.

In ogni caso, afferma l’art. 9, che ai fini della quantificazione del danno

si tiene conto della situazione di fatto di particolare difficoltà, anche di

natura organizzativa, della struttura sanitaria o socio sanitaria

pubblica in cui l’esercente la professione sanitaria ha operato, che 14

Page 15: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

costituisce un’ulteriore applicazione ex lege del potere riduttivo, ciò

che rivela una cattiva coscienza organizzativa del mondo pubblico e

delle effettive responsabilità che debbono ricadere in chi opera in

contesti a volte gravemente inadeguati.

La limitazione della rivalsa anche per gli esercenti le professioni

sanitarie in strutture private, ai soli casi di dolo o colpa grave e il

massimale dell’azione di rivalsa connessa alla responsabilità

amministrativa costituisce, anch’esso, un ulteriore contributo a una

maggiore serenità professionale dei medici dipendenti.

Quanto appena detto mi fa venire in mente le criticità conseguenti la

responsabilità amministrativa dei c.d. claim manager ospedalieri,

nuove figure professionali sorte per fronteggiare il fenomeno della

scomparsa dal mercato assicurativo delle tradizionali coperture per

responsabilità professionale sanitaria che ha determinato la

translazione del rischio di responsabilità civile dal settore assicurativo

privato alla Pubblica Amministrazione, ora limitatamente a parti del

rischio (le c.d. s.i.r. self insurance retention, cioè quote di ritenzione

del rischio) ora alla sua interezza, con conseguente esposizione

dell’Erario alle pretese di pazienti (e relativi familiari) che si ritengano

lesi da (errate) prestazioni sanitarie. Un tema che esula dal presente

incontro ma che meriterebbe un convegno a sé.

Mi limito a segnalare che la Legge Gelli riguarda, come detto in

premessa, i soli professionisti sanitari, ergo: che succede al legale

interno che autorizza una transazione ritenuta sbagliata? Opera il tetto

della rivalsa della Corte dei Conti? Parrebbe proprio di no ..... Un 15

Page 16: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

interessante aspetto da approfondire in altre sedi anche sotto il profilo

della costituzionalità di una tale esclusione.

16

Page 17: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

3) PRIME IMPRESSIONI. LA CRITICA. L’AUTOSUFFICIENZA DEL

CODICE CIVILE.

Sulla Legge Gelli sono stati fatti numerosi convegni in cui ho sentito

chi la apprezza, chi la critica e chi la disprezza.

Premesso che la Legge deve trovare ancora completa attuazione (v.

per esempio la figura del difensore civico e l’istituzione dei Centri

Regionali per la gestione del rischio clinico, oppure l’Osservatorio

Nazionale delle buone pratiche, istituito con decreto dello scorso

marzo unitamente al Sistema Nazionale Linee Guida, ma non ancora

funzionante, oppure il Fondo di garanzia per i danni derivanti da

responsabilità sanitaria non “coperti”) la mia impressione è che il

sistema delineato dalla Riforma Gelli abbia inteso perseguire un

equilibrio tra i vari interessi in gioco ma che non ci sia completamente

riuscita: il paziente danneggiato, per quanto sopra detto, dovrebbe

essere indotto (sul versante della responsabilità civile, mentre sul

versante della responsabilità penale, ciò non è avvenuto, come detto

a pag. 10) ad agire nei confronti della struttura sanitaria la quale, una

volta pagato il risarcimento, in ipotesi di ritenzione del rischio, avrà

azione di rivalsa amministrativa (sussistendone le condizioni),

attraverso il P.M. presso la Corte dei Conti, nei confronti dell’operatore

sanitario responsabile che quindi non dovrebbe risultare

completamente deresponsabilizzato, ovvero trasferirà il costo del

risarcimento sulla compagnia di assicurazione in ipotesi che la

struttura sanitaria risulti assicurata.

Purtroppo però questa seconda opzione non risulta, allo stato,

praticabile.17

Page 18: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

Il riferimento è a quanto stabilito dall’art. 10 della Riforma che prevede

l’obbligatorietà dell’assicurazione per le strutture sanitarie e per i

professionisti che vi operano, salvo altre analoghe misure, obbligo

al quale non corrisponde un paritetico obbligo a contrarre in capo

all’assicuratore.

La crescente tutela accordata dalla giurisprudenza ai diritti dei pazienti

con conseguente esponenziale aumento del costo dei risarcimenti ha

determinato, non solo il fenomeno della c.d. medicina difensiva ma

anche il sostanziale ritiro dal mercato delle principali compagnie

assicurative italiane che hanno lasciato spazio a pochi assicuratori

stranieri che non dovevano scontare le passività sopportate negli anni

precedenti dai loro predecessori.

La Riforma vorrebbe far ritornare le assicurazioni ma a tal fine certo

non basta normare circa l’obbligo di assicurazione imposto alle

strutture sanitarie, peraltro senza un corrispondente obbligo di

contrarre imposto alle compagnie di assicurazione.

Non è obbligando le strutture sanitarie ad assicurarsi che si riportano

le compagnie di assicurazione sul mercato, bensì favorendo la loro

presenza attraverso una condivisione dei rischi tra assicuratore e

assicurato. Una condivisione dei rischi che è minata alla radice dalla

locuzione “salvo analoghe misure”, che altro non sono che aree di

ritenzione del rischio, a volte totali e a volte parziali (le c.d. s.i.r.) che

svuota di significato l’obbligo di copertura assicurativa imposto alle

strutture sanitarie e che ha determinato la rottura di quella alleanza tra

assicurato ed assicuratore che costituisce la ratio di ogni contratto di

assicurazione e che crea inevitabili conflitti di interesse nella gestione 18

Page 19: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

dei sinistri allorquando al potenziale superamento della s.i.r. scatta il

coinvolgimento di entrambi i soggetti con esigenze contrastanti.

L’assicuratore avrà infatti maggiore interesse a liquidare un sinistro

del valore di 1.000.000,00 di euro allorché la s.i.r. sia di 800.000,00

euro rispetto alla struttura che in tal caso dovrebbe sopportare l’80%

del costo finale del risarcimento.

Non è quindi imponendo agli assicurati di assicurarsi che si ottiene la

partecipazione del mondo assicurativo alla gestione del rischio clinico,

bensì favorendo il senso di responsabilità degli operatori sanitari ed

evitando automatismi risarcitori che altro effetto non avranno che

alzare il costo delle assicurazioni e conseguentemente privare il

mercato di un ausilio tecnico indispensabile per il corretto

funzionamento del sistema sanità.

La Legge Gelli avrebbe potuto forse favorire meglio questa alleanza

tra assicurato e assicuratore che era tra i suoi auspici e che nei fatti,

invece, non si è realizzata anche perché forse è risultata troppo

marcata (o è stata percepita come tale) l’esigenza di protezione del

personale sanitario dipendente in favore di una responsabilità quasi

oggettiva della struttura sanitaria, ciò che evidentemente non è

piaciuto molto al modo assicurativo.

Che se poi l’intento del Legislatore fosse solo quello di tranquillizzare

l’esercente la professione sanitaria non mi pare che ciò sia riuscito

efficacemente dato che per gli esercenti la professione sanitaria non è

per niente la stessa cosa, avere la struttura sanitaria, presso la quale

prestano la loro opera, assicurata o non assicurata e quindi in regime

di ritenzione del rischio.19

Page 20: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

Le c.d. “analoghe misure”, non sono per niente “analoghe” in quanto

se la struttura sanitaria è assicurata ai sensi dell’art. 10, stante

l’esclusione del diritto di surroga ex art. 1916 c.c. dell’assicuratore nei

confronti dell’assicurato (quale deve considerarsi anche l’esercente la

professione sanitaria), il pagamento da parte dell’assicurazione

elimina, in radice, l’azione di rivalsa della Corte dei Conti non

sussistendo evidentemente alcun danno per l’Erario, mentre se la

stessa non è assicurata, in caso di pagamento, scatterà

automaticamente l’azione di responsabilità amministrativa, pur con i

limiti previsti dall’art. 9 della Legge Gelli, ciò che non contribuisce

evidentemente alla serenità dell’esercente la professione sanitaria.

La stessa Corte dei Conti (Corte dei Conti Lombardia n. 163/2016), in

una interessante sentenza, ha applicato il potere riduttivo nei confronti

di un dipendete della ASL che aveva introdotto un’ampia franchigia, a

dimostrazione di come ben diversa sia la posizione del dipendente di

un ente pubblico con s.i.r. o non assicurato e quella del medico che

possa contare su una copertura assicurativa in suo favore fin dal

primo euro.

La serenità sul posto di lavoro e la necessità di non dover assistere i

pazienti con il codice civile e penale in mano è certamente

comprensibile e il pendolo della giustizia - come detto - si è spesso

spinto verso la parte del paziente anche forzando alcuni istituti

giuridici come il nesso causale o allargando l’applicazione di una

figura, dagli incerti confini, come la perdita di chance, (anche se

ultimamente, devo rilevare, le cose stanno un po’ cambiando e si sta

assistendo ad una netta inversione di rotta dal momento che 20

Page 21: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

l’orientamento giurisprudenziale più recente - v. Cass. 19 luglio 2018,

n. 19204 - afferma il principio (a mio avviso sacrosanto) per cui anche

nelle cause di responsabilità medica, sia di natura contrattuale che

extracontrattuale, il nesso di causalità è elemento costitutivo del diritto

al risarcimento del danno e deve essere provato dall’attore

danneggiato, sulla scorta del principio generale previsto dall’art. 2697

c.c., per cui chi agisce in giudizio deve provare i fatti che ne

costituiscono il fondamento, ciò che può essere visto anche come un

ulteriore merito della Riforma Gelli), ma la sostanziale impunità del

responsabile non è comunque, in generale, auspicabile in quanto,

oltre a togliere uno strumento fondamentale all’assicuratore per la

gestione del rischio assicurativo, non contribuisce, a mio parere, a

favorire l’attuazione delle buone prassi terapeutiche sotto il profilo

della corretta tenuta della cartella clinica, dell’attuazione dei migliori

protocolli prevenzionali e di tutte quelle buone prassi che portano al

miglioramento delle prestazioni e ad una sempre più sicurezza nelle

cure (si parla del c.d. “senso di responsabilità” che fa aumentare

fisiologicamente l’attenzione e la concentrazione).

E’ chiaro che non spetta al giurista fornire soluzioni. Tuttavia, devo

rilevare che il codice civile italiano, come spesso (o quasi sempre)

accade, contiene in sé, a mio modesto avviso, le norme e i principi

generali in grado di regolamentare anche la materia della

responsabilità sanitaria, come del resto era accaduto prima del

Decreto Balduzzi.

21

Page 22: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

La legislazione settoriale raramente s’impone e spesso, in Italia

almeno, produce più danni che benefici (come per esempio nel caso

del TUF e del TUB).

Il codice civile italiano, che è senz’altro uno dei migliori al mondo,

(come ci è riconosciuto anche all’estero) definisce già, sia la sfera di

responsabilità della struttura sanitaria all’art. 1218, sia la sfera di

responsabilità del prestatore d’opera professionale all’art. 2236 che,

unitamente ai principi generali sottesi al codice civile medesimo

(come, per esempio, il principio dell’affidamento, le clausole generali

di diligenza, correttezza e buona fede), consentirebbero alla

giurisprudenza di elaborare un efficace modello di responsabilità

sanitaria, magari rivedendo quelle interpretazioni troppo integraliste

che avevano condotto allo sbilanciamento di tutela in danno del

mondo medico con l’effetto magari di attrarre nuovamente il mondo

assicurativo che costituisce, a mio avviso, un attore imprescindibile

per un’efficace gestione del rischio clinico, senza considerare che ciò

consentirebbe un più facile adeguamento dei criteri di risarcibilità alle

mutevoli esigenze sociali.

E non bisogna neppure dimenticare che quand’anche s’inquadrasse

la responsabilità dell’operatore sanitario dipendente nell’ambito della

responsabilità contrattuale, la sua obbligazione sarebbe pur sempre

un’obbligazione di mezzi e non di risultato dove non conta il “risultato”,

appunto, ma la diligenza, la prudenza e la perizia nell’esecuzione

della prestazione che rappresentano i tipici strumenti dell’assicuratore

nella valutazione del rischio assicurativo.

22

Page 23: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

Del resto, non credo si possa negare che l’affermazione della

responsabilità extracontrattuale dell’esercente la professione sanitaria

rappresenti una forzatura dato che quest’ultimo non può essere

paragonato a un qualunque soggetto che cagioni ad altri un danno

ingiusto, per usare le parole dell’art. 2043 c.c.; così come, parimenti,

costituisce una forzatura l’affermazione della responsabilità

contrattuale della struttura sanitaria stante la atipicità e particolarità

del rapporto che si instaura tra paziente e struttura sanitaria (il c.d.

contratto di spedalità), tant’è che, come si è visto, prima del Decreto

Balduzzi, la giurisprudenza, per affermare la responsabilità

contrattuale della struttura sanitaria, aveva dovuto elaborare,

coerentemente con il sistema dei principi generali sottesi al codice

civile, la teoria del c.d. contatto sociale, ciò che conferma, a mio

avviso, il principio dell’autosufficienza del codice civile italiano.

23

Page 24: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

4) LA RESPONSABILITA’ PENALE E IL SOPRAVVALUTATO RUOLO

DELLE LINEE GUIDA.

Anche sul versante della responsabilità penale l’art. 6 della Riforma,

che ha aggiunto l’art. 590 sexies, c.p., oltre che intrinsecamente

contraddittorio, non rassicura pienamente gli esercenti la professione

sanitaria.

La disposizione assume infatti che un evento morte o lesioni possa

verificarsi per imperizia quale conseguenza di una condotta del

sanitario rispettosa delle regole di perizia contenute in Linee Guida

adeguate alle specificità del caso concreto. Si ipotizza, in sostanza,

che vi possa essere imperizia nonostante l’osservanza di regole

tecniche. Il che è illogico.

Lo schematismo semplicistico della norma nel suo voler seguire la

strada di una scriminante buona da essere utilizzata in tutti i casi

rischia, in realtà, di non sortire alcun effetto depenalizzante come

posto in evidenza dalla sentenza della Cassazione, nota come

sentenza De Luca-Taraboni, che ha sostenuto addirittura che il

Decreto Balduzzi fosse da ritenere norma più favorevole, dato il

riferimento alla colpa lieve quale esimente della responsabilità.

Ed infatti, nel febbraio scorso, è intervenuta la Corte di Cassazione

Penale a Sezioni Unite, (sentenza n. 8770 del 22 febbraio 2018, c.d.

sentenza Mariotti) che ha stabilito che l’esercente la professione

sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali

derivanti dall’esercizio dell’attività medico-chirurgica:

a) se l’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da negligenza o

imprudenza;24

Page 25: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

b) se l’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia

quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle

Linee Guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;

c) se l’evento si è verificato per colpa (anche lieve) da imperizia nella

individuazione e nella scelta di Linee Guida o di buone pratiche che

non risultino adeguate alla specificità del caso concreto;

d) se l’evento s’è verificato per colpa grave da imperizia

nell’esecuzione di raccomandazioni, di Linee Guida o buone

pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di

rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto

medico.

Lo scopo della Riforma Gelli era evidentemente quello di trasmettere

ai medici un messaggio rassicurante - rispettate le Linee Guida

(purché accreditate e adeguate al caso concreto) e andrete esenti da

responsabilità penale - ma ciò, come spiegato dalla Cassazione

Penale, non è possibile perché, in realtà, per individuare le

responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, non c’è bisogno

di fare riferimento alle Linee Guida la cui funzione è quella di costituire

un riferimento alle migliori pratiche cliniche e non certo quello della

giustificazione dei comportamenti errati del personale sanitario.

Se è vero che il rispetto delle Linee Guida potrebbe contribuire (con le

limitazioni stabilite dalla Corte di Cassazione Penale) ad escludere la

responsabilità del sanitario è anche vero, infatti, che esiste un limite,

sempre affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale le Linee

Guida non possono essere invocate per escludere la responsabilità

degli esercenti la professione sanitaria allorquando il paziente presenti 25

Page 26: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

un quadro clinico che imponga una condotta diversa da quella

raccomandata dalle Linee Guida.

La legge Gelli ha avuto certo il merito di tipizzare (o tentare di farlo) il

sistema delle Linee Guida - è stato pubblicato lo scorso marzo il

decreto che istituisce il Sistema Nazionale Linee Guida e

l’Osservatorio Nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella

sanità - ma rimangono alcune perplessità di non poco conto.

In primo luogo si auspica che il SNLG elimini tutte le Linee Guida non

affidabili che vengono stimate nel 50%.

In secondo luogo, le Linee Guida, per loro natura, non potranno mai

avere la precettività propria delle norme giuridiche.

In terzo luogo, risulta che la classe medica ha riscontrato oggettive

difficoltà nell’applicare una sola Linea Guida, sia perché ce ne sono

tantissime, sia perché si trova spesso di fronte a pazienti

pluripatologici, laddove la Linea Guida esprime una regola di condotta

per una sola determinata patologia.

E infatti, la Corte di Cassazione, certamente almeno sul versante

civile, continua a fondare le proprie sentenze attributive di

responsabilità medica sui criteri della colpa e del nesso di causalità e

affermando anzi il principio secondo il quale l’esercente la professione

sanitaria deve disattendere le Linee Guida ogni qualvolta le particolari

condizioni cliniche del paziente lo richiedano. Del resto, la medicina

difficilmente può essere standardizzata anche in considerazione della

costante e rapida evoluzione scientifica e le Linee Guida non potranno

mai sostituire l’autonomia del medico nelle scelte terapeutiche sulla

persona assistita in quanto permangono sempre le variabili individuali 26

Page 27: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

dei pazienti, tenendo anche conto del principio di libertà terapeutica

espresso dagli artt. 9, 32 e 33 della Costituzione.

Le cose sono dunque migliorate? Non lo so. La prassi giudiziale rende

assai complesso infatti stabilire se l’errore abbia avuto le

caratteristiche della negligenza, dell’imprudenza o dell’imperizia unica,

che, accompagnata all’esatta esecuzione della Linea Guida

individuata, costituisce causa di non punibilità. E poi pensare a Linee

Guida che seguite parossisticamente si pongano come protezione o

giustificazione di qualsivoglia imperizia appare difficile da immaginare.

E poi ancora quali Linee Guida dovrà seguire il medico in pazienti con

multipatologie?

La sensazione è che la Riforma Gelli abbia lasciato ancora ampi

margini di discrezionalità alla Magistratura Penale, che non so se era

proprio quello che aveva in mente il Legislatore.

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Page 28: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

5) LA MEDICINA IDEALE. QUELLA CHE TUTTI NOI VORREMMO.

Come deve operare allora l’esercente la professione sanitaria per

andare esente da responsabilità? Questa forse è la domanda che, alla

fine del mio intervento, vi starete ponendo.

Signori, la medicina non è una scienza esatta. Anzi, la medicina non è

una scienza ma una pratica (un’arte viene anche definita), una tecnica

- nel senso ippocratico del termine - dotata di un suo proprio sapere,

conoscitivo e valutativo e che differisce dalle altre tecniche perché il

suo oggetto è un soggetto: cioè l’uomo (definizione tratta da “Il

mestiere del medico” Giorgio Cosmacini, Raffaello Cortina Editore,

2000, pag. 11). E se anche la si volesse considerare come una

scienza, essa non è una scienza come tutte le altre in quanto include

regole e leggi naturali, dimensioni, sì biologiche, ma anche

psicologiche.

Limitarsi a un approccio meramente analitico, focalizzato solamente

sui dati obbiettivi della malattia, sulle condotte da tenere per tentare di

essere in regola con la legge, sui formalismi, non basta e risulterebbe

vano. L’operatore sanitario rischia così di non ascoltare più il paziente

e di trattarlo come una macchina guasta.

Lo stato di salute, o di malattia, è il risultato di una serie di condizioni

apparentemente infinita.

Il sociologo Arthur W. Frank, che sperimentò di persona l’esperienza

di una grave malattia, nel suo libro “The wounded storyteller”,

(traduzione “Il narratore ferito”), descrive benissimo la sensazione che

il malato ha di essere ferito nella voce per non aver la possibilità di

28

Page 29: LA RESPONSABILITA’ DELLA STRUTTURA SANITARIA E DELL

farsi ascoltare, sensazione che ho vissuto anch’io e che quindi

comprendo bene.

Ogni malato è diverso dall’altro: ognuno ha la sua storia, i suoi

problemi familiari, economici, esistenziali. Diversi sono il carattere, le

condizioni professionali e ambientali. Il malato inoltre ha pregiudizi,

convinzioni, timori, certezze rispetto alla salute e alla malattia.

Diverso quindi è per ciascuno il modo di sentirsi ammalati.

Ogni malato non si sentirà mai malato come un altro malato.

Una medicina che abbia cura della persona non può essere

meccanicistica ma dev’essere risolutamente umanistica.

L’esercente la professione sanitaria deve aver cura dell’uomo

malato. Deve pensare sempre che “gli altri siamo noi”, come recita un

ritornello di una canzone di Umberto Tozzi.

Umanizzare la medicina significa anche capire, appunto, che è

essenziale il tempo dedicato all’ascolto del malato che oggi, grazie

anche alla Legge n. 219/2017 (c.d. Legge sul biotestamento), è

espressamente considerato come tempo di cura.

Il medico e il malato sono prima di tutto due esseri umani. Dal loro

incontro la “scena medica” prende vita, senso e significato.

Affinché si realizzi una efficace relazione di cura sono necessarie, a

mio avviso, 3 condizioni:

1) innanzitutto il medico, come ogni altro operatore sanitario, deve

avere le necessarie conoscenze tecnico-scientifiche, ciò che

comporta un continuo aggiornamento delle proprie conoscenze da

mettere a disposizione del paziente (competenza teorica);

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2) poi deve avere un’abilità pratica cui concorrono intuito, sesto

senso, senso critico e capacità di giudizio (competenza

attitudinale);

3) infine deve possedere quello che possiamo chiamare “ethos

umanitario”, cioè un’etica antropologica che gli permette di

riconoscere nel malato, prima di tutto, una persona.

Il medico deve avere la capacità d’instaurare un rapporto di empatia,

avere cioè la capacità di sentire dentro, di comprendere i pensieri, gli

stati d’animo e lo stato emotivo del paziente in modo immediato,

talvolta senza far ricorso neppure alla comunicazione verbale.

Il medico, in sostanza, dev’essere un generoso, che è un concetto

che va oltre il concetto di empatia, e che è il modo con cui una

persona comprende e agisce tenendo conto della comunione tra la

vita di un altro e la propria.

Si potrebbe obiettare: ma non tutti sono o possono essere generosi.

Ebbene, io risponderei che non tutti debbono, per forza, fare il

medico. Ci sono altri mestieri e professioni che non richiedono, come

caratteristica peculiare, di essere generosi ma per esempio,

equilibrati, se si fa il magistrato, coraggiosi, se si fa il vigile del fuoco,

ecc. ecc. Ma la medicina, sì: richiede generosità. Non a caso si dice

che “fare il medico è una missione” e non tutti, evidentemente,

possono essere missionari.

Se il medico, come ogni altro operatore sanitario, soddisferà queste 3

condizioni, non solo non avrà mai problemi con la giustizia ma non

avrà problemi proprio, ottenendo, anzi, gratificazione e benessere

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dall’esercizio della sua professione che, per certi versi, rappresenta

indubbiamente anche un privilegio.

Questo modo di esercitare la professione sanitaria farà sì che

l’operatore sanitario avrà adeguatamente informato il paziente e che

sarà sempre in grado di giustificare e documentare le ragioni delle

proprie scelte terapeutiche che costituisce, di per sé, espressione di

quella prudenza, perizia e diligenza che i giudici richiedono

all’operatore sanitario, sicché l’esercente la professione sanitaria che

sa spiegare ex ante la decisione che ha preso è esercente in re ipsa

diligente.

Il bravo professionista non ha bisogno di negare contro ogni evidenza

ma sa spiegare al paziente anche l’esito infausto in quanto sa di avere

la coscienza tranquilla e di non aver tradito quella alleanza terapeutica

che costituisce la base del rapporto medico-paziente.

Quando una richiesta di risarcimento per responsabilità professionale

interviene in un simile contesto vi sono, evidentemente, chiare chance

di successo, diversamente saranno altrettanto chiare le probabilità di

condanna.

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6) UN’IMMAGINE SUGGESTIVA.

Nel 1987, il National Geographic premiò come foto dell’anno “Anxious

Eyes” di James Stanfield, scattata nella sala operatoria di un ospedale

in Polonia.

L’immagine ritrae il cardiochirurgo Zbigniew Religa che controlla i

parametri vitali del paziente ancora addormentato alla conclusione del

trapianto del suo cuore durato 23 ore.

In un angolo della sala operatoria, un assistente, esausto, dorme per

terra. Si trattava del primo intervento di questo tipo eseguito in

Polonia.

L’esito fu così fausto che il paziente, Tadeusz Zytkiewicz, è

sopravvissuto allo stesso chirurgo che gli ha salvato la vita (morto nel

2009).

Quest’immagine mi fa venire in mente che, all’essenza delle cose,

medico e paziente non sono parti avverse ma persone che insieme

generano il miracolo della cura.

Questo dev’essere il legame che è dovere di ogni Legislatore tutelare,

ponendo le condizioni affinché esso possa svolgersi nella necessaria

serenità ed approntando un sistema ragionevole per l’accertamento

degli errori medici.

! Grazie

Macerata, li 9 novembre 2018! ! ! Avv. Fabio Messi

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