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SDD – Seconde Proteine Le proteine Entriamo nell'ultima parte del nostro viaggio nella chimica iniziato l'anno scorso e incontriamo finalmente le molecole della vita. Inizieremo ad analizzare la struttura e le funzioni delle proteine. Analizzando le proteine tuttavia inciamperemo in alcuni concetti di chimica che ancora non conosciamo. Per questo motivo il capitolo sarà lungo, ma per lo stesso motivo ogni considerazione teorica sarà agganciata ad aspetti importanti per la fisiologia del corpo umano. Le funzioni delle proteine Le proteine hanno molteplici applicazioni all'interno degli organismi Trasporto: pensa all'emoglobina che trasporta l'ossigeno nel sangue, oppure ricorda che sulla membrana cellulare vi sono delle proteine che hanno il compito di trasportare dentro fuori della cellula determinate sostanze tramite il trasporto attivo. Difesa: Gli anticorpi sono una classe di proteine. Movimento: Astina e miosina nei muscoli. Strutturale: Peli, unghie, penne, squame sono strutture proteiche. Riserva energetica: In certi casi anche le proteine vengono utilizzate per produrre energia. Catalitica: Le proteine aiutano i processi chimici e metabolici dell'organismo rendendoli più veloci. Le proteine sono macromolecole Le proteine sono costituenti essenziali di tutte le cellule; circa 1/5 del corpo umano è costituito di proteine, che sono distribuite nelle cellule di tutti i tessuti, ma sono presenti nella maggior parte nei muscoli. In tutti i processi biologici le proteine svolgono funzioni essenziali, fra cui assume particolare importanza quella catalitica; infatti, il maggior numero delle reazioni che si svolgono negli esseri viventi è catalizzato (reso più veloce) dagli enzimi che sono una classe particolare di proteine. A livello energetico, il metabolismo delle proteine soddisfa solo una minima parte del fabbisogno di un organismo (in un uomo adulto circa il 10-15%). Le proteine, infatti, vengono scisse nei singoli amminoacidi che hanno soprattutto il compito di costruire le proteine specifiche di cui il corpo ha bisogno, quali le proteine dei muscoli, dell'epidermide, dei peli, ecc. (biosintesi delle proteine). Tuttavia in alcuni casi, esse intervengono come combustibili: quando non sono richieste per la sintesi di nuove proteine, quando sono in eccesso rispetto alla quantità richiesta a questo scopo, durante il digiuno o quando, per altri motivi, L'organismo è carente di carboidrati o questi non vengono utilizzati propriamente. Il potere calorico medio delle proteine è di 17 KJ/g (4.1Kcal/g). 1

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SDD – SecondeProteine

Le proteineEntriamo nell'ultima parte del nostro viaggio nella chimica iniziato l'anno scorso e incontriamofinalmente le molecole della vita. Inizieremo ad analizzare la struttura e le funzioni delle proteine.

Analizzando le proteine tuttavia inciamperemo in alcuni concetti di chimica che ancora nonconosciamo. Per questo motivo il capitolo sarà lungo, ma per lo stesso motivo ogni considerazioneteorica sarà agganciata ad aspetti importanti per la fisiologia del corpo umano.

Le funzioni delle proteineLe proteine hanno molteplici applicazioni all'interno degli organismi

� Trasporto: pensa all'emoglobina che trasporta l'ossigeno nel sangue, oppure ricorda che sullamembrana cellulare vi sono delle proteine che hanno il compito di trasportare dentro fuoridella cellula determinate sostanze tramite il trasporto attivo.

� Difesa: Gli anticorpi sono una classe di proteine.� Movimento: Astina e miosina nei muscoli.� Strutturale: Peli, unghie, penne, squame sono strutture proteiche.� Riserva energetica: In certi casi anche le proteine vengono utilizzate per produrre energia.� Catalitica: Le proteine aiutano i processi chimici e metabolici dell'organismo rendendoli più

veloci.

Le proteine sono macromolecoleLe proteine sono costituenti essenziali di tutte le cellule; circa1/5 del corpo umano è costituito di proteine, che sonodistribuite nelle cellule di tutti i tessuti, ma sono presenti nellamaggior parte nei muscoli. In tutti i processi biologici leproteine svolgono funzioni essenziali, fra cui assume particolareimportanza quella catalitica; infatti, il maggior numero dellereazioni che si svolgono negli esseri viventi è catalizzato (resopiù veloce) dagli enzimi che sono una classe particolare diproteine.

A livello energetico, il metabolismo delle proteine soddisfa solouna minima parte del fabbisogno di un organismo (in un uomoadulto circa il 10-15%). Le proteine, infatti, vengono scisse neisingoli amminoacidi che hanno soprattutto il compito dicostruire le proteine specifiche di cui il corpo ha bisogno, qualile proteine dei muscoli, dell'epidermide, dei peli, ecc.(biosintesi delle proteine). Tuttavia in alcuni casi, esseintervengono come combustibili: quando non sono richieste perla sintesi di nuove proteine, quando sono in eccesso rispetto allaquantità richiesta a questo scopo, durante il digiuno o quando,per altri motivi, L'organismo è carente di carboidrati o questinon vengono utilizzati propriamente. Il potere calorico medio delle proteine è di 17 KJ/g(4.1Kcal/g).

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Gli amminoacidiLe proteine sono polimeri di amminoacidi (aa), la cui struttura generica è:

Il radicale R differenzia un amminoacido da un altro. Gli amminoacidi che costituiscono le proteinesono 20, di cui 8 sono detti essenziali per l'uomo visto che devono essere assunti con il cibo poichéil nostro organismo non è in grado di sintetizzarli.

In particolare trovate nelle immagini la rappresentazione di tutti gli amminoacidi. Si può notarecome alcuni di questi hanno radicali apolari, altri invece sono polari se non addirittura ionici (adipendenza del pH). Gli amminoacidi polari solitamente di trovano sulla superficie delle proteinementre quelli apolari spesso si trovano all'interno delle proteine, senza essere a contatto con l'acqua.

Ci sono poi alcuni amminoacidi particolari. La metionina è molto importante perché, come vedremo

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più avanti, è il segnale di inizio di ogni nuova proteina: ogni proteina inizia quindi con unametionina. La prolina è l'unico amminoacido che differisce drasticamente, essendo ciclico. Questoamminoacido forma catene molto rigide ed è soprattutto presente nelle strutture proteiche disostegno, cioè nella cartilagine, nei tendini, ecc. È l'amminoacido principale contenuto nelcollagene. Infine la cisteina è anche molto importante perché é in grado di formare dei pontidisolfuro (vedrete più avanti).

Legame peptidicoNelle proteine gli amminoacidisono legati tra loro con un legamepeptidico, che si stabiliscono tra ilgruppo carbossilico (acido) di unamolecola e il gruppo amminico(basico) di un'altra; la catena checosì si forma è detta catenapolipeptidica, chiamata anchepeptide.La reazione diformazione dei peptidi è prevedeche per ogni legame tra aa che siforma si libera una molecola diacqua.Questa reazione è anchechiamata condensazione. Alivello biologico la reazione dicondensazione di aa per formarepeptidi è controllata da enzimi.La reazione può anche esserefacilmente invertita e dai peptidil'organismo è in grado dismontare i singoli mattoni chepossono essere riutilizzati pernuove e diverse strutture. Si puòtranquillamente affermare chequesta catena di montaggio esmontaggio lavori incessan-temente. Le proteine possonoavere svariate dimensioni adipendenza del numero di ammi-noacidi che le formano; possonoraggiungere gradi di complessitàe masse molecolari elevatissime:un enzima del fegato bovino è formato da 8300 aa e la sua massa molecolare è di circa 1'000'000uma. La struttura delle proteine può risultare molto complessa; infatti la catena polipeptidica siavvolge su sé stessa in maniera precisa. Per questo motivo si suddivide la struttura in quattro livellidi organizzazione.

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Struttura primariaLa struttura primaria esprime la sequenza degliaa. La sua conoscenza è fondamentale, ancheperché è proprio la sequenza degli amminoacidiche determina poi i livelli superiori diorganizzazione. La prima dimostrazione di unasequenza di aa fu eseguita su una proteina moltoimportante, l'insulina. Questa scoperta dimostròche ogni proteina ha una sua sequenza specificadi aa, determinata geneticamente. Malattiegravissime sono collegate all'alterazione anche diun singolo aa nella sequenza del peptide; peresempio l'anemia falciforme è dovuta ad undifetto della molecola dell'emoglobina: in questocaso solo 2 aa sui 600 che formano l'emoglobinasono diversi da quelli "normali".

Struttura secondariaGli amminoacidi, una volta legatici tra lorosecondo la specifica sequenza della proteina, nonrestano lineari ma si avvolgono generalmente adelica alfa, oppure a strati beta. Entrambe questestrutture sono legate alla formazione di specificiponti idrogeno. La funzione di una proteina èstrettamente legata alla sua conformazione in 3D.

Struttura terziariaPuò succedere che le eliche e gli strati beta siaggreghino tra loro formando strutture piùcomplesse e raggomitolate, ancorché moltoprecise e ben definite. Questo raggomitolamentosi chiama struttura terziaria.

Struttura quaternariaSe singole proteine con la propria struttura siaggregano tra loro formando una struttura ancorapiù complessa, questa viene chiamata strutturaquaternaria. È il caso per esempiodell'emoglobina che è composta da 4 proteine (2 di un tipo e 2 di un altro tipo). Questa aggregarsi èanche fondamentale e vedremo più avanti il perché, parlando dell'attività degli enzimi.

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Le forze che tengono unite leproteine

Vi sarete forse posti la domanda: come mai ipeptidi si ripiegano su sé stessi?. Ebbene larisposta già la conoscete. Tutte le forze che siosservano tra le molecole e che abbiamoprecedentemente analizzato (capitolo 3) siritrovano qui unite a collaborare affinché ipeptidi assumano una forma ben precisa.Osservando le immagini potete vedere comeall'interno della catena di aa, singoli aa siattirano tra loro per le diverse forze giàincontrate. È proprio la combinazione di tutte leinnumerevoli forze di attrazione tra i singoli aache si trovano in punti anche molto distantidella catena a far si che questa si ripieghi conordine su sé stessa.

Osservando questo fatto potete anche capire laimportanza del pH. se infatti il pH dell'acqua,nella quale si trova la nostra proteina, varia, puòsuccedere che alcuni amminoacidi cambino lapropria carica elettrica e la propria caratteristicamorfologica; questa variazione spesso porta alladistruzione delle specifiche interazioni tra aa equindi alla denaturazione della proteina. Unavolta che una proteina perde il proprio ordine3D, perde automaticamente anche la suafunzionalità. Spesso poi (lo vedremo piùavanti), questo processo è irreversibile.Immaginate per esempio la denaturazione cheavviene tramite l'azione del calore sulle proteinedell'albume dell'uovo. Una volta che è sodo, èsodo, non torna più "crudo". Ricordate anchecome si produce il formaggio... e l'attività dilaboratorio collegata.

Si osservi la formazione del ponte disolfuro.Questa è una tipica reazione di ossidoriduzione,nella quale vengono scambiati degli elettroni.Per megli interpretare questo dato di fattodobbiamo introdurre un nuovo paragraforiguardante appunto le ossidoriduzioni e il modo con il quale i chimici conteggiano gli elettroniscambiati e cioè il numero di ossidazione.

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Definizione di ossidoriduzioneFu il chimico francese Lavoisier (1743-1794) a introdurre il concetto di ossidazione; con ciò eglivoleva indicare una reazione di combinazione con l'ossigeno, ossia una combustione. Nelprocedimento inverso, chiamato riduzione, venivano scritte tutte quelle operazioni nelle qualil'ossigeno veniva eliminato da un composto. Questi due concetti vennero poi estesi a tutti i processidi combustione; si riconobbe che essa non era altro che una rapida ossidazione di una sostanzacombustibile con sviluppo di calore e luce. Un modo per rappresentare la combustione potrebbeessere:

C + O2 --------> CO2

Siccome poi l'ossigeno è presente nell'atmosfera ed è alla portata di mano, era logico, una voltariconosciuto il ruolo essenziale che questo elemento giocava nelle combustioni, che le primereazioni studiate e analizzate a fondo fossero proprio quelle nelle quali l'ossigeno vi partecipava,non solo con la sua azione specifica, ma con il suo nome; da qui la parola ossidazione. Anche se piùtardi si riconobbe che le combustioni erano solo casi particolari di ossidazioni, questo nome nonvenne più modificato.

Le ossido-riduzioniPossiamo collegare le reazioni la reazione di formazione di un sale tramite legame ionico allereazioni di ossidoriduzione. Queste reazioni rivestono un'enorme importanza, non solo nel settoredella chimica, ma anche in quello della biologia e della biochimica. Occorre ricordare che unabuona parte delle reazioni chimiche che avvengono nell'organismo umano sono reazioni redoxcome, ad esempio, quelle che forniscono l'energia indispensabile al funzionamento delle cellule(respirazione).

Il decorso delle reazioni redox può essere spiegato tramite un trasferimento di elettroni da certiatomi (o gruppi di atomi) ad altri (questo modo di esprimersi corrisponde a quanto viso nel caso dellegame ionico.

� La perdita di elettroni è definita come ossidazione � L'acquisto di elettroni è definito come riduzione

Nel caso dei legami ionici è abbastanza facile capire quali sono gli atomi che si ossidano e qualisono quelli che si riducono. La cosa diventa decisamente più difficile quando si parla diossidoriduzione tra i composti covalenti. Per fare questo bisogna il concetto di numero diossidazione.

Il numero di ossidazione viene assegnato supponendo che nella formazione di un composto alcuniatomi cedano elettroni e alcuni li prendano, e questo anche quando il legame che si stabilisce non èionico ma covalente puro o polare. In questo caso il passaggio di elettroni (virtuale) avvienedall'atomo meno elettronegativo verso quello più elettronegativo. Quando nelle reazioni redoxpartecipano composti con legami covalenti, gli elettroni di legame vengono assegnati all'atomo piùelettronegativo. Con questa scelta arbitraria tutti gli atomi ricevono delle cariche elettriche virtualiche definiscono il numero di ossidazione.

Il numero di ossidazione corrisponde al numero reale o apparente di cariche elettriche positive onegative che possono essere attribuite ad un atomo in un composto, qualora tutti i legami presentinella molecola in cui si trova, vengano considerati ionici.

Nello molecola di acqua, per esempio, gli elettroni in comune devono essere completamente

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assegnati all'ossigeno che possiede un'elettronegatività maggiore rispetto all'idrogeno. Procedendoin questo modo l'atomo di ossigeno riceve4 due elettroni in più rispetto a quando so trova nel suostato naturale. Pertanto il N.O. dell'ossigeno è -II. Ogni singolo atomo di idrogeno che ha perso ilsuo elettrone assume il N.O. +I.

Nella molecola di CO2 gli elettroni che formano il legame devono essere assegnati agli atomi diossigeno che sono più elettronegativi rispetto all'atomo di carbonio. Visto che l'atomo di ossigenoallo stato naturale appartiene al sesto gruppo, riceve due elettroni ed il suo N.O. è -II. L'atomo dicarbonio è del quarto gruppo e perde quattro elettroni che sono stati messi in comune. Il suo N.O. è+IV.

Considerando questi primi due esempi si può dedurre che gli N.O. degli atomi nei composti ionicicorrisponde alla carica elettrica realmente posseduta dagli ioni mentre è apparente in tutti gli altricasi (legame covalente apolare e legame covalente polare) poiché non corrisponde ad uno statoreale dell'atomo o del gruppo di atomi. Si tratta semplicemente di un artificio che permette diesprimere in modo semplice il complicato meccanismo delle reazioni di ossido riduzione.

Regole generali per determinare il N.O. degli atomi nei composti

� Il N.O. viene indicato con una cifra romana preceduta dal segno di carica e va posto in alto adestra del simbolo chimico dell'atomo. Na+I, S-II.

� Il N.O. può essere positivo, negativo o nullo � Il N.O. degli atomi allo stato libero, non combinato è zero. Infatti quando un atomo non è

combinato, non acquista e non cede elettroni. Per alcuni elementi che allo stato naturale sipresentano sotto forma di molecole il N.O. è pure zero. Fe0, Cu0, O2

0, ecc.

� il N.O. dell'idrogeno, quando è combinato è sempre +I e il N.O. dell'ossigeno, quando ècombinato è sempre -II (tranne rare eccezioni, per es nell'acqua ossigenata, dove c'è un legameO-O (-I))

� Il N.O. di ciascun ione in un composto ionico coincide, come numero e segno, con la caricaelettrica effettiva dello ione. Esempio: in NaCl sappiamo che il sodio è presente come ioneNa+ de il cloro come Cl-, e per quanto riguarda gli N.O. possiamo indicare Na+I e Cl-I.

� Il N.O. di ciascun atomo in un composto covalente si determina tenendo contodell'elettronegatività per cui, riassumendo, all'elemento più elettronegativo sarà attribuito ilsegno meno e rispettivamente il segno più andrà all'elemento meno elettronegativo. Esempi:vedi quanto detto nel paragrafo precedente.

� Nei composti chimici, in generale, la somma algebrica dei N.O. dei vari atomi checompongono il composto è pari alla carica totale del composto (e quindi solitamente pari azero). Questa regola permette di calcolare il N.O. di molti elementi, deducendolo in funzionedegli altri.

Esempio: NaH2PO4. Dalla regola 4 so che il N.O. dell'idrogeno è +I e quello dell'ossigeno -II. Dalla

tavola periodica so che il sodio (Na) si trova nel primo gruppo ed origina lo ione Na+ quindi il suoN.O. (regola 5) è +I. Con la regola 7 trovo il N.O. del P: +I*2 (Na) + (+1I)*2 (H2) + (-II)*4 (O4)=

-V. Poiché la somma algebrica deve essere 0 allora il N.O. di P è +V.

Gli enzimi Una classe fondamentale delle proteine è proprio quella degli enzimi. Gli enzimi sono responsabili

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per il funzionamento di tutti i processi biologici. Rendonopossibili reazioni chimiche che altrimenti necessiterebbero ditemperature e condizioni non accettabili per un organismovivente. Pensate per esempio che la combustione del glucosio nelnostro corpo avviene a temperatura fisiologica, mentre la reazionediretta, non mediata dagli enzimi, è una normalissimacombustione con tanto di fiamma...

Osserviamo un meccanismo catalizzato da un enzima. L'enzimasta al suo substrato (la o le sostanze che devono reagire tra loro)come la serratura sta alla chiave.

Il substrato avendo la forma corretta (cariche corrette, dipolicorretti, VdW corretti, ecc) si inserisce nell'enzima. (tutta unaserie di deboli forze di attrazione concorrono a far si che avvengaquesto inserimento). Questo permette loro di reagire correttamentee in modo controllato, formando esattamente il prodottodesiderato.

Dopo la reazione il prodotto si stacca dall'enzima. Il prodotto èstato modificato, mentre l'enzima è rimasto integro, ed è prontoper catalizzare una nuova reazione.

Si osservi anche come gli enzimi hanno specificità nonsolo nella reazione chimica da loro catalizzata, ma anchenelle condizioni esterne nelle quali sono in grado difunzionare. Piccole variazioni di pH e di temperaturaconducono inevitabilmente alla loro disattivazione.

Per meglio interpretare questo fenomeno dobbiamointrodurre alcuni concetti teorici di chimica, e cioè laspontaneità e la velocità delle reazioni chimiche.

Reazioni reversibili e irreversibiliNon sempre si riesce ad individuare una reazionechimica, poiché non sempre sono percepibili ledifferenze tra le sostanze che si hanno prima e quelle chesi ottengono dopo la reazione. Richiamando il concettodi reazione chimica vediamo di elencare qualicaratteristiche si possono considerare normalmente perrenderci conto che è avvenuta una reazione.

Si ha reazione quando la struttura della materia cambia o, detto in un altro modo, i composti cheottieni dopo lo svolgimento della reazione non sono per niente uguali a quelli che avevi all'inizio,prima della reazione.

Un primo parametro che si può prendere in considerazione per giustificare che è avvenuta unareazione chimica è il cambiamento di colore. Prendiamo una striscia di magnesio; essa presentatutte le caratteristiche del metallo che conosci ed è di colore grigio. Bruciandolo otteniamo l'ossidodi magnesio che è una polvere di colore bianco. Nella reazione si osserva anche uno sviluppo dienergia termica e luminosa. Ricorda che tutte le combustioni sono delle reazioni.

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Se noi facciamo friggere un uovo, l'albume, che all'inizio è trasparente, dopo la cottura diventa dicolore bianco; segno che è avvenuta una reazione chimica e più precisamente le proteinedell'albume si sono denaturate.

Generalizzando possiamo dire che i tipici sintomi che indicano l'avvenuta reazione sono

� Cambiamento di colore � Sviluppo di gas � Formazione di un precipitato � Formazione di gas o di sostanze con odore caratteristico � Sviluppo o assorbimento di energia

La reversibilità delle reazioniSolitamente si parla di processi reversibili quando si considerano quelli fisici (fusione, ebollizione,ecc.); si tratta però, in questo caso, di cambiamenti di stato della materia e non di cambiamenti dellasua struttura interna.

La reversibilità esiste anche nei processi chimici? A questa domanda possiamo già rispondere inmodo affermativo pensando per esempio alle soluzioni acquose contenenti un sale saturo oppure,nel campo acido base, pensando ad un acido debole o ad una base debole e al loro effetto tampone.

I processi chimici possono essere suddivisi, associandoli alla reversibilità, in tre categorie.

Le reazioni irreversibiliUna reazione irreversibile per definizione è lacombustione. Non è mai successo,considerando per esempio la combustione dellegno, di vedere la cenere che fa una reazionechimica per ridare il pezzo di legno iniziale,liberando ossigeno. Occorre considerarequest'aspetto sotto due punti di vista; il primoproblema è che parte dei composti che sisono formati durante la combustione didisperdono nell'ambiente (fumi), è quindiimpossibile tornare indietro se alcunicomposti formatisi vanno persi. Il secondoproblema, quello più importante, è di tipoenergetico. Possiamo rappresentare la combustione del legno, dal punto di vista dell'energia tramiteil grafico seguente:

L'energia di attivazione corrisponde a quella quantità di energia che occorre fornire all'inizio perchéla reazione s'inneschi; quando si accende un fuoco solitamente può essere rappresentata dalfiammifero che si usa. In natura, nei periodi estivi, è il sole a fornire l'energia che, in certi casi,innesca l'autocombustione (fenomeno abbastanza frequente a certe latitudini che può causare gliincedi .

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La differenza di energia tra stato iniziale efinale è così grande che diventainimmaginabile la reazione inversa. Lacombustione è descritta di conseguenza,come reazione irreversibile.

Reazioni irreversibili che in certi casidiventano reversibili

Questo caso può anche essere visto comesottocaso del precedente. Partiamo da unareazione che si conosce bene sulla carta, lacombustione dell'idrogeno

La reazione inversa non si è mai vista (ce nesaremmo accorti giacché l'idrogeno èesplosivo). Essa può però avvenire incondizioni particolari, ossia fornendo un enorme quantità di energia (ciò è possibile conapparecchiature di laboratorio ma non avverrà mai in natura). Il grafico che ne risulta, dal punto divista energetico, è il seguente:

È possibile in laboratorio scomporre l'acqua nei suoi elementi costituenti; occorre fornire però unacerta quantità di energia.

Questi primi due casi che abbiamo considerato sono caratteristici per le reazioni esotermiche, ossiaquelle che liberano energia quando avvengono.

Di per sé, anche la reazione che abbiamo visto potrebbe essere reversibile ma solo a condizioniparticolari, e, visto che in natura esse non si presentano, si può affermare che questa reazione èirreversibile.

Reazioni reversibiliIl termine reazione reversibile è usato per lereazioni nelle quali è possibile tornareindietro. Un esempio tipico è la dissociazionedi un acido debole, per esempio quelloacetico.

Sappiamo che un acido debole non si dissociacompletamente, per cui in una bottigliacontenente aceto, per esempio, sarannopresenti tutte le componenti indicati nellareazione. Se le due reazioni (quella di andatae quella di ritorno) avvengono con la stessavelocità si parla di equilibrio chimico.

Dal punto di vista energetico si puòrappresentare la reazione riportata sopra conil seguente grafico:

La velocità di reazioneLa difficoltà di individuare una reazione chimica è collegabile, certe volte, alla lentezza con cui essa

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si svolge. La velocità di una reazione si misura in base alla quantità di sostanze che si trasformano.Tale misura però, riesce agevole solo nei casi in cui qualche proprietà cambia in modo evidente,come per esempio il colore, ed in un tempo relativamente breve.

La velocità di reazione costituisce un aspetto di particolare rilevanza. Pensa a quello che finora saidella biologia per quanto concerne gli enzimi che intervengono nella scomposizione degli alimentidurante la digestione; oppure per esempio, quando siamo confrontati con una reazioneparticolarmente lenta: in questo caso ci possono essere dei problemi: in un'industria, ad esempio, unaumento dei tempi di lavorazione provoca un aumento dei costi di produzione e questo incidenegativamente sul prezzo del prodotto finito. Allo stesso modo una reazione troppo veloce puòrisultare incontrollabile e se è istantanea come una combustione esplosiva, diventa certamenteindesiderabile.

Come estremi di velocità di reazione si possono considerare la formazione delle stalattiti e dellestalagmiti che è un caso di reazione chimica lentissima, mentre l'esplosione di fuochi di artificio èdovuta a reazioni velocissime.

La velocità di una determinata reazione non è sempre uguale, ma varia in funzione di alcuni fattori:la superficie di contatto, i catalizzatori, la concentrazione dei reagenti e la temperatura.

La superficie di contattoPer accendere il fuoco in un barbecue si utilizza la carbonella e on i pezzi grossi di carbone; seutilizzassimo polvere di carbone si avrebbe una combustione molto più vivace, addiritturaesplosiva. La spiegazione va nella direzione seguente: maggiore è la suddivisione del carbone,maggiore è la superficie di contatto fra carbone e ossigeno, maggiore è la velocità di reazione.

Pensando al nostro sistema digerente, abbiamo i denti che si occupano della masticazione, che a suavolta serve ad aumentare la superficie di contatto. Più il cibo viene ridotto in piccoli pezzetti,maggiore è la superficie di contatto tra l'alimento e la saliva, che contenendo ptialina inizia ascomporre gli amidi in zuccheri semplici. mangiare lentamente e masticare correttamente vuol direallora aumentare la superficie di contatto tra cibo e ptialina, cosa che una masticazione affrettatanon permette di fare.

Il sale da cucina o lo zucchero sono venduti a granelli e non in blocchi interi poiché, in questomodo, la superficie di contatto è maggiore e di conseguenza si sciolgono più rapidamente.

La concentrazione dei reagentiLa concentrazione dei reagenti è un altro fattore direttamente collegato alla velocità di reazione. Seaumenta la quantità di uno dei reagenti, aumenta anche la velocità con la quale una reazioneavviene.

A questo proposito pensa a che cosa succede al fuoco quando c'è vento; la quantità di ossigeno èmaggiore, la fiamma è più intensa e la legna brucia più velocemente.

Le reazioni catalizzate da enzimi sono molto veloci; in genere si verificano circa un milione di voltepiù velocemente delle reazioni non catalizzate. Anche il ritmo con cui sono fabbricati i prodottienzimatici dipende dal fatto che essi possono formarsi più velocemente quando è presente unamaggiore quantità di substrato. Infatti un enzima e il suo substrato si uniscono per effetto di urticasuali; se sono presenti molecole di substrato in quantità maggiore, le probabilità di collisioneaumenta. Alla fine potrebbe avvenire che tutte le molecole siano saturate dal substrato e perciò, sesi aumenta ancora più la quantità di quest?ultimo senza aumentare la quantità di enzima, il ritmo diformazione del prodotto non aumenterà. Se invece la concentrazione del substrato è molto bassa la

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velocità di formazione del prodotto sarà proporzionale alla quantità di substrato presente.

La temperaturaUn aumento della temperatura aumenta sempre il decorso di una reazione. Misure sperimentalihanno provato che se la temperatura aumenta di 10°C, la velocità di reazione raddoppia. Vi sonodue fattori da indicare che spiegano questa osservazione empirica: se si aumenta la temperatura,aumenta l'energia cinetica delle molecole per cui vi saranno più scontri e gli urti efficaci aumentano(per poter reagire due molecole devono scontrarsi con un orientamento ben preciso e al momento incui le due molecole si scontrano nel modo giusto, reagiscono formando i prodotti: si dice che l'urtoè stato efficace).

L'altro aspetto che occorre considerare è dato dal fatto che se la temperatura aumenta, aumentaanche l'energia con la quale le molecole si scontrano per cui gli urti, oltre che essere più frequenti,sono anche più violenti e si raggiunge più in fretta quella che abbiamo chiamato prima energia diattivazione.

Ritornando a parlare di enzimi, possiamo aggiungere che l'aumento della temperatura accelera lereazioni chimiche, ma può anche intaccare il funzionamento degli enzimi. L'aumento ditemperatura determina l'aumento dell'energia cinetica delle molecole di substrato e di enzima che siscontrano più frequentemente e più velocemente aumentando la probabilità di urti efficaci.Naturalmente c?è un limite alla quantità di calore che può essere immesso in un sistema; gli enzimisono delle proteine ripiegate su se stesse con un preciso ordine e il calore altera il loro ordineinterno (denaturazione). Per esempio se la temperatura corporea salisse al di sopra di 42°C i danniai sistemi enzimatici sarebbero irreparabili e la morte interverrebbe rapidamente.

Un ragionamento analogo è possibile per il surgelamento dei cibi. Temperature basse impedisconoagli enzimi di lavorare e quindi il deperimento degli alimenti è molto più lento.

Vvelocità di reazione ed equilibrio chimicoA questo punto ci siamo fatti un'ideaabbastanza chiara sul concetto espresso dallavelocità di reazione; in parole povere ci vienedetto che se una reazione chimica avvienevelocemente oppure no. In termini più precisisi potrebbe dire che rappresenta la variazionedi concentrazione dei reagenti in funzione deltempo (velocità di distruzione dei reagenti),oppure la variazione di concentrazione deiprodotti in funzione del tempo (velocità diformazione dei prodotti).

In conclusione possiamo richiamare ilconcetto di equilibrio chimico. In questo casole due reazioni (andata e ritorno) avvengono esattamente con la stessa velocità.

Possiamo notare come, modificando la temperatura, la concentrazione di uno dei reagenti, lasuperficie di contatto o aggiungendo un catalizzatore noi possiamo variare una delle due velocità equindi spostare l'equilibrio creandone uno nuovo.

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I catalizzatoriI catalizzatori sono sostanze capaci di accelerare una reazione. Generalmente sono specifici, nelsenso che il catalizzatore di un certo tipo di reazione non risulta efficace per un altro tipo; inoltre, nesono sufficienti quantità molto ridotte, che si ritrovano tali e quali alla fine della reazione. Uncatalizzatore non opera però miracoli, cioè non è in grado di far avvenire una reazione che per lanatura stessa dei reagenti non può avvenire; il suo ruolo è quello di accelerare reazioni chealtrimenti avverrebbero in un tempo molto più lungo.

Considerando l'aspetto energetico di una reazione, l'enzima interviene secondo lo schema qui sottoillustrato: il catalizzatore non fa altro che abbassare l'energia di attivazione di una determinatareazione. In altre parole, se occorre meno energia per attivare la reazione vuol dire che tuttosommato ci vuole meno tempo per raggiungere le condizioni alle quali la reazione si innesca; diconseguenza avviene ad una temperatura più bassa e più velocemente.

I catalizzatori più diffusi sono gli enzimi,caratteristici catalizzatori biologici, che dalpunto di vista chimico sono proteine. Negliorganismi migliaia di reazioni possonorealizzarsi in condizioni compatibili con lavita grazie all'azione catalitica di questeproteine. L'azione degli enzimi èsolitamente altamente specifica, nel sensoche sono in grado di accelerare soltantosingole reazioni o gruppi di reazioni. Peresempio nella nostra saliva è contenuto unenzima, la ptialina, che trasforma l'amido(che trovi per esempio nel riso, nella pastae nel pane) in maltosio. La ptialina è specifica per il polisaccaride amido, la cellulosa, un altropolisaccaride molto simile non viene intaccato dalla ptialina.

Ripiegamento nativo e non-nativo delle proteineMolte proteine prodotte nel nostroorganismo (vedremo poi come),solitamente si ripiega in modospontaneo nella sua formacorretta; in altre parole lasequenza di amminoacididetermina la struttura secondaria,terziaria ed eventualentequaternaria della proteina. Questeproteine sono allo stato nativo.Ciò significa che possono ancheessere alterate in "manierasintetica", ma una volta tolta lafonte di alterazione tornano allaloro forma originale,perfettamente funzionanti.

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SDD – SecondeProteine

Tuttavia le cose non sono sempre così semplici.Molte altre proteine vengono modificate dopo la loro preparazionebiologica, e prima della loro messa in funzione. Osserviamo l'esempiodell'insulina. L'insulina viene dapprima preparata come proinsulina.Affinché la proinsulina si trasformi in insulina vera e propria l'organismoprovvede a tagliarne letteralmente via un pezzettino.

La proinsulina è una proteina nativa, si ripiega cioè spontaneamente nellaforma corretta. L'insulina invece è una proteina non-nativa. Se venissealterata chimicamente, e in un secondo tempo si rimuovesse la fonte dialterazione, non sarebbe più in grado di tornare ad essere ripiegata nellasua forma corretta e quindi funzionante. Per questo motivo la suadenaturazione è irreversibile.Questo è uno dei meccanismi difunzionamento di farmaci e disinfettanti. Alterare in maniera irreversibileproteine non native significa sostanzialmente uccidere la cellula che le haprodotte perché non sarebbe più in grado di far funzionare i suoimeccanismi enzimatici.

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