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Le teorie manageriali dell’impresa
C.dL.M. in Economia e Management
A.a. 2012/2013Docente: DOMENICO SARNO
3^ settimana
2
Contenuti
1. Il punto di partenza delle teorie manageriali2. Il modello di Baumol3. Il modello di Williamson4. Il modello di Marris5. Discussione
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1. Il punto di partenza delle teorie manageriali
“Teorie manageriali”: insieme di lavori apparsi negli anni 1960 – 1970
Un doppio punto in comune Rifiuto delle ipotesi neo-classiche sull’impresa (come
Coase & Williamson) Enfasi sul ruolo del management
Particolarità delle teorie manageriali Modelli basati sull’utilità manageriale
4
Una critica delle teorie neoclassiche
Insoddisfazione con l’ipotesi centrale della teoria neoclassica riguardo all’impresa: la massimizzazione del profitto
Perché? Tale ipotesi richiede condizioni molto stringenti Il profitto deve essere un’ entità certa e misurabile L’impresa deve essere un’ unità indivisibile (che prende decisioni) La funzione di utilità dell’impresa contiene solo il profitto Razionalità perfetta degli agenti Informazione completa
Queste condizioni non si verificano nella realtàInvece esistono grandi imprese con potere di mercato e
complessità organizzative
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Complessità e ruolo del management
Caratteristiche delle imprese industriali Grandi dimensioni Diversificazione produttiva Complessità organizzativa Separazione tra proprietà e gestione
Queste caratteristiche spiegano la centralità del management nel processo decisionale …
… E la sua autonomia rispetto ai proprietari
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Separazione tra proprietà e controllo
In particolare, già nel lavoro di Berle &Means «The Modern Corporation and Private Property», 1932, viene analizzata questa separazione tra proprietà e controllo
Tesi: l’emergenza della corporation distrugge l’unità della proprietà privata
Conseguenza: separazione tra proprietà e controllo Dispersione della proprietà Controllo effettivo dei manager
Queste premesse teoriche e osservazioni empiriche portano alcuni economisti a proporre una visione alternativa dell’impresa, fondata su alcune ipotesi centrali.
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Due ipotesi centrali
1. I manager non cercano di massimizzare il profitto, ma la loro utilità
L’utilità manageriale comprende (secondo Marris, 1964)
Reddito (retroibuzione) Posizione sociale (prestigio) Potere Sicurezza (del posto di lavoro) Altre motivazioni (avventura, creatività, competitività, ecc.)
2. Esiste una relazione diretta e significativa tra l’utilità dei managers, da una parte, e la dimensione, il profitto e la crescita delle imprese, dall’altra
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2. Il modello di Baumol
William J. Baumol (1922 - )Business Behaviour, Value and Growth
pubblicato nel 1959Ipotesi di partenza: il comportamento
dell’impresa dipende dal confronto tra due funzioni di utilità
Utilità manageriale = massimizzazione delle vendite
I manager utilizzano i profitti eccedenti quelli minimi per aumentare la domanda (marketing e pubblicità)
RTUUMax MM
9
Modello di Baumol: 1. Utilità manageriale e vincolo di profitto
Per potere raggiungere i loro obiettivi, i manager devono corrispondere alle aspettative di reddito dei proprietari, i quali hanno una funzione di utilità che dipende dal profitto UP = UP (π)
La funzione di utilità dei manager diventa
0 a s.to
RTUUMax MM
RT,CT,π
qqπ qs
RT
CT
πqs1
πmin1
πmin2
π quando si max profitto
π quando si max vendite
π atteso
π atteso
Modello di Baumol: 2. soluzione grafica
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Modello di Baumol: 3. statica comparata
L’analisi di statica comparata ha mostrato che:1. L’impresa di B., a differenza di quella neoclassica, non
minimizza i costi di produzione (se il profitto garantito è sufficientemente basso, il manager può remunerare adeguatamente la proprietà e massimizzare i ricavi);
2. L’aumento delle imposte sul profitto, che nel caso dell’impresa neoclassica non determinano alcun cambiamento, nel caso dell’impresa di B. modificano il vincolo nel caso in cui esso sia espresso in termini di profitto netto e non lo modificano quando è espresso in termini di profitto lordo;
3. L’introduzione di un sussidio sul lavoro, che nel caso dell’impresa neoclassica comporta un aumento di produzione ed occupazione, nell’impresa di B. comporta soltanto un aumento del profitto e nessun incremento di produzione ed occupazione.
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Gli sviluppi proposti da Yarrow
George Yarrow – On the Prediction of the Managerial Theory of the Firm, 1976
Nel modello viene proposto una trattazione del rapporto tra proprietà e management più articolata.
Si assume che la proprietà abbia come obiettivo la massimizzazione del valore di mercato dell’impresa (piuttosto che il profitto)
Senza perdere di generalità, il valore di mercato dell’impresa può essere scritto come funzione di un vettore di variabili rilevanti (z) [valore attuale dei flussi di reddito, tasso di interesse, tasso di sconto, ecc.] e della dimensione dell’impresa (y), cioè
V(z,y) Se si assume che z sia costante, allora il valore di mercato
dell’impresa è funzione della dimensione. In particolare, si ipotizza che il valore di mercato dell’impresa sia crescente fino ad una dimensione y* e decrescente per livelli superiori.
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Il modello di Yarrow
L’utilità del manager è funzione crescente della dimensione
U(y) con U’>0
e il manager sa che dimensioni maggiori di y* deprimono il valore di mercato dell’impresa e che ciò può indurre gli azionisti a vendere le azioni e favorire l’acquisizione dell’impresa.
Si può, perciò, ipotizzare che vi sia per la proprietà un costo fisso di controllo C, noto ai manager.
Allora formalmente il modello può essere rappresentato con
Max UM = UM (RT)
s.to V(y) ≥ V(y*) - C
dove V(y) è il valore effettivo dell’azione e V(y*)è la valutazione massima
14
Il modello di Yarrow: soluzione grafica
V(y)
yy*
V(y*)
C
V(y*) - C
yeff
15
3. Il modello di Williamson
Oliver E. Williamson, Managerial Discretion and Business Behaviour, 1963
Ipotesi di partenza: La discrezione manageriale ha un impatto
sull’allocazione delle risorse all’interno dell’impresa Manager motivati da:
Reddito, sicurezza, potere, prestigio, eccellenza professionale
Legame tra motivazioni e comportamento? E’ difficile integrare delle motivazioni qualitative in
modelli quantitativi del processo decisionale
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“Preferenza di spesa” e comportamento dei managers
Soluzione: “expense preferences” dei manager
Cioè: i manager non sono neutrali nei confronti dei costi Hanno delle preferenze di spesa Alcune spese sono direttamente connesse agli
obiettivi dei manager (le loro motivazioni)Quale spese?
1. Staff2. Emolumenti (fringe benefits, budget uffici, ecc.)3. Investimenti discrezionali
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Il modello, 1: le identità di base
alediscrezion profitto
TasseT
minimo
min
min
T
M
SCR
EmolumentiM
StaffS
CostiC
RicaviR
dich
effdich
eff
18
π max π eff π dich π min0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
πdich – πmin = I
πeff – πdich = M
πmax – πeff = S
19
Il modello, 2: le ipotesi
Il modello può essere rappresentato come segue: Max U = U [ S, M, I ]
s.to πdich ≥ πmin + T
Si deve notare che I = πdich - πmin - T per cui vincolo e variabile I (investimenti discrezionali) sono uguali.
Allora la funzione obiettivo diventa Max U = U [ S, M, πdich - πmin- T ]
Il profitto discrezionale può essere scritto anche come
πdich - πmin- T = (1-t) [ RT(Q)-CT(Q)-S-M ]
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Il modello, 3: il risultato
Allora, si ha Max U = U { S, M, (1-t) [RT(Q)-CT(Q)-S-M] }
rispetto a Q, S, M
Le condizioni di primo ordine indicano che1. L’impresa sceglie l’output per cui il ricavo marginale
è uguale al costo marginale2. l’impresa impiega staff laddove la sua produttività
marginale è minore del suo costo marginale3. l’impresa assorbirà una certa quantità di profitti
effettivi sotto forma di emolumenti
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Il modello, 4. statica comparata
W. confronta i risultati ottenuti con quelli proposti dal modello tradizionale di massimizzazione del profitto, verificando gli effetti rispetto1. Aumento della domanda
aumentano output e spese di staff in entrambi in W. si riduce il rapporto tra πdich e πeff perché aumenta M
2. Aumento delle imposte sui profitti penalizza I a vantaggio di S
3. Aumento delle imposte fisse Innalza il vincolo di profitto lordo comprimendo M e S
In ogni caso il modello di W. appare più realistico di quello centrato sulla massimizzazione del profitto.
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4. Il modello di Marris
Robin Marris (1924-2012), The Economic Theory of Managerial Capitalism, 1964
Propone un modello che spiega le relazioni tra comportamento dei manager, vincoli esterni e crescita dell’impresa
Si compone di tre parti: Un modello relativo alla crescita dell’impresa e agli obiettivi
dei manager Un modello relativo al modo in cui opera il mercato
azionario Una teoria delle scalate e della minaccia che esse
rappresentano per la sicurezza dei manager E’ un modello a crescita uniforme e viene sviluppato nel
contesto teorico che fa proprie le conclusioni prodotte dalla letteratura precedente (in particolare, Penrose), secondo cui la crescita dell’impresa è soggetta a vincoli.
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Un modello di crescita dell’impresa
Tre vincoli valgono, in particolare: vincolo di domanda - considera le condizioni necessarie
perché cresca la domanda relativamente a: caratteristiche dei consumatori, struttura e dinamica dei mercati (entrata di nuove imprese, reazioni dei concorrenti, ecc.)
vincolo manageriale – considera il fatto che la crescita dimensionale richiede l’acquisizione di ulteriori capacità manageriali e ciò comporta rendimenti decrescenti (effetto Penrose)
vincolo finanziario – considera le fonti che garantiscono il finanziamento degli investimenti necessari per adeguare la capacità produttiva dell’impresa
Inoltre, si deve tener conto della funzione di utilità del management e dei suoi obiettivi
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Crescita della domanda e diversificazione
Punto di partenza: equilibrio tra tasso di crescita della domanda e tasso di crescita dell’offerta
Ipotesi: la crescita della domanda (gD) dipende dal tasso di (crescita della) diversificazione (di)
(1) gD= f1 (di) con f1’>0
Un insieme di ragioni giustificano una relazione inversa tra i processi di diversificazione (di) e il tasso di rendimento del capitale (r=π/K), cioè
(2) di = f2 (r) con f’2<0
Di conseguenza, gD = f1 [f2 (r)], ovvero
(3) gD = f3 (r) con f’3<0
25
Crescita dell’offerta; gli investimenti
Il tasso di crescita dell’offerta (gs) è uguale agli
investimenti (I). Se si suppone che il rapporto capitale/prodotto sia costante, allora
(4) gs = I/K
Poniamoci il problema del finanziamento degli investimenti. Le fonti finanziarie sono:
1. Profitti non distribuiti (autofinanziamento)
2. Risorse creditizie esterne
3. Aumento di capitale
Per semplicità si suppone che gli investimenti vengono finanziati con risorse interne
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Equilibrio tra crescita dell’offerta e crescita della domanda
Se α è la frazione di profitti non distribuiti, con(4) πRITEN= α πTOT e αmin < α < αmax
Poiché I=απ, si può scrivere:(5) gs = απ/K = αr
In equilibrio gD=gs di modo che(6) gD = f3 (r) = αr = gs
La soluzione di equilibrio di r dipende dal valore attribuito a α.
27
Graficamente …
Si può proporre una soluzione grafica considerando la funzione inversa del tasso di crescita della domanda
r = (gD) con (= f3-1)<0
E possiamo riscrivere la crescita dell’offertar = 1/α gS
In equilibriogD=gS= g
per cui(g)= 1/α g
28
rmax
g
r
gmin
rmin
gmax
1/αmax
1/αmin
1/α*
g*
.A
.B
r*
r>r*
gd gs
r<r* .A
.B
gs gd
P
O
V
(g)
V’
29r
g
r*
g*1/α
r*’
g*’
1/α’ (α’<α)
r*’’
g*’’
1/α’’ (α’’>α)
(g)
(1/α)g
30
Utilità dei manager
L’utilità dei manager dipende da due elementi La crescita dimensionale dell’impresa (associata
positivamente alle motivazioni dei manager elencate prima)
La sicurezza del posto del lavoro (che dipende dal rapporto di valutazione)
La funzione di utilità può essere scritta come U(g, V)
Il rapporto di valutazione (V) è uguale al rapporto tra il valore di mercato dell’impresa (M) e il valore di bilancio (K)
K
MV
31
Valutazione dell’impresa
Ipotizzando mercati finanziari perfetti, il valore di mercato (M) è uguale al flusso attualizzato dei dividendi correnti e futuri, cioè
Se tutti i profitti fossero distribuiti, allora
Invece, se si ipotizza che una quota costante (α) viene trattenuta, allora si può scrivere
n1,...,icon
1
i i
iDM
1
i i
iM
i i
iM
1
1
32
Quindi il rapporto di valutazione diventa
dove K0 è il valore delle attività iscritto in bilancio
1
1
0KK
MV
i ii
33
Valore delle azioni
Se assumiamo che il valore corrente di un’azione sia uguale al valore attuale dei dividendi correnti e futuri più la somma derivante da un’eventuale vendita, il prezzo corrente di ciascuna azione diventa
ii
ìi
ie S
g
N
KS
11
11
10
0
S0= valore attuale dell’azioneSi= prezzo dell’azione al periodo IK0= capitale investito nel periodo inizialeπe= tasso di profitto attesoα= quota dei profitti trattenuti dall’impresaN= numero di azionig = tasso di crescitaδ = tasso di sconto
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Poiché il prezzo dell’azione cresce allo stesso tasso g,
Si = (1+g) S0Allora
Riordinando i termini e supponendo che δ>g (il prezzo sarebbe altrimenti infinito), si ha
iie gS
g
N
KS
1
1
1
1
1
10
00
i
i
e gS
g
g
N
KS
1
1
1
11
1
11
1
10
00
35 Raggruppando i termini e semplificando
Il valore complessivo della società è
Il rapporto di valutazione è allora
che dipende positivamente da π e g e negativamente da α e δ
gN
KS
e
100
g
KNSM
e
100
gK
MV
e
1
0
36
Scalata
Quando V<1 ogni investitore avrà convenienza ad acquistare azioni, poiché il valore di mercato è inferiore al valore effettivo. Si potrebbe avere una scalata; questo mette in discussione la sicurezza dei manager
In questo caso, i dividendi devono aumentare, ma ciò significa che diminuiscono i profitti non distribuiti e la crescita. Quindi tra il rapporto di valutazione (V) e la crescita (g) esiste una relazione inversa
Il modello completo può essere rappresentato come
0VV s.to
,
VgUMaxU
37
U’
U
U’’
V*
g*
V
g
V0
1/α*
φ(g)
U(g,V)
(1/α) g
Soluzione grafica
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Esercizio: modello di Baumol
Funzione di domanda (inversa) P=100-2y Funzione dei costi C(y) = 20y Vincolo di profitto πo=500 Problema Max RT s.to π=π0
RT= Py=(100-2y)y= 100y -2y2
Condizione del primo ordine ∂RT/∂y=R’=100-4y=0 Condizione del secondo ordine ∂2RT/∂y2=R”=-4<0 Condizione di massimizzazione dei ricavi totali 100-4y=0, y=100/4=25 Profitto per y=25, RT(y)-CT(y) = 100y -2y2- 20y = 80y - 2y2=
= 100(25)-2(25)2 – 20(25)= 2500-1250-500= = 750
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Esercizio (continua)
Che succede se πo=800Si calcoli il profitto massimo, analizzando la funzione
del profitto π=80y - 2y2
Il profitto è massimo quando ∂π/∂y= π’=80-4y=0, cioè quando y=80/4=20In questo caso il profitto massimo è π max= 80(20)-2(20)2=1600-800= 800
e quindi la quantità che garantisce il profitto atteso dagli azionisti è esattamente quella che garantisce il massimo profitto.
40
Esercizio: modello di Yarrow
Valore di mercato dell’impresa V(y)=800y –y2
Costo fisso di controllo C=40,000 Funzione di utilità del manager U(y) con U’>0 Il manager risolve il problema Max U=U(y) s.to V(y)≥ V*-C Per determinare V*,
∂V(y)/∂y=V’=800-2y=0dopo aver verificato che ∂2V/∂y2=V”=-2<0si ha
y=800/2=400Quindi
V*=800(400)-(400)2=320,000-160,000=160,000
41
Esercizio (continua)
Per determinare il livello di produzione si consideri esclusivamente il vincolo, V(y)≥ V*-C, che diventa,
800y-y2-(160,000-40,000)=y2-800y+120,000
Si calcolino le due radici sulla base della formula
===
Le due soluzioni sono y1=600 e y2=200 e il
manager sceglie il livello più alto y=600.