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CONSULTA NAZIONALE DEI COMITATI DI GESTIONE Manuale Operativo per i Comitati di Gestione a - 1 Appendice (sezione A) Normativa Legge n 266 del 11 agosto 1991 “Legge Quadro sul Volontariato” Art. 1. Finalità e oggetto della Legge 1. La Repubblica Italiana riconosce il valore sociale e la funzione della at- tività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle Regio- ni, dalle prov. autonome di Trento e di Bolzano e dagli Enti locali. 2. La presente legge stabilisce i principi cui le Regioni e le prov. autono- me devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbli- che e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uni- formarsi le amministrazioni statali e gli Enti locali nei medesimi rap- porti. Art. 2. Attività di volontariato 1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'or- ganizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indi- retto ed esclusivamente per fini di solidarietà. 2. L'attività del volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rim- borsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente so- stenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dal- le organizzazioni stesse. 3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rappor- to di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di con- tenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.

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Appendice

(sezione A) Normativa

Legge n 266 del 11 agosto 1991

“Legge Quadro sul Volontariato”

Art. 1. Finalità e oggetto della Legge

1. La Repubblica Italiana riconosce il valore sociale e la funzione della at-tività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle Regio-ni, dalle prov. autonome di Trento e di Bolzano e dagli Enti locali.

2. La presente legge stabilisce i principi cui le Regioni e le prov. autono-me devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbli-che e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uni-formarsi le amministrazioni statali e gli Enti locali nei medesimi rap-porti.

Art. 2. Attività di volontariato

1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'or-ganizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indi-retto ed esclusivamente per fini di solidarietà.

2. L'attività del volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rim-borsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente so-stenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dal-le organizzazioni stesse.

3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rappor-to di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di con-tenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.

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Art. 3. Organizzazioni di volontariato

1. È considerato organizzazione di volontariato ogni organismo libera-mente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all' art. 2, che si av-valga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.

2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limi-te di compatibilità con lo scopo solidaristico.

3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'as-senza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contribu-ti o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.

4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipen-denti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare e specializzare l'attività da essa svolta.

5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante struttu-re proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.

Art. 4. Assicurazioni degli aderenti ad organizzazioni di volontariato

1. Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabi-lità civile verso terzi.

2. Con decreto del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigia-nato da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche o collettive, e sono disciplinati i relativi controlli.

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Art. 5. Risorse economiche

1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per le svolgimento della propria attività da: a) contributi degli aderenti b) contributi di privati c) contributi dello Sta-to, di Enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al soste-gno di specifiche e documentate attività o progetti d) contributi di or-ganismi internazionali e) donazioni e lasciti testamentari f) rimborsi derivanti da convenzioni g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali.

2. Le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscrit-te nei registri di cui all'art. 6, possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili occorrenti per lo svolgimento della propria attività. Pos-sono inoltre, in deroga agli articoli 600 e 786 del codice civile, accettare donazioni e, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti e le loro rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità previste dagli accordi, dall'atto costitutivo o dallo statuto.

3. I beni di cui al comma 2 sono intestati alle organizzazioni. Ai fini della trascrizione dei relativi acquisti si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.

4. In caso di scioglimento, cessazione ovvero estinzione delle organizza-zioni di volontariato, ed indipendentemente dalla loro forma giuridica, i beni che residuano dopo l'esaurimento della liquidazione sono devo-luti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico o ana-logo settore, secondo le indicazioni contenute nello statuto o negli ac-cordi degli aderenti o, in mancanza, secondo le disposizioni del codice civile.

Art. 6. Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle Regio-ni e dalle province autonome

1. Le Regioni e le province autonome disciplinano l'istituzione e la tenuta dei registri generali delle organizzazioni di volontariato.

2. L'iscrizione ai registri è condizione necessaria per accedere ai contribu-ti pubblici nonché per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali secondo le disposizioni di cui, rispettivamente, agli articoli 7 e 8.

3. Hanno diritto ad essere iscritte nei registri le organizzazioni di volon-tariato che abbiano i requisiti di cui all'art.3 e che alleghino alla richie-sta copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli ade-renti.

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4. Le regioni e le province autonome determinano i criteri per la revisione periodica dei registri, al fine di verificare il permanere dei requisiti e l'effettivo svolgimento dell'attività di volontariato da parte delle orga-nizzazioni iscritte. Le Regioni e le province autonome dispongono la cancellazione dal registro con provvedimento motivato.

5. Contro il provvedimento di diniego dell'iscrizione o contro il provve-dimento di cancellazione è ammesso ricorso, nei termini di trenta gior-ni dalla comunicazione, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito di ricorso, uditi i difensori delle parti che ne ab-biano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini.

6. Le Regioni e le prov. autonome inviano ogni anno copia aggiornata dai registri all'Osservatorio Nazionale per il volontariato, previsto dal-l'art.12.

7. Le organizzazioni iscritte nei registri sono tenute alla conservazione della documentazione relativa alle entrate di cui all'art.5, comma 1, con l'indicazione nominativa dei soggetti eroganti.

Art. 7. Convenzioni

1. Lo Stato, le Regioni, le Prov. autonome, gli Enti locali e gli altri Enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volon-tariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'art.6 e che dimo-strino attitudine e capacità operativa.

2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esi-stenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle presta-zioni, di controllo della loro qualità e le modalità di rimborso spese.

3. La copertura assicurativa di cui all'art.4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'Ente con il quale vie-ne stipulata la convenzione medesima.

Art. 8. Agevolazioni fiscali

1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'art.3 della presente legge, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e

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quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'im-posta di bollo e dall'imposta di registro.

2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui al-l'art.3 della presente legge, costituite esclusivamente per fini di solida-rietà, non si considerano cessioni di beni né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto: le donazioni e le attribuzioni di eredi-tà o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.

3. All'articolo 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: "1-ter. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, e secondo i medesimi principi e criteri direttivi, saranno introdotte mi-sure volte a favorire le erogazioni liberali in denaro a favore delle or-ganizzazioni di volontariato costituite esclusivamente ai fini di solida-rietà, purché le attività siano destinate a finalità di volontariato, ricono-sciute idonee in base alla normativa vigente in materia e che risultano iscritte senza interruzione da almeno due anni negli appositi registri. A tal fine, in deroga alla disposizione di cui alla lettera a del comma 1, dovrà essere prevista la deducibilità delle predette erogazioni, ai sensi degli articoli 10, 65 e 110 del testo unico delle imposte sui redditi, ap-provato con decreto dei Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, nr. 317, per un ammontare non superiore a lire 2 milioni ovvero, ai fini del reddito d'impresa, nella misura del 50 per cento della somma ero-gata entro il limite del 2 per cento degli utili dichiarati e fino ad un massimo di lire 100 milioni.

4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini IRPEG e ILOR qualora sia do-cumentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizza-zione di volontariato. Sulle domande di esenzione, previo accertamen-to della natura e dell'entità delle attività, decide il Ministro delle finan-ze con proprio decreto, di concerto con il Ministro per gli affari sociali.

Art. 9. Valutazione dell'imponibile

1. Alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 settembre 1973, n. 538.

Art. 10. Norme regionali e delle province autonome

1. Le leggi regionali e provinciali devono salvaguardare l'autonomia di organizzazione e iniziativa del volontariato e favorirne lo sviluppo.

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2. In particolare disciplinano: a) le modalità cui dovranno attenersi le or-ganizzazioni per lo svolgimento delle prestazioni che formano oggetto dell'attività di volontariato, all'interno delle strutture pubbliche e di strutture convenzionate con le Regioni e le province autonome; b) le forme di partecipazione consultiva delle organizzazioni iscritte nei re-gistri di cui all'articolo 6 alla programmazione degli interventi nei set-tori in cui esse operano; c) i requisiti ed i criteri che danno titolo di priorità nella scelta delle organizzazioni per la stipulazione delle con-venzioni, anche in relazione ai diversi settori di intervento; d) gli orga-ni e le forme di controllo, secondo quanto previsto dall'articolo 6; e) le condizioni e le forme di finanziamento e di sostegno delle attività di volontariato; f) la partecipazione dei volontari aderenti alle organizza-zioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6 ai corsi di formazione, qua-lificazione e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle Re-gioni, dalla province autonome e dagli Enti locali nei settori di diretto intervento delle organizzazioni stesse.

Art. 11. Diritto all'informazione ed accesso ai documenti amministrativi

1. Alle organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri di cui all'artico-lo 6, si applicano le disposizioni di cui al capo V della legge 7 agosto 1930, n. 241.

2. Ai fini di cui al comma 1, sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle organizzazioni.

Art. 12. Osservatorio nazionale per il volontariato

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e su proposta del Ministro per gli affari sociali, è istituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, presieduto dal Ministro per gli affari sociali o da un suo delegato e composto da dieci rappresentanti delle organizzazioni e del-le federazioni di volontariato operanti in almeno sei regioni, da due esperti e da tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggior-mente rappresentative. L'Osservatorio, che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dal Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha i seguenti compiti: a) provve-de al censimento delle organizzazioni di volontariato ed alla diffusione della conoscenza delle attività da esse svolte. b) promuove ricerche e studi in Italia e all'estero; c) fornisce ogni utile elemento per la promo-zione e lo sviluppo del volontariato; d) approva progetti sperimentali elaborati anche in collaborazione con gli Enti locali; da organizzazioni

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di volontariato iscritte nei registri per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmen-te avanzate. e) offre sostegno e consulenza per progetti di informatiz-zazione e di banche-dati nei settori di competenza della presente legge; f) pubblica un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali; g) sostiene, anche con la collaborazione delle Regioni, iniziative di formazione ed aggiornamento per la prestazione dei servizi; h) pubblica un Bollettino periodico di informazione e promuove altre iniziative finalizzate alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato; i) promuo-ve, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli opera-tori interessati.

2. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento per gli affari sociali- il Fondo per il volontariato, finaliz-zato a sostenere finanziariamente i progetti di cui alla lettera d) del comma 1.

Art. 13. Limiti di applicabilità

1. È fatta salva la normativa vigente per le attività di volontariato non contemplate nella presente legge, con particolare riferimento alle attivi-tà di cooperazione internazionale allo sviluppo, di protezione civile e a questo connesse con il servizio civile sostitutivo di cui alla legge 15 di-cembre 1972, nr. 772.

Art. 14. Autorizzazione di spesa e copertura finanziaria

1. Per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, per la dotazione del Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 12 e per l'or-ganizzazione della Conferenza nazionale del volontariato di cui al comma 1, lettera i) dello stesso articolo 12, è autorizzata una spesa di due miliardi di lire per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993.

2. All' onere di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente ri-duzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1991, all'uopo utilizzando parzialmente l'accan-tonamento "Legge-quadro sulle organizzazioni di volontariato".

3. Le minori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 dell'arti-colo 8 sono valutate complessivamente in lire 1 miliardo per ciascuno degli anni 1991, 1992 e 1993. Al relativo onere si fa fronte mediante uti-

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lizzazione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro all'uopo utilizzando parzialmente l'accantonamento: "Legge quadro sulle organizzazioni di volontariato".

Art. 15. Fondi speciali presso le Regioni

1. Gli Enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 no-vembre 1990, nr. 356, devono prevedere nei propri statuti che una quo-ta non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento di cui alla lettera d) del comma1, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le Regioni al fine di istituire, per il tramite degli Enti locali, centri di ser-vizi a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste ge-stiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.

2. Le Casse di risparmio, fino a quando non abbiamo proceduto alle ope-razioni di ristrutturazione di cui all'articolo 1 del citato decreto legisla-tivo n. 356 del 1990, devono destinare alle medesime finalità di cui al comma 1 una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficenza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, comma 3, del regio decreto 25 aprile 1923, nr. 967, e successive modificazioni.

3. Le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2, saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge.

Art. 16. Norme transitorie e finali

1. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle pro-vince autonome di Trento e di Bolzano, le Regioni provvedono ad e-manare o adeguare le norme per l'attuazione dei principi contenuti nel-la presente legge entro un anno dalla data della sua entrata in vigore.

Art. 17. Flessibilità nell'orario di lavoro

1. I lavoratori che facciano parte di organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6, per poter espletare l'attività di volontariato, hanno di-ritto di usufruire delle forme di flessibilità dell'orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibil-mente con l'organizzazione aziendale.

2. All'articolo 3 della legge 29 marzo 1983, nr. 93 è aggiunto, in fine, il se-guente comma: "Gli accordi sindacali disciplinano i criteri per consen-

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tire ai lavoratori, che prestino nell'ambito del comune di abituale di-mora la loro opera volontaria e gratuita in favore di organizzazioni di volontariato riconosciute idonee dalla normativa in materia, di usu-fruire di particolari forme di flessibilità degli orari di lavoro o di turna-zioni, compatibilmente con l'organizzazione dell'amministrazione di appartenenza".

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Decreto ministeriale 8 ottobre 1997. Modalità per la costituzione dei Fondi Speciali per il Volontariato presso le regioni.

IL MINISTRO DEL TESORO di concerto con

IL MINISTRO PER LA SOLIDARIETA' SOCIALE Visto l'art. 15, comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266, il quale prevede che saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo, concernenti la costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, Centri di Servizio a disposizione delle Organizzazioni di Volonta-riato, da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attivi-tà;

Vista la legge 30 luglio 1990, n. 218; Visto il decreto legislativo 20 novem-bre 1990, n. 356, ed in particolare il titolo III;

Visto il decreto ministeriale in data 21 novembre 1991, emanato ai sensi del suddetto art. 15, Comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 31 maggio 1996 con il quale il Presidente del Consiglio dei Ministri ha delegato il Mi-nistro per la solidarietà sociale ad assicurare l'applicazione della legge 11 agosto 1991, n. 266; Considerata l'esigenza che presso ogni regione venga costituito un unico fondo speciale, cosi' da assicurare una gestione unitaria delle somme disponibili; Considerata l'opportunità che gli istituenti centri di servizio possano essere anche più' di uno in ogni regione, in relazione alle diversificate esigenze da soddisfare ma che, allo stesso tempo siano previste le opportune forme di coordinamento per accrescere l'efficacia dei relativi interventi tra i centri stessi e la programmazione sociale delle re-gioni e degli enti locali;

Decreta:

Art.1 Destinazione delle somme.

1. Gli enti di cui all'art. 12, comma 1, del decreto legislativo n. 356 del 1990 e le casse di risparmio ripartiscono annualmente le somme di cui all'art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, destinandone:

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a) il 50% al fondo speciale previsto dal successivo art. 2, comma 1, co-stituito presso la regione ove i predetti enti e casse hanno sede lega-le;

b) il restante 50% ad uno o a più altri fondi speciali, scelti liberamente dai suddetti enti e casse.

2. La ripartizione percentuale delle somme di cui al comma precedente è effettuata dagli enti in sede di approvazione del bilancio consuntivo di cui all'art. 14 del decreto legislativo n. 356 del 1990 e dalle casse di ri-sparmio, all'atto dell'approvazione del bilancio di esercizio. Entro un mese dall'approvazione di tali bilanci gli enti e le casse segnalano al comitato di gestione di cui al successivo art. 2, comma 2, l'ammontare delle somme assegnate alle singole regioni. Per gli enti il termine di un mese decorre dalla data di approvazione del bilancio da parte del Mi-nistero del tesoro. Le somme sono accreditate al fondo di cui al mede-simo art. 2, comma 1.

3. Copia della segnalazione di cui al comma precedente è trasmessa al presidente dell'osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'art. 12 della legge n. 266 del 1991 e all'Associazione fra le casse di risparmio italiane.

Art.2 Fondo Speciale presso ogni regione

1. Presso ogni regione è istituito un fondo speciale, denominato fondo di cui alla legge n. 266 del 1991, nel quale sono contabilizzati gli importi segnalati dagli enti e dalle casse di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto. Tali somme costituiscono patrimonio separato avente speciale destinazione, di pertinenza degli stessi enti e casse. Esse sono disponi-bili per i Centri di Servizio di cui all'art. 3 che le utilizzano per i compi-ti di cui all'art. 4 e per le spese di funzionamento e di attività del Comi-tato di Gestione, secondo quanto previsto dal presente decreto.

2. Ogni fondo speciale è amministrato da un comitato di gestione compo-sto:

a) da un membro in rappresentanza della regione competente, designato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;

b) da quattro rappresentanti delle organizzazioni di volontariato -iscritte nei registri regionali - maggiormente presenti nel territorio regionale, nominati secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;

c) a un membro nominato dal Ministro per la solidarietà sociale;

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d) da sette membri nominati dagli enti e dalle casse di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto secondo le modalità di cui al successi-vo comma 7;

e) da un membro nominato dall'Associazione fra le casse di risparmio italiane secondo le modalità di cui al successivo comma 8;

f) da un membro in rappresentanza degli enti locali della regione, no-minato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia.

3. Il Comitato di Gestione di cui al comma 2 resta in carica per un bien-nio, decorrente in ogni caso dal giorno successivo alla scadenza del mandato previsto per il comitato precedente. I membri nominati in so-stituzione di altri membri cessati nel corso del mandato restano in cari-ca per la durata residua di tempo previsto per il membro così sostitui-to. La carica di membro del Comitato di Gestione è gratuita e consente solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute per partecipare al-le riunioni.

4. Le spese di funzionamento e di attività dei Comitati di Gestione, nella misura strettamente necessaria per la copertura delle spese annual-mente previste per l'assolvimento delle funzioni di cui al presente de-creto, sono poste a carico dei Centri di Servizio istituiti presso ogni re-gione, proporzionalmente alle somme di cui all'art.15 della legge n. 266/1991, attribuite ai centri medesimi. A tal fine annualmente i comi-tati di gestione prelevano le somme necessarie dai fondi accantonati dagli enti e dalle casse di cui al comma 1 dell'art. 1 con imputazione al-la contabilità preventiva e consuntiva dei centri di servizio. La docu-mentazione relativa alle spese sostenute è conservata presso il comitato di gestione.

5. Nel corso della prima riunione, ciascun comitato di gestione, a maggio-ranza assoluta dei suoi componenti, fissa le norme disciplinanti le mo-dalità di funzionamento ed elegge nel suo seno il presidente.

6. Il comitato di gestione:

a) provvede ad individuare e a rendere pubblici i criteri per l'istitu-zione di uno o più centri di servizio nella regione, ai sensi del suc-cessivo art.3. Quando i criteri prevedono che gli istituenti centri di servizio possono essere più di uno in considerazione delle diversifi-cate esigenze del volontariato, attraverso le opportune forme di co-ordinamento tra i Centri previste nei criteri medesimi, il comitato mira all'utilizzo ottimale delle risorse disponibili quanto a costi e benefici, alla collaborazione tra i centri, alla circolazione e qualifica-zione delle esperienze;

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b) riceve le istanze per la relativa istituzione dei centri di servizio e, sulla base di criteri e di scadenze preventivamente predeterminati e pubblicizzati nel bollettino ufficiale della regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale, istituisce con procedimento mo-tivato i Centri di Servizio secondo le procedure di cui al successivo art. 3;

c) istituisce l'elenco regionale dei centri di servizio denominato elenco regionale dei centri di servizio di cui all'art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e ne pubblicizza l'esistenza; in tale contesto viene de-scritta l'attività svolta da ciascun centro e vengono pubblicizzati i singoli regolamenti che li disciplinano;

d) nomina un membro degli organi deliberativi ed un membro degli organi di controllo dei centri di servizio di cui al successivo art.3;

e) ripartisce annualmente, fra i centri di servizio istituiti presso la re-gione, le somme scritturate nel fondo speciale di cui al presente ar-ticolo;

f) riceve i rendiconti di cui al successivo art.5 e ne verifica la regolarità nonché la conformità ai rispettivi regolamenti;

g) cancella, con procedimento motivato, dall'elenco regionale indicato nella precedente lettera c), i Centri di Servizio, secondo le previsioni del successivo art. 3, comma 5.

7. Agli enti e alle casse di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto spetta nominare un proprio componente per ogni settimo del totale delle somme destinate al fondo speciale presso la regione. Nel caso re-siduino frazioni inferiori al settimo il componente è designato dall'ente o dalla cassa cui corrisponde la frazione più alta. Il calcolo viene effet-tuato dall'Associazione fra le casse di risparmio italiane con riferimen-to alla data del 30 giugno e tiene conto degli importi che siano destinati al fondo da ciascun ente o cassa nei due esercizi precedenti. La mede-sima Associazione provvede a comunicare ad ogni ente o cassa il nu-mero di membri che a ciascuno di essi compete come risultato del cal-colo di cui al presente comma.

8. L'Associazione fra le casse di risparmio italiane nomina un componen-te del comitato di gestione individuandolo in un rappresentante di uno tra gli enti o casse che abbiano contribuito al fondo speciale. Nell'effet-tuare tale scelta l'Associazione privilegia, anche con criteri di rotazione, gli enti e le casse che, pur avendo contribuito, non abbiano titolo a no-minare un proprio membro ai sensi del comma precedente.

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Art. 3 Centri di Servizio

1. Gli enti locali, le organizzazioni di volontariato di cui all'art. 3 della legge n. 266 del 1991, in numero di almeno cinque, gli enti e le casse di cui all'art 1, comma 1, del presente decreto e le federazioni di volonta-riato di cui all'art. 12, comma 1, della legge stessa, possono richiedere al comitato di gestione la costituzione di un centro di servizio di cui al-l'art. 15 della legge citata con istanza sottoscritta dai legali rappresen-tanti dei richiedenti, allegando lo statuto e il programma di attività del-l'istituendo centro di servizio nonché l'indicazione di chi assume la re-sponsabilità amministrativa del centro, il quale sottoscrive l'istanza.

2. L'istanza è avanzata al comitato di gestione per il tramite dell'ente loca-le ove il centro di servizio deve essere istituito. Copia per conoscenza deve essere inviata anche al comitato di gestione, corredata dall'atte-stazione del ricevimento da parte dell'ente locale interessato. L'ente lo-cale, entro trenta giorni dalla ricezione dell'istanza, trasmette al comita-to di gestione un proprio parere sulla stessa. Ove l'ente locale non provveda alla trasmissione del parere nel termine prefissato, il comita-to di gestione potrà procedere anche in assenza di detto parere.

3. Il Comitato di Gestione valuta le istanze ricevute alla luce dei criteri in precedenza predeterminati e pubblicati e, con provvedimento motiva-to, istituisce i centri di servizio e li iscrive nell'elenco di cui all'art. 2, comma 6, lettera a), del presente decreto, previo accertamento in ogni caso che essi siano: a) un'organizzazione di volontariato di cui all'art. 3 della legge n. 266 del 1991; b) oppure, in alternativa, un'entità giuridica costituita da organizzazioni di volontariato o con presenza maggiorita-ria di esse.

4. Il funzionamento dei centri di servizio è disciplinato da apposito rego-lamento approvato dagli organi competenti dei soggetti di cui alle let-tere a) e b) del comma precedente. Tali regolamenti si ispirano ai prin-cipi di cui all'art. 3, comma 3, della legge n. 266 del 1991.

5. I centri di servizio di cui alla lettera a) del precedente comma 3 sono cancellati dall'elenco previsto dall'art. 2, comma 6, lettera c), nel caso in cui siano stati definitivamente cancellati dai registri istituiti ai sensi dell'art. 6 della legge n. 266 del 1991. I Centri di Servizio sono cancellati dal medesimo elenco qualora venga accertato, con la procedura di cui all'art. 6, commi 4 e 5, della legge n. 266 del 1991, il venir meno dell'ef-fettivo svolgimento delle attività a favore delle organizzazioni di vo-lontariato. I Centri di Servizio sono altresì cancellati, con procedimento motivato del comitato di gestione, dall'elenco di cui alla lettera c), comma 6, dell'art. 2, qualora appaia opportuna una diversa funzionali-tà e/o competenza territoriale in relazione ai Centri di Servizio esisten-

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ti, ovvero in caso di svolgimento di attività in modo difforme dai pro-pri regolamenti o in caso di inadempienze o irregolarità di gestione.

Art.4 Compiti dei Centri di Servizio

1. I centri di servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l'attività di volontariato. A tal fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte e non iscrit-te nei registri regionali. In particolare, fra l'altro:

a) approntano strumenti e iniziative per la crescita della cultura della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato e il rafforzamento di quelle esistenti;

b) offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progettazione, l'avvio e la realizzazione di specifiche attività;

c) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti ad organizzazioni di volontariato;

d) offrono informazioni, notizie, documentazione e dati sulle attività di volontariato locale e nazionale.

Art.5 Funzionamento dei Centri di Servizio

1. Gli enti e le casse di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto deposi-tano presso banche da loro scelte, iscritte all'albo di cui all'art. 13 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, a favore del comitato di ge-stione e di ciascun centro di servizio, gli importi di rispettiva pertinen-za comunicati annualmente dal comitato di gestione. Il deposito viene effettuato entro un mese dalla ricezione di tale comunicazione. I comi-tati di gestione e i centri di servizio prelevano le somme necessarie al proprio funzionamento sulla base degli impegni di spesa previsti.

2. I centri di servizio redigono bilanci preventivi e consuntivi. Tali bilanci sono trasmessi, a mezzo raccomandata, al Comitato di Gestione com-petente per territorio. I proventi Divenienti da diversa fonte sono auto-nomamente amministrati.

Art.6 Disposizioni transitorie

1. Per le casse, il primo esercizio a partire dal quale il presente decreto trova applicazione, per la parte concernente la destinazione delle somme di cui all'art. 15 della legge n. 266 del 1991, è quello chiuso suc-cessivamente alla data di entrata in vigore del decreto 21 novembre

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1991; per gli enti, il primo esercizio è quello aperto successivamente al-la data di entrata in vigore del decreto 21 novembre 1991.

2. La prima segnalazione di cui all'art. 1, comma 2, del presente decreto, è effettuata, fino a quando non verranno istituiti i comitati di gestione, all'Associazione fra le casse di risparmio italiane nonché al presidente dell'osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'art. 12 della legge n. 266 del 1991. In sede di prima costituzione dei comitati di ge-stione, la prima segnalazione è effettuata agli stessi dal presidente del-l'Osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'art. 12 della legge 11 agosto 1991, n. 266.

3. Il primo riparto di cui all'art. 2, comma 6, lettera e), del presente decre-to, è effettuato con riferimento alle somme destinate al Fondo Speciale dagli enti e dalle casse di cui all' art. 1, comma 1, sulla base dei dati dei bilanci consuntivi 1991-92 e 1992-93.

4. Il riparto di cui al precedente art. 2, comma 6, lettera e), successivo al primo è effettuato con riferimento alle somme destinate al fondo spe-ciale dagli enti di cui all' art. 1, comma 1, sulla base dei dati dei bilanci consuntivi relativi agli esercizi non presi in considerazione per il ripar-to di cui al precedente comma.

Art.7 Abrogazione del decreto ministeriale 21 novembre 1991

1. Il decreto ministeriale 21 novembre 1991 è abrogato ed è sostituito dal presente decreto.

2. Restano validi gli atti ed i procedimenti adottati e sono fatti salvi gli ef-fetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni in esso contenute.

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PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI SOCIALI

Disposizioni esplicative del D.M. 8 ottobre 1997 sostitutivo del D.M. 21 novembre 1991 concernente le modalità per la costituzione dei Fondi speciali per il volontariato presso le Regioni. 1. Il D.M. 8 ottobre 1997 modifica ed integra la normativa previgente (D.M. 21 novembre 1991 e D.M. 2 dicembre 1994) concernente le modalità di costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le Regioni, allo scopo di ovviare a taluni inconvenienti riscontrati in sede di prima appli-cazione e tener conto di quanto previsto nella sentenza 355/1992 della Corte Costituzionale.

L’ampiezza delle modifiche e delle integrazioni apportate ha reso preferi-bile, per esigenze di chiarezza, sostituire integralmente la normativa citata. Tuttavia il nuovo D.I. 8 ottobre 1997, che ripropone nelle parti non modifi-cate il testo del decreto abrogato, fa salva la validità e l’efficacia degli atti già adottati ai sensi delle relative disposizioni così abrogate (art. 7).

2. L’articolo 1 del nuovo Decreto mantiene inalterata la destinazione delle somme prevista dall’art. 15 della legge 266/1991 e l’obbligo di ripartizione annuale di dette somme posto a carico delle Casse di Risparmio e degli en-ti conferenti di cui al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, attuati-vo della legge 30 luglio 1990, n. 218.

In attesa di un intervento normativo in linea con gli auspici della Corte co-stituzionale (Sent. 500/1993 e 75/1992) di riequilibrio dei fondi tra le re-gioni, è rimasta inalterata l’impostazione dell’assegnazione dei fondi da parte dei suddetti enti finanziatori:

_ il 50% è destinato al Fondo regionale presso la regione ove trovasi la se-de legale dell’ente;

_ il restante 50% va ad uno o più altri fondi speciali, scelti liberamente dall’ente stesso.

La ripartizione percentuale delle somme in questione da parte degli enti finanziatori va effettuata al momento dell’approvazione del bilancio con-suntivo, con l’obbligo di segnalazione, entro un mese dall’approvazione del bilancio da parte del Ministero del Tesoro, delle somme

assegnate ai fondi regionali, ai Comitati di gestione destinatari, al Presi-dente dell’Osservatorio Nazionale per il Volontariato, istituito ai sensi dell’art. 12 della legge 266/1991 e all’Associazione fra le Casse di Rispar-

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mio Italiane (ACRI). Le relative somme sono così accreditate presso i Fon-di regionali di competenza, intendendo con il termine accredito l’assegnazione delle somme a ciascun Fondo regionale. In sede di prima applicazione, sino all’istituzione di ogni singolo Comitato di gestione permane l’obbligo di effettuare tali segnalazioni al Presidente del predetto Osservatorio e all’ACRI.

3. L’art. 2 del Decreto ribadisce l’istituzione presso ogni regione di un fon-do denominato «Fondo speciale di cui alla legge 266/1991», nonché l’obbligo di contabilizzazione in tali fondi degli importi indicati dalle Fon-dazioni bancarie, come patrimonio separato avente speciale destinazione di pertinenza delle Fondazioni stesse.

Viene altresì previsto che dette somme siano utilizzabili dai Centri di ser-vizio per le proprie finalità istituzionali ex art. 4 del Decreto ed anche «per le spese di funzionamento e di attività del Comitato di gestione» secondo le mo-dalità di cui al Decreto stesso. Ciò permette di utilizzare i fondi di cui all’art. 15 della legge 266/1991, oltre che per le spese di funzionamento e per le attività istituzionali dei Centri di servizio per il Volontariato, anche per le stesse spese operative e per le attività dei Comitati di gestione, in re-lazione alle funzioni ad essi demandate (istituzione, indirizzo e controllo dei Centri di servizio), in modo da assicurare la copertura delle spese vive sostenute dai relativi membri per partecipare alle riunioni e delle altre spese dei Comitati.

L’art. 2, comma 4, del Decreto infatti consente la copertura delle spese di funzionamento e di attività dei Comitati di gestione nella «misura stretta-mente necessaria» per l’assolvimento delle funzioni previste dal Decreto. Tali spese sono da porre a carico dei Centri di servizio della regione, in via proporzionale alle somme attribuite ai Centri medesimi. A titolo esempli-ficativo, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute dai membri del comitato per la partecipazione alle riunioni, possono trovare colloca-zione entro tale ambito le spese sostenute dai Comitati per rendere pubbli-ci i criteri per l’istituzione dei Centri di servizio nonché quelle per la pub-blicizzazione del relativo elenco, le spese logistiche e di segreteria ove non supportate dalle Regioni di competenza, gli eventuali onorari professiona-li e i rimborsi spese connessi per l’esame tecnico dei bilanci dei Centri di servizio e per il proprio contenzioso giudiziario e in particolare per la resi-stenza in giudizio nel caso di impugnativa di propri atti.

La destinazione di tali somme alla copertura delle necessità dei Comitati di gestione non deve però determinare l’insorgere in capo al Comitato di gestione stesso di una contabilità separata rispetto alle contabilità dei sin-goli Centri di servizio, operanti nella regione stessa. Infatti, come previsto

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nel 2° e nel 3° periodo del 4° comma dell’articolo 2 del nuovo Decreto, i Comitati di gestione prelevano annualmente le somme necessarie al pro-prio funzionamento dai fondi

accantonati, come sopra specificato, presso ciascun Fondo speciale regio-nale, imputando tali prelievi alla contabilità preventiva e consuntiva dei Centri di servizio stessi, in proporzione alle somme disponibili attribuite dal competente Comitato di gestione a favore di ciascun Centro di servi-zio.

Nell’ambito della propria autonomia organizzativa, il Comitato di Gestio-ne provvederà quindi a disciplinare le modalità di effettuazione delle ope-razioni di prelevamento e di spesa, disponendo altresì per l’eventuale a-pertura e movimentazione di conti bancari.

La documentazione relativa alle spese sostenute dai Comitati di gestione, non va trasferita presso i Centri di servizio stessi, ma va conservata presso il Comitato di gestione, a disposizione per le verifiche contabili da parte dei competenti organi di controllo dei singoli Centri di servizio.

4. La composizione dei Comitati di gestione incaricati di amministrare i singoli Fondi regionali di cui alla legge 266/1991, prevista dall’articolo 2, comma 2, del Decreto, risente del disposto della citata sentenza n. 355/1992 della Corte Costituzionale, per effetto della quale sono ora no-minati «secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia» sia il membro del Comitato di gestione in rappresentanza dell’Ente Regione, territorialmente competente, sia i quattro rappresentanti delle organizza-zioni di volontariato, iscritte nei Registri regionali, maggiormente presenti nel territorio regionale. Inoltre il nuovo Decreto prevede la presenza in se-no al Comitato di gestione, che passa così da 14 a 15 componenti, di «un membro in rappresentanza degli enti locali della regione nominato secondo le pre-visioni delle disposizioni regionali in materia» (art. 2, comma 2, lett. f). In cia-scuna regione quindi si dovrà provvedere con piena autonomia valutativa ad individuare i criteri di scelta di detto rappresentante ed alla relativa nomina.

Resta inteso, anche con riferimento all’art. 7, comma 2, del Decreto, il qua-le fa salvi gli atti in precedenza adottati in forza del D.I. 21 novembre 1991, che l’inserimento di un nuovo membro non osta né alla piena efficacia de-gli atti emanati, né al compimento dei successivi atti da parte dei Comitati già insediati antecedentemente all’entrata in vigore del nuovo decreto. Detti Comitati potranno continuare ad operare secondo le previsioni del proprio Regolamento interno in materia di quorum necessari per la validi-tà delle delibere, anche nelle more della predetta nomina alla quale le Re-

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gioni dovranno provvedere con la massima sollecitudine al fine di integra-re i singoli comitati.

5. Il Comitato di gestione resta in carica per un biennio, decorrente dal giorno successivo alla scadenza del mandato precedente. Ovviamente, in sede di prima applicazione, la scadenza della carica non potrà avere de-correnza che dalla data di insediamento del singolo Comitato. In tal modo, si è inteso sollecitare gli enti titolari del potere di nomina a provvedere per tempo all’esercizio dello stesso e permettere al Comitato di operare senza soluzione di continuità, allorché intervenga la nomina della maggioranza dei componenti prevista dai rispettivi regolamenti entro la data di entrata in carica del nuovo Comitato. Pertanto l’inerzia degli enti titolari del pote-re di nomina penalizza la durata del mandato dei membri nominati suc-cessivamente alla data di entrata in carica prevista dal Decreto.

Analogamente eventuali membri nominati in sostituzione di membri ces-sati nel corso del mandato restano in carica esclusivamente per la durata residua del mandato dei membri che sono chiamati a sostituire.

Il nuovo Decreto conferma la natura gratuita della carica di membro del Comitato di gestione, con il diritto al solo rimborso delle spese effettiva-mente sostenute per partecipare alle riunioni del Comitato. È da escludere quindi qualsiasi forma di gettoni di presenza, nonché di rimborso forfetta-rio in contrasto con la nozione di effettività della spesa da rimborsare.

6. In base all’articolo 2, comma 5, del Decreto, ciascun Comitato, nella prima riunione, dovrà provvedere ad autodisciplinare il proprio funzio-namento, adottando in linea di massima una delibera di portata generale ovvero un regolamento operativo nonché ad eleggere nel proprio seno il presidente.

Con riferimento ai compiti e al funzionamento dei Comitati di gestione, il successivo 6° comma dell’articolo 2 del Decreto conforma esplicitamente il processo decisionale degli stessi ai principi di trasparenza propri dell’esercizio

di pubbliche funzioni: soprattutto la individuazione dei soggetti destinata-ri dei fondi in questione, cioè dei Centri di servizio operanti nella regione con il supporto finanziario previsto dalla legge n. 266/1991 e la cancella-zione dall’Elenco regionale dei centri già istituiti ove ne esistano i presup-posti.

Infatti il Comitato di gestione è tenuto ad individuare preventivamente e a rendere pubblici i criteri per l’istituzione di uno o più Centri di servizio

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nella regione di competenza. In base al Decreto, il Comitato di gestione formula i criteri di istituzione dei Centri di servizio per la qualificazione e il sostegno delle organizzazioni di volontariato della regione. In particola-re, il Comitato di gestione ha il potere discrezionale di decidere se i Centri di servizio istituiti nella Regione possano essere limitati ad un unico sog-getto ovvero possano comprendere più soggetti. Il Comitato di gestione è chiamato a decidere sulla istituzione dei Centri con provvedimento moti-vato, in conformità ai criteri preventivamente individuati e pubblicati, i quali prevedono, altresì, le opportune forme di coordinamento tra i Centri da istituire.

7. Permangono immutati i compiti dei Comitati di gestione relativi all’istituzione

dell’Elenco regionale dei Centri di servizio, ora denominato esplicitamente «Elenco regionale dei Centri di servizio di cui all’art. 15 della legge 11 ago-sto 1991 n. 266» per un più puntuale riferimento alla normativa di legge da cui i centri stessi trovano origine e supporto finanziario.

Come pure resta immutato il compito dei Comitati di pubblicizzare l’esistenza dei Centri istituiti nonché l’attività svolta da ciascun Centro e i regolamenti che li disciplinano.

Parimenti immutato è il potere di nomina da parte del Comitato di gestio-ne di un membro degli organi deliberativi e di un membro degli organi di controllo dei Centri di servizio della regione nonché il potere di ripartizio-ne, nel caso di pluralità di Centri nella regione, ovvero di assegnazione, nel caso di un unico Centro, con cadenza annuale, delle somme disponibili in base ai criteri con cui ha provveduto ad istituire detti Centri.

Ove in sede di predisposizione dei criteri per l’istituzione dei Centri di servizio, il Comitato non abbia provveduto a disporre anche in ordine ai criteri di ripartizione dei fondi disponibili nei singoli esercizi annuali e, nel caso di pluralità di Centri istituiti, anche tra i medesimi, lo stesso provve-derà in merito con apposita delibera preventiva, indirizzata al Centro o ai Centri istituiti.

A titolo esemplificativo in sede di delibera di ripartizione, il Comitato po-trà decidere in particolare se ripartire i fondi su base annuale in parti u-guali ovvero con diversa proporzione e, in questa seconda ipotesi, dovrà stabilire parimenti i criteri in base ai quali provvederà alla ripartizione dif-ferenziata.

In ordine ai bilanci preventivi dei Centri i servizio sulla base dei quali il Comitato di gestione dovrà effettuare la ripartizione delle somme, si preci-

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sa che gli stessi dovranno essere articolati su previsioni contabili di spesa e su una parte relazionale esplicativa degli stessi che consenta al Comitato di valutare l’effettivo svolgimento da parte del Centro di attività in favore del volontariato in relazione alle singole spese preventivate.

Sui bilanci dei Centri di servizio, anche nel nuovo testo del Decreto, il Comitato di gestione continua ad esercitare un’attività di controllo, verifi-candone «la regolarità nonché la conformità ai rispettivi regolamenti», re-stando escluso ogni controllo di merito su singole attività dei Centri. An-che per tale attività, in relazione alla necessità di specifiche conoscenze e valutazioni tecniche, ove non possa provvedere direttamente, il Comitato può avvalersi di prestazioni d’opera di professionisti all’uopo abilitati, considerando il relativo onere come spese del proprio funzionamento.

8. Il Comitato, nell’ambito dei propri poteri di controllo dell’operato dei Centri di

servizio, provvede alla cancellazione dei Centri dall’Elenco regionale, con contestuale perdita per il futuro dei fondi previsti dalla normativa in esa-me, nei casi previsti dall’art. 3, comma 5, del Decreto.

Tale accertamento da parte dei Comitati deve essere effettuato attraverso il ricorso alle procedure di cui all’articolo 6, commi 4 e 5, della legge 266/1991, nel caso del venir meno dell’effettivo svolgimento delle attività a favore delle organizzazioni di volontariato, e deve concludersi con un provvedimento motivato da comunicarsi formalmente al Centro di servi-zio interessato.

Il richiamo alle norme della legge 266/1991 implica che i Comitati prov-vedano a determinare preventivamente i criteri per la revisione periodica dell’iscrizione all’Elenco dei Centri di servizio per il volontariato da essi istituiti «al fine di verificare il permanere dei requisiti e l’effettivo svolgi-mento delle attività dei centri nell’interesse delle organizzazioni di volon-tariato» e quindi adottino gli eventuali provvedimenti di cancellazione in assoluta coerenza con detti criteri. Contro tale provvedimento di cancella-zione, è possibile proporre, per relationem all’art. 6 della legge 266/1991, ricorso giurisdizionale speciale al TAR competente per territorio, a cura del Centro cancellato entro trenta giorni dalla ricezione della comunica-zione della cancellazione.

La decisione del TAR è appellabile al Consiglio di Stato da entrambe le parti entro trenta giorni dalla notifica della stessa.

Con le stesse modalità il Comitato di gestione può altresì disporre la can-cellazione dall’Elenco regionale dei Centri di servizio in precedenza isti-

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tuiti, qualora appaia opportuna una diversa funzionalità e/o una diversa competenza territoriale nella Regione stessa. In tal caso è necessario che la stessa cancellazione sia preventivamente supportata da una delibera del Comitato con cui vengano ridisegnati i criteri istitutivi a suo tempo indi-viduati e pubblicizzati, alla luce del riscontro di mutate esigenze di pre-stazione dei servizi alle organizzazioni di volontariato della Regione.

Conseguentemente, la delibera di cancellazione dei Centri di servizio esi-stenti sulla base della nuova valutazione di opportunità sulla diversa fun-zionalità e/o competenza territoriale dei centri esistenti deve essere rigo-rosamente motivata con riferimento alla precedente ed anche la successiva istituzione dei nuovi Centri dovrà essere strettamente coerente con la nuova impostazione dei criteri istitutivi adattata dal Comitato.

9. Gli enti legittimati dall’articolo 3, comma 1, del Decreto possono chiede-re al Comitato di gestione competente l’istituzione di un Centro di servi-zio, che deve necessariamente essere un’organizzazione di volontariato di cui all’art. 3 della legge 266/1991, ovvero un’entità giuridica costituita da organizzazioni di volontariato, o con presenza maggioritaria di esse. L’istanza va sottoscritta dai legali rappresentanti dei richiedenti, allegando lo statuto e il programma di attività dell’istituendo Centro di servizio, e deve indicare chi assume la responsabilità amministrativa del Centro stes-so, il quale deve sottoscrivere parimenti l’istanza.

La richiesta di istituzione del Centro di servizio deve essere avanzata dai soggetti legittimati per il tramite dell’ente locale ove il centro di servizio deve essere istituito, intendendo con il termine ente locale sia i Comuni che le Province in cui operi l’organizzazione. Il parere dell’ente locale può essere disatteso dal Comitato di gestione solo con congrua motivazione sul punto. Ove l’ente locale non provveda alla trasmissione del parere e dell’istanza istitutiva nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell’istanza stessa, il Comitato di gestione potrà procedere anche in assen-za di detto parere. A tale scopo, è previsto che copia dell’istanza di istitu-zione del centro di servizio (con la documentazione di corredo) debba es-sere inviata a cura dei proponenti, anche al Comitato di gestione per cono-scenza, corredata dall’attestazione del ricevimento da parte dell’ente locale interessato.

L’istituzione dei Centri avverrà quindi sulla base di una valutazione com-parata delle istanze ricevute da parte del Comitato di gestione, sulla base della conformità ottimale dei Centri da istituire ai criteri in precedenza predeterminati e pubblicati e, come già detto, con un provvedimento mo-tivato, che accerti anche la configurazione giuridica in precedenza indicata

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del Centro istituito, conforme alle lettere a) ovvero b) dell’art. 3, comma 3, del Decreto

8 ottobre 1997.

10. Anche i Centri di servizio devono adottare, ad integrazione del proprio Statuto, un apposito regolamento relativo al proprio funzionamento, ispi-rato ai principi di cui all’art. 3, comma 3, della legge n. 266 del 1991 ed ap-provato dagli organi competenti del Centro stesso. In tale regolamento vanno specificate le attività concrete previste dagli scopi propri dei Centri di servizio, quali quelli di sostenere e qualificare l’attività di volontariato e di erogare per tali fini le proprie

prestazioni sotto forma di servizi a favore delle Organizzazioni di volonta-riato non solo iscritte ma anche, come precisato dal nuovo testo del Decre-to, non iscritte nei registri regionali, provvedendo in particolare a:

a) approntare strumenti e iniziative per la crescita della cultura della soli-darietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato e il rafforzamen-to di quelle esistenti;

b) offrire consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la pro-gettazione, l’avvio e la realizzazione di specifiche attività;

c) assumere iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti ad organizzazioni di volontariato;

d) offrire informazioni, notizie, documentazione e dati sulle attività di vo-lontariato locale e nazionale.

11. Le attività dei Centri di servizio devono trovare rappresentazione con-tabile sia in via preventiva, al fine di individuare gli impegni per categorie di spesa, sia in via consuntiva al fine di consentire i previsti controlli dei Comitati di gestione sui bilanci preventivi e consuntivi che devono essere trasmessi con lettera raccomandata.

A fini conoscitivi, in detti bilanci dovranno avere rappresentazione, con autonoma prospettazione e temporizzazione di spesa, i proventi finanziari dei Centri di servizio diversi da quelli derivanti dai trasferimenti del fon-do speciale di cui alla legge 266/1991.

La previsione di spesa nei bilanci preventivi è necessaria per consentire ai Centri di servizio, come pure ai Comitati di gestione, di prelevare le som-me occorrenti per il proprio funzionamento da quelle assegnate dagli enti finanziatori al fondo speciale regionale. Gli enti finanziatori dovranno provvedere al deposito di dette somme entro un mese dalla comunicazio-

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ne effettuata annualmente dal Comitato di gestione. Lo stesso Comitato potrà provvedere all’acquisizione dei fondi necessari al proprio funzio-namento anche indipendentemente dalla presentazione dei bilanci preven-tivi dei Centri di servizio, in cui dovranno poi trovare riscontro contabile anche i fondi che il Comitato abbia provveduto annualmente a riservarsi.

12. Al fine di ovviare ai ritardi attuativi della disciplina previgente, il nuo-vo Decreto ha parzialmente modificato le disposizioni relative agli accan-tonamenti dei fondi da parte dei soggetti erogatori. A questo proposito era già stato previsto che, per quanto riguarda le Casse di Risparmio non an-cora trasformate al momento dell’emanazione delle disposizioni in com-mento, il primo esercizio a partire dal quale la disciplina in questione tro-va applicazione, per la parte concernente la destinazione delle somme di cui all’art. 15 della legge n. 266 del 1991, fosse quello chiuso successiva-mente alla data di entrata in vigore del Decreto 21 novembre 1991; mentre per gli enti conferenti di cui alla legge n. 218/1990 e al D.Lgs. n. 356/1990, il primo esercizio da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione delle somme dovute fosse quello aperto successivamente alla data di en-trata in vigore del Decreto 21 novembre 1991.

In particolare, l’art. 6, comma 3, del nuovo Decreto prevede che il primo riparto delle somme da destinarsi ai centri di servizio per il volontariato, cui conseguono i calcoli di cui all’art. 2, comma 7, sia effettuato con riferi-mento alle somme destinate al fondo speciale dalle Casse di risparmio non ancora trasformate e dagli enti conferenti di cui all’art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 356/1990, sulla base dei dati dei bilanci consuntivi 1991-92 e 1992-93.

Il nuovo comma 4 del citato art. 6, invece, onde ovviare ai ritardi sin qui accumulatisi nell’utilizzo delle risorse accantonate, stabilisce che il riparto successivo al primo, cui andranno riferiti anche i calcoli per l’attribuzione dei rappresentanti degli enti finanziatori, vada effettuato avendo riguardo alle somme destinate ai fondi speciali sulla base dei bilanci consuntivi re-lativi a tutti gli esercizi utili non presi in considerazione per il primo ripar-to.

A tale fine assumono rilievo le somme comunicate dagli enti finanziatori, secondo le previsioni dell’art. 1, commi 2 e 3, del decreto, entro il 30 giu-gno dell’anno precedente la scadenza del mandato di ciascun Comitato, fermo restando l’obbligo per le Fondazioni di tempestiva comunicazione all’ACRI e all’Osservatorio nazionale per il volontariato delle somme ac-cantonate entro e non oltre i termini previsti dalla normativa che le ri-guarda in relazione alla definitiva approvazione dei bilanci consuntivi.

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Le nomine dei componenti dei singoli Comitati dovranno essere comuni-cate oltre che al presidente del Comitato in scadenza, anche all’Osservatorio nazionale per il volontariato cui è attribuito, tra l’altro, il compito di seguire lo stato di attuazione della normativa.

Infine, va ricordato che le risorse di pertinenza del Comitato scaduto even-tualmente residuanti andranno a confluire nelle disponibilità gestite dal successivo Comitato, non potendosi ammettere l’esistenza di più fondi speciali per il volontariato presso la stessa regione ai sensi dell’art. 2 del Decreto né, tantomeno, più Comitati di gestione per il medesimo fondo speciale.

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI SOCIALI

Comunicazione ai Comitati di Gestione dei fondi ex art. 15 Legge n. 266/1991 ed ai Centri di Servizio per il Volontariato

Nell'ambito della disciplina dettata dalla Legge-quadro sul Volon-tariato (L. 11 Agosto 1991 n°266) e delle relative norme attuative (D.M. 8 Ottobre 1997), si è da più parti manifestata l'esigenza di chiarire la que-stione relativa alla legittimità della facoltà per i Centri di Servizio di poter altresì provvedere a sostenere progetti di intervento presentati da Asso-ciazioni e Organizzazioni di volontariato attingendo fondi ad essi concessi ai sensi dell'art.15 della citata Legge.

Questo Dipartimento ritiene di poter intervenire sulla questione, confermando, per quanto di propria competenza, la legittimità dell'inter-pretazione nell'attuale quadro normativo esistente, tanto a livello di legge quanto a livello ministeriale, che consenta ai Centri di Servizio di sostene-re progetti di intervento delle Associazioni e delle Organizzazioni di Vo-lontariato.

Al riguardo, occorre in primo luogo evidenziare che i compiti isti-tuzionali dei Centri di Servizio al Volontariato fissati, come noto, dal-l'art.15 della Legge-quadro e dall'art.4 del citato Decreto Ministeriale de-vono essere svolti con fondi a destinazione vincolata e cioè con il sostegno economico proveniente dalla quota dei fondi speciali regionali, di cui al-l'art.2 del decreto, che il Comitato di Gestione competente per territorio ri-terrà di assegnare a ciascun Centro di Servizio sulla base del programma annuale presentato da quest'ultimo e dagli altri Centri eventualmente isti-tuiti sullo stesso territorio.

Per risolvere la questione sollevata, occorre altresì ricordare che, ai sensi della normativa richiamata, i Centri di Servizio sono "a disposizione delle organizzazioni di volontariato" ed hanno "la funzione di sostenere e qualifi-care l'attività di volontariato" da questa intrapresa. Tali compiti di sostegno e qualificazione sono adempiuti mediante la presentazione dei servizi rite-nuti utili e idonei al proseguimento del fine.

L'art.4 del decreto individua a titolo esemplificativo - come risulta dall'inciso "fra l'altro" - quattro settori di intervento a favore delle organiz-zazioni di volontariato, che possono così riassumersi:

a) Servizi di promozioni e rafforzamento;

b) Servizi di consulenza;

c) Servizi di formazioni;

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d) Servizi di informazione.

E' appena il caso di sottolineare come il primo tipo di servizio elen-cato sia di portata generale e, per ciò stesso, tendenzialmente onnicom-prensivo. Ad ogni modo, quel che preme evidenziare al fine di risolvere la questione trattata è che, come già ricordato, l'elenco citato non possa esse-re considerato esaustivo, ancorchè tutti i compiti ivi espressamente indica-ti permangano di fondamentale importanza.

Appare pertanto possibile ritenere che il sostegno economico forni-to dai Centri di Servizio ai progetti di intervento sociale presentati da As-sociazioni e da Organizzazioni di volontariato possa rientrare tra i compiti istituzionalmente previsti per gli stessi dalla normativa in parola e svolga, in ogni caso, la funzione di strumento complementare per le finalità di so-stegno e qualificazione previste nella stessa normativa. Naturalmente, in-serendosi, tale tipologia di apporti alle Associazioni e alle Organizzazioni di Volontariato, in un ampio panorama di interventi pubblici e privati, fi-nalizzati allo sviluppo sociale del paese, occorrerà che ciascun Centro va-luti l'opportunità di dar corso alle iniziative della specie sviluppando, la più ampia concertazione possibile, nell'esistente quadro di programma-zione sociale e di intervento della Regione o Provincia autonoma nel cui territorio è insediato, nonché di quello degli altri enti locali e delle Fonda-zioni bancarie territorialmente presenti.

Ciò premesso, si devono ora delineare le condizioni per l'effettua-zione degli interventi di sostegno in questione da individuare in assenza di specifiche norme in base ad una interpretazione sistematica dei principi generali del diritto amministrativo e degli esistenti testi normativi in mate-ria. A questo proposito, sembra di estrema rilevanza precisare, in primo luogo, che in via di principio i trasferimenti dei fondi originati dalla Legge 266/1991 ai Centri di Servizio dovranno essere destinati, sempre e in ogni caso, principalmente a finanziare gli interventi di assistenza, consulenza e formazione rivolti alle Associazioni ed alle Organizzazioni di Volontaria-to; attività, queste, di cui si tiene a ribadire l'importanza e la priorità.

Eventuali disponibilità finanziarie invenienti dalla Legge 266/1991 che siano considerate dal Centro stesso come non necessarie ad assicurare lo svolgimento dei predetti compiti di assistenza, consulenza e formazione potranno essere quindi destinabili, sulla base della valutazione di ciascun Centro di Servizio, anche ad altre operazioni di sostegno delle Associazio-ni e delle Organizzazioni di Volontariato della propria zona, e quindi po-tranno essere in particolare impiegate per sostenere progetti riguardanti la realizzazione di interventi di volontariato, che si concretizzino in attività di sviluppo del sistema del volontariato, promosse da dette Associazioni ed Organizzazioni di Volontariato, ancorchè ovunque sviluppate. In con-

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creto, nell'ambito della propria programmazione di attività da presentare al Comitato di Gestione, i Centri di Servizio interessati ad integrare la propria attività con interventi della specie, dovranno evidenziare tale fina-lità di spesa, indicando priorità e criteri di intervento, in coerenza con le proprie finalità istitutive ai sensi dell'art.2, comma 6, lettera a), b) e c) del Decreto Ministeriale 8 ottobre 1997 al Comitato di Gestione, nel quadro del bilancio preventivo, da presentare o da modificare, tenendo conto, a tal fine, delle risorse disponibili in ciascuna Regione o Provincia autono-ma, al netto dei fondi necessari per il funzionamento del Comitato di Ge-stione stesso, ai sensi degli articoli 1, 2 e 6 del Decreto Ministeriale 8 otto-bre 1997.

A tal fine, in particolare, i Centri di Servizio interessati, indicheran-no nel proprio bilancio preventivo, oltre alle spese necessarie per il pro-prio funzionamento e per l'espletamento delle prestazioni di servizi alle Associazioni e Organizzazioni di Volontariato, anche l'ammontare delle somme potenzialmente assegnabili agli interventi di sostegno in questione sulla base delle predette risorse nette esistenti nel quadro del proprio di-segno progettuale di intervento. I Comitati presso ciascuna Regione o Pro-vincia autonoma, che inizieranno ad operare non appena sia stata nomina-ta la maggioranza dei propri membri, provvederanno alla erogazione dei fondi di cui all'art.15 della Legge 266/1991, al Centro di Servizio o ai Cen-tri di Servizio di propria competenza sulla base della programmazione preventiva ricevuta ed approvata, tenendo conto anche dei programmi di interventi di sostegno presentati dai Centri di Servizio in modo analogo alle somme destinate all'attività istituzionale del Centro.

Le somme richieste per interventi di sostegno potranno essere ero-gate dai Comitati di Gestione in due tranches, a presentazione e a rendi-contazione dell'andamento dei programmi. I Comitati di Gestione potran-no condizionare l'approvazione del programma di interventi di sostegno presentato da ciascun Centro alla previsione di un obbligo di trasmissione di dati e di notizie sullo stato di attuazione del programma stesso. I Centri di Servizio potranno erogare alle Associazioni ed Organizzazioni di Vo-lontariato, per le quali i progetti sono stati approvati, una prima somma contestualmente all'approvazione; la somma restante alla rendicontazione finale dei progetti. Il Comitato di Gestione competente provvederà ad as-segnare ai Centri di Servizio che ne abbiano fatto richiesta per gli interven-ti in argomento, le disponibilità finanziarie necessarie, solo se risultino as-segnabili e siano effettivamente assegnate al Centro stesso ed all'espleta-mento dei suoi compiti istituzionali di consulenza ed assistenza.

Relativamente ai Centri di Servizio che, sulla base dei preventivi approvati dal rispettivo Comitato di Gestione siano risultati assegnatari di

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fondi ex art.15 della Legge 266/1991 anche per i predetti interventi a favo-re delle Associazioni e delle Organizzazioni di Volontariato, il Comitato di Gestione competente, controllerà in sede di approvazione del rendiconto di ciascun Centro di Servizio destinatario di detti fondi, la legittimità degli interventi effettuati e degli impegni di sostegno assunti e non ancora effet-tuati.

In ordine alle caratteristiche dei progetti predisposti dalle Associa-zioni e dalle Organizzazioni di Volontariato per i quali richiedere ai Centri di Servizio detti interventi di sostegno, può essere utile rammentare che, come già previsto per i progetti finanziati dall'Osservatorio nazionale per il Volontariato, i progetti della specie dovranno presentare requisiti di chiarezza realizzativa con una congrua prospettazione di finalità, mezzi e risorse finanziarie da utilizzare e non dovranno estendersi a operazioni comportanti l'acquisto e la ristrutturazione di immobili. In relazione a det-ti progetti, il contributo del Centro di Servizio potrà viceversa estendersi alla copertura delle spese derivanti dall'acquisto dei materiali necessari al-la realizzazione pratica del singolo progetto. I criteri selettivi dovranno in ogni caso essere volti ad incoraggiare la collaborazione tra associazioni e ad incentivare la realizzazione di progetti aventi un impatto sociale rile-vante.

In secondo luogo, in ossequio al principio di buona amministrazio-ne dei fondi pubblici, l'attribuzione degli interventi della specie alle Asso-ciazioni ed alle Organizzazioni di Volontariato beneficiarie dovrà essere effettuata secondo criteri obiettivi, che siano predeterminati rispetto all'as-segnazione e all'effettuazione e resi pubblici anteriormente alle stesse. In particolare, occorre che tali criteri di selezione siano resi noti, con ragione-vole anticipo, a tutte le Associazioni di Volontariato.

Naturalmente, i progetti dovranno prevedere una parte di risorse proprie dell'Associazione o delle Associazioni realizzatrici secondo misure ragionevolmente stabilite, anche con riferimento alle citate erogazioni del-l'Osservatorio nazionale per il Volontariato. I progetti non potranno, però, beneficiare in ogni caso di un cumulo di finanziamenti pubblici destinati specificamente al volontariato ed assegnati, in base alla Legge 266/1991, dall'Osservatorio nazionale per il Volontariato e da più Centri di Servizio.

Qualora per il medesimo progetto venissero assegnati più apporti, l'Associazione o il gruppo di Associazioni o Organizzazioni promotrici dovranno optare per un intervento, rinunciando agli altri eventualmente conseguiti. Uno stesso progetto potrà tuttavia beneficiare del concorso di fondi di altra natura, provenienti da normative diverse della suddetta, di fonte nazionale o comunitaria. Opportuno riferimento cui attenersi nel predisporre le modalità delle erogazioni destinate ai progetti di servizi è

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infine rappresentato da quelle previste per l'Osservatorio nazionale per il Volontariato nella Circolare annualmente emanata da questo dipartimento con riferimento al Fondo nazionale per il volontariato di cui all'art.12, comma 2 della Legge-quadro. Va infine evidenziata, a prescindere dall'esi-stenza di meccanismi di coordinamento tra Centri di Servizio, la cui opera di collegamento e diffusione di esperienze può essere estremamente utile anche per la migliore effettuazione di operazioni della specie, la più ampia disponibilità di questo Dipartimento a promuovere, con modalità e tempi da individuare, tutte le più efficaci iniziative di incontro e dibattito attra-verso, in particolare, l'istituzione di un ambito ufficiale di concertazione, atte a promuovere, tra i Centri di Servizio stessi e tra questi e i Comitati di Gestione, gli Enti regionali e gli altri Enti locali nonché le Fondazioni Ban-carie stesse e l'ACRI, sia il miglior risultato in termini di concertazione tra detti Enti, sia l'efficacia degli interventi di sostegno in argomento. In tale ambito sarà possibile dibattere eventuali altre problematiche relative allo sviluppo del volontariato nel nostro Paese.

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Appendice (sezione B)

Linee di orientamento in materia di valutazione delle attività dei Centri di Servizio

1.Premessa

Nei dieci anni trascorsi dall'introduzione della legge-quadro sul volonta-

riato (L.266/91) la realizzazione dei sistemi regionali o provinciali al servi-

zio del volontariato, previsti dall'art. 15 della legge stessa, non si è ancora

interamente compiuta. Nell’ultimo lustro, tuttavia, si è assistito ad un ra-

pido sviluppo di esperienze e di attività.

La Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione dei Fondi speciali per il

volontariato ha avviato un percorso di riflessione e valutazione in merito

alle esperienze realizzate, alle identità e ai ruoli costruiti, alla rilettura de-

gli elementi che compongono il quadro complessivo che si è venuto sinora

a delineare.

Da qui la necessità di promuovere un'analisi e un confronto, prima tra i

Comitati di Gestione e poi insieme alle altre realtà, istituzionali e non, che

partecipano a questo sistema.

Tra i dati di fondo, certamente, rileva il fatto che le esperienze sviluppatesi

in Italia, nel corso di questi anni, sono molto diversificate e disomogenee.

Tuttavia, in un quadro pur così composito, sembra esservi un elemento

comune di generale condivisione: la convinzione che Comitati di Gestione

e Centri di servizio debbano operare sinergicamente (avendo in comune lo

stesso obiettivo) per la promozione dello sviluppo del volontariato e della

capacità di dialogo ed integrazione tra questo e gli altri attori sociali pre-

senti nei diversi territori.

Lo scenario è quello di un volontariato che si proponga sempre di più co-

me uno dei principali agenti di promozione e coesione sociale, riuscendo a

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ritagliarsi ruoli e spazi di interlocuzione via via più qualificati e rilevanti:

dalla costruzione di essenziali servizi destinati a cittadini in difficoltà o in

condizioni di emarginazione, alla promozione dei diritti, della qualità del-

la vita, della cultura; dalla innovazione nelle politiche e nelle iniziative so-

ciali, alla individuazione ed intervento per il superamento delle forme di

ingiustizia e di emarginazione sociale; dalla spinta aggregativa dei cittadi-

ni, attraverso nuove forme di partecipazione e cittadinanza, al confronto

con le istituzioni pubbliche e altri settori della società, ecc.

A queste importanti sfide, proprio perché istituzionalmente posti a servi-

zio e supporto del volontariato, sono chiamati a dare il proprio contributo

anche i Comitati di gestione e i Centri di Servizio, i cui compiti vanno per-

tanto letti innanzi tutto attraverso questa chiave interpretativa.

D'altra parte anche lo sviluppo della riflessione in campo sociale degli ul-

timi dieci anni, e la stessa produzione normativa di settore, confermano la

necessità di una prassi di dialogo e collaborazione tra le diverse realtà so-

ciali (istituzionali, economiche o di “terzo settore”) al di là di classifica-

zioni e separazioni, inutili nel momento in cui cercano di dividere, costrut-

tive se finalizzate a integrare le diverse identità e peculiarità.

La prima sintesi dei lavori sinora svolti dalla Consulta, attraverso l'appro-

fondimento da parte di due gruppi di lavoro attivati per l'esame di alcune

tematiche di prioritario interesse, evidenzia questa prospettiva di assun-

zione di responsabilità sociale importante da parte dei Comitati di Gestio-

ne, e il desiderio di aprire un confronto costruttivo con gli altri attori del

sistema.

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2. Fondamento della competenza dei Comitati di gestione

Il D.M. 8.10.97 stabilisce in capo al Comitato di gestione il potere di istitu-

zione dei Centri di servizio, con relativa iscrizione nell'elenco regionale dei

Centri di servizio, quello di verifica delle attività svolte dai Centri e quello

di cancellazione.

Le Disposizioni esplicative del Decreto ministeriale stesso spiegano più in

dettaglio quali siano contenuti e modalità dei poteri attribuiti al Comitato

di gestione. Rispetto ai poteri di controllo o verifica si dice che il Comitato

deve essere in grado di "… valutare l'effettivo svolgimento da parte del

Centro di attività in favore del volontariato in relazione alle singole spese

preventivate" e che esso esercita attività di controllo sui bilanci dei Centri

di servizio, verificandone "la regolarità, nonché la conformità ai rispettivi

regolamenti"

2.1 Ambiti ed oggetto

Si può quindi dedurre che l'esercizio della funzione di “controllo” da parte

dei Comitati di gestione rispetto ai Centri di servizio possa esplicarsi nei

seguenti ambiti:

realizzazione delle attività programmate - così come presentate in via

preventiva al Comitato di gestione per il finanziamento - e loro effetti-

va finalizzazione a favore del volontariato;

corretto utilizzo delle risorse attribuite, nel senso della corrispon-denza

tra spese preventivate e spese realizzate;

conformità delle attività svolte rispetto agli indirizzi generali forniti dal

Comitato di gestione1 e al regolamento del Centro di servizio;

1 Qualora il Comitato di gestione abbia formulato degli indirizzi o orientamenti per le attività dei

Centri di servizio come misura di valutazione ex ante.

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permanenza della sussistenza dei requisiti istitutivi previsti dal Comi-

tato di gestione in fase di istituzione dei Centri di servizio;

regolarità della gestione, dell'amministrazione degli adempimenti for-

mali obbligatori.

L’oggetto concreto dell’attività di controllo diventa quindi necessariamen-

te (ma non solo) :

progettazione presentata al Comitato di gestione per il finan-ziamento;

programmazione preventiva delle attività;

relazione consuntiva sulle attività;

bilanci sociali preventivi e consuntivi;

verbali delle Assemblee, dei Consigli direttivi, dei Revisori dei conti;

relazioni dei membri nominati dai Comitati negli organismi direttivi e

di controllo;

2.2 Modalità, soggetti e strumenti All’interno di questo quadro generale si devono individuare concrete op-

zioni rispetto a:

- tipologia di controllo (e quindi significato complessivo che questo as-

sume);

- soggetti da coinvolgere;

- azioni e strumenti da porre in essere.

Appare opportuno procedere preliminarmente ad una attività definitoria,

onde poter più agevolmente procedere al confronto delle opinioni e delle

esperienze.

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Per attività di controllo si intende l’analisi della rispondenza alle norme

esplicite che regolano il sistema.

Per attività di verifica si intende l'analisi in merito all’adempimento delle

attività in modo fedele e conforme alla programmazione delle stesse.

Rispetto a questi ambiti, la competenza dei Comitati di gestione appare

assoluta, tanto da configurarsi come diritto-dovere ai fini di garantire la

comunità rispetto al corretto utilizzo delle risorse messe a disposizione del

sistema.

In proposito, si tratta di definire azioni e strumenti che appartengono

maggiormente alla sfera del riscontro formale tra realtà e documentazio-

ne2 disponibile; si può quindi prevedere, a questo riguardo, la possibilità

di una più agevole convergenza dei Comitati di gestione verso modelli

comuni.

Più complesso, invece, appare il tentativo di definire e strutturare omoge-

neamente una attività di valutazione dei Centri. La Valutazione è un pro-

cesso che oltre al controllo "fiscale" (o di legittimità) include anche una ve-

rifica del ritorno delle attività dei Centri di Servizio.

Sotto questo profilo, si deve necessariamente partire da una prima duplice

consapevolezza: il sistema di valutazione richiede la partecipazione del

numero più ampio possibile dei soggetti destinatari dei servizi e “aventi

interesse” (un concetto analogo a quello di “stakeholders”), ed ogni sistema

regionale (o provinciale nel caso delle autonomie) deve trovare al proprio

2 La documentazione va intesa sempre in senso ampio, avendo riguardo a qualsiasi forma di atte-

stazione delle attività realizzate, in modo particolare se si prende in considerazione la realizzazione

di progetti complessi e non solo l’erogazione di servizi standardizzati a favore delle singole orga-

nizzazioni di volontariato.

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interno il più adeguato disegno strutturale, potendo mutuare dall'esterno

solo delle linee comuni generali e un insieme di denominatori comuni.

Il sistema di "controllo – verifica – valutazione" assumerà, quindi, conno-

tazioni molto differenti a seconda del modo in cui, all’interno di ogni real-

tà locale, sono stati definiti identità, ruoli e rapporti reciproci tra Comitati

di gestione e Centri di servizio (oltre ad altri soggetti che possono entrare

in gioco quali Regioni, volontariato e sue forme di coordinamento e rap-

presentanza).

Soprattutto per quanto attiene la valutazione sembra importante sottoline-

are la necessità che si dia vita, a livello locale, a veri e propri “sistemi” di

valutazione condivisi, che coinvolgano – come già detto – una pluralità di

soggetti “portatori di interesse”: il Comitato di Gestione ed i Centri di ser-

vizio innanzi tutto, ma anche il volontariato (utente diretto), le fondazioni,

e gli enti locali.

E' importante che il sistema sia condiviso fin dalla fase della sua ideazione

e definizione.

Questa attività non può che essere svolta con la piena partecipazione di

chi si sottopone alla valutazione (Centri di servizio) se si vuole che la valu-

tazione rappresenti un momento di riflessione e cambiamento: il soggetto

agente principale non può esserne escluso o viverla come una fase esterna

al proprio processo lavorativo.

Un altro elemento essenziale nella configurazione di sistemi locali di valu-

tazione è rappresentato dalla concezione della valutazione come compo-

nente di un processo continuo di ri-progettazione delle attività e riformu-

lazione dei ruoli.

La valutazione va interpretata come momento costruttivo e di analisi delle

prospettive, e non solo come momento di “stima” delle attività realizzate.

I Comitati di gestione ricoprono in questo sistema il fondamentale ruolo di

garanti; in diversi casi infatti essi si sono attivati anche come promotori

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delle attività, del coordinamento e quindi della valutazione dei centri di

servizio. Da questo punto di vista sono diverse le strategie e le azioni che i

Comitati di Gestione possono porre in essere (alcune delle quali già spe-

rimentate nelle realtà più attive in questo campo):

1. svolgere un ruolo di orientamento ed indirizzo (che rappresenta il fon-

damento della valutazione ex ante rispetto alla tipologia di azioni) at-

traverso l’emanazione di bandi o inviti che prevedano già modalità e

strumenti della valutazione;

2. richiedere che la progettazione presentata evidenzi l’adozione di un si-

stema di valutazione (possibilmente condiviso) da parte dei CSV;

3. definire canali di ascolto del volontariato del territorio, oltre a quello

già previsto ex-lege della presenza di rappresentati del volontariato al

proprio interno, al fine di coinvolgerlo nella valutazione;

4. prestare forte attenzione alla capacità del volontariato e dei CSV di e-

sprimere progettualità e non solo alla definizione di standard di eroga-

zione dei servizi;

5. finanziare specifiche attività di ricerca-azione e di monitoraggio che

coinvolgano i CSV “in rete” tra loro dove sono più di uno per territorio

o con la partecipazione del volontariato dove il centro è unico;

6. adottare strumenti omogenei di presentazione della progettazione

(formulari) che sappiano favorire il confronto tra le attività e che siano

al tempo stesso sufficientemente flessibili da garantire il rispetto delle

peculiarità;

7. chiedere ai CSV uno sforzo nel senso dell’adozione di forme di bilancio

sociale complete ed esaurienti, anche per diffondere da un punto di vi-

sta culturale il valore dell’impatto sociale delle attività che si svolgono;

8. chiedere agli organi di controllo che in maniera puntuale e completa

certifichino le informazioni ed i dati acquisiti soprattutto con i bilanci

sociali.

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9. valorizzare la presenza di membri di nomina del Comitato di gestione

negli organi di controllo e direttivi dei Centri, stimolandone l'azione af-

finché essi costituiscano un “primo momento di contatto e di confron-

to” tra i due organismi, onde favorire uno spirito collaborativo e di re-

ciproca crescita.

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Rendicontazione delle attività dei Centri di Servizio 1.Premessa

Nell’ambito della funzione di controllo esercitata dai Comitati di Gestione

rispetto ai Centri di Servizio, particolare importanza rivestono, quali do-

cumenti oggetto di tale attività di controllo, i bilanci preventivi e consun-

tivi.

Al riguardo, al fine di mettere a disposizione dei Comitati di Gestione dati

ed informazioni chiare, omogenee e complete tali da:

- permettere una valutazione più obiettiva possibile delle attività dei

CSV finanziate;

- una lettura più trasparente della situazione gestionale di tali or-

ganismi;

- un immediato confronto tra obiettivi programmati e risultati rag-

giunti;

appare necessaria l’individuazione di principi e criteri unici e condivisi, a

cui ciascun CSV dovrà riferirsi in sede di programmazione e di rendicon-

tazione delle proprie attività.

In un sistema che tende alla razionalità, l’adozione di valori e di modelli

condivisi potrà consentire non solo una più adeguata funzione di controllo

da parte dei Comitati ma anche di rendere più efficace la gestione degli

stessi CSV.

L’adozione di principi e regole uniformi, nonché l’introduzione di proce-

dure comuni ai Centri di Servizio (schemi di bilancio, schede di progetto,

ecc.) garantirebbe inoltre che le informazioni, provenienti da fonti note e

verificabili, siano attendibili, confrontabili e di ampiezza tale da permette-

re giudizi obiettivi.

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2.Indicazioni sulla di struttura e sul contenuto del BILANCIO

SOCIALE dei Centri di Servizio

In merito a come i Centri istituiti debbono adempiere ai propri obblighi di

informazione, e a quali regole e principi debbano riferirsi nell'elaborazione

degli strumenti di rendicontazione nulla viene disposto dalla normativa di

riferimento.

La caratteristica di ente non lucrativo dei Centri di Servizio3 ed il loro spe-

cifico ruolo di organizzazioni “public service” (che dirigono cioè i propri

servizi istituzionali non solo verso gli associati), porta ad affermare che il

documento di bilancio a cui ciascun Centro di Servizio deve tendere non

può avere la sola funzione di descrizione razionale delle risorse economi-

che e materiali utilizzate e di dimostrazione del risultato economico con-

seguito.

L'obiettivo di misurare il reddito d'esercizio prodotto, inteso come incre-

mento, o decremento, che subisce il patrimonio per effetto della gestione,

è, infatti, quello proprio a cui tende il rendiconto delle imprese commer-

ciali.

Per un ente non lucrativo, e a maggior ragione considerate le caratteristi-

che e le funzioni, per i Centri di servizi, il documento di bilancio deve es-

sere redatto nell’intento di soddisfare il bisogno informativo “interno” ed

esterno”, ponendo l’attenzione sulla priorità rappresentata dagli aspetti i-

3 I quali, si sottolinea, sono costituiti nella maggior parte delle realtà come associazio-ni non riconosciute

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stituzionali e dagli effetti attesi/prodotti nello svolgimento delle attività e

per la crescita del volontariato.

Esso deve tendere in maniera sicuramente composita ed articolata, ma ef-

ficace, a diversi obiettivi, fra i quali:

• essere strumento di controllo di gestione e, attraverso il passaggio da

un controllo formale sugli atti (eseguito dagli organi di controllo isti-

tuiti in seno a ciascun Centro di Servizio) ad un controllo sui risultati,

permettere di verificare lo svolgimento delle attività istituzionali

dell’ente;

• fornire elementi di riscontro, di valutazione dell'operato dei Centri e di

misurazione dei risultati conseguiti. E' chiaro però che per i Centri di

Servizio (così come per la maggior parte degli enti non lucrativi), la mi-

surazione dei risultati conseguiti, non può avvenire con il solo utilizzo

dei dati economico-finanziari esposti in bilancio. Ciò perché i Centri,

per propria funzione e natura, tendono al raggiungimento di obiettivi

di natura extra-economica ed all'erogazione di servizi non misurabili

quantitativamente (es. quelli diretti allo sviluppo sul territorio delle

organizzazioni di volontariato, i servizi di consulenza ecc.);

• contemplare ed informare su diversi aspetti quali:

1. l'integrazione del Centro nel sistema dei servizi di welfare e delle

politiche di settore (ad es. la sua collaborazione e gli accordi in esse-

re con gli enti pubblici e/o privati);

2. il livello di partecipazione dei volontari, che è un dato molto impor-

tante se si considera la loro particolare sensibilità alla capacità di

conseguire gli obiettivi sociali programmati espressa dall'organiz-

zazione in cui operano;

• soddisfare le esigenze conoscitive dell’ambiente ove esse sono inserite:

donatori, utenti dei servizi, pubblica ammini-strazione, ecc.

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• essere strumento per coinvolgere gli interlocutori sociali, la comunità

locale e soprattutto le associazioni non lucrative non associate al CSV

sugli obiettivi e le iniziative in essere.

Sulla base delle considerazioni espresse, considerato che, sia lo schema di

bilancio introdotto in Italia dal D.lgs. 127/91 e dettato dal legislatore civi-

listico per le società commerciali, sia la contabilità finanziaria pubblica mal

si adattano a rappresentare i risultati delle gestioni non profit, la struttura

di bilancio sociale da adottare da ciascun CSV, uniformandosi ai principi e

agli schemi proposti nelle “Raccomandazioni” in materia approvate il feb-

braio scorso dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, dovrebbe

essere costituita da:

1. Stato Patrimoniale

2. Rendiconto Gestionale

3. Relazione sulla Gestione

4. Allegati Esplicativi

5. Relazione dell’Organo di Controllo

2.1 Lo Stato Patrimoniale Documento con il quale fornire una rappresentazione fotografica del patrimonio a disposizione dell'ente per il conseguimento delle finalità istituzionali.

Anche per i Centri di servizio il patrimonio può essere esaminato nel du-

plice aspetto: qualitativo e quantitativo.

Sotto l'aspetto qualitativo, il complesso dei beni potrà essere suddiviso

sulla base della loro funzione o destinazione, oppure sulla base del modo

con cui essi partecipano all'attività erogativa di servizi.

Peraltro lo schema di stato patrimoniale che anche i Centri di Servizio pos-

sono utilizzare nella redazione del bilancio sociale sostanzialmente ricalca

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quello previsto dal codice civile (art. 2424) per le società, modificando lo-

gicamente quegli elementi che non possono interessare un ente non profit.

Sotto il profilo quantitativo, e in attesa della costituzione di opportuni e specifici

principi contabili per i soggetti non lucrativi, nella valutazione delle poste di bi-

lancio si dovrà far riferimento, se e per quanto possibile (ma sempre nell'ottica di

quella che comunemente si definisce "quadro fedele"), ai principi contabili dettati

per i soggetti commerciali dal legislatore civilistico e dalla Commissione Naziona-

le Dottori Commercialisti e Ragionieri per le società.4 (struttura e contenuto

dello stato patrimoniale sono riportate nello specifico schema di riferi-

mento).

2.2 Il Rendiconto Gestionale Espresso attraverso un documento economico ed un documento finanziario, nel

quale classificare proventi ed oneri per destinazione e per aree gestionali, eviden-

ziando in particolare:

- i contributi del fondo di cui alla legge n. 266/1991 destinati a finanziare

le attività dei CSV;

- i proventi che pervengono, a sostegno indistinto delle attività, al Cen-

tro dalle quote associative, dagli altri contributi e/o donazioni even-

tualmente ricevuti, ecc.;

- gli oneri sostenuti per l'erogazione gratuita (o con corrispettivi inferiori

ai costi sostenuti) dei servizi suddivisi per attività o progetti (es. consu-

lenza giuridica, convegni, ecc.) e se del caso per sportelli e/o delega-

zioni territoriali;

4 In proposito si rileva che oggetto del futuro lavoro della specifica Commissione sul non Profit

istituita in seno al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, è anche l’emanazione di speci-

fici principi contabili

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- i c.d. oneri di supporto generale, cioè quegli oneri (es. spese telefoni-

che, di energia, amministrative, le retribuzioni dei dirigenti, i compensi

ai consulenti, le spese di affitto, ecc.) sostenuti per il funzionamento in

generale della struttura che non possono essere attribuiti in maniera

specifica alle singole attività;

- gli oneri ed i proventi di natura patrimoniale, finanziaria e diversa;

cioè gli oneri ed i proventi che non attengono all'area di attività prin-

cipale e caratteristica dell'ente (quali ad es. gli affitti derivanti da even-

tuali immobili di proprietà, gli interessi attivi e passivi, ecc.).

E’ chiaro che per poter pervenire ad una simile struttura di sintesi, non si può prescindere dall'adozione di uno specifico ed analitico piano dei conti che tenga conto delle diverse arre funzionali e delle diverse attività svi-luppate da ciascun Centro, nonché dall'utilizzo di una opportuna ed ordi-nata contabilità (dato che la struttura ed il contenuto del bilancio sono, in ultima analisi, il risultato del tipo di contabilità tenuta).

Il piano dei conti deve cioè essere:

- adeguato a quello che sono le specifiche attività svolte all'interno

di ciascun Centro;

- prevedere una classificazione per natura dei proventi e degli oneri

che sia aggiuntiva e non sostitutiva della classificazione per desti-

nazione.

2.3 La Relazione sulla Gestione

Ruolo centrale nell'intero bilancio sociale dei CSV assume la c.d. relazione sulla

gestione denominata anche relazione o "conto morale".

Infatti mentre il rendiconto della gestione e la situazione patrimoniale ci

forniscono informazioni circa le risorse e il patrimonio a disposizione del-

l'ente, i risultati economici della gestione, ecc., è detta relazione che per-

mette di effettuare una completa analisi delle attività sviluppate dai Cen-

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tri, dei benefici sociali apportati, del loro raccordo con il progetto presenta-

to, ecc.

Pertanto ciascun Centro deve predisporre una relazione con la quale, da un lato chiarire ed esplicare le voci esposte in bilancio (aspetti quantitati-vi), e dall’altro riportare tutte quelle informazioni che non sono suscettibili di valutazione economica (aspetti qualitativi)

2.4 Gli Allegati Esplicativi

Ad integrazione e/o esplicitazione delle informazioni contenute nei pre-

cedenti documenti.

Fra questi necessari sono:

- le c.d. schede di progetto e/o di attività, nella quale riportare, in ma-

niera sintetica ma esaustiva, la descrizione dell’attività,

l’organizzazione dello stesso, la tipologia dei costi sostenuti, ecc.;

- i verbali di approvazione degli organi preposti.

2.5 La Relazione dell’Organo di Controllo

Quale essenziale certificazione dei dati e delle informazioni acquisite con i

bilanci sociali trasmessi.

3.Bilanci preventivi e consuntivi

Per i Centri di Servizio il bilancio preventivo assume particolare significa-

tività se si considera che esso non è sono altro che la formulazione nume-

rica (finanziaria o meglio ancora economica-finanziaria-patrimoniale) del

programma di attività a favore delle organizzazioni di volontariato finan-

ziato dal Comitato di Gestione.

Esso rappresenta quindi un "vincolo operativo" considerevole per i Centri

chiamati ad attuare le attività esposte nel bilancio preventivo e nel pro-

gramma presentato, e a dare una giustificata ed analitica spiegazione a

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ciascun scostamento tra le somme imputate alla contabilità preventiva e

quelle risultanti dalla contabilità consuntiva.

Da sottolineare come proprio attraverso l’accoppiata preventivo-

consuntivo e la verifica incrociata dei dati esposti nei due documenti il

Comitato può valutare se le risorse sono state utilizzate, in modo adegua-

to, per lo sviluppo delle attività finanziate e, nel caso adottare gli opportu-

ni provvedimenti.

Per rendere più chiara e precisa l’attività di programmazione è necessario

rediga i preventivi negli stessi termini (economici-finanziari) utilizzati per

i consuntivi, non tralasciando di allegare le “schede di dettaglio preventi-

ve” delle attività e dei servizi (o almeno quelle principali).

Infine si sottolinea la necessità di far presentare a ciascun CSV, in aggiunta

ai bilanci annuali presentati, , bilanci complessivi aventi a riferimento

l’orizzonte temporale di attuazione dell’intero progetto approvato (ad es.

il biennio).5

5 Nel presente lavoro si è fatto riferimento alla seguente bibliografia:

- Documento di presentazione di un sistema di rappresentazione dei risultati di sintesi delle or-

ganizzazioni non profit, Documento a cura della Commissione aziende non profit istituita in

seno al Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti, marzo 2001;

- G.M. COLOMBO, Gli enti non profit, opera a schede mobili, ed. IPSOA;

- G. M. COLOMBO, Dal CNDC un modello di bilancio per gli enti non profit, in Riv. Enti Non

Profit, pag 157

- C. Travaglini, Gestire il non profit, ed.

- C. Travaglini, Lo sviluppo di regole di rendicontazione di aziende nel Terzo Settore, in “Sce-

nari e strumenti per il Terzo Settore” a cura di A Matacena, ed. Egea

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SITUAZIONE PATRIMONIALE ANNO SOCIALE ___________ IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI NETTE Costi di impianto e ampliamento Costi di ricerca, sviluppo e pubblicità Software Concessioni, licenze, marchi e simili Immobilizzazioni in corso ed acconti IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI NETTE Terreni e fabbricati ad esclusivo utilizzo istituzionale Altri terreni e fabbricati Impianti e macchinari Macchine per ufficio Mobili e arredi Automezzi Altri beni IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE Crediti finanziari a medio e lungo termine Titoli Altre immobilizzazioni finanziarie RIMANENZE Rimanenze (di pubblicazioni, di gadget, etc..) CREDITI Crediti verso associati per quote sociali Crediti verso associati per quote supplementari Crediti verso altri Contributi ex L. 266/91 da ricevere Altri contributi Crediti verso Erario ATTIVITA' FINANZIARIE CHE NON COSTITUISCONO IMMOB. Partecipazioni e titoli di investimento temporaneo DISPONIBILITA' LIQUIDE Depositi bancari e postali Danaro e valori in cassa sede centrale Danaro e valori in cassa altre sedi RATEI E RISCONTI ATTIVI Ratei e risconti attivi TOTALE ATTIVO

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FONDO SOCIALE Fondo di dotazione Riserve Patrimonio con vincolo di destinazione Risultato gestionale (positivo o negativo) FONDI PER RISCHI E ONERI Fondo per imposte Fondo di trattamento di quiescienza Altri fondi FONDO TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DEBITI Debiti verso banche a breve (scoperti di c/c, anticipazioni bancarie, quote capitale di mutui scadenti entro l'anno) Debiti verso banche a lungo Debiti verso fornitori Debiti verso altri finanziatori Debiti verso associati Debiti tributari Debiti v.so istituti di previdenza e sicurezza sociale Titoli di solidarietà ex art. 29 del D. Lgs. 460 Altri debiti RATEI E RISCONTI PASSIVI Ratei Risconti passivi (ad. Es. relativi alla parte residua del contributo) TOTALE PASSIVO

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RENDICONTO DELLA GESTIONE (a proventi ed oneri) PROVENTI 1 CONTRIBUTO EX L. 266/91 Contributo ex L. 266/91 di competenza 2 ALTRI PROVENTI ISTITUZIONALI Quote associative annuali Quote supplementari e/o straordinarie Contributi generali da Enti pubblici Contributi da privati Prestazioni in regime di convenzione Proventi (o quote specifiche) per attività e servizi ad associati Proventi per servizi a non associati Ricavi e proventi diversi PROVENTI, FIN. E PATR. 3 PROVENTI FIN.E PATR. Da depositi bancari Da altre attività Da patrimonio edilizio Da altri beni patrimoniali 4 PROVENTI STRAORDINARI Da attività finanziarie Da attività immobiliari Da altre attività Altri proventi straordinari TOT. PROVENTI Risultato negativo della gestione

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ONERI 1 ONERI DELLE ATTIVITA' E DEI SERVIZI DI PROGETTO Convegni Corsi di formazione Seminari Attività di raccolta dati Consulenze normative e fiscali Attività di ricerca Attività editoriale 2 ONERI DELLE ATTIVITA' E DEI SERVIZI NON DI PROGETTO Attività x Attività y 3 ONERI PER IL FUNZIONAMENTO DEL C.d.G ONERI DI SUPPORTO GENERALE 4 ONERI PER SERVIZI Utenze (luce, acqua, gas, telefono) Consulenze amministrative e fiscali Libri, riviste e abbonamenti Cancelleria e stampati Assicurazioni Spese postali e valori bollati Manutenzioni e Riparazioni Altre spese generali e amministrative 5 ONERI PER GODIMENTO BENI DI TERZI Canone di locazione sede centrale Canone di locazione sede di Canone di locazione sede di Altri 6 ONERI ORGANI AMMINISTRATIVI Contr. Sociali e Previdenziali Emolumenti 7 ONERI DEL PERSONALE Contr. Sociali e Previdenziali Stipendi 8 ONERI DIVERSI DI GESTIONE Tasse e tributi locali AMMORT., ACC., ED ALTRI ONERI

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9 AMMORTAMENTI E ACCANTONAMENTI Ammortamenti immobilizzazioni materiali Ammortamenti immobilizzazioni immateriali Beni strumentali inferiori al milione Accantonamenti 10 ONERI FINANZIARI E PATRIMONIALI Su depositi bancari Su altri prestiti Da patrimonio edilizio Da altri beni patrimoniali 11 ONERI STRAORDINARI Da attività finanziarie Da attività immobiliari Da altre attività Altri oneri TOT. ONERI Risultato positivo della gestione

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RENDICONTO FINANZIARIO ANNO SOCIALE ___________

E N T R A T E Disponibilità liquide iniziali Contributi ex L. 266/91 ENTRATE CONTRIBUTIVE Quote associative Contributi da altre associazioni Contributi da enti pubblici Contributi da privati Altre entrate contributive ENTRATE ATTIVITA' ISTITUZIONALI Entrate per prestazioni in convenzione Entrate per servizi a non associati Entrate gestione convegni, seminari, corsi Ricavi vendita pubblicazioni Ricavi per prestazioni di servizi Altre entrate da attività istituzionali ENTRATE E PROVENTI FINANZIARI Rendite varie Interessi attivi Altri proventi finanziari Donazioni e lasciti ENTRATE IN CONTO CAPITALE Vendita mobili e attrezzature Finanziamenti da terzi PARTITE DI GIRO Ritenute erariali Ritenute previdenziali e assistenziali Totale Entrate Avanzo di gestione Totale Generale Entrate

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U S C I T E

SPESE ATTIVITA' ISTITUZIONALI E PROGETTI Organizzazione convegni, seminari, corsi, etc Servizio ……………………………………………………………….. Attività………………………………………………………………….. SPESE GENERALI ED AMMINISTRATIVE Utenze (luce,acqua,gas,telefono) Spese generali ed amministrative Cancelleria e stampati Assicurazioni Libri, riviste e abbonamenti Spese postali e valori bollati Tasse e tributi locali Altre spese generali SPESE GODIMENTO BENI DI TERZI Canoni di locazione ………………………. SPESE ORGANI SOCIALI Spese organi sociali Rimborsi spese organi sociali Rimborsi spese volontari SPESE PER IL PERSONALE Stipendi Contributi inps e inail Quota Tfr erogata Collaborazioni coordinate e continuative ONERI FINANZIARI E TRIBUTARI Interessi passivi Spese e commissioni bancarie Imposte, tasse e tributi SPESE IN CONTO CAPITALE Acquisto mobili e attrezzature Rimborso finanziamenti Rimborso di anticipazioni passive PARTITE DI GIRO Ritenute erariali Ritenute previdenziali e assistenziali Totale Uscite

Totale Generale Uscite

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RELAZIONE SULLA GESTIONE: INDICAZIONE SCHEMATICA DEI CONTENUTI DA RAP-

PRESENTARE ASPETTI QUANTITATIVI Questa sezione della relazione è destinata a chiarire ed integrare i dati riportati in bilancio, e in un modo molto vicino a quello che l'art. 2427 cod. civ. prevede circa la nota integrativa delle società: - spiegare la struttura e le linee seguite nella redazione del documento di bilancio; - illustrare i più significativi criteri di valutazione adottati per le poste di bilancio; - indicare e descrivere le eventuali immobilizzazioni, di proprietà dell'ente, a dispo-

sizione; - sottolineare condizioni di funzionamento “amichevoli” fornite od ottenute; - dare spiegazione dei principali crediti e debiti; - indicare il numero dei dipendenti (ed il confronto con i volontari), il loro costo

complessivo e l'ammontare del Tfr accantonato; - indicare, distintamente per funzione e/o sede, il costo sostenuto per i dirigenti re-

tribuiti; - indicare gli altri contributi (autonomamente amministrati5) provenienti dalle al-

tre fonti di finanziamento; - spiegare le variazioni dei costi di gestione rispetto al passato; - descrivere gli eventuali investimenti realizzati; - indicare tutti gli elementi utili per meglio comprendere le voci numeriche. ASPETTI QUALITATIVI E' questa la parte “maggiormente informativa”, nella quale riportare tutte quelle in-formazioni atte a meglio cogliere la portata delle attività e a far conoscere l'istituzio-ne all'esterno. In sintesi, e in maniera sicuramente non esaustiva, il suo contenuto minimo potrebbe essere: - descrizione strutturata delle attività istituzionali e dei principali servizi erogati

in attuazione degli scopi statutari. E’ importante in proposito che ogni Centro al-leghi, anche con riferimento a ciascuna sede territoriale, delle schede di dettaglio (informative delle attività, dei servizi e dei progetti), nelle quali riportare la de-scrizione delle attività e dei principali costi sostenuti

- valutazione circa il perseguimento delle attività istituzionali statutariamente previste;

- valutazione dell'efficacia della gestione: se siano state o meno effettuate le attivi-tà previste e volute; se siano stati erogati servizi in più o in meno rispetto alle ri-sorse disponibili, se vi sia stato un incremento qualitativo e quantitativo delle at-tività con indicazione delle condizioni e dei vincoli ambientali che hanno influito sulla gestione;

- evidenziare il benessere sociale prodotto; - descrizione del collegamento tra le attività effettivamente poste in essere ed il

progetto finanziato; - individuazione degli scostamenti tra le attività ed i valori indicati nella relazione

e nel bilancio preventivo, delle cause e degli eventuali rimedi;

5 Art. 5 D.M. 8 ottobre 1997.

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- indicazione dell’apporto di ogni singola associazione membro e soprattutto di quello derivante dai volontari;

- indicazione delle attività di sensibilizzazione rivolte all'esterno e dei loro riflessi in termini di attenzione (es.: articoli pubblicati sui giornali, fax ricevuti, ecc.) e di partecipazione (es.: ai convegni, ai corsi, ecc.);

- indicazione della frequenza delle sedute tenute dall'organismo direttivo e delle riunioni dall'organo assembleare;

- indicazione dei rapporti tenuti con il diversi soggetti pubblici (es.: Regione, Co-mune, ecc.) e privati (es.: Altri Centri di Servizio, associazioni, ecc.) interagenti con il Centro;

- indicazione delle attività non caratteristiche svolte; - indicazione del prevedibile andamento della gestione e delle prospettive di svi-

luppo delle attività e dei servizi programmate nei progetti. In questa parte è inoltre necessario che ogni CSV tenti di definire degli in-dicatori che, affiancati a quelli tipici di bilancio, permettano di tenere conto degli aspetti immateriali. Nell’erogazione del servizio la valutazione ed il confronto devono avvenire con l’utente ed i suoi bisogni; essendo inoltre il servizio erogato un bene immateriale occorre misurare la qualità percepita, ossia come l’utente del servizio misura il soddisfacimento dei propri biso-gni. Alcuni esempi potrebbero essere: - indicatori di efficienza che, rapportando i servizi resi alle risorse impiegate, misu-

rino l’attitudine a combinare in maniera ottimale i fattori perseguendo il minimo costo, senza pregiudicare il raggiungimento dei fini dell’organizzazione (costo me-dio del servizio per addetto, costo del servizio per aderente, etc.);

- indicatori di efficacia della gestione che misurino la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati e di ottimizzare il grado di soddisfazione degli utenti (grado di espansione del servizio, grado di copertura del servizio, capacità del servizio di mantenere l’attenzione dell’utente, etc.);

- indicatori di qualità del servizio (professionalità e livello qualitativo delle risorse impiegate, capacità di assistenza e supporto, etc.);

- indicatori fisici (n° progetti conclusi, n° volontari, etc.); - indicatori economici e finanziari (grado di dipendenza da finanziatori esterni, ca-

pacità di mantenere inalterato il proprio patrimoni, etc.); - indicatori di fund-raising.

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Valutazione delle attività dei Centri di Servizio 1.Premessa I Comitati di Gestione ed i Centri di servizio, anche se con finalità conver-

genti, svolgono funzioni con profili diversi, già definite dalla normativa

nazionale (art. 15 legge 266/91 e D.M. 8/10/97).

Di seguito si evidenziano sinteticamente i principali scopi e compiti dei

due organismi.

1.1 Comitati di Gestione

Scopi

- garantire il rispetto delle norme;

- garantire il corretto utilizzo delle risorse messe a disposizione

dal sistema. Compiti

- individuare i criteri per l’istituzione di uno o più Centri di Servi-

zio nella regione di competenza;

- istituire, con provvedimento motivato, i Centri di Servizio;

- istituire l’Elenco Regionale dei Centri di Servizio;

- pubblicizzare l’esistenza dei Centri di servizio, i singoli regola-

menti che li disciplinano e descriverne l’attività;

- nominare un membro negli organi deliberativi e un membro ne-

gli organi di controllo dei Centri di Servizio;

- definire i criteri per il riparto annuale del fondo speciale tra i

Centri di Servizio nonché le modalità per l’assegnazione delle

somme a ciascun Centro di Servizio;

- ripartire annualmente tra i Centri di Servizio istituiti nella re-

gione, le somme scritturate nel fondo speciale;

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- ricevere i rendiconti dei Centri di servizio e verificarne la regola-

rità e la conformità ai rispettivi regolamenti;

- verificare che i Centri di Servizio non svolgano attività in modo

difforme dai propri regolamenti, non siano inadempienti o com-

piano irregolarità di gestione;

- controllare se non appaia opportuna una diversa funzionalità e/o

competenza territoriale in relazione ai Centri di Servizio esisten-

ti;

- verificare che le “entità giuridiche” chiamate ad essere Centro di

Servizio continuino a svolgere attività a favore delle organizza-

zioni di volontariato;

- accertare periodicamente che l’organizzazione di volontariato

che è stata chiamata ad essere Centro di Servizio, non sia stata

cancellata dal registro;

- cancellare, con provvedimento motivato, i Centri di servizio dal

relativo elenco.

1.2 Centri di Servizio Scopi

- sostenere l’attività di volontariato;

- qualificare l’attività di volontariato.

Compiti

Erogazione di prestazioni, sotto forma di servizi, in favore delle orga-

nizzazioni di volontariato (iscritte e non iscritte nei registri regionali),

quali:

- promozione del volontariato

o crescita della cultura della solidarietà

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o promozione di nuove iniziative

o rafforzamento di quelle esistenti

- consulenza e assistenza qualificata, nonché strumenti per la

progettazione o consulenza e assistenza qualificata

o strumenti di supporto tecnico – logistico

o strumenti per la progettazione

- formazione e qualificazione nei confronti di aderenti ad organizza-

zioni di volontariato

- Comunicazione

o comunicazione verso la comunità e le sue istituzioni

o comunicazione verso il Volontariato organizzato

Il presente documento prende in esame concetti sul sistema di valutazione

e sui relativi indicatori, facendo riferimento agli orientamenti generali e-

spressi nei documenti della Consulta Nazionale dei Comitati di Gestione

del luglio 2001 “Prime analisi relative a problematiche giuridiche e operative

dell’attività dei Comitati di gestione” e dell’ottobre 2001 “Linee guida in mate-

ria di rendicontazione delle attività dei Centri di Servizio”.

In proposito può essere opportuno riportare, in via preliminare, alcuni

stralci dell’anzidetto elaborato “Prime analisi relative a problematiche giuridi-

che e operative dell’attività dei Comitati di gestione”: “Soprattutto per quanto

attiene la valutazione sembra importante sottolineare la necessità che si

dia vita, a livello locale, a veri e propri sistemi di valutazione condivisi …

fino dalla fase della sua ideazione e definizione. ……. La valutazione va

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interpretata come momento costruttivo e di analisi delle prospettive e non

solo come momento di stima delle attività realizzate……Il sistema di valu-

tazione richiede ….. la partecipazione del numero più ampio possibile dei

soggetti destinatari dei servizi e aventi interesse ….. Ogni sistema regiona-

le deve trovare al proprio interno il più adeguato disegno strutturale, po-

tendo mutuare dall’esterno solo delle linee comuni generali ed un insieme

di denominatori comuni”.

La valutazione non va quindi considerata solo come mera risposta ad un

dovere e domanda legislativa (D. M. 8/10/97), ma anche e soprattutto

come strumento per l’avvio di un processo virtuoso di progressivo miglio-

ramento dei servizi e di costante aderenza degli stessi alle esigenze che

emergono, di tempo in tempo, nel mondo del volontariato.

2. Processo di valutazione

Il processo di valutazione deve non solo consentire di conoscere “l’effettivo

svolgimento da parte del Centro di attività in favore del volontariato in relazione

alle singole spese preventivate” e di verificare “la regolarità, nonché la conformi-

tà ai rispettivi regolamenti” ma anche e soprattutto di verificare:

- l’aderenza tra quanto fatto e dichiarato: se e come i programmi si so-

no trasformati in azioni concrete, se e come gli obiettivi fissati siano

stati raggiunti;

- l’impatto sociale che l’azione dei Centri ha prodotto;

- il corretto utilizzo delle risorse assegnate;

- la conformità delle attività svolte rispetto agli indirizzi generali forni-

ti dal Comitato di gestione e al regolamento del Centro di Servizio;

- la permanenza della sussistenza dei requisiti istitutivi previsti dal

Comitato di gestione in fase di istituzione dei Centri di Servizio;

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- la regolarità della gestione, dell'amministrazione degli adempimenti

formali obbligatori.

Il processo di valutazione richiede di:

a) individuare metodologie e strumenti che consentano di dare risposta a

diverse e complesse domande;

b) concepire il sistema di valutazione come un percorso continuo di ri-

progettazione delle attività e dei servizi e non solo un momento di sti-

ma delle stesse, in una logica di miglioramento che consideri ogni ri-

sultato raggiunto come “intermedio”;

c) definire un processo che oltre al controllo “fiscale” (o di legittimità)

includa anche una verifica del ritorno e dei risultati delle attività

dei Centri di Servizio;

d) assicurare la partecipazione dei vari interlocutori interessati (sta-

keholder) e legati ai Centri in modo da dare “vita a livello locale, a

veri e propri sistemi di valutazione condivisi, che coinvolgano una

pluralità di soggetti portatori di interesse: il Comitato di Gestione ed

i Centri di servizio innanzi tutto, ma anche il volontariato (utente

diretto), gli enti locali e le fondazioni”.

3. Fasi della valutazione

La valutazione deve essere ben definita fin dal momento iniziale, accom-

pagna l’attuazione dei programmi finanziati e ne verifica i risultati.

L’orizzonte temporale della valutazione è diviso su tre livelli: valutazione

ex ante, valutazione in itinere e valutazione ex post.

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3.1 La valutazione “ex ante”

Ha per oggetto la progettazione e la programmazione delle attività

presentate dai Centri per il finanziamento, le variazioni intervenute

negli Statuti e nei Regolamenti dei Centri, la composizione della base

associativa dei Centri, etc.

La valutazione ex-ante risponde alle domande:

- sussiste la permanenza dei requisiti istitutivi previsti dal Comi-

tato di gestione in fase di istituzione dei Centri di Servizio?

- la progettazione è concretamente calibrata sui bisogni delle or-

ganizzazioni e del volontariato del territorio?

- c’è coerenza tra obiettivi, finalità istituzionali previste e gli indi-

rizzi generali forniti dai Comitati?

- la programmazione dei Centri di Servizio si integra ed è coerente

e sinergica rispetto alla programmazione espressa da altri enti

presenti sul territorio (regioni, enti locali, fondazioni) ?

3.2 La valutazione “in itinere ”

Sviluppandosi principalmente attraverso un continuo confronto sui

principali strumenti e documenti “finalizzati” ad acquisire le informa-

zioni critiche, si esplica anche attraverso la partecipazione dei membri

di nomina dei Comitati di gestione negli organi deliberativi e di con-

trollo dei Centri di Servizio e l’analisi delle relazioni da questi prodot-

te e presentate.

Tale valutazione è caratterizzata da flessibilità, elasticità e confronto

ed è diretta a:

- verificare se si stanno rispettando i tempi prestabiliti;

- verificare l’effettivo utilizzo delle risorse necessarie, individuare

gli eventuali scostamenti e le relative cause;

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- individuare le variazioni “sensibili per quantità e qualità” da ap-

portare ai programmi di finanziamento, verificarne la conformità

agli obiettivi ed agli indirizzi stabiliti;

- valutare i primi risultati raggiunti, la pertinenza degli obiettivi

ed il grado di conseguimento degli stessi;

- valutare la pertinenza e la qualità degli indicatori adottati.

3.3 La valutazione “ex post ”

E’ diretta a verificare:

- la realizzazione delle attività ammesse a finanziamento e la loro

effettiva utilizzazione a favore del volontariato;

- il corretto utilizzo delle risorse assegnate, nel senso della corri-

spondenza tra spese preventivate e spese realizzate;

- la conformità delle attività svolte rispetto agli indirizzi generali

forniti dal Comitato di gestione e al regolamento del Centro di

Servizio;

- i cambiamenti che l’attività dei Centri di Servizio ha prodotto

nello specifico contesto operativo;

- quali indicazioni operative è possibile desumere dall’esperienza

per ri-progettare l’offerta dei servizi e la modalità di erogazione

degli stessi.

4. Ambiti di valutazione

Si possono identificare, a titolo esemplificativo, le seguenti aree sulle

quali è opportuno concentrare gli sforzi valutativi :

requisiti formali

rappresentanza del mondo del volontariato

rapporto con il territorio

organizzazione e processi

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individuazione dell’utenza

risorse interne

risorse esterne

gestione economico-finanziaria

coordinamento tra Centri di Servizio / delegazioni

aree di diretta erogazione dei servizi

aree di erogazione di servizi nell’ambito di attività complesse

(progetti)

5. Strumenti di valutazione

5.1 Fonti informative

Al fine di ottenere il più ampio spettro di informazioni sulla qualità dei

servizi erogati dai Centri di Servizio si possono individuare una serie di

fonti :

- il Bilancio Sociale, nelle sue articolazioni documentali, con

tutti gli aspetti che esso approfondisce e le molteplici ri-

sposte ed informazioni che deve contenere;

- i dati forniti dal sistema degli indicatori (di soddisfazione,

di efficacia, di efficienza, etc.);

- i documenti e le informazioni (fra questi le c.d. “schede di

attività e di progetto”, i questionari compilati dalle singole

organizzazioni, i report, le relazioni dei consulenti, etc.)

- le relazioni degli organi di controllo interni ai Centri di

Servizio e quelle periodiche dei membri di nomina dei

Comitati di gestione negli organi di controllo ed ammini-

strativi dei Centri stessi;

- i risultati di rilevazioni condotte dal Comitato di gestione

su oggetti ritenuti di interesse e rilevanza, ivi compresi i

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risultati di ricerche sui punti di forza e di debolezza dei

Centri di Servizio, sopratutto in termini di ritorno.

5.2 Il Sistema degli indicatori

Particolare attenzione deve essere dedicata alla individuazione e co-

struzione del sistema degli indicatori.

Tali indicatori, diretti a monitorare l’attuazione dei progetti e delle at-

tività nonché a valutare l’efficacia dei programmi finanziati rispetto

agli obiettivi fissati, è opportuno che siano:

- di tipo quantitativo in termini di valori assoluti e/o per-

centuali, per effettuare un confronto nello spazio e nel

tempo;

- individuati insieme ai criteri di ripartizione dei fondi;

- verificati nel tempo.

A titolo esemplificativo in Allegato vengono proposti alcuni Indicatori

per la valutazione della qualità delle attività dei Centri di Servizio.

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Allegato 1

Principali Indicatori per la valutazione della qualità

delle attività dei Centri di Servizio

Gli indicatori utilizzabili possono essere di vari tipi: di input. Evidenziano ed analizzano le realtà territoriali (es: il numero di organizzazioni aderenti, il numero di volontari impegnati, etc.);

di output. Si riferiscono all’effetto diretto ed immediato prodotto da un programma (es: numero di servizi erogati, numero di organizzazioni u-tenti, etc.);

di outcomes. Si riferiscono all’effetto allargato del programma (es: numero di volontari formati, numero di organizzazioni nate grazie al supporto del Centro, etc.);

di efficienza. Rapportano i servizi resi alle risorse impiegate, misurano l’attitudine a combinare in maniera ottimale i fattori, con il minimo costo senza pregiudicare il raggiungimento dei fini dell’organizzazione;

di efficacia. Misurano la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati; di soddisfazione. Misurano la capacità dei Centri di stabilire un rapporto valido con la propria utenza, anche potenziale;

di tipo economico. Analizzano i dati risultanti dalle scritture contabili; di processo. Analizzano le modalità di programmazione, il coinvolgimento dei soggetti sociali operanti sul territorio e l’esecuzione delle attività.

A questi si aggiungono i dati ed i parametri derivanti da un’analisi fun-zionale delle spese, delle risorse umane impiegate, dei fondi utilizzati, etc. A titolo esemplificativo di seguito si descrive un’ipotesi di insieme di am-biti sui quali focalizzare l’attenzione per la valutazione della qualità delle attività dei Centri di Servizio :

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REQUISITI FORMALI

conformità della natura giuridica dell’Ente chiamato ad essere Centro di Servizio rispetto al Bando di istituzione del Centro stesso

rinnovo cariche sociali (e loro gratuità se Organizzazione di Volontariato) in conformità a quanto descritto nello Statuto dell’Ente

adempimento dell’obbligo di redazione dei bilanci di cui al comma 2 dell’art. 5 del DM 8.10.1997

regolare tenuta della contabilità democraticità della struttura ed assolvimento dell’obbligo assicurativo per i volontari impegnati nelle attività del Centro (se Organizzazione di Volon-tariato )

approvazione del regolamento interno previsto dal comma 4 art. 3 DM 8.10.1997

assolvimento degli obblighi di sicurezza

RAPPRESENTANZA DEL MONDO DEL VOLONTARIATO composizione della base sociale per tipologia (Organizzazioni iscritte all’Albo Regionale del Volontariato; Organizzazioni non iscritte; Enti Lo-cali; altri Enti)

% delle organizzazioni socie del Centro rispetto al totale delle organizza-zioni iscritte all’Albo Regionale operanti sul territorio di competenza del Centro

numero delle assemblee / momenti di consultazione della base associativa numero medio di presenti nelle fasi deliberative degli Organi del Centro

RAPPORTO CON IL TERRITORIO presenza di strumenti di monitoraggio dei fabbisogni e delle risorse sul

territorio articolazione e presenza dei Centri di servizio sul territorio coerente con i

fabbisogni rilevati

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esistenza di momenti formali ed informali di rapporto con gli enti locali, le fondazioni, gli organismi profit e non profit

presenza di rappresentanti del CSV nei tavoli di concertazione di ambito, di coordinamento delle politiche territoriali

verifica della notorietà del CSV e dell’immagine percepita attività di animazione del territorio

ORGANIZZAZIONE E PROCESSI

livello organizzativo di definizione ed attuazione delle strategie (Quale li-vello organizzativo – Assemblea, Consiglio Direttivo, Direttore - Operatori – decide che attività sviluppare e come svilupparle; Chi attua le decisioni )

esistenza di procedure formalizzate di definizione degli obiettivi e control-lo dei risultati in grado di garantire il coinvolgimento e la partecipazione della base

definizione di standard di accesso ai servizi (orari, assistenza, logistica, ecc. ) definizione di standard per l’erogazione dei servizi ( p.e. modalità di acco-

glienza allo sportello e di rilevazione della domanda dell’utente; tempi medi di risposta; modalità di accompagnamento dell’utente; livello minimo di soddisfa-zione, ecc.)

procedura di monitoraggio degli standard e delle procedure operative (in una logica di miglioramento continuo e di coinvolgimento e responsabi-lizzazione di tutta la struttura operativa )

presenza di un modello organizzativo formalizzato e comunicato (organi-gramma, definizione dei compiti, ecc.)

sviluppo di momenti formali di analisi dei risultati e delle procedure INDIVIDUAZIONE DELL’UTENZA presenza di un database di utenti potenziali presenza e tipologia di strumenti di rilevazione dei bisogni capacità di raccolta e presenza di dati sui servizi erogati per utente

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presenza di strumenti di valutazione dell’accesso e della qualità dei servizi erogati; efficacia degli strumenti ( cioè capacità di individuare le aree di mi-glioramento attraverso il confronto con gli standard definiti )

analisi degli scostamenti dagli standard e del livello medio di soddisfazio-ne rilevato

% degli utenti serviti sul totale degli utenti potenziali distribuzione geografica degli utenti serviti in confronto a quella degli u-

tenti potenziali

RISORSE INTERNE numero, qualifica e mansioni del personale interno numero, qualifica e mansioni degli operatori volontari presenza di programmi formativi e di sviluppo delle risorse umane inter-ne

attrezzature e strutture

RISORSE ESTERNE numero, qualifica e mansione dei consulenti esterni; tipologia di contratto presenza di un database dei fornitori di servizi e materiali esistenza di procedure di selezione dei fornitori definizione di standard e monitoraggio della qualità dei servizi ricevuti valorizzazione del costo medio dell’intervento o del costo orario per tipo-logia di servizio o fornitura ( almeno delle principali ); coerenza con i valori di mercato e con la qualità della fornitura

GESTIONE ECONOMICO-FINANZIARIA

analisi degli scostamenti tra documento previsionale, consuntivi intermedi ed annuali

esistenza di procedure di rilevazione contabile per centri di costo ( delega-zioni; sportelli; tipologia di servizio, ecc. )

% dei costi di struttura (personale + sedi) sul totale dei costi (indicatore di rigidità)

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% dei proventi da Fondo ex art. 15 L. 266 sul totale ( indicatore di dipendenza ) mix di risorse finanziarie utilizzate ( indicatore di diversificazione delle fonti ) presenza di strumenti di previsione e monitoraggio dei flussi finanziari gg. medi di accreditamento da parte delle fondazioni bancarie

COORDINAMENTO TRA CENTRI DI SERVIZIO

esistenza di momenti formalizzati di incontro tra Centri di Servizio ope-ranti sul territorio

esistenza di attività e/o progetti sviluppati in comune tra Centri di servi-zio e/o tra delegazioni territoriali

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Appendice (sezione C)

Raccolta di pareri

a) Parere n. 1: Retribuzione dei componenti del collegio sindacale del Centro di Servizio

Con riferimento al quesito relativo alla possibilità di retribuire i mem-bri del collegio sindacale dei centri di servizio, si esprimono le seguenti considerazioni.

Si ricorda innanzitutto che il terzo comma dell’art. 3 del D.M. 8 ottobre 1997 prevede che i centri di servizio siano costituiti da “a) organizzazione di volontariato di cui all’art. 3 della L. 11 agosto 1991, n. 266; b) oppure, in alterna-tiva, un’entità giuridica costituita da organizzazioni di volontariato o con presen-za maggioritaria di esse”. Mentre l’art. 3 della legge n. 266 del 1991 dispone che “le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibi-lità con lo scopo solidaristico. Negli accordi degli aderenti, nell’atto costitutivo o nello statuto … devono essere espressamente previsti l’assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l’elettività e la gratuità delle cariche associative, nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti”.

Alla luce delle citate disposizioni le organizzazioni di volontariato ed i centri di servizio possono assumere le forme giuridiche compatibili con lo scopo solidaristico ad essi connaturato; ciò dunque impedisce l’utilizzo della struttura societaria atteso lo scopo di lucro che la caratterizza6, ivi compresa la forma cooperativa la quale, pur condividendo con le organiz-zazioni di volontariato lo scopo solidaristico, procura ai soci seppure indi-rettamente un vantaggio economico, in radice estraneo ad un’attività di

6 Cfr. art. 2247 del codice civile: “Con il contratto di società due o più persone

conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili”.

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volontariato7. Pertanto le uniche forme giuridiche che possono assumere le organizzazioni di volontariato sono quelle contemplate nel Libro I del co-dice civile: associazione riconosciuta, fondazione, associazione non ricono-sciuta e comitato.

Giusta la previsione dell’art. 3, comma 1 lett. b), del D.M. 8 ottobre 1997, i centri di servizio sono, per la gran parte dei casi, organizzazioni di secondo grado, ossia entità formate e costituite da diverse organizzazioni di volontariato. Tale ultima circostanza non sposta i termini della questio-ne che si sta trattando, atteso che le organizzazioni di secondo grado sog-giacciono alle medesime regole poste per le organizzazioni di volontariato di primo livello. Pertanto le considerazioni che seguono varranno indistin-tamente sia per l’ipotesi in cui il centro di servizio sia costituito da un’unica organizzazione di volontariato (art. 3, comma 1 lett. a, del D.M. 8 ottobre 1997) sia per l’ipotesi in cui lo stesso sia invece costituito da un’entità di secondo livello, i cui membri siano diverse organizzazioni di volontariato (art. 3, comma 1 lett. b, del D.M. 8 ottobre 1997).

La normativa generale non impone alle descritte aggregazioni, diffe-rentemente da quanto accade per le società, di avere un organo di control-lo; nondimeno tale obbligo è implicitamente prescritto dalla citata legisla-zione speciale nel momento in cui un’organizzazione di volontariato sia accreditata come centro di servizio. Invero il D.M. 8 ottobre 1997, preve-dendo che il comitato di gestione nomini “un membro degli organi deliberati-vi ed un membro degli organi di controllo dei centri di servizio” (art. 2, comma 6 lett. d), presuppone che questi ultimi siano articolati ed organizzati in mo-do tale da avere un organo di gestione ed un (diverso) organo di controllo.

Ed è indubbio che sia l’ufficio di membro dell’organo deliberativo, sia quello di membro dell’organo di controllo rientrino, entrambi, nella no-zione di “cariche associative” (non a caso la norma utilizza il plurale) citate

7 In questo senso il Ministero delle Finanze con la Circolare n. 3 del 25 febbraio

1992.

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nell’art. 3, comma 3, della legge n. 266 del 1991; norma che altresì pone la nota prescrizione della “gratuità” delle cariche medesime.

Né può stupire che il legislatore abbia accomunato la carica ricoperta nell’organo di controllo con quella rivestita nell’organo amministrativo (la cui gratuità è connaturata con le finalità dell’aggregazione amministrata), se sol si consideri come non vi sia alcuna norma che imponga particolari requisiti professionali (come l’iscrizione ad albi speciali) in capo ai membri degli organi di controllo; circostanza, quest’ultima, che comporterebbe la naturale conseguenza della onerosità della carica.

Le considerazioni che precedono convincono nel non ritenere possibile che membri dell’organo di controllo siano retribuiti dal relativo centro di servizio; tra questi sarà ovviamente compreso anche il componente nomi-nato dal comitato di gestione, ancorché lo stesso, a mente della responsabi-lità di controllo e vigilanza istituzionalmente attribuitagli, abbia indivi-duato un professionista, magari iscritto ad un albo, per esercitare nel mo-do migliore le proprie prerogative.

Diverso è il caso in cui il soggetto investito della carica nell’organo di controllo sia per ipotesi anche consulente del comitato di gestione o del centro di servizio ed in tale veste riceva un corrispettivo per la più ampia attività di consulenza prestata, nell’ambito della quale il consulente parte-cipi gratuitamente all’organo di controllo del centro di servizio.

Non v’è dubbio che in questo caso la corresponsione di un compenso per l’attività di consulenza prestata non potrà ritenersi in contrasto con la gratuità della carica, che tale difatti rimarrà.

Tuttavia, con riguardo al solo caso del centro di servizio, taluni po-trebbero ravvisare nella prospettata soluzione un sostanziale conflitto di interessi tra chi coadiuva il centro di servizio nella veste di consulente ed al contempo rivesta il ruolo di membro dell’organo di controllo. Tale con-flitto non è attualmente regolato nel nostro ordinamento, ciò non di meno

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si assiste sempre di più ad iniziative, anche parlamentari, che affrontano la problematica per lo più vietando posizioni di conflitto.

Al fine di non esporsi ad eventuali critiche sull’accennato conflitto di interessi, che in futuro potrebbero anche fondarsi su norme positive, ri-tengo che i centri di servizio, mutuando una prassi consolidata in altri set-tori vincolati alle medesime norme, possano ben riconoscere ai membri dell’organo di controllo un rimborso forfettario delle spese, correlato non già all’attività espletata, bensì alle spese vive ipoteticamente da sostenere per l’esercizio della funzione, sulla cui adeguatezza vi sono ovviamente margini di discrezionalità.

* * * b) Parere n. 2 Comunicazione Turco

E’ stato chiesto un parere sul valore giuridico e sulla vincolatività del-la Comunicazione adottata il 20 ottobre 2000 dal Ministro per la solidarietà sociale On. Livia Turco, in cui è stata fornita un’interpretazione dell’art. 15 della legge 11 agosto 1991 n. 266 e del D.M. 8 ottobre 1997. Ciò al fine di individuare i corretti comportamenti che debbono in concreto adottare i comitati di gestione ed i centri di servizio.

1. Appare preliminarmente opportuno prendere in rassegna le norme intercettate dalla comunicazione ministeriale oggetto delle presenti rifles-sioni.

L’art. 15 della legge n. 266 del 1991 prevede che “gli enti di cui all’art. 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri pro-venti … venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l’attività”.

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In attuazione di tale previsione è stato emanato il D.M. 8 ottobre 1997, che all’art. 4 stabilisce che “i centri di servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l’attività di volontariato. A tal fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore di organizzazioni di volontariato iscritte o non iscritte nei registri regionali. In particolare, fra l’altro:

a) approntano strumenti ed iniziative per la crescita culturale della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle e-sistenti;

b) offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progetta-zione, l’avvio e la realizzazione di specifiche attività;

c) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti alle organizzazioni di volontariato;

d) offrono informazioni, notizie, documentazione e dati sull’attività di volonta-riato locale e nazionale.”

Con la comunicazione del 20 ottobre 2000 il Ministro per la solidarietà sociale ha elaborato e proposto un’interpretazione delle norme appena ci-tate, sostenendo che i centri di servizio possano non limitarsi a svolgere at-tività di consulenza ed a fornire servizi in favore del volontariato, ben po-tendo utilizzare le risorse di cui all’art. 15 della legge n. 266 del 1991 per il diretto finanziamento dei progetti proposti dalle associazioni di volonta-riato, ritenendo in particolare che “il sostegno economico fornito dai centri di servizio ai progetti di intervento sociale presentati da associazioni di volontariato possa rientrare tra i compiti istituzionalmente previsti per gli stessi dalla norma-tiva in parola (prima citata) e svolga, in ogni caso, la funzione di strumento complementare per le finalità di sostegno e qualificazione previste dalla stessa normativa”8.

2. La comunicazione ministeriale in esame è – e così esplicitamente si concepisce – un’interpretazione dell’art. 15 della legge n. 266 del 1991 e dell’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997 e, come tale, deve essere valutata.

8 Comunicazione Turco, pag. 2.

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Deve essere innanzitutto ricordato come nell’ordinamento vigente l’unico soggetto legittimato a dettare l’interpretazione autentica di norme sia lo stesso legislatore il quale, nell’esercizio di tale prerogativa, intervie-ne con legge (o con atto ad essa equiparato) per chiarire e definire il signi-ficato del testo emanato e per attribuirgli il significato voluto, vincolando in tal modo gli interpreti e i destinatari della norma.

È pertanto escluso che la comunicazione del Ministro Turco possa a-vere valore di interpretazione autentica e possa essere per l’effetto vinco-lante. A ben guardare tale iniziativa ministeriale rientra nelle attività isti-tuzionali che ogni singola amministrazione può legittimamente svolgere nell’esercizio dei propri poteri: limitatamente alle materie di propria com-petenza la pubblica amministrazione può ben offrire ausili ed argomenta-zioni per la (ritenuta migliore) interpretazione di una determinata norma-tiva. Interventi, questi ultimi, che non è errato tenere in considerazione, ma che ovviamente, come meglio specificato nel successivo paragrafo, non hanno alcun carattere di vincolatività; quindi non impediscono di seguire altri comportamenti ugualmente coerenti rispetto al dato normativo, spe-cie se quest’ultimo viene interpretato sulla base del criterio letterale, in co-erenza con il contenuto dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in genera-le.

3. Come anticipato nel primo paragrafo, la comunicazione de qua ritie-ne che tra le competenze dei centri di servizio possa rientrare il sostegno economico delle organizzazioni di volontariato, mediante il diretto finan-ziamento dei progetti dalle stesse elaborati. La tesi si fonda su un duplice presupposto: i) si ritiene che l’elenco delle attività contenuto nell’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997 non sia esaustivo ed avendo natura meramente esem-plificativa consenta all’interprete un’opera di integrazione ed ampliamen-to; ii) si ritiene che il sostegno economico di iniziative predisposte dalle organizzazioni di volontariato rientri comunque tra le attività di “promo-zione e rafforzamento” contemplate nell’art. 4, lett. a), del Decreto, essen-

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do tale tipologia di attività “di portata generale e, per ciò stesso, tendenzial-mente onnicomprensiva”9.

È evidente che la comunicazione abbia abbracciato una interpretazio-ne estensiva della disciplina dettata sui comitati di gestione e sui centri di servizio e, ampliando il novero delle attività che questi ultimi possono svolgere in favore delle organizzazioni di volontariato, abbia compreso nell’attività di promozione di cui all’art. 4 lett. a) del Decreto anche la cor-responsione diretta di sussidi economici per finanziare progetti di inter-vento elaborati dalle organizzazioni di volontariato.

Se, come detto, la soluzione ermeneutica fornita nella comunicazione amplia il contenuto del testo normativo, ritenendo una interpretazione e-stensiva maggiormente efficace per la realizzazione delle finalità persegui-te della normativa, certamente essa non può escludere (la legittimità di) interpretazioni più aderenti alla lettera del testo normativo; non può del pari escludere la correttezza di comportamenti di segno diverso even-tualmente adottati dai centri di servizio e/o dai comitati di gestione. Del resto è la stessa comunicazione ad affermare che i comitati di gestione possono - non debbono – riconoscere somme ai centri di servizio da desti-nare al finanziamento di progetti presentati dalle organizzazione di volon-tariato.

Fermo quanto sin qui considerato, al cospetto delle possibili linee in-terpretative chi scrive non può esimersi dal ricordare che quella letterale sia collocata in posizione privilegiata nell’ambito dei criteri ermeneutici fissati nelle preleggi10; nel senso che, a detta interpretazione, ci si debba at-tenere ove nel testo normativo non si palesino oscurità ed ambiguità.

9 Comunicazione Turco, pag. 2.

10 Il 1° comma dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale recita che “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fat-to palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore”.

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Condizioni, queste, che non sembrano oggettivamente ricorrere nel caso di specie.

Si deve in proposito notare come con la legge n. 266 del 1991 (art. 15) ed il D.M. 8 ottobre 1997 sia stato introdotto un sistema complesso per la gestione e l’impiego dei fondi che fondazioni ed istituzioni bancarie deb-bono destinare alle attività di volontariato. Tale sistema ha individuato due soggetti assolutamente dissimili per natura e finalità: i comitati di ge-stione, deputati alla gestione ed alla assegnazione dei fondi; i centri di ser-vizi, vocati a ricevere detti fondi al fine di offrire servizi al mondo del vo-lontariato. L’impianto normativo (evidentemente fondato sul sempre più condiviso principio di sussidiarietà orizzontale) e le relative finalità prati-che appaiono sufficientemente chiare ed intelligibili: il legislatore, ricono-scendone la rilevanza sociale, ha inteso mettere a disposizione delle attivi-tà espletate dalle organizzazioni di volontariato strutture di ausilio in gra-do di fornire servizi ed assistenza.

Che tale sistema non sia preordinato al finanziamento delle organiz-zazioni di volontariato si evince non soltanto dal tenore della norma11, ma anche dalla stessa individuazione dei centri di servizio quali soggetti del sistema; è indubbio che la sussistenza stessa di questi propriamente si giu-stifichi con l’esigenza di predisporre ed erogare servizi.

Quanto qui sostenuto è altresì confortato dal chiaro orientamento e-spresso dalla Corte Costituzionale, che ha sul punto osservato che “il dise-gno strutturale scelto dal legislatore per sostenere questo sistema prevede un aiuto offerto non direttamente – come da taluno auspicato – alle organizzazioni di vo-lontariato (le quali ricevono “risorse economiche dirette” dalle fonti indicate dall’art. 5 L. 266 del 1991), ma mediante servizi di supporto messi a disposi-zione da appositi centri”12.

11 (l’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997 recita che i centri di servizio “erogano le pro-

prie prestazioni sotto forma di servizi a favore di organizzazioni di volonta-riato iscritte o non iscritte nei registri regionali”).

12 Corte Costituzionale, sentenza n. 500 del 31 dicembre 1993.

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4. Alla luce delle considerazioni che precedono, si può senz’altro con-cludere ritenendo legittima la condotta di chi, comitato di gestione o cen-tro di servizio, decida di non seguire l’apertura concessa dalla comunica-zione Turco e, ancorando i propri comportamenti all’interpretazione lette-rale della norma, neghi la concessione di fondi per finanziare progetti pre-sentati dalle organizzazioni di volontariato.

Né la comunicazione ministeriale in esame può avere l’effetto di radi-care in capo ai centri di servizio il diritto – o la semplice aspettativa - ad ot-tenere finanziamenti per sostenere economicamente i progetti delle orga-nizzazioni di volontariato, atteso che la comunicazione ministeriale, se da un lato può offrire una chiave di lettura estensiva della norma, non può creare diritti né situazioni soggettive giuridicamente rilevanti, atteso che gli uni e le altre debbono nel nostro sistema giuridico discendere diretta-mente ed inequivocabilmente dalla fonte legislativa o fonte ad essa equi-parata .

Si ritiene dunque che ogni singolo comitato di gestione potrà libera-mente decidere di assegnare o meno somme ai centri di servizio per inter-venti di sostegno ai progetti elaborati dalle organizzazioni di volontariato, potendo legittimamente seguire o meno la non vincolante tesi contenuta nella comunicazione Turco.

* * * c) Parere n. 3 Finanziamento diretto dei progetti delle organizzazioni di volontariato ed acquisto di beni da parte di queste ultime

Il Comitato di Gestione …( omissis) … ha chiesto un parere in relazio-ne ad alcuni progetti di intervento sociale presentati al Centro di Servizio … (omissis) … in risposta ad un bando pubblicato dallo stesso Centro di Servizio.

Si chiede in particolare se il finanziamento di tali progetti possa confi-gurarsi quale finanziamento diretto alle associazioni di volontariato pro-

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ponenti e se, in caso affermativo, tale forma di finanziamento sia ammissi-bile alla luce della normativa vigente.

1. In attuazione di quanto previsto nell’art. 15 della legge n. 266 del 1991, a mente del quale le Fondazioni bancarie debbono destinare una par-te dei propri proventi per il volontariato, l’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997 stabilisce che “i centri di servizio … erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore di organizzazioni di volontariato iscritte o non iscritte nei registri regionali. In particolare, fra l’altro:

e) approntano strumenti ed iniziative per la crescita culturale della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle e-sistenti;

f) offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progetta-zione, l’avvio e la realizzazione di specifiche attività;

g) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti alle organizzazioni di volontariato;

h) offrono informazioni, notizie, documentazione e dati sull’attività di volonta-riato locale e nazionale.”

La norma in esame appare sufficientemente chiara: i fondi stanziati dai Comitati di Gestione sono destinati a finanziare servizi reali in favore delle organizzazioni di volontariato; servizi reali che saranno approntati dai Centri di Servizio. Vero è che, come si dirà nel prosieguo, l’elenco delle iniziative di competenza dei Centri di Servizi non è a numero chiuso, atte-so che l’inciso “fra l’altro” ne apre fatalmente l’orizzonte; tuttavia non può essere negato che l’incipit della norma in esame faccia espresso riferimento alla erogazione di prestazione “sotto forma di servizi” e che le quattro e-semplificazioni che seguono facciano esclusivo riferimento a servizi reali che il Centro mette a disposizione delle organizzazioni di volontariato, non contemplando in maniera esplicita forme di finanziamento diretto delle iniziative poste in essere dalle organizzazioni di volontariato.

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Invero, con Comunicazione del 20 ottobre 2000, il Ministro per la soli-darietà sociale ha elaborato e proposto una propria interpretazione della norma appena citata aprendo con decisione il ventaglio delle attività fi-nanziabili dai Centri di Servizio. In tale comunicazione l’allora Ministro Livia Turco ha infatti sostenuto che i Centri di Servizio possano non limi-tarsi a svolgere attività di consulenza ed a fornire servizi in favore del vo-lontariato, ben potendo anche (e sebbene residualmente) utilizzare le ri-sorse di cui all’art. 15 della legge n. 266 del 1991 per il diretto finanziamen-to dei progetti proposti dalle associazioni di volontariato, ritenendo in particolare che “il sostegno economico fornito dai centri di servizio ai progetti di intervento sociale presentati da associazioni di volontariato possa rientrare tra i compiti istituzionalmente previsti per gli stessi dalla normativa in parola (prima citata) e svolga, in ogni caso, la funzione di strumento complementare per le fina-lità di sostegno e qualificazione previste dalla stessa normativa”.

Lo scrivente studio ha già a più riprese offerto una lettura della co-municazione ministeriale in esame, la quale esplicitamente si concepisce come un’interpretazione dell’art. 15 della legge n. 266 del 1991 e dell’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997.

Ebbene, deve innanzitutto sottolinearsi la non vincolatività della Co-municazione del Ministro Turco, posto che la stessa non ha valore di in-terpretazione autentica (prerogativa, questa, riconosciuta al solo legislato-re). Tale Comunicazione rientra invece nelle attività istituzionali che ogni singola amministrazione può legittimamente esercitare, offrendo ausili ed argomentazioni per la (ritenuta migliore) interpretazione di una determi-nata normativa. Interventi di tale natura, pertanto, possono ben essere te-nuti in considerazione dagli operatori, ma ovviamente, non avendo alcun carattere di vincolatività, gli stessi non impediscono di seguire altri com-portamenti ugualmente coerenti rispetto al dato normativo; specie se quest’ultimo viene interpretato sulla base del criterio letterale, in coerenza con il contenuto dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale.

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Nel caso di specie ci si trova pertanto dinanzi ad una duplice possibi-lità: abbracciare l’interpretazione offerta nella Comunicazione Turco e per l’effetto ritenere che tra le competenze dei Centri di Servizio possa rientra-re il sostegno economico delle organizzazioni di volontariato mediante il diretto finanziamento dei progetti dalle stesse elaborati; ovvero privilegia-re l’interpretazione letterale dell’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997, che non contempla tale ipotesi e che anzi, postulando l’erogazione delle prestazio-ni sotto forma di servizi e declinando esemplarmente attività del tutto a-vulse dal finanziamento diretto, sembra implicitamente escluderla.

2. Ferme le considerazioni che precedono, maggiormente approfondi-te in un precedente parere a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti ed in cui si propendeva per l’interpretazione letterale della norma, si rile-va che laddove il Comitato di Gestione … (omissis) … voglia seguire l’interpretazione letterale della normativa nessuno degli … (omissis) …. progetti posti alla attenzione di chi scrive potrà essere preso in esame poi-ché tutti indistintamente contemplano il finanziamento di proprie (seppur lodevoli) iniziative.

Se invece il Comitato di Gestione … (omissis) … vorrà aderire ad una più ampia interpretazione inserendosi nell’alveo proposto dalla Comuni-cazione Turco, i progetti in esame potranno essere valutati tenendo pre-sente le seguenti considerazioni generali, rinviando per le osservazioni specifiche su ciascun progetto al successivo punto 3.

2a. La stessa Comunicazione prevede che i fondi per finanziamenti di-retti delle attività poste in essere dalle organizzazioni di volontariato deb-bano essere residuali rispetto ad altre priorità, individuate nella funziona-lità dei Centri di Servizio medesimi e nell’approntamento di quei servizi contemplati esplicitamente dal più volte citato art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997.

Il Comitato di Gestione, pertanto, nella valutazione del programma previsionale annuale dovrà previamente valutare la piena operatività del

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Centro di Servizio soprattutto con riguardo ai servizi da offrire alle orga-nizzazione di volontariato. Solo all’esito di tale valutazione il Comitato di Gestione potrà, se questo sarà il proprio intendimento, stanziare fondi per il finanziamento diretto di attività realizzande delle singole organizzazioni di volontariato.

2b. Si deve rilevare come lo stesso bando varato dal Centro di Servizio … (omissis) … abbia in via generale chiesto (quindi contemplato come ipo-tesi che sarebbe stata presa in considerazione) alle organizzazioni di vo-lontariato di presentare propri progetti i quali, se positivamente valutati, sarebbero stati finanziati.

In ossequio a tale impostazione le organizzazioni che hanno risposto al bando non hanno dunque chiesto servizi e/o strumenti e/o consulenza al Centro di Servizio, ma hanno invece proposto proprie iniziative, fre-quentemente già sperimentate nel passato, chiedendone il sostegno eco-nomico.

2c. Non solleva particolari problematiche la circostanza che in taluni progetti l’organizzazione di volontariato abbia anche chiesto il finanzia-mento per l’acquisto di particolari attrezzature, atteso che, sempre ade-rendo all’interpretazione Turco, nella omologa Comunicazione è espres-samente riferito che “il contributo del centro di servizio potrà … estendersi alla copertura delle spese derivanti dall’acquisto dei materiali necessari alla realizza-zione pratica del singolo progetto”. Il principio, se accolto, potrà anche esten-dersi a beni strumentali ulteriori rispetto ai “materiali” citati nella Comu-nicazione, abbracciando anche macchinari e /o autoveicoli.

In quest’ultimo caso occorre tenere conto dell’esigenza, ricordata dalla stessa Comunicazione Turco, che i beni finanziati dovranno essere “neces-sari alla realizzazione pratica del singolo progetto”, dovranno essere ontologi-camente correlati con il progetto stesso, dovranno in altri termini esaurire la propria funzionalità con la fine del progetto. Così, salvo rari casi, non può accadere; gli è che la quasi totalità dei materiali e dei beni acquistati

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per la realizzazione di un progetto “sopravvive” al progetto stesso. E’ dunque necessario individuare una soluzione che possa rendere compati-bile tale discrasia, che si pone sia per i materiali di modesto valore, sia per quelli di contenuto economico più rilevante come, ad esempio, gli auto-veicoli.

Tre appaiono le soluzioni in linea generale percorribili alla luce della normativa vigente:

a) Prendere in riferimento la vita “fiscale” del bene. E’ notorio che lo Stato stabilisca presuntivamente la vita attiva dei beni strumentali ai fini della loro deduzione fiscale: quelli inferiori a € 516,00 sono interamente deducibili nello stesso anno d’acquisto, mentre quelli superiori a detta so-glia possono essere portati in deduzione secondo quote di ammortamento, diverse per ogni singola categoria di beni e fissati sulla base della (appun-to presunta) vita del bene medesimo. Ancorandosi al dato fiscale, potrebbe essere utilizzato il criterio in virtù del quale il finanziamento sarà totale per i beni di valore inferiore a € 516,00, mentre sarà correlato alle singole quote di ammortamento in dipendenza della durata del progetto; per quelle ulteriori dovrà farsene carico l’associazione di volontariato che ri-marrà, come si vedrà in seguito, proprietaria del bene.

b) Ispirandosi ad una prassi anglossassone, si potrebbe prevedere l’obbligo, in capo dell’organizzazione di volontariato, di cedere i beni ac-quistati per la realizzazione del progetto al termine dello stesso, ponendo a carico del Centro di Servizio la copertura del differenziale scaturente dal prezzo di acquisto e quello di cessione.

c) Da ultimo potrebbe prevedersi che le associazioni di volontariato prendano in noleggio i beni necessari alla realizzazione del progetto e chiedere il finanziamento per il relativo canone.

Delle tre soluzioni prospettate a chi scrive sembra che la prima possa meglio delle altre rispondere a tutte le esigenze sia sotto il punto di vista normativo che economico.

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Quanto infine alla concreta intestazione dei beni acquistati in occasio-ne della realizzazione dei progetti, si ritiene che posto che all’acquisto dei medesimi beni concorrono concretamente più soggetti finanziatori (nella specie, oltre al 10% posto a carico dell’associazione proponente, vi è so-vente la partecipazione di altri enti, anche pubblici), l’intestazione mede-sima – e le correlate responsabilità – debba ancorarsi alla organizzazione di volontariato e non già al Centro di Servizio. Del resto la stessa comuni-cazione Turco fa esplicito riferimento alla “copertura delle spese”, presup-ponendo l’acquisto da parte dell’organizzazione di volontariato.

2d. … (omissis) …

* * * d) Parere n. 4 : Attuazione di un nuovo meccanismo di accreditamento delle somme stanziate in favore dei Centri di Servizio

E’ stata avanzata una richiesta di parere del Comitato di Gestione … (omissis)… in merito alle possibili implicazioni, a carico del medesimo Or-ganismo, nell’ipotesi di approvazione dei consuntivi di fine anno proposti dai Centri di Servizi inclusivi della rendicontazione contabile inserita o meno nei bilanci dei Piani di Attività biennali.

Dalla documentazione fornita dal richiedente il parere sembra emer-gere quanto segue.

A. Il Comitato di Gestione … (omissis)…ha dato il proprio consenso ad un bando … (omissis)… all’interno dell’approvazione dei Piani di attività dei Centri di Servizio … (omissis)… per il biennio 2000-2002. Il Bando pre-vedeva il finanziamento diretto di progetti, aventi durata pari a diciotto mesi, gestiti da Associazioni ed Organizzazioni di volontariato con le se-guenti modalità di erogazione: per un 50% alla stipula della convenzione con i Centri di Servizio; per un ulteriore 30% alla presentazione di una re-lazione evidenziante il corretto svolgimento delle fasi prestabilite dal pro-getto; per il restante 20% al termine della realizzazione del progetto ed a

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seguito di presentazione di relazione conclusiva con relativa rendiconta-zione contabile delle spese effettivamente sostenute.

B. Il Comitato di gestione nel prestare il consenso al Bando di cui so-pra ha accolto l’interpretazione estensiva della Comunicazione Turco in merito all’erogazione diretta dei finanziamenti alle Organizzazioni di Vo-lontariato.

C. Il controllo da parte del Comitato di gestione dei rendiconti preven-tivi e consuntivi, trasmessi dai Centri di Servizio, al fine di verificarne la regolarità nonché la conformità ai rispettivi regolamenti è prevista dall’art. 2, comma 6, lett. f), del D.M. 8 ottobre 1997.

Sulla base dei dati richiamati, ed indipendentemente da ogni valuta-zione sull’operato del Comitato di gestione relativamente al consenso pre-stato al Bando citato, il suddetto controllo costituisce un’attività dovuta da porre in essere sulla base dei criteri indicati dal citato decreto ministeriale.

* * *

e) Parere n. 5 Acquisto della sede del Centro di Servizio e finanziamento da parte dei Comitati di Gestione

E’ stata inoltrata una richiesta di parere del Comitato di Gestione … (omissis) …. in merito alla possibilità di destinare una parte delle somme per la costituzione di un fondo finalizzato all’acquisto di un’immobile in cui il Centro di Servizio possa svolgere la propria attività.

Al fine di poter dare una soluzione al quesito prospettato occorre una breve disamina del vigente quadro normativo, in particolar modo delle di-sposizioni contenute nell’art. 15 della Legge n. 266 del 1991 e nel D.M. 8 ottobre 1997.

Il citato art. 15 stabilisce che le Fondazioni bancarie debbano prevede-re che una quota dei propri proventi “venga destinata alla costituzione di Fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli Enti locali,

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Centri di Servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenere e qualificare l’attività”, demandando la previsione delle concrete modalità di attuazione all’emanazione di un de-creto ministeriale.

Con il D.M. 8 ottobre 1997 si sono stabilite le modalità per la costitu-zione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni. Per quel che più interessa il caso di specie l’art. 2 del suddetto decreto stabilisce che “presso ogni regione è istituito un fondo speciale … nel quale sono contabilizzati gli importi segnalati dagli enti e dalle casse … Tali somme costituiscono patrimo-nio separato avente speciale destinazione, di pertinenza degli stessi enti e casse. Esse sono disponibili per i centri di servizio … che le utilizzano per i compiti di cui all’art. 4 e per le spese di funzionamento e di attività del comitato di gestione ”.

Il citato art. 4 stabilisce dal proprio canto che “i centri di servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l’attività di volontariato. A tal fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore di organizzazioni di volontaria-to iscritte o non iscritte nei registri regionali. In particolare, fra l’altro:

a) approntano strumenti ed iniziative per la crescita culturale della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato ed il rafforzamento di quelle e-sistenti;

b) offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progetta-zione, l’avvio e la realizzazione di specifiche attività;

c) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti alle organizzazioni di volontariato;

d) offrono informazioni, notizie, documentazione e dati sull’attività di volonta-riato locale e nazionale.”

All’interno del sistema sopra delineato operano dunque quatto sog-getti giuridici distinti: a) le Fondazioni bancarie che devolvono, con spe-ciale vincolo di destinazione, una parte dei loro proventi alla costituzione del fondo speciale rivolto al finanziamento delle attività di volontariato; b)

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i Comitati di gestione che amministrano le somme scritturate nel fondo e, sulla base delle concrete necessità, le ripartiscono annualmente fra i Centri di servizio; c) i Centri di servizio che utilizzano tali somme per fornire ser-vizi alle organizzazioni di volontariato; d) le organizzazioni di volontaria-to che sono le beneficiarie ultime di tale sistema e fruiscono dei servizi resi dai Centri.

Fine ultimo del sistema è la qualificazione ed il sostentamento delle attività di volontariato attraverso l’offerta di servizi alle singole organiz-zazioni di volontariato; pertanto le attività che svolgono i soggetti che ope-rano all’interno di tale sistema – in principale luogo i Comitati di gestione ed i Centri di servizio, quali soggetti nevralgici – debbono essere stretta-mente funzionali alle richiamate finalità ed alle esigenze delle organizza-zioni di volontariato. Da ciò discende che le somme accreditate dalle Fon-dazioni bancarie nel fondo speciale per il volontariato non possono essere utilizzate se non per (direttamente) erogare servizi alle organizzazioni di volontariato.

Il disposto normativo sul punto non lascia adito a dubbi: L’art. 15, comma 1, della Legge 11 agosto 1991, n. 266 definisce i Centri di servizio come soggetti giuridici “posti a disposizione delle organizzazioni di volontaria-to”, al fine di sostenerne e qualificarne l’attività; mentre l’art. 2, comma 1, del D. M. 8 ottobre 1997 specifica che le somme scritturate nel fondo spe-ciale per il volontariato “sono disponibili per i centri di servizio …. che le uti-lizzano per i compiti di cui all’art. 4 e per le spese di funzionamento e attività del comitato di gestione”.

Alla luce di quanto fin qui premesso, al fine di verificare se un Comi-tato di gestione possa legittimamente finanziare (o co-finanziare) l’acquisto di un immobile da parte di un Centro di servizio, in cui quest’ultimo collochi la propria sede operativa, è necessario valutare se l’immobile acquisendo possa considerarsi un “servizio” nell’accezione po-sta dall’art. 4 del D.M. citato, a mente del quale i Centri di servizio

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“…erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizza-zioni di volontariato...”.

La locuzione utilizzata, e tutto il sistema normativo che fa da cornice, convince nel ritenere che i servizi e/o i beni che i Centri di servizio forni-scono alle organizzazioni di volontariato debbano essere da queste ultime utilizzati in via diretta ed immediata; altrimenti, diversamente opinando, ciascun bene o servizio potrebbe essere ritenuto indirettamente strumenta-le al soddisfacimento degli interessi delle organizzazioni di volontariato, innestando un meccanismo di strumentalità al quale sarebbe difficile porre un limite.

Dunque i servizi cui fa cenno la norma non possono che essere quelli direttamente fruibili dalle organizzazioni di volontariato, con esclusione (del finanziamento) di quelli strumentali alla produzione dei primi.

L’acquisto di un immobile in cui collocare la sede del Centro di servi-zio rientra a pieno titolo nella categoria di quei beni senz’altro necessari alla produzione dei servizi per le organizzazioni di volontariato, non ri-spondendo ad un bisogno diretto delle organizzazioni medesime, che, da tale acquisto, non ricevono alcun beneficio (perlomeno) diretto.

Si conclude pertanto nel ritenere che il Comitato di gestione non possa assolutamente devolvere somme per l’acquisto di un bene che, senza me-no funzionale ai bisogni del singolo Centro di servizio, solo in via mediata ed eventuale può sortire benefici per le organizzazioni di volontariato.

* * * f) Parere n. 6: Sospensione del provvedimento di istituzione dei Centri diServizio per vizio di motivazione da parte del Giudice Amministrati-vo: conseguenze

E’ stato inoltrata una richiesta del Comitato di Gestione … (omissis)… , che vuole avere indicazioni procedurali, alla luce del provvedimento cau-telare adottato dal TAR … (omissis)…, con cui è stata sospesa la delibera …

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(omissis)… con la quale il Comitato di Gestione aveva individuato l’Associazione … (omissis)… per l’istituzione del Centro di Servizio … (o-missis)…

Con ordinanza … (omissis)… il TAR … (omissis)… ha disposto la so-spensione della delibera … (omissis)… istitutiva dell’associazione … (omis-sis)… come Centro di Servizio … (omissis)…; il giudice amministrativo ha motivato il provvedimento cautelare ritenendo fondato nel merito il ricor-so, il quale, a giudizio del TAR, “appare assistito dal prescritto fumus… (omis-sis)… laddove si deduce il difetto di motivazione in ordine alla applicazione dei criteri di preferenza stabiliti dal bando”.

Dunque il provvedimento di istituzione del Centro di Servizio è stato sospeso perché carente di motivazione, quindi perché adottato in viola-zione di quanto disposto dall’art. 2, comma 6 lett. b), del D.M. 8 ottobre 1997, secondo cui il Comitato di Gestione “riceve le istanze per la relativa isti-tuzione dei centri di servizio e, sulla base di criteri e di scadenze preventivamente predeterminati e pubblicizzati nel bollettino ufficiale della regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale, istituisce con provvedimento motivato i centri di servizio secondo le procedure di cui al successivo art. 3”.

Occorre preliminarmente precisare che la sospensione in esame è an-corata alla (presunta) sussistenza di un vizio formale – nella specie il difet-to di motivazione – e non implica assolutamente, né tale valutazione rien-trerebbe nella competenza del giudice amministrativo che valuta la legit-timità degli atti e non già del merito degli stessi (almeno nella materia che qui interessa), alcun accertamento, neppure per implicito, dell’obbligo per il Comitato di Gestione dell’adozione di una statuizione favorevole all’associazione ricorrente13; pertanto in alcun modo dall’ordinanza in og-getto deriva l’obbligo per il Comitato di istituire l’associazione … (omis-sis)… come Centro di Servizio… (omissis)…

13 Si veda ex pluris Consiglio di Stato, Sez. V, 8 giugno 2000, n. 3240 e Tar Lom-

bardia – Milano- Sez. I, 29 settembre 2003, n. 4443.

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L’ordinanza in esame – e l’eventuale sentenza definitiva laddove que-sta confermerà come probabile il giudizio – non travolge gli atti precedenti alla delibera impugnata, quindi l’onere di ottemperare alla stessa si so-stanzia nel dovere di procedere nuovamente alla valutazione delle propo-ste avanzate dalla associazioni che hanno partecipato alla procedura con-corsuale ed adottare un nuovo provvedimento, che potrebbe anche con-cludersi con la scelta dell’Associazione precedentemente individuata con la deliberazione ora sospesa, che dovrà essere, questa volta, congruamen-te motivato, ossia dovranno emergere con chiarezza tutte le ragioni che hanno condotto il Comitato a valutare le singole proposte, quindi a sce-gliere quella ritenuta migliore14.

Viste le considerazioni che precedono si consiglia al Comitato di Ge-stione di procedere all’annullamento in autotutela della deliberazione im-pugnata, informandone tutte le Associazioni, per poi procedere ad una nuova valutazione delle proposte, cui conseguirà l’adozione di nuovo provvedimento15, che sostituirà definitivamente e integralmente il prov-vedimento impugnato.

Ai fini dell’adozione del nuovo provvedimento dovrà essere convoca-ta una riunione del Comitato di Gestione con all’ordine del giorno l’istituzione del Centro di Servizio… (omissis)…. Nella suddetta riunione il Comitato dovrà riesaminare le istanze presentate dalle associazioni … (o-missis)… e deliberare la istituzione dell’una o dell’altra come Centro di Servizio.

Nella analisi delle suddette istanza e nella adozione della delibera di istituzione, il Comitato di Gestione dovrà avere riguardo ai criteri di valu-tazione fissati nell’art. … (omissis)… del bando pubblicato … (omissis)…

14 Si veda Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 settembre 2001, n. 5064 e Consiglio di

Stato, Sez. IV, 1 febbraio 2001, n. 396. 15 Tar Campania, Sez. I, 15 luglio 2003, n. 8239 e Tar Sicilia, Sez. II, 22 gennaio

2002, n. 123.

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Il Comitato dovrà in particolare esplicitare le ragioni, che alla luce dei criteri di priorità fissati nell’art. … (omissis)… del bando, rendano preferi-bile l’individuazione dell’una o dell’altra associazione, in modo da consen-tire la ricostruzione dell’iter logico seguito dal Comitato di Gestione per l’adozione del provvedimento.

A titolo esemplificativo appare opportuno prendere in esame la deli-berazione impugnata e sottolineare i punti che dovrebbero essere motivati: nella delibera si legge … (omissis)…

* * * g) Parere n. 7: Possibilità di nominare da parte delle regioni e degli enti locali di un rappresentante titolare e di un sostituto all’interno del Co-mitato di Gestione

E’ stata inoltrata una richiesta di parere del Comitato di Gestione … (omissis) … in merito alla possibilità di nominare un rappresentante titola-re ed un sostituto all’interno del Comitato stesso da parte della Regione e degli Enti Locali.

Al fine di poter dare una soluzione al quesito occorre prendere le mosse dal D. M. 8 ottobre 1997 che, all’art. 2 comma 2, dispone che il Co-mitato di Gestione è un organo composto da quindici componenti, di cui uno in rappresentanza della regione competente; quattro in rappresentan-za delle organizzazioni di volontariato iscritte nel relativo registro regio-nale maggiormente presenti sul territorio; uno nominato dal Ministro del lavoro delle politiche sociali; sette nominati dalle fondazioni di matrice bancaria e dalle casse di risparmio; uno nominato dall’Associazione fra le Casse di Risparmio Italiane e uno nominato in rappresentanza degli enti locali.

Il fatto che la legge si preoccupi di determinare in maniera così speci-fica non soltanto il numero dei membri, ma anche la peculiare composi-zione del Comitato porta a ritenere che la possibilità di nomina di even-tuali sostituti deve ritenersi senz’altro non legittima.

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In primo luogo se il legislatore avesse voluto contemplare tale ipotesi l’avrebbe inserita nella normativa appena citata; onde consentire la nomi-na di un sostituto al rappresentante titolare significherebbe porsi in con-trasto con la norma che ha individuato peculiarmente i soggetti che hanno diritto a prendere parte al Comitato per concorrere alle sue determinazio-ni.

In secondo luogo, e principalmente, deve rilevarsi che il legislatore abbia non abbia concepito i Comitati di Gestione quali organismi perfetti, tanto che gli stessi possono legittimamente operare anche in assenza di tutti i propri componenti, circostanza che esclude in nuce la necessità, quindi la possibilità, di prevedere dei sostituti.

Né la possibilità di prevedere un sostituto trova fondamento nella ri-cognizione delle norme presenti nel codice civile, in merito ai comitati, alle associazioni – riconosciute e non – nonché alla disciplina delle società.

In sostanza, quindi, l’ipotesi di nomina di un rappresentate titolare e di un sostituto deve senz’altro ritenersi non legittima.

* * * h) Parere n. 8: Ammissibilità della proroga del Comitato di Gestione in attesa del rinnovo del Comitato di Gestione

E’ stata inoltrata una richiesta di parere del Comitato di Gestione … (omissis) …, in ordine alla circostanza che il Comitato in carica continui il proprio lavoro, anche dopo il decorso dei due anni di mandato e fino al rinnovo del Comitato stesso, in una sorta di regime di prorogatio … (omis-sis) …

Il Decreto Ministeriale 8 ottobre 1997, all’art. 2 comma 3, dispone che il Comitato di Gestione “resta in carica per un biennio decorrente in ogni caso dal giorno successivo alla scadenza del mandato previsto per il Comitato preceden-te”. Tale regola è stata ulteriormente confermata, con i medesimi termini, dalle disposizioni esplicative emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento degli Affari Sociali – dove, al punto 5, si afferma

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che, “in tal modo, si è inteso sollecitare gli Enti titolari del potere di nomina a provvedere per tempo all’esercizio dello stesso e permettere al Comitato di operare senza soluzione di continuità allorché intervenga la nomina della maggioranza dei componenti prevista dai rispettivi regolamenti entro la data di entrata in carica del nuovo Comitato. Pertanto l’inerzia degli enti titolari del potere di nomina pe-nalizza la durata del mandato dei membri nominati successivamente alla data di entrata in carica prevista dal Decreto”.

Le disposizioni che precedono escludono quindi la cosiddetta proroga-tio dei Comitati di Gestione. … (omissis) …