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L’Ellenismo (III sec. a.C.-II sec. d.C.).. Caratteri generali dell’ellenismo L’ellenismo ha inizio con la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), le cui

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L’EL’Ellenismo llenismo (III sec. a.C.-II sec. d.C.)(III sec. a.C.-II sec. d.C.)

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Caratteri generali dell’Caratteri generali dell’ellenismoellenismoL’ellenismo ha inizio con la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), le cui conquiste avevano contribuito alla

sostituzione delle poleis, intese come centri politici indipendenti, con i regni, unità più

vaste.

Questa nuova situazione politica, oltre alla diffusione della cultura greca nell’intero bacino del Mediterraneo, Roma inclusa,

determinò due conseguenze:

1) l’individualismo

2) il cosmopolitismo

Nella tripartizione della filosofia in logica (dottrina della conoscenza); fisica (indagine sulla natura) ed etica (ricerca della felicità)

prende il sopravvento quest’ultima

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Sapiente o saggio?Sapiente o saggio?

Ai tempi di Platone e Aristotele essere filosofo significava

essere in possesso di un certo tipo di sapere. Durante l’epoca

ellenistica, invece, significa comportarsi in un certo modo.

La sapienza (sophia) lascia il campo alla saggezza

(phronesis).

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Ars vivendiArs vivendi

Nell’età ellenistica il comportamento pratico che la filosofia ha il compito di guidare non ha più un carattere positivo di padronanza, anche politica, degli eventi esteriori, ma un carattere

negativo e difensivo nei confronti di tutti gli inconvenienti che minacciano la pace

interiore.

• È questa la filosofia come ars vivendi, come un vivere che, appunto, sa “prendere le cose con

filosofia”, e che sarà proprio anche della filosofia romana.

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Epicureismo, Stoicismo, ScetticismoEpicuro (341-270), fondò ad Atene una

scuola, chiamata “Giardino”, raccogliendo intorno a sé una cerchia di amici e

mantenendosi del tutto estraneo alla vita politica.

L’altra grande scuola filosofica fondata ad Atene contemporaneamente al Giardino di Epicuro è la scuola stoica, così chiamata perché i suoi esponenti (Zenone, Cleante e Crisippo), non potendo possedere edifici

in città in quanto non erano ateniesi, insegnavano in un luogo pubblico, il

Portico Dipinto (Stoà Poikìle).

Nella città di Elide nacque invece, a opera di Pirrone (365-275 a.C.), lo scetticismo.

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Epicureismo (IV-III sec. a.C.)

Logica = canone, evidenza, sensazioni, prenozioni (prolessi), che, conservate nella

memoria, ci consentono di conoscere in anticipo gli oggetti simili a quelli che abbiamo

conosciuto in precedenza

Fisica = atomismo, materialismo

Etica = ricerca della felicità come piacere (hedonè) e imperturbabilità (ataraxìa)

Piaceri: 1) naturali e necessari (fame, sete); 2) naturali non necessari (cibi raffinati, piaceri sessuali), 3) né naturali né necessari (fama,

onore)

Quadrifarmaco: 1) no timore della morte, 2) no timore degli dei; 2) no desiderio di cose

non necessarie, 4) no timore del dolore

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Stoicismo (ZENONE DI CIZIO,

CLEANTE E CRISIPPO, III-II sec. a.C.) Fisica I

Monismo = convinzione della profonda unità del tutto.

Ilozoismo = La materia è intrinsecamente attiva e animata..

Materialismo = Se l’essere è ciò che ha capacità di agire e patire (Platone),

allora l’essere è materiale, perché solo la materia agisce e patisce

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Stoicismo Una materia plastica e… “intelligente”

Fisica II

Ciò che anima la natura è una mescolanza di fuoco e aria (pnèuma), che per gli Stoici è

anche lògos, e cioè ragione

Il fuoco, infatti, essendo principio della natura, è principio di ordine e di regolarità, caratteristiche proprie della ragione (lògos)

Tutto è materia, ma poiché la materia si svolge secondo ordine e regolarità, la

materia è anche ragione (lògos)

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Stoicismo Animando la materia, il lògos la rende natura

Fisica III

• La materia governata dal fuoco-lògos è la natura, identificata dagli Stoici con un ordine

chiamato “provvidenza” (prònoia) o anche “fato” e “destino”

• La natura “provvede” infatti ai bisogni degli esseri che genera

• Il lògos-fuoco si esprime anche tramite le “ragioni seminali”, ossia una sorta di codice

genetico che, iscritto nei diversi enti, ne preforma lo sviluppo, ne prescrive la direzione e ne spiega la diversità nonostante la comune

materia di cui tutto è fatto.

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Stoicismo L’anima e le sue parti

Fisica IV

• Come per gli Epicurei, anche per gli Stoici l’anima è materiale e

mortale

• L’anima è composta di otto parti: i cinque sensi, la facoltà di generare, di parlare e l’egemonico, ossia il

principio razionale o direttivo

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Stoicismo Le basi della conoscenza: la sensazione

Logica I

La logica stoica si distingue in 1) dottrina della conoscenza; 2) linguistica e 3)

dottrina dell’argomentazione o sillogistica

Come per gli Epicurei, anche gli Stoici ritengono che alla base di ogni conoscenza c’è un contatto diretto fra le cose e i nostri

organi di senso.

Le cose lasciano un’impronta sui nostri organi di senso, ma finché l’anima (l’egemonico) non reagisce attivamente dando il proprio

assenso, non si ha ancora conoscenza

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Stoicismo Passività dei sensi e attività della ragione

Logica II

Se dagli organi di senso proviene una rappresentazione oscura o poco evidente,

l’egemonico sospende il giudizio

La conoscenza vera e propria si realizza nella rappresentazione catalettica (phantasìa

kataleptiké), ossia nella rappresentazione a cui l’anima ha dato il proprio assenso.

Le cose lasciano un’impronta sui nostri organi di senso, ma finché l’anima (l’egemonico) non

reagisce attivamente dando il proprio assenso, non si ha ancora conoscenza

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Stoicismo Dalla rappresentazione al giudizio

Logica III

Se invece l’anima dà il suo assenso, allora la rappresentazione si converte in giudizio. Per

esempio: se l’anima considera affidabile la rappresentazione di Socrate che sta avendo, allora potrà dire: “l’uomo che sto vedendo è

Socrate”.

Né le sensazioni né le semplici rappresentazioni, dunque, sono ancora conoscenza. La conoscenza

vera e propria si ha con il giudizio che segue l’assenso. Ne deriva il carattere linguistico della

conoscenza, che giustifica l’attenzione degli Stoici per la logica, ossia per la scienza del corretto uso del pensiero e del linguaggio

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Stoicismo Rappresentazione, assenso, comprensione, scienza

L’assenso dato a una rappresentazione comprensiva forma una conoscenza, ma non

ancora la scienza.

La scienza si sviluppa infatti mediante una serie di tappe, che gli Stoici hanno raffigurato

plasticamente con il movimento della mano

La mano aperta indica la rappresentazione (che non è ancora conoscenza); La mano

leggermente chiusa indica l’assenso; La mano completamente chiusa indica la comprensione

La scienza, infine, è rappresentata dall’altra mano che stringe il pugno, a indicare la

condizione in cui si trova il saggio, il quale non si limita a comprendere, ma giudica

sempre in modo infallibile, come appunto richiede la scienza

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“Gli stoici dicono che tre cose sono interconnesse: il significato; il significante, l’oggetto. Di esse, ciò che

significa è l’espressione linguistica (per esempio “Dione”); ciò che viene significato è la cosa stessa che

l’espressione linguistica indica; l’oggetto è ciò che esiste fuori (per esempio Dione stesso). Di queste tre cose, due sono corporee: l’espressione linguistica e

l’oggetto; una, incorporea: la cosa che viene significata, cioè il lektón, che è vero o falso”

(Sesto Empirico)

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Per gli Stoici tutto è materiale, ma il “significato” delle parole che usiamo non è materiale. Lo scambio

linguistico sembra così aprire una finestra ‘metafisica’ nel loro compatto universo corporeo

Anche lo spazio, il vuoto e il tempo, in realtà, per gli Stoici esistono ma non sono corporei

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Stoicismo Stoicismo la logica proposizionalela logica proposizionale

Anche gli stoici, come già Aristotele, si occupano dei sillogismi. La logica che li riguarda non è però una

logica dei termini ciascuno dei quali esprime un’essenza universale (es. “tutti gli uomini sono

mortali” ecc.), ma una logica proposizionale, in cui ciascuna proposizione esprime un semplice fatto d’esperienza (es. “se c’è luce, allora è giorno”).

I sillogismi non sono tutti dimostrativi, alcuni sono semplici ragionamenti in cui la conclusione non è

qualcosa di non manifesto, ma di già noto:

1) “se è giorno, c’è luce. Ma è giorno, dunque c’è luce” (ragionamento);

2) “se il sudore scorre sulla pelle, esistono pori invisibili da cui proviene. Ma il sudore scorre sulla pelle, dunque esistono pori invisibili” (dimostrazione).

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Ragionamenti anapodittici

Fra i ragionamenti, e dunque fra i sillogismi non dimostrativi

(anapodittici), gli stoici distinguono i sillogismi di congiunzione, quelli

ipotetici e quelli disgiuntivi, a seconda che le loro proposizioni contengano i rispettivi connettivi

proposizionali“e”, “se” ed “o”

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Ipotetici e disgiuntiviIpotetici sono i sillogismi le cui premesse sono ipotetiche o condizionali: “se è giorno, c’è luce, ma è giorno, dunque c’è luce” (modus ponendo ponens); oppure: “se è giorno, c’è luce, ma non c’è luce; dunque non è giorno” (modus tollendo

tollens)

Disgiuntivi sono invece i sillogismi le cui premesse sono disgiuntive, esprimenti cioè un’alternativa: “o è giorno, o è notte; ma è

giorno, dunque non è notte”(modus ponendo tollens); oppure:“o è giorno o è notte; ma non è

giorno, dunque è notte” (modus tollendo ponens)

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L’L’etica degli stoicietica degli stoiciOikèiosis = rendersi familiare, adeguarsi alla natura e alla legge razionale che la

governa

Unico vero bene = virtù, male = vizio;

Onore, piacere, salute e ricchezza; così come disonore, sofferenza, malattia e miseria sono indifferenti (adiàphora)

Azione perfetta (propria del saggio), azione conveniente (propria della

maggior parte degli uomini)

Impassibilità (apàtheia). Es. Epitteto (morte del figlio, rottura della gamba)

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Lo Scetticismo

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Sképsis: ricerca, dunque dubbioLa parola ‘scetticismo’ viene da

‘scepsi’, traduzione italiana del greco sképsis, che significa ‘indagine’,

‘ricerca’ (dal verbo sképtomai, ‘mi guardo intorno’, ‘osservo’, ‘rifletto’).

Poiché dunque l’atteggiamento di ricerca è proprio di chi dubita della

conoscenze di cui già dispone, il termine scetticismo è diventato

sinonimo di dubbio e di diffidenza, come quando per esempio diciamo: “sono scettico sulla possibilità che Renzi risollevi le sorti del Paese”

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1)Come possiamo giungere alla verità

1)Com’è fatto il mondo

1)Come dobbiamo agire per essere felici

I quesiti dello scetticismo

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1) Non c’è verità a cui non se ne possa contrapporre un’altra.

2) Non sappiamo com’è fatto il mondo, e non possiamo nemmeno dire che è

inconoscibile, poiché dirlo significherebbe già esprimere una certezza incompatibile con una posizione autenticamente scettica

3) Vista l’equivalenza di tutti i giudizi e di tutte le opinioni, dobbiamo o tacere

(afasia) o sospendere il giudizio (epochè), per poter ottenere l’imperturbabilità

(ataraxìa);

Le risposte scettiche

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Lo scetticismo antico: Pirrone, Arcesilao, Carneade e Sesto Empirico

Scetticismo primitivo: Pirrone di Elide (IV-III sec. a.C.)

Scetticismo accademico: Arcesilao e Carneade (III-II sec. a. C.)

Neoscetticismo: Enesidemo, Agrippa e Sesto Empirico (I sec. a.C. – II sec. d.C.)

Come l’epicureismo e lo stoicismo, lo scetticismo afferma la finalità pratica della filosofia, ma, diversamente da essi, nega che possa esservi un criterio sicuro per

stabilire la verità delle nostre conoscenze

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Pirrone Uno spunto socratico e uno indiano

Pirrone si ispirò allo “scetticismo” del Socrate di alcuni dialoghi giovanili di Platone

Sembra che abbia viaggiato in Oriente al seguito di Alessandro Magno, e che lì

sarebbe rimasto impressionato dall’incontro con i gimnosofisti, dei saggi indiani capaci

di straordinarie mortificazioni del corpo (vivere mangiando tre fagioli al giorno,

camminare sui carboni ardenti ecc.). Dai saggi indiani Pirrone imparò il disprezzo del

dolore e il rifiuto della parola, tipici della cultura orientale

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Pirronelo scetticismo come strumento “etico”

Poiché qualsiasi cosa può essere messa in dubbio, non dovremmo fare affidamento su ciò che crediamo

vero, parlando il meno possibile (afasia).

Avere desideri significa, implicitamente, ritenere che certe cose siano migliori di altre

Ma questo non possiamo saperlo: chi pensava di essere felice ottenendo qualcosa poi non lo è, e chi non

pensava di esserlo poi lo è.

Se non prenderemo posizione, non rimarremo delusi

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Pirroneindifferenza e imperturbabilità

Poiché non possiamo mai distinguere il vero dal falso, e dunque non sappiamo nulla di

realmente certo, dobbiamo dire che tutto è indifferente

Ma se tutto è indifferente, non c’è motivo di lasciarsi turbare da ciò che accade

Sembra che Pirrone abbia detto che è indifferente persino essere vivi o morti.

Si racconta che qualcuno, per provocarlo, gli abbia detto: “ma se non c’è differenza,

allora perché non ti uccidi?” Pirrone rispose: “perché appunto non c’è

differenza”.

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Arcesilao (IV-III sec. a.C.) Arcesilao fu a capo dell’Accademia

platonica. Platone era convinto dell’esistenza della verità, ma era

consapevole che l’uomo può conseguirla solo parzialmente e in un percorso di

continua ricerca

Arcesilao valorizza questo aspetto problematico del platonismo, e ne fa un

sistema di pensiero

A differenza di Pirrone, Arcesilao non afferma che tutte le cose sono indifferenti, perché questo significherebbe avere la pretesa di sapere come sono fatte realmente le cose.

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Arcesilao e la polemica con gli Stoici

Arcesilao polemizza con la pretesa stoica di avere conoscenze certe e stabili

Secondo lui non c’è alcuna possibilità di distinguere rappresentazioni affidabili e

rappresentazioni meno affidabili

Di conseguenza, la sospensione del giudizio (epochè) che gli stoici

raccomandavano solo in presenza di rappresentazioni poco chiare, Arcesilao

la ritiene doverosa per ogni tipo di rappresentazione

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Arcesilao: la funzione ‘pratica’ dell’epochè

Chi sospende il giudizio su tutto, però, non può fare nulla, perché non possiede alcun

criterio per effettuare delle scelte

La cautela di fronte alla pretesa di possedere una verità definitiva non

impedisce di agire.

Dal punto di vista dell’azione, infatti, l’epochè dà luogo alla saggezza

(phrònesis), e cioè alla capacità di compiere scelte che, pur non essendo

basate su verità indubitabili, sono comunque scelte ragionevoli (èuloga).

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Carneade (III-II sec. a.C.)“a ogni discorso se ne contrappone un altro”

Nel 155 a.C. Carneade fece parte di una famosa ambasceria di filosofi greci a Roma per

discutere di giustizia

In quell’occasione Carneade pronunciò un discorso a favore della giustizia e uno contro, senza che nessuno dei due fosse in grado di dimostrare falso l’altro (panti logo logos isos

antikeitai)

Per Carneade i sensi possono ingannarci e la ragione non può dimostrare nulla, visto che,

per farlo, deve partire da premesse indimostrabili e presupporre ciò che deve dimostrare (chi argomenta a favore della

giustizia presuppone che essa esista e viceversa)

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CarneadeIndicazioni pratiche: seguire la probabilità

Carneade volle perciò sostituire il vero con il verosimile e il certo con il probabile. Che non ci siano conoscenze assolutamente

certe e vere non significa che alcune non siano più verosimili o probabili di altre.

Con questi due criteri, non tutti i giudizi si equivalgono, e dobbiamo distinguere:

1) I casi in cui due opinioni si equivalgono;

2) I casi in cui un’opinione non è contraddetta;

3) I casi in cui un’opinione non contraddetta è verificata

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Enesidemo (I sec. a.C.)la ripresa dello scetticismo pirroniano e i dieci

“tropi”

Nei suoi Discorsi pirroniani, Enesidemo riprende lo scetticismo di Pirrone,

ribadendo l’impossibilità di distinguere il vero dal falso e la necessità di sospendere

il giudizio (epochè) per conseguire la tranquillità dell’animo (ataraxìa)

Enesidemo elaborò dieci modi o argomenti (“tropi”) che, mostrando le discordanze e

l’arbitrarietà delle nostre rappresentazioni, giustificano la

sospensione del giudizio.

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Enesidemo (I sec. a.C.)i dieci “tropi”

1. Discordanze delle rappresentazioni dei diversi animali;

2. Discordanze delle sensazioni fra diversi individui;

3. Discordanze fra sensazioni nello stesso individuo;

4. Mutare delle percezioni in relazione allo stato (sano/malato);

5. Mutare delle percezioni in base al luogo;

6. Mescolanza fra oggetti nella percezione;

7. Variabilità di questa mescolanza;

8. Ciascun oggetto è percepito in base al proprio contrario;

9. Variabilità della percezione di un fenomeno in base alla sua frequenza;

10. Usi, costumi e leggi sono variabili fra i popoli

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Agrippa (I-II sec. d.C.)Illusorietà dei sensi e impossibilità delle

dimostrazioni

Secondo Agrippa i sensi ci ingannano (un bastone è dritto come lo vediamo fuori dall’acqua o spezzato come lo vediamo

quando lo immergiamo in acqua?)

Per poter dimostrare X si deve partire da qualche Y che non sia da dimostrare o dimostrabile. Ma se la premessa da cui

dipende la dimostrazione non è dimostrata la dimostrazione è impossibile.

Inoltre, per dimostrare X si deve presupporlo come già esistente (circolo

vizioso o ‘tropo del diallele’)

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Sesto Empirico (II sec. d.C.)

Sesto fu chiamato “Empirico” perché faceva parte dei medici “empirici”, i quali,

ritenendo impossibile conoscere le cause delle malattie, si limitavano alla conoscenza

empirica degli effetti prodotti dai vari farmaci

Scrisse Schizzi pirroniani, Contro i dogmatici (cioè i filosofi) e Contro i matematici (ossia i

cultori delle scienze)

Sesto ribadisce la tesi scettica dell’equivalenza di tutti i giudizi e della necessità di

astenersi dal considerarne alcuni più veri di altri

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Sesto Empirico (II sec. d.C.) uno scettico ‘moderato’

Diversamente da Pirrone e da Enesidemo, Sesto ammette che, al di là delle nostre rappresentazioni, ci sia una realtà che ci

resta ignota.

Un vero scetticismo non ci autorizza a dire come è fatta questa realtà, ma solo che è

sconosciuta.

Sesto si rese conto, infatti, che lo scetticismo assoluto, come aveva già dimostrato

Aristotele, si auto-distrugge, visto che dire che non possiamo conoscere nulla

significa dire che conosciamo almeno una cosa, e cioè che non conosciamo nulla

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Sesto Empirico (II sec. d.C.) uno scettico ‘moderato’

Analogamente, Sesto Empirico fa notare che Agrippa, dimostrando l’impossibilità di ogni

dimostrazione, finisce per rendere impossibile la sua tesi.

Gli argomenti scettici devono perciò svolgere, secondo Sesto Empirico (che era medico) la

stessa funzione che svolgono le purghe: devono ciò essere espulsi insieme a ciò che aiutano a

espellere.

Se dire che non possiamo conoscere significa conoscere l’impossibilità del conoscere, allora

dobbiamo concludere non che possiamo conoscere, ma che il problema è irrisolvibile, e

che dunque lo scetticismo è una cura che guarisce dalla falsa convinzione di poterlo invece risolvere, in un senso o nell’altro.

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Il destino dello scetticismo

Proprio perché, come dottrina filosofica, tende ad auto-dissolversi, durante

tutto il Medioevo lo scetticismo non ebbe alcun successo, e si dovette

attendere l’età moderna per trovare filosofi scettici, come Michel de

Montaigne (XVII sec.) David Hume e Gottlob Schulze (XVIII sec.), i quali,

per sfuggire all’obiezione aristotelica, hanno proposto uno scetticismo locale, non totale, moderato e non assoluto.

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Il tarlo del dubbioLa domanda scettica per eccellenza è: “ne sei

proprio sicuro?”

Applicata a molte delle nostre conoscenze, questa domanda comincerebbe a far

vacillare la nostra apparente certezza

Gli scettici polemizzarono soprattutto con gli Stoici e con la loro pretesa di fondare la

validità delle nostre conoscenze.

Ogni volta che la filosofia ha preteso garantire la certezza della verità sono sempre nate, quasi come effetto collaterale, posizioni

scettiche, che hanno contribuito a rendere più rigorose le filosofie successive

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Lo scetticismo: cura o malattia della filosofia?

Non a caso proprio Kant, uno dei più rigorosi filosofi della storia, dichiarò di essersi

svegliato dal proprio “sonno dogmatico” grazie allo scetticismo di Hume

Hegel, poi, ha mostrato che lo scetticismo aiuta a denunciare i falsi assoluti della filosofia, relativizzando tutto ciò che

pretende di essere più di quello che è. Si può relativizzare, tuttavia, solo partendo da un punto di vista assoluto, che lo scetticismo incarna inconsapevolmente e che è compito

della filosofia portare allo scoperto facendone il tema d’uno studio esplicito