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Indice

Introduzione ...................................................................................................... p. 3

Capitolo I

Ripensare in ottica interculturale. Individui, scuola e società ...... p. 5

1.1 Multicultura e Intercultura ............................................................................ p. 7

1.2 L’educazione interculturale nei documenti ufficiali ..................................... p. 9

1.3 Razzismo e pregiudizi: alcuni riferimenti letterari ....................................... p. 14

1.4 La scuola e il “peso” delle migrazioni ......................................................... p. 18

Capitolo II

Leggere e scrivere: promuovere la letteratura interculturale ..... p. 25

2.1 La lettura tra scuola e famiglia .................................................................... p. 26

2.2 Esigenze e bisogni diversi: famiglie immigrate e scuola ............................ p. 29

2.3 L’atteggiamento interculturale per la promozione della lettura .................. p. 34

2.4 Scrivere di sé ............................................................................................... p. 38

2.5 Autori migranti: letteratura della migrazione destinata ai più piccoli ........ p. 42

2.6 Promuovere le biblioteche interculturali ..................................................... p. 48

Capitolo III

Un decalogo per la creazione di uno scaffale multiculturale ..... p. 52

3.1 Che cos’è il decalogo ................................................................................... p. 52

3.2 Organizzazione del materiale ....................................................................... p. 55

3.3 Le dieci schede e le analisi dei libri: motivazioni delle scelte effettuate ..... p. 58

3.3.1 Libri di divulgazione ............................................................................ p. 60

3.3.2 Fiabe e storie ........................................................................................ p. 64

3.3.3 Libri in lingua originale ....................................................................... p. 67

3.3.4 Libri bilingui ........................................................................................ p. 70

3.3.5 Libri plurilingui .................................................................................... p. 73

3.3.6 Libri indirettamente multiculturali ....................................................... p. 77

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3.3.7 Storie di immigrazione ......................................................................... p. 79

3.3.8 Storie d’emigrazione ............................................................................ p. 82

3.3.9 Multimedialità, giochi e mostre ........................................................... p. 85

3.3.10 Alfabetizzazione linguistica .............................................................. p. 89

3.4 Analisi delle diverse componenti dei testi: confronto e conclusioni............ p. 94

Capitolo IV

Idee e proposte a partire da una esperienza sul campo ................. p. 99

4.1 La mia esperienza in biblioteca: tra teoria e pratica ................................... p. 100

4.2 Obiettivi del tirocinio e finalità .................................................................. p. 103

4.3 La sezione ragazzi: lo scaffale multiculturale ............................................ p. 106

4.4 Leggere “fuori” dalla biblioteca ................................................................. p. 109

Allegato. Progetto di tirocinio .........................................................p. 116

Conclusioni ................................................................................................... p. 122

Bibliografia ................................................................................................... p. 124

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Introduzione

Vivere in una società multiculturale, porta con sé riflessioni che abbracciano e

possono abbracciare moltissimi ambiti della vita quotidiana ma anche moltissimi

ambiti del sapere. Proprio rispetto a ciò, oggi, più che mai, queste riflessioni si

sono dimostrate sempre più urgenti e attente, desiderose di rivisitare e rileggere

dei presupposti teorici che alla luce di una società che cambia e diventa sempre

più eterogenea allargando i propri confini, ha reso impellente una riflessione di

questo tipo.

Una società multiculturale come la nostra dunque diventa il luogo dove fare

intercultura, dove promuovere l’intercultura, dove parlare di intercultura e per

rendere possibile ciò, è necessario iniziare a investire in istruzione e in

educazione. In questo modo la scuola nello specifico, ma non solo, attraverso le

sue proposte e la revisione dei suoi curricoli diventa un luogo privilegiato dove

fare, promuovere e parlare di intercultura. Nella scuola l’impegno per garantire

un’educazione interculturale è voluto e applicato soprattutto a partire dai

documenti ministeriali e altri documenti ufficiali che ne contemplano

l’importanza e la necessità. Ma la scuola non è la sola che si impegna in questo

senso. Se l’educazione formale ha sicuramente un peso non irrilevante quando si

parla di intercultura, accanto a questa vi sono anche l’esperienza familiare e quella

dei luoghi di educazione informale. Infatti è attraverso una continuità tra

educazione formale, l’educazione familiare e quella dei luoghi di educazione

informale che una vera sensibilizzazione al tema dell’intercultura può avvenire.

Accanto all’esperienze più strutturate di educazione infatti, ne esistono altre che

possono essere funzionali a questo scopo: nel territorio nel quale viviamo infatti

esistono dei luoghi nei quali è possibile. Le biblioteche ad esempio, e soprattutto

le biblioteche interculturali specializzate, attraverso la strumentalità del libro,

preso nelle sue varie forme e tipologie, diventano dei luoghi risorsa in cui fare

intercultura. La scelta di valorizzare e di concentrare l’attenzione su questi spazi

risorsa deriva da un interesse nell’indagare e analizzare come la letteratura

dedicata al tema sia portatrice di valori legati al mondo dell’intercultura. La

strumentalità del libro, porta con sé molte occasioni di confronto e se è vero che

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esiste una produzione editoriale dedicata alla scoperta dell’altro, questa analisi

non può fare altro che iniziare prendendo in considerazione il materiale presente

nella sezione ragazzi. Risulta di fondamentale importanza infatti, iniziare

all’intercultura sin dai primi anni di vita, dal momento che una precoce

sensibilizzazione al tema, rende gli individui maggiormente improntati a

atteggiamenti interculturali. Così, prendendo in considerazione e analizzando i

testi, gli albi illustrati e i materiali esplicitamente interculturali dedicati alla più

giovani età, ho tentato di osservare quanto siano promotori di intercultura, in

quale modo, secondo quali criteri e in che misura siano promotori di valori

improntati all’altro, alla sua diversità, alle sue tradizioni, considerando queste

componenti nella loro valenza positiva.

Inoltre, con una proposta di scaffale multiculturale e con la proposta di alcuni

testi, si è voluto dare un contributo concreto a quella che si considera

un’esperienza importante e caratteristica di promozione alla lettura interculturale,

un’esperienza che vede nel libro l’interesse primario di approfondire l’utilizzo di

questo strumento in chiave interculturale

Grazie a una esperienza sul campo e grazie alle osservazioni e riflessioni fatte, si

aggiunge l’intenzione di pensare e programmare delle attività che possano

rispondere alle considerazioni fatte sin qui. In questo modo, è proprio attraverso la

promozione della lettura di testi interculturali che si possono creare diversi

presupposti fondamentali: dal piacere della lettura, alla familiarizzazione con i

meccanismi che le letture a impronta interculturale portano con sé, fino alla

scoperta di mondi nuovi e all’incontro interetnico, un incontro funzionale a

decentrare il propri punto di vista e a scoprire la bellezza della diversità.

Le intenzioni e le finalità espresse sin qui, per quanto generiche e sommarie sono

solo un breve riassunto di tutto ciò che seguirà, dove si cercherà di affrontare il

tema nel modo più accurato possibile, portando esempi, esperienze e proposte che

possono risultare utili anche per una eventuale applicazione.

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Capitolo I

Ripensare in ottica interculturale. Individui, scuola e

società

« […] nella classe arrivò un bambino che veniva proprio dalla Cina. Si chiama Tzu e … sorpresa! non era invisibile. Orazio gli chiese del fabbricante di

giocattoli che viveva in Cina e Tzu rispose che quell’uomo era proprio suo padre. Orazio non riusciva a crederci!

“Vieni domani a casa mia e lo conoscerai” propose Tzu. Il giorno dopo, la madre accompagnò Orazio nel minuscolo appartamento dove Tzu viveva con i suoi

genitori. Nemmeno il padre di Tzu era invisibile, e Orazio gli chiese immediatamente

notizie della sua fabbrica di giocattoli. “Oh, un posto terribile!” rispose lui. “Lavoravo tutto il giorno per pochissimi

soldi. Ho quasi perso la vista fabbricando quegli stupidi guerrieri spaziali, e sono più povero di prima. Per fortuna siamo riusciti ad andar via”.

Orazio pensò che il padre di Tzu fosse così geloso dei suoi giocattoli da non volerli mostrare a nessuno. Allora, di nascosto, chiese a Tzu di farglieli vedere.

“Non abbiamo giochi. Siamo venuti dalla Cina senza niente” disse Tzu. “Ma dove sono tutti i giocattoli che ha fatto tuo papà?” chiese Orazio.

“Non ne ho mai visto nemmeno uno” rispose Tzu. Era davvero una strana storia, e Orazio se ne tornò a casa pensieroso. Ma appena

entrò in camera sua capì immediatamente dove fossero finiti i giocattoli del padre di Tzu. Ce li aveva lui! Sugli scaffali, sotto il letto, sopra il tavolino: la camera

traboccava di giochi, macchine e soldati, peluche e palline, tutti con la scritta MADE IN CHINA. Li prese tutti (beh … diciamo la metà), li mise in una borsa e

si fece riaccompagnare a casa di Tzu. Doveva restituirli ».1

Un racconto, un saggio, un romanzo, una favola, un albo illustrato, qualsiasi sia la

forma che si decide di dare a una nostra “creazione letteraria”, l’importante è che

abbia una finalità precisa, insegnare, far ridere, far divertire, far piangere… far

riflettere.

E allora se è realmente necessario fare ciò, risulta fondamentale riflettere sul ruolo

che la letteratura interculturale destinata alla prima infanzia ha all’interno

dell’educazione formale e di quella informale, su ciò che è stato fatto e su ciò che

deve ancora essere fatto per questo genere di letteratura, su ciò che significa

leggere e ascoltare, o addirittura scrivere un libro con finalità interculturali

destinato ai più piccoli, sui valori che trasmette e che ne stanno alla base e su tutti

                                                            1 Negrin F., Il mondo invisibile e altri racconti, Orecchio acerbo, Roma, 2004, pp. 5-7.

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i pro e i contro che una scrittura del genere può portare. Ma perché parlare proprio

di intercultura? Che cosa significa? Si proverà a riflettere anche su questo.

L’estratto del racconto di Negrin sopra riportato rappresenta un ottimo spunto da

cui iniziare. Proprio perché è attraverso il racconto, la narrazione, che si vuole

focalizzare l’attenzione sul mondo dell’Altro, diverso da noi ma allo stesso tempo

complementare a noi, parte di una realtà altra rispetto alla nostra ma non per

questo meno importante; un Altro portatore di valori e tradizioni specifiche ma

non per questo meno rilevanti rispetto alle nostre solo perché diverse. Negrin, ci

presenta Orazio e Tzu: due bambini di nazionalità diverse, uno italiano e uno

cinese, compagni di classe che, conoscendosi, ognuno nella sua specificità, con le

proprie esperienze, sviluppano una sensibilità particolare l’uno verso l’altro.

Questo è solo un esempio, ma se ne potrebbero trovare molti altri. L’intento, è

infatti quello di entrare all’interno delle scritture dedicate al tema dell’intercultura

per vedere, osservare, assaporare, talvolta forse anche guardare con occhio critico

ciò che significa parlare dell’altro. L’altro, infatti, quando ci si interroga rispetto al

suo essere, rispetto ai suoi bisogni e rispetto alle sue necessità, diventa

protagonista di un’attenzione tutta nuova, incentrata sulla riscoperta e sulla

conoscenza: ecco a cosa serve fare intercultura. Ogni attività di scrittura e lettura

che rientra nella sfera dell’educazione interculturale ci insegna e ci da gli

strumenti per poter guardare il mondo con occhi diversi, più attenti e critici se non

la stessa possibilità di poter sviluppare una maggiore sensibilità. Il loro intento

infatti è «quello di aprire le finestre sul mondo, di allargare gli orizzonti e di

cominciare a intravedere una società interculturale nella quale ciascuno possa

trovare spazi di partecipazione per la propria crescita personale e del suo gruppo

di appartenenza alimentando sentimenti di rispetto, di convergenza delle pluralità,

di condivisione e di comunione»2.

Ecco come la letteratura può raccontare e presentare il grande universo complesso

della convivenza, della condivisione, della multicultura e dell’intercultura che

oggi, nel XXI secolo, caratterizzano la società e sono sempre più presenti e

oggetto di riflessione.

                                                            2 Maniotti P., Il mondo in gioco. Percorsi ludici e repertorio di giochi per l’educazione interculturale, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2000, p. 9.

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1.1 Multicultura e Intercultura

Prima di parlare del ruolo che la scrittura può avere in relazione alla pedagogia

interculturale e alla trasmissione di valori positivi e indispensabili, sembra utile

soffermarsi sui fenomeni della multicultura e dell’intercultura. Una visione

generale di questi può infatti servire da cornice a tutto ciò che seguirà.

Parlare di multicultura e parlare di intercultura non è esattamente la stessa cosa,

non devono essere viste come in contrapposizione tra di loro ma, al contrario,

viste una in relazione con l’altra; sono elementi costitutivi della stessa realtà e

delle stesse trasformazioni che hanno partecipato e concorso a ridefinire la nostra

società. Di fatto «viviamo in una società multietnica»3 riprendendo le parole di

Vinicio Ongini, e quindi in una società costituita da multi (molte) etnie. A partire

dagli anni Novanta l’Italia, dall’essere un paese di emigranti, è diventata una terra

di immigrazione e questo ha portato una serie di conseguenze, non solo a livello

legislativo, si pensi alle molte leggi fatte sull’immigrazione, e neanche solo a

livello sociale, ma soprattutto al livello del linguaggio comune. Parlare di società

multiculturale presuppone la coesistenza e la convivenza di diverse culture nello

stesso territorio e quindi la necessità di creare legami attraverso la reciproca

conoscenza e accettazione, imparare la lingua del paese ospitante, integrarsi

all’interno della nuova società. Il linguaggio incide in una società multiculturale

se usato, talvolta, in modo inappropriato per mancanza di una chiarezza di base su

alcuni concetti (multirazziale, multietnica, meticciato culturale, integrazione). La

risposta alla multicultura spesso è individuata nel modello assimilazionista per

permettere agli ultimi arrivati di compensare il loro svantaggio. L’alternativa?

Beh, decisamente il riconoscimento delle differenze! Ecco perché parlare di una

educazione interculturale; se con multiculturalismo ci si riferisce a una realtà, a un

dato di fatto, a qualcosa di osservabile e oggettivo (si può parlare infatti di città

multiculturale), con il termine interculturale si indica l’intenzione verso qualcosa,

una progettualità indirizzata a qualcuno e, in questo caso, proprio a quella società

multiculturale di cui si è parlato prima. Se il primo resta un dato di fatto, il

secondo non può essere altro che un approccio. Si può parlare quindi di approccio

interculturale. Questa intenzione verso qualcosa, questa progettualità indirizzata a

                                                            3 Ongini V., Lo scaffale multiculturale, Mondadori, Milano, 2003, p. 9.

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qualcuno, questo approccio interculturale, non può essere altro che materiale di

competenza anche della scuola. Proprio perché è nella scuola e attraverso la

scuola che questa società multiculturale prende forma e diventa sempre più

presente e oggetto di attenzioni all’interno del territorio nazionale, diventa

assolutamente necessario e indispensabile trovare una risposta concreta anche

all’interno delle istituzioni di educazione formale. Infatti, con l’arrivo di nuovi

bambini e ragazzi immigrati, è necessario predisporre piani educativi di intervento

e di accoglienza che siano promotori a tutti gli effetti della specificità di ognuno, e

che siano allo stesso tempo promotori di quei valori che rientrano a far parte di

una educazione interculturale4. Così si procede in direzione di un’apertura

all’altro, che può essere sostenuta concretamente all’interno dell’istituzione scuola

dove questa, nel suo piccolo e nella sua specificità, non è altro che una piccola

società in miniatura. L’altro è infatti degno di attenzioni e bisognoso di interventi

specifici utili e necessari per gettare le basi dell’accettazione, della comprensione

e della convivenza come fondamenti sui quali costruire la consapevolezza di

dover investire di più “nella e per la scuola”5.

Un approccio del genere sarebbe l’ideale, ma di fatto non è sempre facile parlare

di pedagogia dell’integrazione. Si è utilizzato il termine pedagogia in quanto ci si

riferisce al contesto scolastico, ed è proprio lì che questa dovrebbe concretizzarsi e

realizzarsi. Dunque una pedagogia dell’integrazione che si realizza nella

quotidianità tra i banchi dell’aula, nei corridoi e dove gli alunni non ne sono gli

unici beneficiari, ma anche gli insegnanti, i presidi, le famiglie, in quanto tutti

attori, diretti e indiretti, della scuola. Esiste una profonda relazione tra gli aspetti

sociali e culturali del contesto educativo, così come esiste una relazione tra gli

aspetti relazionali e quelli sociali, e questi non possono essere trascurati ma, al

contrario, devono essere valorizzati e utilizzati come occasione di partenza per un

approccio pedagogico innovativo che sia pronto a mettersi in discussione per fare

strada a nuovi contenuti specifici e percorsi didattici alternativi in grado di mettere

insieme le differenze. Questo il compito degli insegnanti. Un’educazione

interculturale con un significato condiviso, che sia concepita come occasione per

                                                            4 Ivi, pp. 9-14. 5 Cfr, De Mauro T., Prefazione in Ongini V., Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale, Laterza, Roma-Bari, 2011, pp. IX-X.

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costruire un cammino comune allo scopo di convivere senza conflitti

salvaguardando in questo modo il pluralismo delle culture6. Un’educazione

interculturale che non deve essere concepita come un settore dell’apprendimento,

ma come una vera e propria concezione pedagogica, un modo di affrontare la

scuola, le discipline di insegnamento, un modo di insegnare affidato a tutti i

soggetti che si occupano dei più piccoli; si punta a una concezione di pedagogia

interculturale condivisa che dirige la sua attenzione su ciò che unisce e non un

«approccio interculturale di cortesia» che al contrario, è proprio partendo e

rimarcando le differenze, che cerca di trovare uno spazio privo di conflittualità7.

1.2 L’educazione interculturale nei documenti ufficiali

Nel 1990 in Italia, per la prima volta, si parla di educazione interculturale

all’interno di una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione La scuola

dell'obbligo e gli alunni stranieri. L'educazione interculturale: «L'Italia ha scelto,

fin dall'inizio, la piena integrazione di tutti nella scuola e l'educazione

interculturale come dimensione trasversale, come sfondo integratore che

accomuna tutte le discipline e tutti gli insegnanti»8. Oggetto di attenzione sono

l’integrazione dei bambini stranieri e la scuola multietnica ma, nel concreto,

questo urgente bisogno di integrazione, che finalmente trova spazio in un

documento ufficiale, lascia aperta una serie molto lunga di interrogativi su ciò che

concretamente possono fare la scuola e gli insegnanti per rispondere e

organizzarsi in relazione a una questione di questa portata. Se con il termine

integrazione ci si riferisce a soggetti che sono in un certo senso portatori di un

“handicap”, come definire questo “handicap” di cui sono portatori i bambini

stranieri? Interiorizzare modelli di comportamento, imparare nuove regole,

adattarsi a un ambiente nuovo, non sono certo i presupposti di un approccio

incentrato sullo scambio che considera questi bambini “Altri” da noi come

                                                            6 Cfr. Giusti M., L’educazione interculturale nella scuola di base. Teorie, esperienze, narrazioni, La Nuova Italia, Firenze, 2005, pp. 16-24. 7 Cfr., Maniotti P., Il mondo in gioco, pp. 15-16. 8 C.M. 205 /1990, La scuola dell'obbligo e gli alunni stranieri. L'educazione interculturale.

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occasione per rielaborare, rivedere, riflettere sui contenuti dell’educazione e sulle

stesse relazioni educative9.

Nel considerare l’educazione interculturale una dimensione trasversale dei

contenuti dei programmi scolastici, anche le raccomandazioni del Consiglio

d’Europa del 2002 sull’Educazione alla cittadinanza democratica si soffermano

in questo senso. Tutti i livelli del sistema di istruzione dovrebbero contribuire a

implementare il concetto di cittadinanza democratica all’interno dei curricoli o

attraverso una materia scolastica specifica o attraverso la programmazione di una

tematica trasversale. Viene suggerita quindi l’adozione di approcci

multidisciplinari, per facilitare l’acquisizione del sapere, delle competenze e delle

attitudini indispensabili a ogni individuo per vivere in armonia all’interno di una

società democratica e multiculturale10.

Nel 2006, un’altra circolare ministeriale dal titolo Linee guida per l’accoglienza e

l’integrazione degli alunni stranieri affronta in modo ancora più accurato il tema

dell’educazione interculturale, introducendo in modo opportuno e dettagliato i

concetti di “cittadinanza” e “identità nazionale” e richiamando le realtà quotidiane

entro cui convivono diverse identità e culture. La scuola rivendica così il suo

primato nell’affrontare la questione, nel trasmettere valori, ricercando nel dialogo

lo strumento principe per la comunicazione delle differenze.

«Si sta delineando in Italia una scuola delle cittadinanze, europea nel suo

orizzonte, radicata nell’identità nazionale, capace di valorizzare le tante identità

locali e, nel contempo, di far dialogare la molteplicità delle culture entro una

cornice di valori condivisi. […] L’educazione interculturale costituisce lo sfondo

da cui prende avvio la specificità di percorsi formativi rivolti ad alunni stranieri,

nel contesto di attività che devono connotare l’azione educativa nei confronti di

tutti. La scuola infatti è un luogo centrale per la costruzione e condivisione di

regole comuni, in quanto può agire attivando una pratica di vita quotidiana che si

richiami al rispetto delle forme democratiche di convivenza […]. L’educazione

interculturale rifiuta sia la logica dell’assimilazione, sia la costruzione ed il

                                                            9 Cfr. Ongini V., La biblioteca multietnica, Editrice Bibliografica, Milano, 1992, pp. 9-13. 10 Cfr., Consiglio di Europa, Comitato dei Ministri, Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri relativa all’educazione alla cittadinanza democratica , Strasburgo, 16 ottobre 2002, http://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2005/allegati/raccomandazione_ue.pdf.

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rafforzamento di comunità etniche chiuse ed è orientata a favorire il confronto, il

dialogo, il reciproco arricchimento entro la convivenza delle differenze»11.

Ribadendo la necessità di rifiutare la logica dell’assimilazione, viene naturale

affrontare il “problema” dell’integrazione da un punto di vista interattivo,

integrando tutti i saperi, aiutando ogni individuo, bambino o ragazzo che sia, a

crescere e formarsi in una società che sempre di più si presenta sotto forma di rete,

una rete che crea inevitabilmente connessioni e si intreccia, connettendo tutti gli

individui che la compongono; si tratta di una società che divenendo sempre più

complessa richiede anche agli individui di sviluppare identità più complesse e

quindi proprio partendo da questa complessità, devono ritagliarsi uno spazio per

legarsi gli uni agli altri.

Proprio in merito alla necessità di risolvere questo urgente problema, questo

stesso documento, oltre ad esplicitare l’obiettivo di trovare e presentare un

insieme di orientamenti condivisi sia sul piano culturale che educativo, individua

anche sul piano organizzativo e didattico alcuni suggerimenti per favorire

l’integrazione e la riuscita scolastica e formativa. Questo è reso possibile

attraverso la promozione di libri promotori di temi quali il pluralismo culturale e

l’intercultura; degli strumenti preziosi che se presi seriamente in considerazione

all’interno degli scaffali multiculturali delle biblioteche scolastiche, possono

diventare un’occasione importante di promozione interculturale. Libri in lingua

originale, libri bilingui o plurilingui, libri o cd rom multimediali sulle diverse

lingue e culture, possono essere frutto di una nuova attenzione incentrata sull’altro

e le sue peculiarità, se non l’occasione di creare collaborazioni con i servizi

multiculturali del territorio. Proprio a questo proposito, guardando al documento

delle Linee Guida IFLA (International Federation of Library Associations and

Institutions) per i servizi bibliotecari e le società multiculturali, viene rimarcato

questo bisogno espresso dal documento ministeriale, e quindi che «come principio

generale, […] la convinzione che il servizio bibliotecario dovrebbe essere offerto

a tutte le minoranze etniche, linguistiche e culturali allo stesso livello, e secondo

gli stessi standard»12. Una scelta dettata dal fatto che, ribadendo un concetto già

                                                            11 C.M. 24/2006, Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri. 12 IFLA, Società multiculturali: linee guida per i servizi bibliotecari, Roma, 2003, http://archive.ifla.org/VII/s32/pub/multiculturali-linee-guida-it.pdf, p. 6.

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espresso in precedenza, in seguito ai grandi flussi migratori registrati è necessario

compiere tre azioni fondamentali: ridistribuire le opportunità, dare la possibilità di

accesso alle informazioni e dare la possibilità di fruire dei servizi a questi nuovi

soggetti che diventano sempre più numerosi13.

L’educazione interculturale, concepita in questo senso, lascia da parte un modello

tradizionale che rimane chiuso rispetto all’ambiente esterno e promuove un

modello pedagogico aperto che diffonde la consapevolezza della formazione di

mentalità aperte alla molteplicità delle culture e che, infine, rappresenta una

possibilità di accogliere, conoscere, rispettare e valorizzare la diversità attraverso

azioni visibili e positive fatte o all’interno della scuola attraverso la

programmazione didattica o oggetto e materia della legislazione14.

Il Ministero della Pubblica Istruzione continua a redigere documenti inerenti il

tema dell’intercultura, e nell’ottobre 2007, l’Osservatorio nazionale per

l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, ha

pubblicato La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli

alunni stranieri. Nel documento si prendono in considerazione, nello specifico, le

linee di azione di un modello di integrazione interculturale di cui deve essere

portatrice la scuola considerando i criteri di lungimiranza, qualità ed efficacia. La

scuola nel concreto, deve rispondere alle necessità e ai bisogni degli alunni

stranieri e prendere le mosse da tutte quelle esperienze positive già realizzate o, a

maggior ragione, da tutte le preoccupazioni che, rispetto a questo tema, possono

nascere nella stessa scuola. Una sfida che attraverso la dinamicità del modello,

vuole garantire il principio di universalismo che fa dell’ambiente-scuola un posto

dove l’apprendimento non dà luogo a separatismi e/o differenziazioni, dove

attraverso il dialogo e il confronto si ricercano dei valori comuni, attraverso la

comprensione, l’apertura e la sensibilità si riesce a concepire l’educazione

interculturale come una educazione alla diversità, e dove queste due educazioni

non sono altro che due visioni complementari della stessa realtà. A questo

proposito, nel documento si apre una parentesi sulle materie scolastiche che viste

nel loro insieme e nelle relazioni che costruiscono tra loro, diventano espressione

                                                            13 Cfr., Magistro R., (a cura di) Gli stranieri in biblioteca, Edizioni dal Sud, Modugno (BA), 2008, p. 36. 14 Cfr. Giusti M., L’educazione interculturale nella scuola di base, pp. 60-66.

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di una prospettiva trasversale e interdisciplinare che aiuta ad approcciare il tema

dell’intercultura. Da notare l’accento posto sul ruolo dell’insegnante (un salto di

qualità del documento rispetto a quelli precedenti) visto come osservatore e

diretto responsabile di una educazione alla cittadinanza che, proprio grazie

all’intercultura, trova uno spazio attraverso cui guardare tutto il sapere scolastico;

il cosiddetto “effetto specchio” che, tramite la comprensione della diversità e

dell’alterità, fa sì che gli insegnanti stessi siano portatori di un modello

antirazzista e che, proprio partendo da ciò che è diverso, costruiscano le basi per

la conoscenza, l’uguaglianza e la coesione sociale. Si prospetta in questo modo un

nuovo ruolo dell’insegnante, che sia sensibile alle culture e che abbia una

formazione critica ovvero che sappia leggere il contesto scolastico sotto il segno

della differenza15.

Vale la pena, a questo proposito di aprire una piccola parentesi rispetto al modello

antirazzista di cui la scuola, grazie agli insegnanti, si fa portatrice. Questo tema

merita un maggiore approfondimento rispetto a quello che gli è stato riservato in

questo ultimo documento ministeriale. Parlare di scuola interculturale è il

presupposto dell’antirazzismo e questo è un dato di fatto, ma la semplicità con cui

si può pronunciare un’affermazione del genere non è la stessa quando ci si ritrova

a dover spiegare che cosa è il razzismo, o meglio ancora cosa significa essere

antirazzisti. Una scuola multietnica porta con sé inevitabilmente questa

riflessione, in quanto è soltanto grazie alla percezione che ogni bambino, ragazzo,

insegnante ha dell’altro (inteso come altro da lui e non solamente come altro

proveniente da un paese diverso) che è possibile parlare di educazione antirazzista

e quindi priva di pregiudizi. Il tema del razzismo riporta a una serie di parole e

concetti che in questo contesto possono aprire la strada a una serie di

considerazioni che esulano dal tema che si vuole affrontare, ma in ogni caso, è

opportuno almeno accennarvi. Il razzismo genera guerre, genocidi, odio,

intolleranza, xenofobia, paura, disuguaglianza, diffidenza… ed è proprio partendo

da questi concetti che, attraverso l’educazione, è possibile gettare le basi per una

preoccupazione pedagogica che possa eliminare ogni fonte di pregiudizio. Un

                                                            15 Cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, Roma, ottobre 2007.

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pregiudizio che deve essere analizzato, scomposto in tutte le sue parti ed

eliminato, un pregiudizio che ci limita e ci vincola, un pregiudizio che non ci

permette di vedere nell’educazione la risposta ad ogni nostro bisogno. «Io credo

alla pedagogia, all’educazione. È a partire dalla scuola che si preparano i cittadini

di domani»16.

1.3 Razzismo e pregiudizi: alcuni riferimenti letterari

Il libro, Il razzismo spiegato a mia figlia di Tahar Ben Jelloun, un dialogo tra

padre e figlia, lo spiega in modo molto semplice. Dalla domanda iniziale «Dimmi,

babbo, cos’è il razzismo?» si aprono una serie di ragionamenti, di domande e di

risposte che cercano di chiarire un concetto non troppo chiaro per una bambina di

soli dieci anni. Infatti, è proprio questo l’aspetto che merita attenzione, ovvero che

la natura dei bambini non è razzista, lo si può solo diventare. Ogni bambino è il

riflesso delle idee e delle opinioni dei genitori e si esprime usando come modelli

proprio quelli che gli sono stati dati dalla famiglia. I bambini non sono razzisti.

«Per lo più un bambino ripete quello che gli dicono i suoi parenti, più o meno

prossimi. Con assoluta naturalezza un bambino gioca con gli altri bambini. Non si

pone il problema se quel bambino africano è inferiore o superiore a lui. Per lui è

prima di tutto un compagno di giochi. Possono andare d’accordo o litigare. È

normale. Ma non ha niente a che vedere con il colore della pelle»17.

Si riporta di seguito un aneddoto particolarmente efficace.

«Stavo tornando dall’asilo con Camille. Camille ha tre anni e mezzo. Quel giorno era contentissima perché si era molto divertita con Blaise. “Bene … e chi è questo Blaise, qual è dei tuoi compagni?” “Lo sai, è quello che ha il maglione rosso.” “No, non mi viene in mente. Come è fatto?” “Bè … non so … ha un maglione rosso!” Senza insistere oltre, aspetto l’indomani, quando, uscendo dall’asilo, chiedo a Camille di farmi vedere il suo amico Blaise. Lei me lo indica. Ha ancora il maglione rosso. Effettivamente ha un’aria simpatica, e mi fa un largo sorriso. Quel sorriso luminoso che rischiara la faccia nera dei piccoli africani!»18.

                                                            16 Ben Jelloun T., Il razzismo spiegato a mia figlia, Bompiani, Milano, 2011, p. 39. 17 Ivi, p. 81. 18 Ivi, pp. 118-119.

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Due punti di vista. Un’immagine toccante, di come un “maglione rosso” e un

“sorriso luminoso che rischiara la faccia nera dei piccoli africani” possono

descrivere la stessa uguale identica cosa ma secondo due prospettive: quella della

bambina e quella del papà. Ecco ciò che si cercava di sottolineare prima. Ai

bambini non interessano le caratteristiche etniche dei loro compagni di giochi, a

loro interessa solo giocare; il colore della pelle non è risultato un elemento

rilevante per Camille tanto da caratterizzare il piccolo amichetto in quanto,

giocando con lei, già stava appagando il suo desiderio e quella era l’unica cosa

che le importava. Il padre invece nota subito l’elemento etnico. Nessun

pregiudizio, ma sicuramente si delineano due modi di leggere la differenza.

Bambini e adulti si collocano così in due mondi diversi. E’ lo sguardo dei bambini

che andrebbe adottato, uno sguardo ingenuo ma profondo, uno sguardo che va al

di là del dato oggettivo (il colore della pelle), uno sguardo ampio sul

multiculturalismo che non vede la differenza come un ostacolo, anzi, la accoglie

incondizionatamente. Tutti siamo diversi, tutti abbiamo un colore delle pelle

diverso, chi bianco e chi nero, chi rosso e chi giallo, ma in fondo questi sono solo

colori. Quello che deve importare invece è se anche noi, come Camille, abbiamo

un amichetto con il maglione rosso… è proprio questo lo sguardo da adottare.

Analogamente, si riporta un altro passo della letteratura che approfondisce in un

certo qual modo quanto detto qui sopra.

« - Voi dovete essere contenti. Oggi entra nella scuola un piccolo italiano nato a Reggio di Calabria, a più di cinquecento miglia di qua. Vogliate bene al vostro fratello venuto da lontano. Egli è nato in una terra gloriosa, che diede all’Italia degli uomini illustri, e le dà dei forti lavoratori e dei bravi soldati; in una delle più belle terre della nostra patria, dove son grandi foreste e grandi montagne, abitate da un popolo pieno d’ingegno e di coraggio. Vogliate bene, in maniera che non s’accorga di esser lontano dalla città dove è nato; fategli vendere che un ragazzo italiano, in qualunque scuola italiana metta piede, ci trova dei fratelli. - Detto questo s’alzò e segnò sulla carta murale d’Italia il punto dov’è Reggio di Calabria»19.

                                                            19 De Amicis E., Cuore, Einaudi, Torino, 1974, pp. 16-17.

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Questa volta non è più un panorama dell’oltre mare quello a cui ci si riferisce, ma

al contrario un panorama all’interno della stessa nazione, un panorama culturale

che potrebbe, e a rigor di logica dovrebbe, definirsi assai simile. Ma nell’Italia che

descrive De Amicis in Cuore, quella di fine Ottocento, a pochi anni dall’Unità

d’Italia, la differenza tra nord e sud (perché questo è il punto del brano riportato) è

tangibile e si colora di interculturalità. L’accettazione incondizionata solo per il

fatto di essere italiani allo stesso modo, l’essere fratelli, volersi bene a

prescindere, sono i presupposti di un’apertura. E l’aula è il luogo dove avviene

tale ricongiunzione: Reggio di Calabria, anche se a più di cinquecento miglia di

distanza da Torino, in quell’aula diventa molto più vicina di quanto si possa

credere. Questa volta non sono gli elementi etnici che distinguono e che

caratterizzano i personaggi ma la distanza di provenienza, che in un passo

immediatamente successivo a quello riportato, si annulla con l’abbraccio del

capoclasse al nuovo compagno e il suo dargli il benvenuto a scuola.

Ma riportiamo tutto ciò a oggi. Scuola e migrazione vanno di pari passo. Si parla

di migrazione non solo da altri Paesi del mondo, ma anche all’interno della nostra

stessa terra e Nazione e infatti oggi è sempre più comune avere compagni di

banco che vengono da una città diversa da quella dove si trova la nostra scuola.

Due fenomeni migratori diversi, ma anche molto simili tra loro. Il fenomeno

migratorio nella sua complessità può intendere spostamenti diversi: quello da un

Paese ad un altro, o come in questo caso, quello all’interno dello stesso Paese, dal

sud verso il nord.

Se da un lato è facile trovare delle differenze oggettive con persone che non

appartengono al nostro Paese (i lineamenti del volto, il colore della pelle, la lingua

parlata, il modo di vestire…), le stesse differenze non sono poi così osservabili in

coloro che come noi sono italiani. Ovviamente, l’Italia di cui parla De Amicis è

un’Italia diversa da quella di oggi, un’Italia in cui le differenze sicuramente si

sentivano di più, un’ Italia caratterizzata da profonde divisioni e distinzioni anche

in base alla realtà di provenienza. Ma nonostante l’epoca storica sia totalmente

diversa e partendo dall’assunto che la concezione di Italiano sia profondamente

mutata, l’intento qui era di osservare quelle caratteristiche, che sono tipiche,

uniche e distintive di ciascuno. Infatti, a prescindere dalle annotazioni di ricchezza

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e povertà che distinguono nord e sud dell’Italia e la successiva necessità che può

portare a compiere una migrazione all’interno della propria Nazione, un dato

incontestabile è il bagaglio culturale che in questi spostamenti ci si porta dietro. I

dialetti ad esempio, le tradizioni, le abitudini. E questo è un dato che accomuna

chiunque intraprenda un viaggio migratorio, sia contenuto all’interno della stessa

terra, sia che attraversi un mare o un oceano. Ma il fenomeno della migrazione nel

suo complesso, non si esaurisce certo in una spiegazione cosi personale, sommaria

e generica, esso va visto nella sua ampiezza e complessità, presupponendo

tantissimi altri fattori che concorrono ad una sua definizione più specifica; senza

grandi pretese, la mia riflessione, prendendo spunto da ciò che ho letto nel libro

Cuore, voleva essere l’occasione per rimarcare proprio quanto segue, e cioè che

ogni essere umano è portatore di una identità e di un bagaglio culturale assai

diversi e tra i banchi di scuola, si ha la fortuna di poterlo osservare. Per dare

maggiore forza a questo concetto ho trovato, in un libro edito da Fatatrac per la

Regione Toscana dove sono raccolti elaborati scritti da bambini, una brevissima

poesia che centra in pieno il punto delle mie osservazioni:

«Faccia umana piccola o grande

bianca o nera gialla o mulatta

in ogni senso umana è la faccia!».

(Filastrocca della faccia umana20).

E così, tornando ancora una volta tra i banchi di scuola, Tahar Ben Jelloun, mette

l’accento su un aspetto che entra ancora più nel profondo della convivenza

multietnica, sulla quale, grazie all’universo complesso delle migrazioni, si può

ancora una volta riflettere. Parlare di convivenza multietnica, comporta una presa

di coscienza rispetto all’altro, un altro che, ormai sempre più presente, diventa

qualcuno che non è più possibile ignorare. Una realtà multiculturale che diventa

alla portata di tutti, una realtà multiculturale che va presa in considerazione in

tutte le sue specificità e peculiarità, una realtà multiculturale che fa si che ogni

                                                            20 Regione Toscana, Scuola in campo, Fatatrac, Firenze, 1995.

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essere umano possa imparare, proprio grazie alle differenze, a capire il valore che

le migrazioni stesse portano con sé.

«Quando tornerai a scuola guarda bene tutti i tuoi compagni e noterai che sono tutti diversi tra loro, e questa differenza è una bella cosa. È una buona occasione per l’umanità. Quegli scolari vengono da orizzonti diversi, sono capaci di darti

cose che non hai, come tu puoi dargli qualcosa che loro non conoscono. Il miscuglio è un arricchimento reciproco.

Sappi infine che ogni faccia è un miracolo. È unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è il simbolo della vita e ogni

vita merita rispetto»21.

1.4 La scuola e il “peso” delle migrazioni

Per avvalorare ciò che è stato appena affermato, può essere utile citare le parole di

Vinicio Ongini che come resoconto della sua pluriennale esperienza, dichiara di

avere imparato diverse cose tra cui che «la scuola italiana è il Paese delle mille

diversità, a volte imprevedibili, nonostante la rappresentazione ansiogena dei

media, che tutto vedono e niente vedono, ma bisogna conoscerla passo per passo,

metro per metro. Una scuola a “chilometro zero”! Molto più sfaccettata, colorata,

ricca di creatività e voglia di fare di quanto si immagini»22. Basta quindi limitarsi

al panorama italiano e non andare troppo lontano per rendersi conto che è

attraverso la scuola italiana, da nord a sud, che è possibile arrivare verso e oltre i

nostri confini geografici intraprendendo un “viaggio” che ci permette di conoscere

lo straniero che arriva a “casa nostra”.Si può quindi affermare anche che «la

presenza degli alunni stranieri nelle scuole italiane ha raggiunto negli ultimi anni

dimensioni significative. Da fenomeno “emergenziale” si è trasformato in

fenomeno “strutturale”, sollecitando un rinnovamento dell’organizzazione

scolastica e delle pratiche educative tale da garantire il diritto all’istruzione anche

a questi nuovi cittadini»23.

La migrazione apre il pensiero a una serie infinita di concetti, tra i quali la

diversità, ed è proprio partendo da questa diversità, a testimonianza di quanto

                                                            21 Ben Jelloun T., Il razzismo spiegato a mia figlia, ,già cit., p. 86. 22 Ongini V., Introduzione. Note di viaggio, in Noi domani, p. XVIII. 23 Favaro G., Luatti L., L’intercultura dalla A alla Z, Franco Angeli, Milano, 2009, p. 13.

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detto fino ad ora, che si fa sempre più necessaria una educazione interculturale

all’interno dell’istituzione scolastica.

Si è parlato di legislazione, perché dà un contributo necessario e indispensabile

all’educazione interculturale così come viene introdotta e definita dagli atti

ufficiali, si è parlato di integrazione, di comprensione, di conoscenza, si è parlato

di multicultura, si è parlato di accettazione, ma ancora non ci si è soffermati

sufficientemente sugli strumenti di educazione interculturale che ogni scuola ha a

disposizione, quegli strumenti che può e deve sviluppare, adattare e migliorare in

senso interculturale perché sono indispensabili per andare incontro ai risultati e

agli effetti delle già tanto citate migrazioni.

Il fenomeno della migrazione, infatti, acquisisce un ruolo e un posto essenziale e

specifico all’interno delle istituzioni educative, tra le quali la scuola; è infatti un

fenomeno che può portare ad un arricchimento e una rimessa in discussione di

pratiche e metodi ormai troppo tradizionali e che non rispecchiano più una scuola

multietnica e multiculturale come quella di oggi. Come afferma Graziella Favaro

«da circa quindici anni, la scuola ha individuato nella pedagogia interculturale la

bussola che orienta questo cammino. E il tema dell’intercultura si è pian piano

sedimentato attraverso le parole della normativa, i progetti, le pratiche e le

attenzioni didattiche, i materiali e gli strumenti prodotti. Un’interpretazione

ampiamente diffusa dell’approccio interculturale nella scuola si basa soprattutto

su alcune consapevolezze»24. Quali siano le consapevolezze è una questione che

non si vuole affrontare ancora, ma piuttosto sembra utile mettere l’accento sul

fatto che questo approccio interculturale merita una riflessione approfondita e

quindi si palesi la necessità di trovare un percorso comune che consenta una

maggiore sensibilità della stessa scuola circa il tema dell’intercultura. Per rendere

l’idea di come e quanto questa sensibilizzazione della scuola al tema

dell’intercultura sia urgente, si riporta l’estratto che segue: «sono 750.000 gli

alunni con cittadinanza non italiana seduti sui banchi di scuola nell’anno

scolastico 2011/2012»25 e per rendere ancora più significativo il dato riportato, ci

si avvale di alcuni dati ISTAT che avvalorano ancora di più quanto si è affermato

(tabelle riportate nelle pagine successive). Non si vuole fare un’analisi                                                             24 Ivi, p. 15. 25 Ongini V., Noi domani, p. 3.

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approfondita dei dati riportati ma semplicemente focalizzare l’attenzione su come,

a un primo sguardo, questi numeri possono suscitare una riflessione.

E’ possibile notare infatti come con il passare degli anni, dal 1994/1995 al

2008/2009, il numero di alunni stranieri seduti tra i banchi di scuola aumenti in

modo significativo, sia di anno scolastico in anno scolastico, sia in relazione alle

diverse aree geografiche d’Italia, sia in relazione ai diversi livelli d’istruzione.

Riprendendo i dati generali relativi ai numeri italiani e non suddivisi per area,

relativi alla scuola dell’infanzia, da 8.592 studenti stranieri, in soli 15 anni, si è

passati a 125.092. Sono tantissimi. E nello stesso modo si comportano i numeri

relativi agli altri livelli d’istruzione (tavola 2.39). Se invece proviamo a guardare i

dati relativi agli alunni stranieri e non stranieri, tutti quanti gli alunni presenti

nelle scuole italiane, la nostra attenzione può soffermarsi su un altro dato:

nell’anno scolastico 2008/2009 il numero totale dei bambini presenti nella scuola

dell’infanzia è di 1.651.713 (tavola 1). Questo significa che il 75,7 % del totale

dei bambini che frequentano la scuola dell’infanzia è composto da allievi stranieri

(Figura 7.5).

Se in generale, il numero degli alunni stranieri è assai elevato all’interno di tutti i

gradi d’istruzione, l’interesse va nello specifico ai dati riguardanti la scuola

dell’infanzia, che sono quelli che si intende volutamente e appositamente

sottolineare, non perché siano più significativi degli altri dati riportati ma perché e

qui mi aiuto con un’affermazione della Favaro, «i servizi per l’infanzia […] sono

il primo luogo entro il quale il bambino migrante vive e porta la propria

differenza. Differenza che può diventare arricchimento, fonte di creatività e di

sviluppo»26.

Senza dilungarsi in numeri e statistiche, che meritano un capitolo a parte, si ritiene

necessario concludere questa prima parte, dichiarando e sottolineando quali sono

gli aspetti essenziali sui quali focalizzare l’attenzione. Parlare di una scuola

interculturale certo non è cosa semplice e cosa da poco e infatti ne sono una prova

la varietà degli argomenti toccati fino a qui. Parlare di intercultura porta con sé

molti temi e questioni, e se qui ne sono stati trattati solo una piccola parte è

                                                            26 Favaro G., I colori dell’infanzia. Bambini stranieri nei servizi educativi, Guerini e Associati, Milano, 1991, p. 14.

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cominciando da quanto premesso, che si vuole inserire e agganciare il vero

obiettivo di questo lavoro.

Se la scuola è il luogo privilegiato dove si incontrano e si conoscono le culture,

allora è proprio da lì che è necessario partire. A scuola, come ben si sa, esiste una

programmazione didattica che, davanti a una realtà multiculturale, già data per

scontata, deve rispondere alle esigenze e ai bisogni di tutti. Solo così sarà efficace

ed efficiente. Ogni programmazione, a sua volta, proporrà ed utilizzerà degli

strumenti per raggiungere i suoi obiettivi alla fine dell’anno scolastico. Tutti

questi obiettivi, promotori di una pedagogia interculturale, serviranno a

sensibilizzare alla tematica dell’Altro e delle differenze che uniscono e non

dividono. Ma ripartiamo dagli strumenti della didattica a disposizione degli

insegnanti: ne esistono di diversi tipi. E io, quale ho scelto? Io ho scelto la lettura.

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1993-94 1994-95 1995-96 1996-97 1997-98 1998-99 1999-00 (c) 2000-01 2001-02 2002-03 2003-04 2004-05 2005-06 2006-07 2007-08 2008-09

Tavola 2.39 - Studenti stranieri per ordine di scuola, anno scolastico e ripartizione geografica (valori assoluti e per 1.000 alunni)

Italia …. 8.592 10.450 11.429 14.559 19.879 26.745 34.541 39.445 48.072 59.500 74.348 84.058 94.712 111.044 125.092

Nord-Ovest …. 3.195 3.927 4.354 5.565 8.504 10.675 13.474 15.599 19.859 24.615 30.313 33.673 37.643 43.588 48.560

Nord-Est …. 2.519 3.131 3.381 4.281 6.070 7.733 10.014 11.872 13.597 16.587 20.675 24.762 27.829 31.885 35.972

Centro …. 2.267 2.527 2.677 3.440 4.083 6.148 8.003 8.523 10.007 13.348 17.231 18.809 21.409 25.447 28.583

M ezzogiorno …. 611 865 1.017 1.273 1.222 2.189 3.050 3.451 4.609 4950 6.129 6.814 7.831 10.124 11.977

Italia …. 5,4 6,6 7,2 9,2 12,6 16,9 22,0 24,7 29,6 36,2 44,9 50,6 57,3 67,1 75,7

Nord-Ovest …. 9,2 11,2 12,3 15,5 23,2 29,0 36,2 40,9 51,2 61,8 75,0 82,2 91,0 104,9 116,0

Nord-Est …. 10,1 12,2 13,4 16,6 23,5 29,4 37,7 43,0 48,1 57,0 70,0 82,5 91,7 104,1 116,3

Centro …. 8,3 9,1 9,7 12,3 14,6 21,9 29,3 29,9 34,3 45,4 57,9 62,6 70,8 83,5 93,4

M ezzogiorno …. 0,9 1,2 1,5 1,8 1,8 3,3 4,7 5,3 7,0 7,5 9,3 10,5 12,4 16,1 19,4

RIPARTIZIONE GEOGRAFICA

DELL'INFANZIA (a)

Fonte: ISTAT, dati Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Scuole dell'infanzia statali e non statali, Tavola 2.39 - Studenti stranieri per ordine di scuola, anno scolastico e ripartizione geografica (valori assoluti e per 1.000 alunni).

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23 

 

Tavola 1 - Scuole, classi e alunni delle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo

2005/2006 24.845 72.624 1.662.139

2006/2007 24.848 73.161 1.652.689

2007/2008 24.727 73.050 1.655.386 M arche 605 1.694 41.797

2008/2009 24.518 72.889 1.651.713 Lazio 1.872 6.513 151.102

Abruzzo 645 1.544 35.572

Piemonte 1.642 4.599 112.736 M olise 169 363 7.797

Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 90 192 3.561 Campania 2.886 9.278 194.315

Liguria 577 1.585 37.191 Puglia 1.587 5.555 122.382

Lombardia 3.058 11.013 273.988 Basilicata 285 731 15.611

Trentino-Alto Adige/Südtiro l 618 1.516 32.472 Calabria 1.358 2.916 60.185

Bolzano/Bozen 335 769 16.046 Sicilia 2.506 6.996 150.097

Trento 283 747 16.426 Sardegna 787 1.936 41.598

Veneto 1.757 5.918 138.947 N o rd 9.760 30.737 742.645

Friuli-Venezia Giulia 487 1.369 31.227 C entro 4.238 13.055 310.785

Emilia-Romagna 1.531 4.545 112.523 M ezzo gio rno 10.223 29.319 627.557

Toscana 1.346 3.859 94.039 IT A LIA 24.221 73.111 1.680.987

grado per regione - Anno scolastico 2009/2010

ANNI SCOLASTICI REGIONI

Scuole dell'infanzia

Scuole Sezioni Bambini

Fonte: ISTAT, Scuole dell'infanzia statali e non statali, Tavola 1 - Scuole, classi e alunni delle scuole dell'infanzia per regione - Anno scolastico 2009/2010.

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Dell'infanzia PrimariaSecondaria di primo

grado

Secondaria di secondo

gradoUniversità

1992 /1993 3,9 5,1 3,1 1,5 12,2

1993/1994 4,0 7,3 4,3 1,9 14,6

1994/1995 5,4 7,2 4,7 2,2 13,8

1995/1996 6,6 8,5 5,0 2,4 12,8

1996/1997 7,2 8,9 6,5 3,0 13,0

1997/1998 9,2 11,7 8,4 3,6 13,6

1998/1999 12,6 14,8 11,7 4,1 13,8

1999/2000 16,9 20,3 16,4 5,8 14,0

2000/2001 22,0 24,9 20,7 8,2 15,3

2001/2002 24,7 30,3 25,5 10,4 15,3

2002/2003 29,6 36,6 31,1 13,3 18,0

2003/2004 36,2 44,7 39,6 19,9 19,6

2004/2005 44,9 53,3 47,4 24,0 21,3

2005/2006 50,6 59,5 55,6 30,9 22,8

2006/2007 57,3 67,7 65,4 37,8 26,2

2007/2008 67,1 76,9 73,2 43,5 28,6

2008/2009 75,7 83,1 79,6 48,0 29,5

Figura 7.5 - Studenti stranieri iscritti a scuola e all'università - Anni 1992/1993-2008/2009 (per 1.000 iscritti)

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

80,0

90,0

1992

/1

993

1993

/199

4

1994

/199

5

1995

/199

6

1996

/199

7

1997

/199

8

1998

/199

9

1999

/200

0

2000

/200

1

2001

/200

2

2002

/200

3

2003

/200

4

2004

/200

5

2005

/200

6

2006

/200

7

2007

/200

8

2008

/200

9

Dell'infanzia Primaria

Secondaria di primo grado Secondaria di secondo grado

Università

Fonte: ISTAT, Rilevazione sulle scuole e università (anni 1992/1993-2000/2001) e Fonte: MIUR Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (anni 2001/2002-2008/2009), Figura 7.5 – Studenti stranieri iscritti a scuola e all’università - Anni 1992/1993–2008/2009 (per 1.000 iscritti).

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Capitolo II

Leggere e scrivere: promuovere la letteratura

interculturale

Un curiosissimo libro in cui mi sono imbattuta in biblioteca, centra tutta la sua

attenzione sull’utilizzo della lettura in previsione del futuro di ciascun bambino.

Franco Dessì dedica questo libro nella prima pagina «ai genitori, agli insegnanti,

agli educatori e a tutti coloro che hanno a cuore la salute e il benessere dei

bambini»27. L’impostazione del libro è proprio quella di un albo illustrato, mentre

i contenuti sono per così dire più da adulti, ma non esclusivamente. La lettura è

presentata come mezzo di prevenzione che ogni genitore deve fornire ai propri

figli in quanto adatta per affrontare la realtà e sin dai primi mesi di vita in quanto

è proprio iniziando dalla tenera età che i piccoli possono essere sensibilizzati a

determinati comportamenti. Ad esempio, un precoce contatto con la lettura può

favorire il suo successo in età più avanzata, come può favorire il successo

scolastico, creare le attitudini all’ascolto, aumentare i tempi di attenzione,

migliorare il linguaggio ricettivo ed espressivo, accrescere il vocabolario oltre che

servire a stimolare la fantasia, affinare la capacità di apprendimento, migliorare la

salute psichica del bambino, produrre sviluppo cognitivo e incoraggiarlo ad

esprimere i propri sentimenti28.

Oltre a tutte queste caratteristiche che fanno della lettura un grande tesoro da

custodire e promuovere è importante anche adattare la sua funzionalità alla

specificità del contesto sociale nel quale va inserita.

Infatti il contesto sociale e culturale a cui ci si riferisce, quello di una società in

evoluzione, cioè la nostra, partendo dalla scuola, ha sempre più a cuore ed è

sempre più sensibile a dei cambiamenti che non è più possibile ignorare.

Cambiamenti che rientrano in una dimensione specifica, quella dell’intercultura,

cambiamenti che aprono una riflessione profonda circa l’urgenza e la necessità di

interventi pedagogici che siano sensibili e efficaci, cambiamenti che possono

essere affrontati grazie ad alcuni strumenti che già vantano un grande utilizzo

                                                            27 Dessì F., illustrazioni di Dessì J., Dessì F., Leggere il futuro, Franco Dessì, Ghilarza (OR), 2008. 28 Cfr., Ivi, pp. 10-19.

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all’interno delle istituzioni educative. Proprio per questa ragione è necessario

ripensarli e adattarli a delle realtà e a dei soggetti che meritano questa attenzione,

dei soggetti che anno dopo anno, come già constatato nel capitolo precedente,

“popolano” sempre di più i banchi di scuola e, soprattutto degli strumenti che

possono sensibilizzare al tema dell’intercultura attraverso la conoscenza dell’altro

e della sua cultura di provenienza.

Ma prima di soffermarsi sul ruolo che lo strumento lettura ha nella promozione di

un atteggiamento interculturale, si ritiene doveroso aprire una parentesi sul

significato di questa attività come strumento di educazione di base, strumento

indispensabile per la crescita e lo sviluppo di competenze sia all’interno del

contesto scolastico che all’interno della famiglia.

2.1 La lettura tra scuola e famiglia

Lo strumento lettura preso nelle sue diverse applicazioni e ammettendo il suo

utilizzo sia nelle attività scolastiche che nei luoghi più familiari e di educazione

informale, possiede un’enorme importanza e rilevanza, considerata l’essenzialità

della sua valorizzazione in quanto esperienza fondamentale. Dati questi

presupposti, è utile iniziare a indagare questo strumento per studiarlo più da

vicino.

Leggere è un’attività che può coinvolgere più persone o più semplicemente

coinvolgerne una sola, può essere un’attività di gruppo o essere un’attività

individuale, e proprio a questo proposito questa differenziazione diventa

fondamentale quando si parla di bambini della scuola dell’infanzia. Si sa, infatti,

che la competenza del saper leggere inizia a svilupparsi e a consolidarsi nella

scuola primaria, a partire dalla prima elementare. Prima di questo tempo,

nonostante qualche eccezione, solitamente si è più che altro degli ascoltatori. Sia

degli ascoltatori attenti e partecipi, sia degli ascoltatori che possono interagire col

libro attraverso le immagini rappresentate sulle pagine. È possibile infatti leggere

un libro anche attraverso le figure, facendo lavorare l’immaginazione e la

creatività, che certo ai bambini non mancano. Anzi i bambini ne sono una risorsa

infinita!

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Nella scuola dell’infanzia, più che nelle scuole primarie (e questo lo dico anche

rispetto alla mia esperienza personale), si è soliti leggere dei libri alla classe, più o

meno complessi in base all’età di chi ascolta, e fare di questi momenti delle vere e

proprie attività programmate, che cercano di incrementare le capacità di ascolto e

comprensione. Finita la lettura infatti spesso si fanno delle domande che vogliono

testare il grado di attenzione dimostrato dai più piccoli rispetto ai contenuti

appena narrati. Un’attività breve, ma che in alcuni casi può prolungarsi con

un’attività pratica o un gioco legati alla storia appena letta, piena di significati

simbolici che aiutano ciascun bambino a rielaborare situazioni di vita quotidiana.

È un genere di attività che può essere fatta in qualsiasi momento, anche se,

soprattutto quando si parla dell’ambiente familiare, deve fare i conti con il poco

tempo che spesso hanno i genitori per leggere un libro insieme ai loro figli. È

un’attività che richiede attenzione, che chiede di essere valorizzata e non essere

trascurata o tirata via, un’attività che deve essere desiderata da entrambi, non dico

allo stesso modo, ma quasi.

Ritornando al contesto della scuola, importantissime sono quelle attività

indirizzate a quella che può essere chiamata attività di pensiero, come la lettura e

le attività di lingua. Infatti, queste attività, hanno un ruolo fondamentale,

soprattutto per quello che riguarda i bambini più piccoli. Leggere,

automaticamente migliora il loro vocabolario, e se ciò è auspicabile a scuola, non

è detto che avvenga solo ed esclusivamente li. Infatti anche la famiglia è

importantissima, e non è certo un segreto che leggere un libro, con i figli o ai

propri figli, stimoli in loro il piacere della lettura e che questo potrebbe fare di

loro da grandi dei potenziali lettori. È un’attività che va stimolata gradualmente,

non imposta, ma se presentata in modo adatto e congeniale alla specificità di ogni

bambino, può sicuramente portare i suoi frutti; ogni genitore deve cercare di

instaurare buone abitudini ai propri figli e la lettura, per una serie di motivazioni

che cercherò di approfondire qui di seguito, è una di queste. Sia a scuola che in

famiglia ricevere attenzione e approvazione da parte degli adulti è molto

importante per i bambini e fondamentale risulta il metodo che si decide di adottare

quando si vuole instaurare in loro questo piacere. Leggere un libro permette di far

lavorare l’immaginazione, una immaginazione che abbraccia il mondo intero.

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Tutto è infatti possibile grazie all’immaginazione. Leggere può essere considerato

un gioco o un’attività piacevole e a prescindere da come si vuole considerarla o

chiamarla è un’attività dalla quale il bambino, oltre che imparare, può apprendere

ad usare la sua creatività.

Se ogni bambino avesse solide basi nella lettura e avesse buone capacità verbali

allora avrebbe anche buone possibilità di avere successo a scuola, un successo che

può essere di grande aiuto per fronteggiare il mondo, proprio quel mondo che

ricordavo prima, quello che diventa sempre più complesso, quello nel quale

viviamo. Per un successo ottimale, è necessario e importante che venga stimolato

un interesse vivo nei confronti dell’apprendimento e delle parole: questo significa

saper leggere e scrivere per poter padroneggiare il mondo. Quando leggiamo una

storia, o quando vediamo le parole stampate su un pagina, ci rendiamo conto che

quei segni, quelle parole scritte nero su bianco, hanno un significato ed è così che,

imparando a leggere e scrivere, si rafforzano la capacità di pensare con chiarezza,

la capacità di comunicare e, di conseguenza, di acquisire una maggiore fiducia

nella propria capacità di farsi capire dagli altri. La fiducia in generale, passa

attraverso alcuni stadi; inizialmente, nei primi anni di scuola, è legata alla capacità

di leggere. La facoltà di leggere si può acquisire in modi diversi e a seconda delle

esigenze che i bambini presentano e gli interventi delle/degli insegnanti possono

essere di diverso tipo. Mentre alcuni bambini imparano meglio ascoltando i suoni

delle lettere, altri preferiscono l’approccio visivo; inoltre, non tutti sono in grado

di leggere nello stesso periodo e quindi bisogna porre attenzione ai vari stadi di

sviluppo di ciascuno e aspettare il momento adatto. Importantissimo è seguirli con

attenzione, poiché è soltanto in questo modo che non viene a mancare la fiducia

che nutrono in se stessi e nelle loro capacità, assicurando di conseguenza che le

difficoltà incontrate non diventino uno ostacolo al loro apprendimento ma al

contrario, uno stimolo a migliorarsi. Per questo motivo, molti bambini se hanno

basi solide, riescono ad acquisire i primi elementi della lettura anche nel periodo

della scuola dell’infanzia. Ovviamente tutto questo può avvenire se si offre ai

bambini la possibilità di migliorare le loro capacità di lettura in modo continuativo

offrendogli molte occasioni di lettura sia all’interno della scuola che fuori di essa.

Non è certo un segreto che più si fa pratica, più si migliora! Ma dare buone

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abitudini, significa essere noi stessi i primi ad attuarle, solo in questo modo

riusciremo a comunicare e condividere la gioia che ci da leggere un bel libro

rendendo questo strumento ancora più avvincente, convincente e divertente agli

occhi di chi ci guarda “dal basso verso l’alto”. Leggere un buon libro a un

pubblico di piccoli ascoltatori affina ancora di più la loro capacità di ascoltare, che

è senza dubbio molto sviluppata e, intraprendere delle attività di lettura fa si che

ogni bambino venga stimolato a una serie di competenze come leggere in modo

creativo e produttivo e sviluppare la sua capacità di comprensione. È un lavoro

graduale, adattabile a bambini di ogni età. Se nella scuola dell’infanzia gli esercizi

di pre-lettura si limiteranno a qualche parola e a comprenderne il significato, nella

scuola elementare questi esercizi saranno più complessi e riguarderanno piuttosto

il riflettere su ciò che si sta leggendo29.

Ma se invece ci trovassimo di fronte a un “pubblico ” meno omogeneo di quello

che si dava per scontato fino a poco tempo fa? Se invece leggessimo un libro a un

bambino che non capisce quasi niente di che cosa stiamo leggendo? Se la scelta

del libro da leggere fosse fondamentale per attirare l’attenzione?

Allora sarebbe necessario rivedere le nostre attività in base alle esigenze e ai

bisogni di chi abbiamo davanti, che da un certo punto di vista sono esigenze e

bisogni diversi da quelli descritti fino a qui e quindi visti non solo in relazione

all’età dei bambini.

2.2 Esigenze e bisogni diversi: famiglie immigrate e scuola

Dando per scontato quanto detto fino a qui, e cioè che la promozione alla lettura

deve avvenire sia all’interno delle mura domestiche che all’interno della scuola, e

che le competenze di base che si sviluppano sono a prescindere elementi basilari

di una educazione improntata alla promozione della lettura, si desidera mettere

l’accento ancora una volta sul fatto che l’attenzione ai bisogni e alle esigenze dei

singoli bambini sono l’ABC di una educazione efficace, una educazione di

qualsiasi tipo. Tutti i bambini hanno esigenze e bisogni, e questo è un dato teorico

e pratico inconfutabile di cui abbiamo le prove grazie ai contributi di diverse

                                                            29 Cfr., Tuttle C., Paquette P., Giochi con le parole. Per imparare a leggere divertendosi, Red edizioni, Como, 1995, pp. 9-28.

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discipline. Ma esistono dei bisogni e delle necessità particolari che si devono

imparare a tenere in considerazione, quando ci si trova davanti dei bambini

stranieri. Quindi oltre alla capacità di ascolto e di comprensione, oltre alla

capacità di immaginare, di essere creativi e di imparare insieme divertendosi, oltre

a sviluppare la fiducia in se stessi, si devono tenere in conto un’altra serie di

fattori.

Primo dato cui fare riferimento è la sempre più alta percentuale di bambini

stranieri presenti nei servizi per l’infanzia. Se tanti di loro sono nati in Italia e

sono figli di immigrati, altri sono stranieri a tutti gli effetti e quindi nati in altri

Paesi. Questo non è un dato da trascurare, anzi è necessario fare una distinzione

tra bambino immigrato e bambino autoctono. Anche se, in relazione a questa

distinzione, il fattore età non comporta grandi differenziazioni. Bambini di prima

o seconda generazione presentano problematiche e necessitano di attenzioni di

uguale intensità ed è sbagliato dire che prima avviene il loro inserimento più sarà

facile che questo sia positivo. Si apre così una lista lunghissima di valori, di

culture, di etnie, di luoghi, di esperienze diverse che è necessario tenere in

considerazione. Rispetto a questi elementi appena elencati, esistono alcuni spazi

che necessitano di un approfondimento, in quanto essenziali a un livello

fondamentale di organizzazione della personalità e di conseguenza di uno sguardo

attento in relazione all’educazione che viene messa in atto da parte degli agenti

formativi (formali, ma anche informali come la famiglia). Gli spazi cui si

accennava poco sopra sono lo spazio geografico, lo spazio del corpo e lo spazio

linguistico. Il primo spazio, quello geografico è legato al problema dello

sradicamento e quindi quello spazio immaginario, costituito dai sentimenti di

perdita e separazione, che viene trasmesso al figlio dai genitori rispetto al paese di

origine. Lo spazio del corpo è quello relativo alle costruzioni sociali di ogni

cultura in relazione alla percezione nel modo di concepire i contatti sociali, le

frontiere di intimità, i rapporti con l’altro e le manifestazioni sociali. Il terzo

spazio, quello linguistico, riguarda i sistemi di comunicazione verbali e non-

verbali30.

                                                            30 Cfr., Favaro G., I colori dell’infanzia, pp. 11-14.

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I servizi per l’infanzia, sono per definizione i primi luoghi dove i bambini

autoctoni e i bambini immigrati possono convivere e dove, proprio grazie alla loro

compresenza, è possibile iniziare a vivere la differenza che deve «diventare

arricchimento, fonte di creatività e di sviluppo»31. Una compresenza che si

realizza e che trova la sua massima espressione, se e solamente se, anche i servizi

sviluppano percorsi di incontro interculturale e valorizzano lo scambio che sta alla

base di queste relazioni.

Tutto ciò è reso possibile dal rapporto tra scuola e famiglie immigrate ed è proprio

prendendo spunto dall’affermazione riportata nel testo di Moscati, Nigris e

Tramma che è possibile riflettere su quanto segue: «la scarsa presenza e

partecipazione dei genitori stranieri rispetto alla vita scolastica dei figli o alle

attività offerte dalla scuola non vengono interpretate come il segno di un diverso

modello educativo o di condizioni di vita difficili, ma possono venir diagnosticate

come la prova di cure inadeguate da parte dei genitori da segnalare ai servizi

sociali»32.

È necessario far strada alla consapevolezze che è importante lasciare da parte un

modello educativo familiare rigido che attua una netta separazione tra lo spazio

familiare e quello scolastico e che invece è grazie alla partecipazione e alla

valorizzazione di questo incontro che si può realmente partecipare a creare i

presupposti per una educazione interculturale attenta ai bisogni e alle necessità di

tutti. In questo senso la famiglia è un vero e proprio partner educativo,

fondamentale quindi è non ignorare le motivazioni e la logica dell’altro, ma anzi

favorire la comunicazione, dal momento che è solo creando la consapevolezza di

questa necessità, che anche i bambini potranno giovare di questo ordine

comunicativo ristabilito. Nei servizi pre-scolari l’approccio educativo quindi si

fonda sul rapporto tra genitori e educatori, un rapporto che deve essere fatto di

interdipendenza e interrelazioni, un rapporto che è fatto di reciproca fiducia e che

vede al centro di ogni sua preoccupazione il bene del bambino e di un suo corretto

sviluppo in relazione alle sue necessità. Delle necessità che sono legate in modo

prescindibile allo spazio familiare, uno spazio familiare che nella sua specificità

                                                            31 Ivi, p. 14. 32 Moscati R., Nigris E., Tramma S., Dentro e fuori la scuola, Mondadori, Milano, 2008, p. 36.

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determina il punto di partenza di ogni progetto educativo, il quale radicandosi

nell’esperienza deve essere mirato e efficace, ed essere strettamente collegato a

quella che è la sua vita e il suo sapere, la sua lingua e il suo corpo33.

Ed ecco che così, tutto si ricollega, sempre facendo riferimento ai bambini

immigrati, a quei tre spazi a cui si accennava prima. Se non si parte

dall’esperienza familiare e da tutta quella rete di valori, conoscenze che ne stanno

alla base e che sono il suo a priori, il bambino non troverà mai un vero e proprio

collegamento tra se stesso e la scuola e non sarà quindi mai destinatario di una

vera ed efficace educazione. Lo spazio geografico, lo spazio del corpo e lo spazio

linguistico così, in modo del tutto inconsapevole, attraverso la differenza,

diventano occasione per il bambino di mettersi in gioco, grazie alla mediazione

della famiglia e delle educatrici o degli educatori, che riconoscendo la scuola

come occasione di arricchimento, gli danno una grande possibilità.

Avvalorando sempre di più la tesi che il compito delle famiglie immigrate è

fondamentale per l’inserimento dei propri figli all’interno delle nuove società e

quindi nella scuola, si continua a portare argomentazioni che possono aiutare

ancora di più a focalizzare la questione.

Per la famiglia immigrata infatti, il bambino, rappresenta la continuità delle

origini ma anche la frattura con il passato: un bambino che può mettere in crisi le

certezze, i bisogni e i valori tradizionali. Vivere nel nuovo Paese così, porta con sé

una serie di problematiche per la famiglia che non sempre intraprende un

cammino privo di ostacoli ma anzi, costituito da rotture, rimpianto, distacco,

nostalgia per quella che era la vita nella terra di origine. Se per i figli è più

semplice vivere nella nuova “comunità” grazie alla scuola, per i genitori certo,

non lo è altrettanto e vengono di fatto travolti da un importante processo di

cambiamento e ridefinizione di sé, che in certi casi possono rendere lo stesso

processo che prima definivo semplice, difficoltoso per gli stessi figli. Nonostante

ciò, per i genitori immigrati e soprattutto per le madri, esiste anche il rovescio

della medaglia: si apre per loro un ventaglio di sollecitazioni. Tra le prime, quelle

relative alla cura (prima e durante la gravidanza ad esempio), per cui gli è chiesto

di ridefinire alcuni comportamenti di cura e prevenzione magari lontani dalle

                                                            33 Cfr., Ivi, p. 15.

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consuetudini apprese nella terra di origine, e che per una serie di motivi non

possono concretizzarsi a causa delle diverse condizioni di vita. Seconda

sollecitazione, la scuola; ed è proprio grazie, ancora una volta alla presenza dei

figli, che avviene questo incontro fondamentale. La scuola di per sé si è detto che

favorisce un incontro, … ma non sempre! Infatti, se per i bambini avviene un

incontro con i nuovi valori e i nuovi comportamenti, per i genitori questo stesso

incontro si configura piuttosto come un incontro-scontro portatore di una rottura

con i valori e i comportamenti legati alla loro tradizione. Di fatto quindi si ha un

enorme divario, tra quella che è l’educazione familiare e quella che è invece

l’educazione scolastica e se solitamente, con l’educazione scolastica, si cerca un

rapporto equilibrato tra quello che è il passato e il presente del bambino, con

l’educazione familiare si cerca di attuare un processo identitario che abbia solide

basi e sia fortemente ancorato a riferimenti, schemi e modelli di stampo

tradizionale come la religione e la lingua del paese di origine. Il bambino così,

vive due vite parallele, quella della famiglia, chiusa alle novità del nuovo Paese

che vuole salvaguardare la propria identità, e quella della scuola, aperta al

confronto delle differenze, che non le vuole rinnegare ma anzi, farne il

presupposto di una educazione improntata all’altro con tutte le sue peculiarità e

specificità34.

Senza dilungarsi ulteriormente su questo doppio processo di cui il bambino è

destinatario, si desidera fare una precisazione. L’intenzione non era condannare

nessun tipo di atteggiamento, ma anzi, sottolinearlo per comprendere meglio il

contesto entro il quale sia l’educazione scolastica, e quella a impronta

interculturale soprattutto, debbano intervenire. Problemi legati all’inserimento, gli

scontri culturali e di identità, sono ciò da cui partire quando si desidera educare

all’intercultura. Ogni bambino può risentire degli atteggiamenti qui sopra

contestualizzati, sentirsi a disagio e disadattato, sensazioni che non sono altro che

la conseguenza di questi messaggi contradditori tra la scuola e la famiglia.

E sono proprio la scuola multiculturale, la pedagogia e l’educazione interculturale,

la programmazione didattica che attraverso gli strumenti che hanno a

                                                            34 Ivi, pp. 59-67.

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disposizione, che dovrebbero avviare una pratica educativa essenziale in questo

senso, che faccia emergere le potenzialità che si nascondono in ogni bambino,

qualunque sia la sua provenienza.

E per fare ciò, si cercherà di provare come la strumentalità del leggere possa

essere per i bambini un’esperienza essenziale di ricostruzione dell’identità e di

valorizzazione e promozione della diversità, e di come grazie a questa pratica

possano arricchire il proprio bagaglio culturale e non rinnegarne una parte.

2.3 L’atteggiamento interculturale per la promozione della

lettura

Parlare di educazione interculturale, limitatamente al campo di azione delle

pratiche educative, presuppone uno sguardo attento e una selezione sia dei saperi

da cui trarre spunto le varie indicazioni e i suggerimenti utili a livello teorico, sia

costruire e predisporre attività didattiche a livello pratico e concreto.

Affrontando la pedagogia interculturale sotto il profilo teorico, esistono diverse

specializzazioni che ogni educatore o educatrice devono tener di conto. Non si

ritiene necessario dilungarsi più del dovuto su questi ambiti del sapere, ma si

ritiene necessario quantomeno citarli. L’etnografia ad esempio, considerata come

scienza che analizza le modalità che un determinato gruppo etnico adotta al

proprio interno per socializzare verso l’esterno, è fondamentale. Ogni persona

debita e impegnata nel processo di insegnamento – apprendimento, in qualità di

osservatore, deve tenere di conto come i bambini stranieri mescolati a quelli

italiani mettono in pratica gli stili di socializzazione (se si analizza il contesto di

una classe italiana): un vero e proprio metodo di lavoro che possa essere alla base

di vere e proprie ricostruzioni di biografie infantili interculturali. Un secondo

indirizzo, è quello psicosociale e quindi le modalità attraverso cui ogni bambino

interiorizza il mondo grazie alla mediazione degli altri, siano questi coetanei o

adulti. Grazie a questo processo ogni bambino straniero e non sarà in grado di

costruire la sua identità in maniera sempre più complessa. Fondamentali quindi

risultano le influenze che gli altri hanno ed esercitano sul bambino e di come gli

altri si pongono nei suoi confronti. Interessante infatti è accennare a quel processo

che la psicologia sociale chiama processo di significazione, ovvero quel processo

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35 

 

per il quale il soggetto modella e interiorizza le informazioni che gli vengono

trasmesse dagli altri, se pensa che queste stesse informazioni gli siano utili a

comprendere e scoprire quello che fa o pensa e ciò che ha un significato per se

stesso. In linea con quanto detto quindi, se un bambino straniero pensa che parlare

la lingua dei genitori costituisca un ostacolo al suo bisogno di accettazione da

parte degli altri bambini della sua classe, sarà restio ad apprenderla35.

Passando all’aspetto più prettamente concreto e pratico della pedagogia

interculturale, ci ritroviamo davanti alle attività didattiche che esemplificano e

danno spazio a vere e proprie esperienze sul campo che tengono appunto in

considerazione quella che è la teoria a cui si accennava.

Tra le tante attività che esistono all’interno della scuola, la lettura ha un peso

importante. Un atteggiamento interculturale alla lettura porta con sé una serie di

caratteristiche e variabili che non possono essere lasciate al caso. Quando si parla

di scuola dell’infanzia, la lettura cui si fa riferimento, non può che essere quella ad

alta voce, fatta dall’insegnante, anche se non sono rari i casi in cui i bambini stessi

prendono un libro dallo scaffale e lo leggono secondo le loro possibilità, grazie

alle immagini.

Si ritiene in ogni caso necessario puntualizzare che un approccio interculturale

della scuola, non si avvale solo ed esclusivamente della strumentalità del libro, ma

esistono diverse metodologie utilizzate da parte degli/delle insegnanti e degli/delle

educatori/educatrici per favorire l’uso delle intelligenze multiple, ovvero quelle

attività didattiche che sviluppano in modo equilibrato l’individuo attivando sia la

sfera emotiva e corporea che quella cognitiva. Quindi non solo la lettura, ma

anche la musica, il disegno, i video, i film, le nuove tecnologie etc etc … .

Tornando alla lettura, i libri, e in generale, qualsiasi tipo di libri (libri di testo, libri

di lettura … ), contengono un’enorme quantità di informazioni e il loro scopo,

troppo spesso, è quello di trasmettere il più alto numero di conoscenze. Gli alunni

sono visti quindi come soggetti passivi, su cui riversare il maggior numero di

informazioni, dei contenitori nei quali accumulare il più possibile. Quando si parla

invece di approccio interculturale cambia lo sguardo d’insieme e l’alunno è visto

come parte attiva del proprio processo di apprendimento. Non si dà importanza

                                                            35 Ivi, pp. 102-109. 

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36 

 

alla memorizzazione delle informazioni ma piuttosto al percorso che ogni studente

intraprende e nel quale sperimenta delle metodologie attive o interattive, che

rispettano la sua unicità, le sue capacità e le sue abilità e che possono essere

trasferite da una materia all’altra o da un’attività didattica all’altra. Esistono

discipline e attività che più si prestano a una elaborazione di percorsi interculturali

(la storia, la geografia … ) ma in generale tutte quante le discipline e le attività

possono adattarsi a un approccio di questo tipo. Importante è che a monte di

questo lavoro, ogni insegnante tenga di conto gli obiettivi che stanno alla base dei

bisogni di ogni classe e di ogni alunno e che quindi selezioni gli argomenti in

relazione proprio a questi bisogni: se si vuole sottolineare l’importanza dei valori

universali e dei diritti umani, ad esempio, si può pensare a un percorso che metta

l’accento sugli elementi di unità e condivisione tra gli uomini. Senza entrare

troppo nello specifico ed elencare tutti i possibili percorsi interculturali con cui

approcciare le diverse discipline e attività, in generale i diversi contenuti si

possono adattare in modi diversi e spesso per sottolineare e illustrare come i

diversi popoli rispondono ai bisogni universali con differenti modalità e specifiche

della propria cultura. Selezionando i vari contenuti infatti, è necessario e

indispensabile tenere ben presente il criterio della pluralità dei punti di vista. Nei

libri di lettura di promozione interculturale, ad esempio, spesso (dipende dalla

tipologia di libro), si ricostruiscono avvenimenti storici, si dà la parola a

personaggi non protagonisti appartenenti a minoranze etniche o culturali. Questo

dato, può essere l’occasione per dare uno sguardo d’insieme della vicenda umana

fatta di identità, modi e abitudini diverse e può costituire un’occasione d’oro per

iniziare a costruire e formare mentalità aperte al dialogo e al confronto. Ancora.

Tenendo ben presente la pluralità dei punti di vista, si può, ma non è obbligatorio

quanto più funzionale, declinare i vari contenuti in senso interdisciplinare

affrontando le varie tematiche in un percorso che sia comprensivo di diversi

ambiti del sapere. In questo modo si darà la possibilità agli alunni di acquisire un

maggior numero di conoscenze e competenze ed in modo trasversale, potranno

utilizzarle sia nella scuola, rispetto alle diverse materie e attività didattiche, che al

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di fuori di essa, nell’esperienza quotidiana36. Prendendo sempre ad esempio il

libro, tutto questo è ipotizzabile e realizzabile.

Entrando così in merito e nello specifico di ciò che si intende per approccio

interculturale alla lettura, si cercherà di presentare, delineandola, una attività ad

hoc con le sue possibili applicazioni e peculiarità in relazione a una didattica che

sia promotrice di determinate funzioni e portatrice di determinati contenuti e

valori.

Pensiamo a una scuola per l’infanzia, pensiamo a una sezioni di tanti bambini

seduti in cerchio che guardano la maestra, seduta tra di loro con un libro in mano,

pronti a entrare nel meraviglioso e magico mondo della favola che, la stessa

maestra, si sta accingendo a leggere.

Ma prima di descrivere i contenuti dell’attività che si è iniziato ad accennare, è

necessario porsi due domande. La prima: quale libro scegliere? La seconda: per

quali bambini?

Dando per scontato che si deve promuovere la lettura interculturale e che la classe

che si immagina presenta un alto numero di bambini stranieri, il libro scelto sarà

scelto per tutti quanti questi bambini e sarà un libro ambientato in un “altro

mondo”, un mondo lontano o immaginario, un mondo popolato da personaggi

diversi (dove diversi no sta per strani!), personaggi che vivono in posti e luoghi

diversi da quelli conosciuti e hanno usanze diverse da quelle che quotidianamente

ogni bambino può sperimentare nel suo piccolo, e ancora, personaggi che parlano

una lingua che per qualcuno di quegli stessi bambini può risultare

incomprensibile.

Ritornando all’attività di lettura… I bambini ascoltano incuriositi la storia e

totalmente immersi in quel mondo che la maestra sta raccontando e illustrando,

tenendo il libro in modo che tutti possano vedere le figure, si immaginano quel

mondo solo incantato per molti, e per altri invece, legato al ricordo delle origini,

al ricordo della famiglia, al ricordo delle vacanze estive, al ricordo di quando era

più piccolo, al ricordo di prima che venisse in Italia. Così, i contenuti, i luoghi

lontani descritti, gli usi e i costumi, la lingua e le espressioni usate, il colore della

pelle dei personaggi rappresentati, i loro nomi, si ricollegano alla loro esperienza

                                                            36 Cfr., Favaro G., Luatti L., L’intercultura dalla A alla Z, pp. 156-159.

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diretta con un mondo che in realtà continuano a vivere all’interno delle mura delle

loro case. Tanti elementi utili a rivivere esperienze passate e ricordi, magari,

lontani, o semplicemente elementi che offrono un’occasione per conoscere cose

nuove, posti nuovi, realtà nuove, specifiche di quei loro amichetti che stanno

seduti al loro fianco.

Ovviamente non è necessario che tutte queste caratteristiche siano presenti allo

stesso tempo in una lettura. Si è voluto metterle tutte insieme per sottolineare e

mettere l’accento sulle diverse sfaccettature che una lettura di questo tipo può

presentare. A volte le storie non sono ambientate in mondi lontani, altre volte i

personaggi non presentano caratteristiche etniche particolari, altre volte ancora

non sono presenti parole significative di una determinata cultura o lingua, quello

che in realtà ha importanza è che la lettura abbia un determinato scopo, un

determinato messaggio, quello dell’intercultura, quello della riscoperta di

determinate radici culturali, quello di suscitare curiosità nei bambini per le diverse

culture o per i diversi mondi narrati e rappresentati e per i valori di cui ciascuna

cultura è portatrice.

Grazie al racconto, grazie alla lettura della maestra i bambini, tutti i bambini,

avranno la possibilità di sperimentare un po’ del vissuto dell’altro, conoscere le

sue caratteristiche, la sua cultura e i suoi valori e avranno la possibilità di rendersi

conto che, in fondo, non sono poi così diversi!

2.4 Scrivere di sé

Tra i compiti umani dell’agire e del pensare rientra quella pratica che è lo scrivere

di sé. Pensarsi e raccontarsi secondo riflessività non sono altro che un livello

avanzato della percezione del proprio senso di appartenenza, a se stessi e al

proprio gruppo, e sono indice di un essere predisposto a una missione umana di

emancipazione che vuole in modo autonomo e auto realizzante raccontare il

proprio progetto di vita. Scrivere la propria storia diventa in questo senso una vera

e propria esperienza soggettiva, di chi prende appunto consapevolezza della

propria soggettività e la racconta secondo la propria percezione e le proprie

impressioni, positive e negative. Se scrivere di sé può essere considerata una

pratica comune a ogni essere umano, in questo spazio si desidera soffermarsi su

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questa pratica non tanto come azione volta a una creazione artistica introspettiva

ma piuttosto come azione finalizzata a presentare, raccontare, parlare di altro,

dell’altro, del modo in cui l’altro vive, del mondo in cui vive, delle sue esperienze,

un’azione che partendo proprio dal sé si sviluppa a tutto tondo e diventa

un’occasione per conoscersi e conoscere meglio ciò che talvolta è fuori dalla

portata di molti. Un’autobiografia in senso interculturale che nelle sue varie forme

si sviluppa dalla soggettività e che allo stesso tempo è rivolta a chiunque abbia

voglia di leggerla.

Come afferma Duccio Demetrio infatti «il racconto scritto è un insieme di

cuciture durevoli che, nei casi migliori, assume forma artistica: comprensibile ad

altri e tale da consentire, ad altri, di identificarsi, ritrovarsi, ancora una volta, in

quel racconto»37.

Ogni autobiografia ha una sua forma propria e una sua funzione specifica,

sottoforma di introspezione o sottoforma di racconto, evoca e riporta alla memoria

momenti del proprio vissuto che hanno lasciato un ricordo indelebile all’interno

dell’individuo che scrive. Si tratta di lasciare nero su bianco una traccia del

proprio percorso di vita, delle scelte fatte, dei sentimenti e delle emozioni provate,

dei paesaggi visti, degli incontri vissuti o subiti.

Ed è in questo modo che autobiografia e intercultura si incontrano, si intrecciano,

si legano, si uniscono insieme come i pezzi di un puzzle che ha bisogno di

rimettere insieme tutte le sue parti per creare qualcosa che abbia un senso, un

significato di esistere.

Argomentando ancora più nello specifico si ritiene opportuno distinguere cosa

significa parlare di autobiografia in senso stretto e di autobiografia interculturale.

Nel primo caso si racconta di sé in prima persona, dei propri vissuti, della propria

vita, delle proprie esperienze, elementi che non per forza devono essere legati da

una componente culturale, componente che invece si fa necessaria e

indispensabile nel momento in cui si decide di scrivere, appunto, un’autobiografia

interculturale. In questo caso infatti, l’elemento culturale è fondamentale e

insieme a tutti gli elementi qui sopra citati si dà una forma particolare e specifica a

                                                            37 Demetrio D., Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina, Milano, 2004, p. 33.

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questo genere di scrittura. Non è più un semplice racconto in prima persona e

l’elemento sociale ne diventa un tratto distintivo e significativo38.

Senza dilungarsi ulteriormente su questi due generi di scrittura, si desidera adesso

mettere l’accento su una delle tante condizioni che non possono venire a meno

quando si parla dello scrivere di sé, una di quelle condizioni che risultano

fondamentali quando si parla di autobiografia interculturale: la ricomposizione.

La ricomposizione infatti, vista e definita come quella condizione che ricordando

e raccontando permette al soggetto di tenersi insieme, crea una rete tra ricordi, tra

passato e presente e dove la propria storia di vita riaffiora grazie alle impronte

lasciate nel vissuto soggettivo, facendo dialogare ogni stadio dell’esistenza come

conseguenza delle azioni compiute in ciascun momento39. È proprio in questo

modo, attraverso le ricomposizioni che il soggetto cerca in qualche modo di

ricostruire la sua esistenza, creare un ponte tra quello che è stato e quello che è,

ricordando momenti e avvenimenti che in un certo qual modo hanno reso la sua

vita migliore o peggiore, o che semplicemente hanno lasciato una traccia.

«La vera cura di sé, il vero prendersi in carico facendo pace con le proprie

memorie inizia probabilmente quando non più il passato ma il presente, che scorre

giorno dopo giorno aggiungendo altre esperienze […] entra in scena. E diventa

luogo fertile per inventare o svelare altri modi di sentire, osservare, scrutare e

registrare il mondo dentro e fuori di noi»40.

Scrivere di sé in questo senso diventa un modo per il soggetto di mettersi in

continua discussione, un atto di fede verso se stesso in quanto essere umano, fatto

di un prima e di un dopo, un essere umano che con la sua storia può non solo

raccontare molto di sé ma soprattutto dei luoghi, della cultura da dove proviene,

un essere umano fatto di tante componenti che attraverso la scrittura cerca il modo

di ricostruire la sua identità. E proprio a questo proposito Demetrio afferma che:

«la ricerca dell’unità e, ancora una volta, la scoperta della molteplicità,

costituiscono quindi il ritmo musicale, la colonna sonora, del lavoro

autobiografico»41.

                                                            38 Cfr., Favaro G., Luatti L., L’intercultura dalla A alla Z, pp. 211-215. 39 Cfr., Demetrio D., Raccontarsi, pp. 50-51. 40 Ivi, p. 14. 41 Ivi, p. 20.

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Lo scrivere di sé, l’autobiografia, può essere considerata a tutti gli effetti un

viaggio di formazione tra i più importanti che si possano intraprendere, un vero

viaggio, che porta ogni individuo che decide di intraprenderlo a ri-costruirsi nella

sua integrità di essere umano.

E ancora. Scrivere di sé, comporre un’autobiografia, non sono altro che segni

indelebili di qualcuno che ha voluto intenzionalmente lasciare una testimonianza

della propria storia, una testimonianza concreta che attraverso il ricordo di vere

storie di vita o di semplici elementi secondari (un oggetto, un luogo preciso… )

riesce a suscitare curiosità, fa apprendere cose nuove, tiene il fiato sospeso o

semplicemente diverte quel pubblico che ne viene rapito. Questo il lavoro degli

autori migranti, «il gesto di donare la propria storia attraverso un percorso di

ricerca e rielaborazione interiore, attraverso un lavoro di scavo nella memoria, mai

banale o indolore, diviene richiesta esplicita di riconoscimento e ospitalità nel

mondo estraneo a cui si è approdati, ed è un invito allo scambio delle memorie»42.

All’interno di questa tipologia di testi, cioè quella del racconto autobiografico,

non esistono molti esemplari dedicati ai ragazzi in quanto gli autori che scrivono

per i più piccoli, preferiscono orientarsi verso il genere fiabesco. In generale sono

racconti dal tono struggente e nostalgico, e talvolta di pacificazione e stupore, che

raccontano la storia del loro autore in prima o in terza persona. Si evocano posti,

persone, ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza, il distacco con la propria terra, i

profumi e i colori delle terre di origine; sono testi eticamente motivati e da una

forte carica emozionale che inevitabilmente contagiano anche il lettore43.

Facendo un passo indietro e ritornando al mondo della scuola, oltre alla letteratura

autobiografica e alle pubblicazioni ad essa dedicate, un’altra risposta significativa

in questo senso, si ha proprio da parte della scuola e proprio attraverso un utilizzo

“pensato” della letteratura di cui fin qui ho parlato. Esistono infatti percorsi

didattici interculturali sperimentali che si propongono obiettivi specifici e che

abbracciano diversi ambiti del sapere. Tra i molti, esistono alcuni percorsi dedicati

e volti alla conoscenza delle diverse culture. Sono percorsi che possono essere

                                                            42  Luatti L., L’immigrazione raccontata ai ragazzi. Vent’anni di proposte dell’editoria per l’infanzia, Catalogo della mostra bibliografica, Un raggio di luce fondazione ONLUS, Nuove Esperienze, Pistoia, 2011, p. 5. 43 Ivi, pp. 5-6.

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approcciati con diverse metodologie educative e in diversi ambiti disciplinari, ma

il loro scopo primario rimane sempre quello della conoscenza dell’altro, un altro

che, a prescindere dalla presenza o meno di alunni stranieri nella classe, oggi è

diventata una presenza ineliminabile. Tra gli strumenti maggiormente utilizzati, vi

sono la letteratura con le sue fiabe, i suoi racconti e i suoi romanzi, quelle

creazioni letterarie che attingendo alle diverse parti del mondo, consentono agli

ascoltatori di scoprire le caratteristiche, gli usi e i costumi di un determinato

gruppo sociale. Altri percorsi, che ancora una volta si avvalgono della letteratura,

sono quelli sul tema delle migrazioni. Nello specifico, qui ci si avvale soprattutto

di quella letteratura che racconta in prima persona un’esperienza diretta, e quindi

dell’autobiografia in senso stretto. Si fa ricorso dunque a quella parte della

produzione letteraria che ormai da anni sta fiorendo sempre di più, con le sue

testimonianze, i suoi diari e le sue storie di vita, delle produzioni letterarie che,

raccontando quella che è l’esperienza migratoria, acquisiscono sempre maggior

interesse: delle nuove scritture che si fanno lente di ingrandimento su ciò che le

migrazioni sono e portano con sé, lasciando ampio spazio a una identificazione

rispetto a certi argomenti e a una ri-lettura della propria esperienza di vita44.

2.5 Autori migranti: letteratura della migrazione destinata ai più

piccoli

L’esperienza migratoria, oggi come non mai, riveste un’attenzione degna di nota,

non soltanto come fenomeno a sé stante, ma anche in relazione alla narrazione,

grazie alla quale i diversi autori si raccontano e ci raccontano quella che è la loro

esperienza, diretta o indiretta. Questa pluralità di narrazioni, permette di entrare in

contatto con la dimensione del viaggio e trasporta in mondi paralleli, in Paesi

stranieri, aprendo gli occhi su alcuni fenomeni quali la convivenza multietnica e i

conflitti identitari, fenomeni che costituiscono i tasselli di un mosaico che non è

altro che il risultato delle molteplici appartenenze che caratterizzano il nostro

genere umano.

                                                            44 Cfr., Fiorucci M., Una scuola per tutti. Idee e proposte per una didattica interculturale delle discipline, Franco Angeli, Milano, 2008, pp. 57-63. 

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Esistono dunque narrazioni di diverse tipologie, quelle scritte da autori della

migrazione e quelle scritte da autori italiani, esistono diversi temi che vengono

affrontati, da quello del viaggio migratorio a quello delle storie di integrazione

scolastica, dal tema della città al tema dell’incontro, fino a quello della famiglia e

delle seconde generazioni45.

Rispetto a questo genere di letteratura, in generale, le pubblicazioni non si

sprecano, e se dal dato quantitativo si escludessero le traduzioni di libri di autori

stranieri, rimarremo comunque piacevolmente sorpresi nel constatare la grande

attenzione che le case editrici hanno riservato a questo genere di pubblicazioni,

un’attenzione che già nella CM 73/1994 era stata richiamata. «E' da auspicare un

ulteriore impegno delle case editrici e degli autori per lo sviluppo, nei libri di

testo, dei motivi interculturali, ormai affermati nel dibattito pedagogico e nella

saggistica»46.

Entrando ancora più nella specificità di questo argomento, è di circa venti anni fa

la prima pubblicazione rivolta a un pubblico di giovani lettori, Io sono filippino di

Vinicio Ongini. Era il 1991 e da allora le produzioni si sono moltiplicate, si è

registrata una maggiore sensibilizzazione al tema dell’esperienza migratoria, da

definirsi tutt’altro che episodica. Una produzione che ha visto una fioritura

evidente, prima di tutto come occasione per conoscere i vissuti dei ragazzi

immigrati, secondo, come occasione per conoscere i risvolti multiculturali che si

sono visti all’interno delle classi data la maggiore presenza di ragazzi immigrati,

terzo, la necessità di dare strumenti e occasioni di riflessione e confronto ai

giovani che oggi, più di ieri, devono essere stimolati ai mutamenti che si

registrano nella società e quarto dare uno spazio nel quale i giovani lettori,

attraverso la presenza di situazioni di multiculturalità e mescolanza nei luoghi a

loro più familiari, possano far maturare questa consapevolezza, quella di un

presente/futuro all’insegna della diversità nella sua accezione più positiva. Proprio

per tutti questi fattori, la letteratura della migrazione e per meglio specificare, la

letteratura della migrazione per ragazzi, si specializza vista la sua crescente

necessità e visto il crescente interesse delle case editrici, a prendersene carico. I

                                                            45 Cfr., Luatti L., L’immigrazione raccontata ai ragazzi. p. 13. 46 C.M. 73/1994, Il dialogo interculturale e la convivenza democratica: l'impegno progettuale della scuola.

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temi e gli argomenti trattati sono simili a quelli degli adulti, ispirati a tematiche

realistiche, spesso si nascondono dietro a storie di fantasia create dagli stessi

autori e che nonostante l’immaginazione, mantengono la loro attenzione, ferma e

costante sulla realtà. Protagonisti indiscussi di queste storie sono i ragazzi e i

bambini italiani ma anche quelli immigrati, quei bambini e quei ragazzi che

arrivati da poco nel nuovo Paese, si sentono spaesati e disorientati, ma anche pieni

di consapevolezza e responsabilità, oltre che di curiosità e di uno sguardo positivo

verso ciò che per loro è nuovo47.

La grande varietà di temi trattati dalla letteratura per l’immigrazione, riporta ai

passaggi che, in quello che si può definire viaggio da una terra all’altra, si

susseguono: dall’addio alla terra di origine all’arrivo nel nuovo Paese,

dall’inserimento nella scuola alle dinamiche che si creano con i compagni,

dall’arrivo nella nuova città all’inserimento nei nuovi spazi che si incontrano nel

nuovo territorio. Entrando sempre più nel dettaglio, queste narrazioni riportano

nel concreto tutte le caratteristiche e le dinamiche che si succedono nei vari

contesti. Oltre alle annotazioni prettamente logistiche come ad esempio, se il

viaggio è intrapreso via mare o via terra, emergono in questi racconti e in queste

storie anche i sentimenti e le sensazioni che rimangono impresse nel cuore e nella

testa dei personaggi; i ricordi che questi ragazzi o bambini si lasciano alle spalle,

se questi stessi ricordi sono pieni di dolore, di rimpianto o di nostalgia o se invece

questo stesso viaggio è intrapreso con uno spirito positivo, costruttivo e

avventuroso. Al tema del viaggio, si accompagna un’altra tematica, molto vicina e

successiva all’arrivo nel nuovo Paese, ovvero quello dell’esperienza scolastica.

Come già ribadito più e più volte, la scuola è tra le primissime agenzie in cui i

bambini vengono accolti una volta arrivati nella terra di approdo. Per questo, la

letteratura riserva uno spazio privilegiato al racconto di storie ambientate al suo

interno. Con l’ingresso in quella che possiamo definire scuola multiculturale,

vengono presentati tutti gli atteggiamenti possibili, le situazioni e gli eventi che

garantiscono l’inclusione o l’inserimento positivo di bambini e ragazzi immigrati

attraverso la condivisione e la partecipazione ad attività o la narrazione della

                                                            47 Ivi, pp. 3-4.

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propria storia ad altri bambini48. Proprio a questo proposito, si ritiene funzionale

riportare e raccontare un toccante episodio a cui ho avuto il piacere di partecipare

qualche anno fa. Nel mio gruppo scout era arrivato da poco un bambino nero,

adottato dai suoi genitori all’età di 7 anni, ma che per esperienze vissute, o per

meglio dire, esperienze che era stato costretto a vivere, aveva un atteggiamento

rispetto alla vita che probabilmente nemmeno un ragazzo di 15 anni avrebbe nel

nostro Paese (e non lo dico con un’accezione negativa). Una sera mentre parlavo

con alcuni bambini più o meno suoi coetanei, si è avvicinato, si è seduto in mezzo

a noi e dal nulla ha iniziato a parlare di come era la sua vita e di quello che faceva

quando era ancora nel suo Paese di origine (non ricordo di dove in Africa) e del

quale ancora conservava un ricordo nitidissimo. Senza entrare troppo nel

dettaglio, la parte del racconto che più mi ha attirato la mia attenzione, è stata

quando parlava del suo passatempo preferito. Orfano di padre e madre, passava

molto del suo tempo solo, salendo e scendendo ininterrottamente e

instancabilmente per ore e ore le scale mobili dell’aeroporto, guardando gli aerei

che partivano e desiderando di salirci almeno una volta. La cosa più toccante era

la faccia sbalordita dei bambini che ormai lo ascoltavano con gli occhi sgranati e

la bocca aperta e che hanno immediatamente commentato: non avevi dei giochi? e

i tuoi amici? Ovviamente per loro era impensabile non avere un trenino, una

bambola o un amico con cui passare alcune ore! In effetti anche io pur non avendo

commentato nello stesso modo, ho trovato sbalorditivo il suo racconto.

Questo un esempio di storia di vita, ma come questa ne esistono tante altre,

diverse e magari anche simili. Come il bambino che ho conosciuto io, ce ne sono

tanti altri che danno voce a quella che è e che è stata la loro esperienza. Sempre

più bambini che arrivati per un motivo o per un altro nel nostro Paese, si trovano a

dover imparare nuovi modi di impegnare il loro tempo, o più semplicemente a

imparare e integrarsi alle nuove regole che stanno alla base della nuova società.

Se integrarsi è importante e fondamentale, in alcuni casi ci sono determinate

caratteristiche che sono immutabili, preziose, intoccabili, caratteristiche che fanno

parte di loro, della loro identità, del loro essere … il loro nome ad esempio.

                                                            48 Ivi, p. 10. 

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Sempre di più nei luoghi più familiari ai bambini, come la scuola, si sentono

pronunciare nomi, come dire, poco italiani, anzi, oserei dire, proprio per niente

italiani! E anche la letteratura dell’immigrazione destinata ai giovani riporta

questo dato. Non si sottolinea questo aspetto, anzi lo si da come per scontato,

come se non ci fosse niente di strano ad avere un compagno o una compagna con

un nome, appunto … strano!49 Efficaci le parole di Lorenzo Luatti dove afferma

«non si calca la mano su queste presenze, e non sono oggetto o soggetto della

narrazione. Rappresentano un elemento di uno scenario di fatto, di una

quotidianità acquisita»50. Uno dei testi rappresentativi di questa categoria è

L’Africa in città. Storie di coccodrilli, matematica e pozioni magiche di Chiara

Dattola. Marco ha un nuovo compagno di classe che viene dall’Africa, Samba e

un pomeriggio andando a casa sua per fare i compiti, scopre quanto la famiglia di

Samba sia divertente, colorata e “magica”, una famiglia diversa da quella a cui è

abituato51.

Tra i temi emergenti compresi nella letteratura della migrazione per ragazzi, vi è

poi quello della famiglia mista, ancora poco esplorato, ma che in ogni caso, non

passa inosservato. Sicuro è che se l’autore ha vissuto in prima persona

l’esperienza migratoria, allora questi testi saranno più autentici e profondi; in

generale conservano un forte messaggio facendosi portavoce di valori quali quelli

della pluri-appartenenza, e della duplicità52. Tra i vari testi che ho incontrato nelle

mie ricerche in biblioteca, ne posso suggerire uno a mio parere significativo. Il

libro è di Pierre Coran, si intitola La mia famiglia. La storia è quella di Annelie,

una bambina dal colore della pelle nero, che presenta ad una ad una tutte le

persone che compongono la sua famiglia adottiva, dicendo chi sono, cosa fanno e

come le sono imparentate attraverso il disegno del suo albero genealogico53.

Ultimo raggruppamento di libri su cui desidero soffermarmi, è quello degli albi

illustrati, ovvero quei libri che attraverso le immagini e poche parole, e qualche

volta nemmeno una, raccontano storie di immigrazione, di viaggi e di integrazione

                                                            49 Ibidem. 50 Ibidem. 51 Cfr., Dattola C., L’Africa va in città. Storie di coccodrilli, matematica e pozioni magiche, Terre di mezzo, Milano, 2009. 52 Cfr., Luatti L., L’immigrazione raccontata ai ragazzi, p. 24. 53 Cfr., Coran P., illustrazioni di Sacré M. J., La mia famiglia, Edizioni Arka, Milano,1997.

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nei nuovi Paesi. Le tematiche che affrontano sono le stesse che ho già accennato

per le altre tipologie di testi, ma in questa categoria è predominante l’uso

dell’immagine. Nel testo curato da Luatti, non vengono inclusi gli albi illustrati

che raccontano queste tematiche dove figurano tra i protagonisti degli animali, ma

solamente bambini e bambine immigrati che vivono questo genere di esperienze.

Necessario sottolineare questo aspetto in quanto apposita scelta del curatore, ma

tra i tanti titoli di libri che figurano tra gli scaffali delle biblioteche, esistono anche

testi ricollegabili a questa categoria con protagonisti tutt’altro che umani.

Un’ulteriore annotazione. Solitamente con albi illustrati si intendono quei libri che

sono destinati ai bambini più piccoli che, non potendo ancora leggere,

interpretano attraverso le immagini il senso della storia. Gli albi illustrati di questa

categoria invece, non sono tutti quanti, a mio parere, del tutto semplici e

comprensibili nel loro messaggio, anzi, talvolta complessi sia nella grafica che

nell’interpretazione. Destinati ad un pubblico più adulto per il contenuto,

mantengono un’impostazione più infantile nella struttura54. Un esempio. Il testo

Migrando, di Mariana Chiesa Mateos, è un libro bifrontale che contiene due

storie, a seconda che si legga da sinistra verso destra o da destra verso sinistra.

Quella degli italiani e degli europei che agli inizi del Novecento migrarono in

Argentina o in generale verso il Sudamerica e quella degli uomini e delle donne

africani o mediorientali che con gommoni e mezzi di fortuna partono ancora oggi

verso l’Europa55.

Esistono però, anche alcuni albi illustrati che mantengono sia nella struttura che

nel contenuto caratteristiche adatte a bambini più piccoli: ne è un esempio il testo

In viaggio di Antonio Ferrara e Serena Intilia; il tema del viaggio è sempre

presente, ma questa volta raccontato e visto secondo il punto di vista di un

bambino. Un bambino che nonostante l’esperienza dolorosa, ingiusta e difficile

della guerra dalla quale è costretto a scappare chiuso nel bagagliaio dell’auto, si

dimostra coraggioso e intraprendente, affrontando la fuga col sorriso, riuscendo a

vedere il colore di ogni cosa nel nuovo Paese e dimostrando la voglia di farcela56.

                                                            54 Cfr., Luatti L., L’immigrazione raccontata ai ragazzi, p. 38. 55 Cfr., Chiesa Mateos, M., Migrando, Orecchio acerbo, Roma, 2010. 56 Cfr., Ferrara A., Intilia S., In viaggio, Prìncipi & Principi, Faella, Pian di Scò, (AR), 2011. 

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Come si è cercato di sottolineare e ribadire in queste pagine citando alcuni esempi

e cercando di contestualizzare la cornice nella quale si colloca la produzione e

l’editoria per ragazzi, ne emerge un’attenzione sempre nuova verso il tema

dell’intercultura e la sua promozione. Le pubblicazioni sulle tematiche

dell’immigrazione, non si sprecano, anzi, con il passare del tempo si specializzano

sempre di più e diventano sempre più numerose: alcuni autori si ripropongono

continuamente con nuove idee, le case editrici si fanno promotrici di questi testi,

un vero e proprio lavoro ad hoc, che crea una rete sempre più articolata fatta

innanzitutto di promozione culturale e interculturale. Ed è proprio grazie a questi

testi che nella scuola, attraverso una attenta selezione dei libri da parte degli

insegnanti e a casa, attraverso un’altrettanta accurata selezione da parte dei

genitori, che l’intercultura può diventare sempre di più alla portata dei piccoli, ma,

perché no, anche dei grandi.

Un’altra occasione per avvicinarsi a questo infinito mondo, di pagine colorate,

storie fantasiose ma anche realistiche, di viaggi oltremare e di riscoperta di nuovi

posti e città, lo si può fare anche attraverso le biblioteche, che specializzandosi

sempre di più sul tema dell’intercultura e acquisendo sempre più materiale in

questo senso creano dei veri e propri percorsi dedicati alla riscoperta dell’altro.

Ecco perché, qui di seguito si parlerà proprio delle biblioteche come promotrici di

intercultura.

2.6 Promuovere le biblioteche interculturali

L’esperienza dell’editoria interculturale, come sin qui detto, gode, oggi come non

mai di una crescita e una valorizzazione degna di nota da parte delle case editrici e

dei vari autori che sempre di più si accingono ad approcciare il tema dell’altro e

quindi dell’intercultura, nell’ottica di tramandare valori e conoscenze che

soprattutto tra i più piccoli sono un’occasione indispensabile alla sensibilizzazione

verso la differenza e la pluri appartenenza.

Allo stesso modo dell’editoria interculturale per ragazzi, si vedono nascere e

riorganizzarsi molte altre iniziative che accanto a queste, arricchiscono ancora di

più lo sguardo verso l’altro, i suoi bisogni e le sue necessità. Prime tra tutte vi

sono le biblioteche. Queste oltre ad organizzare eventi, laboratori e attività,

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riorganizzano il materiale che hanno a disposizione, costruendo e allestendo spazi

e scaffali riservati alla lettura interculturale. Sorgono cosi gli scaffali

multiculturali. Alcune biblioteche dedicano una piccola sezione a queste

esperienze, altre puntano a realizzarla nella sua grandezza, lasciandole un posto

esclusivo. Riporto a questo proposito ciò che scrivono Roberta Magi e Lorenzo

Luatti in un loro testo. «Da alcuni anni ormai, […], si è sensibilmente diffusa

l’esigenza di dotare le biblioteche di materiali multiculturali per contribuire,

attraverso la lettura, alla crescita di una coscienza interculturale»57.

Nel Comune di Roma, esistono molte biblioteche sparse sul territorio che

promuovono l’intercultura. La biblioteca Centrale per Ragazzi, ad esempio,

raccoglie al suo interno uno dei maggiori, più grandi e più organizzati scaffali

multiculturali. I libri, suddivisi per provenienza, sono una vera a e propria risorsa

per conoscere le favole, le storie, i racconti di ogni parte del mondo, e anche

un’occasione per approcciare questi testi nella loro lingua originale. Un’altra

biblioteca che riserva un’attenzione dignitosa a questi libri è la biblioteca

Marconi. Nelle altre biblioteche che ho personalmente visitato, nella mia ricerca

di materiale, ma sicuramente ne esistono molte altre, cito la biblioteca del Pigneto

che pur non avendo una sezione totalmente dedicata all’intercultura, “spulciando”

tra gli scaffali della sezione per ragazzi, conta un numero non irrilevante di testi

che, a mio avviso, sarebbero sufficienti per pensare a un ipotetico scaffale

multiculturale.

Dunque se alcune biblioteche sono interculturali per definizione e accolgono tra i

loro scaffali materiale in lingua o plurilingue e libri editi da case editrici

specializzate in intercultura, altre invece riservano uno spazio minore a queste

sezioni, o in ogni caso non uno spazio specifico. A prescindere dalla grandezza di

queste biblioteche e dalla quantità del materiale che ospitano, ritengo opportuno

sottolineare e dare maggiore importanza alla qualità del materiale, in quanto è

proprio la qualità del materiale offerto (che è tutto di qualità quando si parla di

libri interculturali!) che rende questi luoghi degni di riporre tanta attenzione su un

tema così importante.

                                                            57 Magi R., Luatti L., Passepartout. Lo scaffale multiculturale per aprire i saperi del mondo, Centro di Documentazione città di Arezzo, Arezzo, 2001, p. 5. 

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Le biblioteche, con i loro spazi dedicati all’intercultura, si possono così definire

dei luoghi-risorsa che, a prescindere dalle loro dimensioni, raccolgono tanti tipi di

materiali diversi volti a e utili a fare intercultura.

Altro dato da prendere in considerazione è che, rispetto al passato, le esperienze di

questo tipo iniziano nello specifico ad esser destinate maggiormente anche ai più

piccoli. Se infatti la letteratura dell’immigrazione per adulti conta già moltissimi

esemplari di scrittura, solo adesso si nota una maggiore differenziazione di questi

testi in base alla fascia di età. Un dato che può essere giustificato dal maggior

numero di bambini e ragazzi stranieri presenti sul territorio e di conseguenza nelle

scuole, presenze sempre più visibili e familiari. Nuovi bisogni di conoscenza e di

scambio culturale, dove l’altro con le sue tradizioni, la sua lingua, la sua storia

amplia il panorama dei temi e delle applicazioni dei diversi materiali bibliografici

e li rende mediatori tra il nostro mondo e l’altro58.

Oltre all’esperienza delle biblioteche, che insieme alle scuole sono tra le maggiori

agenzie che raccolgono testi volti a fare intercultura, è importante e fondamentale,

ricordare anche il contributo che diverse associazioni danno in questo senso. Tra

le tante, l’Associazione Cittadini del Mondo che tra le sue tante attività e tra i suoi

tanti ambiti di intervento, possiede una piccola biblioteca interculturale nella

quale raccoglie una grande quantità di materiale librario, e materiali di altra

natura, scritto in tante lingue diverse, anche quelle più impensabili e introvabili,

per grandi e per piccini.

Gli scaffali multiculturali, sono dunque considerati come risorse del territorio, e

sono un’esperienza che nella sua complessità risulta utile nel sostenere e

nell’accompagnare percorsi di accoglienza, integrazione e reciproca conoscenza

tra gli allievi. Proprio per questo motivo e per ribadire ancora una volta la stretta

dipendenza e interdipendenza tra i vari nodi e ambiti d’intervento dell’educazione

interculturale, nascono collaborazioni tra varie agenzie quali le biblioteche, le

associazioni, i centri interculturali, e le scuole59.

                                                            58 Cfr., Favaro G., Luatti L., L’intercultura dalla A alla Z, pp. 365-377. 59 Cfr., Fiorucci M., Una scuola per tutti, p. 56. 

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Scrivere per bambini, ma anche scrivere un libro in generale, un libro che abbia

un chiaro messaggio in questo senso, quello che è stato ribadito più e più volte

fino a qui, un messaggio interculturale, non è cosa da poco.

Ed ecco che le biblioteche si fanno promotrici di intercultura con tutti i libri che

raccolgono, che parlano di mondi lontani e sconosciuti, di persone diverse da noi,

diventano strumenti, veicoli indispensabili per portarci e trasportarci verso l’altro,

verso un altro mondo, verso luoghi sconosciuti e proprio a questo proposito risulta

indicata l’annotazione di Luatti, «lo scenario della narrazione è un condominio

dove convivono persone provenienti da ogni angolo del mondo»60.

Ecco come grazie a un libro è possibile incontrare l’altro, imparare un pò di lui e

perché no, magari apprendere anche qualcosa di nuovo!

                                                            60 Luatti L., e noi? Il posto degli scrittori migranti nella narrativa per ragazzi, Sinnos, 2010, Roma, p. 160.

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Capitolo III

Un decalogo per la creazione di uno scaffale

multiculturale

3.1 Che cos’è il decalogo?

Scrittura e lettura dunque si incontrano per cause di forza maggiore, all’interno

delle pagine dei libri. Se poi questi libri trattano direttamente il tema

dell’intercultura, scrittura e lettura, offrono maggiori spunti di riflessione,

permettendo agli stessi bambini di identificarsi, di riconoscersi, di scoprire cose

nuove o di rafforzare le proprie conoscenze, di fantasticare su mondi lontani o di

intraprendere un nuovo viaggio in quella che non è altro che la terra di origine.

Ogni libro, concepito in questo senso, ha e può avere una sua funzione specifica, a

seconda del soggetto a cui viene presentato, ogni libro nella sua specificità può

servire a fare da tramite tra una cultura e l’altra. Difficile definire se esiste un

criterio reale secondo il quale questi testi possono essere classificati, sono così

numerosi e così vari che si rischierebbe di perdere di vista la loro peculiarità.

Proprio per questo motivo il criterio non può essere uno solo, ma dieci.

Seguendo l’esperienza di Vinicio Ongini dello scaffale multiculturale e prendendo

spunto da ciò che ha teorizzato nel suo decalogo, si è deciso di approfondire

questo tema e analizzare una serie di testi che, per una serie di motivazioni che

verranno spiegate più avanti, rientrano a far parte della grande varietà dei libri

interculturali. Il decalogo, proposto dallo stesso Ongini nel testo Lo scaffale

multiculturale, classifica diverse tipologie di libri, come detto poco sopra, in dieci

categorie che vengono riportate qui di seguito:

1. Libri di divulgazione 2. Fiabe e storie 3. Libri in lingua originale (di narrativa e di divulgazione) 4. Libri bilingui 5. Libri plurilingui 6. Libri indirettamente interculturali 7. Storie di immigrazione 8. Storie d’emigrazione 9. Multimedialità, giochi e mostre 10. Alfabetizzazione linguistica

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Ongini fa riferimento a questi criteri come agli “ingredienti base di una ricetta”

che devono costituire una biblioteca multiculturale, là dove si voglia costruire.

Esistono esperienze di questo genere nelle scuole ma anche nelle biblioteche e,

avendone viste alcune, è possibile affermare che sono delle vere e proprie risorse

di libri che vengono da ogni parte del mondo, che trattano di una enorme varietà

di temi e che quantitativamente parlando, raccolgono moltissimi testi, di ogni

tipologia, eterogenei tra loro, che possono rispondere a esigenze e bisogni di

lettura diversi e differenziati61.

Già con la CM 73/1994, oltre a richiamare i provveditori agli studi a promuovere

all’interno delle scuole di ogni ordine e grado un’attenzione e una riflessione

particolare all’educazione interculturale, si accenna per la prima volta allo scaffale

multiculturale. Il gruppo interdirezionale di lavoro per l’educazione interculturale

e l’integrazione degli alunni stranieri, redige un’ulteriore documento in allegato

alla circolare, Il dialogo interculturale e la convivenza democratica: l'impegno

progettuale della scuola, nel quale individua alcune idee-guida che possano

confrontarsi con quella che non è altro che una realtà in divenire. Proprio tra

queste idee-guida, finalmente si sente parlare della costituzione di biblioteche

multiculturali da parte degli enti locali che promuovendo al loro interno i così

detti scaffali multiculturali si fanno portavoce e promotori di queste iniziative62.

Lo scaffale multiculturale quindi entra gradualmente a far parte di quegli

strumenti-risorsa promotori di intercultura che instancabilmente si moltiplicano

all’interno del territorio, un’esperienza che «nel corso degli anni […] si è rivelata

feconda, elastica e capace di rinnovarsi, di assumere di volta in volta fisionomie

differenti»63.

Partendo proprio da quanto detto e riportato, prima di passare alla proposta di uno

scaffale multiculturale, si desidera ancora mettere l’accento su quanto sia efficace

e fondamentale la sua costruzione. Partendo da quanto dice Luatti in un articolo

da lui scritto rispetto a questo tema, si ritiene di poter condividere tante delle

                                                            61 Cfr., Ongini V., Lo scaffale multiculturale, p. 32. 62 Cfr., C.M. 73/1994, Il dialogo interculturale e la convivenza democratica: l'impegno progettuale della scuola. 63 Luatti L., Ripensare lo scaffale multiculturale, in Luatti L. (a cura di), Il mondo in classe. Educare alla cittadinanza nella scuola multiculturale. Proposte , metodi, esperienze, materiali, Ucodep, Arezzo, 2006, p. 65.

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affermazioni e argomentazioni da lui fatte. La prima, quella che riconosce nello

scaffale multiculturale una risorsa territoriale di rete; si è già detto abbastanza in

merito, ma si ritiene necessario ribadire ancora una volta questo concetto. Infatti,

un’esperienza promossa da un ente del territorio e nel territorio, non può far altro

che coinvolgere diversi attori e far nascere i presupposti per considerare lo stesso

scaffale multiculturale, che prima si è definito uno strumento-risorsa, anche uno

spazio-risorsa, e quindi un’occasione di sperimentare sul territorio, attraverso la

lettura e non solo, delle cooperazioni in ambito interculturale. Un’altra

argomentazione rispetto allo scaffale multiculturale, è quella che lo considera un

efficace strumento di promozione alle educazioni trasversali. Non vi sono infatti

solo materiali e libri interculturali ovvero che parlano di altre culture e dell’Altro,

ma anche libri che si soffermano su temi universali, quali la pace, i diritti…; uno

scaffale quindi che non parla solo direttamente di intercultura, ma anche

indirettamente, e che utilizza e raccoglie una pluralità di materiali appartenenti a

diverse discipline che con il loro e grazie al loro carattere sociale si prestano ad

essere anche interculturali64.

Senza dilungarsi ulteriormente su come potrebbe e su come dovrebbe essere il

materiale raccolto nello scaffale multiculturale, si vuole in conclusione

soffermarsi, se non più che altro ribadire, il perché si è deciso di focalizzare

l’attenzione su questa risorsa (se così è possibile definirlo).

L’educazione interculturale è una disciplina che può essere affrontata in molti

modi, anche semplicemente attraverso le materie scolastiche più tradizionali, un

modo per come dire, molto didattico di aprire tante finestrelle sui mondi che ci

stanno attorno. Grazie allo scaffale multiculturale invece, è possibile fare

educazione interculturale in un modo diverso, non convenzionale, che ritrova nel

libro e attraverso il libro lo strumento principe di espressione. Un libro, tanti libri

che adatti a bambini e ragazzi di tutte le età, possono far viaggiare la mente,

conoscere cose e posti nuovi,uno scaffale che, raccogliendo il mondo (ovviamente

in senso metaforico), porta e tras-porta nella dimensione del viaggio, un viaggio

                                                            64 Ivi, p. 66.

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che può far conoscere, sempre usando le parole di Luatti i tanti mondi da

leggere65.

«Che cos’è dunque lo scaffale multiculturale?

Quali sono i suoi contenuti e le sue finalità?

Come può essere utilizzato e quale contributo può offrire allo sviluppo e alla

diffusione di un’educazione interculturale?»66.

3.2 Organizzazione del materiale

Organizzare uno scaffale multiculturale e il materiale in esso contenuto serve,

prendendo spunto da ciò che afferma Ongini, «a favorire l’incontro, a “leggere” e

a orientarsi nelle differenze»67. Infatti, se è vero che i luoghi, i modi, gli spazi, le

funzioni le tipologie e le forme che può assumere lo scaffale possono essere

svariate e diverse, le finalità rimangono sempre le stesse: tutelare la cultura e la

lingua d’origine delle comunità immigrate nel territorio, può offrire un’occasione

di scambio e reciproco arricchimento, può consentire la costruzione di attività

interculturali comuni, può sostenere con spunti bibliografici esposizioni di vario

tipo (di oggetti, di immagini, di libri…)68. Proprio in relazione a quanto detto

dunque, l’intenzione qui è quella di dare una forma, un’organizzazione e un

contenuto a una delle possibili esperienze dello scaffale multiculturale nella

sezione ragazzi di una biblioteca multiculturale specializzata.

Innanzitutto, essendo e trattandosi di una sezione ragazzi, è importante

suddividere il materiale in relazione all’età a cui è destinato. I materiali dunque

saranno distinti in due gruppi: nel primo gruppo, le letture destinate ai bambini

piccoli (libri gioco e albi illustrati) e nel secondo gruppo le letture destinate ai

ragazzi. Il fatto di compiere questa suddivisione è fondamentale per una buona

organizzazione del materiale e funzionale alla creazione di spazi ad hoc pensati

per le diverse età e le loro specifiche esigenze e bisogni.

I materiali destinati alle più piccole fasce di età saranno collocati anche su scaffali

più bassi in modo da poter essere consultati e letti in tutta libertà (dopo

                                                            65 Ibidem. 66 Magi R., Luatti L., Passepartout, p. 5. 67 Ivi., p. 11. 68 Cfr., Ongini V., Lo scaffale multiculturale, p. 20. 

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un’accurata selezione), mentre le letture più “impegnative”, saranno disposte e

reperibili dai giovani fruitori unicamente su scaffali più alti.

Una volta suddivisi i materiali in questi due gruppi, sarà necessario dare una vera

forma allo scaffale multiculturale. Riprendendo le dieci categorie, o i dieci

ingredienti, suggeriti da Ongini nel suo testo Lo scaffale multiculturale già citato,

si procederà con la catalogazione dei testi, due catalogazioni distinte, una per i

testi destinati ai piccolissimi e una per i testi più complessi. Si sceglieranno quindi

delle sigle che andranno a identificare ogni raggruppamento di libri nella loro

collocazione. Non si ritiene opportuno entrare nello specifico della catalogazione

e di come essa avvenga, ma si da per scontato che sia necessario catalogare e

collocare i testi della sezione ragazzi secondo i dieci ingredienti di cui ho parlato

prima e che qui di seguito verranno ri elencati: libri di divulgazione, fiabe e storie,

libri in lingua originale (di narrativa e di divulgazione), libri bilingui, libri

plurilingui, libri indirettamente multiculturali, storie di immigrazione, storie

d’emigrazione, multimedialità giochi e mostre e alfabetizzazione linguistica.

Rispetto alla catalogazione dei libri, soprattutto quando ci si occupa dei testi della

sezione ragazzi, è importante non trascurare gli illustratori. Infatti, prerogativa di

questo genere, sono le illustrazioni e i disegni che si trovano sfogliando le pagine.

Accanto al nome dell’autore quindi è importante riportare anche l’illustratore, in

quanto, anche se attraverso un linguaggio figurato, anche lui (o lei) racconta la

storia a modo suo. È questa quindi una informazione che non vale la pena

tralasciare, in quanto fondamentale in alcuni dei testi scritti per bambini e ragazzi.

Se in generale il libri catalogati e etichettati saranno riposti negli scaffali in ordine

numerico di successione e insieme ai testi che compongono lo stesso gruppo, è

molto importante fare un attenzione particolare ai libri che vengono destinati ai

più piccoli. Infatti, se è vero che questi scaffali saranno anche a disposizione e

raggiungibili dagli stessi bambini, è importante che parte del loro contenuto sia

alla loro altezza (nel vero senso della parola). Saranno dunque presenti nello

spazio delle piccole scaffalature con esposti alcuni libri destinati alla

consultazione. Poiché i libri, soprattutto se maneggiati da inesperti (mi si permetta

questa affermazione), possono usurarsi, saranno scelti e selezionati in base ad

alcuni requisiti, come ad esempio: libri gioco e libri pop up fatti con diversi

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materiali e resistenti nell’essere maneggiati, libri di cui esiste un’altra copia in

biblioteca.

Nell’ottica quindi di rendere la sezione ragazzi uno spazio in cui interagire con i

libri e i materiali presenti, è anche opportuno pensare e organizzare gli arredi in

modo da permettere ciò. Oltre agli scaffali, più alti e più bassi, sarà opportuno

mettere a disposizione dei tavoli e delle sedie di diverse altezze per dare la

possibilità di leggere comodamente seduti. Appare anche opportuno dotare la

sezione ragazzi di un tappeto, o di uno spazio relativamente grande dove poter

allestire e organizzare dei laboratori o delle attività, in quanto, sempre più

biblioteche si aprono al pubblico attraverso queste iniziative. È importante che la

sezione ragazzi sia pensata come un angolo attraente e colorato, ricco di spunti e

messaggi, che oltre a rappresentare un forte stimolo, può rappresentare

un’occasione di confronto con tematiche che spesso possono essere trascurate,

quali quelle che trattano di intercultura. Proprio a questo proposito, quando,

verranno presentate alcune proposte di attività da svolgere in biblioteca, l’intento

di lasciare gli elaborati dei laboratori di intercultura in biblioteca, risponde proprio

a questa esigenza: quella di far conoscere i possibili modi di approcciare l’Altro

attraverso delle esperienze che lasciano una testimonianza concreta, in questo caso

fatta di fogli e di colori.

Questa piccola parentesi relativa all’organizzazione del materiale di una sezione

ragazzi di una biblioteca multiculturale specializzata, desidera essere funzionale

ad una maggiore sensibilizzazione al tema dell’intercultura applicato ai libri.

Infatti, trattandosi di una proposta, vuole essere un’occasione per riflettere

maggiormente sul ruolo che può avere e assumere uno scaffale multiculturale in

una biblioteca dichiaratamente interculturale.

Se nella teoria sono state espresse la metodologia, i contenuti e significati delle

scelte, per quello che riguarda la pratica qui di seguito verranno analizzati nello

specifico dieci testi, specifici per ogni categoria, che sono rappresentativi di

questa esperienza.

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3.3 Le dieci schede e le analisi dei libri: motivazioni delle scelte

effettuate

Prima di analizzare le varie componenti sulle quali si è deciso di concentrare

l’attenzione, si ritiene opportuno dichiarare cosa ha spinto a scegliere determinati

libri e i motivi che stanno alla base del lavoro che è stato elaborato nelle pagine

precedenti.

Il tema scelto e approfondito è quello dell’intercultura e proprio in linea con

questa scelta anche i testi selezionati sono caratteristici di questo stesso tema.

L’interesse primario era analizzare dei testi che, in quanto promotori di

intercultura, fossero anche destinati principalmente e quando possibile, ai bambini

di una fascia d’età compresa tra gli 0 e i 6 anni. Questo requisito, è motivato

principalmente da due convinzioni che trovano fondamenti anche in alcuni

riferimenti teorici di vari tipo; infatti è auspicabile se non addirittura consigliato

che sia la promozione della lettura che l’approccio al tema dell’intercultura

nascano, siano coltivati e sviluppati sin dai primi anni di vita e comunque in un

periodo precedente alla scolarizzazione obbligatoria. Questa idea, si è rafforzata

maggiormente, una volta constatata la grande attenzione e la presenza di materiale

di questo tipo che le stesse biblioteche riversano e propongono proprio in merito a

quanto detto; per questo motivo, si è scelto di cercare il materiale utile a questo

lavoro all’interno delle biblioteche, cercando tra gli scaffali quei libri che

maggiormente potessero risultare significativi. La maggior parte dei libri sono

stati trovati all’interno degli scaffali multiculturali, altri invece provengono da

quelle biblioteche che anziché riservare uno scaffale specifico a questa tipologia

di testi, li ordina e classifica in base alla lingua in cui sono scritti.

Poiché destinati a bambini piccoli, sono stati scelti dei libri semplici, con poco

testo e una netta predominanza delle immagini che occupando gran parte delle

pagine risultano libri molto colorati e talvolta attraenti (vista la presenza di

linguette interattive), alcuni dei requisiti indispensabili per rendere ancora più

affascinante e divertente la lettura.

La classificazione che è stata data a questi testi, come già accennato, segue una

delle esperienza più significative, ma non l’unica, che è stata messa in campo

quando si parla di libri interculturali, quella dello scaffale multiculturale di

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Vinicio Ongini raccontata nel suo testo Lo scaffale multiculturale e sul quale già

ci si è soffermati precedentemente. Nel suo decalogo suddivide i libri in dieci

categorie che ne determinano la tipologia (se sono fiabe, se sono libri monolingue

o bilingue, se sono testi di alfabetizzazione oppure di divulgazione … ). Oltre a

riprendere questa suddivisione, si è scelto di declinare e scomporre ogni testo in

tutte le sue parti, distinguendo ad uno ad uno gli elementi che li costituiscono: la

trama, l’ambientazione, i luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende

raccontate, i personaggi, il testo e le immagini. La scelta di questi elementi è stata

fatta in base a due motivazioni. Prima motivazione riguarda quelle caratteristiche

che convenzionalmente parlando, rientrano a far parte dei libri per bambini. Se si

pensa a un libro, e nello specifico a un qualunque libro per bambini, l’attenzione

si soffermerà obbligatoriamente su tutte quelle caratteristiche e su quegli elementi

che sono specifici di questo genere di letteratura e alla funzione e importanza che

devono avere all’interno della pagina; la seconda motivazione è rispetto alla

domanda: “quali sono o dovrebbero essere gli elementi presenti in un libro, se si

pensa che debba essere un libro promotore di intercultura?” Sicuramente ci si

aspetterà che sia una storia ambientata in un posto lontano o sconosciuto, che i

luoghi descritti non siano quelli ordinari, che almeno uno dei personaggi non sia

italiano, che il testo possa contenere delle parole “strane” e che le immagini diano

un volto e rappresentino fedelmente ciò che di “strano” può esserci in giro.

Da notare inoltre, che analizzando ogni testo e i suoi elementi nella loro

specificità, si è cercato di leggere e interpretare le caratteristiche interculturali che

si nascondono dietro ad ognuno per definire nel modo più oggettivo possibile

quale è il grado di interculturalità di ogni elemento approfondito. Per grado di

interculturalità si intende la sensibilità e l’attenzione che ogni testo (e quindi il suo

autore e/o illustratore) ha rispetto all’Altro, per l’Altro, ai valori che porta e

rispetto alle sue caratteristiche innate. Oltre ad analizzare uno ad uno i testi ed uno

ad uno i vari elementi che lo compongono, qui di seguito, si proverà a mettere

insieme tutte le caratteristiche analizzate per ogni elemento e contestualizzarle al

fine di determinare quanto i 10 libri scelti siano realmente attenti e promotori di

intercultura e possibilmente utilizzare le conclusioni come presupposti per la

creazione di una proposta di scaffale multiculturale.

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3.3.1 Libri di divulgazione

Libro: Emma Damon, I Bambini e le case del Mondo, la Nuova Frontiera, Roma,

2005.

Trama: il libro descrive le abitazioni dei bambini nel Mondo, i materiali con cui

sono costruite, le forme e le dimensioni che possono avere e sono spiegati i luoghi

dove si possono trovare. Infine sono illustrate le diverse stanze delle diverse case

dove si può dormire, cucinare o passare altri momenti della giornata.

Ambientazione: i diversi paesi e posti dei quali sono descritte le diverse tipologie

di abitazioni.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: nelle case di

città, dei paesi, dei villaggi, della campagna, del deserto e della foresta dei diversi

Paesi del mondo.

Personaggi: i bambini delle diverse parti del mondo.

Testo: descrittivo.

Immagini: accompagnano, completano e ampliano il testo scritto soprattutto

grazie alle linguette interattive.

Analisi del testo

Il libro I Bambini e le case del Mondo può essere considerato e classificato come

un libro di divulgazione in quanto, non raccontando una storia nella quale si

alternano delle vicende e non avendo quindi un inizio e un lieto fine, caratteristica

comune a quasi tutti i libri per bambini che non rientrano in questa e in poche altre

categorie di libri, si limita a presentare e illustrare attraverso didascalie, immagini

e linguette pop up, quali sono e che caratteristiche hanno le diverse case del

mondo.

Elemento centrale della narrazione è dunque la casa, il luogo familiare in cui tutti i

bambini possono riconoscersi e trovare un termine di confronto rispetto alla loro

esperienza e rispetto ai vari aspetti e caratteristiche che vengono analizzate nelle

pagine di questo libro. La casa, o per meglio dire, le diverse case, vengono

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analizzate secondo diversi aspetti, ovvero i luoghi nei quali s trovano, le diverse

dimensioni e forme che possono avere, le diverse collocazioni, i diversi materiali

da cui sono costruite e le diverse caratteristiche che presentano le stanze. Ed è

proprio partendo proprio dalla casa, che si dispiega l’intenzionalità interculturale

di questo libro che, analizzandola nei suoi vari aspetti diventa sempre più

specifica.

La trama infatti, coincide con l’intenzionalità del libro cioè quella di elencare

delle caratteristiche, presentando la varietà dei luoghi, dei materiali, degli oggetti

che si trovano in una casa, lasciando un impronta come dire, didattica e allo stesso

tempo divertente attraverso l’interazione diretta.

L’ambientazione di questo libro dunque non è limitata a un solo luogo o a una

sola città, ma spazia nel mondo intero e in diversi Paesi, e allo stesso tempo, se

così possiamo definirli, i “luoghi della narrazione” in cui ci si muove sono vari:

dalla città ai paesi, dai villaggi alla campagna, dal deserto alla foresta e entrando

ancora più nello specifico, dall’Olanda alla Norvegia, dalla Finlandia alla Svezia,

dall’Estonia alla Russia, dalla Thailandia al Medio Oriente, dal Sud America al

Ghana in Africa, dalla Malesia all’India e infine i posti dove vivono gli

Eschimesi.

I personaggi ad avere uno spazio privilegiato nel libro sono i bambini, bambini

che provengono da tutte le parti del mondo, quelle parti del mondo poco sopra

citate e che, grazie alle immagini, di cui parlerò in seguito, viene approfondita la

loro provenienza. Accanto ai bambini spesso sono rappresentati anche persone

adulte, i genitori; ma non solo, spesso compaiono anche alcuni animali

caratteristici dei diversi luoghi nei quali ci si “sposta” durante la lettura, dai più

comuni uccellini, cani, gatti e pesci della città ai cammelli del deserto.

Il testo spiega e descrive come e quali sono le diverse case in cui vivono i bambini

delle diverse parti del mondo e alcune delle stanze che le compongono Le

informazioni principali sono scritte a caratteri grandi nella pagina, mentre le

informazioni specifiche sono scritte a caratteri più piccoli accanto ad ognuna delle

case specificate e illustrate. Sfogliando le pagine si trovano: le case afgane, la casa

messicana, le case cambogiane, la casa di campagna polacca, i barconi olandesi,

gli igloo, i klong thailandesi, le tende sorrette da pali di legno dei beduini del

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Medio Oriente, le case di legno e bambù giapponesi, le case di legno americane, le

case di mattoni o di pietra di tutto il mondo, le case di cemento, le case di vetro e

le case di fango dell’Africa. Oltre a elencare le diverse tipologia di case e i

materiali con i quali sono costruite, nelle ultime pagine si lascia spazio anche alla

descrizione di alcune stanze della casa: la cucina e la camera da letto. Le cucine

rappresentate sono: la cucina esterna alla casa del Sud America e la cucina fatta di

fango del Ghana, mentre per le camere da letto sono descritte: la stanza da letto

giapponese con stuoie di legno chiamati tatami, l’amaca malesiana appesa al

soffitto e il letto indiano con tende per tenere lontane le zanzare.

Le immagini infatti, hanno un ruolo privilegiato in questa tipologia di libro, e non

solo in quanto illustrazioni in senso stretto, ma anche grazie alle linguette

interattive, alle finestrelle e alle immagini che si aprono sfogliando le pagine, che

ne approfondiscono il senso e lo ampliano, suscitando curiosità nei lettori e

rendendo possibile un’interazione in prima persona che in un certo qual modo

rende ancora più divertente la lettura. Ciò che viene rappresentato sono le case del

mondo fatte di diverse forme, dimensioni e materiali, i vari luoghi nei quali si

trovano e le persone che le abitano ovvero i bambini insieme ai loro genitori.

Importante è sottolineare, prima di analizzare come sono illustrati i personaggi,

che in generale la funzione delle immagini è quella di completare il testo scritto e

ampliarlo con i piccoli e divertenti accorgimenti di cui si parlava poco sopra;

quindi di fatto, testo e immagini si completano a vicenda e tutto quello che è stato

detto per il testo si può facilmente associare a ciò che si riferisce all’analisi delle

immagini.

Caratteristica specifica delle immagini di questo libro è il modo in cui vengono

rappresentati nelle pagine i diversi bambini e di conseguenza anche i loro genitori.

Infatti i colori della pelle, i tratti somatici e gli usi e i costumi dei vari personaggi

sono rappresentati in modo fedele alle varie provenienze. Giusto per citare alcuni

esempi, i personaggi del Ghana e del Sud America hanno il colore della pelle nero

o comunque più scuro rispetto ai personaggi rappresentati per la Norvegia, la

Finlandia e la Svezia che hanno il colore della pelle bianco; e ancora, gli

Eschimesi e i Thailandesi hanno gli occhi a mandorla mentre i beduini che vivono

nel deserto no.

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Una riflessione a parte merita il modo in cui vengono rappresentati i bambini che

vivono in città: hanno i colori della pelle diversa, bianca, mulatta e nera e

appartengono a culture diverse (aprendo le finestrelle dei palazzi si notano le

diverse appartenenze).

Il libro, nell’insieme delle caratteristiche che sono state analizzate, non presenta

stereotipi e/o pregiudizi degni di nota, se non alcuni elementi che in ogni caso

possono risolversi con una piccola annotazione. Le rappresentazioni delle diverse

cucine e stanze da letto, vedono al loro interno la predominanza di figure

femminili intente a cucinare o cullare i piccoli. Di fatto nell’immaginario

collettivo e soprattutto, nella concezione che hanno i bambini stessi di mamma,

queste attività sono facilmente associate al sesso femminile.

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3.3.2 Fiabe e storie

Libro: Meuche G., La storia di Pik Badaluk, Edizioni EL, Trieste, 1974.

Trama: Pik Badaluk, un piccolo moro vive in una casa, vicino al bosco. La

mamma si raccomanda di non uscire mai dal loro giardino per paura che il leone

lo mangi. Pik, il giorno seguente, disobbedisce alla mamma e, cammina,

cammina, incontra il leone cattivo. Il leone lo vuole mangiare e così Pik si

arrampica su un albero. Il babbo intanto, dopo aver radunato gli altri guerrieri,

parte alla ricerca del figlio. Una volta trovato, uccidono il leone e riportano Pik

sano e salvo alla mamma.

Ambientazione: la storia si svolge in un’Africa immaginaria e reale allo stesso

tempo.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: la casa dei

Badaluk, il giardino fiorito intorno alla casa, l’albero di mele, il bosco.

Personaggi: Pik Badaluk, la mamma, il babbo, i guerrieri della tribù e il leone.

Testo: narrativo e descrittivo.

Immagini: accompagnano il testo scritto e rappresentano le tradizioni e le azioni

dei personaggi.

Analisi del testo

La storia di Pik Badaluk si svolge in un’Africa immaginaria, nella quale

convivono elementi della realtà insieme a elementi presi dal mondo della fantasia

e questo è un dato oggettivo riscontrabile in alcuni elementi che compongono la

storia narrata. Si nota subito la presenza dell’albero di mele, che per ovvie ragioni

non appartiene al mondo africano.

La trama di per sé non è significativa per questo genere di analisi, infatti

l’alternarsi delle vicende rientrano nello schema tradizionale delle storie e favole

per bambini: le raccomandazioni della mamma di non allontanarsi di casa e il

disobbedire del figlio che invece decide di fare come vuole, e successivamente il

lieto fine che avviene con il ricongiungimento madre/padre - figlio (del resto

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anche la favola di Cappuccetto Rosso presenta lo stesso schema!). Lo stesso si

può dire per i luoghi della narrazione in cui si svolgono le vicende raccontate. La

casa, il giardino intorno alla casa e il bosco sono elementi che appartengono alla

tradizione delle favole per eccellenza e sono luoghi familiari ai bambini.

Ma analizzando più approfonditamente gli elementi di interculturalità del testo si

possono fare altre precisazioni e soprattutto per quello che riguarda i personaggi,

il testo scritto e le immagini.

I personaggi sono indigeni e lo si capisce innanzitutto grazie alle immagini che li

rappresentano come tali e con il colore della pelle nero. Anche lo stesso nome

della famiglia, i Badaluk, in quanto non familiare alla nostra cultura, può essere

indicativo di questa caratterizzazione. La stessa annotazione può essere fatta per i

guerrieri della tribù, che non esistendo nel “nostro mondo” possono essere

qualificanti di un mondo altro. Infine il leone, il Re della foresta, che ancora ci

porta lontano con la fantasia, in luoghi, magari, mai esplorati, e che ci dice che la

storia non si svolge proprio dietro l’angolo di casa nostra.

Il testo merita un’ulteriore analisi. Oltre a compiere la sua funzione primaria, cioè

quella di raccontare la storia e di descrivere i personaggi, utilizza delle parole che

lo caratterizzano ancora di più in senso interculturale. Sfogliando le pagine, si

trovano nel testo alcune espressioni che caratterizzano Pik, i suoi genitori e i

guerrieri della tribù: «C’era una volta un piccolo moro», «un gran Leone che

mangia i moretti», «risveglia i mori col suon della tromba», e una similitudine che

conclude il racconto che dice, «Pik, buono come il buon cioccolato, nero alla pari

d’un carboncello». Come si può notare, il testo scritto mette l’accento sulla

provenienza dei personaggi e sul loro colore della pelle, non connotandolo in

senso negativo, ma semplicemente presentandolo come un dato di fatto, e ne fa un

elemento forte del testo scritto ribadendolo più volte nel corso della narrazione.

Infine, le immagini. Come già è stato accennato prima, parlando dei personaggi

che popolano la storia, rappresentano Pik, i suoi genitori e i guerrieri della tribù

con il colore della pelle nero, quello proprio degli indigeni d’Africa. Oltre a dare

un’idea del colore della pelle, danno un’idea circa gli usi ed i costumi del posto.

Qui ci si riferisce ai vestiti dei guerrieri della tribù e al modo in cui mettono in

scena la battaglia per uccidere il leone, con suoni di tromba, e danze per

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festeggiare invece la sua sconfitta. Oltre agli elementi di intercultura, le immagini

riproducono anche caratteristiche tradizionalmente e culturalmente maschili e

femminili, stereotipate dunque rispetto al genere. Una grande immagine a tutta

pagina del babbo e della mamma di Pik, palesano questo aspetto. Il babbo fuma, è

alto e snello, mentre la mamma è rappresentata con inodsso il grembiule,

elemento tipico di chi sta a casa a fare le faccende domestiche. E ancora, mentre la

mamma piange per la scomparsa di Pik, il babbo combatte l’aspra battaglia

insieme ai guerrieri della tribù.

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3.3.3 Libri in lingua originale

Libro: Polly Greenberg, illustrated by Aliki, Oh Lord, I wish I was a buzzard,

SeaStar Books, New York, 2002.

Trama: due bambini ogni mattina insieme al padre vanno nei campi a raccogliere

il cotone. Il lavoro era tanto e il caldo anche. La bambina guardandosi intorno

vede tanti animali intorno a lei. Che bello sarebbe stato essere uno di loro!

Finalmente arriva la domenica e il papà da ai bambini un lecca lecca, glielo aveva

promesso: è la ricompensa per averlo aiutato.

Ambientazione: realistica. In America tra i campi di cotone all’inizio del

Novecento.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: nei campi di

cotone.

Personaggi: il papà e i due figli, un maschio e una femmina.

Testo: narrativo, ripetitivo e semplice. Non occupa molto spazio nelle pagine. Il

testo è in inglese.

Immagini: occupano molto spazio nelle pagine, i colori si ripetono in tutte le

illustrazioni e rappresentano fedelmente ciò che viene narrato dal testo.

Analisi del testo

Il libro Oh Lord, I wish I was a buzzard rientra a far parte di questa categoria di

libri, oltre per il fatto di essere scritto in inglese anche per il tema trattato. Infatti,

rientrando a far parte di un testo esplicitamente interculturale, affronta il tema

dell’intercultura riportando una situazione reale del passato, ricordando quale era

il destino di molti bambini e dei loro genitori neri nel sud degli Stati Uniti che per

sopravvivere dovevano lavorare nei campi di cotone.

Alla luce di quanto detto, la trama, come l’ambientazione e i luoghi della

narrazione dove si svolgono le vicende raccontate, rientrano a far parte degli

elementi di interculturalità, in quanto il testo, sensibile a una situazione particolare

e reale che viene descritta nella sua specificità, propone un esempio concreto di

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quello che era il destino di molte persone e soprattutto di molti bambini all’interno

dei campi di cotone. Inoltre, all’inizio e alla fine del libro, vengono dedicate

alcune pagine alla spiegazione di quello che è l’intento del tema trattato e del

messaggio che si vuole dare. L’autrice, impegnata nel sociale, attraverso un’opera

di ricostruzione di racconti fatti da bambini il cui destino era quello di lavorare nei

campi di cotone, ha deciso di incoraggiare una produzione editoriale improntata

proprio a questo lavoro di ricostruzione di storie di vita dedicata alla più giovani

età, e proprio da questo impegno nascerà anche il testo in questione. Il lavoro

minorile, ancora oggi diffuso in molte parti del mondo, negli Stati Uniti viene

definitivamente abolito nel 1935, e prendendo ad esempio le vicende narrate, si

suggerisce ai giovani lettori di prendere spunto da quanto letto per riflettere su ciò

che vorranno fare da grandi e su ciò che possono fare ancora per aiutare i loro

genitori nella quotidianità.

I personaggi, il papà e i due figli, connotati in senso interculturale dal colore nero

della pelle, e appartenenti alla comunità afro-americana, fanno parte di una

piccolissima rappresentanza di tutti coloro che, all’inizio del Novecento,

lavoravano duro per aiutare la propria famiglia nei campi di cotone.

Il testo, scritto in inglese è elemento di interculturalità. La vicenda viene

raccontata utilizzando un linguaggio semplice e ripetitivo, infatti le frasi nelle

pagine ritornano sempre uguali. La ripetitività, tipica dei testi dedicati ai primi

lettori, si dilunga per tutto il racconto, informando i lettori sul desiderio della

bambina che, al posto di sudare e lavorare, vorrebbe essere uno degli animali che

vede intorno a lei. Nelle pagine infatti si ripete più volte la frase: «It was hot, oh

my, it was hot. I looked up with the water running off my face and I saw […] I

said, oh Lord, “I wish I was a…”». A questa frase, si alterna l’azione di

raccogliere il cotone attraverso la ripetizione insistente del verbo che fa capire con

chiarezza la fatica e il sacrificio che comporta: «We picked and we picked and we

picked and we picked».

Le immagini, occupano molto spazio nelle pagine, sono colorate, ed i colori si

ripetono in tutte le illustrazioni, rappresentando fedelmente ciò che viene

raccontato dal testo scritto. In quanto elemento, anche questo, di interculturalità,

l’uso del colore è funzionale a rappresentare i personaggi secondo la loro

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fisionomia che risulta rappresentativa del loro essere afro-americani. Inoltre grazie

alle immagini, la dimensione storica del racconto, prende una forma vera e

propria, mostrando come si svolgeva il lavoro nei campi di cotone. L’immagine

più rappresentativa di ciò, è quella dove si ritraggono tanti uomini, donne e

bambini neri che rannicchiati su se stessi raccolgono il cotone nei campi.

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3.3.4 Libri bilingui

Libro: Eric Battut, Oh, che uovo!, Bohem press Italia, edizione speciale per Nati

Per Leggere, 2005.

Trama: tre uova sono nel nido. L’uovo bianco e quello nero si schiudono ed

escono due uccellini, uno bianco e uno nero. Vedono il terzo uovo con le macchie

ancora chiuso e non lo vogliono nel nido. Spingendolo cadono tutti e tre. L’uovo

con le macchie finirà per aiutare i due fratellini a ritrovare mamma e papà e

quando tutti sono di nuovo insieme uscirà dall’uovo un uccellino rosso e sarà

proprio lui che insegnerà ai suoi fratellini a volare.

Ambientazione: la natura, ma non viene specificato un luogo nello specifico.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: nel nido degli

uccellini sul ramo di un albero, nello stagno, in un prato, vicino al precipizio.

Personaggi: l’uovo bianco, l’uovo nero e l’uovo con le macchie, la mamma e il

papà uccellini, i tre uccellini bianco, nero e rosso.

Testo: a fronte arabo/italiano. Descrittivo, complementare alle immagini.

Immagini: complementari al testo.

Analisi del testo

L’analisi di questo libro inizia con una premessa importante. Il libro non nasce

come libro bilingue, infatti, tra gli scaffali delle biblioteche si trova anche nella

sua versione unicamente italiana. Ma, viste le sue edizioni precedenti, se ne

deduce che sia un libro tradotto in più di una lingua e quindi facilmente

rintracciabile in tutte queste sue diverse forme. In base a ciò si può affermare che

molto probabilmente l’intento dell’editore, se non dello stesso autore, era quello

di riproporre questo testo a un pubblico di bambini più ampio, sia a dei bambini

italiani che, a dei bambini o a dei genitori che non sono solo interessati a

familiarizzare con la lingua italiana ma anche a rafforzare la conoscenza e la

vicinanza di altre lingue, come in questo caso della lingua araba. Queste prime

osservazioni e conclusioni, fanno di questo testo, un “candidato” con tutti i

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requisiti in regola, per entrare in questa proposta di scaffale multiculturale. Infatti,

un’attenzione di questo genere, non può che essere letta in chiave interculturale.

La trama di per sé, non può essere considerata come elemento esplicito di

interculturalità, in quanto tocca alcune tematiche e meccanismi fondamentali a

livello psichico e fisico tipico di bambini molto piccoli: l’assenza e il

ricongiungimento con i genitori, il rifiuto e l’accettazione. Ma è anche vero che

questi meccanismi vengono messi in atto dagli individui anche quando si

affrontano sia il tema delle migrazioni che il tema della diversità. A questo

proposito, forzando l’analisi in senso interculturale rispetto a uno di questi

meccanismi, il rifiuto è un ottimo spunto da cui iniziare quindi, questa

annotazione verrà ripresa quanto l’analisi si concentrerà sulle immagini.

Per quanto riguarda l’ambientazione e i luoghi della narrazione in cui si svolgono

le vicende, non vi sono ancora una volta elementi di interculturalità. La storia è

ambientata nella natura, il posto per eccellenza dove si trovano gli uccellini e i

luoghi specifici dove si alternano le azioni intraprese dai personaggi, sono luoghi

familiari proprio per quegli stessi personaggi. Rappresentano i luoghi della

routine, i luoghi più vicini e frequentati dai piccoli volatili: il nido che rappresenta

la casa, il prato, lo stagno, insomma la natura in generale.

Entrando nel vivo dell’analisi circa gli elementi di interculturalità, si ritiene

opportuno analizzare in modo incrociato gli elementi che fino a qui non sono

ancora stati accennati: i personaggi, le immagini e il testo. Infatti se a una prima

analisi oggettiva non emergono spunti significativi, intrecciando le varie

caratteristiche e componenti viene espresso un messaggio di forte interculturalità.

I personaggi, dapprima uova, poi uccellini di colori diversi, creano tra di loro

delle dinamiche interessanti man mano che si dispiega il racconto. Inizialmente le

tre uova rappresentate nel nido, colorate in tre modi diversi, bianco, nero e a

macchie. Subito, l’uovo bianco e l’uovo nero si schiudono e ne escono due

uccellini, uno bianco e uno nero appunto. L’uovo con le macchie in questo

momento inizia e essere “vittima” dei due fratellini, una diversità di fatto che

genera un rifiuto a priori. «Noi non vogliamo un uovo con le macchie nel nostro

nido! Via da qui!». Una diversità che è accentuata dall’utilizzo dei colori in modo

strategico da parte dell’autore/illustratore, ma che rappresenta anche un

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atteggiamento comune tra bambini che agiscono, non sulla base di veri e propri

pregiudizi ma, semplicemente in base all’istinto. Da qui la storia prende una piega

diversa: gli uccellini spingendo l’uovo di troppo giù dal nido, si rendono conto di

non saper ancora volare, cascano in uno stagno e si accorgono di non saper

nemmeno nuotare. Ma, dall’uovo con le macchie, spunta una coda e così, dal

rifiuto iniziale che li aveva spinti ad allontanarlo iniziano, attraverso la

conoscenza dell’uovo con le macchie, ad accettarlo e chiedono il suo aiuto

iniziando un dialogo. «L’uovo con le macchie sa nuotare! Possiamo sederci sopra

di te?». Così, dopo la coda, spuntano anche due zampette, poi le ali e infine anche

tutto il resto del corpo e i due uccellini si pentono di ciò che hanno fatto

ringraziando il fratellino per l’aiuto ricevuto: «Grazie caro uovo con le macchie.

Non avremmo dovuto cacciarti via dal nido. Adesso ci fai vedere chi sei?». Il

testo, come visto fin qui, racconta e descrive con frasi semplici le avventure dei

tre uccellini ma non solo, infatti presenta un’ulteriore elemento di interculturalità

decisivo per la scelta di questo testo. Essendo un libro bilingue, accanto al testo

italiano nelle pagine vi è anche quello a fronte in arabo.

Le immagini complementari al testo scritto, alternano l’utilizzo degli stessi colori

in tutte le pagine, come già notato precedentemente e rappresentano fedelmente

ciò che viene narrato senza aggiungere dettagli.

Sia le immagini che il testo, se presi singolarmente non evocano con tutta la sua

forza la dimensione di interculturalità che è stata analizzata e su cui si è

focalizzata l’attenzione fin qui. Di fatto se tutti gli elementi vengono presi nelle

relazioni che intrecciano tra loro, allora l’analisi prende tutta un’altra piega, una

piega interculturale.

Ricapitolando, il concetto di diversità si articola sulla base dell’uso che viene fatto

dei colori, il bianco, il nero e il rosso, una diversità che si risolve sulla base della

conoscenza (spiegata dal testo) diventando infine accettazione per ciò che è

diverso da noi, una diversità che diviene elemento unificatore alla fine del

racconto, visto che proprio sulla base di quella diversità da accettare, sarà

l’uccellino rosso a insegnare ai suoi fratellini a volare. Diventa così un’attenzione

che fa della diversità un’occasione da prendere “al volo”, infatti «già l’indomani

l’uccellino rosso insegna ai suoi fratellini come si fa a volare».

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3.3.5 Libri plurilingui

Libro: Alessandro Libertini, Quatropiano Studio (illustrazioni), traduzioni di

Mary Forrest (inglese), Dominique Lefevre (francese), Yang Xiaping (cinese),

Diversi Amici Diversi, Fatatrac, Firenze, 1992.

Trama: è la storia di cinque semi diversi che, una volta piantati danno luogo a

cinque meli diversi. Le cinque mele vengono raccolte acerbe per dargli modo di

andare a scuola e così, diventate mature, potevano fare qualcosa prima di

appassire. Alla fine, decidono di fare una macedonia insieme ad altra frutta. E dai

semini che erano rimasti sul tavolo nacquero altri alberi che…fecero ricominciare

la storia.

Ambientazione: realistica

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: tra gli alberi e sul

tavolo.

Personaggi: i semi, le cinque mele diverse, la pescanoce, l’ananas, il limone.

Testo: italiano, francese, cinese e inglese. Semplice e narrativo. Occupa poco

spazio, è narrativo e descrittivo.

Immagini: semplici, colorate e prive di eccessivi dettagli. Occupano molto spazio

nella pagina.

Analisi del testo

Il libro Diversi Amici Diversi è un libro plurilingue (italiano, francese, cinese e

inglese) che tratta il tema dell’intercultura in modo insolito. Analizzandolo nel suo

complesso e prendendo uno ad uno i vari elementi che lo compongono il tema

dell’intercultura viene rimarcato in continuazione.

Necessaria un’analisi generale prima di entrare nel dettaglio. Innanzitutto, la casa

editrice di questo libro, FATATRAC, è una casa editrice impegnata nell’ambito

dell’intercultura e nello specifico, rispetto a questo testo, l’intento è quello di far

riflettere sul confronto e l’incontro quotidiano con la diversità (già il titolo del

libro è esplicativo) approcciando appunto, il tema della diversità attraverso il

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mondo della frutta. Proprio a questo proposito, la trama, semplice e lineare,

affronta questa tematica in modo originale, insolito e fantasioso per certi versi.

L’ambientazione realistica, anche se non è un elemento diretto di interculturalità,

fa da contorno alla storia narrata contestualizzando la trama, che affronta il tema

dell’intercultura sia in modo realistico che in modo fantasioso. Infatti, i luoghi

della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate, nonostante non

costituiscano un elemento di interculturalità, lo diventano nel momento in cui

viene contestualizzata la storia. La frutta, infatti, in un gioco tra realtà e fantasia,

prende vita, animando l’alternarsi delle vicende narrate. Prima sottoforma di semi,

poi tra gli alberi, le mele vengono raccolte ancora acerbe per poter andare a scuola

e diventare mature e poter poi decidere cosa realizzare: questo è senz’altro un

contributo fantasioso e tutt’altro che realistico (del resto chi ha mai sentito parlare

di frutta che va a scuola?!) che dà ai lettori un’idea, anche se molto

approssimativa, di quello che significa diventare grandi. I personaggi, la frutta,

meritano di un approfondimento. I cinque semi diversi, che poi diventano cinque

meli diversi e fanno crescere cinque mele diverse, costituiscono un forte elemento

interculturale. Nel descrivere la frutta infatti viene spesso rimarcata la loro

diversità anche attraverso alcune descrizioni, che in ogni caso diventa una

diversità irrilevante facendosi da parte nel momento in cui la frutta decide di

diventare macedonia. Il messaggio è forte e trova nella diversità un’occasione per

aggregarsi, stare insieme, contribuire a creare insieme qualcosa di bello attraverso

lo sforzo e le qualità di ognuno. Infatti, nonostante le differenze tra una mela e

l’altra, decidono di restare tutte insieme per creare una bellissima macedonia, che

per quanto fosse bella nessuna avrà il coraggio di mangiare, invitando altri amici

frutta, la pescanoce, l’ananas e il limone.

Il testo, in italiano, francese, cinese e inglese è semplice e narrativo ed occupa

poco spazio all’interno delle pagine. Proprio perché un testo plurilingue ha una

forte valenza interculturale, ma non semplicemente perché scritto in lingue

diverse, quanto anche per quello che esprime. Già a partire dal titolo Diversi amici

Diversi la diversità viene a costituire l’elemento principale di questo libro, ma non

come un elemento che nasconde un pregiudizio o una valenza negativa; infatti la

parola “diversi” (ripetuto per ben due volte) accanto alla parola “amici”, annulla

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tutta la sua presunta negatività, diventando l’elemento che lega e tiene uniti

proprio grazie all’amicizia. La parola “diversi” viene ripetuta più e più volte in

ciascuna delle lingue in cui è scritta la storia. «Da cinque semi diversi…nacquero

cinque meli diversi», «Ogni albero diede un frutto diverso»; questa diversità si fa

ancora più esplicita nel momento in cui viene descritta: «Una mela aveva

problemi di buccia, un’altra si era ammaccata da piccola e una, poi, era sorella

siamese. Proprio belle erano solo due: poche per abbellire un centrotavola».

Andando avanti in questa analisi, necessario soffermarsi anche sul meccanismo

che viene messo in atto successivamente, rispetto alla realizzazione del “progetto

di vita” delle mele (se cosi si può definire).Viene messo in funzione il pensiero

razionale in funzione dell’obiettivo finale di creare qualcosa di condiviso che

piaccia a tutti. Prima il frullato di frutta ma «Mai e poi mai avrebbero confuso i

loro profumi spappolandosi in un frullato», poi l’idea della marmellata ma

«troppo appiccicosa», poi la torta ma «questo si sarebbe stato ficcarsii nei

pasticci! E nel forno? Troppo caldo». Infine la soluzione «No, le cinque mele non

volevano sottomettersi a nessuno. Ecco allora un’idea straordinari: LA

MACEDONIA!», e per mettere in pratica la loro idea chiedono il contributo di

altra frutta che con le sue caratteristiche avrebbero reso la mecedonia ancora più

bella e buona: «Si ricordarono che in classe loro c’era una pescanoce. Sebbene

questa non si sentisse né pesca né noce, molti trovavano in lei il meglio dei due

frutti», «Al posto dello zucchero» scelsero l’ananas, «il più dolce dei loro

compagni», «E il limone? Perché non utilizzare anche lui: senza limone che succo

c’è?». Una volta trovati tutti gli elementi, si conclude la storia che in un certo

senso non avrà mai una fine e si ripeterà tante altre volte. «Mele, Pescanoce,

Ananas e Limone insieme realizzarono una macedonia tanto bella che nessuno

ebbe il coraggio di mangiarla. Vissero così felici e contenti. Poi appassirono, ma

sempre… felici e contenti», «Sul tavolo rimasero solo, in compagnia delle bucce,

alcuni semi. Qualcuno piantò otto di questi semi e…un’altra storia cominciò».

Le immagini, semplici, colorate e prive di eccessivi dettagli, occupano uno spazio

importante all’interno delle pagine, infatti, anche se talvolta non sono disegni di

grandi dimensioni viene loro riservata una pagina intera. Complementari al testo

scritto, rappresentano fedelmente quello che avviene nella storia. Rappresentano

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un elemento di interculturalità ulteriore, in quanto danno una forma concreta alla

diversità raccontata. I cinque semi sono rappresentati in modo diverso e lo stesso

vale per i cinque alberi e per i cinque frutti. Le cinque mele, che sono le

protagoniste della storia, sono di qualità diverse e cosi vengono distinte attraverso

i colori: una rossa, una gialla, due gialle siamesi, una verde e una rossa e gialla.

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3.3.6 Libri indirettamente multiculturali

Libro: Emma Damon, I bambini e la pace, La Nuova Frontiera, Roma, 2004.

Trama: nel libro si spiega ai bambini cosa è e cosa non è la pace, permettendogli

di interagire con il libro attraverso finestrelle da aprire e chiudere

Ambientazione: realistica e relativa alla quotidianità dei bambini.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: la casa, intorno

alla tavola, la cameretta, il parco, il parco giochi, il mare.

Personaggi: bambini di diverse etnie

Testo: molto semplice. Approfondisce il concetto di pace attraverso l’utilizzo di

affermazioni e negazioni.

Immagini: sono fedeli al testo scritto e ne rappresentano il contenuto spiegandolo.

Analisi del testo

Il libro I bambini e la pace, rientra tra i libri di questa proposta di scaffale

multiculturale in quanto, classificato come testo indirettamente multiculturale e,

non affrontando direttamente il tema dell’intercultura, ci gira intorno (ma neanche

più di tanto!) tramite una di quelle materie che si possono definire trasversali al

suddetto tema: l’educazione alla pace. Fatta questa precisazione, utile a capire il

messaggio di cui si fa portavoce questo libro, si desidera mettere l’accento su un

altro aspetto. L’unico elemento veramente interculturale di questo libro, è il tema

trattato. La pace con la sua universalità, è un tema che può avvicinare persone, o

bambini in questo caso, di nazionalità diverse, ma non solo, e che può creare i

presupposti per comportamenti improntati all’altro, un altro che può essere

diverso da noi, ma anche uguale. Dunque non tutti gli elementi di questo testo, se

presi singolarmente, possono essere letti in un’ottica interculturale, ma se

analizzati insieme e in modo incrociato, possono dar voce a un messaggio

sensibile all’intercultura.

La trama è pressoché inesistente, infatti non si presenta come una storia

convenzionale che inizia con “C’era una volta” e si conclude con “e vissero per

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sempre felici e contenti”, ma è una trama che si esaurisce nell’utilizzo di

affermazioni e negazioni che spiegano cosa è e cosa non è la pace, presentando

delle situazioni quotidiane, conosciute a tutti i bambini e dei comportamenti che

possono essere familiari alla maggior parte dei piccoli. Inoltre aprendo e

chiudendo le varie finestrelle presenti in ognuna delle pagine, i comportamenti

presentati vengono facilmente riconosciuti dai bambini stessi come buoni o

cattivi, soprattutto grazie alle immagini, su cui ci si i soffermerà in seguito.

Proprio perché l’ambientazione di questo libro è la quotidianità di tutti i giorni, i

diversi luoghi in cui si alternano le vicende presentate, sono ancora una volta

posti e situazioni conosciute: la casa, il parco, la cameretta, il parco giochi, la

tavola dove si mangia. Al di là delle annotazioni strettamente correlate

all’interculturalità, è necessario notare che il requisito di familiarità è significativo

quando si decide di scrivere un libro per bambini. Si tratta di luoghi universali,

comuni a tutti i bambini, anche quelli stranieri.

Un elemento direttamente osservabile di interculturalità sono i personaggi.

Bambini di diverse etnie si alternano nelle pagine, rappresentati, grazie alle

immagini, con le loro caratteristiche culturali proprie, dal colore della pelle al

vestiario. Non emergono stereotipi e/o pregiudizi anche perché, visto il tema

trattato sarebbe stato contraddittorio.

Il testo, è un altro elemento di interculturalità. È molto semplice, costituito da frasi

formulate sottoforma di affermazioni e negazioni che approfondiscono il concetto

di pace. Una sorta di lezione sulla pace, sui valori che esprime e i comportamenti

che deve generare. Il testo riporta alcune parole che sono associate alla pace:

come donare, condividere, ascoltare, aiutare, costruire, giocare insieme, amicizia,

tolleranza, amore, e delle altre parole che invece non vi devono essere associate:

non prendere, non tenere per sé, non litigare, non essere indifferente, non

distruggere, non rovinare il gioco, odio.

Infine le immagini che sono fedeli al testo scritto e ne spiegano il contenuto

contestualizzando i vari comportamenti. Inoltre, come già accennato raffigurano i

bambini delle diverse etnie e li rappresentano mentre condividono alcuni momenti

della loro routine.

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3.3.7 Storie di immigrazione

Libro: Chiara Dattola, L’Africa in città! Storie di coccodrilli, matematica e

pozioni magiche, Terre di Mezzo, Milano, 2009.

Trama: Marco ha un uovo compagno di classe di nome Samba. Samba viene

dall’Africa ed è bravissimo in matematica. Un pomeriggio, Marco va a casa di

Samba per far i compiti e lì, conosce tutta la sua strana famiglia, una famiglia

“magica” che in un gioco continuo tra realtà e fantasia si scopre una famiglia

piena di sorprese.

Ambientazione: nei luoghi della vita quotidiana come la scuola e la casa; è una

ambientazione realistica.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: la classe di

Marco e Samba e la casa di Samba.

Personaggi: Marco, Samba, il nonno di Samba, la mamma di Samba, il padre di

Samba, Imani la sorella di Samba, Abasi il fratello maggiore di Samba.

Testo: semplice, narrativo e descrittivo. Non occupa molto spazio nelle pagine.

Immagini: rappresentano fedelmente ciò che è scritto nel testo. Sono molto

colorate e occupano molto spazio nelle pagine.

Analisi del testo

Questo testo di Chiara Dattola, L’Africa in città. Storie di coccodrilli, matematica

e pozioni magiche, è un testo che affronta il tema dell’intercultura in una delle sue

forme più attuali, rappresentando un elemento di forte interculturalità. Infatti

racconta una situazione che sempre di più, oggi, si ritrova all’interno delle classi e

tra i banchi di scuola. Se l’ambientazione quindi è realistica e molto attuale, lo

stesso si può affermare per i luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende

raccontate e per la trama. Infatti le vicende raccontate ricordano una situazione

molto comune, cioè quella di invitare i compagni a casa dopo la scuola, e

ricorrente, una situazione facilmente generalizzabile in cui, se non tutti, almeno

tanti bambini possono riconoscersi.

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I personaggi del libro sono, come l’ambientazione, elementi di forte

interculturalità. Marco e Samba, i due protagonisti sono rappresentativi di ciò che

significa, attraverso un messaggio forte espresso da questa narrazione,

condividere e conoscere chi è diverso da noi, accettando in modo incondizionato

può essere nuovo. Insieme a Samba, il bambino appena arrivato in classe

dall’Africa, bravissimo in matematica, viene presentata e descritta anche tutta la

sua famiglia che con le sue caratteristiche (i nomi, il colore della pelle) è

esplicativa di una cultura e di alcune tradizioni. Tutto ciò emerge in modo chiaro

attraverso il testo, che approfondisce la dimensione di interculturalità espressa dai

personaggi e le loro caratteristiche. Nel testo, Samba viene elogiato per le sue

qualità dall’amico Marco, infatti ci dice: “Samba è il mio nuovo amico, ed è

fortissimo! È nato in Africa […] e a pallone non lo batte nessuno. Con la

matematica poi è un mago: non c’è tabellina che tenga”; emerge da queste parole

un’immagine positiva dell’amico appena arrivato, un amico che si è pienamente

integrato con i compagni della classe (che nelle prime pagine del libro anche loro

lo elogiano) e un’immagine che sottolinea con forza i suoi pregi. Per rafforzare

questa immagine positiva di Samba, Marco si definisce in relazione all’amico con

queste parole “Io, invece, sono un somaro patentato, i numeri mi fanno diventare

matto.” Da qui si dispiegano una serie di descrizioni dei vari componenti della

famiglia di Samba, che rafforzati con alcuni elementi un pò surreali (verosimili

ma di fantasia) rendono ancora più grandioso l’amico. Nel descrivere il nonno

infatti i compagni di Marco gli riferiscono: “Lo sai che suo nonno è l’uomo più

coraggioso di tutta l’Africa? […] Lotta a mani nude con i coccodrilli!”. Andando

avanti con le descrizioni e con l’aumentare delle similitudini viene fuori con forza

maggiore la straordinarietà di Samba e della sua famiglia: “Sua madre prepara

pozioni potentissime…”, “suo padre parla tutti i giorni con gli spiriti…”,

“Imani,[…] prega sempre la Dea della Terra che le regala frutti prelibati…”, “Poi

c’è Abasi[…] torna sempre a casa tutto bagnato. E sai perché? Il Dio Fiume lo

porta con sé in posti bagnati…”. Delle descrizioni quasi surreali dei lavori o delle

azioni svolte e compiute dai personaggi nella loro quotidianità, che raccontati in

questo modo incuriosiscono ancora di più i lettori suscitando appunto meraviglia.

Il testo quindi ha una funzione ben precisa e specifica della dimensione

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dell’intercultura. Infatti, il testo, non è tanto significativo per le parole legate a

questa sfera, quanto più per la funzione che ha nell’enfatizzare, evidenziare in

maniera positiva e mettere l’accento, nel sottolineare la grandiosità di una

famiglia che viene da un altro continente, quello africano; un testo che con le sue

similitudini e con le immagini che evoca, realistiche e talvolta di fantasia,

conferisce importanza e magia alla specificità di ciò che viene raccontato e dei

personaggi che vengono descritti.

Le immagini, integrando e rispecchiando ciò che è espresso dal testo scritto, sono

un ulteriore elemento di interculturalità. Prima di tutto perché Samba e la sua

famiglia sono rappresentati in modo fedele alle loro origini, con il colore della

pelle scuro. Secondo perché nelle pagine, molto colorate, sono rappresentati

alcuni elementi tipici dell’Africa, quali i coccodrilli, le maschere, i vestiti

tradizionali della cultura africana. Terzo, grazie alle immagini, emerge

chiaramente il messaggio di interculturalità espresso dal libro: l’incontro tra

culture e la loro integrazione infatti è reso ancora più evidente da alcune immagini

che si alternano nelle pagine: da quella in cui Samba e Marco si aiutano nella

matematica davanti alla lavagna di classe, in alcune camminano abbracciati l’uno

all’altro, in un’altra immagine ancora Marco cerca protezione dietro la schiena di

Samba poiché impaurito dall’insettone mostratogli dal nonno.

L’ultima immagine presente nel libro, ritrae tutti quanti i personaggi intorno alla

tavola da pranzo, un’immagine rappresentativa di quello che vuole essere il

messaggio di questa favola improntata tutta sulla bellezza dell’intercultura (come

viene riportato sul retro della copertina), un’immagine dove l’incontro tra culture

diventa reale, un’incontro che avviene nella quotidianità.

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3.3.8 Storie d’emigrazione

Libro: Ferrara Antonio, Serena Intilia, In viaggio, Prìncipi & Principi, Faella, Pian

di Scò, (AR), 2011.

Trama: è la storia di un bambino che, per scappare dal suo paese dove c’è la

guerra, nascosto nel bagagliaio della sua macchina, racconta il viaggio e l’arrivo

nel nuovo paese, l’Italia. Uscito dal bagagliaio è arrivato in un campo di

accoglienza, dove incontra tante altre persone e tanti altri bambini, arrivati da

posti diversi, con cui giocare. Guardandosi intorno racconta le sue sensazioni di

felicità e stupore, la paura se n’è andata finalmente!

Ambientazione: realistica, attuale e quotidiana.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: il Paese dove c’è

la guerra, il bagagliaio della macchina, il nuovo Paese all’interno del campo di

accoglienza, gli alberi su cui si arrampicano i bambini.

Personaggi: il bambino che racconta la storia, altri bambini e le persone del

centro di accoglienza

Testo: narrativo, descrittivo e occupa uno spazio importante.

Immagini: occupano uno spazio importante nel libri, sono semplici e molto

colorate.

Analisi del testo

Il testo In viaggio, di Serena Intilia e Antonio Ferrara, per il tema trattato, presenta

moltissimi elementi di interculturalità declinati in tutte le sue componenti, infatti

se il tema dell’emigrazione è già di per sé un argomento che suscita una

riflessione improntata sull’Altro, e anche tutti gli elementi presenti all’interno del

libro (quelli che si è deciso di analizzare) offrono la possibilità di riflettere sulla

dimensione dell’intercultura.

La trama non necessita di un ulteriore approfondimento se non una osservazione

rispetto al viaggio che affronta il protagonista da un Paese all’altro. Il viaggio

infatti è di per sé un elemento di forte interculturalità, che mette in relazione

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persone diverse con luoghi diversi, comprendendo tutte quelle componenti

emotive che inevitabilmente vengono alla luce durante un percorso attraverso e

nello spazio. Uno spazio che apre i suoi confini e orizzonti, uno spazio che si

dilata accogliendo chi è rimasto senza una casa. E qui si inserisce un’annotazione

rispetto all’ambientazione, attuale e realistica poiché si raccontano dei fatti che

nella quotidianità sono vissuti da migliaia di persone.

Anche i luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate sono

anche essi caratteristici del tema affrontato da questo libro/albo illustrato, quello

del viaggio dell’emigrazione. Scappare da un Paese in guerra dove c’è sangue,

vento e temporale rinchiusi nel bagagliaio di una macchina, per arrivare in un

nuovo Paese dove invece c’è l’arcobaleno e infine la nuova casa, il campo di

accoglienza, dove tanti altri bambini, anche se sconosciuti, sono i compagni

prediletti con cui giocare insieme.

I personaggi sono un altro elemento di interculturalità. Il protagonista il bambino

che racconta in prima persona la sua esperienza di emigrazione insieme alla sua

famiglia (di cui viene data per scontata la presenza), vengono da un altro Paese, e

allo stesso modo tutte le altre persone e tutti gli altri bambini che incontrano in

Italia nel campo di accoglienza. Questo dato è testimoniato dalle immagini che

ritraggono i bambini con i colori della pelle diversa e, allo stesso modo dal testo

che facendo alcuni accenni sul loro viaggio, ci fa capire che questi bambini

vengono da luoghi diversi.

Entrando più nello specifico nell’analisi del testo di questo libro, si riportano

alcune frasi significative che evidenziano il contrasto tra quello che era il Paese

d’origine e il Paese d’approdo, le loro diverse caratteristiche e ciò a cui

rimandano. La storia inizia presentando ciò che spinge ad emigrare il bambino

protagonista e la sua famiglia, riportando un dato di fatto, una condizione

immutabile «c’è stata la guerra, qui da noi»; la descrizione che segue, con un

gioco di parole mette insieme i fulmini e l’arcobaleno preannunciando ciò da cui è

necessario fuggire e ciò che li aspetterà nel nuovo Paese: «sotto i fulmini vanno

macchine nere, cupe, fredde, tutte in una stessa direzione. Solo la mia saluta, fa

ciao col parabrezza in faccia al sole, anche se il sole si è nascosto. A fulmine

risponde Arcobaleno». L’arrivo è vissuto dal bambino come un momento di gioia,

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un Paese nuovo in cui iniziare a guardare tutto con estremo ottimismo.«Siamo

arrivati, finalmente. L’Arcobaleno tocca la mia auto». A questo punto si

susseguono delle frasi che portano alla luce allo stesso tempo nuovi elementi, il

confronto con il Paese d’origine e delle differenze con ciò che il bambino si è

lasciato alle spalle: «sono in questo nuovo Paese adesso. Non piove più, niente

guerra, si è fatto tutto chiaro», «al mattino bevo caffè italiano». Tutto viene

descritto con colori diversi, non più scuri e cupi come quelli che richiamano la

pioggia e il temporale, ma chiari e allegri come quelli dell’arcobaleno. In questo

albo illustrato ricorre anche il tema dell’incontro, l’incontro con altri bambini che

condividono lo stesso destino del narratore - protagonista all’interno del campo di

accoglienza. «Sono bambini […]. Come me. Stanno tutti a giocare nel recinto»,

«adesso ci spostano, ci portano in un altro campo di accoglienza». Il ricordo

riemerge a tratti, «ci ricordiamo di quella barca stretta», un ricordo che oscilla tra

sensazioni positive e negative, «ci ricordiamo il sole e la paura». La storia

raccontata in questo albo illustrato si conclude con una consapevolezza, la

consapevolezza di aver trovato finalmente una casa, un luogo sicuro dove vivere,

ma anche la consapevolezza di dovere mettersi in gioco, di dover farsi strada in un

Paese che forse non ci vuole, un Paese per il quale, in ogni caso permane uno

sguardo ottimistico per il futuro che verrà. «Cresciamo qui, adesso, in questo

Paese che forse non ci vuole. Dobbiamo essere seri, noi, molto più seri degli altri

bambini, lo sappiamo».

Le immagini sono rappresentative del viaggio. Approfondiscono e chiarificano il

testo scritto. Quei personaggi che sono solamente citati con le parole, con le

immagini acquisiscono un volto, anzi tanti volti, tutti colorati in modi diversi. I

colori giocano un ruolo importante. Quando il protagonista racconta della sua fuga

chiuso nel bagagliaio dell’auto, i colori delle pagine sono scure mentre, appena

arriva nel nuovo paese, animano le pagine i colori più vivaci, dal bianco al rosa al

rosso, al giallo fino ai colori dell’arcobaleno. Le immagini sembrano disegnate dai

bambini; infatti sono proprio i bambini i principali protagonisti di questa storia.

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3.3.9 Multimedialità, giochi e mostre

Gioco: Graziella Favaro (testi di), «Voci del mondo in gioco». Sei storie narrate

da ragazzi e ragazze di altri paesi, più un gioco per ricordare e raccontare nuove

fiabe, Progetto Storievasive, in collaborazione con Articolo 3 e AVP, contributi di

Regione Toscana, Vodafone e Provincia di Milano, Carthusia, Milano, 2005.

Contenuto:1 scatola contenitore, 6 volumi a fisarmonica, 4 fogli di carte gioco: 60

carte, 1 fascicolo, cartone illustrato, 36x24x5 cm.

Volumi a fisarmonica: Graziella Favaro, Maja Celija, Il piccolo e il gigante

feroce. Raccontato da Krenar, Erjon e Shkëlzen, edizione bilingue italiano-

albanese, Carthusia, Milano, 2005; Graziella Favaro, Evelyn Daviddi, Al lupo! Al

lupo! Raccontato da Andrea, Carlo Christian, Daniele, Francesco, Maicol,

Michele, Mike, Mirko, Oscar e Riccardo, edizione bilingue italiano-inglese,

Carthusia, Milano, 2005; Graziella Favaro, Octavia Monaco, Chi la fa l’aspetti.

Raccontato da Abdullah, Ahmed, Dadr, El Habib, Hicham, Jaouad, Kamel,

Mohamed e Said, edizione bilingue italiano-arabo, Carthusia, Milano, 2005;

Graziella Favaro, Bimba Landmann, Il guerriero e il saggio. Raccontato da

Abdelhadi, Abdul, Adil, Aïssa, Hicham, Mohamed, Mounir, Omar e Rachid,

edizione bilingue italiano-arabo, Carthuisa, Milano, 2005; Graziella Favaro,

Miguel Tanco, La capra e i tre capretti. Raccontato da Adrian, Alin, Andrei,

Cristian, Elvis, Luca e Sergiu, edizione bilingue italiano-rumeno, Carthusia,

Milano, 2005; Graziella Favaro, Patrizia La Porta, Yasmin e le mele d’oro.

Raccontato da Sabina, Samantha, Sevala, Susanna e Violeta, edizione bilingue

italiano-romanès, Carthusia, 2005.

Trama:sei trame diverse che raccontano fiabe appartenenti ai diversi Paesi e alla

loro tradizione.

Ambientazione: i Paesi ai quali appartengono le sei favole raccontate dai bambini

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate: luoghi reali,

diversi per ogni racconto, specifici e appartenenti o che richiamano i luoghi

d’origine dei Paesi di cui sono originarie le fiabe.

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Personaggi: diversi per ognuno dei sei racconti e caratteristici delle sei culture.

Testo: sempre bilingue con testo a fronte in ognuno dei sei libretti e occupa uno

spazio importante rispetto alle immagini

Immagini: all’interno dei libretti a fisarmonica, nella parte interna opposta al testo

scritto è rappresentata ciascuna favola esclusivamente con le immagini, colorate e

con molti dettagli. Occupano uno spazio, altrettanto importante rispetto al testo.

Analisi del gioco

«Voci del mondo in gioco». Sei storie narrate da ragazzi e ragazze di altri paesi,

più un gioco per ricordare e raccontare nuove fiabe è un gioco che insieme ai

vari racconti delle diverse tradizioni che propone, si fa portavoce di educazione

interculturale. Dedicato ai ragazzi e fatto in collaborazione con loro, in quanto

sono loro i protagonisti delle narrazioni di storie contenute in questo gioco( si

riportano infatti i nomi dei ragazzi che raccontano le varie fiabe), si propone

inoltre di sostenere uno scambio interetnico. Le sei storie raccontate infatti, sono

portavoce di Paesi più o meno lontani, di lingue, di modi di fare, di mondi, di

abitudini e di tradizioni diverse caratteristici. In bilico tra situazioni quotidiane e

non, realistiche ed immaginarie, ciascuna storia propone una cultura diversa nella

quale è possibile immedesimarsi e propongono spunti di riflessione utili ad

approcciare Mondi lontani. Inoltre, avvicinando il mondo della lettura a quella del

gioco (perché di un gioco si tratta), si rendono i contenuti indagati dal materiale

all’interno del kit, stimolanti e attraenti, proponendo delle occasioni strutturate di

interazione che contengono spunti continui di apprendimento. Il gioco da tavola,

inerente alle letture contenute nel kit, prevede che i diversi giocatori muovano le

pedine lungo il percorso rispondendo correttamente alle domande sulle fiabe e sui

Paesi.

Lasciando un attimo da parte questa introduzione, si vuole indagare, come fatto

per gli altri testi proposti, uno ad uno gli elementi di interculturalità, premettendo

che vista la natura diversa di questo materiale, l’analisi sarà affrontata solo su

quegli elementi che sono presenti.

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Il gioco, di per sé è interculturale sia per il contenuto sia per quanto riguarda la

destinazione, come già affermato in precedenza: infatti, ogni volume a

fisarmonica rappresenta un’occasione per approcciare le storie e le fiabe di mondi

lontani. Tutto il materiale offre l’occasione di esplorare una realtà multiculturale,

con le sue differenze, le sue voci sconosciute, i suoi colori, i suoi volti e le sue

abitudini diverse. L’intento di questo gioco con il suo materiale è quello di

rendere accessibile un contenuto talvolta inaccessibile, lontano, fatto di identità

multiple che aprono la porta a mondi lontani e questi, raccontandoli e

descrivendoli diventano occasione per conoscersi, scambiarsi ricordi, avvicinarsi e

accettarsi. Una sorta di viaggio attraverso la narrazione che permette di scoprire e

attraversare i confini del mondo e arricchirsi con tutte le sue sfumature.

Per questo, trama, ambientazione, luoghi della narrazione dove si svolgono le

vicende raccontate e personaggi, sono allo stesso modo elementi di

interculturalità e affrontano il tema ognuna nella loro specificità. Le trame delle

sei fiabe raccolte all’interno dei sei volumi a fisarmonica sono caratteristiche dei

Paesi da cui provengono e a questo proposito le ambientazioni e i luoghi della

narrazione dove si svolgono le vicende raccontate, essendo inserite ognuna nel

proprio contesto culturale e essendo ogni luogo caratteristico e specifico di

ognuno dei sei Paesi, non possono che essere elementi di interculturalità. Sono

luoghi reali e richiamano ricordandoli, i Paesi da cui provengono le fiabe. I

personaggi, allo stesso modo, sono caratteristici e portatori delle culture di cui

sono espressione le fiabe.

Il testo e le immagini sono in assoluto gli elementi più significativi di questo gioco

e dei materiali che vi sono contenuti. Avendo un ruolo fondamentale, soprattutto

nella promozione dell’intercultura, meritano un approfondimento specifico.

Iniziando dal testo, si osserva, che tra il materiale contenuto nel kit, gode di uno

spazio predominante. I sei volumi a fisarmonica infatti, sono scritti in due lingue.

Al lupo! Al lupo! è scritta in italiano e in inglese, la fiabe Chi la fa, l’aspetti e Il

guerriero e il saggio sono scritte in italiano e in arabo, la fiaba Yasmin e le mele

d’oro è scritta in italiano e romanès, la fiaba Il piccolo e il gigante feroce è scritta

in italiano e in albanese ed infine, la fiaba La capra e i tre capretti è scritta in

italiano e rumeno. Inoltre nella prima pagina di ciascun libretto sono riportate

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informazioni riguardanti i Paesi, le culture e le tradizioni da cui provengono le

fiabe, e in alcuni dei libretti si riportano anche alcune parole in lingua e la loro

rispettiva traduzione in italiano. Tutti i racconti sono fatti e scritti con un

linguaggio articolato e specifico, non difficile alla comprensione, ma che

sicuramente presuppone una padronanza del linguaggio e una competenza della

lettura abbastanza elevate. Inoltre, una volta completata la lettura di tutte le favole

e una volta che i contenuti di ciascuna vengono interiorizzati, passando alla fase

del gioco, viene messa alla prova la comprensione e il ricordo di quanto letto

attraverso alcune domande che se risposte correttamente, permetteranno ai vari

giocatori di avanzare nel tabellone. Le domande, hanno una forte valenza

interculturale, infatti poiché inerenti le fiabe raccolte nei sei volumi a fisarmonica,

testano la comprensione e la memorizzazione di particolari e contribuiscono, a far

conoscere fiabe di altri Paesi ai giocatori.

Le immagini, subito successive al testo per importanza e per spazio occupato,

raccontano le fiabe presentate in ciascun libretto nella parte interna dei volumi a

fisarmonica. Molto colorate e ricche di dettagli, narrano le varie storie con

rappresentazioni specifiche riportando le vicende narrate dal testo scritto. È quindi

possibile dire che le storie si possono leggere anche attraverso le immagini. La

loro valenza interculturale, sta nel riportare attraverso i disegni la fisionomia, i

costumi, le tradizioni, le abitazioni e i paesaggi caratteristici dei Paesi da cui

provengono le fiabe. Anche il tabellone di gioco, in quanto funzionale a

ripercorrere le sei fiabe raccolte nel kit, riporta alcuni dettagli ingranditi di

ciascuna lettura.

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3.3.10 Alfabetizzazione linguistica

Libro: Gabriele Ventura, Vocabolario Interculturale Illustrato per bambini e

bambine dai 2 ai 14 anni: lingua araba, Editrice Missionaria Italiana, Bologna,

1998.

Trama: Un vocabolario illustrato italiano-arabo che anziché essere un libro da

sfogliare, rappresenta, su diversi cartoncini numerati in ordine alfabetico, con le

illustrazioni e con la grafica le diverse parole nelle due lingue.

Ambientazione: realistica e concreta.

Luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate:sono i luoghi

della vita quotidiana.

Personaggi: non esistono personaggi specifici. Gli unici personaggi sono quelli

rappresentati sulle schede in relazione alle parole per spiegarne il contenuto;

talvolta si ripetono gli stessi personaggi nei diversi sottogruppi in cui sono

suddivise le schede.

Testo: si limita a tre parole per scheda, bilingue italiano-arabo e in aggiunta anche

la pronuncia scritta con i caratteri dell’alfabeto latino.

Immagini: occupano gran parte dello spazio sulle schede. Sono immagini semplici

e colorate, rappresentano fedelmente e senza troppi dettagli ciascuna delle parole

presentate dal testo.

Analisi del testo

Compiere un’analisi specifica e dettagliata come fatto sin qui sui vari elementi che

costituiscono questo testo, non è possibile vista la destinazione d’uso di questo

Vocabolario Interculturale Illustrato.

La destinazione di questo Vocabolario è espressamente interculturale, come si

evince prima di tutto dal titolo, e in secondo luogo, come dichiarato dagli autori

del libretto allegato, data la funzione «di fornire delle tracce, degli indizi per

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ulteriori e più approfonditi contatti ed incontri»69, il materiale contenuto in questo

vocabolario illustrato, ha uno scopo specificamente interculturale. Dunque questo

libretto con tutte le sue indicazioni, insieme alle schede che compongono il

vocabolario, hanno una funzione importante: quella di fornire una prima

conoscenza delle parole, di uso comune e anche elementari (non perché di poco

conto, ma perché parole semplici) sia in lingua araba che italiana, per coloro che

per una serie di motivi diversi hanno la necessità di allenarsi o la voglia di iniziare

a imparare una nuova lingua. In merito a quanto detto, la destinazione di questo

vocabolario è sicuramente uno dei maggiori elementi di interculturalità. Aprendo

una piccola parentesi rispetto a questo testo, sembra giusto aggiungere e

specificare che esistono nella stessa edizione e curati dallo stesso autore anche

Vocabolari Interculturali Illustrati in altre lingue, tra cui quello albanese, quello

rumeno e quello croato e serbo.

Prima di approfondire gli altri elementi che risultano efficaci a questa analisi, si

ritiene opportuno fare delle precisazioni rispetto a quegli elementi che non

meritano, perché assenti, un approfondimento in senso interculturale.

La trama e i personaggi, non sono elementi di interculturalità, infatti, essendo

questo testo un vocabolario e rientrando a far parte dei testi di alfabetizzazione

linguistica in questa proposta di scaffale multiculturale, la sua impostazione e

costruzione, è distinta dai testi sin qui analizzati. Essendo un vocabolario infatti,

non ha una trama, in quanto non si ritiene un elemento caratteristico di questa

tipologia di testi, e i personaggi non sono un elemento rilevante, in quanto le

singole schede non rappresentano una storia nella quale si alternano vicende

vissute in prima persona da alcuni personaggi. In ogni caso questa osservazione

merita un ulteriore approfondimento che verrà ripreso più avanti in questa analisi.

Per quanto riguarda l’ambientazione e i luoghi della narrazione dove si svolgono

le vicende raccontate, nonostante non siano elementi di interculturalità, sono

funzionali a un’ educazione e una sensibilizzazione in questo senso. Sono infatti

realistici, concreti e inerenti la quotidianità, degli elementi importanti che,

esplorando dei contenuti conosciuti a tutti i bambini, anche i più piccoli, esplorano

                                                            69 Serghini A., Serranti C., I paesi arabi del Maghreb e l’Egitto, Cartoline da una cultura all’altra, EMI, Bologna, 1998, p. 4.

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la realtà e la vita quotidiana concreta, e partendo proprio da delle competenze già

acquisite, rinforzandole, creano i presupposti per imparare le stesse cose in una

lingua diversa, l’arabo in questo caso.

Ogni scheda è numerata da 1 a 320 e le parole riportate sulle schede che

costituiscono il vocabolario sono in ordine alfabetico, in successione, suddivise

per sottogruppi, a seconda di quale è il tema affrontato. Le schede dalla 1 alla 24

sono inerenti le parti del corpo; dalla 25 alla 50 sono parole che riguardano gli

accessori gli oggetti di uso quotidiano e i vestiti; dalla 51 alla 92 le parole sono

legate ai mobili, gli elettrodomestici e altri oggetti che si utilizzano in casa; dalla

93 alla 98 sono le parole che identificano i componenti e i ruoli della famiglia;

dalla 99 alla 125 sono parole legate agli alimenti; dalla 126 alla 150 sono parole

legate agli oggetti e ai luoghi della scuola; dalla 151 alla 164 sono parole legate ai

giochi e agli svaghi per bambini; dalla 165 alla 176 le parole per imparare a dire i

colori; dalla 177 alla 193 le parole sono legate all’ambiente e alle condizioni

atmosferiche; dalla 194 alla 227 sono schede sui nomi degli animali; dalla 228

alla 247 sono schede sui luoghi e gli edifici della città; dalla 248 alla 289 le parole

sulla verdura, la frutta e i fiori; dalla 290 alla 293 le schede riportano i momenti

della giornata; dalla 294 alla 300 i giorni della settimana; dalla 301 alla 304 le

stagioni; dalla 305 alla 316 i mesi dell’anno e infine dalla 317 alla 320 le parole

legate al calendario. Si può dire quindi che l’ambientazione in generale è realistica

e concreta,in quanto esplora ambiti conosciuti e contenuti utili, mentre per i luoghi

della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate, nonostante non si tratti di

vere e proprie vicende, ma è vero che in alcuni sottogruppi le schede sono legate

le une alle altre, si esplorano dei luoghi distinti e conosciuti caratteristici delle

parole presentate e rappresentate nel vocabolario.

A questo punto, in merito a quanto detto, risulta indispensabile riprendere l’analisi

dei personaggi. I personaggi come affermato in precedenza, non esistono, ma vista

la suddivisione delle schede in sottogruppi e vista la loro concatenazione e

sequenzialità in alcuni casi, si ripetono negli stessi sottogruppi i protagonisti

occasionali nelle varie sequenze di schede. Nel sottogruppo inerente le parti del

corpo, i due volti rappresentati si ripetono in tutto il sottogruppo; nel sottogruppo

dei componenti e dei ruoli della famiglia i disegni ritraggono le stesse figure; nel

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sottogruppo dei momenti della giornata, nel sottogruppo dei giorni della settimana

e in quello dove sono riportati i nomi dei mesi dell’anno, il coniglietto

rappresentato compie azioni diverse in relazione alla parola che compare sulle

schede delle tre sequenze .

Passando all’analisi delle restanti componenti si viene a contatto con quello che è

realmente il contenuto e la finalità interculturale di questo Vocabolario

Interculturale Illustrato.

Il testo, bilingue italiano-arabo, ha una finalità ben precisa in quanto occupa un

posto e una funzione ben precisa all’interno delle schede. Vengono riportati infatti

i termini in italiano, scritti in stampatello e in corsivo, le relative traduzioni in

lingua araba e visto l’alfabeto diverso viene riportata anche l’indicazione di

pronuncia della lingua araba scritta con i caratteri dell’alfabeto latino.

Le immagini, predominanti all’interno delle schede rispetto al testo, rappresentano

le parole riportate su ogni scheda, non aggiungono del contenuto e sono

rappresentazioni semplici, non complesse, prive di dettagli in eccesso. Come detto

per la descrizione del testo, anche le immagini sono 320, una per ogni scheda. Nel

caso in cui la parola sia relativa a una parte del viso, ad esempio i baffi (scheda 1),

lo scorcio relativo a quella parte del viso, viene ingrandito dalla faccia

rappresentata e attraverso una finestrella in cui viene evidenziato e ingrandito il

dettaglio, si porta in primo piano la parte del viso indicata dal testo scritto. In altre

schede invece si trova una freccia grande e colorata che indica ciò a cui ci si

riferisce.

Conclusa questa analisi, che ha preso in considerazione i singoli elementi che

compongono questo testo, si ritiene opportuno soffermarsi ancora una volta sul

messaggio, forte, di interculturalità che esprime e di cui si fa portatore questo

Vocabolario Illustrato, considerando alcune delle schede che nel particolare danno

un contributo ancora più specifico alla dimensione interculturale e che meritano

dunque un maggiore approfondimento.

Prime fra tutte le schede del sottogruppo relativo ai componenti e ai ruoli della

famiglia.

Nella scheda n°95 “famiglia”, viene rappresentata al completo una famiglia che

nella sua specificità è un incontro di culture: i genitori, il padre europeo e la madre

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asiatica, e i figli, la bambina con la pelle di colore molto chiaro e bionda e il

bambino con la pelle scura e i capelli nero corvino, sono tutti rappresentativi di

una cultura diversa. Così come in questa scheda, lo stesso accade per la n°93

“bambino”, la n°96 “mamma” e la n°97 “papà”. Il bambino rappresentato ha gli

occhi a mandorla come la mamma mentre il papà è alto biondo e ha la pelle

chiara. Le coppie rappresentate dalle schede n°96 e n°97 sono rappresentative

dell’incontro con la multicultura e lasciano intendere che figli e genitori possono

appartenere o avere tratti somatici distinti. Vi sono quindi una serie di schede che

sono del tutto funzionali all’interculturalità.

Inoltre , con il loro utilizzo si cerca di creare una conoscenza o quantomeno si

cerca di mostrare che esistono luoghi di culto diversi. Funzionale a ciò, le schede

n°232 chiesa, n°236 moschea, n°242 sinagoga, n°247 tempio, che appaiono

intenzionate a creare un’occasione per far conoscere i diversi luoghi di culto

caratteristici delle diverse religioni. Una intenzione, dal momento che si tratta di

un Vocabolario Interculturale, che sembrerebbe finalizzata a una sensibilizzazione

all’altro, una sorta di educazione alle religioni.

Prese in considerazione sia le caratteristiche più generali e direttamente

osservabili che quelle più specifiche e che entrano nel dettaglio dell’analisi, si può

affermare che questo Vocabolario Interculturale Illustrato sia uno strumento

assolutamente efficace, sia per il suo contenuto che per la sua forma, a fare

dell’educazione alla parola, un’occasione per imparare e divertirsi allo stesso

tempo, rendendo un vocabolario, che nella sua destinazione d’uso può apparire un

libro molto impegnativo, anche uno strumento per “giocare” e con cui interagire

più del dovuto.

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3.4 Analisi delle diverse componenti dei testi: confronto e

conclusioni

L’analisi di questi dieci libri scelti perché esplicitamente interculturali ha

l’intenzione di indagare come i testi dedicati alla più giovani età e presenti tra gli

scaffali multiculturali delle biblioteche, potessero promuovere intercultura

sensibilizzando a valori, culture e tradizioni o semplicemente facendo conoscere

mondi lontani. La scelta di scomporre l’analisi di ciascun testo e di focalizzare

l’attenzione sulle componenti che compongono i singoli libri e materiali, sta nella

volontà di capire come nello specifico viene affrontato il tema dell’intercultura e

come nello specifico si dimostra più o meno sensibile al tema. La non aderenza a

questa tematica da parte di ognuna delle componenti indagate non comporta una

perdita di valore dell’analisi o del testo indagato, serve solo a dare spunto ad una

riflessione molto generica su come le diverse tipologie di libri o materiali vengono

pensati, concepiti e costruiti.

Gli elementi presi in considerazione sono: la trama, l’ambientazione, i luoghi

della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate, i personaggi, il testo e le

immagini. La scelta di questi elementi, è stata pensata in relazione a quali sono le

caratteristiche di un libro immediatamente osservabili o a quelle informazioni che

si reputano indispensabili. In relazione a ciascun elemento poi, ci si è chiesti se

fosse o meno un elemento di interculturalità, ovvero se fosse promotore in

qualche misura di intercultura.

In generale, tutti i libri indagati, si sono dimostrati sensibili al tema intercultura.

Le trame70 dei dieci testi presi in considerazione sono risultati elementi di

interculturalità espliciti in otto dei dieci testi analizzati. Sensibili al tema

dell’intercultura, introducono al contenuto raccolto nelle pagine dei libri

indicando in modo sommario l’argomento che sarà trattato. Risultano nello

specifico elementi di interculturalità in quanto in alcuni casi, elencano

caratteristiche funzionali alla conoscenza delle diversità come delle altre culture,

lingue e tradizioni con un intento didattico (I bambini e le case del mondo, Diversi

amici diversi, Voci del mondo in gioco e il Vocabolario interculturale illustrato)

                                                            70 La trama spiega il contenuto della narrazione in modo schematico e riassuntivo, e dà un’idea, di solito implicita, circa le finalità e i messaggi che si intendono promuovere attraverso la lettura.

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altre volte, sensibilizzano a un contenuto di rilevanza sociale funzionale ad

un’educazione improntata all’altro (I bambini e la pace, L’Africa va in città.

Storie di coccodrilli, matematica e pozioni magiche e In viaggio), altre volte

ancora introducono a una dimensione storica (Oh lord, I wish I was a buzzard).

Nel caso dei due testi La storia di Pik Badaluk e Oh, che uovo!, le trame non

rappresentando un elemento di interculturalità, risultano piuttosto di tipo

tradizionale. Sono quindi trame che non trattando esplicitamente il tema

dell’intercultura, tendono più che altro a riprodurre uno schema tradizionale di

alternarsi delle vicende, contestualizzando la storia in luoghi conosciuti e

presentando azioni tipiche del mondo delle favole dedicate ai bambini. Questa

caratteristica, tipica delle letture dedicate a un pubblico giovane, ha una funzione

specifica, quella di permettere una facile identificazione delle esperienze vissute

dai personaggi da parte dei bambini determinando la messa in atto di meccanismi

importanti e fondamentali quali: l’abbandono e il ricongiungimento e il rifiuto e

l’accettazione, caratteristiche che appartengono ad entrambi i racconti, quello di

Pik Badaluk e quello dei tre uccellini.

Per quanto riguarda le ambientazioni71 dei testi analizzati, nove su dieci

rispondono a un elemento di interculturalità. È necessario però fare una

precisazione suddividendo i nove testi in due gruppi. In alcuni testi si esplicitano i

contesti entro cui avvengono le vicende. È il caso dei libri I bambini e le case del

mondo, La storia di Pik Badaluk, Oh lord, I wish I was a buzzard, In viaggio e

Voci del mondo in gioco; infatti, attraverso questi libri è possibile compiere un

viaggio con la mente, immaginando i luoghi in cui si alternano le vicende narrate.

Altri testi, quali Diversi amici diversi, I bambini e la pace, L’Africa va in città.

Storie di coccodrilli, matematica e pozioni magiche e il Vocabolario

interculturale illustrato, l’ambientazione non risponde a un elemento di

interculturalità di per sé, infatti le vicende si svolgono in luoghi familiari e

quotidiani che solo se contestualizzati e analizzati insieme alla trama e alla finalità

del testo possono risultare rilevanti in senso interculturale.

                                                            71 Con ambientazione si intende il contenitore in cui si svolgono le storie, considerando sia i luoghi che la loro aderenza o meno alla realtà.

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L’ambientazione del testo Oh, che uovo! invece non può rientrare a far parte di

questo ultimo gruppo. Infatti, come detto per la trama, che segue uno schema

tradizionale, anche l’ambientazione, avvenendo in luoghi conosciuti e familiari a

chiunque, non può essere considerata elemento di interculturalità nemmeno a una

analisi incrociata delle due componenti.

Per quanto riguarda i luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende

raccontate 72, si è analizzata la specificità in alcuni casi e la genericità in altri dei

luoghi delle narrazioni, come specificato nella nota.

Questo criterio è risultato rilevante per l’analisi e quindi elemento di

interculturalità nei seguenti testi: I bambini e le case del mondo, Oh lord, I wish I

was a buzzard, In viaggio e in Voci del mondo in gioco.

In tutti gli altri testi invece, la genericità dei luoghi e la loro familiarità, a

prescindere da quella che è la loro ambientazione, evidenzia in ogni caso una

caratteristica precisa. I luoghi conosciuti e familiari utilizzati nello schema di

tantissime favole tradizionali e non, permettono una identificazione del bambino

con gli elementi della sua esperienza di vita quotidiana. I testi significativi rispetto

a ciò sono: La storia di Pik Badaluk, Oh, che uovo!, Diversi amici diversi, I

bambini e la pace, L'Africa va in città. Storie di coccodrilli, matematica e pozioni

magiche e il Vocabolario Interculturale Illustrato.

Passando all’analisi dei personaggi73 che animano le vicende raccontate nei dieci

materiali analizzati nella proposta di scaffale multiculturale, la riflessione si

connota nuovamente in senso interculturale nove volte su dieci.

In alcuni testi i personaggi appartengono a culture diverse come accade nei

seguenti testi e materiali: I bambini e le case del mondo, La storia di Pik Badaluk,

Oh lord, I wish I was a buzzard, I bambini e la pace, L’Africa va in città. Storie di

coccodrilli, matematica e pozioni magiche, In viaggio e in Voci del mondo in

gioco. Distintamente dai personaggi dei testi appena citati, i personaggi dei due

testi restanti sono caratterizzati in senso interculturale in modo diverso. Nel testo

                                                            72 Con i luoghi della narrazione dove si svolgono le vicende raccontate si considerano quei luoghi nei quali i personaggi dei libri e dei materiali compiono le proprie azioni, a prescindere dall’ambientazione che fa da contorno. Se l’indicazione rispetto al luogo è generica, ad esempio, una casa, non risulterà indicazione importante per l’analisi di interculturalità, se invece è specifica, ad esempio, igloo, allora sarà caratterizzante. 73 I personaggi sono i protagonisti principali presenti all’interno dei libri di questa proposta di scaffale multiculturale che compiono o subiscono le azioni descritte.

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Oh, che uovo! ad esempio i personaggi sono degli uccellini di colore diverso. Il

colore, diventa un elemento caratterizzante e da leggere in chiave interculturale in

quanto determina, sia le dinamiche che si creano, sia gli atteggiamenti mostrati,

che i meccanismi messi in atto, in relazione al colore “rifiutato”. Nel testo Diversi

amici diversi i personaggi sono invece prima dei semi e poi dei frutti. Un modo

diverso per approcciare il tema dell’intercultura, presentando dei personaggi

inanimati che si caratterizzano per la diversità che li accomuna, essendo ognuno di

quelli presentati un seme che darà una varietà di frutto diverso.

L’unico testo che non vanta dei personaggi caratterizzanti in senso interculturale è

il Vocabolario Interculturale Illustrato, infatti in quanto vocabolario, non presenta

una storia con dei personaggi; se poi in alcuni casi nella varie schede sono

raffigurati dei personaggi che compiono le azioni legate alle parole, in pochissimi

casi sono caratterizzanti in senso interculturale, ma in questa analisi non si

considera un dato fondamentale e rilevante.

In merito al testo e alle immagini, entrambi si considerano un elemento di

interculturalità in tutti e dieci i libri e i materiali facenti parte della proposta di

scaffale multiculturale. In alcuni dei libri il testo è esclusivamente in lingua o con

il testo a fronte in altre lingue, ed è il caso dei cinque libri e materiali: Oh lord, I

wish I was a buzzard, Oh, che uovo!, Diversi Amici Diversi, Voci del mondo in

gioco e del Vocabolario Interculturale Illustrato.

In tre libri invece il testo viene analizzato nella sua forma, riportando parole e

concetti che sono caratterizzanti in senso interculturale, proponendosi alcune

volte, in senso didattico di approfondire le conoscenze di mondi lontani e in altri

casi connotando con stereotipi e pregiudizi le azioni o le descrizioni dei

personaggi e dei luoghi. Questo è il caso dei testi: I bambini e le case del mondo,

La storia di Pik Badaluk e I bambini e la pace.

Nei due testi restanti, L'Africa va in città. Storie di coccodrilli, matematica e

pozioni magiche e In viaggio il testo diventa un elemento di interculturalità

soprattutto per il contenuto narrato. Infatti, trattandosi di storie di immigrazione e

di emigrazione, la sequenzialità delle azioni raccontate dal testo è funzionale alla

categoria nella quale sono inseriti questi due testi e talvolta le parole utilizzate

risultano caratterizzanti le vicende, per così dire, interculturali narrate.

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Ultimo elemento di interculturalità analizzato, sono le immagini che, sempre

complementari al testo, rappresentano il suo contenuto grazie alle linee e ai colori.

Tutti i testi presentano delle immagini colorate e predominanti all’interno delle

pagine, caratteristica tipica degli albi illustrati. Alcuni testi, rispetto alle immagini

meritano un piccolo approfondimento. Nel libro I bambini e le case del mondo ad

esempio, la funzione delle immagini arricchisce con dettagli ciò che è scritto nel

testo, rappresentando in modo esplicativo le diverse case del mondo e soprattutto

grazie alle linguette interattive e ai materiali di attaccati sulle pagine, si rendono

ancora più interessanti i contenuti descritti. Nel libro La storia di Pik Badaluk, le

immagini approfondiscono le caratteristiche e la fisionomia dei personaggi solo

accennati nel testo ed inoltre, danno delle indicazioni rispetto alle usanze e i

costumi della tribù della famiglia Badaluk. Nel libro Oh, che uovo!, come già

accennato nell’analisi dei personaggi, i colori utilizzati hanno un ruolo funzionale

nelle dinamiche che ci creano tra i tre uccellini, mentre nel testo Diversi Amici

Diversi, le immagini rappresentando le forme e la diversità della frutta descritta

rendono chiaro il messaggio della lettura. Infine, sia nel testo Oh lord, I wish I

was a buzzard, e nel testo I bambini e la pace, è solo grazie alle immagini che si

capisce che i personaggi appartengono a culture diverse. Nel primo testo, si

capisce che la famiglia di cui si stanno raccontando le vicende è una famiglia afro-

americana e quindi che i suoi componenti hanno il colore della pelle nera, nel

secondo testo invece l’uso delle immagini risulta funzionale al messaggio che si

vuole esprimere, ovvero che la pace in tutti i suoi aspetti, è per tutti i bambini, di

ogni cultura e di ogni parte del mondo (i bambini infatti hanno il colore della pelle

diverso). In tutti gli altri libri, In viaggio, L'Africa va in città. Storie di coccodrilli,

matematica e pozioni magiche, Voci del mondo in gioco le immagini sono

funzionali alla rappresentazione dei diversi personaggi riportando le loro

caratteristiche fisiche e culturali e rappresentando quello che viene raccontato dal

testo. Nel Vocabolario Interculturale Illustrato, invece, le immagini sono

elemento di interculturalità in combinazione con le parole, in quanto

rappresentano il contenuto scritto dal testo in arabo con la relativa traduzione in

italiano. Funzionali e legate al testo scritto, le immagini hanno più che altro una

funzione didattica e esplicativa, ma sempre in chiave interculturale.

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Capitolo IV

Idee e proposte a partire da una esperienza sul campo

Aver parlato di società complessa, società multiculturale, di conoscenza

multiculturale, di trasmissione di valori e di conoscenze, hanno portato ad

esplorare alcuni dei modi possibili per arrivare al mondo dell’Altro attraverso

alcune proposte di lettura e attraverso la costruzione di una proposta di scaffale

multiculturale.

Vista l’enorme quantità di teoria disponibile sul tema dell’intercultura e viste tutte

le sue possibili applicazioni nella scuola, da questo punto in poi si ritiene

necessario focalizzare l’attenzione sul mondo delle biblioteche in quanto anche

queste possono essere grandi risorse di intercultura e dare un contributo essenziale

in questo senso. Infatti, «è con l’intrecciarsi delle iniziative dello scolastico e

dell’extrascolastico, in particolare con il mondo del volontariato e delle

associazioni degli immigrati, che, gradualmente, […], si costruisce una nuova

società nella quale siamo tutti altri e diversi»74.

Prima di approfondire l’importanza che una biblioteca interculturale ha in

relazione alla promozione di intercultura e quanto la sua organizzazione sia

fondamentale per un intervento efficace nel territorio nel quale è situata, sia in

merito alla sensibilizzazione su determinati temi sia come luogo di incontro che

come punto di riferimento, si desidera fare una piccola introduzione rispondendo

ad alcune, domande che hanno preceduto l’esperienza condotta all’interno della

Biblioteca Interculturale Cittadini del Mondo.

La prima: perché parlare di intercultura in biblioteca?

Per rispondere a questa domanda si riportano alcune delle Dieci ragioni per

offrire servizi bibliotecari multiculturali scritti da Clara M. Chu, professoressa

associata all’Università UCLA (Usa), specializzata in materia di biblioteche

multiculturali, che non hanno bisogno di ulteriori approfondimenti. «3. In

un’epoca di globalizzazione, con maggiore facilità di comunicazioni e viaggi da

un Paese all’altro, gli individui hanno bisogno di apprendere di più sulle altre

culture, lingue, popolazioni, e ciò favorisce l’apprezzamento di differenti

                                                            74 Maniotti P., Il mondo in gioco,già cit., p. 8.

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esperienze e allarga la propria visione della vita; 5. L’informazione sulle proprie

tradizioni, come su quelle degli altri, rafforza la propria cultura e promuove la

comprensione delle reciproche esperienze e prospettive, contribuendo a uno

sviluppo più armonico della società; 9. L’informazione su e per la comunità

multiculturale di una biblioteca dimostra che i membri delle diverse comunità e le

loro culture sono considerati un valore; 10. Le biblioteche sono spazi per il

coinvolgimento intellettuale e ricreativo. Le biblioteche che offrono servizi e

raccolte multiculturali e multilingue diventano uno spazio di comunità in grado di

mettere in contatto tra loro persone diverse»75.

Per spiegare la seconda domanda, che mi rivolgo volutamente in prima persona, e

cercando di darle un fondamento scientifico, spiegandola e argomentandola al

meglio e cercando di entrare nel vivo di quella che è stata la mia scelta di

tirocinio, si proporrà una sorta di diario, che contestualizzato con i dovuti

riferimenti teorici, e avvalorato da tutti gli altri contribuiti di cui ci si è serviti fin

qui, daranno maggiore rilevanza all’esperienza condotta, o almeno questa è

l’intenzione.

Dunque: perché ho scelto di fare il mio tirocinio in una biblioteca?

4.1 La mia esperienza in biblioteca: tra teoria e pratica

Cercando di rispondere a questa seconda domanda, è proprio partendo e

prendendo spunto dall’esperienza diretta di tirocinio nella biblioteca interculturale

Cittadini del Mondo, che si cercherà di rielaborare ciò che è stato osservato,

soffermandosi proprio sul ruolo e l’importanza che una biblioteca ha, deve e

dovrebbe avere. Ma non una biblioteca qualunque, bensì una biblioteca

interculturale, una biblioteca che abbia come intento primario quello di

promuovere la letteratura interculturale sensibilizzando al tema dell’Altro, alle sue

caratteristiche, alle sue peculiarità, insomma promuovendo la sua conoscenza, una

biblioteca che abbia il ruolo primario di farsi promotrice dei valori

dell’intercultura.

                                                            75 Chu C. M., Raison d’être per i servizi bibliotecari multiculturali. In “AIB Notizie”, 17, 2005, n°. 3-4, p. III, www.aib.it. 

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L’intento qui non è quello di creare una vera e propria distinzione tra tipologie di

biblioteche, anche se di fatto esistono alcune biblioteche che fanno maggiore

attenzione alla dimensione dell’intercultura; questi sono infatti dei luoghi che

offrono l’occasione di affrontare temi specifici e che approfondiscono non

soltanto la diversità in tutte le sue sfaccettature, ma che offrono materiali in

enormi quantità utili per fare dell’altro un’occasione di conoscenza.

Tutte queste consapevolezze, possono essere usate al meglio solo se viene a

mancare la cosiddetta logica dell’isolamento che, prendendo le distanze dal peso

che le trasformazioni e i cambiamenti della società hanno registrato negli ultimi

vent’anni, non valorizza quei cambiamenti che in effetti, sono ancora in corso e

sui quali si continua ancora a riflettere. Infatti, se è vero che le biblioteche sono

una risorsa del territorio, nel territorio e parte del territorio, è proprio partendo da

questo che, tutte le trasformazioni e tutti i cambiamenti a cui si accennava, non

sono altro che l’occasione e il pretesto per dare una voce e, perché no, anche uno

spazio in più alla multiculturalità. Una biblioteca interculturale infatti, è un luogo

dove le persone si incontrano, dove lasciano le loro testimonianze, dove si

incontrano le culture, dove si raccolgono i libri, quegli strumenti che rendono

visibili e tangibili tutte le diverse conoscenze e culture, nonché un luogo dove ci si

interroga e si risponde alla necessità di progettare e di ridefinire in prospettiva

interculturale76.

Riorganizzare i contenuti di una biblioteca non è cosa da poco e soprattutto se i

materiali presenti al suo interno sono molti. Questo è ciò che la biblioteca

Cittadini del Mondo intende fare. A questa esigenza se ne aggiungono altre non

meno importanti, tra cui la necessità di trovare un nuovo locale che la accolga, la

necessità di aumentare la fruibilità e l’accesso da parte degli utenti e la necessità

di ri-catalogare tutto il materiale presente al suo interno. La biblioteca in

questione è interculturale per definizione e al suo interno ospita libri in tantissime

lingue diverse, anche le più impensate, oltre che molti libri plurilingui. Nonostante

la presenza di materiali, fonti e testi in lingue straniere diverse, vi è alla base la

necessità di farli aumentare in quantità sempre più consistenti, poiché considerati

                                                            76 Cfr., Magistro R., (a cura di) Gli stranieri in biblioteca, Edizioni dal Sud, Modugno (BA), 2008, p. 20.

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come la componente normale e necessaria di una biblioteca, qualunque essa sia,

ma soprattutto di una biblioteca interculturale.

Riorganizzare tutto il materiale di una biblioteca però non significa collezionare

grandi quantità di testi scritti in diverse lingue poiché sarebbe limitante e

rischierebbe di far perdere la specificità di ognuno dei testi presenti nonché

considerare le varie tipologie di libri come un tutt’uno eterogeneo. Proprio per

questo motivo, è auspicabile e talvolta indispensabile una formazione del

personale bibliotecario, in modo che acquisisca le competenze adatte e

indispensabili a progettare e valorizzare ogni singolo libro presente tra gli scaffali

della biblioteca. Ogni bibliotecario infatti, compie un’opera di mediazione tra il

fruitore e la biblioteca stessa e questo è un segno indiscutibile del fatto che non si

può improvvisare quando si fa intercultura. Se poi tra i bibliotecari sono presenti

anche operatori stranieri, il gioco è fatto! Nel caso specifico della biblioteca

interculturale Cittadini del Mondo, prezioso è infatti l’aiuto dei volontari stranieri

che aiutano a catalogare i libri in lingue straniere, “decifrando” i loro alfabeti e

permettendo ai bibliotecari una catalogazione più rapida e efficace di tutto il

materiale presente tra gli scaffali all’interno del database in uso.

Questa comunicazione e perché no, questo lavoro di squadra sono efficaci proprio

a partire dalla convinzione che uno spazio di mediazione da parte degli operatori e

tra gli operatori, è ciò che rende un servizio come quello bibliotecario sempre più

aperto alla cooperazione e alla collaborazione oltre che a diventare una ricchezza

sempre maggiore in materia di educazione interculturale nel territorio.77 Molto

interessante a questo proposito è la distinzione che compie la Favaro tra ciò che si

intende per centro/risorsa e centro/agorà quando si parla di centri interculturali che

si possono distinguere all’interno del territorio. Nel primo caso si intendono

luoghi di formazione, di interventi diretti, che propongono strumenti concreti di

integrazione soprattutto rivolti agli operatori e alle scuole, nel secondo caso, degli

spazi di scambio e incontro culturale e interculturale con una intenzione più a

carattere inclusiva e appunto culturale.78 Se è vero che questa distinzione spesso

non sussiste, e un centro può procedere indistintamente in entrambe queste

                                                            77 Ivi., p. 21. 78 Cfr., Favaro G., Luatti L., Il tempo dell’integrazione. I centri interculturali in Italia, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 12. 

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direzioni, si pensa che sia proprio questa l’ottica nella quale inquadrare anche una

biblioteca interculturale. Prendendo spunto da quanto detto sin qui e avvalorando

ancora di più queste affermazioni attingendo dall’enorme quantitativo di teoria

che è stata prodotta a questo proposito, si desidera mettere ancora l’accento

sull’enorme importanza che ha avuto una rinnovata attenzione rispetto a questo

tema. I centri interculturali in generale, hanno vissuto in prima persona l’alternarsi

di una serie di fasi e, solo gradualmente hanno visto la necessità di agire nella

giusta direzione, quella di una presa di consapevolezza sulla necessità di questi

luoghi di intercultura di funzionare sia come risorsa per gli utenti e il territorio che

come spazi di aggregazione e incontro. Questa nuova concezione di centro

interculturale, porta con sé un’ondata di rinnovamento, per cui l’intercultura

diventa un nuovo modo di guardare al mondo, una apertura della mente e del

cuore di tutti, che non solo vede nell’integrazione una possibilità ma che mirando

all’inclusione dei cittadini stranieri, coniuga unità e diversità sotto il nome della

coesione sociale e culturale79.

Proprio a proposito di quanto detto, attraverso la progettazione e ideazione di una

attività/laboratorio durante l’esperienza di tirocinio da proporre all’interno della

biblioteca, si è cercato, attraverso l’aiuto della strumentalità del libro, di dare uno

spazio e una voce alla stessa biblioteca e al suo esistere all’interno del territorio.

Un lavoro e una progettazione che hanno l’intenzione di dare un pò più di

visibilità a un ente che con la sua biblioteca, in questa fase di rinnovamento,

attraverso un’azione specifica destinata non ai bisogni e alle necessità di pochi ma

a chiunque, ha la necessità e l’obiettivo di riconquistare un tempo e uno spazio per

essere riportata, per così dire, “alla luce del sole”.

4.2 Obiettivi del tirocinio e finalità

«In questi anni molte sono state le iniziative promosse e organizzate dagli

operatori per accogliere e inserire, dare risposta ai bisogni linguistici dei minori e

degli adulti non italofoni, comunicare con le famiglie straniere […], le reti sempre

più dense stabilite fra i servizi, le iniziative locali di formazione, lo scambio dei

materiali e strumenti…: tutto questo ha contribuito, almeno in parte, a far

                                                            79 Ivi, p. 13.

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diventare le pratiche organizzate qua e là delle routine ormai piuttosto diffuse e a

tradurre in progetti operativi termini relativamente nuovi, quali: accoglienza,

facilitazione, mediazione… »80.

Proprio rispetto a quanto scritto dalla Favaro, l’esperienza di tirocinio presso

l’Associazione Cittadini del Mondo e la sua biblioteca interculturale, è stato

pensato e programmato in modo e maniera da soddisfare una serie di obiettivi

formativi che sono legati proprio alla necessità di dare risposte concrete a bisogni,

di creare una rete tra i servizi presenti nel territorio e soprattutto di far diventare

veri e propri progetti quelle che non si possono definire altro che “buone pratiche”

di intercultura.

Ma prima di addentrarsi in quelli che sono gli obiettivi formativi specifici del

tirocinio, è necessario spiegare le motivazione che stanno alla base della scelta del

luogo biblioteca. Prima di tutto è stata una scelta funzionale ad approfondire e

sviluppare maggiormente l’argomento di cui si sta parlando e quindi la letteratura

interculturale come veicolo di promozione di educazione interculturale, secondo

come un’occasione per approcciare direttamente l’universo dei libri interculturali

presenti appunto tra il materiale bibliotecario, e a maggior ragione, essendo la

biblioteca in questione una biblioteca interculturale per definizione, la maggior

parte dei libri ha permesso questo confronto.

Agli obiettivi specifici si sono sommate le esigenze della biblioteca, tra cui

l’occasione di imparare, approfondire e confrontarmi direttamente con il sistema

di catalogazione, etichettamento e riordino dei libri nella biblioteca. Questa

attività, ha suscitato molta una curiosità, se non piuttosto alcune riflessioni. Infatti

ancora prima di approcciare direttamente questa esperienza ho osservato che in

quelle biblioteche dove non esiste uno scaffale multiculturale, non esiste una

catalogazione interna o un modo specifico di etichettare i libri che distingua tra

libri interculturali e quelli che non lo sono. In alcune biblioteche infatti, alcuni

libri (non tutti!) vengono segnalati con un’apposita etichetta, mentre in altre

biblioteche viene data una grandissima importanza a tutto il materiale che tratta di

intercultura o che fa parte di una sezione appositamente pensata per questa

tipologia di testi. La conclusione vien da sé, come già hanno evidenziato esperti

                                                            80 Ivi., p. 25.

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del settore: gli scaffali multiculturali stentano a prendere forma, piuttosto sono

frutto di esperienze sporadiche, opera di singoli enti, e non così diffuse come ci si

aspetterebbe vista la grande quantità di saggi e di letteratura che sono stati dedicati

al tema81.

Ed è proprio rispetto a ciò che, sia il desiderio di promuovere gli scaffali

multiculturali attraverso una proposta di attività e rilancio degli stessi, sia il

desiderio di promuovere la letteratura interculturale nelle sue varie forme e nei

suoi diversi contenuti e finalità, hanno spinto a entrare più in profondità di quella

che è la gestione del materiale presente tra gli scaffali di una biblioteca.

Dato l’obiettivo primario di esplorare la letteratura per i più piccoli e farne oggetto

di una promozione e sensibilizzazione ai valori e alla conoscenza dell’Altro,

poiché una precoce iniziazione all’educazione interculturale è fondamentale e

necessaria, è stato deciso insieme al tutor esterno che ha supervisionato il tirocinio

di dedicarmi totalmente alla sezione riservata ai ragazzi.

Senza dilungarsi sulla suddivisione e sulla tempistica del tirocinio, si ritiene

importante accennare almeno alle varie fasi che si sono susseguite durante questa

esperienza e i relativi obiettivi che sono stati prefissati a monte del lavoro.

La biblioteca interculturale Cittadini del Mondo, in vista del suo prossimo

trasferimento, ha la necessità di ri-catalogare tutti i libri presenti tra gli scaffali

attraverso la compilazione di alcune schede che ne riportano le principali

informazioni (titolo, autore, casa editrice, luogo di pubblicazione) e l’inserimento

di tali dati all’interno di Bibliomix, il sistema di catalogazione che è attualmente

in uso. Oltre a questo, vi è la necessità di ri-etichettare /o etichettare alcuni libri

(qualora ne arrivino di nuovi libri in biblioteca), per assegnargli la giusta

collocazione.

Vista la rete che lega l’associazione Cittadini del Mondo e la sua biblioteca

interculturale al territorio, sono stata messa in contatto con un’altra biblioteca del

quartiere con la quale collaborano saltuariamente: la biblioteca interculturale della

scuola Iqbal Masih. Questa scelta è stata fatta in previsione di due eventi. Il

primo, quello di promuovere la nuova apertura della biblioteca interculturale

Cittadini del Mondo e pubblicizzarla con l’intento di renderla maggiormente

                                                            81 Cfr., Magi R., Luatti L., Passepartout, p. 5. 

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conosciuta e frequentata, il secondo quello di creare uno spazio comune di lavoro

e collaborazione, attraverso la creazione di eventi di intercultura in biblioteca che

avessero la finalità di promuovere quei libri e quei materiali che entrambe queste

biblioteche, quella della scuola Iqbal Masih e quella dell’associazione Cittadini

del Mondo, hanno a disposizione.

Gli obiettivi e le finalità, a prescindere dal loro raggiungimento, hanno tenuto di

conto alcune osservazioni teoriche. Infatti a priori vi è la necessità di sostenere un

ripensamento del ruolo che una biblioteca ha in chiave multiculturale e

multilingue attivando un servizio bibliotecario interculturale che abbia il coraggio

di esporsi nel territorio, nel contesto sociale in cui è inserito, di rinnovare i propri

servizi ricoprendo un ruolo da coprotagonista, contribuendo e collaborando alla e

per la costruzione di una società interculturale che sia promotrice di incontro,

scambio, mediazione e integrazione sociale82.

Ed è proprio in relazione a tutto ciò, che si è voluto dare maggiore significato e un

indirizzo preciso a questa esperienza di tirocinio, cercando di riportare tutte

quante le osservazioni e le conclusioni sin qui riportate, a una parte della

biblioteca, o meglio, a una sezione della biblioteca, una sezione che, anche se

conta meno scaffali, gioca un ruolo tutt’altro che secondario, una sezione che,

come affermato più volte, deve essere continuamente valorizzata in quanto, è

proprio in questa sezione, nella sezione ragazzi, che si inizia a fare intercultura.

4.3 La sezione ragazzi: lo scaffale multiculturale

Frutto delle osservazioni fatte nelle biblioteche comunali del territorio e

dell’esperienza diretta nella biblioteca interculturale Cittadini del Mondo,

partendo dai punti di forza di questa esperienza, ma anche tenendo conto delle

criticità, qui di seguito si riserva uno spazio importante a quella che potrebbe

essere una possibile proposta di organizzazione della sezione ragazzi in ottica

interculturale, cercando di mettere insieme sia la pratica che la teoria su cui ci si è

soffermati. Una sorta di proposta su come può e come deve essere utilizzato il

materiale descritto sin qui, per creare una sezione ragazzi di una biblioteca

interculturale ad hoc.

                                                            82 Cfr. Favaro G., Luatti L., Il tempo dell’integrazione. p. 118. 

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Il fatto di riservare una parte esclusiva delle biblioteche a bambini e ragazzi nasce

da un’attenzione che negli anni si è maggiormente consolidata rispetto alla

letteratura destinata alle più giovani età in relazione, sia alla loro soggettività, sia

in relazione al loro bisogno di essere educati, sia in relazione al bisogno e alla

necessità di fornirgli una educazione interculturale. Parlare di educazione

interculturale in biblioteca è possibile qualora nelle biblioteche esista uno spazio,

anche se talvolta molto piccolo, destinato ad una tipologia di materiale che tratta

di intercultura e multicultura. Se in quasi tutte le biblioteche esiste uno spazio

esclusivo per le letture per ragazzi, identificato con la dicitura “Sezione ragazzi”,

non in tutte le biblioteche, è presente, nella stessa sezione, uno “Scaffale

Multiculturale”. Questo strumento infatti, ha una finalità ben precisa: attento al

binomio intercultura-ragazzi, diventa un vero e proprio luogo risorsa, se non uno

strumento che attraverso la sua instancabile promozione diventa lui stesso luogo

di educazione interculturale83.

Se infatti è vero che esiste una cultura dei bambini e una cultura degli adulti e che

ciascuno fonda la propria cultura su valori e convinzioni diverse e che seguono

dei percorsi diversi, allora, allo stesso modo è difficile parlare di intercultura in

modo che tutti quanti possano arrivare al mondo dell’Altro allo stesso modo84. Ed

è cosi che bambini e ragazzi, in una biblioteca interculturale e attraverso lo

Scaffale Multiculturale, diventano i destinatari privilegiati di un progetto

specifico. Ma quando si parla di educazione interculturale destinata a

ragazzi/bambini, non è sufficiente stilare un progetto con degli obiettivi, quanto

piuttosto costruire un percorso che, sia partendo da delle conoscenze già acquisite

o che sia iniziando alla via dell’intercultura e della multicultura, sappia far tesoro

dell’Altro come strumento di conoscenza. Intercultura, quindi «significa spostare

la propria ottica su quella degli altri, il che non significa appiattirsi in quella altrui,

ma piuttosto di rendersi conto che esistono mondi “altri”»85. Proprio in relazione a

questo scoprire l’esistenza di mondi altri, quando si parla di intercultura si fa

spesso riferimento alla nozione di viaggio; a questo proposito risulta significativa

l’annotazione di Graziella Favaro sui bambini della migrazione dove li definisce

                                                            83 Ivi., p. 124. 84 Cfr., Magi R., Luatti L., Passepartout, già cit., p. 22. 85 Ibidem.

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«viaggiatori perenni di un viaggio iniziato da altri»86. Un viaggio che diventa

sfida, parte di un progetto più grande che tra aspettative e proposte differenti li

traghetta all’interno di un percorso che li vede protagonisti e li valorizza, un

percorso che vuole costruire un ponte partendo proprio dalle loro storie e le loro

biografie87.

Il fatto di avere materiale interculturale all’interno di una biblioteca nasce da

diverse necessità. La prima, quella appunto di rispondere al bisogno di offrire un

servizio ad un pubblico straniero e ai suoi figli. Ma non solo. Fare educazione

interculturale con materiale multiculturale è cosa per tutti, italiani e non, e proprio

perché queste considerazioni possono essere generalizzate per una educazione

interculturale globale, si desidera a questo punto entrare nella specificità delle

“sezioni ragazzi” destinate a bambini e ragazzi all’interno delle biblioteche.

L’incontro con le differenze, qualunque sia il contesto nel quale avviene, è

ritenuta un’esperienza costitutiva dell’identità poiché è solo nella relazione con

l’altro che ogni individuo, bambino, ragazzo può definirsi, vivere, distinguersi,

dichiarare la propria appartenenza. Come già è stato detto più volte, l’educazione

interculturale dovrebbe iniziare sin dai primi anni vita e dovrebbe coinvolgere e

essere affiancata a tutti i tipi di sapere e di didattica. La lettura, prima fra tutte; in

biblioteca, si realizza e diventa reale fortificando il trinomio bambino – libro -

Altro. L’attività di leggere e ascoltare favole, fiabe, storie, racconti è un bisogno e

una necessità di primaria importanza per tutti i bambini di qualsiasi età, ed è

proprio attraverso il leggere e l’ascoltare fiabe e racconti di qui e dell’altrove che

si può rendere ancora più attraente questa attività88.

Tutte queste annotazioni teoriche, non sono altro che i presupposti a cui fare

riferimento nel momento in cui, all’interno di una sezione ragazzi, si decide di

organizzare il materiale. Infatti organizzare i libri tra gli scaffali della biblioteca e

collocarli nella giusta maniera, rende questo spazio ottimale per favorire lo

scambio, il dialogo e il gioco; è importante infatti trovare un modo per rendere la

lettura un’occasione di divertimento e allo stesso tempo un’occasione per

                                                            86 Favaro G., I bambini migranti. Guida pratica per l’accoglienza dei bambini stranieri nelle scuole e nei servizi educativi per l’infanzia , Giunti, Firenze, 2001, p. 13. 87 Cfr., Ivi., pp. 11-13. 88 Ivi., pp. 95-103.

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imparare, ma sopratutto è importante trovare un modo per fare intercultura

insieme, anche nella sezione ragazzi.

4.4 Leggere “fuori” dalla biblioteca

«Quando lo SM non è solo un ripiano di libri e video, ma spazio-risorsa per lo

svolgimento di attività interculturali; quando intorno ad esso si costruiscono

percorsi e iniziative di educazione interculturale anche rivolte/aperte al territorio,

allora il coinvolgimento e il contributo dei vari soggetti locali, formalizzato in un

accordo specifico, è una via obbligata. La cooperazione fra le istituzioni locali si

configura ancora una volta come uno dei motori dell’innovazione possibile, anche

e soprattutto in ambito interculturale»89.

Partendo da questa considerazione e ribadendo ancora una volta l’importanza di

promuovere nel territorio percorsi di educazione interculturale, si è deciso di

riportare qui di seguito quella che è una proposta di attività di promozione alla

lettura, ideata, progettata e programmata con l’obiettivo primario di far conoscere

innanzitutto la Biblioteca interculturale Cittadini del Mondo e in secondo luogo

con l’obiettivo di promuovere la strumentalità del libro come occasione per

approcciare il tema della diversità e una maggiore sensibilizzazione al tema

del’intercultura in quanto oggetto di tutto ciò che fino a questo punto si è trattato.

Partendo e prendendo spunto da un progetto ideato da due studentesse dal titolo

Progetto di integrazione rivolto alle famiglie rispetto a una proposta di un Centro

di lettura Biblio-infanzia, si è giunti ad alcune osservazioni utili a progettare

alcune attività di lettura da poter condividere all’interno degli spazi della

biblioteca. Per risponde alla necessità primaria di trovare uno spazio che possa

essere allo stesso tempo di aggregazione, socializzazione e gioco per i bambini si

è pensato che la scelta di svolgere queste attività in biblioteca possa rispondervi in

modo esaustivo, e se poi queste stesse nozioni vengono affiancate al mondo della

lettura, potranno creare una vera occasione di scambio e confronto tra i diversi

soggetti partecipanti. Inoltre, visto e preso in considerazione che il luogo

biblioteca è un luogo per definizione diverso da quello dove si svolge

l’educazione cosi detta formale, l’intenzione primaria non è quella di promuovere

                                                            89 Luatti L., Ripensare lo scaffale multiculturale, in Luatti L. (a cura di), Il mondo in classe, p. 65.

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un apprendimento diretto su nozioni e concetti legati all’intercultura, quanto più

coinvolgere, presentare, far conoscere e guidare i bambini all’incontro con

tematiche che, rivisitate secondo un’attenzione particolare rispetto all’età e ai

tempi di ciascuno, saranno semplificate e saranno vere e proprie occasioni di

divertimento; è proprio in questo modo infatti che, «il tema delle fiabe, così come

quello del gioco, diventano contenuto significativo da collocare all’interno di un

progetto educativo di più ampio raggio»90. Se è vero che promuovere la lettura sin

dai primi anni di vita sviluppa nei bambini una grande quantità di capacità e di

competenze, queste attività cosi pensate vogliono proprio rappresentare

un’occasione unica, ricca, intensa e autentica di avvicinamento alla lettura. Una

concezione di lettura che, in vista della sua diffusione tra i più giovani, si fondi

sulla ri-qualificazione delle biblioteche scolastiche e non, e allo stesso tempo sulla

promozione di un rapporto sempre più stretto con le sezioni dei ragazzi delle

biblioteche presenti nel territorio91.

Fatte le dovute precisazioni si entrerà adesso nello specifico delle proposte di

attività.

Visto il contesto cui si fa riferimento e vista la varietà dei materiali presenti negli

scaffali della biblioteca, sarà necessaria innanzitutto una selezione dei libri da

utilizzare e una predisposizione dello spazio adatta all’attività di lettura. Inoltre,

nonostante un approccio di tipo tradizionale al libro vuole che sia il bambino

stesso protagonista nella scelta, in questo contesto il materiale da utilizzare sarà

già deciso in partenza, in quanto, in funzione di mediatrice nell’attività di lettura

tra il libro e i bambini e avendo degli obiettivi specifici da raggiungere con le

attività si dovranno fare a priori determinate scelte. Si ritiene opportuno fare una

ulteriore precisazione. Dal momento che non si può sapere con certezza quali

saranno le età dei bambini che parteciperanno all’evento nella nuova biblioteca

Cittadini del Mondo, si è pensato ad attività diverse ma simili tra loro, che nel

complesso mantengono lo stesso schema e che possono adattarsi alle diverse

esigenze e caratteristiche dei bambini che si presenteranno quello stesso giorno.

                                                            90 PIME Ufficio Educazione Mondialità, Educazione e Fiabe. Ovvero l’educazione all’altro, www.pimemilano.com, consultazione del 24/08/2012, p. 1. 91 Cfr., Catarsi E., Leggere le figure. Il libro nell’asilo nido e nella scuola dell’infanzia, Edizioni del Cerro, Tirrenia (PI), 1999, p. 19. 

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In quanto attività interculturale, la scelta del libro sarà fatta proprio in relazione al

materiale preferibilmente presente nella biblioteca, o che comunque sia inerente al

tema dell’intercultura. Tra i testi che si è pensato di proporre, anche come

occasione di portare nuovi volumi e arricchire il contenuto degli scaffali della

sezione per ragazzi, vi è il libro di Vinicio Ongini e Chiara Carrer, Le altre

cenerentole. Il giro del mondo in 80 scarpe, edito da Sinnos casa editrice

specializzata e promotrice di molti testi interculturali.

Verrà scelta una tra le tante Cenerentole presentate nel libro e verrà raccontata,

leggendola, la sua storia. Finita le lettura, che dovrà avvenire in uno spazio

predisposto ad hoc, comodo e accogliente in modo che tutti gli ascoltatori possano

sentire bene e vedere le immagini del libro man mano che viene sfogliato, si

continuerà ponendo delle semplici domande per accertarsi che tutti abbiamo

capito e fatta propria la storia; infatti, come afferma Catrarsi, i libri illustrati

hanno una funzione predominante per il linguaggio in quanto è proprio «per

mezzo di domande aperte che li stimolano ad assumere un ruolo attivo durante la

loro utilizzazione»92. Le domande saranno poche e comunque sugli elementi più

superficiali della storia, come chi sono i personaggi, chi sono i buoni, chi sono i

cattivi. Una volta appurata e confermata la comprensione del testo, si chiederà ai

bambini se hanno trovato delle similitudini con altre storie a loro conosciute.

Sperando che tutti si accorgano delle similitudini con la favola di Cenerentola

tradizionale (o per meglio dire, della nostra tradizione), si faranno elencare gli

elementi uguali e allo stesso tempo si osserverà come sono stati sostituiti nella

favola appena ascoltata. A questo punto sarà doveroso fare almeno un accenno

alla cultura di provenienza della storia e della nuova Cenerentola appena scoperta,

ma senza dare troppe informazioni, magari aiutandosi con il supporto di un

mappamondo. Una volta conclusa questa prima parte teorica dell’attività, si

chiederà ai bambini di disegnare i vari personaggi incontrati nella favola ascoltata,

così come se li sono immaginati. Si chiederò poi ai bambini di mostrare i disegni

fatti e di attaccarli su un cartellone.

Se in linea generale l’attività si dovrebbe svolgere secondo lo schema appena

spiegato, si dovrà tenere in considerazione a priori la possibilità di apportare

                                                            92 Ivi., pp. 43-44.

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alcune modifiche. Prima fra tutte, la scelta del libro. Non si vuole infatti vincolare

l’attività rispetto al testo, ma al contrario poterla adattare a qualsiasi testo

interculturale a disposizione. In fondo l’attività di produrre dei disegni dopo la

lettura ad alta voce, si presta a diverse tipologie di testi. Secondo, dal momento

che sono i bambini i principali e unici destinatari di questa attività, l’interesse

primario sarà quello di attirare la loro attenzione e il loro interesse. Per questo, se

si ritiene che l’attività di disegno, o di condivisione dopo la lettura sia poco adatta

alle età dei bambini, si può sostituire o affiancarle ad un attività simile. L’attività

creativa, come ad esempio quella di disegnare infatti, non deve essere l’unica

alternativa: un’altra tipologia di attività creativa per bambini più grandi infatti

potrà mettere alla prova l’abilità di creare un libro con i pochi materiali a

disposizione. In questo modo attraverso la costruzione di un libro con del cartone,

dei fogli e un filo porterà ai bambini a sentirsi in parte autori e creatori di una

storia costruita con le loro mani, oltre che autori e creatori del loro divertimento.

Per dare ancora più forza e fondamento a questa scelta di puntare tutto sulla

condivisione dell’attività, si prende spunto da ciò che scrive a proposito Franco

Cambi. Se come afferma, è vero che la sfera delle relazioni ha un ruolo primario e

decisivo diventando spazio di incontro, allora questo stesso spazio non può che

essere il presupposto più efficace del lavoro interculturale. Infatti è proprio nello

spazio dell’incontro che i soggetti diventano protagonisti, gli artefici di un

modello interculturale costruito sulla base di una stessa esperienza. Uno spazio

che può e deve essere coltivato e per farlo, si possono attivare diversi dispositivi

tra i quali: lo sguardo da lontano che favorisce il dialogo e l’ascolto, lo sguardo

all’alterità che costituisce l’obiettivo principe del modello interculturale e la

decostruzione, necessaria a smascherare gli stereotipi e i pregiudizi, creando cosi i

presupposti per una comunicazione che sia alla base, come dice lo stesso Cambi

«di un orizzonte comune e di regole condivise»93.

Similmente a questa attività, si è provato anche a pensarne delle altre che,

seguendo gli stessi obiettivi, fossero, in qualche modo più semplici e meno

strutturate.

                                                            93 Cfr., Cambi F., Intercultura: fondamenti pedagogici, Carocci, Roma 2001, p. 45.

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Il testo in questione I bambini del mondo di Emma Damon, può presentarsi come

un’occasione per conoscere le diverse culture che popolano la Terra. In questa

attività è importante che il libro, man mano che viene letto e sfogliato sia ben

visibile ai bambini e che abbiano il tempo di familiarizzare con le figure rendendo

la lettura interattiva e che la lettrice giocando con le pagine, in quanto si tratta di

un libro pop up, dia il tempo necessario a tutti di osservare i diversi elementi.

Finita le lettura, può essere opportuno un momento di condivisione, ad esempio

chiedendo se tutti conoscono le parti del mondo da cui provengono i bambini

presentati nel libro ed eventualmente aiutarsi con un mappamondo per indicare i

diversi Paesi o Nazioni o città, mettendoli in evidenza, o se qualcuno non conosce

il significato di alcune parole A questo punto, lasciando il libro a disposizione,

ogni bambino partecipante all’attività, può disegnare su un foglio e colorare

quello che la lettura ha suscitato in lui o semplicemente ricopiare uno dei disegni

presenti nel libro. Concludendo, tutti gli elaborati verranno attaccati su un

cartellone che verrà appeso al muro della sezione ragazzi della biblioteca.

Fare intercultura, e soprattutto fare intercultura con bambini piccoli, non deve

essere strettamente legato all’acquisizione di nozioni didattiche, quanto più

un’occasione per approcciare il tema scelto dando alcuni stimoli e spunti di

riflessione che non per forza devono essere rielaborati dai bambini stessi

istantaneamente. Si tratta piuttosto di un’occasione di gioco, o di una attività di

animazione che attraverso il suo messaggio interculturale, vuole avvicinare al

tema dell’Altro palesando semplicemente la sua presenza ed essenza. Appurato

che parlare dell’Altro è fondamentale e indispensabile quando si fa educazione

interculturale, è necessario anche sottolineare che probabilmente rientra tra quegli

spunti di attività e di occasioni per approcciare il tema, tra i più scontati e semplici

quando si parla di educazione interculturale applicata alla lettura. Per questo

motivo, con le proposte di attività, si è volutamente deciso di comprendere anche

la sfera dei valori, dei comportamenti e dei sentimenti, che complementari

all’Altro, sono una componente inscindibile del suo essere con la sua storia, la sua

cultura e con la sua provenienza. Il libro infatti, in quanto oggetto astratto e

culturale può favorire lo sviluppo di una competenza in questo senso, chiamata

competenza di verbalizzazione di emozioni e di sentimenti che proprio attraverso

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la comunicazione e lo scambio con gli altri rende il bambino costruttore attivo

delle sue conoscenze e delle relazioni94. Il concetto di cultura quindi diventa

importante quanto si parla della sfera dei valori, dei sentimenti e delle emozioni

diventando «un processo collettivo, dal momento che non può essere il risultato di

un’azione individuale, anche se ogni soggetto contribuisce a fornire una data

fisionomia alla cultura di cui è parte. Per definizione, la cultura è partecipazione,

poiché essa implica la condivisione di processi di significazione, di

comunicazione, di pratiche e di valori, nonché l’accordo sulle regole da parte delle

persone che la costituiscono. [...] La partecipazione è un processo attivo e crea

nuovi percorsi di senso»95.

L’attività sui valori, le emozioni e le sensazioni, inizia con la lettura del libro di

Eric Battut Oh, che uovo! Se la storia di per sé è molto semplice come tutte le

favole per bambini, nel racconto si toccano alcuni concetti, per cosi definirli,

funzionali al tema dell’intercultura. La diversità e la percezione di questa, il rifiuto

e l’accettazione, la risoluzione del conflitto, la conoscenza. In nome di questi

meccanismi, sui quali il testo scelto, offre più di un’occasione di riflessione,

l’attività proposta sarà significativa in merito a ciò. Una volta terminata la lettura

del testo, che dovrà essere sfogliato e letto in modo che tutti riescano a vedere le

immagini, inizia un momento di condivisione. Le domande fatte ai bambini

dovranno essere in questo caso mirate a far emergere il messaggio specifico

dichiarato. Delle possibili domande potrebbe essere “Se i tre uccellini sono

fratelli, perché sono di colori diversi?” e ancora, “Perché i due uccellini trattano

male l’uovo con le macchie? Fanno bene o fanno male?” e “Voi avreste fatto lo

stesso?”. Le risposte possono far emergere spunti di riflessione interessanti. Una

volta conclusa questa fase, si passa alla parte pratica dell’attività. Quindi si chiede

ai bambini di rappresentare su un foglio come desiderano cosa avrebbero fatto

loro al posto degli uccellini. Come in tutte le attività che sin qui sono state

esposte, anche questa si conclude attaccando tutti i disegni fatti dai bambini su un

cartellone da appendere in biblioteca. È infatti importante che il contributo di

ognuno sia condiviso in questo modo: lasciare una traccia della propria attività in

                                                            94 Cfr., Catarsi E., Leggere le figure, pp.45-46. 95 Anolli L., La mente multiculturale, Laterza & Figli, Roma-Bari 2006 in Magistro R., (a cura di) Gli stranieri in biblioteca, p. 42. 

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modo che anche gli altri possano condividerla e ammirarla. In fondo è anche così

che si fa intercultura. Questa attività cosi pensata, specifica sul tema dei valori e

sui comportamenti interculturali, vuole semplicemente essere uno stimolo alla

condivisione e alla relazione con gli altri; un’attività che non prevede un uso

didattico dell’intercultura, ma che vuole fare dell’intercultura, attraverso il testo

proposto, un veicolo, uno spunto da cui iniziare per sensibilizzare a

comportamenti improntati all’Altro.

Tutte queste attività possono tradursi in possibili proposte pratiche e trovare

applicazione con risvolti positivi o meno, l’importante è che comunque alla base

ci siano degli obiettivi specifici e che il loro andamento non sia strettamente

legato a raggiungere dei risultati tangibili. Infatti, quanto si tratta di fare

intercultura a dei bambini piccoli o comunque in una fase precedente alla

scolarizzazione, non si può far altro che sensibilizzare e indirizzare a dei

comportamenti; sarà poi ogni bambino con i suoi tempi e nei suoi modi che farà

proprio il messaggio e deciderà di interiorizzarlo e razionalizzarlo. Non vi sono

alla base pretese di nessun tipo, se non quello di promuovere l’intercultura, o

almeno provarci, definendo e pensando delle attività, che siano alla portata di

tutti, o forse sarebbe meglio dire alla portata dei più piccoli.

Concludo questa parte si riporta ciò che Piera Gioda scrive nell’introduzione al

testo Fiabe e Intercultura e che in parte riprende ciò che è stato detto

precedentemente facendo maggiore chiarezza sulle intenzioni e gli obiettivi

esposti sin qui: essa afferma infatti che, «per educare la mente in senso

interculturale il pensiero narrativo costituisce una grande risorsa: esso però va

nutrito precocemente e va rafforzato quando le relazioni sociali si fanno più

complesse e varie. Le fiabe, inventate da altri o dai noi stessi, si rivelano ottime

compagne di viaggio nel nostro incontro con gli altri. Esse permettono di

condividere emozioni, identificarsi con altri diversi da noi, negoziare significati,

immaginare altre possibili soluzioni ai conflitti che presentano. Insomma, le fiabe

(narrate, ascoltate, inventate) sono un’ottima palestra di razionalità»96.

                                                            96  Gioda P., Merana C., Varano M., Fiabe e intercultura, Quaderni dell’intercultura, Editrice Missionaria Italiana, Bologna, 2000, p. 9. 

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Allegato

Progetto di tirocinio

Introduzione alle mie attività

In generale il mio progetto di tirocinio, si svolge, oltre che su alcuni obiettivi che

saranno riportati qui di seguito, sulla necessità di mettere in pratica una serie di

attività, definibili anche come laboratori, inerenti il tema dell’intercultura in

quanto, penso sia un approccio fondamentale per sensibilizzare ad una apertura

verso l’Altro, ai suoi valori, nonché occasione di conoscere, avvicinarsi e scoprire

mondi nuovi. Tutto questo, attraverso alcune proposte da me elaborate, in un

clima di gioco, condivisione e collaborazione. Infatti il mio intento non sarà

quello di insegnare quanto meno di creare competenze, quanto invece quello di

divertire, incuriosire e perché no anche di stimolare il lato creativo di ciascuno.

I destinatari delle mie attività, volutamente, vorrei che fossero bambini e ragazzi;

questa una scelta dettata da alcune motivazioni. Prima fra tutte, perché ho scelto di

occuparmi di letteratura destinata a questa fascia di età, in quanto considero

l’educazione interculturale sia fondamentale sin dai primi anni di vita e non solo

ed esclusivamente per adulti, secondo perché fino a qui mi sono sempre occupata

nella maggior parte dei casi di libri e/o albi illustrati che trattassero il tema

dell’intercultura in modo molto semplice, con messaggi semplici e chiari e non

troppo articolati; ultima motivazione, quella di promuovere il piacere di leggere

come occasione non soltanto di instillare una buona abitudine, ma sopratutto come

occasione di riflettere e di confrontarsi con i temi e soprattutto con i valori che

l’intercultura propone.

La mia proposta

Desidererei, considerate tutte le annotazioni riportate qui sopra, creare dei

momenti di incontro, all’interno della biblioteca, dei laboratori pratici, che proprio

partendo da alcune letture ad alta voce, possano creare delle vere e proprie

occasioni di sensibilizzazione al tema dell’intercultura, ai suoi valori ma

soprattutto alle sue caratteristiche.

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I libri che ho scelto per questi laboratori sono libri che trattano appunto il tema

dell’intercultura, e seguono lo schema di Vinicio Ongini, in dieci categorie di

classificazione dei testi che trattano di multicultura o intercultura ( prendendo

spunto da quella che è l’esperienza dello scaffale multiculturale). Dico questo non

tanto per dare un contenuto teorico credibile alla mia attività, ma perche parte del

mio lavoro di tesi e motivo della scelta dei testi che vorrei proporre.

Poiché so che l’attività scolastica ha una sua progettazione da parte delle

insegnanti e un programma da seguire, avrei pensato a degli incontri pomeridiani,

non obbligatori, in cui incontrare i bambini e i ragazzi interessati.

Qui di seguito riporto i miei obiettivi generali e successivamente lo schema delle

attività che ho pensato e progettato io stessa, facendo opportune modifiche quando

necessario in base all’età dei bambini e dei ragazzi delle famiglie che potrebbero

mostrarsi interessati, o cercando di mettere insieme un’attività che possa

richiamare l’attenzione e l’interesse di tutti.

Obiettivi generali

approcciare il tema dell’intercultura attraverso il libro;

sensibilizzare alla lettura di favole come occasione per conoscere altri

mondi, etnie e culture;

divertirsi attraverso la lettura;

stimolare la curiosità, l’immaginazione e la fantasia dei bambini;

interagire con la storia raccontata;

promuovere uno spirito di collaborazione attraverso lo scambio,il dialogo,

l’interazione e la condivisione della stessa attività.

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Attività 1

Materiali

libro: Le altre cenerentole. Il giro del mondo in 80 scarpe di Vinicio

Ongini

cartellone bianco

fogli bianchi

pennarelli colorati

Svolgimento

1. Leggere ad alta voce e raccontare ai bambini la favola di una delle

Cenerentole contenute nel libro da me scelto.

2. Alla fine della lettura fare delle domande ai bambini per vedere se hanno

capito il contenuto della favola (quali soni personaggi, chi sono i buoni,

chi sono i cattivi, cosa succede, come si conclude la storia …).

3. Dire ai bambini da dove proviene la Cenerentola che hanno appena

ascoltato (se i bambini sono dell’età delle scuole elementari, mostrargli su

una cartina da dove viene quella Cenerentola).

4. Chiedere si bambini di disegnare i personaggi della storia, sia quelli che

già conoscevano che quelli nuovi.

5. Chiedere ai bambini di spiegare e/o mostrare i disegni agli altri.

6. Attaccare tutti i disegni sul cartellone.

Variazioni attività in relazione all’età dei bambini che interverranno al

laboratorio

a) Dopo aver letto e testato la comprensione dei bambini rispetto alla storia,

fornirgli il materiale da assemblare (e quindi precedentemente preparato)

per costruire il loro libro (cartoni, fogli, colori e cordino).

b) fargli disegnare i personaggi della favola ascoltata, sulle pagine del libro

da loro costruito.

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a) Dopo aver letto la favola ad alta voce, chiedere ai bambini se hanno

trovato delle similitudini con un’altra favola a loro conosciuta (se non ne

trovano guidarli alla soluzione).

b) Un volta trovate le similitudini elencare gli elementi che ricorrono sia nella

versione più “comune” che in quella appena ascoltata e scriverle su un

cartellone;

c) Chiedere di disegnare ciò che è rimasto più impresso della storia ascoltata

NB: Poiché a seconda dell’etè di chi parteciperà a questo laboratorio, non è

possibile definire in modo chiaro l’andamento dell’attività, penso che in corso

d’opera, a seconda dell’interesse suscitato nei partecipanti, possa anche

presentarsi l’occasione di un discussione e riflessione condivisa circa la presenza

di temi cosi simili in contesti culturali diversi. Un’occasione per dare luogo a

“pensieri interculturali”.

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Attività 2

Materiali

Libro I bambini del mondo di Emma Damon, la Nuova Frontiera, 2000.

un cartellone bianco

pennarelli colorati

un mappamondo

Svolgimento

Leggere ai bambini il libro assicurandomi che tutti riescano a vedere le

pagine mentre le sfoglio.

Chiedere ai bambini se conoscono le varie parti del mondo da cui

provengono i bambini presentati nel libro.

Mostrargli le aree in questione sul mappamondo dove avrò

precedentemente appuntato i vari paesi o nazioni.

Lasciare che ogni bambino disegni su un foglio con i pennarelli colorati

uno o più bambini protagonisti del libro letto (il libro resterà a

disposizione di tutti per essere guardato)

Attaccare tutti i disegni sul cartellone.

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Attività 3

Materiali

Libro Oh, che uovo! di Eric Battut, Bohem press Italia, edizione speciale

per Nati Per Leggere, 2005.

Fogli bianchi

pennarelli colorati

un cartellone bianco

Svolgimento

1. Leggere ai bambini il libro assicurandomi che tutti riescano a vedere le

pagine mentre le sfoglio.

2. Una volta letto il libro, fare delle domande ai bambini che siano specifiche

rispetto al messaggio che deve emergere, cioè quello dei valori e dei

comportamenti da mettere in atto rispetto a chi è Altro da noi.

In un primo momento le domande saranno specifiche rispetto al

testo letto, del tipo: Se i tre uccellini sono fratelli, perché sono di

colori diversi?”, “Perché i due uccellini trattano male l’uovo con le

macchie? Fanno bene o fanno male?”, “Voi avreste fatto lo

stesso?”.

In un secondo momento, nell’ottica di lanciare e collegare a questa

riflessione l’attività pratica, la domanda finale sarà: “Cosa avreste

fatto voi al posto degli uccellini?”

3. Ogni bambino così, davanti al foglio che gli sarà stata dato, dovrà

rappresentare la sua risposta alla domanda.

4. Finiti i disegni, verranno attaccati su un cartellone grande da esporre in

modo visibile in biblioteca.

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Conclusioni

L’intento di indagare quelli che sono i luoghi primari di educazione interculturale,

constatando quali sono gli interventi possibili per una precoce sensibilizzazione al

tema, hanno portato a una serie di considerazioni e osservazioni non irrilevanti.

Infatti la cornice di riferimento, costituita dagli individui e il loro inserimento in

una società in divenire, nonché costituita dall’urgenza di creare i presupposti per

occasioni di continuo confronto e dove collocare iniziative che possano rispondere

a queste esigenze, ha portato la mia attenzione a svilupparsi in una direzione

precisa.

Focalizzando l’attenzione sulla letteratura interculturale dedicata ai più giovani

lettori si è cercato di sensibilizzare alla necessità di una precoce iniziazione al

tema dell’intercultura per una serie di ragioni. Se in passato è stato necessario ri-

educare all’intercultura, allora si reputa di fondamentale importanza fondare su

solide basi l’educazione degli individui già dalla più tenera età; si imparerà in

questo modo a rispondere al bisogno di intercultura che tanto si è preteso e che si

continua a pretendere.

L’idea principale da cui si sviluppa tutto ciò che segue è che fare intercultura è per

tutti, ma se è vero che ognuno ha necessità e bisogni diversi, allora è anche vero

che ad ogni età corrisponde un modo di fare intercultura.

Così, parlare di intercultura attraverso la letteratura, ha portato tutte le riflessioni

fatte sin qui ad alcune conclusioni e osservazioni di non poca importanza. Aver

introdotto al tema dell’intercultura in una società multiculturale, è servito

innanzitutto a trovare un luogo reale dove poter inserire e forse sperimentare le

proposte che sono seguite. Inoltre la necessità di una programmazione più attenta

ed efficace, non può fare a meno di partire dalle criticità e dalla complessità di

partenza. Infatti, nella scuola e in famiglia, cosi come nei luoghi di educazione

informale si parla spesso di ridefinizione dei rapporti, dei programmi, delle

finalità e degli obiettivi, nonché nello specifico, di ridefinire le attività. Azioni

indispensabili quando si parla di società interculturale o multiculturale che dir si

voglia. Detto e appurato ciò, si è deciso in questa sede di avvalersi della

strumentalità del libro per creare i presupposti di quanto detto. Partendo da una

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esperienza concreta in biblioteca nella sezione ragazzi e costruendo una proposta

di scaffale multiculturale destinata a questa, sono stati selezionati alcuni libri e

materiali che potessero rappresentare un’occasione per approcciare questo tema.

Appurato che esistono materiali e libri specifici per fare intercultura, come quelli

scelti, l’intento era quello di esplorarli e constatare attraverso un’analisi il più

accurata possibile, come e quanto rispondessero a criteri di interculturalità,

presupponendo una sensibilizzazione verso, le altre culture, le altre tradizioni, le

altre lingue, i mondi lontani e i valori legati a ciò, constatando come affrontano la

diversità come occasione di arricchimento, crescita e scoperta.

Senza entrare nello specifico dell’analisi, tutte le componenti indagate si sono

mostrate rilevanti e aderenti rispetto al tema dell’intercultura, adempiendo agli

obiettivi e alle riflessioni che erano state fatte a priori.

Oltre ad aver ripreso la strumentalità dello Scaffale Multiculturale introdotta da

Vinicio Ongini e aver fatto concretamente una proposta rivisitando questa

esperienza rispetto ai suoi contenuti e alla sua organizzazione, si è cercato di

sostenere l’utilizzo delle biblioteche interculturali come spazio risorsa, non

soltanto in relazione ai materiali contenuti, ma anche come luogo dove, proprio

partendo da tali materiali, creare occasioni di condivisione e di sensibilizzazione

al tema dell’intercultura attraverso la programmazione di laboratori e spazi di

attività.

Quanto detto sin qui e la scelta di focalizzare l’attenzione sui materiali dedicati

alla sezione ragazzi non è casuale, infatti è sostenendo una promozione precoce ed

efficace all’intercultura e attraverso la consultazione di materiali presenti negli

scaffali multiculturali, che si permette un confronto e una riflessione constante

con la funzione e i messaggi di cui l’intercultura si fa tramite.

La strumentalità del libro, in questo modo e con un’attenzione di questa portata,

può diventare un’occasione ricca di spunti, riflessioni e osservazioni, nonché

portatrice di conoscenza, attraverso un’impostazione quasi didattica, ma che non

abbia l’intenzione di creare competenze, può risultare un ottimo modo da cui

imparare divertendosi.

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