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Lezione 15

Lezione 15. Luniversità Statalizzazione: dellistituzione medievale Monopolio: divieto di studiare altrove Controllo e intervento: Riformatori allo Studio

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Lezione 15

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L’università

Statalizzazione:dell’istituzione

medievale

Monopolio:divieto di studiare

altrove

Controllo e intervento:

Riformatori allo Studio di Padova

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• Sic ingredere ut te ipso quotidie doctior

• Sic egredere ut in dies patriae christianaeque reipublicae utilior evadas

• Ita demum gymnasium se feliciter ornatum existimabit

Entra in modo da diventare ogni giorno più dottoEsci in modo da diventare ogni giorno più utile alla patria e alla cristianitàCosì finalmente lo Studio si dirà ben adornato

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I Riformatori allo Studio di Padova

(DA MOSTO, L’Archivio, 1)

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(FERRO, Dizionario, ad vocem)

(omissis)

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(omissis)

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(omissis)

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La censura libraria a Venezia

• Assai moderata perché:– l’editoria è una manifattura redditizia– non ci sono da temere sedizioni né

eresie– non sono vincolanti le censure

• ecclesiastica• imperiale

– e comunque meglio prevenire la stampa clandestina

quello che non si può stampare altrove si stampa

– a Venezia– a Ginevra

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i Consultori in iure

• Incarichi permanenti per consulenze in diritto– romano– canonico

• In materia– di casi giudiziari complessi (questioni di

giurisdizione)– di vertenze politiche internazionali

Venezia non riconosce la vigenza del diritto romano né l’efficacia del diritto canonico in materie secolari, ma ha a che fare con entrambi

QUINDI

si procura il know-how necessario ingaggiando

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(DA MOSTO, L’Archivio, 1)

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Paolo Sarpi(Venezia, 14 agosto 1552 – 15 gennaio

1623)

• Ordine dei Servi di Maria di Venezia

• Umanista, teologo, filosofo, giurista, ebraista

• Si interessa di matematica, astronomia, biologia

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• Studia le dottrine riformate• Pubblica a Londra sotto

pseudonimo la polemica Historia del Concilio Tridentino, vietata dall’Indice

• La Curia gli nega il vescovato• La Repubblica lo nomina

Consultore teologo durante la controversia dell’interdetto

• Aggredito e lasciato per morto da sicari, commenta: Agnosco stylum Curiae Romanae

• Scampa a un altro attentato e muore vecchio nel suo letto

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L’interdetto del 1606-07

• 1604-05 Giurisdizionalismo veneziano:– Autorizzazione statale alla fondazione di

chiese, monasteri e istituti ecclesiastici di assistenza

– Divieto di alienazione di immobili da privati a enti ecclesiastici

– Riserva di giurisdizione secolare sui reati comuni di membri del clero

• 1605 il papa Paolo V Medici:– Chiede l’estradizione al foro ecclesiastico di un

canonico e un abate in carcerazione preventiva per reati contro la persona

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• il doge Leonardo Donà:– Incarica Sarpi quale consulente teologo a gennaio

1606– Invia al papa il suo Consiglio in difesa di due

ordinazioni della Serenissima Repubblica (e i molti scritti successivi)

• il papa:– Emana il breve di interdetto Superioribus

mensibus (“nei mesi scorsi”)divieto al clero veneziano di celebrare i

sacramenticonta su insurrezioni popolari antiveneziane

• il doge:– Espelle i Gesuiti, i Cappuccini e i Teatini, i soli che

aderiscono al divieto– Manifestazioni di piazza antipapali:– “Concorse moltitudine di populo [...] e quando il preposto,

che ultimo entrò in barca, dimandò la benedizione al vicario patriarcale [...] si levò una voce in tutto il populo, che in lingua veneziana gridò loro dicendo "Andé in malora!" ”

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Le argomentazioni di Sarpi

• Come impedire l’efficacia dell’interdetto:

• De facto vietarne la pubblicazione nello Stato

• De iure appellarsi al concilio– Presupposto:

subordinazione del papa al concilio!

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• 1607 soluzione di compromesso:

• Il papa– ritira l’interdetto

• Venezia– rilascia i due rei– ritira il protesto contro

l’interdettoMA:– mantiene in vigore la

legislazione giurisdizionalista

– non consente il rientro dei Gesuiti

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Un consulto di Sarpi• Consulto 83, 13 novembre 1609 Sopra un conseglio dell’eccellentissimo Collegio de’

Giureconsulti di Padova a favore del conte Alberto Scoto• tratto da: PAOLO SARPI, Consulti, vol. 1, 1606-1609, t. 2, 1607-1609, a cura di Corrado Pin, Pisa-

Roma: Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2001 (Istituto italiano per gli studi filosofici, Consulti, 1.2)

• Il conte Alberto Scotti vassallo del duca di Parma viene privato del feudo come sanzione per la violazione dell’obbligo di residenza (politica di accentramento e controllo del duca sui feudi)

• Il conte vorrebbe ricorrere al papa come superiore feudale del duca (ducato creato nel 1545 dal papa Paolo III Farnese per il figlio naturale Pier Luigi)

• Il conte chiede un consulto pro veritate in questo senso al Collegio del dottori di Padova

• Il Collegio ne informa il rettore e questi il Senato (possibile rilievo diplomatico)

• Il Senato avoca la questione per evitare le pressioni del duca sul Collegio• Sarpi approva la bozza redatta dal Collegio ma raccomanda di tenere

separati gli aspetti spirituali e temporali del potere papale• Ma finisce male: il conte, in viaggio per Roma col consulto, viene

assassinato nei territori della Chiesa

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• Nella filcia di Collegio Secreta a’ 11 decembre 1609.

• Serenissimo Principe,• avendo letto diligentemente per commandamento di Vostra Serenità il

conseglio del Collegio di giurisconsulti di Padoa sopra li dubi proposti dall’illustrissimo conte Alberto Scoto, non ho trovato cosa che possi essere in pregiudicio alli principi supremi, tra’ quali tiene dignissimo luoco la Serenissima Republica, salvo che nella decisione del primo dubio, a fogli 5, dove si dice che “se li sudditi non potessero ricorrere al principe supremo, quando sono mal trattati dalli signori inferiori, la sopranità nelli principi supremi sarebbe vana, ventosa e de nessun effetto”. E questa consequenza io tengo che sii necessaria et evidente.

• Ma segue il conseglio e aggionge che “questo parerebbe più indicibile e portentoso nel sommo pontefice, che tiene in terra la successione di Pietro e vicaria di Cristo; e oltre ciò la suprema giurisdizione temporale in Parma e Piacenza”. Questa maggioranza nelle cose temporali, che si vuol dare al pontefice per esser vicario di Cristo, è una di quelle vie occulte di darli potestà temporale sopra li prìncipi soprani. Non è vero, né mai si debbe concedere che alcun principe supremo abbia minor auttorità nelli suoi Stati che il papa nelli suoi, né meno che per esser vicario di Cristo abbia nessuna potestà temporale, perché subito si cava consequenza che convenga dargliela in tutta la cristianità.

• Per il che io propongo riverentemente in considerazione, se fosse meglio che quei eccellentissimi giurisconsulti fermassero la sua conclusione nel generale de tutti li prìncipi, come l'hanno fatta, e l'applicassero al papa come principe supremo di quello Stato solamente, e non passassero a dir che questo fosse maggior inconveniente in lui, per esser vicario di Cristo e successor di Pietro.

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• Così parimente nella proposizione del quinto dubio a foglio 2c, dove si ricerca “se il pontefice per officio suo, come soprano principe e vicario di Cristo, debba esentar il conte”. Sono inconvenienti quelle parole: “e vicario di Cristo”, perché se dovesse come vicario di Cristo, seguirebbe che potesse in ogni Stato: sono sempre sospette le parole, dove l'auttorità spirituale di Cristo si vuol portar alle cose temporali, per il che anco quelle parole io consiglierei che si lasciassero (= tralasciassero, omettessero).

• Tratta ancora il consiglio delle azioni del duca di Parma con parole assai acerbe, le quali chi indolcisse alquanto non mutando in conto alcuno le conclusioni, né le determinazioni, né le raggioni, ma solo moderando le parole, sì che non toccassero tanto il duca sul vivo, sarebbe maggior dignità del Collegio padoano, che ridonderebbe anco in onor di tutto il Dominio veneto, e forse servirebbe anco più al conte Alberto. Il che tanto più è degno di considerazione quanto il duca in una lettera all'illustrissimo signor Nicolò Corner mostra che questo negozio li preme.

• Nel rimanente questi dottori sostentano una conclusione: che “né il papa, né l'imperatore, né altro principe supremo possi donar la sopranità”, la quale io lodo molto, e conferisce alle cose della Serenità Vostra e altri propositi.

• È’ ben grand'ardire il mio in dar giudicio di cosa scritta da tanti uomini eccellentissimi, ma ne sarò scusato dal comandamento di Vostra Serenità, alla somma sapienza della quale sottometto ogni mia considerazione. Grazie.

• Umillissimo e devotissimo servo• F. Paulo di Vinezia