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1 www.osservatorioinca.org APPROFONDIMENTI Libera circolazione dei servizi: il Parlamento europeo riscrive la Direttiva Bolkestein Marzo 2006 Dopo due anni di lavoro, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza, in prima lettura, la sua relazione sulla Direttiva relativa ai servizi nel mercato interno, uno dei testi di maggiore importanza, in questo momento, per l'UE. In questo dossier d'approfondimento, a cura dell'Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa, proviamo a fare il punto su questa controversa Direttiva, ripercorrendo alcune tappe principali del suo cammino. Fonti: http://www.euractiv.com http://www.europarl.it http://www.etuc.org http://www.delegazionepse.it http://:www.osservatorioinca.org http://ferpa.etuc.org http://www.cgil.it/segretariatoeur opa http://stopbolkestein.org Il Progetto iniziale di Direttiva è disponibile, in italiano, sul sito dell'Osservatorio: http://www.osservatorioinca.org/image/download/Direttiva_Bolkestein_2004.pdf La nuova versione approvata dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2006: http://www.osservatorioinca.org/image/download/Direttiva_Bolkestein_2006.pdf INCA CGIL Belgio - Avenue des Arts, 20/4 B1000 Bruxelles Telefono +32 2 2335432 [email protected] www.osservatorioinca.org

Libera circolazione dei servizi 2 - Osservatorio INCA CGIL ... · Cos’è la FERPA? La FERPA è la Federazione europea dei Pensionati e delle Persone ... destrutturazione del mercato

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www.osservatorioinca.org

APPROFONDIMENTI

Libera circolazione dei servizi: il Parlamento europeo riscrive la Direttiva Bolkestein

Marzo 2006 Dopo due anni di lavoro, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza, in prima lettura, la sua relazione sulla Direttiva relativa ai servizi nel mercato interno, uno dei testi di maggiore importanza, in questo momento, per l'UE.

In questo dossier d'approfondimento, a cura dell'Osservatorio INCA CGIL per le politiche sociali in Europa, proviamo a fare il punto su questa controversa Direttiva, ripercorrendo alcune tappe principali del suo cammino.

Fonti: http://www.euractiv.com http://www.europarl.it http://www.etuc.org http://www.delegazionepse.it http://:www.osservatorioinca.org http://ferpa.etuc.org http://www.cgil.it/segretariatoeuropa http://stopbolkestein.org Il Progetto iniziale di Direttiva è disponibile, in italiano, sul sito dell'Osservatorio: http://www.osservatorioinca.org/image/download/Direttiva_Bolkestein_2004.pdf La nuova versione approvata dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2006: http://www.osservatorioinca.org/image/download/Direttiva_Bolkestein_2006.pdf

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Cosa s’intende per Servizi d’interesse generale?

Per Servizi di interesse generale(SIG) si intendono i servizi la cui fornitura, remunerata o meno, è

ritenuta d'interesse generale dalle autorità pubbliche e che

sono soggetti, in quanto tali, a determinati obblighi di servizio

pubblico. La disciplina relativa ai servizi di

interesse generale affronta la questione fondamentale del

ruolo delle autorità pubbliche nel garantire: il buon

funzionamento dell'economia di mercato nel rispetto delle regole del gioco; la soddisfazione delle esigenze essenziali dei cittadini

e la preservazione del bene pubblico.

Il termine Servizi d'interesse economico generale designa

invece le attività commerciali che, assolvendo missioni

d'interesse generale (reti di trasporto, di energia e di

comunicazione), sono assoggettati ad obblighi specifici

di servizio pubblico (art. 16 del trattato di Amsterdam).

Gennaio 2005: La Commissione vara la "Direttiva Bolkestein"

Una Direttiva è un atto giuridico comunitario che vincola gli Stati membri ad un risultato da raggiungere entro un dato termine, lasciando alla loro discrezione la scelta dei mezzi per farlo. Per produrre effetti sull’ordinamento interno di uno Stato, ogni Direttiva deve essere recepita nella legislazione nazionale. La proposta di Direttiva in questione, approvata dalla Commissione Europea il 13 gennaio 2005, e meglio nota come "Direttiva Bolkestein"', dal nome dall'ex Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno Frits Bolkestein, è in sostanza una bozza di legge comunitaria volta alla creazione in ambito europeo di un libero mercato dei servizi. Obiettivo è, in sintesi, realizzare la certezza giuridica necessaria per garantire, ai fornitori quanto ai beneficiari di servizi il rispetto delle due libertà fondamentali di stabilimento e di circolazione dei servizi e di creare un quadro giuridico in grado di abbattere le barriere e gli ostacoli che ancora si frappongono alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione di servizi tra gli Stati membri. I sindacati europei, anche se hanno sempre adottato un atteggiamento favorevole alla creazione di un mercato interno, si sono a più riprese pronunciati decisamente contro il progetto di Direttiva della Commissione. I punti maggiormente criticati della Direttiva in questione riguardano: • Ha un campo di applicazione troppo ampio;

rischiano infatti di confluire nella liberalizzazione anche una serie di Servizi d’interesse generale, sottraendo cosi alla sovranità degli Stati membri il controllo di larga parte delle politiche sociali e dei ser-vizi

• Entra in conflitto con altre disposizioni e strumenti comunitari (ad esempio: Direttiva 96 sul distacco; Regolamento 1408 sui regimi di sicurezza sociale)

• Anticipa altre iniziative comunitarie future, sulla mobilità dei pazienti e dei sistemi sanitari, sui servizi d’interesse generale, sui lavoratori temporanei, ecc.

• Le norme concernenti il distacco dei lavoratori proibiscono, di fatto, di assoggettare i fornitori di servizi a determinati obblighi sociali (autorizzazione, registrazione, dichiarazione e così via): il progetto renderebbe inoperante, in sostanza, l’ispezione condotta dallo Stato membro, rendendo inefficace la Direttiva 96/71

• Il principio del paese d’origine, secondo cui le imprese e i lavoratori che offrano servizi in un altro Paese membro possono essere sottoposti unicamente alle leggi del paese di provenienza

• La totale esclusione delle parti sociali e delle Regioni dalla negoziazione dei dispositivi (in molti Stati membri le Regioni sono titolari di misure legislative in settori di attività coperti dal progetto

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Cos’è la FERPA? La FERPA è la Federazione europea dei Pensionati e delle Persone Anziane, cui aderiscono 43 organizzazioni sindacali dei 25 paesi dell’UE. Con i suoi 10 milioni d’aderenti la FERPA è oggi l’organizzazione dei pensionati e delle persone anziane maggiormente rappresentativa in Europa. Vi aderiscono alla FERPA anche le tre principali organizzazioni sindacali italiane dei pensionati: SPI-CGIL, FNP-CISL e UILP-UIL. La FERPA coordina la sua politica con quella della CES (Confederazione Europea dei Sindacati), soprattutto in materia di sicurezza e di protezione sociale in particolare per quanto attiene le pensioni, le cure sanitarie, la lotta contro l’esclusione sociale e la povertà, che in Europa colpisce più di 50 milioni di cittadini, di cui oltre 16 milioni sono anziani, soprattutto donne anziane e sole. Boulevard du Roi Albert II n°5 B-1210 Bruxelles Tél. 0032 2 2240442 http://ferpa.etuc.org

Febbraio 2005: Lettera aperta della FERPA ai parlamentari europei

Il progetto di Direttiva suscita dunque molteplici opposizioni provenienti da fonti le più diverse, compresa la Confederazione europea dei Sindacati e le sue organizzazioni affiliate, tra le quali la FERPA, che manifesta le sue preoccupazioni e presenta le sue ri-vendicazioni a nome dei 10 milioni di pensionati, che aderiscono alla FERPA e che vivono nei 25 paesi dell’Unione . A febbraio del 2005 la Federazione Europea dei Pensionati e delle Persone Anziane (FERPA) rivolge quindi un appello a tutti i parlamentari europei, affinché il progetto di Direttiva sulla libera circolazione dei servizi sia radicalmente modificato. La Direttiva in questione contribuisce infatti, secondo la FERPA, ad aumentare la diffidenza di gran parte dei cittadini nei confronti dell’Unione europea, che essi considerano sempre meno impegnata nell’ambito sociale e propensa allo sviluppo del mercato interno, ad ogni costo. Con la sua lettera aperta la FERPA richiama l'attenzione dei parlamentari europei sugli innumerevoli danni che questa Direttiva antisociale produrrebbe, quali la deregolazione delle legislazioni di tutela, la creazione di un dumping economico e sociale, la minaccia

per i servizi pubblici e le cure sanitarie: • L’EUROPA deve, innanzi tutto, dotarsi di un

quadro giuridico adeguato a proteggere e promuovere servizi d’interesse generale di qualità ;

• I servizi sociali, i servizi sanitari, i servizi per le persone anziane e per quelle non autosufficienti, i servizi legati alla politica dei medicinali devono essere esclusi così come i servizi d’interesse generale, erogati a prezzo agevolato o senza alcuna contropartita economica quali gli alloggi popolari, i sostegni alle persone in difficoltà, la formazione ed i servizi culturali;

• Il principio del "paese d’origine" deve essere escluso una volta per tutte ;

• La procedura scelta per facilitare la libera circolazione è da modificare e le regole da stabilire non dovranno soppiantare, ex cathedra, quelle in vigore nei diversi paesi ;

• I diritti sociali, i diritti del lavoro ed i diritti sindacali dovranno essere esplicitamente riconosciuti nella Direttiva

• Gli Stati regoleranno e controlleranno le prestazioni di servizi che si effettuano sul loro territorio ;

• I prestatori di servizi saranno obbli-gatoriamente sottoposti al rispetto delle regolamentazioni dello Stato membro nel quale essi esplicano il servizio.

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I lavoratori di tutta Europa scendono in piazza

Sabato 19 marzo 2005

75.000 persone sfilano per le vie di Bruxelles, in occasione della manifestazione indetta dalla

Confederazione europea dei Sindacati.

15 ottobre 2005

In decine di migliaia a Roma contro la privatizzazione dei servizi.

14 febbraio 2006

Strasburgo : Grande successo della manifestazione della CES contro la direttiva Bolkestein

Per saperne di più: http://www.osservatorioinca.org/image/download/Manifestazione_Strasburgo_14_febbraio_2006.pdf

Documento di CGIL-CISL-UIL

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Novembre 2005: Bocciate le proposte di miglioramento

Il 17 novembre del 2005 la maggior parte dei membri della Commissione IMCO (Mercato interno e protezione dei consumatori) del Parlamento europeo ha respinto le modifiche migliorative proposte dalla relatrice, l'europarlamentare tedesca Evelyne GEBHARDT (PSE). Commento della Confederazione Europea dei Sindacati (CES) Il risultato del voto della Commissione IMCO non è quello che la CES auspicava. Il movimento sindacale europeo ha dimostrato tutta la sua disponibilità a migliorare questo progetto di direttiva, ma le prossime settimane la sua posizione si farà più dura se non sarà dato un segnale visibile di un compromesso per quanto riguarda i temi che maggiormente ci preoccupano:

• L'esclusione dei servizi d'interesse generale (innanzitutto i servizi sociali e l'acqua);

• L'esclusione di alcuni settori delicati come le agenzie di lavoro interinale e i servizi di sicurezza privata;

• Il ritiro o la modifica del principio del paese d'origine. Se la CES si oppone al principio del paese d'origine non è per ragioni ideologiche, ma perché questo metterebbe in concorrenza sleale i fornitori di servizi, creando nuove ed inaccettabili forme di discriminazione, che anziché creare nuovi posti di lavoro nel settore dei servizi metterebbero in pericolo quelli già esistenti.

Commento del parlamentare europeo Antonio Panzeri Una maggioranza composta da PPE, ALDE, UEN ha imposto il mantenimento del principio del "paese di origine", anche se ne ha cambiato il titolo. Di fatto i punti sui quali permane il nostro dissenso sono almeno due:

• Campo di applicazione E' stato ridotto molto meno di quanto il PSE avrebbe voluto. Infatti, l'emendamento approvato esclude l'applicazione della direttiva per i servizi di intereresse generale, solo "nella misura in cui non sono aperti alla concorrenza". Un gioco di parole per affermare che tutti i servizi aperti alla concorrenza sono interessati dalla direttiva.

• Paese d'origine Permane, come detto, il principio del paese di origine nella sostanza piena anche se sotto una dizione diversa: "libertà di prestazione dei servizi". Tali prestazioni saranno regolate, nel mercato unico, dalle norme dello Stato dove ha sede l'azienda.

Gli emendamenti approvati dalla maggioranza formatasi nella commissione "Mercato Interno" confermano la filosofia originaria della "Bolkestein" e riproducono le stesse contraddizioni che più volte abbiamo evidenziato: rischi di destrutturazione del mercato del lavoro e incentivo a processi di delocalizzazione delle sedi legali.

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Febbraio 2006: La plenaria del Parlamento europeo riscrive la Direttiva

Il 16 febbraio 2006, grazie soprattutto ai voti del PPE-DE (Partito popolare europeo e Democratici europei), del PSE (Socialisti europei) e ALDE (Alleanza dei democratici e liberali per l'Europa), il Parlamento europeo ha praticamente riscritto la controversa Direttiva sui servizi nel mercato interno, meglio nota sotto il nome di “Direttiva Bolkestein”.

Si tratta, occorre precisare, di una prima lettura che deve ora essere vagliata da Commissione e Consiglio. Quest'ultimo, in particolare, durante il dibattito si era detto disponibile a valutare le proposte che avessero ottenuto un ampio consenso per accoglierle eventualmente nella stesura della sua proposta che sarà presentata nel mese di aprile.

La relatrice della proposta, la tedesca Evelyne GEBHARDT (PSE) ha sottolineato che il Parlamento «ha ribaltato il senso della Direttiva e l'ha riorientata in un'ottica sociale, a vantaggio dei cittadini».

Il testo di Direttiva, così come emendato dal Parlamento dopo un turno di votazioni durato 118 minuti, ha raccolto 391 voti favorevoli, 213 contrari e 34 astensioni. La relativa risoluzione legislativa, d'altra parte, ha ottenuto 394 voti favorevoli, 215 contrari e 33 astensioni. Prima di procedere voto dei 404 emendamenti, il Parlamento aveva respinto - con 153 voti favorevoli, 486 contrari e 1 astensione - la proposta di Verdi e Sinistra europea di respingere in blocco la Direttiva.

Lo scopo della Direttiva è di realizzare un mercato interno dei servizi stabilendo un quadro giuridico volto a eliminare, da un lato, gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e, dall'altro, le barriere alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri. I deputati precisano che è sì importante realizzare un mercato unico dei servizi ma, contemporaneamente, è anche necessario mantenere «un equilibrio tra apertura dei mercati, servizi pubblici, nonché diritti sociali e del consumatore».

OGGETTO DELLA DIRETTIVA

Con l'adozione dell'emendamento proposto dalla commissione per il mercato interno, la Direttiva contiene tuttora delle disposizioni generali che permettono di agevolare la libera circolazione dei servizi, assicurando però nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi. E' poi precisato che, fermo restando il campo d'applicazione definito, la Direttiva non impone agli Stati membri di liberalizzare i servizi di interesse economico generale, né di privatizzare gli enti pubblici che prestano tali servizi». Essa, inoltre, non pregiudica le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza e aiuti. Gli Stati membri, peraltro, restano liberi di definire, conformemente al diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse economico generale, nonché di determinare le modalità di

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organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono sottostare.

La Direttiva, poi, non pregiudica le misure adottate a livello comunitario o nazionale volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media, così come non incide sul diritto del lavoro e, in particolare, sulle disposizioni relative «ai rapporti tra le parti sociali, compresi il diritto di svolgere un'azione sindacale e il diritto a contratti collettivi». In particolare, deve essere

pienamente rispettato il diritto di negoziare, concludere, estendere e applicare i contratti collettivi, e il diritto di sciopero.

Inoltre, la risoluzione del Parlamento europeo precisa che la Direttiva non riguarda l'abolizione dei monopoli esistenti che forniscono servizi (come ad esempio le lotterie o taluni servizi di distribuzione), né gli aiuti concessi dagli Stati membri in base alle norme europee sulla concorrenza.

Il provvedimento non incide nemmeno sulle norme penali degli Stati membri (che non devono essere oggetto di abuso per aggirare le disposizioni della Direttiva), né sui servizi che perseguono un obiettivo nel settore dell'assistenza sociale, come quelli destinati alle famiglie e ai bambini nonché i servizi di istruzione e cultura che tipicamente perseguono obiettivi sociali oppure il sostegno per gli alloggi sociali. Parimenti, non sono messe in discussione le legislazioni in materia di sicurezza sociale degli Stati membri.

E' anche precisato che la Direttiva non si applica e non pregiudica le disposizioni nazionali in materia di previdenza sociale vigenti negli Stati membri. La Direttiva, inoltre, non riguarda i servizi pubblici sanitari e l'accesso al finanziamento pubblico da parte dei prestatori di cure sanitarie.

La Direttiva, è infine specificato, non deve essere interpretata in modo tale da recare pregiudizio all'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri e della Carta europea.

CAMPO D'APPLICAZIONE

La definizione del campo d'applicazione della Direttiva è stato un esercizio piuttosto complesso, con ben 61 proposte di emendamenti. Il risultato del voto, che modifica profondamente la proposta originale dell'Esecutivo, è un mix tra quanto proposto dalla commissione per il mercato interno del Parlamento europeo e il compromesso tra popolari e socialisti, completato da ulteriori esenzioni proposte singolarmente dagli stessi o da altri gruppi politici. L'emendamento proposto dai socialisti volto a escludere sia servizi di

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interesse generale sia i servizi di interesse economico generale, non è stato accolto dall'Aula (269 voti favorevoli, 365 contrari e 3 astensioni).

La Direttiva «si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro». E' inoltre precisato che la Direttiva disciplina solo i servizi d'interesse economico generale, ovvero i servizi che corrispondono ad un'attività economica e sono aperti alla concorrenza. Non sarà quindi d’applicazione ai servizi d’interesse generale «quali definiti dagli Stati membri», a meno che, è spiegato, non si tratti di attività economiche «aperte alla concorrenza», ossia alla cui fornitura partecipano anche imprese private. Sono anche esclusi i servizi sociali come l'edilizia sociale, l'assistenza ai figli e i servizi alla famiglia. Considerando le attività sportive senza scopo di lucro di notevole importanza sociale, i deputati ritengono che esse non debbano essere considerate un'attività economica e, pertanto, non rientrano nel campo d'applicazione della Direttiva.

La proposta dell’Esecutivo, invece, contemplava tutte le attività economiche d’interesse generale, prevedendo alcune deroghe, ad esempio, per i servizi postali e quelli relativi alla distribuzione di energia elettrica, gas e acqua.

In merito all'esclusione dei servizi finanziari, il Parlamento specifica che la Direttiva non si applica ai «servizi di natura bancaria, creditizia, assicurativa» né ai «servizi pensionistici professionali o individuali, di investimento o di pagamento». E’ poi confermata l’esclusione dei servizi e delle reti di comunicazione elettronica. I deputati mantengono l’esclusione dei servizi di trasporto, compresi i trasporti urbani, portuali, i taxi e le ambulanze e precisano che sono invece inclusi dal campo d'applicazione della Direttiva il trasporto di fondi e di salme, «visto che in tale ambito sono stati identificati problemi di mercato interno». L’elenco dei servizi esclusi è poi allungato con i servizi giuridici già disciplinati da altri strumenti comunitari e con i servizi medico-sanitari, prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria. Riguardo a questi ultimi, è inoltre precisato che comprendono anche quelli farmaceutici e che tali servizi devono essere forniti ai pazienti da professionisti qualora queste attività sono professioni regolamentate negli Stati membri in cui è prestato il servizio.

Nel ritenere che svolgono «un ruolo fondamentale in sede di formazione delle identità culturali e delle opinioni pubbliche europee», il Parlamento esclude esplicitamente i servizi audiovisivi, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, inclusi i servizi radiofonici e cinematografici. Per i deputati, infatti, la salvaguardia e la promozione della diversità e del pluralismo culturali «postulano misure particolari in grado di tener conto delle specifiche situazioni regionali e nazionali».

Non sono comprese nel campo d’applicazione nemmeno le attività di giochi d'azzardo, inclusi i giochi con poste in denaro, le lotterie, i casinò e le transazioni relative a

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scommesse. Tale esclusione è anche giustificata dai deputati dalla totale impossibilità di attuare una concorrenza transfrontaliera leale tra gli operatori europei senza trattare - in parallelo o preventivamente - le questioni di coerenza della fiscalità fra gli Stati membri.

Inoltre, sono escluse le professioni e le attività «associate permanentemente o temporaneamente all'esercizio dei poteri pubblici in uno Stato membro», in particolare la professione di notaio. I deputati, poi, escludono del tutto i servizi fiscali dal campo d'applicazione della Direttiva, mentre la Commissione prevedeva una serie di eccezioni. Attingendo al compromesso tra popolari e socialisti, il Parlamento prevede anche l'esclusione delle agenzie di lavoro interinale, dei servizi di sicurezza e segnala quindi la necessità di armonizzare pienamente le norme sullo stabilimento per definire un quadro legale in merito all'attuazione del mercato interno in questi settori.

LIBERTÀ DI PRESTAZIONE DEI SERVIZI E PRINCIPIO DEL PAESE D'ORIGINE

A seguito di un complicato voto per appello nominale, il Parlamento ha confermato la cancellazione del principio del paese d'origine.

La nuova formulazione prevede che gli Stati membri devono «rispettare il diritto dei prestatori di servizi» di operare in uno Stato membro diverso da quello «in cui hanno sede», e devono assicurare il libero accesso a un'attività di servizio e il libero esercizio dell'attività di servizio sul proprio territorio. Inoltre, gli Stati membri non devono ostacolare la prestazione di servizi sul loro territorio imponendo requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati. La discriminazione, in particolare, non deve essere fondata sulla cittadinanza o sulla sede sociale. I requisiti, poi, sono ritenuti giustificati solamente per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e della salute.

Una lunga serie di requisiti sono inoltre considerati incompatibili con la libertà di prestazione dei servizi. Nell'elenco figurano, ad esempio, gli obblighi di stabilirsi sul territorio dove si presta il servizio o di ottenere un'autorizzazione, inclusa la registrazione in un albo professionale, fatti salvi però i casi previsti dalla stessa Direttiva e da altre disposizioni comunitarie. E' anche vietato imporre al prestatore di aprire un ufficio o una sede sul proprio territorio oppure di possedere un documento d'identità emesso dalle autorità locali. Ad eccezione che per motivi sanitari e di sicurezza sul posto del lavoro, non è nemmeno possibile vietare al prestatore di ricorrere a materiali o attrezzature «che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio».

D'altra parte, queste disposizioni non ostano a che gli Stati membri in cui è prestato un servizio impongano requisiti specifici giustificati con motivi di politica pubblica, di politica di sicurezza, di protezione dell'ambiente e di salute pubblica. Lo stesso vale per quanto riguarda le condizioni di assunzione, inclusi gli accordi collettivi. Sono invece stati eliminati i riferimenti alla politica sociale e alla protezione dei consumatori che avevano suscitato del malumore tra alcuni esponenti del PPE.

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È stato infine confermata la richiesta rivolta alla Commissione di presentare, entro cinque anni dall'entrata in vigore della Direttiva e previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali, una relazione sull'applicazione di queste disposizioni in cui dovrà essere esaminata la necessità di proporre misure di armonizzazione per le attività di servizio rientranti nel campo d'applicazione della Direttiva.

Le deroghe

Adottando un emendamento del PPE/DE, il Parlamento precisa che le disposizioni previste dall'articolo relativo alla libertà di prestazione dei servizi non si applicano ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, come ad esempio, ai servizi postali (coperti dalla Direttiva 97/67/CE), ai servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica (Direttiva 2003/54/CE ), ai servizi di trasmissione, distribuzione e di fornitura e stoccaggio di gas (Direttiva 2003/55/CE), ai servizi di distribuzione e di fornitura idrica e ai servizi di gestione delle acque reflue e al trattamento dei rifiuti.

Una deroga generale vale anche per le materie disciplinate dalle direttive sul distacco dei lavoratori e per le disposizioni che determinano la legislazione applicabile in materia di lavoratori subordinati, per il controllo legale dei conti, per le spedizioni di rifiuti nonché, come accennato, per le attività di recupero giudiziario dei crediti.

La deroga, inoltre, sarebbe applicata alle disposizioni della Direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, compresi i requisiti fissati dagli Stati membri (dove il servizio è prestato) che riservano un’attività ad una particolare professione. In sostanza, gli Stati membri potranno continuare ad applicare le norme che riservano alcune attività a particolari professioni, come ad esempio le consulenze giuridiche agli avvocati e la sperimentazione animale ai veterinari. È valida anche per tutte le disposizioni di diritto internazionale privato, in particolare quelle relative al trattamento dei rapporti obbligatori contrattuali e extracontrattuali, compresa la forma dei contratti.

Controlli

A differenza di quanto proposto dalla Commissione, che contemplava l’esclusiva responsabilità dello Stato membro d’origine nel controllo dell’attività e dei servizi offerti del prestatore, i deputati conferiscono allo Stato membro di destinazione la facoltà di adottare delle misure di controllo al fine di garantire che il prestatore si conformi al proprio diritto nazionale per quanto riguarda l'esercizio della sua attività. Lo Stato membro può quindi procedere alle verifiche, ispezioni e indagini necessarie per controllare il servizio prestato, comprese quelle richieste dallo Stato membro di primo

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stabilimento Qualora lo Stato membro di destinazione constati che il prestatore di servizi non ha rispettato i propri obblighi, esso può obbligare il prestatore di servizi a depositare una cauzione oppure applicargli misure intermedie. La cauzione può essere utilizzata per l'esecuzione di decisioni e di sentenze di carattere amministrativo, civile e penale.

Restrizioni vietate

Gli Stati membri non possono imporre requisiti che limitano a un destinatario l'utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. Non possono quindi imporre l'obbligo di ottenere un'autorizzazione dalle autorità competenti o di effettuare una dichiarazione presso di esse. Non è nemmeno possibile limitargli le possibilità di detrazione fiscale o la concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in funzione del luogo di esecuzione della prestazione. Infine, è vietato l’assoggettamento del destinatario ad imposte discriminatorie o sproporzionate sull'attrezzatura necessaria per ricevere un servizio a distanza proveniente da un altro Stato membro.

RELAZIONI CON LE ALTRE DISPOSIZIONI DEL DIRITTO COMUNITARIO

Il Parlamento, inoltre, precisa che, in caso di conflitto tra le disposizioni della Direttiva e altre normative comunitarie che disciplinano aspetti specifici dell'accesso all'attività di un servizio e del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, «prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche» le pertinenti normative comunitarie. Quali, ad esempio, la Direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, il regolamento sull'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, la Direttiva in merito al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive e la Direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. E' anche precisato che l'esclusione degli obblighi contrattuali ed extracontrattuali dal campo d'applicazione della presente Direttiva significa che i consumatori beneficeranno in ogni caso della tutela riconosciuta loro dalla normativa in materia, nel proprio Stato membro.

Norme sociali per il distacco dei lavoratori

Il Parlamento ha cancellato le disposizioni specifiche in materia di distacco dei lavoratori avanzate nel testo originario, precisando che la Direttiva non concerne le condizioni di lavoro e di occupazione che si applicano ai lavoratori distaccati per prestare un servizio nel territorio di un altro Stato membro. In tali casi, è precisato, la Direttiva 96/71/CE prevede che i

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prestatori dei servizi debbano conformarsi alle condizioni di occupazione applicabili, in alcuni settori elencati, nello Stato membro in cui viene prestato il servizio. Tra tali condizioni figurano: periodi massimi di lavoro e minimi di riposo, durata minima delle ferie annuali retribuite, tariffe minime salariali, condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, salute, sicurezza e igiene sul lavoro, provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti, puerpere, bambini e giovani, parità di trattamento tra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione.

Inoltre, è aggiunto che ciò non riguarda solo le condizioni di occupazione stabilite per legge, ma anche quelle stabilite in contratti collettivi o sentenze arbitrali. La Direttiva, infine, non dovrebbe impedire agli Stati membri di applicare condizioni di lavoro e condizioni di occupazione a questioni diverse da quelle elencate nella Direttiva 96/71/CE per motivi di ordine pubblico. In relazione a queste precisazioni, i deputati della commissione per il mercato interno propongono di sopprimere gli articoli della proposta che prevedono disposizioni specifiche in materia di distacco dei lavoratori e quelle relative al distacco di cittadini di paesi terzi.

DEFINIZIONI I deputati, d’altra parte, chiariscono, modificano o introducono nuove definizioni. Ad esempio, con servizio s’intende qualsiasi attività economica non salariata «fornita normalmente dietro retribuzione, la quale costituisce il corrispettivo economico della prestazione in questione ed è di norma convenuta tra prestatore e destinatario del servizio». In proposito, è anche precisato che la retribuzione è assente nelle attività svolte dallo Stato o da un’autorità regionale o locale, in campo sociale, culturale e giudiziario e, pertanto, non rientrano in tale definizione i corsi impartiti nell’ambito della pubblica istruzione da istituti pubblici e privati o la gestione dei regimi di previdenza sociale non impegnati in attività economiche.

I servizi d'interesse economico generale, invece, sono quelli qualificati in quanto tali dallo Stato membro e che sono soggetti a specifici obblighi di servizio pubblico imposti al prestatore di servizi dallo Stato membro interessato al fine di rispondere a determinati obiettivi di interesse pubblico.

Il prestatore è qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica, stabilita in conformità con la legge di detto Stato membro, che offre o fornisce un servizio. Per evitare il ricorso a società di facciata, sono poi specificati i criteri per poter considerare un’impresa come “stabilita”: occorre esercitare effettivamente un'attività economica a tempo indeterminato mediante un’installazione stabile e con un'adeguata infrastruttura a partire dalla quale viene effettivamente offerto un servizio. Una semplice casella postale, quindi, «non costituisce uno stabilimento».

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Con Stato membro di destinazione, infine, si intende il paese in cui un servizio è fornito ed eseguito «su base transfrontaliera in modo saltuario» da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro.

SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA E INFORMAZIONE

La Direttiva prevede una serie di misure volte ad agevolare la prestazione di servizi transfrontalieri, eliminando regimi, procedure e formalità di autorizzazione eccessivamente onerosi «che ostacolano la libertà di stabilimento e la creazione di nuove società di servizi». I deputati condividono questa impostazione ma chiariscono diversi suoi aspetti.

Più in particolare, è chiesto agli Stati membri, d'intesa con la Commissione, di introdurre, se necessario e possibile, moduli europei armonizzati, equivalenti ai certificati, agli attestati e ad altri documenti in materia di stabilimento che sanciscono il rispetto di un requisito nello Stato membro di destinazione. D’altra parte, gli Stati membri che chiedono ad un prestatore o ad un destinatario di fornire un qualsiasi documento attestante il rispetto di un particolare requisito, dovranno accettare i documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano valore equivalente o dai quali risulti che il requisito in questione è rispettato. Di norma, inoltre, non potranno imporre la presentazione di documenti rilasciati da un altro Stato membro sotto forma di originale, di copia conforme o di traduzione autenticata.

Tre anni dopo l'entrata in vigore della Direttiva, gli Stati membri dovranno istituire un punto di contatto denominato sportello unico che, secondo i deputati, dovranno essere coordinati dalla Commissione attraverso uno sportello europeo. In queste strutture, ogni prestatore di servizi potrà espletare una serie di procedure e formalità necessarie per poter svolgere le attività di servizio di sua competenza - come dichiarazioni, notifiche o domande di autorizzazione presso le autorità competenti, comprese le domande di iscrizione in registri, ruoli, banche dati, o ordini professionali - oppure inoltrare le domande di autorizzazione necessarie all'esercizio delle attività di servizio di sua competenza.

Attraverso gli sportelli unici, inoltre, gli Stati membri dovranno garantire ai prestatori e ai destinatari di prendere agevolmente conoscenza di una serie di informazioni relative alle procedure e alle formalità, alle coordinate delle autorità competenti, alle condizioni di accesso ai registri e alle banche dati pubblici, nonché alle informazioni concernenti le possibilità di ricorso disponibili e gli estremi delle associazioni presso le quali possono ricevere assistenza. Dopo tre anni dall’entrata in vigore della Direttiva - e non entro il 31 dicembre 2008 come proposto dalla Commissione - tutte le procedure e le formalità dovranno poter essere espletate anche a distanza e per via elettronica.

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LIBERTA’ DI STABILIMENTO

La Direttiva prevede anche una semplificazione delle procedure di autorizzazione per l'accesso alle attività di servizi e il loro esercizio.

Gli Stati membri possono prevedere un regime di autorizzazione, se ciò non comporta una discriminazione nei confronti del prestatore, se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva e se la sua necessità è giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Con quest’ultima nozione i deputati intendono, tra gli altri, la protezione della politica pubblica, l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica e la sanità pubblica. Ma anche il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, «compreso il mantenimento di servizi medici equilibrati e accessibili a tutti», la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali e la lotta alla frode. E ancora la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico od obiettivi di politica sociale e di politica culturale.

I regimi di autorizzazione, d’altra parte, devono basarsi su criteri che inquadrino l'esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti «affinché non sia utilizzato in modo arbitrario o discrezionale». Più in particolare, i criteri devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale e ad esso commisurati, precisi e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici in precedenza e, hanno aggiunto i deputati, trasparenti e accessibili.

L'autorizzazione che, in principio, ha durata illimitata, deve permettere al prestatore di accedere all’attività di servizio o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di agenzie, di succursali, di filiali o di uffici. Ciò non vale nei casi in cui un motivo imperativo di interesse generale giustifichi la necessità di un’autorizzazione specifica per ogni installazione o di un'autorizzazione limitata ad una specifica parte del territorio nazionale.

Gli Stati membri, inoltre, non potranno subordinare l'accesso ad un'attività di servizi e il suo esercizio sul loro territorio al rispetto di una serie di requisiti fondati, ad esempio, sulla nazionalità del prestatore o del suo personale o sulla sede della società. Non si potrà neanche ricorrere al divieto di essere stabilito in diversi Stati membri o di essere iscritto nei registri o nell'albo professionale di diversi Stati membri. Oppure, non si potrà imporre l'obbligo di presentare una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un'assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione, né quello di essere già stato iscritto per un determinato periodo nei registri degli Stati membri in questione o di aver esercitato in precedenza l'attività sul loro territorio per un determinato periodo.

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Le reazioni delle parti in causa

Come accennato, la parola passa ora alla Commissione e, soprattutto, al Consiglio, che dovrà pronunciarsi in proposito entro il mese di aprile. Intanto, numerose sono state le reazioni al voto del Parlamento europeo sulla Direttiva Servizi: governanti, sindacati, rappresentanti delle ONG e del mondo delle imprese.

Il commissario europeo per il mercato interno, Charlie McCreevy, ha così commentato il voto dell'assemblea parlamentare: "Sono convinto che avremo una Direttiva valida sui servizi, e che questa apporterà un importante valore aggiunto alla costruzione del mercato europeo. La sfida, infatti, è nel trovare dei buoni equilibri. Abbiamo bisogno di una Direttiva che faciliti le prestazioni di servizi transfrontalieri, garantendo al tempo stesso tutte le condizioni di legittimità delle politiche pubbliche. Dal canto nostro, la Commissione comincerà ora a preparare una nuova proposta di Direttiva, che terrà conto

del voto del Parlamento europeo".

Secondo il parlamentare europeo Antonio Panzeri (PSE): "Il progetto di Direttiva, cambiato in profondità, appare più coerente con l’idea di sviluppo e crescita delineata nella strategia di Lisbona e gli intendimenti negativi sono stati battuti. I diritti dei lavoratori sono stati ampiamente salvaguardati; sono stati esclusi i servizi di interesse generale e limitato il campo di applicazione per quelli di natura economica; lo stesso principio del Paese d’origine è stato cancellato. Una impresa che estenda la propria attività oltre i confini nazionali non gode più di una sorta di immunità, trascinandosi dietro il proprio diritto personale e imponendolo ovunque, ma diventa titolare di una libertà da esercitare responsabilmente. Tutto questo è stato possibile per l’effetto congiunto della nostra iniziativa parlamentare e della mobilitazione di larga parte del mondo del lavoro europeo. Ora si tratta di lavorare per consolidare questo processo e,soprattutto, per rendere ancora più forte il ruolo del Parlamento che, con questa vicenda, ha affermato con evidenza la propria centralità dimostrando di poter essere un formidabile strumento per il rilancio del processo europeo".

Critico invece il parere del deputato europeo svedese Christofer Fjellner (PPE-DE): "Dal voto odierno del parlamento europeo la Direttiva Servizi esca confusa. È troppo debole, e in alcune parti restringe ancora di più il mercato interno".

L'europarlamentare danese Karin Riis-Jørgensen, vice-presidente del gruppo liberale ALDE ha criticato l'esclusione del gioco d'azzardo dal campo d'applicazione della Direttiva:

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"Questa esclusione aumenterà sicuramente il numero già preoccupante di procedure giudiziarie e di reclami. Per fare chiarezza sulla situazione giuridica la Commissione dovrà necessariamente lanciare delle nuove procedure d'infrazione. Bisognerà adottare delle misure urgenti".

John Monks, segretario generale della Confederazione europea dei sindacati (CES) ha dichiarato: "La maggior parte delle rivendicazioni dei sindacati europei sono state accolte. La legislazione del lavoro, è esclusa dal campo d'applicazione della Direttiva, e con essa tutti gli aspetti relativi al distacco dei lavoratori. Sono ugualmente esclusi i settori più sensibili del mercato del lavoro, come le agenzie interinali e i servizi di sicurezza privati. Sono salvaguardati i diritti di contrattazione e di mobilitazione collettiva. Sono stati esclusi i servizi d'interesse generale e taluni servizi d'interesse economico generale, come ad esempio l'assistenza sanitaria. È stato abolito il principio del paese d'origine. Ma è una prima tappa. La CES continuerà a mobilitarsi per conservare quanto fin qui ottenuto e per ottenere ulteriori miglioramenti".

Secondo Walter Cerfeda, segretario confederale della CES (Confederazione europea dei sindacati) "Il primo round della Direttiva Bolkestein è finito assegnandoci un buon vantaggio. Il voto del Parlamento europeo ha infatti cambiato nel profondo il testo originale della Direttiva. Si può serenamente dire che della Bolkestein resta solo l'involucro, giacché tutti i contenuti fondamentali sono cambiati lungo la linea di emendamenti che la CES ha avanzato e che la maggioranza del Parlamento ha fatto propria.

È finalmente sparito l'odioso riferimento alla clausola del "paese di origine"; è stato riconosciuto che il diritto al lavoro, la contrattazione collettiva, le regole che riguardano le relazioni industriali e il diritto di sciopero non possono essere mai violati, poiché costituiscono uno standard intangibile del mercato interno europeo; che tutti i servizi di interesse generale sono esclusi dal campo di applicazione, in quanto beni non privatizzabili né commerciabili; che la stragrande parte di servizi di interesse universale con valore economico (ad esempio tutto il vasto campo di servizi come acqua, energia, gas, spesso gestito da municipalizzate) sono anch'essi esclusi; che anche il lavoro interinale è posto fuori la Direttiva.

Dunque si configura la costruzione di un mercato interno dei servizi avendogli tolto il veleno di tutte quelle norme che avrebbero introdotto il dumping sociale, aprendo una competizione verso il basso, piuttosto che sulla qualità del servizio offerto".

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UNICE, l'associazione europea degli imprenditori, ritiene che "Il Parlamento europeo ha svuotato la Direttiva, togliendo l'essenziale delle sue capacità di creare crescita e occupazione in Europa. La libera circolazione dei servizi, in particolare per i servizi transfrontalieri, non sarà facilitata. Gli Stati membri dispongono di troppi poteri e potranno limitare la libera circolazione dei servizi per una serie di ragioni che vanno ben al di là dei legittimi interessi pubblici: Ciò potrà favorire atteggiamenti protezionistici e dare luogo a grandi incertezze giuridiche tra le imprese e tra i consumatori. L'esclusione del diritto del lavoro dal campo d'applicazione della direttiva non era necessario, poiché la direttiva sul distacco dei lavoratori regolamenta già in maniera adeguata questa materia. Il Parlamento ha escluso anche le agenzie di lavoro interinale, che contribuiscono al buon funzionamento del mercato del lavoro e che offrono nuove opportunità di occupazione. Il solo progresso consentito dalla direttiva è la libertà di stabilimento".

Eurochambres, l'associazione europea delle camere di commercio, ha espresso le proprie preoccupazioni circa la chiarezza e la certezza dei compromessi adottati dal Parlamento.

"La legislazione era già complessa in partenza - ha dichiarato il segretario generale di Eurochambres, Arnaldo Abruzzini - ma il voto del Parlamento europeo l'ha complicata ulteriormente. Nell'interesse delle imprese, che hanno bisogno di certezza e semplificazione, chiediamo alla Commissione europea di tener conto della posizione espressa dal parlamento, ma anche di proporre una direttiva più semplice e chiara, che apra davvero il mercato europeo dei servizi.

Hans-Werner Müller, segretario generale dell'UEAPME, l'Unione europea dell'artigianato e delle PME, ha dichiarato: "Il Parlamento ha dimostrato oggi di saper trovare delle soluzioni su una questione delicata, che ha diviso per mesi cittadini e forze politiche. Dando ascolto ai cittadini e alle PMI, il parlamento ha senza dubbio ridotto le distanze tra le istituzioni europee e la società civile. Introducendo il diritto per le imprese di prestare i loro servizi in paesi diversi da quelli in cui esse sono stabilite, il parlamento ha proposto un principio molto più vicino a una delle quattro libertà fondamentali dell'UE. Il principio del paese d'origine, così come era stato formulato dalla Commissione europea, era infatti troppo controverso".

Christophe Leitl, presidente dell'Unione delle PMI, ha dichiarato: "Malgrado le paure non fondate che nelle scorse settimane sono state alimentate da diversi gruppi politici, i deputati europei hanno permesso alla ragione e al senso della misura di prevalere. Si tratta di un successo per le imprese europee, grandi e piccole, ma anche per i consumatori, che potranno trarre vantaggio da servizi di migliore qualità a prezzi più vantaggiosi".

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EuroCommerce, l'associazione europea del commercio al dettaglio, ha salutato il risultato del voto parlamentare, "che faciliterà sicuramente lo stabilimento delle imprese, soprattutto le PMI, in altri stati membri, permettendo al tempo stesso alle altre imprese di godere di migliori e più semplici procedure nazionali: un grande progresso sulla via dell'agenda di Lisbona. L'associazione Eurocommerce avrebbe preferito che fossero mantenute talune disposizioni incluse nella proposta originaria della Commissione, soprattutto in materia di semplificazione amministrativa. Tuttavia, visto il contesto nel quale la direttiva è stata adottata, difficilmente si sarebbe potuto ottenere di più in questa fase".

AmCHam EU, la Camera di Commercio americana presso l'Unione europea ha dichiarato: "salutiamo con favore il punto relativo alla proibizione delle pratiche discriminatorie. Tuttavia, il testo di compromesso approvato oggi non contiene per molti settori gli elementi necessari per la creazione di un mercato aperto. Chiediamo quindi alla Commissione europea di esaminare con maggiore attenzione i bisogni dei consumatori e delle imprese europee nelle prossime settimane e mesi, in vista della revisione definitiva del testo.

La Plate-forme sociale, rete degli utilizzatori e dei fornitori di servizi sociali senza scopo di lucro, si è congratulata con il Parlamento europeo per la sua decisione di escludere i servizi sociali dal campo d'applicazione della Direttiva. Claire Roumet, presidente del gruppo di lavoro sui servizi sociali della "Plate-forme sociale", ha dichiarato: "servizi sociali come gli alloggi popolari, le case di riposo per gli anziani o i servizi per le persone disabili non possono essere trattati alla stessa stregua dei servizi commerciali. I deputati europei hanno capito che ciò diminuirebbe la capacità dei servizi sociali di offrire servizi di qualità ai propri utilizzatori. A tale proposito, la Commissione europea dovrebbe affrettarsi a pubblicare la Comunicazione prevista per i servizi sociali e sanitari d'interesse generale. Nulla può più giustificare ulteriori ritardi".

Annemarie Muntz, presidente di Eurociett, l'associazione europea che rappresenta gli interessi delle agenzie di lavoro interinale, critica la decisione del Parlamento europeo che ha escluso il lavoro interinale dal campo d'applicazione della Direttiva: "Questa decisione è un'occasione mancata, che non riconosce il contributo delle agenzie di lavoro interinale a un mercato europeo del lavoro efficace. Nell'anno europeo della mobilità dei lavoratori il Parlamento europeo rifiuta di dare al settore del lavoro interinale gli strumenti per eliminare restrizioni inutili e non giustificate. Così facendo, i deputati europei impediscono alle agenzie interinali di contribuire alla creazione di milioni di nuovi posti di lavoro, e questo per ragioni di protezionismo nazionale e di false percezioni della realtà di un settore, quello del lavoro interinale, ben regolamentato".