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3 Giorgio Faccincani GLOSSEMI

Libretto Villa Sor3

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Giorgio Faccincani

GLOSSEMI

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“Casa, una casa, la propria casa. In un certo spazio è bello dormire; in un altro è bello cenare o stare in compagnia. Gli spazi che servono e quelli liberi si combinano e sono disposti verso il giardino o verso la strada in modo da suggerire la propria funzione. Casa indica un luogo adatto per diverse persone; è una condizione fondamentale per l’architettura, perché vi si riflette un modo di vivere.” Louis I. Kahn

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PRINCIPI La radice del progettare prima e del costruire poi sta nell’inseguimento di una immagine: quella della prima casa, della casa, come dice Joseph Rykwert “giusta”, perché, appunto, prima. I significati antropologici, filosofici e simbolici dell’architettura appaiono in piena evidenza nel tema della casa, nella ricerca di una capanna ancestrale, di una forma platonica che solo “Adamo in Paradiso” (Rykwert ancora) forse possedeva. La forma archetipica per eccellenza di casa è quella, peraltro più diffusa in tutte le epoche e in tutte le culture, a base rettangolare con il tetto a due falde – non a caso è anche la casa delle fiabe (che sono sede dell’inconscio personale e collettivo – Vladimir Ja. Propp “Le radici storiche dei racconti di fate”) e la casa dei bambini. Questo tipo di edificio è un’ossessione progettuale, ritorna ogni volta nei disegni di abitazioni: deformata, contorta, reinventata, ma sempre evidentemente presente, anche se, in certi casi, in maniera pre-cognitiva. La casa ha bisogno di mura e di un tetto per proteggere dal clima, di falde inclinate per portare via la pioggia e la neve, di finestre per guardare il mondo e di una soglia per legarla al mondo. Tutto il resto è superfluo, è decorazione è messaggio sociale, dichiarazione di appartenenza e dunque di separazione o di segregazione.

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Il matematico Sherman Stein intorno al 1960 riflettendo sul termine sanscrito (in realtà una sequenza fonetico-mnemotecnica): “yamàtàràjabhànasalagàm” relativo alla teoria sui ritmi musicali dell’antica india (il termine gli era stato fatto conoscere dal musicista e compositore George Perle), con sorpresa si accorse che lo stesso poteva essere interpretato come la sequenza completa delle possibili interazioni triadiche tra 0 e 1, zero per le battute “brevi” e uno per le “lunghe”.

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Si ottiene, in questo modo, la seguente traduzione: Ya Mà Tà Rà Ja Bhà Na Sa La Gàm 0 1 1 1 0 1 0 0 0 1 Una volta stesa la stringa numerica, Stein poté notare che le due ultime cifre erano uguali alle prime due per cui la stringa poteva essere chiusa ad anello; sovrapponendo le ultime due cifre con le prime due, si passa da 10 a 8 cifre. L’immagine circolare che ne risulta è quella mitica e ancestrale del serpente che si mangia la coda (ouroboros) e con questa ricorrono i tanti modelli elaborati con finalità sistematiche e mnemotecniche (vedi Isidoro di Siviglia, Pico della Mirandola, Nicola Cusano, Raimondo Lullo, Giordano Bruno, Athanasius Kirker…).

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“L’uomo primitivo ha fermato il suo carro: decide che quella sarà la sua terra. Sceglie una radura e abbatte gli alberi troppo vicini; spiana il terreno, traccia un sentiero che lo colleghi al fiume oppure ai compagni di tribù, che ha appena lasciato … Questo sentiero è rettilineo quanto glielo consentono i suoi arnesi, le sue mani e il suo tempo. I picchetti della sua tenda descrivono un quadrato, un esagono, un ottagono: la palizzata forma un rettangolo … Non esiste l’uomo primitivo; ci sono soltanto mezzi primitivi. L’idea è costante, virtuale fin dai primordi” Le Corbusier

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NATURAL-MENTE La volontà di imparare qualcosa dalla natura vivente, e dunque di ispirarsi ad essa, si esplica non soltanto attraverso l'adozione di uno stile riferibile in maniera acritica al mondo delle forme degli animali e delle piante, piuttosto che dei cristalli, ma anche, e soprattutto, attraverso uno stile di lavoro, basato sull'osservazione di queste forme e sul modo in cui esse possano essere riutilizzate, mettendone in evidenza, di volta in volta, gli aspetti morfologici, quelli strutturali, quelli comportamentali rispetto al clima e all’ambiente in genere, ecc. Questo atteggiamento evita la realizzazione di strutture e forme rigide, "anaorganiche" per definizione, artificiali nel senso di opposizione al naturale, anche e soprattutto dal punto di vista di esse come elemento germogliatore dell'idea formale. Le forme in cui la natura si manifesta si basano, ai nostri occhi, secondo pochi e tipici modelli fondamentali, come, ad esempio, la spirale, la diramazione da un punto di tre segmenti a 120° (nel piano) o da quattro segmenti a 109°28' (nello spazio), l'esagono e il pentagono (anche stavolta, rispettivamente, nel piano e nello spazio), la sfera, il cono, ecc.

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Questi modelli formali si organizzano secondo regole geometrico-matematiche apparentemente molto semplici: le reti minime, le superfici minime, la serie di Fibonacci, la Sezione Aurea, ecc.; tali regole si intersecano con quelle della fisica: forze centrifughe e gravitazionali, attriti e tensioni superficiali, interazioni tra temperature differenti, e così via. L’architettura ispirata alla morfologia naturale è dunque il risultato di un'azione reciproca che svolgono da un lato le forme in sé e dall'altro le forze che all'interno e all'esterno di esse interagiscono. Tuttavia, oltre a ciò, il mondo naturale rivela anche un'indicazione essenziale per quanto attiene alle valenze estetiche della forma; la natura infatti non ricorre alla bellezza attraverso l'imitazione, ma in un certo senso interviene a monte della valutazione estetica umana, perché ne è la fonte. Armonia ed economia funzionale sono concetti mutuati dalla natura che costituiscono la base dei criteri di bellezza per l'uomo. La sezione aurea, formulazione rinascimentale di un rapporto dimensionale che si riscontra comunemente nelle forme naturali, ha qui la propria radice. È importante comunque riconoscere che la lezione della natura non può essere letta, né solamente come principio meccanico evolutivo (e dunque in modo squisitamente tecnico), né tantomeno dal solo punto di vista matematico-geometrico, secondo una concezione astratta e puramente sintetica del sistema delle regole, né infine può essere compresa imitando sterilmente le sue espressioni formali, emulando la forma della crescita organica attraverso, ad esempio, l'utilizzo di semplici linee curve.

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La geometria è in tutte le cose, la si trova ovunque, è la migliore insegnante della natura. Bisogna avere familiarità con essa, se si vogliono osservare e capire le cose del creato. Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc

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"[…] il fisico proclama ben forte che i fenomeni fisici che incontriamo continuamente hanno forme non meno belle e non meno varie di quelle che ci muovono ad ammirazione nel mondo dei viventi. Le onde del mare, le linee della salsedine sulla battigia, la fugace curva della baia sabbiosa tra i promontori, il profilo dei colli, la forma delle nuvole, sono tanti enigmi di forma, sono tanti problemi di morfologia […] cellula e tessuto, conchiglia e osso, foglia e fiore, sono altrettante porzioni di materia, ed è in obbedienza alle leggi della fisica che le particelle che li compongono sono state assestate, modellate, conformate. Esse non fanno eccezione alla regola che Theòs aèi geometréi (Dio geometrizza sempre).

D'Arcy W. Thompson

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ELEMENTI

La geometria degli elementi così come quella del sensibile è già

oggetto di desiderio. Entrambe abitano nello spazio

immaginario.

Nanni Valentini

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Terra, aria, acqua, fuoco: i quattro elementi di Empedocle con cui sono fatte tutte le cose del mondo, più il quinto: l'etere, il cosmo, l'universo, che tutto connette, che tutto avvolge, il tramite fra gli altri quattro. I materiali utilizzati in architettura provengono tutti da un magma di aria, terra, acqua e fuoco: il mattone, il ferro, il vetro, la calce, il cemento. Attraverso essi la forma si ri-vela al mondo, sottraendosi dallo spazio uni-forme e indistinto. L'architettura non è infatti un processo di addizione (mettere un mattone sull'altro, aggiungere un cubo o un cilindro), ma un'operazione sottrattiva, di estrazione dallo spazio. È il pieno che si libera e si evidenzia a partire dal vuoto. È il quinto elemento che genera gli altri quattro (non è il quinto la somma di essi): terra, aria, acqua e fuoco si ex-traggono dal vacuum continuo per farsi forma discreta ed aprirsi allo sguardo e al tatto. La forma si rende visibile a partire dall'invisibile (Klee) SI estrae dal buio, dall'inconoscibile.

Cerco di capire cosa c'è nell'interspazio tra il visibile e il

tattile.

Questo lavoro è il risultato di una ricerca che ha per oggetto lo

spessore dello sguardo.

Nanni Valentini C'è il rapporto con la terra (generata dal fuoco, mescolata con l'aria e solcata dall'acqua), con la sua capacità generativa: è un rapporto di risonanza.

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Dalla terra si cava e dal materiale estratto, attraverso processi alchemici e di in-formazione, si ri-cava. Si crea dunque un rapporto di concavo ⇔ convesso, di fuori ⇔ dentro, di vuoto ⇔ pieno. L'architettura nasce dalla terra, in essa affonda le sue radici, ad essa sottrae, asporta una parte della sua "carne" e la riplasma: è un atto chirurgico, di chirurgia bio-meccanica; un nuovo arto si aggiunge al corpo - madre - terra, un figlio che nasce da una sua costola: è Eva che genera Adamo. In questo processo l'architettura diviene un corpo fatto di terra (la materia), di acqua, che dalle viscere del mondo scorre e zampilla e ritorna alle caverne sotterranee, di arterie, vene e plasma di fuoco, che ne percorrono e animano la struttura e le danno luce e, infine, di aria, che invade e permea l'architettura - pneuma e la fa respirare e vivere.

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Infatti immagino che per fare un vaso il ceramista usa l'essenza della

terra, l'"argilla"; la foggia conquistando l'"aria"; rubando a

quest'ultima un luogo per una materia fluida l'"acqua" per poi

accettare il complesso di Empedocle il "fuoco" che, come scrive Bachelard, genera un altro

complesso: quello di Prometeo, ossia il voler capire che cosa dà il

senso dell'eternità: il lento trascorrere della vita o l'effimero

sacrificio della fiamma.

Nanni Valentini

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DODECAGOLO

1. Lascia che accada. Bisogna voler crescere. Siamo noi che decidiamo il modo in cui crescere, la direzione da prendere. Fai in modo che gli avvenimenti ti trasformino, lascino una traccia.

2. Dimenticati del bello. Il bello è una qualità non-nota. La ricerca del bello non è necessariamente buona. È una esplorazione di recessi oscuri che possono rivelarsi fruttuosi per la nostra ricerca oppure no. Finché te ne starai attaccato al bello non crescerai veramente.

3. Il percorso è più importante del risultato. Quando è il risultato a guidare il percorso arriviamo sempre e soltanto dove siamo già stati. Se è il percorso a fare da guida al risultato, magari non sappiamo dove stiamo andando, ma ci renderemo conto, alla fine, che volevamo arrivare proprio là.

4. Ama i tuoi esperimenti. Organizza il tuo lavoro in forma di esperimenti, iterazioni, tentativi, prove ed errori interessanti. È un modo per migliorare ed imparare.

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5. Ama i tuoi sbagli. Un progetto sbagliato è solo un progetto giusto in cerca di una domanda diversa. Raccogli i progetti sbagliati e poni domande diverse.

6. Studia. Uno studio è un luogo per studiare. Usa le occasioni di lavoro come scusa per studiare. Tutti ne trarranno beneficio.

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7. Comunque comincia. John Cage diceva che non sapere da dove iniziare è una forma comune di paralisi. Il suo consiglio: cominciare da un punto qualunque.

8. Ama le domande stupide. Valuta la risposta, non la domanda.

9. Ricerca la metafora. Ogni progetto ha la capacità di rappresentare qualcos’altro rispetto a ciò che appare. Lavora su ciò.

10. Ripetiti. Se non ti piace, rifallo. Se ti piace, rifallo.

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11. Copia. Non te ne vergognare. Cerca di imitare quanto più pedissequamente: non ci riuscirai fino in fondo e la differenza sarà veramente interessante.

12. Esplora l’altro lato.

Rompilo, stiralo, curvalo, schiaccialo, spezzalo, piegalo.

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Giorgio Faccincani Nasce a Roverbella (Mn) il 07.09.58, vive in provincia di Varese e lavora a Milano. Studia prima all'I.S.A. di Monza e poi al politecnico di Milano, dove si laurea in Architettura. Svolge la professione dell'architetto dal 1984 e, nel 1996, fonda, con gli attuali soci Matteo Schubert e Marco Muscogiuri, l'Alterstudio. Nel corso della propria attività lavora, anche assieme ai suoi soci, per Editore Scheiwiller, Microsoft, Provincia di Milano, Regione Lombardia, Sotheby's, INA-SIM, WWF, oltre che per numerose amministrazioni comunali. L’Alterstudio ha partecipato inoltre a diversi concorsi nazionali e internazionali, tra i quali si segnalano: • progetto della nuova biblioteca di Milano (BEIC), assieme allo

studio tedesco Bolles & Wilson; progetto vincitore, 2001; • progetto di riqualificazione del centro di Castenaso (Bo); progetto

vincitore, 2001; • progetto di riqualificazione del centro storico di Feltre: quarto

premio, 2002. Nel corso della sua attività ha promosso e partecipato a mostre e attività culturali con enti pubblici ed universitari, tra le quali: � "ISA passato e futuro: creativi in mostra", Serrone della Villa

Reale, Monza (Mi), 1994; � "Esperienze di un laboratorio dei modelli", Centro Culturale

Santa Chiara di Trento, con l'Università degli Studi di Trento, dipartimento di Matematica, nel 1995; nel 1996, portata nell'ambito della Sesta Settimana della Cultura Scientifica e Tecnologica, promossa dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, presso l'Università Bocconi di Milano e la sala mostre del comune di Monza e, nel 2000, portata nell'ambito del Convegno Internazionale NEXUS 2000, sul rapporto tra matematica e architettura, con la Facoltà di Architettura di Ferrara, presso il MusArc, Museo Nazionale dell'Architettura, Casa di Biagio Rossetti a Ferrara;

� "WWW erotismo.it" con Museo Teo, Milano, 1997; � "Un disegno per Amnesty International", Pinacoteca di Villa

Soranzo, Varallo Pombia (No), 1997;

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� "Bambino e design", in occasione del Salone del Mobile di Milano del 1998, per APRICA (Giappone);

� "L'Angelo", pubblicazione per le Edizioni Bacacay e mostra di opere tenutasi allo Spazio Cesare da Sesto, Sesto Calende (Va), 1999;

� "Quartet Quarter", Florence Lynch Gallery, New York, U.S.A., 2000;

� "Il laboratorio dei modelli", Fondazione Bandera per l'arte, Palazzo Bandera, Busto Arsizio (Va), 2001;

� “NEXT - 8. Mostra Internazionale di Architettura”, Biennale di Venezia, Venezia, 2002.

Attualmente insegna "discipline geometriche e architettura" presso il Liceo Artistico di Busto Arsizio e svolge attività in qualità di cultore della materia nel corso di Laboratorio di Comunicazione Visiva per il Design, presso la III Facoltà di Architettura in Bovisa, corso di laurea in design.

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Legenda delle immagini: Pag. 5: “Case” – foto + disegno Pag. 9: “Casa Ouroboros” – idea Pag. 13: "Uovo" – foto Pag. 16: schizzi e disegni di progetto per il ponte di Cassina

de’Pecchi (MI) Pag. 18: schizzo per il progetto del ponte di Cassina de’Pecchi (MI) Pag. 19: foto del modello per il concorso del Museo dello Shi-Ga in

Giappone Pag. 21: schizzo per il concorso del Parco di Centocelle a Roma Pag. 25: schizzo di progetto per la torre dell’acqua di Bagnolo in

Piano (RE) Pag. 28: schizzo di progetto per la torre dell’acqua di Bagnolo in

Piano (RE) Pag. 29: schizzo e disegno di progetto per il concorso di Queens

Plaza a New York (USA) Pag. 32: “Casa toro” – idea Pag. 33: modello di studio Pag. 34: “Casa nastro” – idea Pag. 35: schizzi per il concorso del Museo dello Shi-Ga di Azuma,

in Giappone Pag. 39: schizzi per edificio residenziale e per il concorso per

l’auditorium di Bussero (MI)