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Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Novembre/Dicembre 2014

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LO SGUARDO sui 5 Reali Siti Lo Sguardo sui 5 Reali Siti - Anno XII - n°7 - Novembre/Dicembre 2014

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Puntuale anche quest’anno è giunta la classifica del quotidiano di Confindustria che come ogni anno mette a confronto le 107 province italiane su macro-aree e mette in evidenza l’enorme divario che separa il Mez-zogiorno d’Italia dal resto del Paese, e puntuale giunge la conferma alle difficoltà che il ter-ritorio della provincia di Foggia affronta ormai da molti anni. Abbiamo chiesto alcune rifles-sioni sull’argomento al primo cittadino del comune capoluogo, Franco Landella.

Domanda: Questa classifica della qualità della vita dicembrina, per il nostro territorio, diventa sempre più difficile scalarla.

Risposta: La classifica sulla qualità della vita redatta da “Il Sole 24 Ore” mostra in pieno le difficoltà che Foggia e la Capitanata stanno affrontando in larga parte dei parametri che vengono presi in considerazione dal quo-tidiano economico, a cominciare dall’ordine pubblico, che incide ancora profondamente sull’indice della vivibilità. In via preliminare occorre specificare sempre che la classifica in oggetto riguarda le province e non le città capoluogo. Una precisazione opportuna, per-ché aiuta a contestualizzare in modo più pre-ciso indicatori e risultati, tendenze e criticità. Al risultato finale, dunque, concorrono fattori che interessano l’intero territorio provinciale. Ogni tipo di analisi va quindi formulata al-largando la visuale e riflettendo sulla situa-zione complessiva vissuta dalla nostra Capi-tanata».

«I dati che ci pongono al terzultimo posto nella classifica delle province italiane - com-menta il primo cittadino -, mostrano con gran-de evidenza alcune difficoltà a cominciare dagli indicatori che si riferiscono alla sicurezza e all’ordine pubblico, dove la nostra provincia risulta essere ultima in particolare per reati di natura estorsiva ed al 93° posto per rapine». «Un risultato che purtroppo conferma tutte le preoccupazioni che recentemente abbiamo trasmesso al Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che il 18 dicembre sarà in città e che ha garantito una maggiore attenzione del Governo. Gli stessi risultati inerenti la velocità della giustizia, ad esempio, sono il frutto di una difficoltà di organici e di personale che finisce per incidere chiaramente anche su una “macchina giudiziaria”, quella di Foggia, che solo qualche anno fa è stata giudicata tra le più produttive d’Italia».

D.: Il binomio sviluppo ed occupazione è orfano di una strategia reale?

R.: Come in ogni classifica di questo tipo vanno poi considerati i parametri inerenti gli aspetti economici e di sviluppo. Il nostro ter-ritorio provinciale sconta, come è noto, una situazione economica difficile ed una condi-zione occupazionale di grandissima difficoltà. Da questo punto di vista, gli spunti offerti dalla graduatoria de “Il Sole 24 Ore” meritano una riflessione attenta ed una analisi appro-fondita da parte non soltanto della politica, ma più in generale di tutta la classe dirigente

della provincia di Foggia, cui spetta il compito di invertire la tendenza immaginando strategie di lungo periodo. In quest’ottica è imprescin-dibile una più intensa attività che riguardi l’ammodernamento infrastrutturale del terri-torio, condizione essenziale per attirare in-vestimenti, determinare l’insediamento di nuove imprese e creare così nuova occupa-zione. Occorre cominciare a farlo partendo da alcune partite strategiche, come il pieno funzionamento dell’aeroporto “Gino Lisa”, per le quali è necessario costruire un fronte unitario delle forze sociali, economiche ed istituzionali della Capitanata».

D.: Quale potrebbe essere il ruolo del comune capoluogo?

R.: In questa prospettiva il ruolo e la funzione del comune capoluogo sono senza dubbio fondamentali. L’azione da mettere in campo, tuttavia, non può limitarsi alla città di Foggia. Deve al contrario allargarsi su scala provinciale, nella consapevolezza che solo recuperando una visione di insieme e di sistema sarà possibile affrontare le criticità che l’indagine de “Il Sole 24 Ore” ci ha con-

segnato. Vorrei però che ogni azione di au-tocritica, sia pure doverosa, tenesse conto delle straordinarie potenzialità della Capita-nata, che abbiamo il dovere di valorizzare, di esaltare anche sul piano comunicativo e di “mettere a profitto”, creando le condizioni per un miglioramento diffuso della qualità della vita.

D.: Ad aggravare la situazione c’è la criminalità ramificata sull’intero territorio.

R.: La criminalità condiziona pesantemen-te la provincia di Foggia. Le difficoltà che viviamo devono spingerci ad un nuovo e più intenso impegno e ad una più stretta colla-borazione istituzionale e civica. Solo nella misura in cui saremo in grado di cogliere la portata di questa sfida e della strategicità dello stare insieme su alcuni qualificanti obiet-tivi potremo cambiare rotta. È opportuno, infine, aprire un ragionamento complessivo sulla condizione dell’intera Puglia, che sta-ziona agli ultimi posti della classifica, rispetto alla quale il sistema regionale dovrebbe svi-luppare una riflessione matura rispetto alla direzione intrapresa in questi anni.

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Ogni anno la festa di Halloween è oggetto di numerose critiche da parte di chi proprio non accetta la sua lon-tananza dalle nostre tradizioni cristiane ed europee, di chi la considera puro consumismo o di chi vi vede una sorta di subdolo pretesto per idolatrare Sata-na. Come può una sfilata di piccoli mo-stri, che vanno alla ricerca di dolci e caramelle, trasformarsi in qualcosa di pericoloso e tutt'altro che in-nocente? Secondo molti questa ricorrenza, esorcizzando la paura e l'idea stessa della morte, confonde le menti e fa di-menticare l'importanza della celebrazione dei santi e dei defunti. Holloween conferirebbe al male la possibilità di inse-diarsi tra i fedeli tramite usanze inopportune. Per queste ragioni la Chiesa “scomunica” la festa del 31 ottobre: prima Padre Gabriele Amorth, esorcista italiano, ha affermato che fe-steggiarla vuol dire osannare il diavolo; poi un suo allievo, don Ermes Macchioni, parroco di Sassuolo, ha addirittura ideato Holyween, una festa di risposta in cui non c'è il tra-vestimento da strega, ma quello da santo, niente zucche illu-minate ma solo ceri bianchi, tra le mani l'immagine del santo preferito; infine don Aldo Buonaiuto, esorcista e animatore del servizio anti-sette della Comunità Papa Giovanni XXIII, si dice assai spaventato per l'evento, in quanto macabra occasione per i giovani di compiere atti trasgres-sivi e pericolosi.

In realtà la storia e l'origine di questa ricorrenza hanno poco a che fare con l'occulto. Halloween (All-Hallows-Eve) è la notte prima di Ognissanti ed è ri-conducibile a riti celtici. La Samhain è il nome della festività celtica e signi-

fica “fine dell'estate”. Secondo il calen-dario celtico in uso 2000 anni fa tra i popoli dell’Inghilterra, dell’Irlanda e della Francia settentrionale, l’anno nuovo iniziava il 1° novembre: è in questo gior-no che, secondo la tradizione, avvengono incontri soprannaturali, senza che sia palese la connessione col tema della morte, affermatosi successivamente, so-prattutto in seguito alla sua diffusione

negli Stati Uniti. È una festa pagana, non cristianizzata e non tutti sanno che in Italia diverse regioni hanno usanze che ricordano quelle anglosassoni. La zucca, simbolo tipico da sempre colle-gato alla legenda di Jack O' Lantern (avido fabbro che,dopo un colloquio col diavolo, è costretto a vagare tormen-tato poiché rifiutato sia dal paradiso che dall'inferno) ricorre anche nella tra-dizione italiana. A Serra San Bruno, in Calabria, vive il secolare rito del “Coc-calu di muortu”, ossia del teschio: i bam-

bini dopo aver intagliato e modellato le zucche come se fossero teschi, vanno per il paese tenendo in mano la loro lugubre creazione e rivolgendosi ai pas-santi con la frase: “Mi lu pagati lu coc-calu?” (“me lo pagate il teschio?”). In Sardegna la formula “dolcetto o scher-zetto?” è stata preceduta da “su mortu mortu”: con essa i ragazzini bussano alle porte per chiedere di fare del bene

alle anime dei morti con offerte di doni. E tante altre sono le regioni coinvolte nel r i to: Lombardia, Liguria, Toscana, Lazio. Prendersela con la festa di Halloween e accusarla di satanismo pare assurdo e si-gnifica non conoscere affatto le nostre radici. In Puglia la tradizione della zucca non è preminente anche se a Orsara di Puglia, nella giornata dell'1 novembre si svolge la gara delle zucche decorate chiamate le “cocce priatorje” (le teste del purgatorio). Come in diverse parrocchie italiane,anche ad O r t a N o v a l a P a r r o c c h i a dell’Addolorata organizza, or-mai da dieci anni, una serie di eventi per la festa di Ognissanti a partire proprio dal 31 ottobre: concerti, rappresentazioni tea-trali, intrattenimenti per i più piccoli. Che sia una risposta

all'anglosassone festa di Halloween? O magari è semplicemente un voler tu-telare certe tradizioni radicate da tempo e celebrare in maniera diversa i defunti, non solo con semplici messe? Qualunque sia la risposta, resta il fatto che una com-memorazione religiosa diventa il pretesto per allestire festeggiamenti, calze giganti e campanili in fiamme. Ognissanti è diventato un'altra Halloween, un evento consumistico, come il Natale e la Pa-squa. Forse che lo spirito di Halloween non sia così lontano dal nostro?

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Orta Nova - Il sindaco, la giunta e il taglio delle indennità

Il sindaco Gerardo Tarantino, la Giunta e il Presidente del Consiglio hanno deciso e deliberato il taglio dell’indennità di carica nella misura del 20% dal loro compenso. Il risparmio mensile ammonta a 2 mila euro per un totale nei cinque anni, di circa 120 mila euri che andranno a confluire in un fondo specifico denominato “Inter-venti, sociali, finanziari dalle economie degli amministratori”. Alla iniziativa hanno aderito anche i consiglieri di maggioranza che hanno devoluto i propri gettoni di presenza nei consigli comunali. Riduzione anche per quanto riguarda le missioni e le spese di rappresentanza.

Successo per la Festa di tutti i santiAnche quest’anno la Parrocchia

B.M.V. Addolorata di Orta Nova ha or-ganizzato la Festa di Tutti i Santi, con un tema ben specifico “Preferisco il Paradiso”. Nella tre giorni oltre alle ce-lebrazioni religiose si è svolto un corposo calendario di spettacoli per bambini con la partecipazione del Teatro del Pollaio, degli artisti di strada e di Pier Nicola Dalla Zeta. Non è mancata il tradizionale incen-dio del Campanile con l’apertura della calza gigante.

Gli incontri culturali dell’UnitreCon una larga partecipazione di pub-

blico si è svolto il primo incontro culturale dell’anno accademico 2014/2015 della sede ortese dell’Unitre. Questo primo ap-puntamento è stato dedicato alla presen-tazione del libro di poesie, dediche, raconti e favole “Come le stelle filanti nel caldo cielo d’agosto” di Rocchina Morgese. So-no interventi il presidente dell’Unitre, la prof.ssa Rina Di Giorgio Cavaliere; il dott. Nicola Maffione-Assessore alla Cul-tura di Ortanova, il prof. Franco Bellino, l’evento è stato moderato da Gianfranco Vallario. La manifestazione è stata allietata da Adelina Tarantino, da Franco Panariel-lo, da Rosella Tarateta e da Mimmo Trat-tosa:

Nasce il gruppo Noi meridionale dei 5 Reali Siti

Si è svolta nella sede del Circolo Aldo Moro di Orta Nova la prima riunione del Gruppo Promotore del Comitato “Noi Me-ridionali dei 5 Reali Siti”, un sodalizio aperto all’adesione e alla partecipazione di tutti i cittadini dei Cinque reali Siti,

che vorranno contribuire, come si legge nell’Atto Costitutivo: “a prescindere dal giudizio storico-politico sulla bontà della nascita della nostra nazione, di raccogliere il consenso popolare finalizzato a rimuo-vere i segni di onore riservata a personaggi che si sono macchiati di particolari crim-nini nei confronti della popolazione meridionale”.

Assolto l’ex sindaco di Carapelle, Alfonso Palomba

Assolto l’ex sindaco di Carapelle, ci riferiamo ad una vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto il professor Palomba, a seguito di una denuncia del tutto calun-niosa e falsa presentata nel 2008 dall'ex assessore della prima giunta Nicola Curci. Proprio da questa denuncia era nato un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Foggia, affidato ai due sostituti procuratori Dott.ssa Landi e Dott. Minardi, nel quale era stato ipo-tizzato il reato di voto di scambio, perché secondo l'accusa il professor Palomba pochi giorni prima delle elezioni comunali tenute nell'aprile del 2008 (nelle quali egli fu candidato sindaco ed eletto con una schiacciante maggioranza) avrebbe offerto un non meglio precisato posto di lavoro al suo ex assessore Nicola Curci, il quale proprio in quelle elezioni del 2008 si era candidato nella lista-Sardella, acer-rima avversaria del ex sindaco. La con-clusione è stata con sentenza del 18 giugno scorso il giudice monocratico del tribunale di Foggia Dott. Mezzina ha assolto il pro-fessor Palomba da ogni accusa, con la formula ampiamente liberatoria “perché il fatto non sussiste”.

Orta Nova, arriva l’impianto di videosor-veglianza

Dopo gli ultimi episodi di criminalità perpetrati ai danni di edifici pubblici e privati cittadini, l’Amministrazione comu-nale di Orta Nova ha adottato un impor-tante provvedimento in termini di sicu-

rezza e ripristino della legalità. Infatti con due delibere di Giunta, le numero 72 e 73 del 2 dicembre, sindaco e assessori hanno dato il via alla realizzazione di un impianto di videosorveglianza in via spe-rimentale per un anno (e rinnovabile per altri sei mesi), dotato di almeno venti telecamere di tipo “fisso night and day” nel rispetto dei principi di liceità, necessità, proporzionalità e finalità. “Il sistema di videosorveglianza” si legge nel documen-to, “dovrà prevedere la registrazione, non-ché la visione, delle immagini delle tele-camere mediante collegamento diretto con l’Ufficio di Polizia Locale del Comu-ne, in modo da razionalizzare l’azione della polizia locale a fini cautelativi”. Il progetto è stato programmato con delibera di Giunta n. 76 del 17/04/13 per una spesa complessiva di 49.153 euro, parzialmente modificata dalla corrente disposizione normativa. Il Responsabile della Polizia Municipale nel rispetto delle previsioni normative in materia di affidamento diretto temporaneo e transitorio dei servizi, in-dividuerà un soggetto giuridico che pro-ponga il noleggio di apparecchiature elet-troniche per la rilevazione delle infrazioni alle norme del Codice della Strada e un sistema meccanizzato per la cartolarizza-zione e postalizzazione delle sanzioni per infrazioni, nonchè una Centrale Ope-rativa per videosorveglianza in seno al locale Comando di Polizia Municipale.

Stornarella - Colia delibera lo sfratto del Pd dall’immobile comunale

Polemiche roventi nei confronti dell’amministrazione guidata da Massimo Colia a Stornarella dopo la decisione di recedere dal contratto stipulato con la sezione locale del Partito Democratico per il fitto di un immobile situato a piano terra nella centralissima Corso Umberto I. Il diktat, stabilito con delibera di Giunta n. 102 dello scorso sei novembre, ha sca-tenato l’indignazione del movimento po-litico “Stornarella nel cuore“, sostenuto sin dalla sua nascita dal partito di Renzi:

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“Un Sindaco può fare delle scelte politiche inerenti la destinazione di un immobile per fini ritenuti utili per la collettività” è spiegato in una nota, “ma non è stato ancora indicato per quale utilità servireb-bero i locali. Ci sarebbe comunque da considerare, secondo noi, la valenza so-ciale di una sede che da tanti anni rap-presenta un luogo di incontro, anche per i non iscritti e che ha, difatti, un rilievo sociale non trascurabile nella vita della nostra comunità ed una storia fatta di uo-mini come ad esempio Giuseppe Di Vit-torio e l’attuale Presidente della Repub-blica Giorgio Napolitano, che sono stati ospiti in quei locali. Immediata la replica del primo cittadino: “In quell’immobile sarà stabilita la nuova sede della Polizia Municipale: si eviterebbe, specie alle per-sone più anziane, di fare, come succede oggi, una scala molto ripida che ne rende difficoltoso l’accesso” spiega su facebook Colia, illustrando il perché della data del 31 gennaio per la conclusione dell’ac-cordo. “Il 23 dicembre prossimo, inizierà il concorso per i 4 nuovi agenti di Polizia Municipale, quindi quella data tiene conto della tempistica del concorso e della ne-cessità di adeguare gli spazi al nuovo uso. Nessuno nega il valore storico e so-ciale che quella sede rappresenta e che certamente continuerà a vivere nella me-moria e nei racconti che ognuno di noi ha ascoltato da coloro che quei momenti li hanno vissuti, ma il miglioramento della fruibilità di un ufficio pubblico, a beneficio di una intera comunità, penso non sia

meno importante. Anzi, chi ci ha preceduti non ha considerato che se si fossero spo-stati prima gli uffici dei vigili urbani nei locali del PD, quelli al piano superiore si sarebbero potuti usare per il progetto regionale “Bollenti Spiriti” dando così la possibilità ai nostri bambini della Scuola Primaria, di utilizzare l’ex refettorio a pochi metri, senza costringerli ad uscire, soprattutto nel periodo invernale, per rag-giungere la mensa della Scuola dell’in-fanzia”.

Stornara - Sapori della nostra terra

“Sapori della nostra terra” questo il tema della manifestazione conclusiva del corso di Agronomia dell’Unitre dei 5 Reali Siti, svoltasi nell’agosto scorso a Stornara. All’evento sono intervenuto l’arch. Fer-nando Iagulli, assessore comunale; il vice Presidente dell’Unitre, Annito Di Pietro, il consigliere regionale Sergio Clemente, il dott. Giulio Ciccone e Costantino Ma-strogiacomo. Nel corso della manifesta-zione sono stati consegnati l’attestati di

partecipazione ai produttori di olio. At-traverso questa iniziativa, gli organizzatori hanno voluto incoraggiare gli agricoltori stornaresi a produrre olio extravergine di oliva di qualità migliore.

RingraziamentiIl Presidente dell'Ortese Annito Di

Pietro e la dirigenza ringraziano quanti hanno contribuito alla buona riuscita della “Settimana della Cultura”: L'Ammi-nistrazine Comunale, Michele Campanaro, Filippo Santigliano, Franco Luce. Dome-nico Francone, Saverio Gaeta, Luigi Bat-taglini, Gianfranco Vallario, Alfonso Pa-lomba, Antonio Ventura, Paola Grillo e Pasquale Braschi, Mario Gravina, Mau-rizio Ferrandina, Rossella Tarateta e Mim-mo Trattosa, Don Angelo Festa, Anna Maria Cardillo, Cosimo Tiso e Angela Mastropietro, Michele Carchia e Ermanno Ciccone, Associazione “Voce Nostra”, Maria Bianco, Cartolibreria Beatrice, In-quadro di Nicola Balsamo, Rocchina Mor-gese, Adelina Tarantino, Savino Luce, Attilio Acquistapace, Saverio Pandiscia, Rina Di Giorgio Cavaliere, Assessori Ni-cola Maffione e Antonio Attino.

LuttoÈ venuta a mancare agli affetti dei

suoi cari Ermidia Cirulli moglie del com-pianto amico e collega Vittorio Santopie-tro. L’Editore Annito Di Pietro, il Direttore Michele Campanaro e la redazione tutta si stringono al dolore dei figli.

L’importanza di fare rete, creando collaborazioni sinergiche con il diretto interessamento delle istituzioni locali a tutti i livelli locali, rappresenta uno stru-mento oggi necessario per arginare le difficoltà economiche e ridare nuova linfa al sistema occupazionale in ogni settore merceologico.

Tale aspetto è stato il leitmotiv dell’incontro organizzato ieri pomeriggio sul tema: “Expo 2015, Reali Siti: un mo-do alternativo per far crescere le aziende e il territorio” presso la Sala delle Adu-nanze del Palazzo Gesuitico di Orta No-va, con la partecipazione degli Assessori alle Attività Produttive e alla Cultura Antonio Attino e Nicola Maffione e del Presidente dell’Associazione di Promo-zione Sociale “Briglie sciolte”, Costantino Mastrogiacomo, che ha fortemente voluto realizzare questo punto di convergenza tra

istituzioni e imprenditori.Infatti il seminario è stata l’occasione

per discutere sul ruolo delle realtà eco-nomiche presenti in tutto il territorio dei Reali Siti e sull’imprescindibile necessità di collaborare assieme agli apparati am-ministrativi per promuovere le eccellenze agricole, commerciali e artigianali nel mondo cogliendo l’opportunità offerta da Expo 2015, esposizione universale

che avrà come temi principali proprio l’alimentazione e il rispetto dell’ambiente.Interessanti sono stati tutti gli interventi, compresi quelli di Annito Di Pietro, pre-sidente dell’associazione culturale L’ortese, e degli imprenditori di categoria, soprattutto di Giuseppe Custode e Saverio Ladogana, che hanno chiesto all’Unione dei Comuni di impegnarsi attivamente per dare vita a progetti capaci di mettere in vetrina, in una manifestazione di ca-rattere mondiale quale Expo 2015, coin-volgendo anche le limitrofe realtà socio-economiche di Ascoli Satriano e Castel-luccio dei Sauri.

Dal prossimo consiglio dell’ente so-vracomunale si potrebbero già avere delle prime importanti risposte per prepararsi a Expo 2015 e pianificare gli investimenti e i tavoli di lavoro, magari con la cre-azione di un comitato ad hoc.

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Dopo Tangentopoli (1992), il Mose di Venezia (2014), l’Expo di Milano 2015 (2014), ecco Mafia Capitale sul finire del 2014: sono scenari che non cambiano mai e che si ripetono sempre uguali a se stessi e tali da autorizzare chiunque a ripetere le parole del giovane premier fiorentino: «È uno schifo generale!». Quando scoppiò “Mani pulite” sembrava che si fosse toccato il fondo, ma la cronaca ha dimostrato nel tempo che il “genio italico” riesce a fare sempre meglio (???), come testimonia quello che sta emer-gendo in questi giorni nell’Urbe, dove una ramificata cupola affaristico - mafiosa si è impadronita della città: politica e malaffare, appalti pubblici rubati, mazzette per gli uo-mini giusti, business sulla disperazione degli immigrati, dei rom e dei rifugiati attraverso sedicenti cooperative sociali sono i segnali più eloquenti di un degrado sociale e politico senza precedenti. A Roma - sede del potere istituzionale - infatti, la mafia autoctona, che non ha nulla a che vedere con i grandi clan, va a braccetto con il mondo politico, al punto da poterne condizionare scelte e decisioni, mentre i cittadini aspettano inutil-mente risposte ai loro bisogni, specie in una stagione storica come l’attuale, attraversata dal disagio diffuso e da una crisi economico - finanziaria mai vissuta prima. È il fallimento della politica su tutti i versanti, che spiega le ragioni dell’aventinismo di tanta gente, che ha abbandonato il “pubblico” per chiu-dersi, con “armi e bagagli”, nella dimensione privata, generando così il “partito dei non votanti” che cresce ormai a dismisura nel Paese, elezioni dopo elezioni. Dietro tutta questa corruttela è innegabile che ci sia una sorta di “brodo primordiale” in cui si annidano le cause di tanto obbrobrio, tutte convergenti verso l’idea di un’Italia dalla democrazia debole e non ancora compiuta: le procedure della pubblica amministrazione, infatti, sono farraginose e disordinate; la burocrazia è

sovrabbondante negli uffici, dove si lavora ancora sugli aspetti formali e non certo sui risultati; le leggi e i regolamenti lasciano ampi margini di discrezionalità ai vari fun-zionari, che così hanno campo libero per le loro interpretazioni ad usum delphini. A tutto questo vanno aggiunti il progressivo indebo-limento della coscienza civile (forse dovuto allo storico susseguirsi di dominazioni stra-niere) che porta a percepire lo Stato come qualcosa di estraneo e di antagonista, da poter raggirare a proprio uso e consumo (v. la dif-fusa evasione fiscale); il degrado morale pre-sente nel Belpaese, dove il denaro è conside-rato segno di distinzione, in un società dominata dall’avere e non dall’essere, come direbbe Erich Fromm e dove pure il potere si acquisisce con l’elargizione di cene elettorali e con la disponibilità strumentale degli “amici” e degli “amici degli amici” e non certo con la competenza; i diffusi fenomeni di ego-latria, generati dal convincimento che il pro-prio tornaconto personale sia sempre da an-teporre all’interesse collettivo e al bene co-mune, dimenticando che «la corruzione è l’arma dei mediocri», per dirla con Honoré de Balzac. Mediocri, però, che danneggiano enormemente la vita economica del Paese, perché le varie malefatte, compiute con la complicità colpevole della politica, fanno prevalere appunto i mediocri sui più compe-tenti, che sono così a rischio perpetuo di esclu-sione. Non è possibile, però, dinanzi a scenari siffatti di insufficienza etica e politica ad un tempo, rassegnarsi, anzi occorre riprendere in mano la situazione, sbarazzandosi, senza se e senza ma, della corruzione e delle ingiu-stizie ad essa collegate. Come? Su due versanti ben distinti, ma anche interconnessi. Sul ter-reno della politica, è necessario rivolgere particolare attenzione alla selezione della clas-se dirigente, che può avvenire in maniera corretta, solo se i partiti - oggi ridotti a car-rozzoni insignificanti sul piano del dibattito

interno, al servizio di questo o di quel capo-corrente o “padroncino” di turno - saranno capaci di recuperare la funzione per la quale sono nati (cfr. art.49 della Costituzione), tra-sformandosi, nei fatti e non a parole, in “luoghi” del confronto interno e della dialettica democratica, favorendo così la partecipazione e seminando valori di civismo, innervati nella responsabilità e nel rispetto verso le regole. Solo il protagonismo civico, infatti, può sol-lecitare a gran voce la politica a che si metta seriamente mano alle riforme indispensabili per porre un argine al dilagare dell’attuale malcostume, come pure sta facendo il premier Matteo Renzi: la corruzione, infatti, si può battere riformando la giustizia e rendendola più celere, rivisitando il numero delle leggi e aumentando la loro efficacia, incrementando la trasparenza nella pubblica amministrazione e implementando i controlli sugli appalti pub-blici a qualsiasi livello, per vigilare sull’uso che si fa del denaro pubblico. Tutto questo, però, è indispensabile, ma non ancora suffi-ciente, perché è necessario che cambi qualcosa anche a livello dei cittadini, che non possono girarsi dall’altra parte per non vedere ma che devono trovare un sussulto di orgoglio di appartenenza, dando vita ad una grande rina-scita della coscienza civile, ad una significativa ripresa degli ideali comunitari e ad un’efficace riconquista del valore del bene comune. Solo un nuovo “umanesimo della responsabilità”, per dirla con la Gaudium et spes promulgata da Paolo VI, può farci uscire, infatti, dal tunnel del clima culturale individualistico in cui ci troviamo e far ritrovare la via di una rinnovata coscienza civile. In questa direzione la scuola - oggi tanto bistrattata - può fare molto, per contribuire ad affermare nel Paese i principi della legalità e della condivisione, oltre che a costruire una nuova morale, capace di re-stituire dignità all’intero Paese dinanzi agli occhi dell’Europa e del mondo intero.

* avvocato

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curiosità ed entusiasmo hanno visitate le bancarelle alla ricerca dei primi acquisti natalizi”. Ovviamente non sono mancate

critiche pronta la risposta di Gaeta: “Tutte ben accette purché costruttive e finalizzate a migliorare questa iniziativa, ad esempio ci è stato fatto notare che le vendite sono state pochine, ma la crisi economica s i fa sent ire e cercheremo già dal prossimo anno di incrementare l’offerta dei prodotti”. Soddisfazione per la riuscita della manifestazione è giunta anche dall’Amministrazione Comunale , con numeros i consiglieri a curiosare tra i gazebo durante la due giorni.

Siamo al varo del 4° anno per la nostra Sede con un bilancio positivo sotto ogni aspetto. Insieme alle persone che mi hanno seguito sin dall’istituzione, in primis Annito Di Pietro, e con i collaboratori più validi si è stabilita nel tempo una nuova realtà interpersonale. Nell’Unitre si vive un am-biente impregnato dei valori generazionali con caratteristiche spirituali e operative ben definite, obiettivi chiari e ruoli pensati. È una comunità educante di persone, che collocano al centro la promozione integrale dei giovani, ma curano la maturazione cul-turale e sociale in altre età.

Una serata da ricordare quella del 10 dicembre u.s., presso la sala convegni del Palazzo ex Gesuitico in Orta Nova, mode-rata da Gianfranco Vallario. Dopo i saluti dell’assessore alla cultura Nicola Maffione, la presidente dell’Unitre Rina Di Giorgio Cavaliere ha informato i presenti del con-creto avvio dell’anno accademico nei cinque paesi. Orta Nova, in particolare, ha ampliato la scelta culturale con tre nuovi corsi: “Psicanalisi” con Nadia Trecca, “Ambiente e Protezione civile” con gli Pasquale Ta-rateta, Carlo Roggia e Maria Rosaria Attini e “Pasticceria” con il maestro Michele An-nese. Al riguardo le iscrizioni sono tuttora in corso. È doveroso ricordare il direttore dei corsi Antonio De Carolis, che ha voluto iniziassero gli incontri culturali dell’anno accademico 2014-15 con la presentazione

del libro di poesie “Come le stelle filanti nel caldo cielo d’agosto” di Rocchina Mor-gese, sua gentile consorte alla 19ª pubbli-cazione. La cerimonia si è arricchita della presenza di Franco Bellino, docente presso l’Università degli Studi di Bari, che ha presentato l’autrice: «Per tanti anni è stata un’esemplare maestra elementare, alla scuo-la ha dedicato tutta la sua vita, non solo quella professionale, in una perfetta e totale continuità tra il lavoro e la propria identità umana». Si è soffermato, poi, ampiamente sulla poetica di Rocchina Morgese, di cui ha detto: «Colpisce la serenità della sua scrittura, che s’incanta di fronte al miracolo della vita, sa cogliere l’infinito del Tavo-liere, canta la poesia dei fiori, la gagliardia delle rose, l’umiltà della margherita, la purezza dei fiori di campo, l’oro delle spi-ghe, il sangue dei papaveri, la carezza dolce e amorevole di Dio su ogni creatura, il dolore dei bambini italiani in Libia costretti a lasciare le proprie famiglie». Il convegno, reso piacevole dalle declamazioni di Franco Pannariello e dai brani cantati da Rossella Tarateta, entrambi accompagnati dal pia-nista Mimmo Trattosa, è stato valorizzato dalla eccellente recitazione di Adelina Ta-rantino, che ha declamato alcune sue poesie in dialetto ortese. Gli studiosi affermano che non dovremmo dimenticare il bimbo che vive in noi e che ciascuno di noi è stato; dovremmo ascoltarlo per mantenere

l’entusiasmo, la fantasia, la creatività e la meraviglia. Ebbene in quella serata la mente è stata rapita da emozioni e sentimenti, tanto da far affiorare l’anima di quel fanciullo!

Discreto successo, in termini di ade-sioni degli espositori e di partecipazione dei cittadini, per la prima edizione dei Mercatini natalizi, organizzati dalla Pro Loco di Orta Nova in collaborazione con la Fe-derazione Imprese Agricole Coltivatori Allevatori (FIA-CA).

Trenta gli stand allestiti in Largo Gesuitico nel fine settimana, dedicati a imprese artigiane, di oggettistica ed eno-gastronomiche prove-nienti anche dal nord Barese, n o n c h é a r e a l t à l o c a l i dell’associazionismo. “Come primo anno, ci riteniamo soddisfatti”, sottolinea Carlo Gaeta, presidente della Pro

Loco, “Ci sono giunti complimenti dagli operatori commerciali e dal pubblico in-tervenuto, quasi mille persone che con

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Torna anche quest’anno il consueto appuntamento natalizio con il Presepe Vivente di Deliceto, giunto ormai alla XXVIII edizione. Organizzato dalla As-sociazione Turistica Pro Loco, in colla-borazione con il Comune di Deliceto, Ekoclub International, Laboratorio Ora-folk, Gruppo Skaria e Protezione Civile e si svolgerà il 26 dicembre 2014 e il 6 gennaio 2015.

Tanti i riconoscimenti che il Presepe ha ot tenuto nel corso degl i anni , dall’ormai storica Prima Edizione del 1987 voluta da Padre Fratesco Pennetta, primo fra tutti, l’afflusso di visitatori sempre maggiore che di anno in anno giungono da ogni parte della Capitanata, e anche da più lontano, per immergersi nel clima natalizio del Presepe Vivente di Deliceto.

Tanti i riconoscimenti, ma tanti anche le variazioni alla sceneggiatura, perché il Presepe offre ogni anno ai suoi visitatori scene e allestimenti sempre nuovi, pur mantenendo la sua ambientazione tradi-zionale.

L’ambientazione del Presepe Vivente di Deliceto, infatti, è da sempre di origine settecentesca e omaggia la figura del gran-de S. Alfonso de’ Liguori che visse nella seconda metà del ‘700 nel Convento della Cosolazione, luogo che lo ispirò per la composizione di alcune tra le più celebre nenia natalizia: “Tu scendi dalle stelle”

e “Quanno nascette Ninno”. La figura del Santo è centrale nella

realizzazione del Presepe, che rievoca, con i suoi allestimenti, momenti e figure della vita popolare dell’epoca e termina con grande sfarzo nella sontuosa scena nobiliare ambientata della corte del mar-chese Mattia Miroballo d’Aragona.

Da alcuni anni, infatti, il Presepe di Deliceto viene allestito nel centro storico del paese, con un percorso che parte da Porta Scarano, uno degli antichi ingressi della cittadella, e si snoda tra le nel centro

storico, dando al visitatore la sensazione di vivere in un autentico presepe di “cartapesta a misura d’uomo”.

Tante le scene allestite e animate dai figuranti, intervallate da gustosi assaggi gastronomici della cucina tradizionale locale.

Punto focale del Presepe è la scena della Natività, per cui ogni anno viene selezionata una coppia di neogenitori che partecipano con il proprio bambino, in una cornice di angioletti e zampognari.Il Presepe apre il 26 dicembre, con Gesù Bambino appena nato, e termina il 6 gen-naio, con l’arrivo dei Re Magi a cavallo seguiti da un’imponente sfilata di figu-ranti per le strade del paese, fino alla grotta della Natività, dove il popolo rende omaggio alla nascita del Salvatore.

Da 5 anni, il Presepe Vivente di De-liceto è gemellato con il Presepe Vivente di Rignano Garganico, unendo la propria tradizione a quella di ispirazione garga-nica, con scambio di quadri di figuranti tra i due paesi; inoltre quest’anno, per la prima volta, si aggiunge il gemellaggio con il Presepe Vivente di Canosa di Pu-glia.

L’edizione 2014 si arricchisce di un “cadeau”: nella stessa giornata del 26 dicembre si potrà visitare, in alcune sale del Castello, la mostra di pittura di Zahi Issa e Lucia Torelli, celebri artisti del mondo dell’arte pugliese e non solo. La mostra rimarrà aperta dal 26 al 28 dicem-bre.

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Savino Russo ha concluso la sua esistenza terrena. Con lui se ne va un amico, un fratello, un pezzo di cuore e di anima di una città alla quale Savino ha dato tanto e dalla quale non ha ricevuto quanto avrebbe merita-to.Voglio ricordarlo con le sue parole. Stra-ordinariamente e profondamente intessute di due virtù di cui Savino è stato sempre un alfiere tenace e un testimone consapevole: la lealtà e la coerenza. Savino le ha pronun-ciate qualche mese fa, con la voce talvolta incrinata dall’emozione: tornavamo a incon-trarci noi, “i ragazzi di don Tonino Intiso”, protagonisti quarant'anni prima di una grande stagione di rinnovamento ecclesiale. Toccò a Savino aprire i lavori e lo fece con un in-tervento breve, ricco di passione e di realismo, ma non di rimpianto. Quelli che sono rimasti ai margini sono quelli che hanno scelto di restare coerenti con se stessi. Fedelmente fessi, come dice Savino. Ma sta in questo la loro grandezza.

Savino RussoCi ritroviamo dopo tanti anni che ci hanno

plasmati, trasformati, consumati.Abbiamo preso strade diverse da quelle

che avevamo progettato.Nei momenti più difficili ho sentito forte

il rincrescimento che un’intera generazione sia rimasta ai margini. Fedelmente fessi, come don Tonino. Ci siamo persi a livello ecclesiale. Ma è rimasto saldo il legame con Tonino.

Se devo trarre un bilancio, dico che il

solo punto fermo è che sono stato non dico un buon cristiano, ma almeno una persona perbene.

La risposta di don ToninoDopo tanto tempo siamo ancora qua. Ed

è da questo che dobbiamo partire, rendendone grazie a Dio. La sfida oggi è pressante come quella di quarant’anni fa: viviamo un momento di crescente disuma-nizzazione, c’è da riedu-care l’uomo. Quarant’anni fa ci abbiamo pro-vato, e siamo arrivati ad oggi. Siamo ancora qua, e siamo storia. Abbiamo avuto più degli altri, e perciò non possiamo stare fermi.

Dobbiamo aiutare la città a ritrovare la verità di sé con la proposta, lo studio. Vivere alla luce della fede il terrore che tua moglie ti ha lasciato, che tuo figlio non trova lavoro. Se mi fermassi, tradirei me e tradirei voi. I cristiani stanziali sono morti viventi. Come quarant’anni fa, dobbiamo chiederci: cosa vuole Dio da me? Cosa vuole Dio da noi?

Caro Savino, adesso sai cosa voleva Dio da te. E credo che le vostre strade si siano incrociate per sempre. Quanto a noi cerche-remo di restare ancora fedelmente fessi. Per sempre. Hasta siempre, Savino.

È andato via Mario Leonardo Di Paolo in modo così repentino che stento ancora a credere che non ci sia più! Soltanto alcune settimane prima, infatti, passeggiando per le vie del paese con l’amico Agostino D’Avanzo, eravamo insieme a discutere di musica, di politica nazionale e ad immagi-nare un futuro possibile per la comunità di Carapelle, alla quale era profondamente legato, al punto da essere depositario pri-vilegiato di tante vicende umane, civili ed amministrative del piccolo centro, nel quale, in fondo, ha consumato tutta la sua intensa traiettoria esistenziale, sociale e politica ad un tempo. Sono sicuro che i soliti “gufi brontoloni” - gli avversari di sempre e i finti innovatori che affollano l’attuale sce-nario dei partiti locali - troveranno, anche in questa circostanza luttuosa, il modo per dissentire dai miei pensieri di affetto alla memoria, ritenendoli intrisi di retorica e di luoghi comuni, ma ho anche per certo che alle persone dabbene non potranno in alcun modo sfuggire la grande capacità di relazione di Leonardo Di Paolo e la sua profonda passione per la politica, tali da consentirgli di essere da moltissimi concit-tadini apprezzato senza se e senza ma, come prova il largo concorso di gente presente ai suoi funerali che ha testimoniato in modo eloquente, per dirla foscolianamente, che

Nardino ha lasciato una enorme «eredità d’affetti» non solo tra i suoi figli e parenti, ma anche tra le persone che hanno avuto modo di incontrarlo lungo il loro percorso di vita. Straordinario uomo del dialogo ed indiscusso “protagonista” della politica lo-cale - da lui vissuta come impegno totaliz-zante sia quando ha ricoperto importanti ruoli istituzionali (prima consigliere di lungo corso, poi vicesindaco ed infine sindaco dal 1990 al 1995) sia da semplice cittadino sempre attivo, comunque, sul versante della partecipazione alla vita collettiva, concepita come obbligo civile di ogni cittadino - ha lasciato, in tutto ciò che ha fatto (compreso quando ha rivestito i panni di presidente di cooperative), il segno della sua “presenza” fino a quel funesto 25 ottobre 2014, quando un male subdolo ed improvviso lo ha sot-tratto alla sua famiglia e a tutti noi. Così, con la simplicitas di sempre, all’età di soli 69 anni, ha voluto andarsene in silenzio, insalutato hospite, lasciando attoniti quanti lo hanno conosciuto, ancora increduli, ad un mese di distanza dall’evento, che il suo nome sia oggi scritto su una fredda lastra di marmo. Nonostante il turbamento che provo dentro di me nel momento in cui scrivo, credo di poter dire - grazie alla fre-quentazione ultratrentennale avuta con lui sia sul piano politico sia su quello amicale

- che il suo attaccamento al “natio loco” e la sua passione per la vita civile siano il lascito più significativo che Nardino abbia donato ai suoi figli e alla comunità intera: l’uno e l’altra, poi, confluiti nell’altro grande interesse della sua vita, quello per la musica, alla quale si era dedicato in modo particolare nell’ultimo periodo della sua vita, recupe-rando un suo vecchio “amore”, quasi a le-nimento delle amarezze e delusioni ricevute dal suo partito.

Ne sono testimonianza eloquente i testi delle sue canzoni diffuse su facebook dall’amico di sempre Agostino D’Avanzo, che aiutano a comprendere quale sia il senso del doloroso sentimento di “orfanità” diffuso tra i suoi amici e, in modo particolare, tra i suoi giovani figli, ai quali (Lino, Davide, Angela, Giustina) mi rivolgo, infine, para-frasando le parole del vescovo di Ippona: Cantate e camminate, perché la strada è lunga e non tutta in discesa, ma vi assicuro che la percorrerete nel ricordo di un padre pre-muroso, che purtroppo ha potuto accompa-gnarvi solo per un tratto della vostra vita.

Addio per sempre, Nardino.

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Lavorava i suoi fondi ma anche per conto terzi e metteva da parte, come la formica saggia della favola di Esopo, ogni lira risparmiata per acquistare altri appez-zamenti di terreno, quando se ne presentava l’occasione.

Comprò anche un vano al piano terra, abbastanza ampio, per farne una cantina, con tanto di torchio “da 6 giornate”, che richiedeva cioè la forza congiunta di 6 ope-rai (cunzaiul) per pressare l’uva pigiata ed estrarne il mosto e capaci botti di rovere. Allo scoppio della guerra d’Etiopia,Vituccio poteva definirsi un agricoltore agiato. Pos-sedeva quattro versure di vigneto, tutti in-nestati con vitigni pregiati di uve da tavola, che venivano vendute a commercianti di Foggia e di uve da vino, che veniva espor-tato, per ferrovia, sui mercati del Nord Italia. Aveva poi due versure di uliveto, il cui olio veniva acquistato dai proprietari degli alberghi di Fiuggi, che egli aveva contattato recandosi una volta per un trat-tamento termale. Insomma egli si dimostra-va bravo non solo come imprenditore agri-colo, ma anche come commerciante.

Quando la richiesta superava la produ-zione dei suoi fondi, egli acquistava i pro-dotti di altri coltivatori per rivenderli ai suoi abituali acquirenti, raggranellando così un non trascurabile reddito aggiuntivo.

Quando Teresina si era sposata egli le aveva donato, oltre a un ricchissimo cor-redo, tre versure di terreno seminativo, una pariglia di cavalli e tutti gli attrezzi agricoli connessi. L’aspirante cognato era un bravo giovane che aveva di suo una versura di vigneto e una casa dove abitare e la sua donazione gli era parsa un com-pletamento necessario perché sua sorella potesse vivere decorosamente. La cerea-licoltura non lo interessava più, ormai, ed egli concentrava i suoi sforzi sulla viticol-tura e sull’olivicoltura. Il fratello Giovanni lavorava con lui, erano soci a metà, ma si erano divisi i compiti: Giovanni si oc-cupava della conduzione agricola (anche se l’ultima parola toccava sempre a Vituc-cio) mentre egli curava la parte commer-ciale. Nel febbraio del 1935 Giovanni si era sposato con una giovane maestra fog-giana e a ottobre dello stesso anno, allo scoppio della guerra d’Etiopia, era stato chiamato alle armi. Per permettergli di ri-manere accanto alla giovane moglie incinta, Vituccio aveva chiesto e ottenuto di partire al suo posto ed era stato accontentato. Quando aveva visto costruire villaggi con case in muratura, strade, fognature , là dove in precedenza c’erano sentieri fangosi e capanne di fango e paglia, Vituccio aveva espresso il suo disappunto ad un suo com-militone: “Non sarebbe meglio se i fiumi

di danaro spesi in Abissinia fossero spesi nella Puglia e nel resto dell’Italia Meridio-nale per completare la Bonifica integrale lasciata a metà e che avrebbe potuto cam-biare radicalmente e in meglio il destino dei braccianti pugliesi in particolare?”.

“Non ci sono soldi sufficienti per fare entrambe le cose” - aveva risposto l’altro, fascista convinto ed entusiasta sostenitore dell’impresa etiopica - “quando questa terra sarà italiana, darà tanti frutti che potremo finire la bonifica e così avremo l’Impero

che si era guadagnato la Medaglia d’Argento al Valor Militare per aver resistito col suo battaglione all’urto delle truppe russe tanto a lungo da permettere a un’intera Divisione del nostro esercito di sfuggire all’accer-chiamento. Giovanni era con lui, ma era rimasto, ferito a morte, ad agonizzare sulla pianura ghiacciata, gli occhi fissi a quel cielo incredibilmente terso, fino a quando la vita non era uscita dal suo corpo insieme al sangue che imporporava lo spesso manto di ghiaccio sul quale era disteso. Giovanni lasciò una moglie giovane e un bambino di 6 anni, Enrico, e Vito giurò che avrebbe vegliato su quel bambino come fosse suo figlio e su quella giovane donna rimasta sola ancor giovane e che avrebbe portato il lutto fino al termine della sua vita. Man-tenne anche quella promessa, rinunziando definitivamente a farsi una famiglia tutta sua. Sarebbe vissuto nella sua casa fino alla sua morte, amorevolmente assistito da Tanina, diminutivo di Gaetana, una giovane zoppa e per questo fatto destinata a rimanere zitella che però, a dispetto della disabilità, era molto attiva, una donna di casa instan-cabile e pulitissima e una cuoca insupera-bile. In paese, nei primi tempi, qualcuno aveva mormorato che i rapporti fra Vituccio e la sua domestica andassero oltre quelli di lavoro, ma la loro condotta, fuori dalle mura domestiche era sempre inappuntabile. Tanina, quando parlava di lui in pubblico e in privato, lo chiamava sempre “Don Vito”. Da vecchi sarebbero usciti insieme per andare a Messa ed egli si appoggiava con un braccio a lei e con l’altro a un ba-stone, ma oltre a un indubbio affetto pal-pabile nei gesti e nelle parole, nessuno avrebbe scorto dell’altro e tutti li avrebbero salutati con grande rispetto. Don Vito, ac-compagnato da Tanina, per tacitare le ma-lelingue, andava a casa della cognata ogni giorno, nel tardo pomeriggio o la sera, quan-do aveva sbrigato tutte le sue faccende, per giocare un poco col piccolo, per farsi fare il resoconto della giornata. Talora si fermavano a cena, lui e Tanina, per non lasciare soli la cognata e il nipotino in quelle che sono le ore più malinconiche del giorno, quelle in cui essi avrebbero potuto sentire ancor più forte il peso della mancanza di Giovanni. Tutte le domeniche e le feste comandate la cognata e il nipote erano ospiti suoi e Tanina si superava nel preparare suc-cosi manicaretti e dolci che piacevano tanto al piccolo Enrico, che cresceva sano e se-reno, certo della vicinanza e dell’affetto dello zio. Vito, dal canto suo lo considerava più che un figlio e, man mano che il ragazzo cresceva lo portava con sé dappertutto, quan-do poteva. Volle che Enrico frequentasse il Ginnasio e poi il Liceo e che si laureasse. La decisione di iscriversi alla Facoltà di Agra-ria sarebbe stata presa poi da Enrico in piena autonomia, sia pure inconsciamente spinto dall’affetto verso lo zio e dalle reali poten-zialità di un’azienda che gli prospettava con-creti vantaggi economici.

(continua 2)

e la bonifica!”. A guerra finita e persa, nel 1945, Vituccio avrebbe visto che non avremmo avuto né l’uno né l’altra.

Era tornato in Italia nella primavera del 1937 e aveva potuto constatare che, durante la sua assenza, Giovanni aveva mandato avanti l’azienda in modo accorto e remunerativo.

Nell’Aprile del 1941 erano stati entram-bi chiamati alle armi, ma alla fine, “per ragioni di economia bellica” (così era scritto nel foglio di congedo) Vituccio era tornato a casa, per produrre per l’Esercito Italiano, e Giovanni era stato inviato sul fronte russo. Dopo le avanzate travolgenti del 1941-42, nel gennaio del 1943,mentre l’armata te-desca del Von Paulus era chiusa nella morsa di Stalingrado, l’esercito italiano iniziava la disastrosa ritirata, nel corso della quale oltre 60.000 soldati in grigio-verde mori-rono per assideramento nelle sconfinate distese ghiacciate della steppa russa. Po-chissimi, fra i tanti spediti sul fronte russo, furono gli ortesi che rientrarono in Italia e, fra essi, il Col. Filippo Acquistapace,

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Il corso del “Laboratorio teatrale di re-citazione e dizione” diretto da Tonio Sereno e tenuto dalla compagnia dell’associazione ScenAperta nei mesi di giugno e settembre scorsi al Teatro San Pietro di Foggia, è stato propedeutico per affrontare il tema del Fem-minicidio e della violenza sulle donne. Par-tendo dallo studio dei testi più noti sul tema e dalla continua consultazione di libri, quo-tidiani, riviste e siti internet, ScenAperta ben presto ha trovato ancora una volta nel “teatro di narrazione” la possibilità di affrontare in chiave moderna un argomento così delicato e drammaticamente attuale. Particolarmente intenso il lavoro svolto da Pina Sfortunio che ha realizzato i testi delle performance che compongono lo studio teatrale che ha debuttato nei giorni scorsi al Conart Teatro di Foggia in occasione della Giornata Inter-nazionale contro la violenza sulle donne. Lo studio teatrale prende il titolo dal numero telefonico di pubblica utilità 1522 attivato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, per favorire l'emersione e il contrasto del

fenomeno della violenza intra ed extra fami-liare a danno delle donne. Le performance, con la certosina regia di Tonio Sereno, “La sindrome di Otello”, “Scarpette rosse”, “Violate”, “Non chiamatelo amore”, sono state ben interpretate da Pina Sfortunio, Luigi Schiavone, Elisa Russo, Oriana Casiello, Rita De Gregorio, Gabriella Spina, Cinzia Spinelli, Valeria Pesce, Maria Grazia Spinelli, Mimmo Metta, Marina Lanzillo, Paola Pizzolla e Maria Assunta Imperio. Foto di scena Viki DerS e Arturo D'Errico. Il progetto teatrale include anche le performance: “La stanza rosa”, “Epistolario”, “Braccio VII”, “Barbablù”, che verranno presentate successivamente nel corso delle repliche nelle prossime repliche.

Riportiamo alcune riflessioni di Pina Sfor-tunio, attrice ed autrice dei testi dello spet-tacolo: “Il 25 novembre non è una data... Non è un giorno sul calendario... Il 25 no-vembre è il cuore di ogni donna uccisa che torna a pulsare e a chiedere giustizia.....È l'anima di ogni donna violata che trasforma le sue lacrime di dolore in un grido di protesta.

Tutti i giorni è il 25 novembre. Dall'America del sud, dove un'artista messicana le ha elevate a simbolo di questo giorno, le “scarpette rosse” arrivano anche sulla nostra scena a rappresentare le donne e la traccia della vio-lenza subita.

Donne assenti perché cancellate da quella violenza. Donne di cui rimangono solo le scarpe. Le donne si raccontano con parole forti e faticose perché colorate dal dolore e dalla rabbia. La violenza non può essere narrata con pacatezza e lievità. Le donne violate non parlano... Gridano. Mariti, amanti, fidanzati, padri... Un corteo di uomini piccoli che cercano grandezza in un pugno, in un coltello, nel sesso... Uomini indegni di essere definiti uo-mini. Donne che ancora oggi, come nel passato, pagano con il sangue la loro femminilità. Don-ne piccole come stelle... Ma luminose nel buio di tante atrocità. Il 25 novembre non è una data... Non è un giorno sul calendario... Tutti i giorni è il 25 novembre”.

Carissimi lettori,l’argomento su cui voglio porre l’attenzione in questo numero è di grande interesse, poiché le sue problematiche sono quotidianamente affrontate da una moltitudine di utenti della strada: Il risarcimento danni da sinistro stradale.

A partire dal 01.02.2007 è entrata in vi-gore la disciplina del Risarcimento Diretto. Essa consente, in caso di sinistro stradale, di rivolgere la richiesta di risarcimento dei danni direttamente alla propria Compagnia di Assicurazione, anziché alla Compagnia dell'altro veicolo.

Questo sia in caso di totale ragione che di parziale ragione. Attenzione però! Il risar-cimento diretto si applica solo quando ricor-rono le seguenti condizioni:* deve trattarsi di incidente tra due veicoli

a motore* entrambi i veicoli devono essere identificati* entrambi i veicoli devono essere regolar-

mente assicurati* entrambi i veicoli devono essere stati im-

matricolati in Italia o nella Repubblica di San Marino o nello Stato del Vaticano (ov-vero devono avere una targa italiana);

* i conducenti devono avere sottoscritto una polizza RCA con una delle assicurazioni autorizzate a praticare in Italia o con una compagnia straniera che abbia aderito alla procedura di risarcimento diretto

* se uno dei due veicoli (o entrambi) è un ci-clomotore, deve essere targato secondo il

nuovo regime di targatura entrato in vigore il 14 luglio 2006. La nuova procedura di risarcimento diretto si applica quindi a tutti i ciclomotori immessi in circolazione dal 14 luglio 2006, mentre a quelli già in cir-colazione a questa data essa si applica sol-tanto se abbiano volontariamente aderito al nuovo regime.

Quindi, nel caso in cui non ricorra una delle predette condizioni si applica la disci-plina relativa al Risarcimento Ordinario e, cioè, la richiesta danni dovrà essere inoltrata alla compagnia di assicurazione del veicolo responsabile. Ma cosa succede se il veicolo responsabile del danno è privo di copertura assicurativa o non viene identificato perché si dilegua? In tal caso interviene il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada

Il fondo di garanzia per le vittime della strada è un fondo istituito già con la L. n. 990 del 1969 (oggi abrogata per effetto dell’entrata in vigore del Codice delle Assi-curazioni private) o oggi disciplinato dagli articoli 283 e seguenti del D.Lgs. n. 209 del 2005 e ha il compito di garantire il giusto risarcimento ai danneggiati in caso di sinistro che coinvolge un mezzo non assicurato oppure un mezzo che non viene identificato. Si pensi, ad esempio, all'ipotesi in cui il conducente, dopo l'incidente, riesca a darsi alla fuga senza consentire al danneggiato di annotarsi gli estremi della targa.

Il Fondo di Garanzia opera sul territorio

nazionale attraverso delle Compagnie assi-curatrici (c.d. designate) che cambiano a se-conda della regione nella quale è avvenuto il sinistro.

Dopo avere il liquidato il danno, il Fondo procede a recuperare quanto pagato diretta-mente dal danneggiante (sempre che questi venga identificato). Il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada interviene, in parti-colare, nelle ipotesi in cui l’incidente sia stato causato da un veicolo:1.non identificato: in questo caso vengono

risarciti solo i danni alla persona. Se il danno alla persona è grave il Fondo risarcirà anche i danni alle cose;

2.non assicurato: in questo caso vengono risarciti sia i danni alle cose che i danni alla persona;

3.assicurato presso una Compagnia che al momento del sinistro si trova in uno stato di liquidazione coatta (o che successiva-mente venga a trovarsi in questa condizio-ne): in questo caso vengono risarciti sia i danni alle cose che i danni alla persona;

4.messo in circolazione contro la volontà del proprietario: in questo caso vengono risarciti i danni alla persona e alle cose subiti dai terzi trasportati o dalle persone trasportate contro la loro volontà oppure dalle persone che sono inconsapevoli della circolazione illegale del mezzo.

In ogni caso si consiglia all'assicurato coinvolto in un incidente a presentare denun-cia al proprio assicuratore R.C. Auto e potrà utilizzare il modulo C.A.I. (Constatazione Amichevole di Incidente - Modulo Blu).

Per maggiori informazione e per una con-sulenza gratuita potete contattare la redazione o mandare una mail al seguente indirizzo: [email protected].

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Michele CampanaroLa cucina di Capitanata

Progedit - pp. 162 - ¤ 18,00

Vi piace mangiare? Vi piace riscoprire le antiche ricette della cucina di Capitanata? Allora vi intrigherà “La cucina di Capitanata” di Michele Campanaro per Progedit (pp. 162 - ¤ 18,00). Con linguaggio limpido e veloce, in quattordici capitoli l’autore descrive in maniera minuziosa l’antropologia culinaria dell’antica Capitanata: da i sopatavole, alle minestre, ai primi, ai secondi, ai contorni, ai formaggi, al miele, ai dolci, alle ricette del maiale, ai vini, all’olio, ai liquori della nonna. Poi uno spaccato sulla storia e sui colori della cucina (farina, pomodoro e olio). Sì, la Capitanata dai colori del sole. La Ca-pitanata è l'attimo che fugge, l'allegria, il prodigio dell'incanto, un sorriso, una canzone, una festa. La Capitanata è una realtà quoti-diana che vive nelle radici di un popolo antico che dal sole, dalla terra, dal mare ha fatto la sua storia. Sono le stesse radici - lo stesso sole, la stessa terra e lo stesso mare - con cui da anni le massaie della Capitanata im-bandiscono le loro tavole, in un tripudio di colori e sapori, che vanno dalla terra al mare. Ovunque si vada in provincia di Foggia una cosa è certa: a tavola si trovano piatti gusto-

sissimi, ingredienti genuini e sorprese squisite. Questo ricettario è un invito a mettere la Capitanata a tavola: e ogni giorno ne avrà la fantasia i sapori e i colori della terra Dauna. Siamo nella provincia che vanta almeno quat-tro primati: in Capitanata si produce la mas-sima parte del grano, del vino, dell'olio e del pomodoro italiani, un enorme riserva produttiva di quattro capisaldi della nostra cucina spiccatamente mediterranea. Una gran-de vocazione agricola che nel piatto vuol dire genuinità, qualità, sapori schietti e robusti. E poi verdure, frutta, pesce, ortaggi... insom-ma un vero “bendidio”.

Enrico NovelloAndrea Sacco suona e canta

Aramirè Lecce.Doppio CD audio allegato con brani

dell'intervista e con i sonetti di Andrea Sacco.

Andrea Sacco è nato nel 1911 a Carpino (Foggia), dove ha vissuto la sua vita, con l'eccezione della lunga parentesi della II guer-ra mondiale. Contadino, cantore e suonatore di talento assoluto, ha lasciato tracce molto influenti nella musica popolare. Decine sono le versioni della sua montanara più famosa, Accome j'eia fa' p'ama' sta donne, conosciuta impropriamente come Tarantella del Gargano. E' stato il leader di tre diversi gruppi musicali di cantatori di Carpino che si sono succeduti nei decenni, suonando in tutto il territorio italiano i repertori di sonetti e tarantelle del suo paese. Andrea Sacco ci ha lasciati il 16 Marzo del 2006, “Chi canta e sona non muore mai...”.

Il libro, oltre che presentare un ritratto del musicista, esamina il sistema di valori e esperienze umane che hanno segnato la vita di Andrea Sacco, e, in una piccola ope-razione di storia orale, fa emergere lo spaccato di un mondo orale e contadino che sta scom-parendo e dal quale tutti noi in qualche misura proveniamo. Seguono poi le narrazioni dell'incontro e dell'esperienza dell'imparare, ed una lunga intervista ad Andrea Sacco.

Mimmo Attademo:solo il cardo è un fiore

Nel mese scorso è stato presentato, presso l’Accademia Pugliese delle Scienze di Villa Larocca a Bari, il progetto culturale nato dalla convenzione stipulata tra l’Accademia

Pugliese delle Scienze / Università degli Studi di Bari e l’Accademia di Belle Arti di Bari. Il progetto di collaborazione scientifica pre-suppone attività di formazione e di produzione didattica nonché di valorizzazione e divulga-zione del patrimonio ambientale, culturale, artistico e scientifico del nostro Paese.

In occasione dell’evento, è stata allestita una mostra in anteprima, frutto del risultato della ricerca fotografica realizzata dal prof. Mimmo Attademo, docente della Cattedra di Fotografia dell’Accademia di Belle Arti. La mostra, intitolata “Mimmo Attademo photo-grapher and countryman”, ha proposto le ec-centriche, poetiche suggestioni visive di opere fotografiche dedicate al mondo vegetale e a una natura umile e precaria eppure capace di destare nel nostro sguardo un benefico stu-pore. “Nelle immagini, in modo assai sofisti-cato ondeggiano”, come scrive il critico Peter Zeller, “fra presenza e memoria, con un uso della fotografia declinato sui toni morbidi di un gusto pittorico, s’intravedono un’antica sapienza ed una consumata esperienza.”. Sono spighe selvatiche, fiori di cappero, mazzi di lavanda o rametti di origano selvatico.

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