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Capitolo quarto Osservazione e valutazione del legame di attaccamento (Loredana Cena, Antonio Imbasciati) 4.1 Osservare la «responsività sensibile» del caregiver Il concetto di sensibilità o meglio di «responsività sensibi- le» elaborato da Mary Ainsworth (1979) definisce un com- portamento di cura della madre in grado di comprendere e rispondere adeguatamente ai segnali del bimbo: questo costrutto è raffrontabile con quello indicato da Stern co- me «sintonizzazione affettiva» (1985). La responsività sensibile della persona che si prende cu- ra del bambino costituisce un fondamento essenziale per la qualità di attaccamento che il neonato sta sviluppando, ma può essere più finemente osservata per individuare, oltre a categorie in cui può essere codificato il tipo di at- taccamento, in ogni singola interazione il messaggio che una madre invia al suo bimbo e se questo costituisce o no una risposta adeguata a corrispondenti richieste del bim- bo. In altri termini tale caratteristica materna viene uti- lizzata per indagare e valutare che tipo di dialogo, effetti- vo o incongruente si stia svolgendo tra genitore e bimbo (cfr. 9.4). Sono state rilevate correlazioni statistiche tra un compor- tamento di accudimento sensibile della figura di riferi- mento e la sicurezza di attaccamento dei bimbi, valutabi- le poi ad un anno di età. Le peculiarità di un comporta- mento di «cura sensibile» consistono nella capacità della madre (o del caregiver) di percepire i segnali del bimbo con attenzione e senza incertezze di comprensione. Un ca- regiver è sensibile se è in grado di comprendere corretta- mente il segnale che gli invia il neonato, altrimenti può in- terpretarlo in modo errato o distorto in quanto troppo orientato sulle proprie esigenze o per problemi psichici per- sonali, che possono venire proiettati sul bambino. In un comportamento di accudimento sensibile è fonda- mentale che l’intervento sia adeguato ai bisogni del bim- 56

Loredana Cena, Antonio Imbasciati - core.ac.uk · parte del bimbo invece è necessario che impari a capire quando si sente adeguatamente soddisfatto, per esempio nel suo senso di

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Capitolo quartoOsservazione e valutazione del legame di attaccamento

(Loredana Cena, Antonio Imbasciati)

4.1 Osservare la «responsività sensibile» del caregiver

Il concetto di sensibilità o meglio di «responsività sensibi-le» elaborato da Mary Ainsworth (1979) definisce un com-portamento di cura della madre in grado di comprenderee rispondere adeguatamente ai segnali del bimbo: questocostrutto è raffrontabile con quello indicato da Stern co-me «sintonizzazione affettiva» (1985). La responsività sensibile della persona che si prende cu-ra del bambino costituisce un fondamento essenziale perla qualità di attaccamento che il neonato sta sviluppando,ma può essere più finemente osservata per individuare,oltre a categorie in cui può essere codificato il tipo di at-taccamento, in ogni singola interazione il messaggio cheuna madre invia al suo bimbo e se questo costituisce o nouna risposta adeguata a corrispondenti richieste del bim-bo. In altri termini tale caratteristica materna viene uti-lizzata per indagare e valutare che tipo di dialogo, effetti-vo o incongruente si stia svolgendo tra genitore e bimbo(cfr. 9.4). Sono state rilevate correlazioni statistiche tra un compor-tamento di accudimento sensibile della figura di riferi-mento e la sicurezza di attaccamento dei bimbi, valutabi-le poi ad un anno di età. Le peculiarità di un comporta-mento di «cura sensibile» consistono nella capacità dellamadre (o del caregiver) di percepire i segnali del bimbocon attenzione e senza incertezze di comprensione. Un ca-regiver è sensibile se è in grado di comprendere corretta-mente il segnale che gli invia il neonato, altrimenti può in-terpretarlo in modo errato o distorto in quanto troppoorientato sulle proprie esigenze o per problemi psichici per-sonali, che possono venire proiettati sul bambino. In un comportamento di accudimento sensibile è fonda-mentale che l’intervento sia adeguato ai bisogni del bim-

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bo: può essere necessario un po’ di tempo alle madri perimparare a distinguere se il pianto del figlio sia da attri-buire a fame, noia, protesta, o dolore. Quasi tutte le figu-re di riferimento hanno bisogno di un periodo di esperien-za, per capire, per esempio, quale sia il bisogno del bimboquando emette il segnale del pianto e così pure hanno bi-sogno di apprendere quale sia la reazione più adeguata aisegnali, quando questi sono correttamente interpretati. Daparte del bimbo invece è necessario che impari a capirequando si sente adeguatamente soddisfatto, per esempionel suo senso di fame, piuttosto che di bisogno di contat-to, o di stimolazione, o di riposo.La risposta materna per essere definita di «responsivitàsensibile» deve essere rapida, entro un tempo di frustra-zione che sia sopportabile per il bimbo; soltanto madri mol-to sensibili riescono a percepire i segnali del bambino,quando questi sono solo accennati. Ci sono diverse opi-nioni che differiscono notevolmente su quale sia da consi-derare il livello ottimale di frustrazione, positivo per la cre-scita del bimbo, e rispetto a quale fascia di età esso possavariare. In ogni caso il livello ottimale di frustrazione vacommisurato al livello di sensibilità responsiva della ma-dre. In ogni neonato è necessaria una particolare sensibi-lità genitoriale, per non oltrepassare quelle che sono le suepossibilità di attesa, altrimenti la frustrazione può esauri-re le sue possibilità di autoregolazione. La richiesta di unsoddisfacimento immediato va valutata in base all’età delbambino: nel neonato il tempo di frustrazione ottimale èminimo; crescendo nell’età, l’ottimalità può comportaretempi più lunghi. A volte la madre può essere in difficoltà a comprendere e arispondere in modo adeguato a questi segnali in quanto trop-po occupata interiormente dai propri stati d’animo o ester-namente da altri problemi contingenti; per il benessere delbimbo è necessario però che ella interpreti correttamente isegnali che il bimbo le invia, attribuendo loro un significa-to, senza incorrere nel rischio di interpretare in modo erra-to o distorto tali segnali, come risultato delle proprie esi-genze o della proiezione di queste sul figlio. La sensibilità va differenziata da ciò che si intende per iper-protezione: genitori sensibili favoriscono nel proprio figliouna crescente autonomia. I bimbi di madri sensibili, e noniperprotettive, sono già in grado nel primo anno di vita di

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giocare autonomamente, di esplorare il proprio ambiente enello stesso tempo di cercare la madre per ricevere conso-lazione e sicurezza nelle situazioni di stress; l’interazionecon la loro madre è caratterizzata in questo caso da mino-re ansia e irritabilità. Questi bimbi riescono a separarsi ab-bastanza facilmente dalle loro madri: dopo averle cercate edessersi lasciati consolare, mostrano un comportamento piùcollaborativo nei confronti dei limiti che vengono loro im-posti. Al contrario i neonati di madri meno sensibili sem-brano più indipendenti dal sostegno della propria madre,ma mostrano più ansia, rabbia e sentimenti aggressivi, tan-to da non essere in grado di giocare lontani dal caregiver,né di tranquillizzarsi e interessarsi a giochi; accettano me-no facilmente anche le limitazioni loro imposte (Ainsworthet al., 1978; Grossmann et al., 1985). La responsività implica qualità relazionali che si manife-stano nella reciproca attività comunicativa madre-bambi-no: la funzione regolativa si esprime con le modalità concui le emozioni attivano il sistema di attaccamento, attra-verso l’espressione dei bisogni del bimbo alla madre e a unlivello superiore, con modalità in cui le emozioni della ma-dre restituiscono informazioni al figlio circa il successo deisuoi tentativi di ottenere confortoLa sensibilità non è determinata però solo dalle strutturepsichiche e dallo stato d’animo interiore della madre, madipende anche dalle condizioni sociali circostanti: una ma-dre sostenuta dal proprio compagno o dalla propria ma-dre, o da altre figure di riferimento come ostetriche, pue-ricultrici, o altri operatori sanitari e sociali, nonché da unbuon ambiente, può concentrarsi sulle esigenze del pro-prio bimbo meglio di una madre che è sola ed è sopraf-fatta da molte incombenze.Il tipo di attaccamento che un bimbo svilupperà dalla na-scita in poi dipende dalla qualità del legame che si è sta-bilito con i suoi caregiver e dal loro modo di rispondere aisuoi bisogni, offrendogli sicurezza, conforto e protezionedai pericoli: a seconda di come saranno stati soddisfattiquesti bisogni il bimbo potrà manifestare una modalità –stile – di attaccamento sicuro, viceversa di tipo insicuro. La Ainsworth, con la sua specifica metodologia, la StrangeSituation (vedi 4.3), ha osservato tre configurazioni – pat-tern – di attaccamento (1979), identificate come Tipo B,che comprende soggetti con configurazioni di attacca-

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mento sicuro, Tipo A che include soggetti con configura-zioni di attaccamento insicuro evitante e Tipo C che com-prende soggetti con configurazioni di attaccamento insi-curo-ambivalente. Secondo la Ainsworth (Ainsworth et al.,1978), le differenze qualitative nel tipo di attaccamento svi-luppato dai bambini sarebbero determinate dalla sensibi-lità mostrata dalla madre nei confronti del piccolo duran-te i primi mesi di vita: le madri di bambini classificati co-me sicuri sono in grado di recepire i segnali di comunica-zione del figlio, rispondendo prontamente ai segni di disa-gio o di malessere e mostrandosi nel contempo disponibi-li e affettuose. Di conseguenza, il bambino, confidando nel-la disponibilità della madre, svilupperà un senso di sicu-rezza che gli permetterà di esplorare il mondo circostante.Differentemente le madri di bambini classificati come in-sicuri-evitanti sembrano non essere in sintonia con i com-portamenti del bambino, mostrandosi poco sensibili ai suoisegnali di disagio; il figlio svilupperà una scarsa fiducia inuna adeguata risposta alle proprie difficoltà, evitando le oc-casioni di vicinanza alla madre in quanto associate al ri-schio di un rifiuto da parte sua. Infine, le madri di bambi-ni classificati come insicuri-ambivalenti manifestano atteg-giamenti piuttosto imprevedibili: alcune volte possono di-mostrarsi affettuose e accudenti, mentre altre si rivelanopoco pronte e disponibili; il figlio svilupperà così un’incer-tezza circa la disponibilità della madre a fornire protezio-ne in caso di bisogno e non riuscirà a utilizzarla come ba-se sicura per l’esplorazione del mondo circostante.Successivamente alcuni ricercatori hanno rilevato che nontutti i bambini manifestano comportamenti riconducibili al-la classificazione della Ainsworth e hanno proposto nuovecategorie: Main e Solomon (1986), ad esempio, individuanoun quarto pattern, definito disorganizzato/disorientato (D),che fa riferimento a quei bambini i cui comportamenti nonappaiono organizzati all’interno di una strategia coerente.Sono caratteristici di questo pattern, ad esempio, compor-tamenti contraddittori, movimenti incompleti o interrotti,posture immobili o espressioni di paura.Nel modello di attaccamento definito «sicuro» i due livel-li della responsività (rispondere in modo adeguato e rapi-do, in un tempo tollerabile per il bambino) operano in ma-niera integrata e consentono al bambino di ripristinare ilsenso di sicurezza, quando si trova in situazioni di peri-

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colo. Nel caso di attaccamento insicuro invece, le due mo-dalità producono un conflitto o una dissociazione, il bam-bino non sperimenta un senso di sicurezza in quanto nonviene data una risposta adeguata all’espressione emozio-nale dei suoi bisogni: nel caso di attaccamento insicuro-ambivalente la risposta è discontinua e nel caso di attac-camento insicuro-evitante non c’è risposta. In questi casiil bambino tende a sviluppare delle strategie alternative,come quelle di distanziamento e inibizione dell’espressio-ne emotiva, per ridurre l’indisponibilità della figura di at-taccamento ed aumentare il senso di sicurezza. La strate-gia evitante può diventare col tempo un meccanismo an-ticipatorio, che sposta l’attenzione del bambino dagli sti-moli in grado di attivare l’attaccamento, verso gli oggettiinanimati: è questo l’unico modo, di fronte all’incapacitàdel genitore di essere adeguatamente responsivo, per man-tenere un’organizzazione flessibile del comportamento euna vicinanza accettabile con il caregiver (Main, Weston,1982). L’imprevedibilità della risposta materna, che vienesperimentata nei casi di attaccamento ambivalente, favo-risce l’emergere di una strategia in cui le espressioni emo-zionali risultano esagerate, allo scopo di ottenere più fa-cilmente una risposta. La capacità di riconoscere le proprie emozioni è un fatto-re determinante nella trasmissione delle prime modalitàrelazionali e di attaccamento tra genitore e figlio (Bowlby,1988a). Tale capacità appare profondamente influenzatadal tipo di «accessibilità» emotiva che il genitore ha potu-to a sua volta sperimentare nei confronti delle proprie fi-gure di attaccamento, nel corso della sua storia infantile.L’impossibilità di accedere alla madre per la sua indispo-nibilità emotiva può attivare nel bambino comportamentidi tipo difensivo che si esprimono primariamente a livellointerazionale. I pattern di attaccamento sono consideraticome specifici stili di comunicazione e regolazione emoti-va (Cassidy, 1994) che il bambino costruisce in relazionealle figure di attaccamento, adattandosi al grado di dispo-nibilità emotiva dimostrata da queste ultime. L’attaccamen-to sicuro corrisponde alla capacità del bambino di comu-nicare apertamente ogni emozione, positiva e negativa, aun caregiver percepito come emotivamente disponibile; ipattern di attaccamento insicuro sono considerati dellestrategie difensive adottate dal bambino nei confronti del-

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la inaccessibilità emotiva della madre: l’attaccamento in-sicuro evitante comporta una rilevante riduzione dell’e-spressione delle emozioni, positive e negative, che il bam-bino rivolge al genitore e che si struttura per prevenire ul-teriori rifiuti da parte di un caregiver sperimentato comenon responsivo, mentre l’attaccamento insicuro ambiva-lente enfatizza nel bambino l’espressione di emozioni so-prattutto di segno negativo, finalizzate a mobilitare l’at-tenzione del caregiver emotivamente poco disponibile. Un discorso più complesso riguarda l’attaccamento disor-ganizzato, in cui sono presenti comportamenti contraddit-tori, stereotipie, movimenti asimmetrici, congelamento o im-mobilità nella riunione col caregiver. In questi casi l’espres-sione comportamentale, assolutamente priva di uno scopoosservabile, di una motivazione intenzionale o della possi-bilità di realizzare un comportamento finalizzato, rappre-senta una rottura delle strategie organizzate per affrontarelo stress e regolare lo stato emotivo (Main, Hesse, 1992). Leconseguenze a lungo termine di una rottura della strategiadi regolazione affettiva, come quella presente nell’attacca-mento disorganizzato, sembrano portare ad una difficile ge-stione dello stress e delle emozioni negative, attestate anchedalla presenza perdurante di elevati livelli di cortisolo nellasaliva e dall’aumento della frequenza dei battiti cardiaci, benoltre il tempo di esposizione allo stress (van Ijzendoorn,Schuengel, Bakermans-Kranenburg, 1999).

4.2 La valutazione della sensibilità e l’intervento clinico

Una osservazione naturalistica della relazione bambino-ca-regiver, registrabile attraverso una procedura di video-os-servazione, che si può applicare già alla nascita del bimboè stata ideata da Patricia Crittenden (1988, 1994) con ilChild Adult Relationship Experimental Index (CARE-Index):questo è uno strumento che consente di valutare la qualitàdella interazione diadica, che può essere osservata tra ilneonato e i suoi caregiver, dalla nascita fino ai 36 mesi divita del bimbo. La procedura del CARE-Index prende in considerazione in-dicatori quali la sensibilità genitoriale e la cooperazionedel bimbo e consente di misurare caratteristiche diadiche,associate all’attaccamento. Questo strumento si inserisce

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nel quadro teorico della teoria dell’attaccamento, valutaspecifiche relazioni, non tipologie di individui, cioè i com-portamenti che si manifestano nelle interazioni tra geni-tore e bambino e il modo con cui tra di loro sono funzio-nalmente collegati. Il CARE-Index è uno strumento che è stato sviluppato siaper scopi di ricerca, sia per orientare interventi clinici; èstato ideato dalla Crittenden, a seguito di lavori clinici sul-la tutela dei minori, nel tentativo di sistematizzare le pro-cedure di osservazione delle interazioni genitore-bambino,per poter procedere ad una valutazione delle situazioni diabuso e trascuratezza. Si rivela pertanto uno strumentomolto utile in psicologia clinica perinatale in quanto, at-traverso una valutazione della relazione primaria, consen-te di effettuare screening precoci per individuare situazio-ni relazionali a rischio, o che non sono adeguate o addi-rittura dannose per lo sviluppo del bambino, nell’intentodi apportare quanto prima un aiuto alla diade in difficoltà,attraverso un intervento psicoterapico. La Crittenden prende in considerazione in particolare i ri-lievi di una allieva di Bowlby, la Ainsworth (1979, 1985),sulla qualità dell’attaccamento (gli «stili») confrontandolicon lo specifico concetto della stessa Ainsworth (1979),quello di«responsività sensibile» e sviluppando particolar-mente quest’ultimo a partire dalla nascita del bimbo, nel-la relazione primaria seguendone gli effetti durante tuttala crescita.Le funzioni che caratterizzano come «responsività sensibi-le» il comportamento di una persona che si prende cura diun bimbo sono alla base del costrutto del CARE-Index, pervalutare la qualità della interazione caregiver-bambino, inparticolare la sensibilità dell’adulto in un contesto diadico.Si tratta di una procedura di video-osservazione di una se-quenza di interazioni di gioco libero tra un caregiver e unbambino, che ha la caratteristica, rispetto ad altre (Stern,1974; Murray, Trevarthen, 1985; Tronick et al., 1978; Fraiberg,et al., 1975; Beebe et al., 1980), di poter essere utilizzata nonsoltanto con le madri, ma anche con i padri, sin dalla na-scita del bimbo, in ambiente naturale, o in un laboratorio,in condizioni non minacciose, e la sua durata può variaredai tre ai cinque minuti, non più breve che due. Il contesto del CARE-Index non prevede l’introduzione divariabili che attivino stati di stress nella relazione: lo stru-

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mento non valuta l’attaccamento, ma i precursori dell’at-taccamento, ovvero le «caratteristiche diadiche associateall’attaccamento» (Crittenden, 2004). Le situazioni createper valutare l’attaccamento come succede nella StrangeSituation (cfr. 4.3), prevedono invece l’introduzione di unacondizione stressante che consente di poter rilevare le stra-tegie di protezione del sé che i soggetti attivano di fronteal pericolo. Il costrutto principale del CARE-Index è la sensibilità ai se-gnali del bambino, attorno a cui si struttura il sistema di co-difica dello strumento: anche se può sembrare una peculia-rità individuale, la sensibilità non viene valutata a livello in-dividuale, ma è considerata un «costrutto diadico» (Crit-tenden, 2004), valutabile all’interno della relazione. Nella in-terazione viene osservato come sensibile ogni comporta-mento adulto, che evidenzi uno stato di benessere e piacerenel bambino, con una riduzione del suo stato di disagio. Uncaregiver è considerato tanto più sensibile quanto più riescea rispondere in modo adeguato alle «specifiche caratteristi-che individuali di quel bambino» (Crittenden, 2004). Le video-osservazioni vengono codificate seguendo unaprocedura precisa e dettagliata, che può venire condottasolo da codificatori esperti, formati attraverso percorsi ri-gorosi di addestramento, controllato da un gruppo scien-tifico internazionale di formatori e dalla Crittenden stes-sa, dopo aver conseguito evidenze statistiche di attendibi-lità. La procedura di codifica prende in considerazione unperiodo dello sviluppo dell’infante abbastanza ampio, da 0a 36 mesi, e pertanto i codificatori devono tener conto deidiversi aspetti e caratteristiche dei processi evolutivi e psi-chici del bambino con le loro caratteristiche a seconda del-l’età del soggetto: dalla nascita ai tre mesi di vita, ad esem-pio, va prestata attenzione alla sincronia fisiologica nelladiade, in particolare alla capacità dell’adulto di prestareconforto e benessere al neonato, mantenendo un adegua-to livello di attivazione nel bimbo. Nel periodo di svilupposuccessivo, fino ai nove mesi, è necessario osservare conattenzione la modalità con cui nella diade si struttura lasuccessione dei turni interattivi e la qualità dello stato dibenessere e di piacere manifestata dal bimbo. Dai 9 ai 15mesi, l’osservazione deve focalizzarsi sulla qualità del gio-co condiviso, che si configura attraverso sequenze orga-nizzate. Più tardi, dai 15 ai 24 mesi occorre tenere in con-

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siderazione il gioco con gli oggetti e i vari episodi di ne-goziazione sulle divergenze, che possono animare le se-quenze interattive nella diade. Dopo i due anni di età nel-l’interazione della diade è prevalente la mediazione lin-guistica del gioco e la negoziazione sia dei progetti, chedelle divergenze dei desideri. Gli aspetti della comunicazione non verbale e verbale, chevengono analizzati e codificati durante l’interazione diadi-ca, sono sette: quattro sono relativi alle caratteristiche del-lo stato affettivo (espressione del volto, espressione verba-le, posizione dei due membri della diade e contatto cor-poreo, qualità dello stato affettivo complessivo) durantel’interazione. Gli altri tre sono aspetti relativi alle scansio-ni temporali nella successione dei turni, al controllo e al-la scelta dell’attività. Di ogni comportamento viene considerata la «funzione»interpersonale (Crittenden, 2008): ogni configurazionecomportamentale va codificata nel contesto del comporta-mento reciproco dell’altro membro della diade, conside-rando tutte le informazioni, in relazione alla «funzione»che un determinato comportamento ha per quella deter-minata diade, nel contesto di quella specifica relazione. Le scale con cui è stato costruito lo strumento sono tre peril caregiver e quattro per il bimbo. Le scale per l’adulto va-lutano la dimensione della sensibilità del caregiver, oppu-re il controllo e la non responsività. Il comportamento delbimbo viene valutato attraverso quattro scale: cooperante,difficile, compulsivo e passivo.Quando i lattanti manifestano stati di disagio, con piantoe agitazione, i caregiver possono rispondere prevalente-mente con comportamenti volti ad alleviare lo stato di di-sagio del neonato, oppure eccessivamente controllanti, cheaumentano la sofferenza del bimbo. Ci sono caregiver cheadottano modalità di conforto incostante, oppure utiliz-zano segnali affettivi positivi falsi, ad esempio quando so-no in collera, che diventano segnali confusivi per il bim-bo, il quale a sua volta imparerà a inibire le manifesta-zioni di stati affettivi negativi per evitare le punizioni delgenitore. È necessario identificare la vera funzione e il si-gnificato di una configurazione comportamentale, che puòessere anche ingannevole, in quanto con la comunicazio-ne esplicita il soggetto può fare uso di significanti positi-vi (sorrisi, carezze, baci) che in realtà sottendono ostilità:

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ad esempio lo stato affettivo controllante nell’adulto puòessere caratterizzato da una ostilità mascherata, attraver-so un falso stato affettivo positivo, o una inibizione dellostato affettivo negativo e va pertanto considerato pseudo-sensibile. Nella prima infanzia i problemi che un lattante deve affron-tare sono: imparare quali segnali influenzino il comporta-mento dei suoi caregiver, condividerne gli stati affettivi co-me la sintonizzazione e regolare la sua attivazione per man-tenere nel tempo uno stato sempre più vigile ma moderatoe attento. La non adeguata funzionalità di questi apprendi-menti con le figure di riferimento può portare allo svilupponel lattante di una inibizione o una esagerata attivazione af-fettiva. Se poi queste strategie non funzionano adeguata-mente per cambiare la qualità dei comportamenti dei care-giver, egli adotterà progressivamente strategie sempre me-no adeguate, cioè potrà diventare depresso, con un basso li-vello di attivazione, oppure disorientato, con un livello mol-to alto di attivazione oppure adottare una strategia inibito-ria ma presentare una vulnerabilità alle intrusioni di alti li-velli di attivazione. La Crittenden (2008) segnala che questitre stati si manifestano come passività triste e ritirata, o agi-tazione, senza una specifica finalità o rivolta ad una intera-zione in cui sono presenti comportamenti di auto-stimola-zione, o stati critici di perdita di controllo in situazioni par-ticolarmente stressanti. I caregiver classificati come sensibili rispondono preva-lentemente con comportamenti volti ad alleviare lo statodi disagio del neonato: se la madre ogni volta che il neo-nato piange, arriva e risponde adeguatamente è «prevedi-bilmente responsiva» (Crittenden, 2008); il neonato ap-prende che tra il suo stato di disagio e l’arrivo della madrec’è una relazione. Queste «contingenze prevedibili» nelleinterazioni consentono al lattante di imparare molto pre-sto cosa aspettarsi da se stesso e dal caregiver. Le madripossono sintonizzare (Stern, 1985) i loro ritmi al livello diattivazione del bimbo, aiutandolo a passare dal pianto aun livello di quiete vigile, ad esempio prendendolo in brac-cio e cullandolo. Questi comportamenti vengono definitidalla Crittenden (2008) come stati «condivisi di attivazio-ne» e sono un’importante modalità, che, se è costante e re-golare nell’interazione, consente ai neonati di sentirsi insincronia con la propria madre e di sviluppare ad un an-

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no di età un attaccamento sicuro ed equilibrato, secondola configurazione classificata di tipo B (Ainsworth et al.,1978). Quando il caregiver manifesta una sensibilità molto bas-sa, «a rischio», il comportamento può essere prevedibile,ma non in sincronia con il proprio neonato, se questi pian-ge non lo conforta o arriva troppo tardi; oppure è un ca-regiver la cui attenzione è rivolta ad altre preoccupazionie non si rende conto dei bisogni del lattante: sono questi igenitori che tendono a trascurare i loro figli. Il neonatocresce imparando che non c’è risposta prevedibile alle sueazioni. Oppure i caregiver possono reagire allo stato di di-sagio manifestato dal proprio figlio attraverso maltratta-menti: quando il neonato piange si attivano in modo pron-to ma aggressivo, prendendolo in braccio con modalità rab-biose e facendolo sentire ancora peggio. Il risultato è cheil bimbo si agiterà ulteriormente e farà aumentare di con-seguenza la stessa ansia materna, in un circuito che si au-toalimenta pericolosamente. Una terza modalità di rea-zione è quella del caregiver che arriva prontamente e pre-vedibilmente, ma invece di tranquillizzare il bimbo negherài suoi sentimenti attraverso risate e scherzi: il lattante siagiterà ancora di più, e questo renderà di conseguenza lemadri sempre più inconsciamente spaventate e difensiva-mente sorridenti, nel tentativo di sdrammatizzare la si-tuazione. I sentimenti negativi di entrambi i membri del-la diade si amplificheranno in sintonia (Crittenden, 2008).Da queste contingenze i neonati possono apprendere chequando si sentono a disagio fanno ridere il caregiver: inrealtà essi avvertono inconsapevolmente gli stati affettivisottesi e che i propri stati affettivi negativi sollecitano nelgenitore altri stati affettivi negativi più intensi. Quello chei neonati possono fare in questi casi, e che si imprime nel-la loro maturazione neurologica, è l’apprendere a inibiregli stati affettivi negativi. Ad un anno di età il bimbo svi-lupperà probabilmente un attaccamento insicuro-evitante,secondo la configurazione classificata di tipo A.Un altro gruppo di caregiver, che presenta una sensibilità«marginalmente adeguata», si attiva al pianto del propriobimbo, ma in modo imprevedibile, rispondendo rapida-mente, oppure ancora prima che il neonato abbia manife-stato qualche segnale di disagio: il comportamento affetti-vo negativo dei bimbi viene rinforzato positivamente, ma

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in modo imprevedibile (Crittenden, 2008). Le manifesta-zioni affettive negative restano attive ad alti livelli di in-tensità, creando disagio ai bimbi e ai genitori, che non san-no come regolare i loro comportamenti: non riescono a co-municare in modo reciproco, né a inibire gli stati affettivinegativi, ma vengono attivati da stati affettivi negativi mi-sti, come paura, rabbia, desiderio di conforto, che non rie-scono a controllare. I bimbi possono apprendere che i lo-ro comportamenti ricevono risposte ambivalenti e tende-ranno a manifestare, dopo la prima infanzia, un attacca-mento insicuro ambivalente, secondo la configurazioneclassificata di tipo C. I caregiver, i cui figli presentano una configurazione di at-taccamento di tipo B, proteggono e consentono ai proprifigli di crescere in situazioni di sicurezza e benessere. I ge-nitori, i cui figli svilupperanno configurazioni di attacca-mento di tipo A, tendono a trascurare i bisogni dei proprineonati, sopraffatti dai loro bisogni e proteggono se stes-si, non i loro bambini; oppure sono genitori ipervigili e ipe-resigenti punendo le richieste dei lattanti con molta seve-rità, fino al maltrattamento, in quanto non tollerano la sof-ferenza e vorrebbero bambini sempre felici. I genitori dei bimbi che svilupperanno un attaccamento ditipo C manifestano verso i loro neonati livelli medi di re-sponsività sensibile: sono sempre troppo vigili in assenzadi segnali, oppure sono iperattivi o troppo poco responsi-vi, ma non maltrattano i figli. I neonati sono molto attiva-ti e manifestano stati di malessere come disturbi del son-no, della alimentazione, della attenzione. L’attaccamento è una condizione interpersonale, la sua or-ganizzazione nei bambini piccoli dipende dal comporta-mento delle figure di attaccamento: l’intervento psicotera-peutico nei casi di attaccamento insicuro, di trascuratez-za o abuso viene diretto contemporaneamente, se è possi-bile, anche alle figure di attaccamento. L’attaccamento an-sioso comporta secondo la Crittenden non solo relazioniinsoddisfacenti, ma una distorsione nel processo di rac-colta, integrazione e valutazione delle informazioni. Il trattamento psicoterapeutico proposto dalla Crittendenè orientato ad attivare un processo di cambiamento deipunti di vista dei bambini piccoli, attraverso relazioni coni caregiver che siano di sostegno e di aiuto: si basa sull’in-dividuazione di modelli inconsci, sulla ristrutturazione e

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integrazione delle informazioni cognitive e affettive. Le tec-niche specifiche della terapia sono orientate alla creazio-ne di contesti in cui i bambini e i loro caregiver possanotrovare modelli di esperienza positivi e aperti a nuoveinformazioni, che consentano di sperimentare interpreta-zioni e risposte alternative, e incoraggino a integrare conmodalità sempre più organizzate le informazioni a dispo-sizione (Crittenden, 1990). Questi contesti necessitano discambi interattivi in cui le informazioni affettive possanotrovare una integrazione con le altre informazioni, quellecognitive in modo da consentire un’organizzazione di re-lazioni sicure. Gli interventi consistono in un lavoro condiviso tra geni-tori e terapeuti: nella prima infanzia il trattamento di bam-bini ansiosi, disturbati, è orientato al cambiamento dei mo-delli rappresentativi interni del bimbo, che possono veni-re realizzati favorendo il cambiamento di comportamentodelle figure primarie di attaccamento e aiutando contem-poraneamente i bimbi a percepire aspetti importanti delcomportamento delle figure di attaccamento, nonché a svi-luppare comportamenti adeguati al comportamento geni-toriale.I genitori vengono coinvolti nel processo di cambiamento:le figure di attaccamento di bambini disturbati, ansiosi,maltrattati, abusati, hanno spesso elaborato nella loro in-fanzia pattern di attaccamento non sicuro e spesso posso-no presentare relazioni disturbate con l’altro coniuge. Inizialmente, prima di aiutare i genitori nei confronti deiloro figli, è spesso necessario partire dal cambiamento del-le loro rappresentazioni genitoriali, con interventi che ri-chiamano a modalità di intervento utilizzate in ambito psi-codinamico, descritte nel precedente capitolo. Attraverso l’osservazione con il genitore delle relazioni vi-deoregistrate, il terapeuta può aiutare i genitori a trovaremodalità per modificare il comportamento dei loro bimbi:la discussione dell’osservazione di questi brevi filmati di-venta un potente mezzo per creare la comunicazione tra ivari sistemi di memoria, aiutando il genitore ad avere ac-cesso ai suoi sentimenti e in seguito a quelli del figlio; iltrattamento può essere prolungato nel tempo, ma spessoun «insight iniziale», effettuato con cura, può aiutare adattivare processi di autocorrezione che accompagnano iprocessi di trattamento.

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La Crittenden (1984) opera un tentativo di integrazione del-le teorie comportamentali, con quelle dei sistemi familia-ri, quelle cognitive e quelle psicodinamiche. Per lo studiodel maltrattamento vengono prese in considerazione le con-dizioni ambientali in relazione ai maltrattamenti, alle vul-nerabilità del bambino e alle caratteristiche genitoriali. Lediadi genitore-bambino in cui si ha una prevalenza di re-lazioni maltrattanti sono quelle che possono presentare unacomplessità maggiore nella valutazione delle configura-zioni di interazione (Crittenden, 1981): secondo l’autrice lemadri maltrattanti sono meno sensibili delle madri ade-guate e ci sarebbero diversità relativamente al tipo di sen-sibilità tra le madri abusanti e quelle trascuranti; nelle ma-dri abusanti si possono osservare comportamenti ostili econtrollanti con i loro bambini, mentre nelle madri tra-scuranti si osserva un comportamento distaccato e non re-sponsivo (Crittenden, 1985a). Gli interventi possono essere strutturati come terapia e ingruppi di auto-aiuto, quale intervento pedagogico per i ge-nitori: in gruppo le madri hanno l’opportunità di osservarecomportamenti di altre diadi e questo ha molta importanzain una società in cui esse spesso hanno pochissime oppor-tunità di osservare altre madri con i loro bimbi; questo puòaiutarle a calmare la loro ansia riguardo ai propri figli. L’intervento sui bambini non è quasi mai diretto in quan-to, secondo l’autrice, non è positivo mettere in discussio-ne il ruolo genitoriale: il lavoro diretto con i bambini vie-ne utilizzato dal terapeuta per sottolineare il comporta-mento che deve essere percepito, oppure può essere uti-lizzato un rinforzo sociale per modellare il comportamen-to del bambino, verso configurazioni più normali. Quando i genitori non riescono a modificare la loro sensi-bilità per soddisfare i bisogni del bimbo è necessario in-trodurre altre figure alternative, per attivare nei bimbi losviluppo di configurazioni più normali di percezione, in-terpretazione, risposta: queste figure possono essere altrimembri della famiglia, con attaccamento sensibile sicuro,oppure possono essere anche introdotti altri caregiver(ostetriche, educatori professionali, assistenti sanitarie, adesempio, a seconda dell’età del bambino), in modo da per-mettere un’attivazione di altre relazioni di attaccamento;questi caregiver dovrebbero sostenere la diade in modo chele madri possano trovare giovamento dalle relazioni con

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persone che forniscano modelli di comportamento ade-guato.

4.3 Il legame di attaccamento nell’infanzia

Ad un anno di età del bimbo la relazione di attaccamentoviene valutata attraverso la classica procedura della StrangeSituation (Ainsworth et al., 1978), uno dei primi strumen-ti costruiti da Mary Ainsworth nel 1978, per la misurazio-ne del legame di attaccamento del bambino alla madre. LaStrange Situation è la metodologia osservativa sperimen-tale che evoca comportamenti che possono essere osser-vati direttamente quando il bimbo ha un anno di età e chepossono anche essere videoregistrati: attualmente è la me-todologia più conosciuta e utilizzata nella ricerca e nellaclinica della teoria di attaccamento. I bambini si trovanocon le loro madri in una situazione di leggero stress, rap-presentato da una breve separazione dalla madre: tale se-parazione si rivela circostanza sufficientemente minaccio-sa da attivare gli schemi comportamentali dell’attacca-mento. La Strange Situation è una procedura standardizzata di la-boratorio costruita con lo scopo di osservare e valutare, neibambini intorno all’anno di età, l’equilibrio tra i compor-tamenti di attaccamento e quelli di esplorazione. Il settingsperimentale prevede una situazione costituita da otto epi-sodi: nel primo episodio, fase di preparazione alle succes-sive, della durata di 30 secondi, la madre e il bimbo ven-gono introdotti in una stanza adeguatamente arredata conuno specchio unidirezionale, e un arredo che consiste indue sedie ed alcuni giocattoli. La madre viene fatta acco-modare e le viene chiesto di leggere una rivista, il bimboviene posto vicino ai giocattoli e lasciato libero di esplo-rare l’ambiente o coinvolgere il genitore, se lo desidera. Nelsecondo episodio della durata di 3 minuti, inizia la proce-dura vera e propria: alla mamma si dà la consegna di leg-gere una rivista mentre il bambino gioca liberamente. Nelterzo episodio, ancora della durata di 3 minuti, fa ingres-so nella stanza una sperimentatrice «estranea» che si sie-de vicino alla madre e, dopo un minuto, interagisce conlei. Dopo un altro minuto l’estranea interagisce diretta-mente anche col bambino, cercando di coinvolgerlo in un

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gioco comune. Lo scopo del terzo episodio è osservare lereazioni del piccolo nei confronti di una persona non fa-miliare e di verificare se, e con quali modalità, il bimbo ri-chiami l’attenzione del genitore per affrontare la situazio-ne nuova o se invece venga coinvolto nell’interazione pro-posta dall’estranea. Nel quarto episodio, della durata sem-pre di 3 minuti, la madre con un pretesto esce dalla stan-za, lasciando il piccolo in compagnia dell’estranea. Questaprima separazione permette di osservare le strategie adot-tate dal piccolo per far fronte alla situazione di potenzia-le disagio e le risorse e le abilità che eventualmente ven-gono attivate. Nel quinto episodio (durata di 3 minuti) lamadre rientra nella stanza e rimane da sola col bimbo peraltri tre minuti, durante i quali ha la possibilità di conso-larlo e rispondere alle sue richieste di contatto e conforto;se queste sequenze non si esprimono, viene chiesto al ge-nitore di lasciare il bimbo libero di continuare le attivitàche sta svolgendo. Durante questa fase è molto interessanteosservare le modalità con cui il bimbo si riunifica col ge-nitore: se ricerca la sua vicinanza e il contatto, o se al con-trario sembra ignorare il suo ritorno, mostrandosi auto-nomo o addirittura indifferente. Nel sesto episodio, anco-ra della durata di 3 minuti, il genitore esce dalla stanza,lasciando il bimbo completamente solo: è la seconda se-parazione e per molti bambini rappresenta la fase più dif-ficile. Alcuni possono manifestare disagio o anche dispe-razione per la separazione. In questo caso la procedura vie-ne immediatamente interrotta. Questo episodio permettedi osservare come il bimbo riesce ad affrontare la separa-zione e se ricerca o meno la presenza della figura di at-taccamento. Nel settimo episodio (durata di 3 minuti) l’e-stranea rientra nella stanza e si rivolge al bimbo. Lo sco-po di questo episodio è quello di valutare se e come il bim-bo utilizza l’estranea come figura di attaccamento sostitu-tiva e come reagisce al fatto che la separazione venga in-terrotta da una persona che non è la figura di attaccamento.Le aspettative sono che la separazione attivi il sistema del-l’attaccamento e che il bambino, all’arrivo dell’estranea,mostri una certa delusione, rimanendo in attesa della suamamma. Nell’ultimo episodio (durata 3 minuti), il genito-re rientra nella stanza, apre la porta e sosta sulla soglia,attendendo la risposta spontanea del bimbo, poi lo pren-de in braccio. L’ultimo episodio è particolarmente impor-

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tante per la valutazione dell’attaccamento perché consen-te di osservare le risposte e le iniziative del bimbo nei con-fronti della madre: se il piccolo ricerca la sua vicinanza, ilcontatto fisico e l’interazione, se è contento, rassicurato, oal contrario indifferente, passivo o arrabbiato. Infine è pos-sibile osservare se la presenza della figura di attaccamen-to è necessaria e sufficiente a consolare il piccolo e se que-sto appare in grado di riorganizzarsi, dopo la situazione distress e di riprendere l’esplorazione e l’attività di gioco. La Strange Situation è una procedura complessa che ri-chiede 3 sperimentatori: il conduttore, l’estranea e un ad-detto alla telecamera. Occorrono ambienti attrezzati e unacerta pratica nella conduzione della sperimentazione.L’interpretazione dei dati è codificata in dimensioni com-portamentali osservabili, i risultati non sono costruiti perdare risposte cliniche, ma sono descrittivi di aspetti gene-rali dello sviluppo. La distinzione tra attaccamento sicuroe insicuro consente di definire situazioni incerte o di indi-viduare la relazione significativa tra genitore e bambino.Le reazioni del bimbo agli eventi stressanti che si succe-dono permette la classificazione dell’attaccamento delbambino al caregiver nell’ambito di tre pattern di attacca-mento: pattern di attaccamento sicuro (B), specifico dibambini che ricercano attivamente la vicinanza del geni-tore e che comunicano apertamente lo stato di disagio al-le separazioni, per poi tornare a esplorare l’ambiente cir-costante, e comunque hanno facilità di ricongiungersi consegnali di soddisfazione alla madre; pattern di attacca-mento insicuro-evitante: i bimbi non sembrano manife-stare disagio alle separazioni e indirizzano l’attenzione ver-so l’ambiente circostante, ignorando ed evitando il genito-re, anche e soprattutto quando questi ricompare; patterndi attaccamento insicuro-ambivalente: i bimbi protestanoapertamente alle separazioni, ma mostrano un atteggia-mento di ricerca della vicinanza e contemporaneamenteuna resistenza al ricongiungimento, risultando inconsola-bili e incapaci di una tranquilla esplorazione dell’ambien-te circostante.È stato individuato (Main, Hesse, 1992) un quarto patterndi attaccamento: l’attaccamento disorganizzato-disorien-tato, caratterizzato da un gruppo eterogeneo di comporta-menti comprendenti caratteristiche dei precedenti model-li, ma caratterizzato dalla manifestazione di comporta-

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menti contraddittori, movimenti ed espressioni mal diret-ti, non diretti, incompleti e interrotti, stereotipie, movimen-ti asimmetrici, movimenti fuori luogo e posizioni anoma-le; congelamento, immobilità, espressioni e movimenti ral-lentati; indici diretti di apprensione verso il genitore e in-dici diretti di disorganizzazione e disorientamento.È possibile osservare e valutare il legame di attaccamentoanche con un altro strumento, ormai collaudato ed entra-to a far parte del patrimonio della ricerca sull’attaccamen-to, l’Attachment-Q-Sort (Waters, Deane, 1985; Cassibba,D’Odorico, 2000), somministrabile ai bambini dell’asilo ni-do e della scuola materna, in un setting naturale. La StrangeSituation classifica il comportamento di attaccamento,mentre con il metodo ASQ viene valutata la qualità del com-portamento di base sicura del bambino nell’ambiente na-turale: viene considerato comportamento di base sicuraquello che presenta una buona organizzazione e un equili-brio tra il desiderio di prossimità fisica e il desiderio diesplorazione.L’osservazione si svolge seguendo una procedura, il Q-set,che consiste di 90 item che consentono di valutare il com-portamento di base sicura o il comportamento a questo as-sociato in bambini dal primo anno di vita fino ai 5 anni dietà, in interazione con il caregiver, a casa o all’asilo: in cir-ca 4-6 ore è possibile per un osservatore addestrato valu-tare i comportamenti che caratterizzano la relazione di at-taccamento tra il caregiver e il bimbo. Gli item sono stam-pati su cartoncini separati, di facile consultazione per l’os-servatore: su ognuno è riportata la descrizione di un com-portamento potenzialmente osservabile in un bambino en-tro i 5 anni, nelle normali situazioni di vita quotidiana. Èconsigliato videoregistrare le sedute di osservazione e poiprocedere alla codifica, analizzando successivamente i fil-mati con altri osservatori. Il processo di codifica prevedel’assegnazione di un punto per ogni comportamento che sipresenta secondo le configurazioni previste dalla proce-dura: la somma dei punteggi consente di delineare il pro-filo del bambino, definito Q-descrizione. Viene valutato un«punteggio di sicurezza», che esprime il grado di somi-glianza del soggetto osservato al prototipo del bambino conconfigurazione di attaccamento sicuro.L’Attachement-Q-Set può essere somministrato dai genito-ri e/o da un osservatore addestrato, che abbia la possibi-

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lità di assistere per un certo periodo di tempo alle intera-zioni fra caregiver e bambino. L’AQS permette di valutarela relazione di attaccamento del bambino, rispetto ad al-tre figure affettive di riferimento oltre ai genitori, come leeducatrici al nido. Se si osservano situazioni problemati-che nella relazione vengono segnalate ma il modello nonprevede una modalità di intervento terapeutico in cui pos-sano essere utilizzati i filmati con modalità di video-feed-back, come previsto in altre procedure.La Strange Situation e L’AQS sono i due sistemi di classi-ficazione più utilizzati per valutare il comportamento diattaccamento dei bambini; oltre la prima infanzia le ri-cerche di nuovi strumenti per la valutazione dell’attacca-mento prendono due indirizzi diversi (George, Solomon,1999): un indirizzo, quello predominante nella teoria del-l’attaccamento, considera una continuità tra la prima in-fanzia e l’età prescolare e adatta i criteri di classificazionedella Strange Situation ai cambiamenti dello sviluppo e al-le età dei soggetti: per il periodo dell’asilo viene utilizzatoun sistema da Cassidy e Marvin (1992) e per i bambini piùgrandi dai 5 ai 7 anni si fa riferimento alla procedura pre-disposta da Main e Cassidy (1988). Un secondo indirizzo, quello dinamico maturativo di Pa-tricia Crittenden, attribuisce invece fondamentale impor-tanza ai cambiamenti dinamici nella qualità dell’attacca-mento che si verificano dall’interazione tra il processo disviluppo e le esperienze individuali del bambino; con il Pres-chool Assessment of Attachment (PAA), della Crittenden (1992,1994), è possibile valutare il legame di attaccamento daiquindici mesi del bimbo fino all’età prescolare. La metodo-logia di questo strumento consiste in una osservazione diuna situazione interattiva tra caregiver e bambino in un set-ting sperimentale, simile alla Strange Situation, con l’inse-rimento di una situazione lievemente stressante; la proce-dura segue le stesse modalità di osservazione e di episodi,cambia la valutazione e la codifica, che nel PAA si riferi-scono al modello teorico della Crittenden. Oltre i 18 mesi di età si presentano differenze nella mani-festazione dei pattern di attaccamento, in base alla strate-gia adottata dai bambini. Le loro nuove capacità comuni-cative consentono ai bambini di ricercare la prossimità delcaregiver con modalità non soltanto fisiche ma anche psi-cologiche: sono presenti più raffinate competenze sul pia-

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no motorio, linguistico, in quanto si sono acquisite capa-cità di mostrare e inibire gli stati affettivi a seconda dellerichieste per lo più implicite del genitore; che però posso-no non corrispondere sempre allo stato affettivo interno,sia del genitore che del bambino. Altri strumenti di misura della sicurezza dell’attaccamen-to non valutano i comportamenti direttamente osservabi-li, ma le rappresentazioni interne dell’attaccamento: si ba-sano su due approcci, sulle reazioni del bimbo a delle im-magini, oppure fanno uso di un’altra tecnica, che utilizzaracconti narrativi del bambino nel gioco con bambole enella drammatizzazione di scene relative all’attaccamento.I bambini memorizzano le esperienze relative alle relazio-ni di attaccamento in termini di rappresentazioni: a parti-re dai primi anni dell’asilo iniziano a strutturare forme sim-boliche di rappresentazioni mentali e a organizzarle in mo-delli operativi interni (Bretherton,1987); i modelli operati-vi interni possono essere valutati in quanto modelli inter-ni delle rappresentazioni che emergono dalle esperienzevissute nel corso di una relazione. Una modalità per valutare le rappresentazioni interne del-l’attaccamento si basa sull’osservazione e misurazione dellereazioni dei bambini a cui vengono sottoposte figure o sto-rie proiettive, che viene effettuata con il SAT (Klagsbrun,Bowlby, 1976) che si trova in versioni con procedure di co-difica leggermente diverse (Kaplan 1987; Slough, Greenberg,1990).Nei bambini dai quattro ai sette anni, la relazione di at-taccamento ai genitori viene misurata con il SeparationAnxiety Test (SAT) di Klasgsbrun e Bowlby (1976): l’osser-vazione della relazione di attaccamento avviene indiretta-mente attraverso le risposte date dal bambino, a situazio-ni di separazione rappresentate in vignette o in fotografiee non dall’osservazione diretta del comportamento di at-taccamento; del SAT ne esiste una versione italiana di Attili(2001) e una di Liverta Sempio e Marchetti (2001). Il SAT èun test semiproiettivo che, nella versione proposta dallaAttili, è costituito da due set di sei vignette (un set per i ma-schi e uno per le femmine) in cui sono presentate diverse si-tuazioni di separazione: le espressioni del volto dei perso-naggi non sono definite e vengono lasciate all’interpretazio-ne del soggetto a cui è somministrato il test. L’ipotesi è cheil modo in cui si immagina che una persona reagisca a una

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separazione dal caregiver sia indicativo del suo modo di af-frontare problematiche analoghe a quelle proposte dal test.La versione del SAT di Liverta Sempio e Marchetti utilizzafotografie. Le situazioni stimolo presentate nelle vignette so-no: 1) genitori che escono per una serata e lasciano il bam-bino a casa; 2) il bambino è a scuola con i compagni do-po che la madre si è appena allontanata; 3) la madre ac-compagna il bambino dalla zia perché i genitori vanno viaper il fine settimana; 4) il bambino è al parco con i geni-tori e questi gli chiedono di allontanarsi perché voglionoparlare da soli; 5) i genitori stanno per partire per due set-timane e prima di andarsene danno un regalo al bambino;6) la madre mette a letto il bambino e poi esce dalla stan-za. Ad ogni vignetta seguono quattro domande di tipoproiettivo che indagano le proiezioni affettive e comporta-mentali rispetto allo stress provato per la separazione dalbambino/a della vignetta. Vengono rivolte inoltre al bam-bino altre domande simili: gli si chiede cosa proverebbe seaccadesse a lui e cosa succederebbe. Le procedure di codifica sono diverse (Kaplan, 1987; Slough,Greenberg, 1990; Attili, 2001; Liverta Sempio et al., 2001):la versione italiana di Attili prevede una categorizzazionedelle risposte secondo 17 etichette che descrivono le di-verse modalità comportamentali osservate; le risposte pos-sono essere raggruppate in otto classi cui viene assegnatoun punteggio su una scala ordinale. La somma dei pun-teggi ottenuti permette di classificare i soggetti in relazio-ne alla loro organizzazione mentale dell’attaccamento, co-me sicuri, ambivalenti/resistenti, evitanti e disorganizzati;la Attili prevede anche un’ulteriore categoria che raggrup-pa i soggetti da lei individuati con la definizione di «con-fusi» (Attili, 2001).Lo strumento consente una misurazione dei modelli ope-rativi interni attraverso le risposte date in situazioni in cuiviene attivato il sistema dell’attaccamento; le risposte in-dicano il modo in cui i soggetti si rappresentano a livellomentale le situazioni di pericolo e le modalità in cui pos-sono essere evitate, attraverso l’intervento della figura diattaccamento; il test evoca situazioni di separazione e per-tanto stimola il sistema dell’attaccamento e attiva rispostesimili a quelle che si possono verificare quando l’evento èreale. Un’altra modalità con cui si valuta la sicurezza dell’attac-

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camento, attraverso le rappresentazioni, utilizza l’osserva-zione del comportamento del bambino mentre gioca condelle bambole: si propongono varie tematiche relative al-l’attaccamento che il bambino deve drammatizzare me-diante storie in cui i protagonisti devono affrontare situa-zioni di separazione o di stress.Il Test del Completamento di Storie dell’Attaccamento perbambini di 3 anni (Attachment Story Completion Task,ASCT, for 3-year-old) di Bretherton, Ridgeway, Cassidy(1990) in versione italiana della Ongari (2006) propone chei bambini completino una serie di cinque storie: 1) un bam-bino rovescia una bevanda; 2) si fa male a un ginocchio;3) scopre un mostro nella camera da letto; 4) i genitori par-tono 5) poi ritornano; sono situazioni che stimolano i com-portamenti di attaccamento e le modalità di risposta con-sentono di individuare i bambini sicuri ed insicuri. L’osservatore presenta ciascuna storia poi chiede al bam-bino di prevedere cosa potrà accadere successivamente edi drammatizzarlo con le bambole; vengono effettuate tra-scrizioni precise del comportamento verbale dei bambinie della evoluzione della storia; le classificazioni si basanosulle principali reazioni manifestate dai bambini e il si-stema identifica i principali pattern di attaccamento.Un altro strumento di osservazione della relazione di attac-camento per bambini dai cinque ai sette anni è il ManchesterChild Attachment Story Task, MCAST, di Green, Stanley,Smith, Goldwyn (2000), che è simile al Test del Comple-tamento di Storie dell’Attaccamento per bambini di 3 anni(Attachment Story Completion Task, ASCT, for 3-year-old)(Bretherton, Ridgeway, Cassidy, 1990): in questo test le tra-me delle storie vengono drammatizzate attraverso modalitàdi gioco simbolico in cui il bambino è invitato a rappresen-tare con due bambole (un bambino e la madre) delle situa-zioni di pericolo. Altre misure correlate alla sicurezza dell’attaccamento ba-sate sulla rappresentazione simbolica sono il sistema diKaplan e Main (1986) che utilizza i disegni della famigliadei bambini della scuola materna, ma che è ad un livellopotenziale di sviluppo.

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4.4 Gli interventi psicoterapeutici basati sull’attaccamento

Gli interventi psicoterapeutici basati sulla teoria dell’at-taccamento (Cassibba, van Ijzendoorn, 2005) prendono inconsiderazione il costrutto della sensibilità e la sicurezzadell’attaccamento infantile. L’ipotesi teorica che sostiene idiversi interventi è che la sensibilità genitoriale è un fat-tore causale di sostanziale importanza nella relazione diattaccamento: pertanto si sviluppano tecniche per promuo-verla. Gli studi sugli interventi clinici basati sull’attaccamento(De Wolf, van Ijzendoorn, 1997) analizzano dimensioni di-verse del comportamento dei genitori e tra queste la sen-sibilità intesa come la capacità di percepire il segnale delbambino e di rispondervi in maniera pronta e appropria-ta, e propongono tre approcci clinici diversi che si diffe-renziano rispetto al metodo e alla durata: alcuni interven-gono direttamente sulla sensibilità dei genitori e sono orien-tati alla modificazione del comportamento, altri sono orien-tati a favorire un supporto sociale ai genitori, altri ancoraprendono in considerazione le rappresentazioni dell’attac-camento dei genitori per predisporre ulteriori cambiamenticomportamentali. I risultati degli interventi evidenzianoche un miglioramento della sensibilità materna è correla-to a un aumento delle percentuali di attaccamento sicurotra madri e bambini fornendo anche prove di natura spe-rimentale che evidenziano la relazione causale tra sensi-bilità e attaccamento. Una prima tipologia di intervento ha come obiettivo la pro-mozione della sensibilità e della responsività materna, losviluppo sociale ed emotivo dei bambini e la loro sicurez-za dell’attaccamento, e si focalizza sul comportamento delgenitore nei confronti del bambino: i genitori vengono ad-destrati ad osservare i loro bambini per imparare a perce-pire il loro bisogno. Si procede insegnando loro ad anno-tare su un diario il comportamento del bambino (Riksen-Walraven, 1978) che poi rileggeranno con il terapeuta cheli guiderà a soffermarsi sui segnali e sulle descrizioni piùsignificative, per rilevarne indicazioni pedagogiche; ven-gano effettuate anche tre sedute di video-feedback: in unavengono riprese alcune interazioni della madre col propriofiglio, nelle altre il terapeuta ripropone alcuni frammenti

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significativi selezionati del filmato e si sofferma a rinfor-zare le risposte sensibili della madre e i segnali e le rispo-ste del bambino, attraverso commenti positivi. In alcuniinterventi viene utilizzata la tecnica di parlare «al posto deibambini« (Carter, Osofky, Hann, 1991): gli interventi geni-tore-bambino vengono videoregistrati e i filmati rivisti poicon il terapeuta che si sofferma a commentare le espres-sioni della comunicazione non verbale del bambino, tra-sformandola in un’ipotetica comunicazione verbale che ri-volge ai genitori, come se stesse parlando il loro bambino.L’intervento ha lo scopo di favorire una percezione più cor-retta e oggettiva del comportamento del bambino, integrataanche da informazioni sul suo sviluppo psicofisico, per au-mentare le competenze conoscitive genitoriali. Altri inter-venti, sempre orientati a favorire la sensibilità materna,prevedono un addestramento psicopedagogico dei genito-ri: vengono fornite indicazioni specifiche e mirate di comerispondere adeguatamente ai bisogni del bambino e forni-ti opuscoli informativi o viene proposta la visione di fil-mati che presentano interazioni diadiche ideali, modellieducativi da imitare per il genitore (Mahoney, Powell,1988). Un’altra tipologia di interventi ha invece l’obiettivo di inter-rompere la trasmissione transgenerazionale dell’attacca-mento insicuro, attraverso una modificazione delle rappre-sentazioni mentali insicure dell’attaccamento (Bakermans-Kranenburg, Juffer, van Ijzendoorn 1998; Juffer et al., 1997):l’obiettivo è il cambiamento del comportamento genitorialeinadeguato attraverso una modificazione dei modelli di rap-presentazione dei genitori o dei modelli operativi dell’attac-camento; i genitori vengono guidati a riflettere sulle loroesperienze di attaccamento attuali e del passato per ristrut-turare le rappresentazioni mentali del presente e consenti-re una relazione più sicura ed equilibrata con il figlio.Sono previste due modalità di intervento entrambe costi-tuite da quattro-cinque sessioni con un setting strutturatoa casa del bimbo: una è diretta alla modificazione del com-portamento e l’altra alle rappresentazioni genitoriali. Laprima modalità di intervento è orientata a rinforzare i com-portamenti sensibili e responsivi dei genitori, attraverso latecnica del video-feedback VIPP (Video intervention to pro-mote positive parenting): si fa uso di video-osservazioni ese-guite durante situazioni di vita quotidiana; dopo seguono

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le sedute terapeutiche che consistono nel riproporre allamadre alcuni stralci selezionati dai filmati e attraverso latecnica del video-feedback il terapeuta guida la madre a ri-tornare su momenti significativi dell’interazione, aiutan-dola a focalizzare l’attenzione sui comportamenti del bam-bino. Il protocollo propone poi una riflessione guidata suquattro temi che vengono affrontati, uno alla volta, durantele quattro sedute terapeutiche: 1) la ricerca di contatto delbambino e il suo comportamento esplorativo; 2) la perce-zione delle espressioni del bambino; 3) le risposte adeguatealle richieste del bambino; 4) la condivisione delle emo-zioni e la sintonia affettiva.La seconda modalità di intervento VIPP-R associa all’inter-vento di video-feedback le riflessioni della madre sulle rela-zioni di attaccamento attuali e del passato, con l’obiettivo dimodificare le sue rappresentazioni mentali (R) dell’attacca-mento. La madre è invitata a compilare un breve questio-nario e a partecipare alla discussione sulle tematiche di ri-flessione proposte: 1) le sue esperienze di separazione vis-sute quando era bambina e le esperienze di separazione cheil suo bambino vive attualmente; 2) il comportamento deisuoi genitori durante l’infanzia e il suo attuale comporta-mento nei confronti del bambino; 3) la separazione dai ge-nitori durante l’adolescenza e il cambiamento delle relazio-ni con i suoi genitori; 4) la riflessione sul fatto di essere fi-glia dei suoi genitori, ed essere madre di suo figlio.Le rappresentazioni dei genitori (Cohen et al., 1999) pos-sono venire modificate anche attraverso una procedura psi-coterapeutica psicodinamica (PPT) che viene rivolta a bam-bini con patologie accertate; il setting viene allestito diret-tamente negli istituti dove sono ricoverati. Durante l’inter-vento le madri sono invitate a giocare con i bambini, men-tre il terapeuta si rivolge loro e conduce la terapia. Facendouso del transfert psicodinamico, egli aiuta le madri a rac-contare del loro passato, interpretando i vissuti; l’obiettivodella terapia è una modificazione dei modelli mentali chela madre ha della sua relazione con il bambino, che le de-rivano dalla relazione di attaccamento con i propri genito-ri. La mamma viene stimolata a una comprensione del suomodo di relazionarsi col bambino, distinguendo i suoi bi-sogni da quelli del figlio. L’intervento si basa prevalente-mente sulla relazione tra terapeuta e la madre, che vieneaiutata a discutere i problemi che incontra col bambino e

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a trovare una connessione con i problemi che lei ha vissu-to a sua volta da bambina con i propri genitori. Un’altra procedura di intervento (Muir, 1992; Cohen et al.,1999) che ha sempre la finalità di modificare le rappre-sentazioni materne è denominata Www (Watch, wait, won-der): osserva, aspetta e rifletti. Le mamme sono invitate dalterapeuta a considerare questioni intergenerazionali, at-traverso le rappresentazioni con i propri genitori e con-temporaneamente vengono guidate a seguire le richiestedel bambino attraverso un approccio comportamentale;l’intervento si sviluppa attraverso brevi sedute di gioco tragenitore e bambino, videoregistrate; il genitore riceve in-dicazioni precise nel seguire la conduzione della relazionecol bambino e successivamente con la visione del filmatoviene aiutato dal terapeuta a individuare ciò che il suo bam-bino pensa e prova. È previsto un setting (Cohen, Lejkasek,Miur, 2002) in cui le diadi sono sedute a terra a giocare: lemadri vengono aiutate a osservare il bambino (osserva) maad intervenire solo su sua richiesta (aspetta), nel frattem-po cercano di comprenderne le sue esigenze (rifletti) perrispondervi adeguatamente; l’obiettivo è consentire alle ma-dri di diventare più sensibili e responsive.La terza modalità di intervento è orientata invece a fornireai genitori un supporto sociale: si basa sull’ipotesi che unsupporto sociale può essere d’aiuto in alcuni momenti cri-tici della vita del genitore, soprattutto quando avviene latransizione al ruolo genitoriale; l’intervento di tipo psicope-dagogico fornisce suggerimenti pratici, indirizza verso ser-vizi sociali e aiuta i genitori a estendere la loro rete di rela-zioni sociali; il programma terapeutico può prevedere an-che un intervento orientato a modificare il comportamentoe le rappresentazioni materne, indicato come STEEP – StepsToward Effective, Enjoyable Parenting – (Egeland et al., 2000):i genitori ricevono aiuti pratici e partecipano alle sessioni divideo-feedback che hanno l’obiettivo di migliorare la lorosensibilità, attraverso anche una riconsiderazione riflessivae critica delle proprie esperienze infantili.

4.5 Come osservare la trasgenerazionalità delle relazioni di attaccamento

Oltre alle metodologie di osservazione diretta sono stati co-

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struiti strumenti di osservazione indiretta, per poter inda-gare le caratteristiche della complessità relazionale: in ta-le prospettiva vengono valutate le relazioni di attaccamentoche i genitori hanno con i propri genitori, che consente diindividuare la transgenerazionalità delle relazioni di attac-camento (Bretherton, Munholland, 1999; Hesse, 1999); lostato mentale di un genitore rispetto alle sue esperienze diattaccamento è correlato alla tipologia di attaccamento rile-vata nel figlio. Caregiver che presentano un pattern di at-taccamento sicuro nella valutazione della AAI, hanno figliche nella valutazione alla Strange Situation manifestano al-trettanti pattern di attaccamento sicuri (Main, Kaplan, Cas-sidy, 1985; van Ijzendoorn, Bakermans-Kranenburg, 1997;van Ijzendoorn, De Wolff, 1997). Nell’ambito delle relazionifamiliari i soggetti tendono a presentare uno stile analogo aquello della loro figura di accudimento: il passaggio da unagenerazione all’altra della stessa modalità di affrontare si-tuazioni affettive ed emotive avviene attraverso i modelli ope-rativi interni, che si trasmettono dal genitore al figlio; i ge-nitori interpretano i bisogni dei propri figli a seconda del-l’esperienza che hanno avuto a loro volta con i propri geni-tori.Lo strumento più utilizzato per valutare la relazione di attac-camento nei genitori è la AAI – Adult Attachment Interview –(George, Kaplan, Main, 1986, 1996; Crittenden, 1995). Que-sta intervista semistrutturata rileva i pattern di attaccamentonei soggetti adulti, attraverso un’indagine delle loro espe-rienze infantili, in riferimento alle figure genitoriali e in re-lazione a esperienze di perdita e separazione. L’AAI è stata inizialmente costruita per studiare le rappre-sentazioni di attaccamento delle madri di un gruppo dibambini osservati durante la Strange Situation. L’ipotesi al-la base dello strumento è quella di rintracciare una con-nessione fra le esperienze di accudimento, vissute dai ge-nitori e le modalità relazionali che si sono instaurate coifigli. L’intervista permette di valutare lo «stato della men-te» del genitore relativo all’attaccamento, quale aspetto par-zialmente inconsapevole ma costitutivo della modalità del-l’adulto di rappresentarsi e di porsi nei confronti delle pro-prie esperienze di attaccamento. La AAI della Main valutalo «stato della mente» relativo all’attaccamento, attraversoun aspetto generale e narrativo del modo di porsi dell’in-dividuo rispetto alla propria esperienza. Attraverso lo «sta-

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to della mente» è possibile conoscere i modelli operativiinterni, nei loro aspetti maggiormente consapevoli, comela narrazione, ma anche i vissuti profondi e inconsapevo-li connessi e integrati con modalità differenti dai soggetti.L’intervista affronta diverse tematiche relative all’attacca-mento, a partire dall’infanzia del soggetto, attraverso ri-flessioni generali e valutazioni complessive delle esperien-ze, ma anche proponendo di definire le relazioni signifi-cative tramite aggettivi, cui collegare ricordi ed episodi spe-cifici. Le esperienze passate del soggetto vengono rievoca-te durante l’intervista e il contenuto è strettamente colle-gato agli assunti di riferimento della teoria dell’attacca-mento. Le domande sono orientate alla rievocazione dellastoria di attaccamento dell’individuo, all’esperienza del sog-getto con le figure di riferimento, durante la propria in-fanzia e alle situazioni di difficoltà, in cui l’efficacia e lapresenza del genitore sono fondamentali per la protezionee la cura del piccolo. Il soggetto viene inoltre invitato a ri-flettere sulle esperienze passate, in relazione alle sue con-vinzioni e ai vissuti attuali in quanto adulto. La durata me-dia della prova è di circa un’ora. L’intervista viene audio-registrata e, successivamente, trascritta, parola per parola,al fine di consentirne l’analisi.La valutazione dell’AAI è composta da due momenti distinti:nella prima fase i contenuti e la forma del testo vengonoanalizzati tramite l’utilizzo di scale graduate di valutazio-ne. Queste sono di due tipi: Scale dell’Esperienza Soggettiva(5 scale) per valutare le esperienze di attaccamento nell’in-fanzia del soggetto, così come da lui riportate: la finalità èquella di ricostruire la storia di vita della persona e il suobackground esperienziale rispetto all’attaccamento; le Scaledello Stato della Mente (9 scale) per valutare lo stato dellamente del soggetto al momento attuale, in riferimento allerappresentazioni di esperienze collegate all’attaccamento eall’organizzazione delle informazioni rilevanti rispetto adesso. Nella seconda fase l’intervista viene analizzata nel suo com-plesso, per poter assegnare una classificazione complessi-va dell’attaccamento del soggetto. Viene elaborato un pro-filo che include il soggetto in categorie relative ai modellidi attaccamento: modello sicuro/libero autonomo (F), ca-ratterizzato dalla capacità di organizzare un discorso coe-rente e ben integrato e dal riconoscimento dell’importan-

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za delle prime relazioni di attaccamento; modello distan-ziante (Ds), caratterizzato da distanziamento e svalutazio-ne delle relazioni di attaccamento, oppure da idealizza-zione dei genitori e mancanza di ricordi specifici relativialle esperienze con i caregiver; modello preoccupato-invi-schiato (E), caratterizzato da un coinvolgimento presentein relazioni d’attaccamento passate; modello con mancataelaborazione del lutto/trauma (U), caratterizzato dalla pre-senza di processi mentali non risolti nel discorso relativi atraumi passati; modello non classificabile (CC), caratteriz-zato dalla presenza di stati mentali contraddittori e in-compatibili o comunque scissi e scarsamente integrati ri-spetto alle tematiche dell’attaccamento. La somministra-zione e la codifica dell’Adult Attachment Interview, per lacomplessità dello strumento, richiedono così come per glialtri strumenti di valutazione dell’attaccamento, un rigo-roso training di formazione, in cui è necessario consegui-re una reliability che assicuri la validità e l’attendibilità del-l’intervistatore e del codificatore.Patricia Crittenden (1999, 2008) ha ampliato la versionedella AAI della Main attraverso un modello di lettura piùarticolato e complesso delle diverse configurazioni di at-taccamento, che consente di estendere l’indagine anche apattern che nella versione della Main vengono indicati co-me «U-Unresolved» o «CC-Cannot classify», tentando dicomprendere il modo in cui le informazioni vengono tra-sformate e come funzionano le trasformazioni se i sogget-ti sono stati esposti a minacce o pericoli, per l’integrità delloro Sé. Per la somministrazione e la codifica dello stru-mento è necessario effettuare percorsi formativi molto im-pegnativi, in cui l’intervistatore deve conseguire una at-tendibilità, sia per la somministrazione che per la codifi-ca dell’intervista.Attraverso la creazione di un Modello Dinamico Maturativodello sviluppo della relazione d’attaccamento, il DMM, laCrittenden evidenzia come la maturazione sia in interazio-ne dinamica con l’esperienza, attraverso i cambiamenti nel-la qualità dell’attaccamento che si possono riscontrare in al-cuni momenti dello sviluppo: nei periodi di maggior cam-biamento psiconeurologico del bambino, si assiste a unariorganizzazione dei processi cognitivi, affettivi e anche del-l’attaccamento (Crittenden, 1994). Il modello maturativo evi-denzia come attraverso modalità dinamiche la riorganizza-

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zione e il cambiamento possano realizzarsi a diversi livellidurante l’infanzia e l’adolescenza: assume importanza la qualità dell’elaborazione delle informazioni nell’organizza-zione dei percorsi evolutivi adattativi. Le informazioni chepossediamo nella nostra memoria riguardano il passato, equelle di cui abbiamo bisogno sono quelle per il futuro: illavoro del nostro sistema nervoso è quello di trasformarele informazioni per avere dati utili per il futuro. Le tra-sformazioni riguardano le rappresentazioni che abbiamodella realtà e possono essere di cinque tipologie: a) vera-mente predittive: predire le condizioni future; b) ometterealcune elaborazioni; c) essere erronee, quando compren-dono associazioni false tra condizioni attuali e risultati fu-turi; d) distorte; e) falsificate. Attraverso questi cinque ti-pi di trasformazione l’individuo può regolare la sua capa-cità di identificare il pericolo e proteggersi (Crittenden,1997). Da queste trasformazioni prendono origine le «rap-presentazioni disposizionali», configurazioni di attivitàneurale che sostengono l’azione e il comportamento dell’in-dividuo (Crittenden, 2008) e che corrispondono ai modellioperativi e interni. La Crittenden ha recentemente utilizzato questo termine(Crittenden, 2008) al posto di «modello operativo interno»,riferendosi alle recenti ricerche delle neuroscienze cogni-tive, che considerano le rappresentazioni multiple, nonconservate o immagazzinate in una memoria-archivio, noncome «modelli» statici, ma come processi neurologici col-legati all’attivazione di determinate reti sinaptiche, quindisottoposti a continui processi elaborativi e trasformativi.L’elaborazione delle informazioni darebbe origine a molte«rappresentazioni disposizionali», secondo i sistemi di me-moria (Tulving, 1987; Schacter, Tulving, 1994) che forni-scono un modello operativo del modo con cui è organiz-zato un comportamento: la memoria procedurale (riguar-da le informazioni cognitive); la memoria per immagini(riguarda le informazioni sensoriali e affettive); la memo-ria semantica (le informazioni generalizzate e verbali delpassato); il linguaggio connotativo (comunicazione verba-le dei sentimenti); la memoria episodica (le rappresenta-zioni multiple insieme formano episodi) a partire dai treanni di età, con una memoria di fonte, attiva dopo i setteanni. Solo dopo il sesto anno di età è possibile il funzio-namento di una memoria integrativa e riflessiva, che con-

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sente di elaborare ulteriormente e a livelli molto evolutil’informazione. I sistemi della memoria sono passibili dicontraddizioni e il processo di integrazione consente diidentificare le discrepanze e di modificare le rappresenta-zioni, soprattutto disposizionali, che permettono la sele-zione di un comportamento sempre più adeguato alla pro-tezione del sé (Crittenden, 1990, 1999). In questa prospet-tiva i diversi pattern di attaccamento hanno una funzioneadattativa allo specifico contesto in cui si presentano: nelDMM (Modello Dinamico Maturativo) viene sviluppata unaconcettualizzazione delle strategie di protezione del Sé chesi strutturano su aspetti dell’elaborazione delle informa-zioni, della cognitività e dell’affettività, che si evolvono e sicomplessificano, per fronteggiare in modo sempre più fun-zionale le situazioni di pericolo. La nozione di pericolo èun concetto fondamentale nell’evoluzione e nell’organizza-zione delle relazioni di attaccamento: l’attenzione al ruolodel pericolo e alla funzione della sessualità per la soprav-vivenza rivestono, secondo l’autrice, un ruolo predominantenell’organizzazione del pensiero e del comportamento uma-no. La qualità dell’attaccamento si manifesta attraverso l’or-ganizzazione delle configurazioni delle informazioni co-gnitive e affettive che consentono di predire il pericolo,l’adattamento ad esso e le possibilità riproduttive. Secondo la teoria dell’evoluzione, la maturazione è il pro-cesso fondamentale che accompagna lo sviluppo dell’indi-viduo nella sua crescita (Crittenden, 1997): nei processi ma-turativi del sistema nervoso centrale l’esperienza strutturaconnessioni che permettono lo sviluppo della capacità del-l’individuo di trarre informazioni fondamentali per la so-pravvivenza della specie, riguardanti la sicurezza e la ri-produzione. L’autrice sviluppa il concetto di percorsi evo-lutivi (Bowlby, 1980), che possono avere un procedimentolineare o diramarsi per nuovi percorsi: le figure affettive diriferimento consentono una continuità o favoriscono ilcambiamento contribuendo o inibendo la strutturazione distrategie di protezione del sé, che contrassegnano la qua-lità delle relazioni di attaccamento. La Crittenden, attra-verso il Modello Dinamico Maturativo DMM (1999, 2000a,2000b, 2000c, 2008), sostiene il ruolo prioritario delle rela-zioni che lungo l’intero arco di vita comportano strategiedi protezione dell’individuo. Il Modello Dinamico Matura-tivo dell’attaccamento evidenzia le competenze di risposta

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ai pericoli che l’individuo sviluppa progressivamente e quin-di si focalizza sui processi con cui i soggetti si preparanoa sopravvivere a questi momenti, più che descrivere deglistati (Crittenden, 2008).Il costrutto della configurazione di attaccamento è un co-strutto dimensionale, più che categoriale: attraverso ilDMM è possibile sviluppare una lettura più articolata e di-namica delle modalità di organizzazione della personalità,delle informazioni affettive e cognitive, in riferimento al ti-po di pericolo da cui il soggetto si difende. Gli aspetti evo-lutivi presenti nel DMM consentono di prevedere sottofi-gurazioni, collegate a organizzazioni sempre più articola-te dei processi sottesi alle configurazioni tradizionali di ela-borazione delle informazioni cognitive e affettive: è inte-ressante pertanto vedere come le varie configurazioni di-ventano più complesse con lo sviluppo, articolandosi insottofigurazioni che derivano dall’interazione dell’espe-rienza con la maturazione, consentendo una espansionedelle configurazioni classiche (A-Sicuro, B-insicuro evi-tante e C-ambivalente, D-disorganizzato) dell’attaccamen-to (Main, Solomon, 1986). In particolare il Modello Dinamico Maturativo comportamolte compatibilità con altre teorie come quella psicodina-mica, cognitiva, sistemica e cognitivo-comportamentale,orientandosi sulla natura dei processi mentali in situazionipsicopatologiche. L’autrice sviluppa l’ipotesi che i pattern diattaccamento possono cambiare nel corso della vita, non sol-tanto in concomitanza di eventi particolari o di psicotera-pie, ma anche per l’apprendimento di nuove modalità di let-tura della realtà, dovute alla evoluzione di forme di pensie-ro che diventano sempre più organizzate con il progrediredell’età. Secondo l’approccio dinamico maturativo la matu-razione si presenta in interazione dinamica con l’esperien-za, consentendo potenzialità di cambiamenti nella qualitàdei pattern di attaccamento, mediante delle «riorganizza-zioni» (Crittenden, 1994, 1995, 1997), che consistono in pro-cessi dinamici di cambiamento e di ristrutturazioni che sipossono verificare nella qualità dell’attaccamento in diversimomenti della crescita, fino all’età adulta. Un’altra osservazione indiretta, attraverso l’uso dell’inter-vista, è la Parent Development Interview (Slade et al., 1992),che valuta la qualità della relazione caregiver- bambino. Lostrumento è costituito da 45 domande e necessita di un’o-

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ra e mezzo-due di somministrazione: nella prima parte sichiede ai genitori di descrivere il loro bambino, attraversocinque aggettivi che descrivano la loro relazione con lui;viene poi richiesto di indicare le somiglianze tra il bambi-no e i due genitori e infine di descrivere la loro relazionecon lui. Molte delle domande sul comportamento del bam-bino sono seguite da domande che approfondiscono la per-cezione e la rappresentazione genitoriale della relazionecon il figlio. La seconda parte valuta la descrizione che igenitori fanno di se stessi come caregiver e le somiglianzeche riscontrano con i rispettivi genitori; vengono poi an-che indagate le reazioni del bambino alle normali separa-zioni. La codifica viene effettuata attraverso scale di tipo dimen-sionale a nove punti, che permettono di descrivere le di-verse caratteristiche affettive del bambino. I trascritti ven-gono analizzati secondo tre dimensioni: 1) la rappresenta-zione genitoriale della propria esperienza affettiva (inten-sità, riconoscimento e modulazione della rabbia; stato dibisogno del genitore; intensità, riconoscimento e modula-zione dell’ansia di separazione; intensità e riconoscimen-to della colpa; esperienze di gioia; senso di competenza; 2)la rappresentazione genitoriale dell’esperienza affettiva delbambino (rappresentazione della rabbia; rappresentazio-ne dell’ansia di separazione, e della dipendenza); 3) lo sta-to della mente genitoriale rispetto al bambino (la coeren-za del racconto rispetto alla ricchezza delle percezioni).Esiste anche una dimensione che misura la capacità dimentalizzazione del caregiver: analizza la consapevolezzache il genitore ha rispetto alla natura degli stati mentalisottostanti ad un determinato comportamento, delle lorocaratteristiche e del loro cambiamento evolutivo.

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