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Luca Litrico ebook 2013

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Luca Litrico ebook 2013

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Le immagini riprodotte in questo libro

appartengono all’Archivio Sartoria Litrico

e rappresentano i momenti più importanti della

storia della Sartoria:

Sfilate, Personaggi e Protagonisti della Maison.

Si ringrazia:

Rosella Batocchioni

Marco Bruschini

Antonio Calicchia

Carmine Caracciolo

Leila Pajella

Fotografie:

Archivio Sartoria Litrico

Stefano Cesaroni

Maurizio D’Avanzo

Palmiro Muci

Fiorenzo Niccoli

Maurizio Righi

L’Archivio Sartoria Litrico

è stato dichiarato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali

in data 07 novembre 2008

di Interesse Storico Particolarmente Importante

ai sensi degli art. 13 e 14 del dlgs. N° 42/2004.

Nessuna parte di questo libro

può essere riprodotta o trasmessa

in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo

elettronico, meccanico o altro

senza l’autorizzazione scritta del proprietario dei diritti.

Per gentile concessione dell'Archivio Sartoria Litrico ©

Tutti i diritti riservati sono di Luca Litrico

Riproduzione vietata

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SOMMARIO

15 Un siciliano alla conquista del mondo

21 Lo stile che piace ai potenti

29 L’Atelier come un salotto

37 L’eleganza di Litrico

41 La mia linea - Angelo Litrico

45 Franco, la continuità

53 Ragazzi, che successo!

56 Alfabeto del “su misura”

57 La nuova generazione

62 Dizionario sartoriale

65 Rassegna stampa

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Il guardaroba maschile è una di quelle invenzioni chesembrano aver raggiunto da sempre la perfezione.Quindi sono immutabili. Perfetta la giacca e i pantaloni.Quali tocchi di novità vuoi portare a una camicia o a unpaletot? Di quanti millimetri puoi spostare il revers diuno smoking o le code di un tight? Ma ci sono personenella storia della moda che sanno osare e andare avanti,sanno proporre di più pur restando nei canoni del bello.Angelo Litrico era uno di questi personaggi e il bel vesti-re su misura lo celebra per aver osato. Sarto e stilista,innovatore, perfetto press agent di se stesso, univa allasapienza del taglio e alla disciplina del buon gusto classi-co anche una voglia di andare avanti che è assurta allecronache non solo mondane, ma anche politiche. Nonsolo italiane ma anche mondiali. La sua moda è arrivatasui banchi dell'Onu indosso a uomini potentissimi, prota-gonista di uno degli episodi più noti della sua vita che nevanta tanti. Per quello che riguarda le piccole e grandirivoluzioni, è stato lui il primo a intuire che anche lamoda maschile doveva sfilare. E l'ha mandata in passerel-la. Ha introdotto di nuovo il colore nell'armadio maschi-le, è stato un antesignano firmando per primo abiti diprêt-à-porter maschile con la Lebole. E forse può vera-mente vantare questo primato, a inventare il testimonial,donando e avvicinando a sè personaggi famosi che "por-tavano" la sua bravura per il mondo. I giornali gli hannodedicato più articoli che a un re, i salotti mondani se losono conteso. Ha lasciato un fratello, Franco, che ha con-tinuato la sua opera e ora ci sono i nipoti Luca, Fabio,Barbara e Francesca a portare avanti la bella griffe difamiglia.Angelo Litrico nacque a Catania. Era il 1927 quandovenne al mondo in una famiglia numerosissima. Il papàera pescatore. Nelle biografie si racconta, il numero vienecitato anche per sbalordire, della mamma che lavorava

UN SICILIANOALLA CONQUISTADEL MONDO

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nella manifattura tabacchi e che ebbe ventiquattro gravi-danze. In realtà i bambini nati furono dodici, come fratel-li e sorelle erano già un bel numero. Si dice della nonnache gli diede le prime mille lire con cui mantenersi aRoma. Roma. Infatti Angelo scalpitava, si sentiva artistagià da piccolo. Sapeva fare tante cose e ci teneva a dimo-strarlo. Smessi gli studi giovanissimo, a diciassette anniera già a lavorare da un sarto catanese. Ma la città glistava stretta, approdò nella capitale. Prima in una sarto-ria in periferia. La sua fortuna viene proprio dalla sua lar-ghezza di vedute, dalla sua voglia di emergere, e da unabanale querelle per uno smoking. Il sarto presso il qualesi era appoggiato era modesto, forse un po' ristretto dimente e così finirono per litigare. Proprio per un abito dasera. Angelo voleva andare ad una prima all'opera allaquale era stato invitato, lo smoking era di rigore e luivoleva cucirsene uno. Lo voleva fare in atelier, nelle orefuori orario, ma all'artigiano non stava bene. "Chi lavoraqui non cuce smoking", dichiarò senza mezze misure. Ealtrettanto deciso Angelo tagliò i ponti come li avevatagliati con la Sicilia. Lo smoking era pronto, lo avevacucito da un altro sarto, questa volta con bottega più incentro. In via Sicilia, vicino a via Veneto. Il nome dellastrada per lui era già tutto un programma. Era beneaugu-rale. Profumava delle sue zagare. Andava benissimo.L'abito da gala c'era e era anche parecchio bizzarro. Laserata all'Opera era conquistata. E così anche il primocliente altolocato. Fu Rossano Brazzi, attore famoso euomo di classe, a notare nel foyer quel giovanotto vestitoin modo diverso dagli altri. Gli chiese chi era il suo sarto.Saputo che lo aveva fatto per se stesso lo scelse, da quelgiorno, anche come proprio maestro di stile. E Brazzi fuda allora ancora più elegante. Litrico aveva preso lavoro in quelli che si chiamavano"posti di banco", erano postazioni che i sarti affittavano agiovani che volevano imparare e nello stesso tempocrearsi una propria clientela. Angelo lavorava sodo.Brillavano i suoi occhi neri, quel ragazzo dalla carnagio-ne olivastra e i capelli color corvo era simpatico a tutti. Lodefinivano: un bravo giovanotto. Era espansivo, genero-so. E nel 1959 era già famoso. La sartoria era passata a lui,i clienti di gran nome fioccavano. Era il 1951. Attori,diplomazia, uomini politici. La moda italiana andava peril mondo. Anche in Russia, nel 1957. Mosca era una dellemete. Perchè non fare una sfilata? Ma, pensò AngeloLitrico, come ci si poteva presentare in Russia senza unregalo? E perché non farlo all'uomo più potente? Chi?Nikita Krushev, ovvio. Le misure vennero prese a occhiosu un giornale. Litrico consegnò in dono al Kremlino uncappotto. Ricevette in cambio una macchina fotografica, � ���� �������������������������� �� ��

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ma la figlia e il genero del premier sovietico portarono alsarto anche le misure esatte di Krushev. Era fatta. Nikitachiese, in previsione di un viaggio negli Stati Uniti, unguardaroba completo. A rendere quel look totale eraanche un bel paio di scarpe. Quelle, celeberrime, che lostatista sbattè sul tavolo dell'Onu durante una memorabi-le seduta. Nel 1959. Le scarpe, il guardaroba, niente del-l'eleganza di Krushev era passato inosservato ai giornali-sti. E dopo quelle scarpe battute sul tavolo tutto il mondovolle sapere chi ne era l'autore. E il globo intero lo seppe,perchè l'uomo politico raccontò che per favorire il "disge-lo" aveva scelto come sarto un italiano. Ne parlaronogiornali di ogni dove, in trentasette lingue. E' stato il primo a portare su una passerella solo abitimaschili, senza alcun modello da donna. E' stato il primoa siglare un contratto con la Lebole. Ha aperto la stradaalla moda occidentale nel Paese del Sol Levante, perprimo ha firmato un contratto con una azienda giappone-se per produrre moda da uomo. E' stato geniale, come conKrushev, nell'offrire abiti, in amicizia, a grandi personag-gi che poi sono diventati suoi clienti. Nell'atelier di viaSicilia, e ora in quello bellissimo di piazza Campitellidove lavorano i nipoti Luca, Fabio, Francesca e Barbara,sono appese le foto con dedica di persone che hanno fattola storia. Ci sono Eisenhower, a cui regalò un costosissi-mo cappotto di vigogna, Kennedy, Nixon, Re Hussein,Tito, Peron, Umberto di Savoia, McMillan. Ecco i presi-denti italiani Gronchi e Leone. Ci sono artisti comeDorazio, Manzù, Carpi, Consagra, Caron, Verdirosi,Benaglia, Sinisca, Mastroianni che gli hanno fatto dedichesui quadri e sugli schizzi. Gli uomini di spettacolo non sicontano: tra loro Richard Burton, Mastroianni, Nazzari,Gassman, Domenico Modugno, Carlo Dapporto,Maurizio Arena. Perfino il grande Emilio Schubert,couturier di dive, dichiarava che Litrico lo aveva reso ele-gante. La storia vuole che anche un grandissimo comeValentino abbia avuto a che fare con lui, iniziando la suacarriera proprio nell'atelier di Litrico. I musicisti che sisono affidati alle sue forbici sono tantissimi, tra loroGelmetti, Schippers, Sinopoli. Christian Barbard è statotra i suoi clienti e amici più affezionati, Angelo Litricospesso gli ha portato bambini malati che il grande chirur-go, primo a fare un trapianto di cuore, ha poi operato aCape Town.Angelo Litrico è morto il 13 marzo 1986. Come tutte lepersone geniali lascia dietro di se rimpianti ma anchefama, e tanta voglia di continuare un nome glorioso. Perquesto i nipoti, che gli somigliano come somigliano alpadre Franco nella discrezione e nella gentilezza, neltalento e nella riservatezza, sono già all'opera.

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Quali sono le grandi innovazioni che hanno reso cosìfamoso Angelo Litrico? Cosa si legge sulle cronache deigiornali dal 1960 in poi sulla sua griffe? Da quel "posto dibanco" in via Sicilia alla sartoria propria, dal primo smo-king di seta visto da Rossano Brazzi e tanto desiderato davolerne uno uguale, fino alle passerelle e alle recensionisui giornali c'è sempre una specie di sbalordito diverti-mento da parte dei giornalisti a raccontare la storia delsarto. Nel 1958 le cronache mondane riportano cheEleonora Rossi Drago ha subito l'ottava operazione alnaso, che Gustavo di Svezia è stato nominato membrodell'Istituto Etrusco di Firenze e che Angelo Litrico hamandato un cappotto al Generale de Gaulle e nello stessoanno gli stilisti puntano sulla moda a sacco; altri articolititolano: “Un sarto italiano conquista Londra”. Chi è? Lui,sempre lui. Litrico. Si sfila a Roma con l'alta moda, ci sonoSarli, Maria Antonelli, Mingolini, Guggenheim a andarein scena nella capitale. E Litrico è lì, mentre c'è chi nellestesse giornate presenta a Firenze come Simonetta,Marucelli, Capucci, Veneziani, Schubert, La Tessitrice. E'la scissione che poi porterà la gran sartoria definitiva-mente sotto il cupolone. Sempre nel 1958 scrive di Litricoanche Maurizio Costanzo, su L'Appennino e il sarto,dicono trafiletti e foto, va in Brasile con i suoi abiti. Brunetta Mateldi, celebre disegnatrice, gli invia letterecon su disegnate rose rosse e gli fa un mucchio di compli-menti per i suoi modelli. Nel 1959 c'è una foto di un suoabito e la didascalia “ecco come dovrebbe vestire un gio-vane elegante”. A corredo di un articolo sui Teddy boys esulla Gioventù bruciata, fenomeno del momento. MaLitrico va. Va ovunque la sua voglia di esserci lo porti.Va ad esempio a sfilare su un transatlantico: si chiamaOlympia. La moda italiana porta la sua passerella abordo. E Litrico racconta così la sua linea: la silhouette è

LO STILE CHE PIACE AI POTENTI

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allungata, la giacca piuttosto lunga, le spalle dritte e dimoderata ampiezza, i pantaloni sono dritti dal ginocchioin giù e quando sono da mattina hanno risvolti. E' il gen-naio del 1958, anno di tanti eventi, uno resta indelebilenel mondo della lirica: la Callas abbandona il palcosceni-co al primo atto della Norma. C'erano Giovanni Gronchie donna Carla, Andreotti, diplomazia, politica, gente d'ar-te quando il soprano mollò lì l'opera. Il gossip riporta cheSchubert sfavillava in un originale smoking di seta grigiaconcepito dal suo amico e sarto Angelo Litrico. BelindaLee flirta con il principe Filippo Orsini, sposatissimo, edè scandalo. Intanto Angelo manda un bel panciotto aMcMillan. E' il 1960 e il sarto lancia la linea Sportsman, chiaro c'era-no le Olimpiadi a Roma e nessuno meglio di lui, scaltro egeniale, poteva cogliere al volo l'occasione di legare unacollezione all'evento mondiale. Così descrive a SandroMorriconi de Il “Corriere del giorno” l'uomo a cui la dedi-ca: "Lo sportivo del 1960 non è più quello di una volta.L'apparenza robusta, diciamo pure pesante dell'uomosportivo di un tempo è del tutto superata. Per intendercila mia nuova linea non fa Mister Muscolo. Ho preso adesempio e modello la statua del Discobolo. In essa tutta labellezza del corpo umano appare contenuta e superba".Come ci vedeva lungo. Quindi la larghezza delle spalle,dichiara, non supera la linea naturale. Nello stesso anno partecipava ad una sfilata con Sarli eValentino. E ancora sulle cronache del tempo il titolodiceva: "Dalle giacche da uomo sono scomparsi i bottoni".Era sempre lui che gettava scompiglio nelle calme acquedella moda maschile. Che per altro aveva altri grandi pro-tagonisti, tra cui Brioni, Caraceni, Datti, poi ci sono statiPiattelli, Palazzi e tanti altri nomi che hanno segnato gliinizi del Made in Italy. Insomma le giacche avevanoperso uno dei decori-accessorio fondamentali che diven-

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tavano coperti dal tessuto e quindi invisibili; è solo unadelle tante “inversioni” che Litrico portò sulle pedane. Il sarto riceve lettere e cartoline, dediche, quadri, schizzi.Gli scrive Fernanda Gattinoni, lo inondano pittori e scul-tori. E nelle foto si vede sempre sorridente, uomo dimondo e di society.Passano gli anni tra allori, sfilate, mondanità, personaggisempre più importanti. E' il 1981. L'alta moda romana,stupisce leggerlo, era già in crisi. Nanda Calandri su “IlMessaggero” scrive: “si pensa all'estate, ma i grossi nomidove sono finiti?” Già allora. Intanto lui, Litrico rivolge lesue attenzioni al guardaroba di un Papa. Sul SoglioPontificio c’era già Giovanni Paolo II. Per il Papa viaggia-tore il sarto che non si ferma mai e ne inventa di tutti icolori, idea una mantella-soprabito da elicottero. Per lepasseggiate in Vaticano vede bene una giacca in lanarossa e bianca su abito immacolato. Nel 1985 la moda diValentino trionfa e Litrico presenta, dice Derna Querel,"lino materizzato color argenteo, lanette leggere, fantasio-si blouson, mantelli bianchi da sera su impeccabili smo-king di taglio insolito".Nel 1986 Angelo Litrico se ne va. Restano i suoi vestitieleganti, qualche volta stravaganti, realizzati da mani abi-lissime in una vera sartoria. L'abilità dei sarti italiani cheè nota nel mondo, tutto questo e molto di più riunisce inse questo artigiano che ha guardato avanti. E' statomodernissimo nella concezione della moda e nel sapergestire comunicazione e immagine: ma senza il talento ela perfezione sartoriale tutto ciò sarebbe stato niente.Restano gli abiti, il taglio, i punti dati a mano su tessutipregiatissimi. Restano e vanno avanti con il nome e con igiovani nipoti che lo porteranno per altri continenti. Sualtri personaggi, con ancora l’amore per la sartoria che èstoria tutta italiana.

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Lasciato alle spalle il periodo bellico, nel decennio succes-sivo il nostro Paese sentiva voglia di spensieratezza anchegrazie allo sviluppo economico dovuto alla ricostruzione.Era la fine degli anni '50; in quel periodo impazzava tra igiovani la Vespa, simbolo di libertà nato da un ideageniale di Enrico Piaggio per chi non poteva permettersiun'automobile.La Capitale era teatro di tantissimi set cinematografici e lepiazze offrivano ai registi uno scenario perfetto. NascevaHollywood sul Tevere. Nella notte di Ferragosto del 1958un fotografo a caccia di notizie arrivava allo scontro fisi-co con alcuni personaggi: è l'inizio della "Dolce vita" chepoi verrà immortalata da Federico Fellini nel suo film piùcelebre; da quel momento la Capitale entrava nell'imma-ginario collettivo e Via Veneto era il salotto "buono" doveintellettuali, artisti, aspiranti attori e registi avevano lapossibilità di incontrarsi e scovare buone possibilità dilavoro.Tante erano le strade e le piazze di Roma frequentate dapersonaggi famosi o che lo sarebbero diventati negli annisuccessivi; al Caffè Greco si potevano incontrareUngaretti e Vitaliano Brancati; il caffè Strega era il regnodi Guttuso e della sua corte di amici e ammiratori; ai tavo-li di Rosati facevano l'alba Pannunzio, Moravia e Calvino.Via Veneto era invece, come diceva Ennio Flaiano, unaspiaggia in città, con la sua fila di ombrelloni e i tavoliniall'aperto. Tra i tanti volti sconosciuti non era difficilenotare personaggi famosi come la vulcanica LindaChristian, Soraya, Elizabeth Taylor, Gina Lollobrigida oSofia Loren alle sue prime uscite con il suo pigmalione,Carlo Ponti.Allora come oggi alcuni "grandi" aprivano i loro salotti apochi, selezionatissimi amici; uno di questi era sicura-mente il sarto siciliano Angelo Litrico. La notorietà rag-giunta da Angelo in quel periodo era tale che nel suo ate- �������� � �����+ ���!�����

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L’ATELIER COME UN SALOTTO

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lier si davano appuntamento tutti i personaggi delmomento: era facile incontrare Anna Magnani, icona delneorealismo grazie alla pellicola “Roma città aperta” e algeniale regista Roberto Rossellini che aveva saputo rico-noscerne l’innato talento trasformandola in una diva.Erano anni di intenso fervore creativo per Angelo, cheportava una ventata nuova nel guardaroba maschile, malo erano anche per i suoi amici artisti come il grande AldoFabrizi che strizzava l’occhio alla televisione; NinoManfredi, che dopo anni di indiscusso successo comeattore, affrontava la sua prima importante regia con ilfilm “Per grazie ricevuta” accanto a Mariangela Melato;come Luciano Salce, come Ugo Tognazzi, attore “a tuttotondo” capace di spaziare su qualunque registro, che siaccingeva ad interpretare ruoli evitati come la peste daisuoi celebri colleghi.Ma la lista delle celebrità che frequentavano l’atelier-salotto di Angelo Litrico sembra non finire mai: daVittorio Gassman a Omar Sharif, da Domenico Modugnoa Silvana Pampanini, da Giacomo Manzù a CarloDapporto, da Renato Rascel a Raffaella Carrà, dalle sorel-le Kessler a Anna Maria Ferrero, da Christian Barnard aGiulio Andreotti.Qualche volta Angelo amava ricevere anche nella serenaquiete della sua tenuta di Zagarolo dove faceva gli onoridi casa mamma Annunziata. Là era spesso ospite UrsulaAndress. Ma l’atelier certamente restava come l’impaga-bile nicchia dove fervevano le idee. Chissà quante discus-sioni, quante nuove intuizioni sono nate ed hanno presoforma tra spilli, forbici e rotoli di stoffe preziose cheAngelo sceglieva con cura amorevole in ogni angolo delmondo... Insomma, dovendo inventare uno slogan per ilsalotto Litrico, “Il coraggio di osare” sarebbe calzato apennello, visto l’entusiasmo, la creatività e soprattuttol’ambizione di raccontare qualcosa di nuovo, nella modacome piuttosto nel cinema o nell’arte che univa in un solocomune denominatore i frequentatori del salotto-atelier.Dopo la morte di Angelo, il fratello Franco ha continuatosulla scia di una tradizione che non era solo eleganzanella più alta accezione del termine, ma anche “savoirvivre” e piacere di ricevere, arricchendo di una carrella-ta di personaggi l’album di famiglia.Volti importanti, volti prestigiosi, volti significativi, clien-ti ed amici del mondo della politica, dell’arte, del cinemache papà Franco ha lasciato come eredità preziosa ai figliLuca, Barbara, Francesca e Fabio, che oggi proseguono ilcammino tracciato da Angelo Litrico con la stessa deter-minazione, lo stesso entusiasmo, con lo stesso inconfon-dibile stile.

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"Buon gusto più eleganza, più eleganza, più cuore sicilia-no, più sorriso e sorriso e sorriso", così gli scrivevaCarmen Miranda. Queste erano le parole per elogiare unsarto e un amico. Ma quali erano i suggerimenti, allora,che Angelo Litrico dava ai fans e ai clienti? Leggiamo suuna nota che otto tipi di accessorio consentono l'utilizzodi un abito in otto circostanze differenti. La prima dicarattere sportivo, l'altra per ufficio o passeggio,la terzaper cocktail o impegni. "Sono convinto che un abito possaservire per più momenti. Vorremmo che un uomo potes-se avere un abito per ogni occasione. Dato che le occasio-ni importanti sono almeno una dozzina, ne consegue cheogni uomo dovrebbe possedere almeno una dozzina divestiti". Ecco gli abiti per le dodici occasioni. Il trattatello diLitrico, che come si vede, si riferisce a un tempo lontanoda quello di oggi snocciola vestiti e accessori. È interes-sante notare come si viveva allora, quanta differenza c'ècon oggi. Dunque l'elenco del sarto di Catania dice cheservono almeno: 1) abito a un petto tre bottoni2) abito per sport a due pezzi, giacca a un petto tre bottoni3) abito da viaggio un petto tre bottoni4) abito per pomeriggio due petti due bottoni5) abito per cocktail un petto un bottone, risvolti a lancia6) abito da sera smoking in varie fogge7) abito da sera frack classico8) abito da cerimonia tight9) abito mezza cerimonia giacca scura pantaloni chiari10) abito per mare due pezzi giacca blu pantaloni chiari11) abito per sport preferito: golf, tennis, bocce ecc12) abito per tutte le ore. Dodici abiti sono tanti, difficile che un uomo oggi, perquanto impegnato e arrivato, li possieda tutti. Certo allo-

L’ELEGANZADI LITRICO

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ra era il tempo in cui ci si poteva permettere il lusso ditornare a casa e di sostituire la toilette da pomeriggio conquella da sera. Tutto è cambiato. C'è di nuovo, da parec-chio tempo a questa parte, che il prêt-à-porter, di cuiLitrico è stato un antesignano, ha in molti casi preso ilposto del su misura. Gli stilisti sono arrivati alla grande nel settore. Armanicon le sue giacche destrutturate, Versace con il nero cheimpone la sua grinta e fa diventare ogni uomo un “manin black” misterioso. Ferrè con i suoi giochi di raffinatez-za, Prada ultimamente con l'aria finta dimessa e uno stileche non si confonde. Gucci, Fendi, tanti altri vendononelle boutique sparse in tutto il mondo moda italiana chefa parlare e ci colloca tra i primi come produttori e espor-tatori. Sono italiane le migliori industrie del settore, vengono aprodurre nelle nostre fabbriche le più celebri griffe delmondo. Nascono in casa nostra tessuti che raggiungonoincredibili livelli di raffinatezza. C’è in Italia, a Firenze, ilpiù prestigioso salone di moda maschile del mondo: PittiImmagine Uomo.Ma... C'è un ma gigantesco. Il vero elegantone veste insartoria. Amano il su misura anche sarti come Valentino,lo adorano tutti quelli che apprezzano il valore di unagiacca e un pantalone che sta sul corpo come una secon-da pelle. Perché la grande differenza tra il confezionato el'artigianale sta proprio in quella dimensione umana, nonsolo del rapporto con l'atelier e con chi ci lavora. Masoprattutto con il proprio corpo. Un corpo che non devefingere di essere altro e perciò adattarsi a quello che èstato pensato magari per un modello bello, giovane ealtissimo.La sartoria aiuta a essere se stessi, fa sentire bene nei pro-pri panni. Il tessuto viene scelto tra i tanti che il sarto asua volta ha già selezionato tra i grandi produttori italia-ni, inglesi, francesi. Poi c'è il rito delle misure, c'è la manodel sarto che sfiora la figura per conoscerla meglio quan-do taglierà la stoffa. E siamo alla prima prova. Sempre un minimo di emozio-ne per quel momento in cui l'opera del sarto si confrontacon chi gli ha commissionato l'abito. Un'altra prova, iritocchi. Lo sguardo alle asole fatte ad hoc per aprirsi,come eleganza vera comanda. E via il vestito è pronto.Pronto per una vita. Lo sa chi riesce a mantenere le stesse misure, chi puòrimettere un vestito facendogli apportare solo qualcheminimo ritocco. Il suo vestito. E quello di un sarto comeLitrico.

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La filosofia della moda Litrico dopo la scomparsa, nellaprimavera del 1986, del geniale Angelo che nel campodello stile maschile aveva fatto tanto rumore, proseguenella tradizione per mezzo dei suoi fratelli Franco e Giusi,che fin da giovanissimi lo avevano seguito nel suo lavo-ro.L’incontro di Franco con l’universo della sartoria fusugellato da un aneddoto ben preciso. Durante una delletante presentazioni dei modelli della Casa, un indossato-re non si presentò e dopo attimi di panico in backstage lascelta cadde su Franco che aveva le stesse misure delmodello indisciplinato. Da quel momento la silhouette diLitrico Junior rappresentò la sartoria e Franco calcò imigliori palcoscenici del su-misura maschile di queglianni. Ma, nonostante i numerosi impegni nelle passerelle ditutto il mondo, giorno dopo giorno, stando a contatto coni tessuti, ago, filo e forbici iniziò il suo apprendistatoanche nella parte sartoriale, respirando nel laboratorioquella energia creativa che da sempre contraddistinguevala casa di moda siciliana.“Un abito Litrico - diceva Franco - non si ispira mai allastrategia consumistica, ma è destinato a durare neltempo, grazie alla mano d’opera e alle migliaia di punti,quasi tutti dati a mano, perchè l’80 % del lavoro realizza-to su un vestito è sempre nascosto. È importantissima lascelta dei tessuti, necessariamente esclusivi, filati appostaper noi. E poi siamo sempre disponibili a soddisfare lerichieste particolari del cliente, anche quelle che a primavista possono sembrare delle piccole eccentricità e cheinvece sono delle esigenze o delle gratificazioni impor-tantissime per chi si rivolge a noi”.Tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dell’ultimo decenniodel XX secolo Franco e Giusi siglarono un raffinato guar-

FRANCO,LA CONTINUITÀ

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daroba maschile; nello stesso tempo acquisirono il mar-chio “Clara Centinaro”. L’universo femminile entrò quin-di per la prima volta nella sartoria catanese.Dopo breve tempo Franco prese da solo il timone dell’a-zienda disegnando superbe creazioni d’alta moda cheben presto vennero trasformate anche in prêt-à-porter ecommercializzate in tutto il mondo.Franco, infatti, aveva subito intuito che le nuove genera-zioni avevano esigenze diverse e il ritmo incalzante e fre-netico dei nuovi manager rampanti, che passano conassoluta nonchalance da un meeting di lavoro ad unacolazione o ad una soirée mondana, andava assecondatocon abiti eleganti, curati nei dettagli pur non essendo sar-toriali. In quel periodo le passerelle maschili di MilanoCollezioni e di Pitti Uomo a Firenze pullulavano di indos-satori palestrati che ostentavano giacche con spalle gigan-ti che esaltavano le loro forme. Erano gli anni d’oro delMade in Italy, con Valentino, Armani, Ferrè, Versace chedivennero in breve i nuovi ambasciatori dello stile italia-no nel mondo. Intanto le sartorie lavoravano chilometridi soffici cachemire e morbidi tweed e i maghi dell’agocucivano sapientemente abiti per chi sentiva l’esigenza diun’eleganza personalizzata. Anche Franco continuava nella tradizione di famiglia coc-colando la sua nuova clientela formata da politici comeGiulio Andreotti ed Emilio Colombo.Il mondo dello spettacolo era rappresentato da OmarSharif, Raul Bova, Domenico e Massimo Modugno, men-tre tra gli sportivi diventò cliente affezionato il tennistaBjorn Borg e non mancò neppure uno scienziato: ilPremio Nobel Renato Dulbecco. Seguendo le orme delfratello Angelo, Franco Litrico iniziò a inviare abiti dise-gnati appositamente ad alcuni Capi di Stato in occasioniimportanti. L’episodio più clamoroso fu quello che riguardò MichailGorbaciov. Era l’anno 1987 e la Maison Litrico inviòall’ambasciata dell’ex Unione Sovietica un intero guarda-roba da consegnare al Capo di Stato. Il Premier avrebbedovuto indossare gli abiti durante l’incontro con RonaldReagan a Washington, in occasione della firma dell’accor-do che riduceva l’impiego dei missili delle super potenze.Quando Franco Litrico, non avendo ricevuto rispostachiese notizie, gli fu detto che degli abiti non c’era nessu-na traccia. Peccato. Gorbaciov non aveva neanche potutoammirare quei capolavori sartoriali che arrivavano daRoma. Si erano probabilmente persi nei meandri dell’am-basciata.

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Le cronache dell’epoca ci segnalano che uno dei primi trai primi indossatori di Litrico è stato Angelo Negri, unafigura dai lineamenti mediterranei. Negli anni ‘50 i ragaz-zi andavano in pedana in maniera naturale senza ondeg-giare ma nemmeno correre alla bersagliera. Altrimentichi doveva notare il vestito e eventualmente ordinarlonon sarebbe riuscito ad ammirarlo. I modelli dovevanoessere eleganti senza eccedere nell’esibizionismo; unuomo non aveva certo bisogno di farsi notare anche sedesiderava vestirsi con più libertà; l’abito rappresentavaun modo di esprimere la propria personalità, visto che siusciva dalla caduta delle dittature e si ritrovava il gustodella vita.Subito dopo sarà la volta dei modelli hippy e anticonfor-misti come lo erano i giovani post-sessantottini. La carrel-lata prosegue con l’alternarsi di uomini iper elegantiinterpretati da modelli come Dario Comessi, CorradoMonteforte e Olindo. Agli inizi degli anni ‘80 è l’avvento dei ragazzoni ameri-cani che per la prima volta sbarcano sulle passerelle delnostro paese. Sono i tempi d’oro del Made in Italy e gliambasciatori dello stile sono Armani, Valentino, Versacee Ferrè; ma per questi giovani fare gli indossatori era solouna parentesi della vita. Alcuni di loro approdavano inpedana per caso o per volere del destino. Spiccavano ilvolo verso gli show internazionali, magari con l’idea dipagarsi l’università o solo per mettere da parte il gruzzo-letto per le vacanze. Sui capi che indossavano sono statiscritti fiumi d’inchiostro.Intanto nella capitale c’era un nutrito gruppo di indossa-tori che facevano perdere la testa alle signore delle primefile; avevano una forte personalità e sapevano interpreta-re con classe un abito. Arrivavano dalla Tuscolana,Prenestina, Eur, Magliana, Parioli, Aurelia, Ostia. Tra i

RAGAZZI,CHE SUCCESSO!

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nomi ricordiamo: Carlo Uberti, Massimo Gradini,Alessandro Mazzini, Fulvio Valente, Enzo Gudia, LinoBonanni, Michele Fio. E poi troviamo Stefano Scioscia, Fabio De Chiaro, JonisBascir, Roberto Morbinati, Paolo Lombardi, BrandoGiorgi e Marco Vricella. Vivevano in un turbinio di sfila-te, servizi fotografici, appuntamenti, viaggi.Dopo aver calcato chilometri di passerella oggi hannoabbandonato la pedana diventando liberi professionisticome: medici, poliziotti, assicuratori, architetti, infermie-ri specializzati, dirigenti postali. Qualcuno ha intrapresola strada del cinema e della TV, altri hanno preferito rima-nere nell’ambiente della moda organizzando sfilate, macerto tutti ricordano con nostalgia quei momenti magicisotto ai riflettori.Da sempre i modelli in passerella si rinnovano veloce-mente; oggi un piccolo esercito di nuovi belloni avanzasempre di più sulla scena della vanità al maschile; hannofisici scultorei quasi a renderli oggetto del desiderio del-l’universo femminile.Ecco allora i modelli capitolini che ancora una volta tro-vano la loro massima espressione nelle performancesdella Maison Litrico: il tenebroso Daniele Abbafati, dailineamenti forti e decisi; Fabrizio Lisi, dal corpo palestra-to, ricoperto di tatuaggi e con i capelli rasati, vera espres-sione della mascolinità dei nostri giorni; ArmandoLegrottaglie, invece, senz’altro l’uomo ideale: occhiazzurri, labbra carnose, capelli biondi e spettinati, incar-na il mito dal moderno principe azzurro.

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LA NUOVAGENERAZIONE

In questi tempi di grande dinamismo la nuova generazio-ne della Maison Litrico è ancora una volta in ascesa.Il primogenito di Franco, Luca, è il vero continuatore delladinastia e ne ha indubbiamente ereditato il talento e la creatività.La filosofia che contraddistingue questo figlio d’arte è innanzitutto, insieme alla capacità manageriale, una grande coerenza, soprattutto per quanto riguarda la lineadi continuità che unisce il passato al futuro della Maison.In un mercato sempre più invaso da prodotti poco quali-tativi, la storica “griffe” maschile si rivolge con il suo prêt-à-couture ad un nuovo pubblico di giovani raffinati che amano abiti dal taglio sartoriale.Fin da bambino Luca, attuale “timoniere” della sartoria, ha respirato aria di laboratorio. Durante le sfilate, già dall’età di otto anni accompagnava, mascotte dei lavoran-ti, i dipendenti su e giù tra il laboratorio di Via Sicilia e l’Hotel Excelsior, dove in genere avvenivano le sfilate, trascinando gli stand carichi di abiti da giorno, smoking,frack.Dopo gli studi, la passione per il mondo della moda lo attrae inevitabilmente quasi che tessuti e cartamodelli facessero parte del suo DNA.Ma papà Franco, uomo rigoroso, pretende da lui il massi-mo e non concede sconti: dovrà partire dall’apprendistato.Lo affianca quindi nelle prove con i clienti passandogli spilli, centimetro e gesso; nella campionatura dei tessutie poi nella gestione aziendale. Diventa fin da giovanissi-mo il suo braccio destro e rappresenta la Maison all’estero.Ma chi è oggi l’uomo elegante per Luca Litrico? È un uomo che osa disinvoltamente stravolgere un blazer abbinando alla giacca blu il pantalone grigio in “denim” o

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accostando allo stesso pantalone jeans una giacca con le code tipo tight; che deve avere nel proprio armadio capi intercambiabili da mischiare sapientemente per essere elegante durante tutto l’arco della giornata. Abiti adatti ad ogni esigenza ma non solo, anche studiati nelle forme e nei tessuti in modo da potersi adattare ai diversi stili di vita del mondo, in una società in cui in poche ore si arriva da un capo all’altro del pianeta, con climi e costumi diffe-renti; l’uomo contemporaneo deve poter disporre di capi speciali, di ottima manifattura e dai tessuti pregiati ma moderni e confortevoli. È questo lo stile di Luca Litrico che cambia, si rinnova e si adatta ai continui cambiamentidella società che percorre a ritmo accelerato il grande viale della storia, ma dove, protagonista assoluto continua ad essere l’uomo con la sua assidua ricerca di particolari che fanno la differenza.I nuovi clienti della sartoria sono oggi politici in ascesa, campioni dello sport, imprenditori nazionali ed interna-zionali, liberi professionisti, chiunque voglia sentirsi vera-mente unico nel vestire con classe ed eleganza.Ma le attività della Litrico non si fermano qui: da molti anni infatti arrivano anche richieste di consulenze tecnico-stilistiche per la realizzazione di collezioni varie e per lo studio e la produzione di uniformi per il personale di prestigiosi grandi alberghi, linee aeree e grandi aziende.In un’atmosfera in bilico tra passato e futuro si studiano icampionari che andranno poi trasformati in prêt-à-portere commercializzati in tutto il mondo, soprattutto negli stati che amano la tradizione del nostro paese come il Giappone e la Russia. Oggi Luca Litrico offre infatti, così come faceva lo zio Angelo ed il padre Franco, il servizio di Alta Sartoria Maschile su misura a domicilio in tutto il mondo.

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18 Sabato 12 Marzo 2011 UN PROFESSIONISTA AL GIORNO

DI CARLO ARCARI

Quando si nasce in una casa di alta moda, sempre piena di tessuti, manichini, modelli e clienti vip, fare il sarto diventa una scelta natu-rale. «Dopo la maturità classica mi ero iscritto a giurisprudenza, ma con scarsi risultati», conferma Luca Litrico, 40 anni appena compiuti,

impegnato a portare avanti l’omonimo marchio di famiglia specializzato in sartoria maschile. «Il nostro nome è diventato famoso come portabandiera del made in Italy negli anni della Dolce Vita, a cavallo degli anni 50-60 quando mio zio Angelo vestì tutti i grandi, da Krusciov a Kennedy e organizzò per primo i défilé maschili abbinando i modelli da uomo con i capi femminili».

Luca ha iniziato presto a lavorare in sartoria con suo padre Franco, fratello di Angelo, prima durante le vacanze estive, poi a tempo pieno. Nel 1995, chia-mato al servizio militare nei Granatieri di Sardegna, decise di rimanere tre

anni come uffi ciale. «È stata un’esperienza formativa che mi ha insegnato tante cose», dice. «Dopo il congedo nel 1998 e uno stage alla Luiss sullo sviluppo imprenditoriale e il marketing delle piccole imprese ho iniziato a lavorare sul serio».

Entrato in azienda, che era ed è una piccola sartoria artigiana con sette dipendenti fi ssi oltre a una decina di collaboratori esterni, si è occupato di marketing, curando i clienti internazionali, soprattutto americani, poi lo studio delle collezioni e l’amministrazione. «Nel 2004, dopo la scomparsa di mio padre, bisognava gestire il passag-gio generazionale che nelle aziende artigiane è sempre delicato e diffi cile, ma con l’aiuto di mio fratello Fabio e soprattutto dei clienti che ci hanno confermato tutta la loro fi ducia, ce l’abbiamo fatta», afferma Litrico. «Ago, fi lo, forbici e metro, restano i principali strumenti del nostro mestiere, ma un sarto nel Terzo millennio si deve aggiornare e attrezzare anche con le nuove tecnologie per tenere i rapporti con clienti che stanno in tutto il mondo». La scelta fondamentale del nuovo corso di Litrico è stata tornare

due anni fa nella sede originaria dell’azienda romana, in via Sicilia, vicino a via Veneto, con un atelier-boutique che fa convi-

vere le due anime della maison. «Da un lato c’è quella sartoriale e dall’altro quella più commerciale rappresentata dalle nostre linee di prêt-à-porter che vendiamo soprattutto in Giappone», osserva.

Oltre a guidare la sartoria, Litrico è presidente di Cna Federmoda Roma, membro del consiglio nazionale dell’Accademia nazionale dei sartori e membro della Camera nazionale della moda italiana. Il suo stile è «all’antica». «Vesto sempre con giacca, camicia e cravatta», spie-ga, «non mi si vedrà mai con dei jeans strappati o a vita bassa, quando ne ho voglia ed è il caso indosso i miei Levi’s 501 che sono uno dei capi più classici che esistono con le mie brave sneakers. Quando vesto normalmente invece calzo le nostre scarpe, che vengono prodotte per noi su disegno da un artigiano di Bologna, fatte ovviamente a mano».

L’azienda, infatti, produce anche una linea di calzature fi n dai tempi di Krusciov, quando Angelo Litrico gli confezionò il guardaroba per andare all’Onu dove per farsi ascoltare bene dal mondo pestò ripetutamente sul banco una delle sue scarpe made in Litrico. Un gesto clamoroso, passato alla storia.

La sua automobile oggi è una Volkswagen Polo, ma in passato ha avuto anche vetture più grandi quali Mercedes e Rover. «Per lo sport ho poco tempo, ma appena posso pratico attività subacquea e l’equitazione, oppure pallacanestro (d’estate in vacanza) e nuoto a tarda sera nei giorni feriali; monto a cavallo dal 1998 (sella inglese) e mi piace molto fare trekking nel Parco di Veio nella zona Etrusca a nord di Roma. Per quanto riguarda le immersioni, se riesco vado nel Mar Rosso, ma amo molto il mare della Toscana, il Giglio, Giannutri e la Sardegna d’estate».

La sua colonna sonora è decisamente molto rock, dai Pink Floyd ai Led Zeppelin, dai Metallica ai Doors. Ascolta anche gli italiani natu-ralmente, da Ligabue a Elisa: «Tutti quelli che hanno una bella voce», ma non riesce più ad andare ai concerti, l’ultimo è stato quello dei Dire Straits negli anni 90 a Roma. «In cucina sono molto romano e resto legato ai piatti della tradizione, ma apprezzo il cibo giapponese. Cucino anche per gli amici, cosa che mi diverte, ma mia moglie non apprezza. Soprattutto le grigliate di carne e pesce sono quelle che mi riescono meglio». Vini preferiti: Brunello di Montalcino per i rossi, Vermentino di Sardegna per i bianchi.

I suoi oggetti personali comprendono un orologio Piaget extrapiatto (ricordo di suo padre) che mette sempre e un telefonino BlackBerry Bold 9700. «Ho una passione per la pittura perché mia moglie dipinge.

Con lei vado spesso per mostre d’arte e quando vediamo le opere di un artista che ci emozionano ne compriamo una per la nostra collezione. L’ultimo acquisto è un quadro di Jean Calogero, che era di origini siciliane come me. A casa l’abbiamo messo vicino a un altro artista siciliano, il maestro Carmelo Muscuso che ho ereditato da mio padre e che amo per i suoi scorci marini».

© Riproduzione riservata

L’autoHo una Volkswagen Polo (nella foto), ma ha avuto anche vetture più grandi come Mercedes e Rover

La musicaLa mia preferita è decisamente rock: dai Pink Floyd ai Led Zeppelin, dai Metallica ai Doors. Tra gli italiani scelgo Ligabue ed Elisa

Lo sportFaccio immersioni e vado a cavallo, ma amo anche il

trekking nel Parco di Veio

Lo stileLa mia divisa è Litrico. Quando è il caso metto i miei Levi’s 501, uno dei capi più classici che esistono

La vita, la carriera e le passioni di Luca Litrico, amministratore unico di Litrico Alta Moda

Ago e fi lo da tre generazioniIl sarto del nuovo millennio? Deve applicare le tecnologie per comunicare e crescere con i clienti di tutto il mondo

L’arteCondivido con mia moglie

(che dipinge) la passione per la

pittura. L’ultimo quadro acquistato è fi rmato da Jean Calogero, pittore

di origini siciliane

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nome

Luca Litriconato a

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12 febbraio 1971professioneamministratore unico Litrico Alta Moda

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LITRICO TAILOR’S ARCHIVE - THE DREAM OF A LIFETIMEARCHIVIO SARTORIA LITRICO - IL SOGNO DI UNA VITA

Newspapers cut-outs, old photos, yellowed pa-

pers covered in notes and sketches, drawings and

figures in bright colours, as appealing as ever. It’s

almost like browsing through the pages of an old

scrapbook of memories, a diary telling of a past life

filled with all-Italian creativity and excellence. His

name was Angelo Litrico, a son of Sicily all heart,

style and geniality, who was so successful in the

menswear sector, that, starting in the ‘50s, he trans-

formed and injected life into men’s way of dressing.

The trusted tailor of heads of state, literary figures

and movie stars, he won them over with his perfect

cutting, attention to detail and quality of cloth.

Passed away in 1986, he left the business to siblings

Franco and Giusi, who had watched him work since

their early childhood. Today, Luca, Franco’s son, is

the heir and custodian of a glorious past, and it’s

him who sets up the Litrico Tailor’s Archive with a

view to safeguarding, spreading and enhancing

this truly unique heritage, recognised by the Minis-

try for Culture. A jacket belonging to J.F. Kennedy,

shots of Pope Paul VI, Nixon and Nikita Khrushchev,

who in 1959 ordered a whole new wardrobe, are

just some of the testimonies that the Litrico family

has collected over the years and now wishes to

share with everyone. It’s an initiative that Angelo

would surely have approved of, despite his having

been so reserved. “It’s embarrassing to talk about

oneself”, he once said during an interview, “every

time I have to do it, it disturbs the sense of privacy

that every man feels towards his life, but I can’t hide

the pride I feel to have achieved a difficult goal, to

have realised the dream of having my whole family

close to me and surrounding them with wellbeing,

after many years of sacrifice and being apart. All of

this with needle and thread. They may be modest

work tools but, with constant study, they helped cre-

ate my life’s work”.

Ritagli tratti da giornali, vecchie fotografie, fogli ormai

ingialliti riempiti di note e schizzi, bozzetti e figurini dai

colori brillanti, accattivanti più che mai. Sembra quasi

di sfogliare le pagine di un grande album di ricordi,

un diario che racconta una vita vissuta all’insegna

della creatività ed eccellenza tutta italiana. Si chia-

mava Angelo Litrico, un figlio di Sicilia tutto cuore, stile

e simpatia, che fece tanto rumore nel campo della

moda maschile, che trasformò e vivacizzò, a partire

dagli anni ‘50, il modo di vestire degli uomini. Sarto

di fiducia di capi di stato, letterati e divi del cinema,

li seppe conquistare con la perfezione del taglio, la

cura del particolare, la qualità delle stoffe. Scomparso

nel 1986, lasciò la sua attività ai fratelli Franco e Giusi

che, fin da giovanissimi, lo seguirono nel suo lavoro.

Oggi è Luca, il figlio di Franco, erede e custode di un

glorioso passato, a dare vita all’Archivio Sartoria Litrico

con lo scopo di tutelare, diffondere e valorizzare quel

patrimonio davvero unico, riconosciuto dal Ministero

per i Beni e le Attività Culturali. Una giacca apparte-

nuta a J.F. Kennedy, scatti di Papa Paolo VI, Nixon e

Nikita Khrushchev, che nel 1959 ordinò un guardaroba

completo, sono solo alcune tra le testimonianze che

la famiglia Litrico raccolse nel corso degli anni e che

ora desidera mettere a disposizione di tutti. Un’inizia-

tiva che Angelo avrebbe sicuramente apprezzato,

nonostante il gran riserbo di cui si circondava. “È im-

barazzante parlare di sé stessi», egli disse durante una

delle interviste, «ogni volta che devo farlo mi turbo

per quel senso di riservatezza che ogni uomo ha nei

confronti della propria vita, ma non posso nascondere

l›orgoglio d›aver raggiunto una meta difficile, d›aver

realizzato il sogno di aver vicino tutta la mia famiglia

e di circondarla di benessere, dopo tanti anni di lon-

tananza e di sacrifici. Tutto questo con forbici ed ago,

modestissimi strumenti di lavoro artigiano, ma che, con

l›aiuto di uno studio costante, sono serviti a realizzare

le mie creazioni».

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