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1.4. L’uso dei metodi misti nel case-study Lo studio di caso, dal punto di vista del disegno dell’indagine (e dunque dell’inferenza), può essere considerato un caso particolare del metodo comparato 1 , con il quale condivide in particolare la necessità di studiare un elevato numero di variabili 2 rilevanti (fenomeni complessi), rispetto al numero dei casi (fino al limite del caso unico). Mentre cioè nell’esperimento il numero dei casi è limitato, ma limitato è anche il numero delle variabili (mediante l’assunzione di modelli causali), e nel disegno statistico le variabili sono numerose, come anche il numero dei casi studiati, il metodo comparato deve confrontarsi con un problema fondamentale, ovvero in buona sostanza l’insufficienza di informazioni [Goldthorpe 2000], o sottodeterminazione dei modelli di inferenza. È erroneo ritenere che i disegni di indagine descrittivi/esplorativi non siano toccati da questo problema, per il solo fatto di non puntare alla generalizzabilità dei risultati, o all’analisi delle relazioni fra variabili. Si tratta di problemi tutt’affatto diversi. Tralasciando infatti la questione della generalizzabilità dei risultati, ed anche ammettendo il disinteresse nei confronti della relazione fra variabili – ammissione puramente ipotetica, che raramente, per non dire mai, corrisponde alla pratica della ricerca sociale, e comunque non a questa indagine – il problema dell’inferenza mantiene tutta la sua importanza con riferimento alla rilevanza dei singoli fattori riscontrati e descritti (l’eventuale incapacità di costruire reti di imprenditori è specifica di questo contesto territoriale? del settore di attività? delle dimensioni di impresa?). Inoltre, i “singoli” fattori che intervengono nella descrizione sociologica di un fenomeno o di un contesto non sono mai costituiti da variabili “semplici” (il genere, l’età, il settore di attività 3 ), ma da configurazioni complesse di variabili, tali da rendere del tutto astratta l’idea di una descrizione scevra dall’analisi di relazioni fra variabili. La scelta dello studio di caso, infatti, è giustificata proprio dal rilievo teorico intrinseco dei casi selezionati, in rapporto a fattori o configurazioni di fattori, altrove non individuabili in quella specifica forma. Che si opti per una strategia volta allo studio di “casi estremi” o di “casi devianti”, vi è dunque nella selezione dei casi studiati un’implicita comparazione (con la “normalità, che è evidentemente nota; cfr. Vardanega 2007.a), che è bene esplicitare – se non altro, per allargare la base informativa utilizzata, rafforzando le basi logiche del ragionamento. E del resto, l’analisi di configurazioni specifiche di fenomeni “nella loro unicità” non può che appoggiarsi ad una lettura comparativa – che ne dimostri ed evidenzi appunto l’unicità 4 – come avevano riconosciuto esplicitamente gli stessi esponenti dello storicismo, da Dilthey a Weber, introducendo il metodo tipico-ideale 5 . Ogni disegno dell’indagine, inoltre, dovrebbe tentare di garantire al meglio la 1 Torneremo immediatamente più avanti su questo assunto, che può certo risultare controverso. 2 Intendendo per “variabile” una caratteristica dell’oggetto di studio che varia, che non è cioè costante. Un disegno descrittivo mira a rappresentare la variabilità della caratteristica (i diversi modi in cui un fenomeno si presenta), mentre un disegno esplicativo è interessato a spiegarla, mettendola in relazione ad altre variabili [Hyman 1955]. 3 Che comunque rimandano a processi sociali complessi di “costruzione” del corso di vita; di “costruzione” delle identità di genere; di “costruzione” di una cultura imprenditoriale, ecc. 4 Senza contare che per chi conosce solo persone bionde o brune, i capelli rossi possono apparire “unici”! Non si tratta dunque di evidenziare l’unicità per differenza (l’avere capelli rossi invece che biondi o bruni), ma anche di valutare correttamente la diffusione dei capelli rossi. 5 Non dimentichiamo infatti che il tipo ideale doveva servire ad individuare tratti generali (universali) di fenomeni storici – per ciò stesso unici e irripetibili.

L'uso dei metodi misti nel case study (2007)

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tratto da: F. D’Ovidio, R. Salvatore e A. Vardanega «Il disegno della ricerca: un case study design», in E. Minardi et. al., "I distretti del gusto. Nuove risorse per lo sviluppo locale", Teramo, Il piccolo libro, 2007.

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1.4. L’uso dei metodi misti nel case-study

Lo studio di caso, dal punto di vista del disegno dell’indagine (e dunque dell’inferenza), può essere considerato un caso particolare del metodo comparato1, con il quale condivide in particolare la necessità di studiare un elevato numero di variabili2 rilevanti (fenomeni complessi), rispetto al numero dei casi (fino al limite del caso unico). Mentre cioè nell’esperimento il numero dei casi è limitato, ma limitato è anche il numero delle variabili (mediante l’assunzione di modelli causali), e nel disegno statistico le variabili sono numerose, come anche il numero dei casi studiati, il metodo comparato deve confrontarsi con un problema fondamentale, ovvero in buona sostanza l’insufficienza di informazioni [Goldthorpe 2000], o sottodeterminazione dei modelli di inferenza. È erroneo ritenere che i disegni di indagine descrittivi/esplorativi non siano toccati da questo problema, per il solo fatto di non puntare alla generalizzabilità dei risultati, o all’analisi delle relazioni fra variabili. Si tratta di problemi tutt’affatto diversi.

Tralasciando infatti la questione della generalizzabilità dei risultati, ed anche ammettendo il disinteresse nei confronti della relazione fra variabili – ammissione puramente ipotetica, che raramente, per non dire mai, corrisponde alla pratica della ricerca sociale, e comunque non a questa indagine – il problema dell’inferenza mantiene tutta la sua importanza con riferimento alla rilevanza dei singoli fattori riscontrati e descritti (l’eventuale incapacità di costruire reti di imprenditori è specifica di questo contesto territoriale? del settore di attività? delle dimensioni di impresa?). Inoltre, i “singoli” fattori che intervengono nella descrizione sociologica di un fenomeno o di un contesto non sono mai costituiti da variabili “semplici” (il genere, l’età, il settore di attività3), ma da configurazioni complesse di variabili, tali da rendere del tutto astratta l’idea di una descrizione scevra dall’analisi di relazioni fra variabili.

La scelta dello studio di caso, infatti, è giustificata proprio dal rilievo teorico intrinseco dei casi selezionati, in rapporto a fattori o configurazioni di fattori, altrove non individuabili in quella specifica forma. Che si opti per una strategia volta allo studio di “casi estremi” o di “casi devianti”, vi è dunque nella selezione dei casi studiati un’implicita comparazione (con la “normalità, che è evidentemente nota; cfr. Vardanega 2007.a), che è bene esplicitare – se non altro, per allargare la base informativa utilizzata, rafforzando le basi logiche del ragionamento. E del resto, l’analisi di configurazioni specifiche di fenomeni “nella loro unicità” non può che appoggiarsi ad una lettura comparativa – che ne dimostri ed evidenzi appunto l’unicità4 – come avevano riconosciuto esplicitamente gli stessi esponenti dello storicismo, da Dilthey a Weber, introducendo il metodo tipico-ideale5.

Ogni disegno dell’indagine, inoltre, dovrebbe tentare di garantire al meglio la

1 Torneremo immediatamente più avanti su questo assunto, che può certo risultare controverso. 2 Intendendo per “variabile” una caratteristica dell’oggetto di studio che varia, che non è cioè costante. Un disegno descrittivo mira a rappresentare la variabilità della caratteristica (i diversi modi in cui un fenomeno si presenta), mentre un disegno esplicativo è interessato a spiegarla, mettendola in relazione ad altre variabili [Hyman 1955]. 3 Che comunque rimandano a processi sociali complessi di “costruzione” del corso di vita; di “costruzione” delle identità di genere; di “costruzione” di una cultura imprenditoriale, ecc. 4 Senza contare che per chi conosce solo persone bionde o brune, i capelli rossi possono apparire “unici”! Non si tratta dunque di evidenziare l’unicità per differenza (l’avere capelli rossi invece che biondi o bruni), ma anche di valutare correttamente la diffusione dei capelli rossi. 5 Non dimentichiamo infatti che il tipo ideale doveva servire ad individuare tratti generali (universali) di fenomeni storici – per ciò stesso unici e irripetibili.

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validità dei risultati raggiunti, tanto dal punto di vista dell’inferenza (della logica dell’indagine), quanto dal punto di vista del controllo delle fonti di errore. Uno dei principali metodi utilizzati a questo scopo è il metodo statistico, che garantisce la distribuzione casuale degli errori, e dunque il loro virtuale annullamento: così tanto nel disegno sperimentale classico (la randomizzazione), quanto nel disegno statistico (il campionamento casuale nelle survey). Il metodo comparato e lo studio di caso – così come in generale tutti i disegni di indagine di tipo storico-istituzionale – non possono avvalersi di questa tecnica di controllo dell’errore, e devono dunque attrezzarsi diversamente, allargando come si è detto la base informativa, per avere elementi di comparazione esterna, e differenziando le fonti di informazione, per incrociare i risultati ed individuare incongruenze ed errori (triangolazione dei risultati; Campbell e Fiske 1959).

Quindi, in sintesi, la selezione dei casi da studiare richiede: (a) un’estensiva analisi dei contesti (empirici e teorici) entro i quali i casi assumono il loro valore intrinseco; (b) la definizione puntuale delle caratteristiche del contesto empirico (provinciale? regionale? nazionale? internazionale?), nonché dei casi simili o dissimili, presenti in tale contesto, e le cui caratteristiche sono note e considerate rilevanti ai fini dell’analisi; (c) l’individuazione delle problematicità e degli elementi di complessità, che se da una parte giustificano la decisione di svolgere l’indagine, dall’altra costituiscono le principali fonti di errore da tenere sotto controllo. L’analisi di sfondo richiederà dunque una ricognizione della letteratura teorica, delle altre ricerche empiriche, delle esperienze concrete; ma anche il ricorso a fonti informative di tipo statistico e documentale.

La validazione dei risultati di uno studio di caso, poi, è funzione della quantità e della qualità delle informazioni raccolte, mentre la triangolazione dei risultati sarà tanto più efficace, quanto più diversificate saranno le tecniche di raccolta ed analisi delle informazioni, ed i livelli di analisi adottati (strutturale, individuale, culturale, ecc.). In pratica, se fonti indipendenti convergono a definire una determinata situazione come significativa, è molto probabile che la configurazione di fenomeni osservata abbia una sua validità.

L’aumento del numero di casi osservati, ma studiati con il metodo dello studio di caso, non garantisce invece sic et simpliciter l’indipendenza delle osservazioni, stante la nota obiezione mossa da Galton all’antropologo Tylor: istituzioni simili possono sorgere in seguito ad un processo storico di diffusione, e non in risposta a condizioni strutturali o sociali simili (“tesi della convergenza”; cfr. su questo, recentemente Goldthorpe 2000). Se vogliamo, la presente indagine non fa che confermare la rilevanza dei processi di diffusione culturale, come in generale lo studio dei processi di sviluppo, che evidenziano la debordante tendenza ad adottare modelli di sviluppo mutuati da contesti diversi. I processi di globalizzazione e la diffusione capillare dell’informazione rendono “il problema di Galton” di grande attualità, e solo l’analisi storico-istituzionale, ferma restando la necessità di una lettura comparativa, consente di trovare, caso per caso, una soluzione adatta dal punto di vista logico e empirico.

Ecco dunque che l’adozione dei mixed-methods [Tashakkori e Teddlie 1998; Cresswell 1999] è assolutamente consigliabile negli studi di caso, e più in generale nella comparazione. Poiché è elegante abitudine accademica fare riferimento ai classici, non possiamo a questo proposito esimerci dal citare lo studio di Weber sull’etica protestante, in cui analisi storico-istituzionale, documenti personali, statistiche ufficiali, testi letterari, religiosi e filosofici, convergono a sostenere una chiave di lettura della nascita

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del capitalismo; mentre, come si è detto, l’analisi tipico-ideale consente di sviluppare un ragionamento teso a generalizzare i risultati raggiunti (e dunque lato sensu inferenziale).

Pur senza ambire allo stesso raffinato livello di lettura ed interpretazione di un fenomeno culturale tanto complesso, quanto sin qui detto suggerisce senz’altro la necessità di svolgere il ragionamento seguendo un percorso simile. Nel paragrafo iniziale di questo capitolo viene rappresentato il ruolo svolto – nelle diverse fasi dell’indagine – dalle diverse tecniche di indagine, in rapporto alle finalità specifiche di ciascuna fase. Ma è importante aggiungere che il contributo di ciascuna tecnica potrà essere apprezzato in fase di analisi e presentazione dei risultati, facendo convergere le informazioni raccolte intorno ai foci analitici adottati, per rispondere ai quesiti iniziali, ma anche per tentare di individuare possibili traiettorie di intervento e approfondimento teorico-empirico.