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© Pearson Italia Pagina 1 di 4 LETTORI si diventa Il mito e l’epica Unità 2 Magia e mistero nel mondo di Omero Omero e il significato della magia La parola “magia” ha origine nel colorato e misterioso Oriente, nella terra dei Gran Re e dei sapienti che seguivano le stelle comete, nella Persia in cui l’arte di trasformare la realtà e la natura faceva parte di un sapere millenario. Il mon- do greco, e in particolare il mondo di Omero, considera la magia una forma particolare di sapienza che avvicina il mondo degli umani al mondo degli dèi, in una sorta di comunicazione tra universi altrimenti separati. Nei poemi omerici la magia è un elemento ricorrente, che può entrare nel racconto attraverso i protagonisti in maniera scoperta, come nel personaggio della maga Circe, o in maniera più sotterranea attraverso le incredibili capacità degli dèi o di altri per- sonaggi. Nell’Iliade, poema di armi e sangue, di eroi e battaglie, la magia compare in maniera sfumata, mentre nell’ Odissea essa è uno sfondo perfetto in cui colloca- re le avventure di Odisseo; il tema della magia è quasi un viaggio nel viaggio, un ulteriore passo dell’eroe verso un’altra avventura, questa volta tutta spirituale, verso la conoscenza dei limiti dell’essere umano, verso l’esperienza di un mondo che umano non è, ma si trova a metà tra l’inconoscibile e il soprannaturale. Nel mondo di Omero la magia appare in tutte le sue sfumature: la magia di trasformazione (per esempio nel caso del fiume Scamandro che assume sem- bianze umane), la magia di evocazione (attraverso un rito che si colloca a metà tra magia nera e religione, Odisseo incontra le anime dei morti), la magia di protezione (Hermes dà a Odisseo un antidoto magico alla pozione di Circe), la magia di guarigione (i figli del re Autolico guariscono con un canto particolare un giova- nissimo Odisseo, ferito in modo quasi mortale durante una caccia al cinghiale). Gli antichi credevano che ci fosse una distinzione molto sottile tra la medicina e l’arte magica tanto è vero che la pozione che Circe usa per trasforma- re i compagni di Ulisse in maiali in greco è chia- mata pharmakon termine all’origine della parola farmaco , mezzo di guarigione per eccellenza. Johann Heinrich Füssli, Teresia appare a Ulisse durante il sacrificio, 1780-1785, Vienna, Albertina.

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Magia e mistero nel mondo di OmeroOmero e il significato della magiaLa parola “magia” ha origine nel colorato e misterioso Oriente, nella terra dei Gran Re e dei sapienti che seguivano le stelle comete, nella Persia in cui l’arte di trasformare la realtà e la natura faceva parte di un sapere millenario. Il mon-do greco, e in particolare il mondo di Omero, considera la magia una forma particolare di sapienza che avvicina il mondo degli umani al mondo degli dèi, in una sorta di comunicazione tra universi altrimenti separati. Nei poemi omerici la magia è un elemento ricorrente, che può entrare nel racconto attraverso i protagonisti in maniera scoperta, come nel personaggio della maga Circe, o in maniera più sotterranea attraverso le incredibili capacità degli dèi o di altri per-sonaggi.Nell’Iliade, poema di armi e sangue, di eroi e battaglie, la magia compare in maniera sfumata, mentre nell’Odissea essa è uno sfondo perfetto in cui colloca-re le avventure di Odisseo; il tema della magia è quasi un viaggio nel viaggio, un

ulteriore passo dell’eroe verso un’altra avventura, questa volta tutta spirituale, verso la conoscenza dei limiti dell’essere umano, verso l’esperienza di un mondo che umano non è, ma si trova a metà tra l’inconoscibile e il soprannaturale.Nel mondo di Omero la magia appare in tutte le sue sfumature: • la magia di trasformazione (per esempio nel

caso del fiume Scamandro che assume sem-bianze umane),

• la magia di evocazione (attraverso un rito che si colloca a metà tra magia nera e religione, Odisseo incontra le anime dei morti),

• la magia di protezione (Hermes dà a Odisseo un antidoto magico alla pozione di Circe),

• la magia di guarigione (i figli del re Autolico guariscono con un canto particolare un giova-nissimo Odisseo, ferito in modo quasi mortale durante una caccia al cinghiale).

Gli antichi credevano che ci fosse una distinzione molto sottile tra la medicina e l’arte magica tanto è vero che la pozione che Circe usa per trasforma-re i compagni di Ulisse in maiali in greco è chia-mata pharmakon termine all’origine della parola farmaco, mezzo di guarigione per eccellenza.

Johann Heinrich Füssli, Teresia appare a Ulisse durante il sacrificio, 1780-1785, Vienna, Albertina.

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Magia e mistero nel mondo di Omero

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Esempi di magia nell’IliadeXanto e Balio, i cavalli del ventoAchille aveva una dotazione di guerra formidabile: oltre alle armi d’oro forgiate per lui da Efesto e la micidiale lancia di legno di frassino, dono del centauro

Chirone a Peleo, padre di Achille, aveva al suo seguito due cavalli magici, Xanto e Balio, anch’essi “patrimonio” di famiglia, infatti erano stati il dono di nozze di Poseidone a Peleo e Teti.Xanto (che significa “baio, giallo”) e Balio (che significa “pezzato”) sono figli di una creatura stranissima, l’arpia Podarge, e del vento dolce di Primavera, Zefiro, e costituiscono la sintesi perfetta della magia che possiede un lato oscu-ro e un lato buono. I cavalli di Achille, sempre detti “immortali” come gli dèi, appartengono al mondo del mistero e della magia, ma appa-iono anche quasi umani in alcune occasioni, come quando piangono lacrime di puro dolore per la morte di Patroclo, prevedendo il destino del loro padrone.

Henri Renault, Automedonte con i cavalli di Achille, 1868, Boston, Museum of fine Arts.

1. Automèdonte: l’auri-ga di Achille.2. soggolo: nei fini-menti è una striscia di cuoio che passa sotto al collo dell’animale.

In questo modo lottavano, e ferreo tumultogiungeva al cielo di bronzo per l’etere instancabile;ma i cavalli d’Achille fuori della battagliapiangevano, da che avevano visto l’aurigacaduto nella polvere sotto Ettore massacratore:eppure Automèdonte,1 forte figliuolo di Dioreo,molto, con rapida frusta toccandoli, li accarezzava,e molto diceva con dolci parole, molto con le minacce.Ma essi né indietro verso il largo Ellesponto e le navivolevano andare, né in guerra in mezzo agli Achei;come sta immota una stele, che presso la tombad’un uomo defunto sia stata piantata o d’una donna,così restavano immobili, col carro bellissimo,in terra appoggiando le teste; e lacrime caldecadevano loro già dalle palpebre, scorrevano in terra; piangevano,nel desiderio del loro auriga; e si sporcava la ricca crinieracadendo dal soggolo,2 di qua e di là lungo il giogo. Omero, Iliade, XVII, 424-440, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi

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In questi versi commoventi, Xanto piange la morte di Patroclo e quando Achille decide di tornare in battaglia e mettere a punto il suo piano di vendetta e morte, gli parlerà così:

Quella di Xanto è una vera profezia: il mondo della magia e il mondo umano si sfiorano nella ricerca di quel che ha in serbo il destino.

Un fiume alla riscossaDopo la morte dell’amatissimo amico Patroclo, Achille torna a combattere, im-placabile, nella piana di Troia, e la sua furia è così cieca che lo Scamandro, il fiume che scorre vicino alla città, si riempie di cadaveri e di sangue in un orrore crescente. Il dio del fiume è sdegnato per la mancanza di rispetto di Achille e sferra un attacco violentissimo all’eroe acheo che si salverà in extremis e solo per intervento divino.Ecco come viene descritto il fiume infuriato che assume sembianze di un guer-riero possente: «gonfiò le acque, il fiume, furente, sollevò le onde sconvolte, respinse i cadaveri che vi giacevano a mucchi, i guerrieri uccisi da Achille, li scagliò sulla riva, muggendo come un toro; i vivi invece li salvò nelle acque bel-lissime, celandoli nei suoi gorghi profondi. Un’onda si levò intorno ad Achille, paurosa, sullo scudo si rovesciava l’acqua, premendo; ed egli non poteva star saldo sui piedi; afferrò con le mani un olmo, grande, fiorente: ma quello crollò con le radici trascinando tutta la sponda, coi fitti rami arrestò la bella corrente e formò un argine, precipitando nel fiume. Balzò fuori dall’acqua l’eroe e si lan-ciò a volo nella pianura, atterrito: ma non si arrestò il grande iddio che si gettò su di lui ribollendo, voleva fermare Achille glorioso e allontanare dai Teucri il disastro.» (Omero, Iliade, XIX, trad. di M. G. Ciani, Marsilio).

Esempi di magia nell’OdisseaIl multiforme ProteoIn un bellissimo episodio del quarto libro dell’Odissea dedicato alle avventure di Telemaco, compare Proteo, un dio marino capace di assumere qualunque forma. Proteo è molto anziano e, come tutti i personaggi che appartengono al mondo della magia, conosce i segreti del futuro. È però un dio un po’ capriccioso, che rivela i suoi misteri a chi sa letteralmente afferrarlo (anzi bisogna legarlo strettis-

«Oh sì! ancora una volta ti salveremo, Achille gagliardo.Ma t’è vicino il giorno di morte; e non noine siam causa, ma un gran dio e la Moira potente; […]noi potremmo anche correre a paro col soffio di Zefiro,che, dicono, è velocissimo; pure, per teè destino esser vinto da un mortale e da un dio». Omero, Iliade, XIX, 408-410; 415-417, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi

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Magia e mistero nel mondo di Omero

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simo perché è una divinità infida che diventa serpente, fiamma incandescente, pianta, acqua che scorre a seconda delle convenienze). Nel racconto di Omero è la figlia del dio marino, Idotea, che svela a Menelao i trucchi per farsi rivelare da Proteo i piani del destino. Bisogna imbrigliarlo e non mollarlo mai, solo allora egli dirà la verità sulle cose passate e – soprattutto – sulle cose future.Il mito di Proteo ci insegna che la magia della verità non è mai indolore né scon-tata, ma che va guadagnata attraverso la fatica vera.

Una maga, una misteriosa pozione e un potente antidotoIn un’isola lontana abita la maga Circe: il suo bellissimo palazzo sembra quello delle fiabe, con giardini da sogno in cui vivono a loro agio e perfettamente ad-domesticati lupi e leoni. Tutto è perfetto nell’incanto della magia, e l’accoglien-za per i compagni di Odisseo inizialmente sembra ineccepibile: «Nella vallata trovarono le case di Circe costruite con pietre squadrate, in un luogo protetto: c’erano intorno lupi montani e leoni che ella aveva stregato, dandogli filtri mali-gni. Essi non assalirono gli uomini, ma agitando le lunghe code si alzarono. Come quando i cani scodinzolano al padrone che torna da un pranzo, perché

porta ogni volta dei buoni bocconi; così i lupi dalle forti unghie e i leoni scodinzolavano ad essi: temettero, quando videro le orribili fiere. Si fermarono davanti alle porte della dea dai bei riccioli, sentivano Circe che dentro con voce bella cantava, intenta a un ordito grande, im-mortale, come le dee sanno farli, sottili e pieni di grazia e di luce». (Omero, Odissea, X, trad. di G. A. Privitera, Mondadori) Circe offre ai compagni di Odisseo una bevan-da deliziosa che si rivela essere una pozione mi-cidiale che in pochi istanti li trasforma in maia-li ma “con la mente di prima”, ovvero con la capacità di ragionare e quindi di essere consa-pevoli della trasformazione subita. Circe è una maga che non conosce pietà e che solo di fronte a Odisseo e alla sua imbattibile intelligenza fa marcia indietro, anche perché capisce che su di lui la stessa bevanda maledetta non sortisce al-cun effetto; infatti, il dio Ermes ha fornito al suo protetto l’antidoto contro le arti della bellis-sima e pericolosissima maga, l’erba moly. Que-sta erba ha radice nera e fiore bianco e nel con-trasto assoluto di colori si cela il vero mistero della magia, in bilico tra nero e bianco, tra bene e male, tra uomo e dio.

La lotta fra Proteo e un uomo che cerca di conquistare i segreti del futuro.