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Maria Luisa Raineri (a cura di) Tecniche base di counseling professionale: esercizi con audio e soluzioni commentate L’arte di aiutare nel metodo di Carkhuff L’arte di aiutare nel metodo di Carkhuff Guida

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Maria Luisa Raineri(a cura di)

Tecniche base di counseling professionale:esercizi con audio e soluzioni commentateTecniche base di counseling professionale:esercizi con audio e soluzioni commentate

L’arte diaiutarenel metodo di Carkhuff

L’arte diaiutarenel metodo di Carkhuff

Guida

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ProgettazioneAnnalisa Pasini

EditingFederico DienerFrancesca Cretti

Sviluppo softwareDaniele De Martin

Supervisione tecnicaMatteo Adami

Realizzazione graficaGiordano Pacenza

IllustrazioniRiccardo Beatrici

Elaborazione graficaMarika Di MeglioRiccardo Beatrici

CopertinaGiordano Pacenza

FotocomposizioneRoberto Bridi

Il programma si avvia automaticamente, altrimenti si consiglia di consultare il file «Leggimi» all’interno del CD-ROM. Per maggiori informazioni sul software, consultare la «Guida.pdf» all’interno del CD-ROM oppure da Start/Programmi/Erickson/L’arte di aiutare/Guida.pdf.

© 2005 Edizioni Centro Studi Ericksonvia Praga 5, settore E 38100 Gardolo (TN)tel. 0461 950690 – fax 0461 950698www.erickson.it – [email protected]

Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione con qualsiasi mezzo effettuata,se non previa autorizzazione dell’Editore.

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INDICE

Presentazionedi Maria Luisa Raineri p. 4

Guida alla navigazione p. 33

Login p. 33

Menu p. 34

Funzione dei pulsanti p. 36

Le sezioni del CD-ROM p. 40

Valuta le tue capacità di partenza p. 40

Cap. 1 – Esercizi propedeutici p. 41

Cap. 2 – Aiutare l’altro ad esplorare il problema p. 45

Cap. 3 – Personalizzare p. 49

Valuta le capacità che hai acquisito p. 52

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PresentazioneQuesto CD-ROM è tratto dal fortunato testo L’arte di aiutare di Robert Carkhuff (Erickson), uno dei più importanti esperti internazionali di counseling, già allievo di Carl Rogers. Propone – in versione interattiva e multimediale – una ricca selezione di esercizi, costruititi in base a quelli proposti dallo stesso Carkhuff nel suo manuale. Gli esercizi originali sono stati rivisti, adattati al contesto italiano e – soprattutto – arricchiti con illustrazioni, audio, feedback e soluzioni commentate.Gli esercizi selezionati per questo CD-ROM riguardano le tecniche base del counseling professionale. Questo non significa che si tratti delle tecniche più semplici o più facili da imparare. Piuttosto, si tratta delle tecniche necessarie per aiutare la persona a focalizzare i suoi obiettivi di cambia-mento: quelle che servono a costruire la base, il primo passo fondamentale, di ogni relazione di aiuto. Spesso questo primo passo è proprio il più difficile.Nella relazione di aiuto e nel counseling le tecniche non sono tutto. Sappiamo bene che, per comunicare comprensione, è importante non solo ciò che diciamo, ma anche come lo dicia-mo. Senza un atteggiamento empatico dell’helper (la persona che aiuta) la risposta non funzionerà, anche se è perfetta sul piano del contenuto.Per sviluppare un atteggiamento empatico e riuscire a man-tenerlo durante i colloqui non basta sapere in che cosa esso consiste. Talvolta non basta nemmeno imporselo con un atto di volontà: richiede un paziente lavoro su se stessi, che non è possibile fare da soli.Questo, però, non significa che una buona dotazione di abilità tecniche sia secondaria, come a dire: «quello che conta è l’em-patia, se poi ci sono anche le tecniche, meglio, altrimenti le impareremo più avanti». La sicura padronanza delle tecniche fa spazio, per così dire, all’empatia: se abbiamo imparato bene le tecniche, non dovremo preoccuparci troppo di come articolare la risposta, perché un po’ alla volta questo viene da sé. Non saremo costretti a impegnare le nostre energie per pensare a cosa dovremo dire noi e possiamo così concentrarci davvero sull’ascolto della persona. Dunque, l’abilità tecnica rende più facile assumere un atteggiamento empatico, proprio come l’empatia «consente» alle tecniche di «funzionare».Seguendo la progressione indicata da Carkhuff, gli esercizi sono collocati in ordine crescente di complessità. Il primo

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capitolo contiene alcune attività propedeutiche, pensate per chi ha ancora poca esperienza nei colloqui di aiuto. Nei due capitoli successivi si lavora sulle tecniche vere e proprie. Apparentemente non sembrano particolarmente complesse da apprendere sul piano meramente cognitivo. Tali tecniche richiedono però un lungo lavoro di esercitazione pratica per essere acquisite con sicurezza, per essere usate con fluidità. Questo CD-ROM fornisce un’ottima base per esercitarsi: supera alcuni forti limiti degli esercizi che si possono trovare in un libro (nei quali la comunicazione non verbale va persa pressoché totalmente), mantenendo il vantaggio di poter «fare pratica» per conto proprio, quando e dove risulta più comodo.Le note teoriche introduttive sono un adattamento dei testi originali di Carkhuff, contenuti nei due volumi della sua guida avanzata. Se non si conosce già il metodo di Carkhuff, consigliamo di leggere queste note prima di esercitarsi con le varie attività. Si può farlo direttamente a video oppure, se si preferisce, utilizzare la versione stampabile contenuta nelle pagine che seguono.

Valuta le tue capacità di partenza

Indicazioni per gli esercizi

I due esercizi di questa sezione vengono proposti apposta senza premettere alcuna indicazione teorica, per consentire all’utente un’auto-valutazione iniziale, da utilizzare poi alla fine del training, per verificare le capacità acquisite.Il primo esercizio («Valuta la tua capacità nel dare risposte di aiuto») è utile sia al «principiante», sia a chi già dispone di una certa formazione ed esperienza.Chi già conosce le tecniche base di counseling non troverà difficoltà a ottenere un buon punteggio nel secondo esercizio («Valuta la tua capacità nel discriminare risposte di aiu-to efficaci»). Tuttavia, questo non significa che il training successivo sia inutile: le situazioni di colloquio richiedono infatti di saper elaborare risposte efficaci velocemente e senza riflessione dal punto di vista intellettuale. L’abilità di riconoscere risposte efficaci, dunque, è soltanto una tappa intermedia verso il saperle dare.

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Cap. 1 – Esercizi propedeutici

Indicazioni per gli esercizi

Tutti gli esercizi di questo capitolo sono abbastanza semplici sul piano concettuale. Hanno una funzione introduttiva e, come tali, servono soprattutto per chi non ha ancora alcuna esperienza nel colloquio di aiuto.Queste attività aiutano a conseguire due principali risultati: - prendere dimestichezza con alcune griglie utili a organiz-

zare le informazioni, in modo da saperle utilizzare senza fatica e senza bisogno di un supporto scritto durante un vero colloquio;

- fissare nella memoria i passi da percorrere quando ci si appresta a un incontro di counseling.

Proprio perché si tratta di accorgimenti piuttosto semplici è facile sottovalutarli, mentre invece possono incidere note-volmente sul buon esito di un colloquio.

Note teoriche introduttive

La pre-condizione necessaria all’aiuto è prestare attenzio-ne. Prestare attenzione significa disporci nel miglior modo possibile per comprendere i nostri interlocutori.Prestare attenzione serve a coinvolgere l’altro nella rela-zione di aiuto: quando l’helper è veramente attento, il suo interlocutore diventa a sua volta pienamente attento e si impegna nel processo di aiuto.Il prestare attenzione getta le basi per una risposta che fa-cilita l’esplorazione del problema da parte della persona che vogliamo aiutare.

1.1. Prepararsi all’attenzione

Per riuscire a prestare attenzione, il primo compito è quello di prepararsi all’attenzione. Come per qualsiasi altra cosa nella vita, la preparazione è una condizione necessaria – ma non sufficiente – per ottenere il risultato desiderato che, in questo caso, è il coinvolgimento del nostro interlocutore nella relazione di aiuto.Prepararsi all’attenzione comprende il preparare la persona con cui entreremo in una relazione di aiuto, preparare il con-testo e, infine, preparare noi stessi come helper. Se il nostro interlocutore non sarà stato adeguatamente

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preparato a entrare in contatto con noi, vi saranno minori probabilità che la relazione d’aiuto possa aver luogo.Se il contesto (l’ambiente fisico) non è predisposto per rice-vere il nostro interlocutore, quest’ultimo non sarà invogliato a ritornare. Se noi stessi non saremo preparati a essere attenti al nostro interlocutore, non riusciremo a coinvolgerlo nel processo di aiuto.

Preparare la personaLa preparazione della persona è un processo che prevede il contattarla, l’informarla della nostra disponibilità e l’inco-raggiarla a utilizzare il nostro aiuto.Contattare la persona comporta lo stabilire un punto di vista comune riguardo allo scopo del colloquio.Informare la persona significa comunicarle:– CHI incontrerà – QUANDO e DOVE avrà luogo l’incontro– COME arrivare al luogo di incontro– QUALI sono gli scopi generali dell’incontro.Incoraggiare la persona vuol dire fornirle motivazioni e stimo-li affinché essa si lasci coinvolgere. Significa quindi rispondere alle seguenti domande: perché la persona dovrebbe sentirsi coinvolta? Perché io desidero un contatto con lei?

Preparare il contestoLa nostra abilità nel facilitare il coinvolgimento della per-sona dipende anche dalla preparazione di un ambiente fisico adatto.Per preparare il contesto, dobbiamo organizzare l’ambiente dove si prevede abbia luogo l’incontro, predisponendo in maniera opportuna i mobili e i vari oggetti.Predisporre il mobilio in modo adeguato serve a facilitare una comunicazione aperta: l’ideale sarebbe poter stare seduti su due sedie, una di fronte all’altra, senza una scrivania, tavoli o altre barriere in mezzo. Se le persone sono più di una, le sedie dovrebbero essere messe in cerchio, per facilitare l’interesse e l’attenzione reciproca.Il luogo (setting) in cui si svolge la relazione di aiuto deve essere pulito e ordinato. In questo modo comunichiamo alle persone che siamo liberi dalle nostre faccende e pronti a concentrarci sul colloquio.

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Preparare noi stessiPreparare noi stessi alla relazione di aiuto è importante quan-to preparare le persone e il contesto. Ci possiamo preparare ripassando mentalmente ciò che sappiamo della persona e tenendo presenti le finalità che la relazione di aiuto dovrebbe conseguire. Accanto a questo ripasso, è utile prendersi una piccola pausa per rilassarsi.Ripassare ciò che sappiamo significa ricordarsi di ciò che è emerso dalla persona nel corso delle precedenti interazioni con lei. Queste informazioni possono essere tratte da appunti, dati, registrazioni o, semplicemente, da impressioni che ci sono rimaste in mente.Altresì importante è rivedere le finalità del processo di aiuto, cioè tenere presente lo scopo dei nostri colloqui con la persona. Durante le fasi iniziali della relazione di aiuto, l’obiettivo fon-damentale è quello di coinvolgere le persone nell’esplorazione di come esse vivono i loro problemi.Rilassarsi significa invece alleggerire la mente e il corpo prima di immergersi nell’interazione di aiuto. Alcuni rilassano la mente pensando a esperienze piacevoli o tranquillizzanti, altri allentano la tensione fisica rilassando un gruppo di muscoli alla volta. Ciascuno di noi deve sperimentare e trovare il metodo di rilassamento che gli risulta più efficace.

Prestare attenzione alla persona

Prestando attenzione al nostro interlocutore, riusciremo a farlo «entrare» in stretta relazione con noi, mostrando in questo modo interesse nei suoi confronti. Così egli sarà portato a corrispondere un interesse reciproco verso di noi.L’attenzione alla persona richiede di assumere una postura che ci permetta di prestarle la nostra piena e completa attenzione. È utile disporsi di fronte a lei in modo da poterla guardare in faccia, piegarsi leggermente in avanti e mantenere un costante contatto oculare.Prestando attenzione alla persona, ci prepariamo alla fase successiva: riuscire a osservarla pienamente.

Mettersi di frontePossiamo prestare attenzione a una persona singola sia in piedi che seduti, ma è importante che sia sul nostro stesso piano: la nostra spalla destra di fronte alla sua spalla sinistra e viceversa.

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Quando invece ci troviamo a lavorare con una coppia o con un piccolo gruppo di persone, dobbiamo creare un immagi-nario angolo retto, del quale noi siamo il vertice e loro i due estremi.

Inclinare il corpo in avantiStando seduti, riusciamo ad essere maggiormente attenti se incliniamo il corpo in avanti, verso la persona che abbiamo di fronte, fino ad appoggiare gli avambracci sulle cosce. Stando in piedi, la nostra attenzione è più completa se riduciamo lo spazio fisico avvicinandoci alla persona, senza però esagerare. Posizionare una gamba più avanti dell’altra ci aiuterà a incli-narci leggermente verso il nostro interlocutore.

Contatto oculareLa maniera fondamentale di prestare attenzione alla persona è, probabilmente, il modo in cui usiamo i nostri occhi. Comu-nichiamo la nostra attenzione quando riusciamo a mantenere un costante contatto con gli occhi dell’interlocutore: egli si rende conto che noi ci proponiamo di avere un contatto emotivo con lui dal fatto che cerchiamo il suo sguardo.Tutti i nostri modi di fare e le nostre espressioni possono comunicare più o meno attenzione alla persona. Quando siamo emotivamente coinvolti, ma rilassati, comunichiamo attenzione. Quando invece siamo nervosi e inquieti, comu-nichiamo un senso di disagio a essere lì, in quel momento. Quando il nostro comportamento è attento, comunichiamo interesse. Quando arrossiamo o impallidiamo, comunichiamo diversi livelli di reazione. È importante che cerchiamo di man-tenere sempre un certo controllo del nostro comportamento. Possiamo esercitarci di fronte a uno specchio, per esempio, o con le persone che incontriamo tutti i giorni e a cui vogliamo comunicare interesse. Inizialmente ci sentiremo leggermente impacciati, ma, dopo un po’, noteremo che la nostra capacità di concentrarci sull’altro migliora e che l’altro, a sua volta, è più attento a noi.

1.2. Osservare

Le abilità di osservazione sono fondamentali per una relazione di aiuto efficace. Esse costituiscono un’inesauribile fonte di apprendimento sulle persone. Se ogni altra strategia sembra fallire, è bene procedere ad una più profonda osservazione

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dei nostri interlocutori: possiamo così imparare molto della persona che abbiamo di fronte. L’osservazione serve a cogliere il comportamento non-verbale della persona.Osservando, raccogliamo le informazioni non verbali che i nostri interlocutori ci forniscono. Impariamo a conoscere le altre persone facendo attenzione al loro aspetto esteriore e, in particolare, alla loro postura, alla loro corporatura e alla cura che hanno del proprio corpo. Possiamo raccogliere informazioni anche osservando le espressioni del loro viso e i movimenti del corpo. Dal loro aspetto e dai loro comporta-menti è possibile fare alcune inferenze riguardo al loro livello di energia, alla loro situazione emotiva e alla loro disponibilità alla relazione di aiuto.

Il livello di energiall livello di energia è la quantità di «sforzo» che si è in grado di investire nello svolgere un compito. Sapere quanto a lungo le persone mantengono alti livelli di funzionamento è essen-ziale per capire che tipo di vita conducono. Le persone con alti livelli di energia possono sperimentare la pienezza della vita, mentre chi dispone di bassi livelli di energia ha difficoltà nel far fronte anche alle più semplici esigenze quotidiane. La più ricca fonte di informazioni riguardo al livello di ener-gia è rappresentata dalla «dinamicità» delle posture della persona: chi siede scomposto, per esempio, o con le spalle curve, assume una posizione che suggerisce un basso livello di energia. Il livello di energia può anche essere dedotto da caratteristiche «corporee» della persona. Ad esempio, una persona in sovrappeso o sottopeso, oppure una con un tono muscolare ridotto, tende ad avere bassi livelli di energia. Indici del livello di energia sono anche la cura della propria persona e le espressioni non verbali. È necessaria, infatti, una discreta quantità di energia per mantenere un aspetto pulito e ordinato. Oltre che dall’aspetto della persona, si può desumere il livello di energia anche dal comportamento: i movimenti lenti, infatti, possono suggerire un livello di energia basso.

Inferire i sentimentiLe espressioni del viso rappresentano la fonte più ricca di informazioni sui sentimenti della persona. Anche altri aspetti, come la posizione del corpo, possono essere di aiuto nel comprendere le esperienze del nostro interlocutore. Valide

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deduzioni sui vissuti possono basarsi anche sui movimenti del corpo: movimenti lenti indicano il sentirsi «giù», mentre movimenti troppo rapidi suggeriscono tensione o ansia. La fronte corrugata, lo sguardo corrucciato, l’atteggiamento scomposto, gli occhi bassi, l’aspetto trascurato e i movimenti lenti sono tutti segnali del sentirsi «giù». Un sorriso aperto, le sopracciglia sollevate, una posizione vigile, il contatto ocu-lare, un aspetto curato, movimenti rapidi e reattivi si possono associare al sentirsi «su».

Disponibilità all’aiutoDalle nostre osservazioni sull’aspetto e sul comportamento della persona, possiamo desumere una generale disponibi-lità a ricevere aiuto. Anche in questo caso, la posizione del corpo è il segno più eloquente della disponibilità a lasciarsi coinvolgere.Altre informazioni sulla disponibilità a ricevere aiuto le pos-siamo trarre osservando i movimenti del corpo e le espressioni del viso. Così, chi ha un basso livello di energia e si sente «giù», avrà di solito una scarsa disponibilità all’aiuto, mentre una persona con tanta energia, che si sente «su», è più facilmente pronta al processo di aiuto.

Trarre inferenze dalle osservazioniAttraverso l’osservazione possiamo ottenere delle infor-mazioni di grande importanza, che riguardano l’esperienza interiore delle persone. Partendo dalle nostre osservazioni sull’aspetto e sul comportamento, possiamo inferire il livello di energia fisica, lo stato emotivo e la disponibilità all’aiuto di una persona.È importante ricordare che le informazioni che ricaviamo osservando devono sempre essere considerate come ipotesi che, col tempo, possono venire confermate o smentite dai com-portamenti verbali o non-verbali del diretto interessato. Le osservazioni, quindi, non dovrebbero mai portarci a costruire giudizi affrettati nei confronti di una persona.

Osservare le incongruenzeUna delle osservazioni più importanti che possiamo fare è quella di individuare incongruenze presenti nel comporta-mento o nell’aspetto delle persone. «Incongruenza» significa che una persona non dimostra coerenza nei modi in cui si

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comporta e nel proprio aspetto esteriore. Ad esempio, una persona è incongruente se afferma di sentirsi bene, ma è pesantemente accasciata sulla sedia, con gli occhi bassi, o appare agitata. L’incongruenza è un segno caratteristico delle persone in difficoltà; invariabilmente, le persone desiderano diventare più congruenti. Forse l’aspetto più significativo del comportamento, al quale è opportuno rispondere fin dall’ini-zio, è proprio l’incongruenza, visto il desiderio delle persone di riuscire a superarla.

Osservare noi stessiNella stessa maniera in cui osserviamo gli altri, possiamo os-servare anche noi stessi. Cosa ci possono «dire» di noi, come helper, il nostro aspetto e il nostro comportamento? Siamo in grado di esprimere un alto livello di energia, sensibilità e determinazione ad aiutare? Siamo congruenti nel nostro comportamento e nel nostro desiderio di aiutare?

1.3. Ascoltare

Gli input maggiormente utili nella relazione di aiuto ci giungono dalle espressioni verbali delle persone. Ciò che le persone dicono – e il modo in cui lo dicono – ci fa capire molto su come vedano se stesse e il mondo che le circonda. In definitiva, le espressioni verbali sono, per l’helper, la più ricca fonte di comprensione empatica.Noi diamo alla persona la nostra piena e incondizionata at-tenzione solo se siamo pronti ad ascoltare le sue espressioni verbali. Quanto più stiamo attenti agli indizi esterni che le persone ci presentano, tanto più siamo in grado di dare ascolto ai messaggi interni che riflettono le loro esperienze interiori.Vi sono molti modi in cui è possibile migliorare le nostre abilità di ascolto.

Un motivo per ascoltarePer ascoltare bene, dobbiamo, prima di tutto, avere un motivo per ascoltare. L’obiettivo della relazione di aiuto è, in realtà, il motivo per il quale ogni helper deve impegnarsi ad ascoltare: raccogliere tutte le informazioni possibili collegate ai problemi o agli obiettivi presentati dai suoi interlocutori.Come nell’osservare, dovremmo ascoltare le indicazioni che ci vengono dai diversi livelli di funzionamento della persona:

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fisico, emotivo e intellettuale. Per far questo, dobbiamo con-centrarci non solo sulle parole, ma anche sul tono della voce e sul modo con cui le persone si presentano. Le parole ci diranno del contenuto intellettuale delle esperien-ze che l’altra persona sta vivendo. Il tono della voce ci dirà dei sentimenti presenti nella persona. Il modo di esprimersi ci dirà qual è il livello di energia. Ad esempio: un contenuto espresso con un tono di voce opaco e in modo svogliato, suggerisce una persona depressa, con un basso livello di energia.

Sospendere i giudizi personaliÈ poi importante sospendere il nostro giudizio personale mentre ascoltiamo. Per ascoltare veramente, dobbiamo mo-mentaneamente mettere da parte ciò che diciamo a noi stessi. Dobbiamo lasciarci penetrare dai messaggi degli altri, senza voler cercare di esprimere un giudizio su di loro.Sospendere il giudizio significa sospendere i nostri valori e le nostre opinioni rispetto al contenuto di ciò che le persone ci dicono. Ad esempio, può darsi che non approviamo il compor-tamento dei nostri interlocutori, o il modo in cui essi vivono la loro vita. Ma, nonostante ciò, dobbiamo tenere ben distinte le nostre valutazioni dalle loro esperienze, ricordando che il nostro scopo è quello di facilitare la loro crescita e il loro sviluppo secondo la direzione che essi stessi scelgono.È importante essere molto prudenti nell’offrire consigli o soluzioni premature, anche se pensiamo di sapere cosa è bene fare perché magari abbiamo già affrontato lo stesso tipo di problema con molte altre persone. Ognuno vive un’esperienza unica, ed è nostro compito permettere che emerga l’originalità di questa esperienza.

Concentrarsi sulla personaUna delle cose più importanti nell’ascoltare è concentrarsi sulla persona. Riusciamo a concentrarci quando riusciamo a resistere alle distrazioni: dobbiamo dunque cercare di met-terci in posti tranquilli. Nei limiti del possibile, dobbiamo scegliere un ambiente in cui siano assenti rumori, persone e distrazioni: qualsiasi cosa o chiunque possa distogliere la nostra attenzione da chi stiamo ascoltando. Dobbiamo inoltre raccogliere tutte le nostre energie, emotive e intellettuali, per essere in grado di concentrarci sulle espe-rienze interiori e sui comportamenti esteriori delle persone,

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per poter poi rispondere con accuratezza a queste esperienze e a questi comportamenti.

Concentrarsi sul contenutoNell’ascoltare, ci concentriamo inizialmente sul contenuto oggettivo di ciò che l’altro dice. Concentrandoci sul conte-nuto, vogliamo essere certi di averne colto tutti i dettagli «concreti». Possiamo concentrarci sul contenuto ponendoci sei domande chiave:– CHI?– COSA?– PERCHÉ?– QUANDO?– DOVE?– COME?Se non siamo in grado di rispondere a queste domande, vuol dire che è necessario continuare ad ascoltare: progressivamen-te le persone, parlando, condivideranno con noi le loro espe-rienze e completeranno le informazioni che ci mancano.

RicordarePer essere in grado di fissare in memoria e richiamare di volta in volta alla mente il contenuto di ciò che le persone stanno dicendo, ma anche il sentimento che lo accompagna, dobbia-mo concentrarci piuttosto intensamente sulle espressioni dei nostri interlocutori. È bene inoltre fare attenzione anche a eventuali «buchi» o informazioni mancanti.Dobbiamo perciò imparare a cogliere ciò che le persone ci stanno dicendo a «lungo termine», cioè per un certo arco di tempo. Per far questo, un utile accorgimento è quello di cercare di individuare i temi o gli argomenti ricorrenti nelle esperienze dei nostri interlocutori.Le tematiche importanti (ciò che veramente sta a cuore alle persone) è probabile che vengano ripetute più volte. Sono pro-prio questi temi ricorrenti a farci capire quello che veramente la persona cerca di dirci di se stessa e del suo mondo.Ascoltare è senza dubbio un compito molto impegnativo. Richiede una grande concentrazione. È comunque vero che, come vi sono differenti velocità di lettura, così vi possono anche essere differenti velocità di ascolto. La maggior parte delle persone parla a una velocità che va da 100 a 150 parole al minuto. Eppure noi siamo perfettamente in grado di ascoltare

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ad una velocità due o tre volte maggiore. Possiamo quindi utilizzare questo tempo «in più» per riflettere istantaneamente su ciò che la persona va via via dicendo.La maggior parte di noi ha «imparato» a non ascoltare. Anni di condizionamenti hanno portato a questo. Siamo distratti perché non vogliamo stare a sentire, travisiamo le espressioni degli altri per evitare le eventuali conseguenze spiacevoli di una vera comprensione. Sono soprattutto le conseguenze che vi possono essere sulla propria intimità a spaventare le persone. Così come siamo stati condizionati a non ascoltare e a non sentire, per essere helper efficaci dobbiamo «decondizionarci», ovvero dobbiamo abituarci ad ascoltare e sentire attivamente le espressioni degli altri.

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Cap. 2 – Aiutare l’altro ad esplorare il problema

Indicazioni per gli esercizi

Con gli esercizi di questo capitolo si entra nel vivo delle tecniche base di counseling.La maggior parte delle attività proposte qui presentano personaggi che parlano della loro situazione: è possibile ascoltare e leggere quello che dicono (tasti «audio» e «testo») oppure limitarsi ad ascoltare. Evidentemente, la seconda alternativa presenta un maggior livello di difficoltà, ma è anche quella che consigliamo, essendo più vicina ad una situazione di colloquio reale.Per la stessa ragione, quando viene richiesto di elaborare una risposta digitandola nell’apposito spazio, sarebbe bene pronunciarla a voce (o pensarla) subito dopo aver ascoltato l’audio, per passare poi a scriverla immediatamente, senza limarne la forma o correggerla più volte. Se alla verifica il primo tentativo non risulta soddisfacente, consigliamo di ripetere l’esercizio daccapo in un secondo tempo, riscrivendo la risposta da zero.Rispetto alle verifiche della seconda e della terza sezione («Rispondere al sentimento» - «Rispondere al significato»), è opportuno tenere presente che l’arte di aiutare è – appunto – un’arte, non una scienza esatta. Può darsi che una diversa sensibilità personale o contesti culturali anche solo leggermente diversi portino a percepire in maniera differente l’intensità di una espressione verbale o a decodificare in modo non uniforme il tono emozionale di una voce. Vi invitiamo a chiedervi se fattori come questi possano essere alla base di eventuali verifiche che non vi convincono appieno.

Note teoriche introduttive

Gli esercizi proposti in questo capitolo sono finalizzati a impa-rare come formulare risposte con cui comunicare verbalmente alla persona che hai compreso la situazione in cui si trova. I primi esercizi ti insegneranno a rispondere al contenuto che l’altro ti ha comunicato. In seguito imparerai a rispondere ai sentimenti. Infine, unendo queste due fasi, ti eserciterai a rispondere al significato.Il rispondere getta le basi sulle quali si costruisce il processo di aiuto. Aiuta la persona a esplorare e a mettere a fuoco dove si trova rispetto alla sua situazione. Per poter rispondere,

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è necessario prestare attenzione alla persona, osservarla e ascoltarla.Rispondere presuppone la capacità di entrare nello schema mentale di riferimento dei nostri interlocutori e comunicare loro ciò che sentiamo. In altre parole, nel rispondere sono coinvolti due tipi diversi di abilità: discriminare accurata-mente le esperienze della persona così come lei le vive e, con altrettanta accuratezza, comunicare alla persona ciò che noi abbiamo «percepito» di lei.Rispondere è un’abilità complessa che può essere scomposta in tre sottodimensioni: rispondere al contenuto, al sentimento e al significato. – Rispondiamo al contenuto per poter mettere in luce

quali sono gli «ingredienti» oggettivi, per così dire, delle esperienze dei nostri interlocutori.

– Rispondiamo al sentimento per cercare di chiarire quale tipo di emozione è legato a questa esperienza.

– Rispondiamo al significato per cercare di dare una «ra-gione» a questo sentimento.

Quando l’helper risponde con accuratezza, i suoi interlocutori sono incoraggiati a esplorare il punto in cui si trovano rispetto alla loro situazione. Rispondere rinforza i tentativi di esplo-razione fin lì effettuati dalla persona e, contemporaneamente, ne stimola di nuovi. Getta le basi per il successivo lavoro di personalizzazione che faciliterà poi la comprensione.

2.1. Rispondere al contenuto

Rispondiamo innanzitutto alla parte più ovvia di ciò che ci dicono i nostri interlocutori: il contenuto.Rispondiamo al contenuto per poter chiarire gli ingredienti essenziali delle esperienze della persona. Il fatto di poter con-tare su concrete e precise informazioni riguardo ai contenuti costituisce la base su cui poggiano gli altri due «livelli» del rispondere (rispondere al sentimento e al significato). A sua volta, questa base di risposta ci permetterà di personalizzare la comprensione e, in seguito, di iniziare l’azione.Gli «ingredienti» del contenuto di un’espressione della per-sona si possono ricavare sulla base delle sei domande chiave: CHI? COSA? PERCHÉ? QUANDO? DOVE? COME?Le domande chiave ci forniscono anche uno schema per saggiare se le espressioni con cui le persone descrivono le loro esperienze sono esaurienti o meno. In altri termini, ci

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permettono di stabilire se i nostri interlocutori vi hanno incluso tutto quello che dobbiamo sapere per farci un’idea completa delle situazioni che stanno vivendo.Le domande possono essere formulate in questo modo:– CHI e CHE COSA era coinvolto nel fatto/situazione di cui

si parla?– CHE COSA facevano?– PERCHÉ e COME lo facevano?– QUANDO e DOVE lo facevano?È bene sottolineare, comunque, che la risposta dell’helper non deve necessariamente ripetere questi dettagli. L’helper cercherà piuttosto di parafrasare il contenuto espresso dalla persona, sintetizzandolo con parole proprie. Una risposta al contenuto parafrasata raccoglierà in una frase sintetica i punti principali comunicati dalla persona, in modo che essa possa comprendere con chiarezza la sintesi compiuta dall’helper.Se una delle sei domande chiave rimane senza risposta, la tentazione è di indagare con domande di chiarimento per avere un quadro più completo. Invece, per incoraggiare l’esplora-zione, dobbiamo semplicemente continuare a rispondere e a trattenerci dal fare domande.È importante focalizzarsi bene sulle sei domande chiave, perché ci aiutano a organizzare efficacemente il contenuto delle nostre risposte, cioè a operare una sintesi centrata di ciò che l’altro ha detto. In tal modo, comunichiamo all’altro che abbiamo compreso pienamente il contenuto che egli ha tentato di trasmettere.Una buona risposta è quella che riformula le espressioni della persona in una forma diversa. Non si tratta di ripetere «a pappagallo» le parole degli helpee. Delle buone formule su cui appoggiarsi per rispondere al contenuto possono essere:

«Stai dicendo che _________»;«In altre parole ___________».

2.2. Rispondere al sentimento

Rispondere al sentimento significa dimostrare alla persona la nostra capacità di comprendere la sua esperienza emoti-va. Rispondere ai sentimenti è l’abilità singola più critica dell’intero processo di aiuto, perché il sentimento riflette

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l’esperienza affettiva che i nostri interlocutori hanno di se stessi di fronte alla loro situazione. Le persone a volte espri-mono verbalmente e direttamente i sentimenti che provano; altre volte esprimono solo indirettamente i loro sentimenti attraverso il tono della voce o il modo in cui descrivono la situazione che stanno vivendo. Sia in un caso che nell’altro, il nostro obiettivo come helper sarà quello di mostrare loro esplicitamente che stiamo cogliendo i loro sentimenti.

La domanda dell’empatiaPer rispondere efficacemente ai sentimenti della persona, dobbiamo compiere diverse azioni.Prima di tutto, come abbiamo già imparato, dobbiamo os-servare il comportamento dell’interlocutore; in particolare, dobbiamo fare attenzione alle espressioni posturali e facciali. Il modo in cui la persona si esprime ci dice moltissimo sul suo vissuto. Il tono della voce e l’espressione del viso sono dei segni importanti dei sentimenti interiori. È poi importante ascoltare attentamente le parole dei nostri interlocutori; una volta che abbiamo ascoltato, dobbiamo riformulare «a parole» il sentimento che abbiamo percepito, at-traverso gli indizi «visti» o «sentiti» nelle loro espressioni. Quindi ci dobbiamo porre questa domanda, che chiameremo domanda dell’empatia:«Se fossi al posto del mio interlocutore e facessi e dicessi queste cose, come mi sentirei?».Per rispondere a questa domanda, è utile:1. individuare:

– la categoria (il tipo) di sentimento (felice, arrabbiato, triste, confuso, spaventato, ecc.);

– l’intensità (alta, media o bassa) dello stesso; 2. scegliere una parola o una frase che corrisponda alla ca-

tegoria e al livello di intensità del sentimento;3. verificare se l’espressione scelta è vicina al tipo di lin-

guaggio familiare a quella particolare persona (ad esem-pio, potrebbe risultare poco appropriato usare il termine «molto afflitto» per riformulare un sentimento negativo a un ragazzino tredicenne).

Tieni ben presente che non sempre la reazione di due perso-ne è la stessa, anche se la situazione è del tutto analoga. Per questo motivo non dovrai mai far mancare un ascolto attento della persona, per cogliere ciò che prova senza sovrapporlo

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a quello che proveresti tu in una situazione simile. In altre parole, non dovresti limitarti a immaginare di essere nella situazione di chi ti parla: dovresti piuttosto immaginare di essere quella persona, in quella situazione.

Risposte intercambiabili al sentimentoPer rispondere ai sentimenti della persona, occorre dare una risposta che sia intercambiabile con i sentimenti espressi. Si tratta di saper comunicare alla persona ciò che essa ha appena comunicato a noi. Comprendere ciò che il nostro interlocutore ha espresso – al livello in cui egli l’ha espresso – costituisce l’unica base possibile per una relazione di aiuto.Una risposta è intercambiabile con i sentimenti quando l’hel-per esprime con essa lo stesso sentimento che la persona, a sua volta, aveva espresso.Prima di impegnarci in una comunicazione più complessa, dobbiamo imparare a formulare delle risposte semplici. La prima risposta che formuliamo dovrebbe contenere delle parole emozionali (parole, cioè, relative al sentimento) molto semplici, che riflettano i sentimenti espressi dalla persona. Possiamo fare ciò usando una semplice formula del tipo:

«Ti senti __________».

Potremmo dire che rispondiamo ai sentimenti dei nostri interlocutori quando riusciamo a «tradurre» l’essenza dei loro sentimenti in una o più parole emozionali.

Rispondere ai sentimenti di tristezzaCome avrai potuto notare, le persone possono presentare molti stati d’animo differenti, molte situazioni emotive diverse: a volte sembrano decisamente tristi, a volte felici, altre arrab-biate; il più delle volte si trovano in una posizione intermedia rispetto a questi estremi. Noi dobbiamo essere in grado di dare loro delle risposte semplici e accurate, che comunichino la nostra comprensione in ognuno di questi momenti.Prendiamo ad esempio una persona un po’ «giù», triste. Il suo livello di energia appare basso; ogni cosa le sembra senza speranza, si sente incapace di reagire. Non ha proprio idea di dove stia andando e verbalizza questo sentimento quan-do dice: «Talvolta penso proprio di non riuscire a farcela».

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Usando una parola emozionale appropriata a questo tipo di tristezza, possiamo formulare una risposta semplice come: «Ti senti scoraggiato».

Rispondere ai sentimenti di felicitàIn certi momenti, le persone possono sentirsi «su», soprat-tutto quando hanno trovato una qualche via di uscita o una qualche «direzione», anche se si tratta solo di un tentativo. Il loro atteggiamento verso la vita si trasforma e il loro comportamento è energico e vivace.Essere in grado di rispondere alle persone in questi momenti è altrettanto importante che rispondere loro nei momenti di depressione. In realtà, è addirittura più importante perché, se è fondamentale «agganciare» i nostri interlocutori al li-vello in cui si trovano e che essi stessi esprimono, dobbiamo poi aiutarli a progredire verso comportamenti nuovi e più soddisfacenti: non possiamo aiutarli in questo cammino se non siamo in grado di rispondere a questi momenti di gioia, quando si manifestano. Per molti di noi sono proprio queste le esperienze a cui è più difficile dare una risposta. Condividere la felicità di un’altra persona è, in effetti, difficile, se noi stessi, ad esempio, godiamo raramente di momenti di gioia. A volte i sentimenti sono così intensi che la persona li rivela apertamente: «Non vedo l’ora di incominciare!». Possiamo formulare una risposta assai semplice a questa situazione emotiva, come: «Ti senti proprio eccitato».

Rispondere ai sentimenti di rabbiaA volte, può capitare che le persone esprimano altri tipi di sentimento: a volte ce l’hanno col mondo, sono arrabbiati per le sue ingiustizie e hanno una gran voglia di vendicarsi. Il loro corpo è contratto, lo sguardo è violento e le loro espressioni sono soffocate. Spesso abbiamo paura a lasciar sfogare questo tipo di sentimenti. Ci chiediamo: «Si lasceranno trascinare poi da questi sentimenti?», «Saranno in grado di controllarli?». Queste domande ci preoccupano.Nondimeno, non possiamo essere efficaci nell’aiuto se non siamo in grado di affrontare la globalità dei sentimenti di una persona, anche quelli negativi. Il nostro interlocutore deve riuscire a esprimere apertamente questi sentimenti se vuole imparare a «lavorare» con essi. In effetti, la probabilità che egli agisca spinto da sentimenti di rabbia è inversamente

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proporzionale alla sua abilità di verbalizzarli ed esplorarli. Più egli esplora, più è improbabile che agisca in modo di-struttivo. In altre parole, più ha modo di parlare dei suoi sentimenti negativi, più è facile che riesca a canalizzarli in maniera costruttiva.

Rispondere ai sentimenti con precisioneDobbiamo rispondere a tutta la completezza emozionale delle persone: nei loro momenti di tristezza, di felicità e di rabbia. Essi sono quello che si sentono. Se non rispondiamo con accuratezza ai nostri interlocutori, le conseguenze sono evidenti: se non riusciamo a trovarli, li perdiamo. Se li per-diamo, non troveranno se stessi.Vi sono molte varietà di sentimenti possibili. Alcuni dei sentimenti più importanti sono: sorpresa, paura, sollievo, dolore, affetto, disgusto, interesse e vergogna. Vi è poi una vasta gamma di situazioni emotive più specifiche alle quali possiamo rispondere.Dobbiamo imparare a rispondere a questi sentimenti così unici. Impegnarsi per riuscire a «cogliere esattamente con delle parole» l’originalità delle esperienze delle persone può essere di grande beneficio sia per chi aiuta, sia per chi viene aiutato. Da principio non sarà facile trovare le parole più adatte per esprimere un sentimento. Potreste obiettare: «Io non sono abituato a usare così tante parole per esprimere dei sentimenti. Non so se sarò in grado di rispondere con accuratezza». Sarà necessario, in questo caso, che cerchiate di espandere le «parole emozionali» presenti nel vostro vocabolario.Quante più parole di sentimento conosceremo, tanto maggiori saranno le nostre possibilità di riuscire a comunicare con accuratezza quanto abbiamo compreso delle esperienze dei nostri interlocutori, nella loro unicità.Un modo di organizzare i vocaboli di sentimento, è quello di classificarli a seconda della loro alta, media o bassa intensità. Però, qualsiasi parola viene percepita in modo più o meno intenso a seconda della persona a cui questa parola viene rivolta.In base alle informazioni che ricaviamo dalle nostre osserva-zioni e dalle prime frasi pronunciate dal nostro interlocutore, tenteremo inizialmente di stabilire la «categoria generale di sentimento» della persona. Il nostro compito successivo è quello di perfezionare la comprensione dei sentimenti, individuando l’appropriata

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«gradazione» di intensità. Cercheremo sempre di trovare delle parole che siano intercambiabili con l’esperienza dei nostri interlocutori. Se abbiamo difficoltà a trovare le «parole giuste», ma sappiamo di aver colto la sostanza del sentimento (cioè di averne individuato la «categoria»), possiamo utilizzare la seguente tecnica.Iniziamo completando semplicemente questa frase: «Quando sono… (sentimento generale), mi sento… (sentimento speci-fico)». Questo ci aiuterà a trovare una risposta al sentimento che sia il più possibile accurata e intercambiabile. Ad esempio, se la persona dice: «Sono depresso», e noi non disponiamo di una nuova, accurata espressione con cui rispondere, possiamo dire a noi stessi: «Quando sono depresso, mi sento...». Potremo completare questa frase, ad esempio, con «perduto»; per cui: «Quando sono depresso, mi sento perduto». Prova a guardare e ascoltare la persona: ti sembra veramente «perduta»?Se ci sembra di non avere azzeccato, potremo ripercorrere questo procedimento alla ricerca di nuove parole di sentimen-to, finché avremo trovato una parola adatta.

2.3. Rispondere al significato

Rispondere al sentimento oppure al contenuto delle espres-sioni usate dai nostri interlocutori non è sufficiente. La nostra risposta deve essere arricchita ricombinando assieme senti-mento e contenuto, ovvero facendo entrare il sentimento, per così dire, dentro il contenuto che è stato espresso.Possiamo dire che il contenuto viene espresso per dare signi-ficato al sentimento. Il contenuto dà un senso intellettuale alle espressioni (esperienze) delle persone. Il sentimento, invece, dà un senso emozionale. Rispondere al significato significa formulare delle risposte che riescano a cogliere sia il sentimento che il contenuto espresso.

Sentimenti e contenutoI sentimenti sono legati al contenuto: il contenuto ci dà la ragione del sentimento. Vediamo, ad esempio, alcuni stati d’animo e le corrispondenti aree di contenuto.

Sentimento ContenutoFelice per essere stato promosso.Arrabbiato con la mia insegnante perché mi ha dato un

voto basso.Triste quando ho saputo che non l’avrei più rivista.

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Possiamo esercitarci nel rispondere al significato, cercando di riconoscere il sentimento e il contenuto di diverse esperienze che interessano attualmente la nostra vita.Una risposta al significato non è completa fin tanto che non si riesce a comunicare accuratamente sia il sentimento che il contenuto. Mentre la formula: «Stai dicendo che…» esprime il contenuto dell’espressione usata dalla persona, la formula

«Sei (ti senti) _______ perché _______»

riesce a cogliere sia il sentimento che il contenuto. Questa formula è un accorgimento efficace per realizzare una risposta che sia veramente intercambiabile con quello che la persona ci ha comunicato.È come se dovessimo cercare di comprendere con la testa qualcosa che i nostri interlocutori sentono visceralmente. Lo facciamo, da principio, addentrandoci nei loro sentimenti. In un secondo tempo, cominciamo a comprendere la ragione dei sentimenti, espressa nel contenuto che li determina.Mentre l’affermazione «Ti senti triste» esprime i sentimenti del nostro interlocutore per una persona cara che se ne è andata, se diciamo: «Sei triste perché lei era per te la perso-na più importante al mondo, e ora non c’è più», riusciamo a cogliere il significato che questa esperienza ha per la persona. Lo facciamo, appunto, unendo sentimento e contenuto.

Rispondere a più contenuti e sentimentiSe non rispondiamo al contenuto di ciò che la persona va esprimendo, ci troveremo spesso a non essere in grado di affrontare i suoi problemi concreti. È più facile lavorare sulle cose che riusciamo a inquadrare in uno schema mentale che ci appartiene, piuttosto che su quelle che «sentiamo» sola-mente. A volte le persone esprimono nello stesso tempo più d’un contenuto e più d’un sentimento. È importante essere attenti a tutti i sentimenti e a tutti i contenuti di maggiore rilevanza.

Rispondere alla diffidenzaSe rispondiamo con accuratezza alle espressioni dei nostri interlocutori, riusciremo a coinvolgerli nell’esplorazione di se stessi, di quelle aree di funzionamento in cui essi hanno

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delle difficoltà. Immaginiamo di avere un colloquio con una giovane donna, che sta diventando adulta e si sta rendendo conto ogni giorno di più delle differenze che esistono tra le sue esperienze – in quanto donna – e quelle dei ragazzi. Essa, inoltre, è sempre più consapevole dei conflitti personali che accompagnano la scelta di una professione. Le prestiamo attenzione e ci appare piuttosto riservata. Ci guarda con diffidenza. Noi possiamo comunque formulare una risposta efficace, malgrado non ci abbia detto molto. Ad esempio: «Non ti fidi molto di me, perché temi che io non sia in grado di capirti». Immaginiamo un colloquio con un altro ragazzo, molto aperto. Si tratta di un ragazzo nero.Come il fatto di essere donna, così ogni altra situazione – come l’essere nero – che comporti una «diversità» rende diverse le esperienze. Il nostro ragazzo, nell’esprimere que-sta situazione, è categorico: «Queste cose non mi servono a niente. Tu non potrai mai sapere cosa vuol dire essere nelle mie condizioni!». Potremmo formulare una risposta efficace dicendo: «Sei scettico, perché io non potrò mai veramente comprendere la tua esperienza». La cosa importante è riu-scire a entrare nello schema mentale dei nostri interlocutori, per comprendere il sentimento e il contenuto che essi hanno espresso. Poi dobbiamo, a nostra volta, comunicare questa nostra comprensione, rimanendo sempre al livello in cui la persona ha espresso le sue preoccupazioni.Può darsi che la giovane donna del nostro esempio sia disposta a riconoscere che noi possiamo aiutarla, ma starà comunque molto attenta prima di lasciarsi coinvolgere. Può darsi che il ragazzo nero arrivi ad ammettere che possiamo aiutarlo, ma solo se noi – da parte nostra – ammettiamo che vi possono essere dei limiti alla profondità della nostra comprensione.Possiamo misurare l’accuratezza delle nostre risposte par-tendo dal feedback che riceviamo dalla persona. Se, dopo la nostra risposta, la persona continua a esplorare, significa che siamo stati accurati nella comprensione e nella comunicazione di ciò che ha detto.Lo scopo del rispondere alle esperienze dei nostri interlocutori è quello di facilitare in loro un’auto-esplorazione delle situa-zioni rispetto alle quali essi si trovano in difficoltà. Come helper, noi sappiamo che un’esplorazione non ha valore se non facilita poi una comprensione che vada al di là del «materiale» esplorato. La persona, a ogni modo, deve prima esplorare dove si trova, per poi poter capire dove vorrebbe essere.

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Cap. 3 – Personalizzare

Indicazioni per gli esercizi

Le attività di questo capitolo sono le più complesse fra quelle proposte nel training, dato che presuppongono l’acquisizione delle abilità sottese agli esercizi precedenti.In particolare, l’esercizio 3.4.2 («Valutare e discriminare diversi tipi di risposte») può venire usato, in un contesto di aula, come esercitazione esemplificativa da proporre dopo aver illustrato i diversi tipi di risposta.Come per il secondo capitolo, suggeriamo di allenarsi a elaborare le risposte scrivendole velocemente, dopo essersi limitati ad ascoltare la voce dei personaggi.

Note teoriche introduttive

Hai imparato fin qui a prestare attenzione all’esperienza del-l’altro, osservandolo, ascoltandolo e mostrandogli interesse attraverso la tua postura fisica. Hai imparato a rispondere ai sentimenti e al contenuto espresso dalla persona, elaborando risposte intercambiabili. Passeremo ora alla fase successiva del counseling, quella della personalizzazione. La fase del personalizzare serve ad aiutare la persona a ri-prendere il controllo sulla sua situazione, presupposto perché possa agire efficacemente per migliorarla. Questa fase include una serie di abilità distinte: • costruirelacosiddetta«baseintercambiabile»;• personalizzareilsignificato;• personalizzareilproblema;• personalizzare l’obiettivo, inmododapermetterealla

persona di capire dove si trova in relazione a dove vuole arrivare.

Personalizzare è la dimensione critica di ogni cambiamento o progresso umano. È un processo fondamentale perché porta a interiorizzare la responsabilità che le persone hanno rispetto alla soluzione dei loro problemi.

3.1. Costruire una «base intercambiabile»

Costruire una base intercambiabile significa cercare di formulare una serie di risposte che evidenzino il sentimento espresso più o meno esplicitamente dalla persona – cercando

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di rimandarne correttamente l’intensità – collegandolo al contenuto, ossia a ciò che la persona comunica, e facendo attenzione a cogliere il concetto principale, a essere concisi e neutrali. È necessario riuscire a rispondere per un certo tempo (ossia riu-scire a «riflettere» semplicemente ciò che l’altro dice, senza aggiungere nulla, durante una serie successiva di affermazioni dell’altro) se si vuole riuscire a costruire una «base» di intesa con la persona che permetta poi di passare efficacemente alla personalizzazione vera e propria.Se abbiamo dato varie risposte che racchiudono fedelmente il sentimento e il significato espresso dal nostro interlocutore, possiamo dire di aver stabilito una base intercambiabile di comunicazione. Nel costruire la base intercambiabile di comu-nicazione, può risultare conveniente porre qualche domanda, per cercare di riempire eventuali «buchi» che possono limitare la nostra comprensione. Se è necessario porre una domanda, dobbiamo però fare in modo che il nostro successivo intervento sia una «risposta». Possiamo ritenere di aver formulato una buona domanda se, ottenuta la risposta, siamo in grado di rispondere, a nostra volta, ad essa con accuratezza. L’helper esperto cercherà di inserire le domande in mezzo a due risposte intercambiabili. Se ci troviamo a fare due domande consecutive senza poi aver modo di «rispondere», si tratta probabilmente di cattive domande ed è opportuno tornare a rispondere con accuratezza.

3.2. Personalizzare il significato

Personalizzare il significato porta il nostro interlocutore a comprendere dove si trova, in rapporto a dove desidera essere o a dove dovrebbe essere.Noi personalizziamo il significato quando riformuliamo direttamente ai nostri interlocutori il significato della loro esperienza, mettendoli al centro dell’esperienza stessa. Spesso troviamo che le persone parlano di terzi (amici, studenti, insegnanti, coniugi, genitori, figli) sui quali non è possibile intervenire direttamente. Concentrandosi sugli altri, essi pongono, per così dire, le loro esperienze al di fuori di sé. Concentrandosi su di sé, invece, interiorizzano le loro esperienze.Personalizzare il significato vuol dire collegare al sentimento un contenuto che sia centrato sulla persona e non su altri o sull’ambiente esterno.

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L’esempio che segue ti può aiutare a comprendere meglio questo concetto.

Paziente di 8 anni: «Sei cattivo. Tutti qui sono cattivi. Vo-glio andar fuori a giocare. Non sto più male adesso, finirà il campionato prima che questi sciocchi dottori mi facciano uscire».

Helper: «Sei molto arrabbiato perché i medici non ti lasciano andare a casa».

Questa è una risposta al significato, che risponde sia al senti-mento («Sei molto arrabbiato...»), sia al contenuto («... i medici non ti lasciano andare a casa»). Il contenuto però è focalizzato sull’esterno del bambino. Qualcun altro (i medici), e non il bambino, è considerato all’origine del sentimento espresso.Consideriamo ora quest’altra risposta:

Helper: «Sei arrabbiato perché perderai tutte le partite importanti».

Anche questa è una risposta al sentimento («Sei arrabbia-to…») e al contenuto («… perderai tutte le partite importan-ti»). Questa volta però il contenuto è focalizzato sul bambino. All’origine del sentimento viene posto il bambino stesso: «… (tu) perderai le partite». In altri termini, questa risposta attri-buisce alla persona la responsabilità delle sue emozioni.Una formula schematica che può esserci utile per elaborare risposte che personalizzano il significato è:

«Ti senti ____, perché TU ____».

3.3. Personalizzare i problemi

Personalizzare i problemi rappresenta il passo più critico tra quelli che portano all’azione. Quando personalizziamo i problemi, aiutiamo la persona a comprendere quali sono le cose che non riesce a fare e che sono alla base della sua esperienza di difficoltà.Personalizzare il problema significa mettere in luce ciò che la persona fa capire di non essere in grado di fare. Bisogna fare attenzione che personalizzare il problema non significa comunicare alla persona una nostra «diagnosi» in merito a cosa lei non riesce a fare. Significa invece cogliere se

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ciò che la persona sta esprimendo contiene, in modo esplicito o implicito, la percezione di non riuscire a fare qualcosa. In tal caso, la nostra risposta avrà l’effetto di rendere esplicita questa auto-percezione.Non dobbiamo dimenticare che le risposte che personalizzano il problema sono sempre riformulazioni di quanto la persona sta esprimendo, come tutte le altre risposte che abbiamo preso in considerazione fin qui.L’esempio che segue può aiutare a comprendere meglio questo concetto.

Studente: «So che potrei risolvere i miei problemi, non sono poi così gravi, sono solo piccole seccature. Non sono proprio entusiasta di avere ripreso gli studi, ma voglio riuscirci. Però esco lo stesso quasi tutte le sere, bevo troppo, al mattino faccio fatica ad andare a lezione, rimango sempre più indietro, e poi ho i rimorsi di coscienza, e allora cosa faccio? Vado ancora fuori a bere».

Helper: «Secondo me il tuo problema è che non riesci a trovare degli amici che non bevano».

Questa risposta, anche se comunica al ragazzo qualcosa che non è in grado di fare («… non riesci a trovare degli amici…»), non è una risposta che personalizza il problema. Infatti, comunica il punto di vista dell’helper e non è una riformulazione, in quanto non coglie il contenuto espresso dalla persona.Considera ora quest’altra risposta:

Helper: «Sei scoraggiato perché non riesci a fare a meno di uscire, di bere e di fare tardi».

Questa risposta è una riformulazione, perché sia il contenuto che il sentimento corrispondono a quanto ha espresso lo studente. È anche una risposta che personalizza il problema in quanto mette in luce ciò che il ragazzo fa capire di non riuscire a fare. In sostanza, l’helper non aggiunge nessun contenuto nuovo. «Aggiunge» un modo nuovo di considerare il contenuto espresso dalla persona.Un formula che possiamo prendere a riferimento per elaborare questo tipo di risposte è:

«Ti senti _______ perché (tu) non riesci a ______».

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Personalizzare i sentimenti rispetto al deficitDovremo continuare a comunicare comprensione alla persona, rispondendo ai nuovi sentimenti che accompagnano la messa a fuoco del problema, una volta che questo viene personaliz-zato. In sostanza, si tratta di continuare a rispondere a come le persone si sentono con se stesse, dopo aver compreso il proprio ruolo rispetto al problema. Spesso cambiano il loro vissuto e il sentimento che provano nei propri confronti. Per esempio, sensazioni di dolore, di fastidio, di debolezza o di vulnerabilità possono trasformarsi in un sentimento di delusione e di sfiducia in se stessi, dal momento che la persona non sa ancora quali sono le risposte necessarie per riuscire a gestire la sua situazione di vita.

Il confronto (rispetto al deficit)A volte possiamo decidere di accelerare la personalizzazione dei problemi facendo ricorso alla tecnica del confronto. I confronti possono assumere forme diverse. Possiamo mettere la persona a confronto con comportamenti che sono in contra-sto con quanto essa afferma verbalmente. A volte è possibile scorgere una contraddizione tra come lei «dice di sentirsi» e come in effetti appare. Vi può essere una discrepanza tra come la persona è in realtà e come vorrebbe essere o vorreb-be essere vista. Oppure può esistere una contraddizione tra insight e azione.Nell’utilizzare una risposta di confronto, di solito è molto più efficace usare una formula che non presenti il confronto in termini esasperati. Possiamo, per esempio, fare riferimento allo schema seguente: «Da una parte tu dici (ti senti, ti comporti) _______, mentre dall’altra dici (ti senti, ti comporti) ______ ».Quando confronti di questo tipo vengono proposti nel con-testo di una relazione personalizzata, possono esser di aiuto, ma non sono mai indispensabili, né tanto meno sufficienti. Comunque, nelle mani di un helper esperto, essi possono risultare strumenti utili per attivare un’ulteriore esplorazione e comprensione.

3.4. Personalizzare gli obiettivi

Personalizzare gli obiettivi significa mettere a fuoco dove la persona desidera arrivare in rapporto a dove si trova at-tualmente.

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Il modo più semplice di personalizzare gli obiettivi è quello di individuare i comportamenti che sono, in qualche modo, all’op-posto del problema, così come esso è stato personalizzato.In analogia a quanto abbiamo già spiegato a proposito del «personalizzare il problema», anche personalizzare gli obietti-vi non significa comunicare alla persona una nostra «diagnosi» in merito a cosa lei dovrebbe fare. Significa invece cogliere se ciò che la persona sta esprimendo contiene, in modo esplicito o implicito, la percezione di voler fare qualcosa di diverso da ciò che sta facendo già. In tal caso, la nostra risposta avrà l’effetto di rendere esplicita questa auto-percezione. Ancora una volta, non dobbiamo dimenticare che le risposte che per-sonalizzano l’obiettivo sono sempre riformulazioni di quanto la persona sta esprimendo.Una formula schematica che può essere utile per elaborare risposte che personalizzano il significato è:

«Ti senti ___, perché (tu) non riesci ___ e vorresti ___».

A volte, la persona capisce perfettamente, dal punto di vista razionale, ciò che andrebbe fatto, ma è incapace di sentire se stessa in sintonia con quel corso di azione. È a questo punto che può essere necessario ripercorrere tutto il processo di esplorazione e di comprensione del problema, per poter at-tingere a tutte le potenzialità del nostro interlocutore.

Il confronto (rispetto al possibile corso di azione per migliorare la situazione)A volte le persone sono riluttanti all’idea di darsi finalmente da fare. In base alle loro esperienze di vita, molti hanno più paura del successo che dell’insuccesso. Si sono ormai abituati all’idea di non farcela. In qualche misura, è possibile che ab-biano accettato l’insuccesso nella vita senza troppo disagio. Se riusciamo a essere adeguati e solleciti, possiamo effettuare dei confronti rispetto ai punti di forza (le risorse), così come in precedenza avevamo fatto con i punti di debolezza (i deficit). Nel proporre i nostri confronti, è opportuno optare sempre per confronti non esasperati, senza tentare di «trascinare» troppo la persona. Dobbiamo essere sicuri di saper succes-sivamente rispondere con accuratezza agli effetti che questi confronti possono produrre sulla persona, per poter riattivare

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esplorazione e comprensione. Ricordiamo che i confronti sono efficaci e vantaggiosi solo nelle mani di un helper abile.

Valuta le capacità che hai acquisito

Indicazioni per gli esercizi

Questa ultima sezione segue lo stesso schema logico di quella iniziale.Il primo esercizio («La tua capacità nel dare risposte di aiuto») propone di auto-valutare con una apposita griglia la risposta elaborata all’inizio del training: può quindi essere svolto a condizione che si sia prima completato l’esercizio di apertura.Il secondo esercizio («La tua capacità nel discriminare risposte di aiuto efficaci») presenta invece una situazione nuova, anche se il livello di difficoltà e l’articolazione dell’esercizio sono tali da rendere il punteggio ottenuto confrontabile con quello conseguito all’inizio.

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GUIDA ALLA NAVIGAZIONE

Login

All’inizio del programma appare la schermata del login in cui l’utente deve registrare il suo nome. La prima volta deve quindi digitare il nome (minimo 3 caratteri), la password (facoltativa) e confermarla. Dopo aver inserito questi dati, cliccando Ok si dà la conferma e si entra nel programma; cliccando Annulla si ritorna alla lista utenti.

Inserimento di un nuovo utente

Se invece l’utente è già registrato, deve selezionare il proprio nome dalla lista e cliccare Entra. Accederà al Menu da cui potrà selezionare una sezione a scelta o riprendere da dove aveva interrotto. Per scorrere la lista dei nomi è possibile usare il cursore a lato.

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Il pulsante Aggiungi nuovo utente permette di aggiungere sempre un nuovo utente. Il pulsante Elimina utente per-mette di eliminare l’utente selezionato, mentre il pulsante Reimposta password permette di reimpostare la password precedentemente inserita.Per uscire dal programma, cliccare Esci; per consultare la guida interna, premere Guida.

Lista utenti

Menu

Il Menu del programma contiene l’indice dettagliato di tutte le sezioni presenti nel CD-ROM, liberamente selezionabili. Nella colonna di sinistra appaiono i titoli dei capitoli e al clic su ciascuno di essi, viene visualizzato, nel riquadro centrale, il capitolo nel dettaglio, con i paragrafi e i sottoparagrafi, anch’essi tutti liberamente cliccabili.

Durante il programma il nome dell’utente sarà sempre vi-sualizzato in basso a sinistra.

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I capitoli del CD-ROM sono così suddivisi:- Presentazione- Valuta le tue capacità di partenza- 1. Esercizi propedeutici- 2. Aiutare l’altro a esplorare il problema- 3. Personalizzare- Valuta le capacità che hai acquisito

Se alla fine di una sezione è stato cliccato il pulsante «Verifica» o «Clicca qui», nella colonna «Fatto» apparirà un flag rosso e su quella «Rifai» un pulsante verde. Cliccando il pulsante verde, l’utente potrà rifare l’esercizio selezionato. – Il pulsante «Riprendi la tua attività» permette di ritornare

al punto in cui l’utente ha abbandonato il programma la volta precedente.

– Il pulsante «Menu» è presente in alto a destra in ogni vi-deata del programma e permette di ritornare in qualunque momento al menu/indice per selezionare un’altra sezione, verificare se e quali esercizi sono stati svolti, ed eventual-mente rifarne uno o più.

Menu

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Funzione dei pulsanti

All’interno del programma sono presenti i seguenti pulsanti nella barra in alto:- Vai agli esercizi: questo pulsante appare nelle videate

delle «Note introduttive» di ogni sezione. Cliccandolo, si passa direttamente agli esercizi.

Esempio di videata all’interno del CD-ROM

- Istruzioni: cliccando questo pulsante si torna alla videata in cui vengono spiegati gli esercizi della sezione e vengono date le istruzioni per il loro completamento.

- Esempio: questo pulsante permette di visualizzare un esempio degli esercizi proposti nella sezione.

- Attività: cliccando sui numeri delle attività si passa diret-tamente all’attività selezionata.

- Menu: permette di tornare al menu/indice principale.- Guida: contiene una breve descrizione della sezione in cui

l’utente si trova.

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- Esci: permette di tornare al login, da cui si può uscire definitivamente premendo lo stesso pulsante.

Nella barra in basso sono sempre presenti:- a sinistra il nome dell’utente;- a destra i pulsanti per scorrere le videate (Avanti: per

passare alla videata successiva; Indietro: per tornare alla videata precedente).

In molti esercizi sono raffigurati dei personaggi – possibili persone che si rivolgono a un helper – di cui è possibile ascol-tare e leggere le parole attraverso i seguenti pulsanti:- Audio: permette di ascoltare le parole del personaggio

raffigurato. Ricliccandolo, l’audio si ferma.- Testo: permette di leggere le parole del personaggio raffi-

gurato. Cliccando sui tasti «Corpo +» o «Corpo –», si potrà ingrandire o rimpicciolire il corpo del testo proposto.

- Ascolta la risposta: permette di ascoltare la risposta formulata dall’helper. Ricliccandolo, l’audio si ferma.

Videata con i pulsanti audio

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In alcune videate compariranno i seguenti pulsanti:- Verifica: cliccando questo pulsante si visualizzano le ri-

sposte date dall’utente e si possono confrontare con quelle corrette. Il pulsante può essere cliccato indipendentemente dallo svolgimento dei singoli esercizi: le risposte corrette e gli eventuali feedback o commenti appariranno comunque. Nei testi iniziali e finali è possibile calcolare il punteggio ottenuto cliccando il pulsante Calcola. Si ricorda che una volta cliccato il pulsante «Verifica», le risposte date non sono più modificabili e l’esercizio potrà essere svolto nuovamente solo se «annullato» nel Menu con il pulsante «Rifai».

- Qui: al termine di alcuni esercizi, viene richiesto di clic-care sulla parola qui (anziché su «Verifica»), dopodiché l’esercizio verrà considerato Completato (quindi non più modificabile) e nel menu apparirà come Fatto.

- Emozioni positive o emozioni negative: cliccando sulle parole emozioni positive o emozioni negative, l’utente rivedrà le tabelle delle parole emozionali.

- Clicca qui per proseguire: il pulsante Clicca qui per pro-seguire permette all’utente di proseguire nello svolgimento dell’attività (es. 3.5.1.).

- Riattiva animazione: questo pulsante permette di riatti-vare l’animazione proposta, per osservare nuovamente il personaggio raffigurato (es. 1.2.2.).

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Videata con i pulsanti Calcola e Verifica

Videata con il pulsante Riattiva animazione

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LE SEZIONI DEL CD-ROM

Valuta le tue capacità di partenza

I due esercizi di questa sezione, proposti senza una premessa teorica, consentono all’utente un’autovalutazione iniziale, da utilizzare poi alla fine del training per verificare le capacità acquisite.Nel primo esercizio («Valuta la tua capacità nel dare risposte di aiuto») si tratta di scrivere quello che, come helper, si potrebbe dire all’utente raffigurato.

Valuta la tua capacità nel dare risposte di aiuto

Nel secondo esercizio («Valuta la tua capacità di discriminare risposte di aiuto efficaci»), invece, si tratta di indicare se la risposta fornita dall’helper è «inefficace», «abbastanza effi-cace» o «efficace». Le situazioni di colloquio richiedono di saper elaborare risposte efficaci velocemente e senza bisogno di troppa riflessione intellettuale. L’abilità di riconoscere

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risposte efficaci, dunque, è soltanto una tappa intermedia verso il saperle dare.

Valuta la tua capacità nel discriminare risposte di aiuto efficaci

Capitolo 1 – Esercizi propedeutici

In questo capitolo l’utente imparerà, esprimendo abilità di attenzione, osservazione e ascolto, a disporsi nel miglior modo possibile per comprendere e coinvolgere il suo interlocutore. Gli esercizi qui proposti hanno una funzione introduttiva e, come tali, servono soprattutto per chi non ha ancora alcuna esperienza nel colloquio di aiuto.

Attività:1.1.1. Concentrati e ascolta la frase. Poi rispondi alle domande scrivendo nell’apposito spazio.

1.1.2. Inserisci nella griglia i 6 elementi chiave relativi al col-loquio di aiuto (chi, che cosa, quando, dove, come, perché).

1.1.3. Scrivi l’invito a un colloquio.

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1.1.4. Per ogni vicenda scrivi come l’helper in questione ha ripassato i contenuti dell’incontro, fissato degli obiettivi e si è rilassato.

1.1.5. Pensando al colloquio con una persona di tua scelta, scrivi le informazioni che hai, l’obiettivo che ti sei prefissato e il tuo modo di rilassarti.

1.1.6. Clicca con il mouse gli elementi che ritieni di disturbo durante il colloquio rappresentato nella scenetta; al clic, l’elemento selezionato verrà contornato di giallo.

1.1.7. Clicca con il mouse gli elementi inadeguati nei colloqui rappresentati nelle scenette; al clic, l’elemento selezionato verrà contornato di giallo.

1.2.1. Completa l’esercizio cliccando sulla definizione (dati o deduzioni) che ritieni corretta.

1.2.2. Dopo aver osservato la persona raffigurata, completa lo schema, scrivendo l’aspetto, il comportamento e le tue deduzioni in merito.

1.3.1. Inserisci nella griglia i 6 elementi chiave relativi al-l’ascolto di una persona.

1.4.1. Data una situazione di colloquio, concentrati e rispondi sinceramente verificando la tua attenzione al contesto e a te stesso.

1.4.2. Senza rivedere la situazione di colloquio a cui si rife-risce, rispondi alle domande per verificare la tua attenzione all’interlocutore, la tua abilità a osservarlo e ascoltarlo.

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Esercizio 1.1.2.

Esercizio 1.1.4.

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Esercizio 1.1.6.

Esercizio 1.2.1.

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Esercizio 1.2.2.

Capitolo 2 – Aiutare l’altro ad esplorare il problema

In questo capitolo si entra nel vivo delle tecniche di counseling: la maggior parte delle attività qui proposte presentano personaggi che parlano della loro situazione; l’utente deve riconoscere i tipi di risposte fornite dall’helper o elaborare egli stesso le risposte da dare all’helpee.

Attività:2.1.1.- 2.1.2.- 2.1.3. Indica come ritieni la risposta dell’hel-per («vaga/precisa», «troppo lunga/breve e precisa/vaga o imprecisa», «giudicante/non giudicante»).

2.1.4. Indica come ritieni la risposta dell’helper («insoddisfa-cente» o «adeguata»), cliccando con il mouse il quadratino corrispondente. Scrivi poi il motivo della tua risposta.

2.1.5. Elabora una risposta adatta a centrare il contenuto espresso dalla persona che parla. Commenta poi le risposte degli helper che trovi nelle videate.

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2.2.1. Clicca le parole adatte alla situazione emotiva dei per-sonaggi, scegliendole dall’elenco proposto.

2.2.2. Valuta se la risposta data dall’helper è «accurata» o «non accurata» nel cogliere il sentimento espresso dalla persona, cliccando sul quadratino corrispondente. Spiega poi il motivo della tua scelta.

2.2.3. Inserisci – trascinandole con il mouse – nelle caselle delle rispettive tabelle le parole emozionali che trovi in basso. È necessario completare entrambe le tabelle perché l’esercizio risulti svolto. Clicca con il mouse sulle frecce < > a lato per scorrere le parole emozionali. Attenzione: se si clicca «Avanti» senza aver completato il primo esercizio, si deve ricompilare la tabella daccapo. Verifica: le parole posizionate correttamente rimarranno al loro posto, mentre le altre torneranno nella lista in basso. Al completamento di ciascuna tabella, comparirà un messaggio di conferma. Visualizza soluzione: permette di visualizzare la soluzione. Una volta cliccato questo pulsante, non sarà più possibile modificare le tabelle.

2.2.4. Elabora le tue risposte ai sentimenti delle persone raffigurate. Per avere un aiuto clicca sulle parole emozioni positive o emozioni negative: rivedrai le tabelle delle parole emozionali.

2.3.1. Indica come ritieni la risposta dell’helper («inter-cambiabile/non intercambiabile») cliccando con il mouse il quadratino corrispondente. Annota nello spazio sottostante gli eventuali errori a tuo parere.

2.3.2. Per ogni situazione, elabora una risposta al signifi-cato.

2.3.3. Per ogni situazione, elabora una risposta adatta a cen-trare entrambi i temi espressi dal personaggio raffigurato. Valuta poi le risposte fornite dagli helper, commentandole nell’apposito spazio.

2.3.4. Rispondi sinceramente alle domande poste su te stesso e la tua situazione, specificando ogni volta come ti senti e perché. Cliccando sulla parola qui, l’esercizio verrà conside-rato «Completato».

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Esercizio 2.1.4.

Esercizio 2.2.1.

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Esercizio 2.2.3.

Esercizio 2.2.4.

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Esercizio 2.3.4

Capitolo 3 – Personalizzare

Le attività di questo capitolo – le più complesse fra quelle proposte nel training – presuppongono che l’utente abbia acquisito le abilità sottese agli esercizi precedenti. L’esercizio 3.4.2. («Valutare e discriminare diversi tipi di rispo-ste»), per esempio, può essere usato, in un contesto di aula, come esercitazione esemplificativa da proporre dopo aver illustrato i diversi tipi di risposta.

Attività:3.1.1. Per ogni situazione, elabora una risposta al significato scrivendo nell’apposito spazio.

3.2.1. Per ogni situazione, individua se la risposta dell’helper è una risposta «al significato» o «che personalizza il signi-ficato» cliccando con il mouse il quadratino corrispondente.

3.2.2. Per ogni situazione, scrivi una risposta al significato, poi una risposta che personalizzi il significato. Indica quindi,

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cliccando sul quadratino corrispondente, se le risposte fornite dall’helper sono semplici risposte al significato o risposte che personalizzano il significato.

3.3.1. Per ogni situazione, indica se la risposta dell’helper è una risposta «intercambiabile», «che personalizza il significato» o «che personalizza il problema», cliccando con il mouse sul quadratino corrispondente.

3.3.2. Per ogni situazione, elabora una risposta che persona-lizzi il problema. Indica poi se la risposta dell’helper è una risposta «intercambiabile», «che personalizza il significato» o «che personalizza il problema», cliccando con il mouse sul quadratino corrispondente.

3.4.1. Per ogni situazione, indica se la risposta dell’helper formula l’obiettivo come «altra faccia» del problema o come «nuovo comportamento», cliccando con il mouse in corri-spondenza di tali parole.

3.4.2. Per ogni situazione, indica se la risposta fornita dall’helper è «adeguata» o «inadeguata», cliccando con il mouse sul motivo della scelta (a quale categoria appartiene la risposta).

3.4.3. Per ogni situazione, elabora una risposta che persona-lizzi l’obiettivo scrivendo nell’apposito spazio. Commenta poi negli appositi riquadri le risposte fornite dall’helper.

3.5.1. Il soggetto di questa sezione è una mamma in difficoltà. Elabora le risposte che daresti secondo la tipologia indicata in ogni situazione. Scegli poi fra le 3 risposte presentate quella che ritieni adeguata. Se la risposta è corretta, puoi proseguire l’attività cliccando «Clicca qui per proseguire». Se invece la scelta non è corretta, un messaggio ti invita a correggere la risposta. Quando avrai risposto correttamente a tutte le domande, l’esercizio verrà considerato «Completato».

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Esercizio 3.2.2.

Esercizio 3.4.2.

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Esercizio 3.5.1.

Valuta le capacità che hai acquisito

In questa sezione – concepita sullo stesso schema logico di quella iniziale – viene fornita all’utente la possibilità di confrontare le capacità acquisite nel corso del training con quelle che possedeva all’inizio.Il primo esercizio («La tua capacità nel dare risposte di aiuto») consiste nell’autovalutare la risposta elaborata all’inizio del training: l’esercizio può quindi essere svolto a condizione che si sia prima completato l’esercizio di apertura.

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La tua capacità nel dare risposte di aiuto

Il secondo esercizio («La tua capacità nel discriminare risposte di aiuto efficaci») invita l’utente a indicare se la risposta fornita dall’helper è «inefficace», «abbastanza efficace», «efficace»; in questo caso il livello di difficoltà e l’articolazione dell’esercizio sono tali da rendere il punteggio ottenuto confrontabile con quello ottenuto all’inizio.

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Videata conclusiva del CD-ROM

Il programma si conclude con un pensiero di R. Carkhuff.

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