Meloni (Giuseppe)_La Conquista Della Sardegna Nelle Cronache Catalane (Nuoro, 1999)

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    BIBLIOTHECA SARDAN. 38

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    In copertina:Filippo Figari,Il vicario di Pisa, 1916-24Comune di Cagliari, Salone del Consiglio

    LA CONQUISTADELLA SARDEGNA NELLE

    CRONACHE CATALANE

    saggio introduttivo e cura di Giuseppe Meloni

    Ramon Muntaner - Pietro IV d Aragona

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    7 Saggio introduttivo

    8 Ramon Muntaner: la vita25 Ramon Muntaner: la Cronaca

    58 La Cronaca di Pietro IV: gli autori

    65 Nota bibliografica

    85 Avvertenze redazionali

    89 CRONACA DI RAMON MUNTANER

    149 CRONACA DI PIETRO IV

    INDICE

    Traduzione delle fonti:

    Maddalena Corrias (Cronaca di Ramon Muntaner)Giuseppe Meloni (Cronaca di Pietro IV)

    Copyright 1999by ILISSO EDIZIONI - NuoroISBN 88-85098-88-6

    Muntaner, RamonLa conquista della Sardegna nelle cronachecatalane / Ramon Muntaner, Pietro 4. dAragona ;a cura di Giuseppe Meloni. - Nuoro : Ilisso, c1999.164 p. ; 18 cm. - (Bibliotheca sarda ; 38)1. Spagna - Storia - Sec. 13. - 14.2. Sardegna - Storia - Sec. 13. - 14.I. Pedro 946.02

    Scheda catalografica:Cooperativa per i Servizi Bibliotecari, Nuoro

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    ALFONSO DARAGONA IN SARDEGNACRONACHE DI UNA CONQUISTA

    Nella letteratura narrativa medioevale vengono individuate lequatre grans crniques catalanes. Ad esse Ferran Soldevila ha ri-servato una definizione ancora pi esplicita: quatre evengelis de

    la ptria catalana. Due di esse, il Llibre del feits del re Jaume I(Giacomo I) e la Cronaca di Bernat Desclot, non contengono no-tizie sostanziali che possano interessare la storia della Sardegnabasso-medioevale, tranne sporadici, quasi insignificanti cenni allasua esistenza e alla collocazione geografica, considerata nellam-bito dellespansione mediterranea della Corona dAragona.

    Nelle rimanenti due, le cronache di Ramon Muntaner e diPietro IV (il catalano Pere III), consistenti parti sono riservate al-la descrizione degli avvenimenti che portarono alla progressivaconquista dellisola da parte dei Catalani. Nel presente volume sipubblicano i capitoli di queste due importanti cronache che su-gli stessi temi possono essere considerate le principali fonti nar-

    rative risalenti al XIV secolo.Entrambe sono presentate in traduzione italiana, precedute

    da un saggio introduttivo dove si esaminano il carattere degliautori, il valore letterario e storico delle opere, la tradizione ma-noscritta, le edizioni, la bibliografia essenziale che pu serviredi base per pi approfonditi studi.

    I temi di ricerca che emergono dalla selezione dei branihanno tutti precisa attinenza con i rapporti tra la Corona dAra-gona e la Sardegna nei primi decenni del XIV secolo. In partico-lare balzano in evidenza i momenti che caratterizzarono il primoimpatto tra lisola, le sue popolazioni, le sue istituzioni, la sua

    cultura, e il mondo iberico, catalano, in occasione della campa-gna militare che linfante Alfonso, figlio del re Giacomo II, con-dusse nellisola a partire dal 1323.

    La Cronaca di Pietro IV viene presa in esame limitatamentealle parti che si collocano negli stessi anni interessati dalla narra-zione del Muntaner; non sono stati considerati gli avvenimentidel 1353-55 (cap. IV, 67 e cap. V, 1-43), nonostante siano anches-si relativi ai rapporti della Corona dAragona con la Sardegna.

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    La singolarit della posizione geografica del paese natale eb-be una grande importanza per lapertura mentale del giovanissi-mo Ramon. Entrambi gli episodi appena ricordati assunsero unrilievo importante nellimmaginazione e, in seguito, nella forma-zione del giovane, colpito dalla magnificenza di tutto ci checontornava il seguito reale, ma, soprattutto, affascinato dal ful-gore delle armi. Lemozione del piccolo Ramon, unita ad unaprima educazione di stampo cavalleresco, ricevuta per decisione

    del padre Joan e della madre, appartenente alla famiglia Sesf-bregues, traspare nel ricordo incancellabile dello scrittore che ri-torna a quegli episodi nelle pagine della sua Cronaca, destinatea diventare una delle descrizioni pi entusiastiche di tutto ciche era legato alla dignit reale e alle varie figure di principi dialto lignaggio.

    Non era cosa consueta, persino per una famiglia di estra-zione non del tutto popolare, poter offrire ospitalit ai due so-vrani pi potenti della penisola iberica; ancora meno consuetoera che un bambino di nove anni partecipasse allevento. Certoil re aragonese, carico di gloria ma colpito gi dai primi acciac-chi dellet avanzata, non si accorse della presenza, carica di

    curiosit, di un ragazzo che avrebbe lasciato traccia dei suoi ri-cordi in una delle pi note cronache medioevali.

    La vicenda descritta con ricchezza di quei minuti particola-ri che colpiscono la memoria di un bambino. Il cronista vi ritor-na con il ricordo specificando che non ne ha conoscenza persentito dire, ma che ha visto tutto con i suoi occhi, compreso ilfatto che fu necessario aprire un passaggio tra casa Muntaner equella di Bernat Rossinyol, adiacente, perch re e regina potes-sero incontrarsi. Ramon ci ha tramandato numerosissimi altridettagli biografici nella sua opera; dellintera famiglia Muntaner,inoltre, sono rimaste tracce nella documentazione darchivio.

    Ben presto, a undici anni non compiuti, Ramon lasci Pera-lada, probabilmente nel febbraio del 1276. Non escluso che simuovesse, in qualit di paggio, al seguito di Roger de Llria,personaggio al quale sar legato per gran parte della sua vita.In quellanno, tra gennaio e febbraio, linfante Pietro, figlio diGiacomo I, il futuro Pietro III il Grande, dopo essersi fermato aPeralada, completando cos lelenco degli ospiti illustri di casaMuntaner, si rec a Parigi, dove fu accolto a corte con grandi

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    Pertanto sar possibile un raffronto delle due singolari testimo-nianze narrative, apprezzandone differenze ed analogie.

    Dalla lettura delle due cronache il lettore non mancher diindividuare i tratti di un mondo culturale tipico di una regionecome la Catalogna, cos distante dalla realt della Sardegna allini-zio del XIV secolo, e invece cos influente a partire dai decennisuccessivi alla campagna militare del 1323-24, dal cambiarne i ca-ratteri e determinarne i modelli evolutivi per ben quattro secoli.

    Non sfuggir, infine, un apprezzamento circa linsostituibilit del-le stesse opere come fonti di notizie storiche sul passato medioe-vale dellisola.

    RAMON MUNTANER: LA VITA

    Ramon Muntaner nacque nel 1265 da famiglia benestante aPeralada, nellAlt Empord, la fascia costiera che congiunge laCatalogna alla Francia meridionale e che ha sempre costituitozona di passaggio tra il nord e il sud dei Pirenei. Il nome di Em-pord deriva da Emporitanum e da Emporion, antico nome di

    Empries, localit poco distante da Peralada, sede di antichi eprosperi commerci mediterranei, a somiglianza di quanto si pusupporre per lAmpurias della Sardegna settentrionale. Oggi Pe-ralada, il cui toponimo significa Pietra piatta o Pietra ampia, un piccolo centro di circa 1300 abitanti, distante otto chilome-tri da Figueres, non lontano dalla frontiera con la Francia.

    La casa della famiglia Muntaner, una delle pi grandi edospitali del paese, si affacciava sulla piazza principale; ancoraoggi se ne pu ammirare la struttura, sebbene restaurata. Fu lche nella primavera del 1274 il cronista, allet di nove anni, assi-stette alla visita del re Giacomo I il Conquistatore, che si recava

    al concilio di Lione, ospite di suo padre Joan: il signor re donGiacomo, che io vidi, e in particolare lo vidi quando ero bambi-no. Il signor re venne alla villa di Peralada, dove io nacqui, e fuospitato nella casa di mio padre, don Joan Muntaner (cap. 2).

    Sul finire dello stesso anno, nel mese di dicembre, la casaospit altri personaggi illustri: Alfonso X il Savio, re di Castiglia,e sua moglie Violante, figlia dello stesso Giacomo I dAragona,i quali rientravano da un viaggio per il concilio di Lione (cap. 23).

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    in un plotone di almogavers, al seguito dellammiraglio Rogerde Llria. Questi ne apprezz subito le qualit affidandoglicompiti delicati come la custodia del bottino di guerra accumu-lato con campagne militari nel Nordafrica. In alcuni documentisuccessivi allaprile del 1286, Ramon fa la spola tra la flotta del-lammiraglio e Valenza, proprio con questo incarico. Nella stes-sa citt egli si arruola, infine, nellesercito dellinfante AlfonsoIII, il Liberale. Quando Giacomo di Maiorca, figlio anchegli di

    Giacomo I ed erede del regno balearico oltre che dei possedi-menti catalani in Rossiglione, Cerdaa e Montpellier, si avvicinalla politica francese che contrastava quella di Barcellona, il reAlfonso dAragona, nipote di Giacomo di Maiorca, gli mosseguerra. Dal novembre del 1286 Muntaner, che gi i documentisegnalano a Montpellier alla fine di gennaio del 1281 al serviziodi Giacomo di Maiorca, partecip alla campagna di rafforza-mento della conquista del regno, diretta contro Minorca, durataquattro mesi, fino al marzo 1287 (cap. 170). La sua esperienzanel campo militare ne usciva arricchita.

    Nellisola balearica si riun ad alcuni suoi cugini, che viveva-no a Maiorca dal momento della conquista dellisola, sottratta ai

    Saraceni, dove avevano ricevuto generose donazioni da parte delre Giacomo I. Probabilmente erano figli di un altro Ramon, ziodel cronista, fratello di Joan Muntaner, anche lui trasferitosi datempo a Maiorca e gi scomparso. Con un documento emanatoa Lerida il 21 maggio del 1233, gli era stata conferita la carica dicavaliere. Si trattava di una ricompensa per gli aiuti nel corsodelle imprese baleariche, conseguente alla dichiarata intercessio-ne di alcuni familiari del re, tra i quali il cugino Nun San, con-te del Rossell. Nella carta di nomina egli veniva definito fidel idilecte e, per di pi, exit de preclara sang. Queste precisazionihanno indotto a una considerazione nuova sullestrazione socialedei Muntaner, rispetto a quelle finora accettate. Non si sarebbetrattato di una famiglia di media borghesia (qualcuno ha persinoazzardato per Joan la professione di albergatore), di piccoli pro-prietari, ma di un nucleo legato alla casata reale tramite i Sancon vincoli familiari imprecisati. La completa dedizione del cro-nista alla famiglia regnante potrebbe spiegarsi anche con la sup-posizione di questa origine, cos come la reticenza sui particolaridelleventuale legame, forse irregolare, probabilmente illegittimo.

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    onori e manifestazioni di amicizia. Anche in questa occasione loscrittore offre al lettore il racconto di questo episodio con la ga-ranzia della sua testimonianza oculare, essendo presente allav-venimento, probabilmente in qualit di paggio. Il cronista dice,infatti, che fu colpito dal fatto che il re di Francia Filippo III lAr-dito portava impressi su un lato della sella della sua cavalcaturai simboli del regno dAragona, e sullaltro i gigli, simbolo regaledi Francia. La stessa disposizione di emblemi era presente nella

    sella del futuro re dAragona (cap. 37). Era un segno di conside-razione e rispetto per il giovane ospite.Non pass molto tempo per e questo dester la meravi-

    glia e il risentimento del cronista che le vicende storiche porta-rono la Corona dAragona al confronto armato con la Francia; fuun momento di difficolt per la famiglia Muntaner, coinvolta neicruenti avvenimenti di quegli anni. In particolare il narratore ri-ferisce, nelle sue pagine cariche di ricordi sulla sua giovinezza esugli avvenimenti di quegli anni, che Peralada fu messa a ferro efuoco tra il 15 e il 16 gennaio del 1285 da una squadra sbandatadi armati. Di fronte allavanzata francese, le citt dellEmpordnon avevano possibilit di resistenza adeguata. La difesa della

    regione si era incentrata sulle roccaforti principali, dove si eranoriunite le truppe feudali. A Peralada era stato lasciato un contin-gente di almogavers che, deluso per limpossibilit di procurarsiun bottino adeguato in uno scontro aperto con il nemico, avevaappiccato una serie di incendi che avevano terrorizzato la popo-lazione tanto da indurla ad abbandonare il paese lasciandolo,cos, in preda al saccheggio pi sfrenato. In quelloccasione pro-babilmente anche Muntaner segu i concittadini che fuggivanodisordinatamente. La casa di famiglia fu depredata; i beni ingran parte razziati e al ventenne Ramon non rimase che voltarepagina e abbandonare Peralada dove non avrebbe pi fatto ri-torno se non di passaggio (cap. 125). Anche qui il suo ricordo di-retto lelemento che gli ha consentito di essere cos preciso nel-la descrizione dellavvenimento.

    Quei mercenari che colpivano allora negativamente i suoiaffetti e gli averi di famiglia, nel futuro avrebbero accolto fra leloro schiere proprio la vittima di allora. Forse proprio le conse-guenze di quellepisodio, la fuga, la perdita dei beni, portarono ilgiovane Ramon ad abbracciare la carriera militare fin dallinizio

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    lunga guerra siciliana, come, invece, altre volte fa con un tonodi compiacimento, quando sottolinea la sua presenza attiva adaltre vicende.

    Gli eventi del decennio 1291-1301 sono descritti nella Crona-ca in maniera superficiale, se paragonati allabbondanza di parti-colari su altri momenti storici. Il motivo di questa carenza statoindividuato, pi che in una possibile scarsa informazione del nar-ratore, nella natura degli avvenimenti da descrivere. Probabilmen-

    te Ramon soffriva per il susseguirsi di sviluppi che non condivi-deva. In particolare la lotta fratricida tra Giacomo II dAragona, ilquale aspirava a superare i motivi che lo avevano relegato aimargini della cristianit ufficiale, e suo fratello Federico di Sicilia,che impediva il ritorno dellisola agli Angioini, secondo i disegnidella diplomazia pontificia, costitu per Muntaner un motivo dicruccio che non poteva che minare lunit di quel catalanismonazionale di cui la sua mentalit era pervasa, come evidente inogni pagina della sua opera letteraria. Si tratta di quellunit cherafforza i singoli elementi, come il cronista spiega con grande ef-ficacia con lesempio della mata de jonc (cap. 292), il fascio digiunchi che, presi uno per uno, si spezzano facilmente, mentre

    raccolti in quantit e legati ben forte, con una corda, acquistanouna resistenza tale che neanche deu hmens, per b que tiren, nolarrencaran.

    Sul finire del secolo, la sua indole inquieta e avventurosa,unita alla principale occupazione di quei tempi, quella militare,lo portarono in Sicilia. Qui nel 1300-01 partecip alla difesa diMessina, assediata dalle truppe angioine del re Roberto di Napo-li. Era responsabile della difesa della torre di Santa Chiara, unodei settori nevralgici delle fortificazioni dellintera citt. La descri-zione di queste fasi della guerra dei Vespri costituisce una dellepagine pi dirette e sentite della sua opera (cap. 195). In queglianni ebbe modo di apprezzare una delle personalit da lui pistimate: Roger da Flor, che lo colp con la sua impresa di forza-re lassedio di Messina facendo giungere in citt due galee cari-che di viveri. Nellisola egli fu presente anche al momento dellastipulazione della pace di Caltabellotta (agosto 1302), che stabi-liva la fine del conflitto tra guelfi e ghibellini, tra Angioini ederedi degli Svevi, partito del quale gli Aragonesi erano da tem-po i difensori.

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    Daltra parte un altro elemento lega i San ai Muntaner: il conta-do del Rossell, al quale era legata la famiglia San, confinantecol territorio di Peralada.

    Sempre dalla documentazione darchivio derivano altre co-noscenze sulla famiglia Muntaner. Ramon, zio del cronista, avevaavuto quattro figli, Joan, Pere, Jaume e Ferran, dei quali soprat-tutto il primo ricordato spesso nelle pagine del cronista. Dallapresenza di nomi dinastici come Pere, Jaume e Ferran si voluto

    trarre un altro indizio, sia pure non decisivo, circa la vicinanzadella famiglia Muntaner alla casata regnante. Va notato, infatti,che questi nomi, come daltra parte Joan, erano assai diffusi; ve-niva considerato un onore riprendere nomi propri di personaggidel tempo per assegnarli ai propri figli, anche in assenza di lega-mi familiari diretti. Era una formula augurale nellauspicio di unfuturo illustre anche per la propria discendenza. Del ramo di fa-miglia della madre abbiamo particolari meno numerosi; tra questiil nome di un altro cugino del cronista, Guillem Sesfbregues.

    Tra il 1287 e la fine del secolo i documenti dicono RamonMuntaner ciutad de Mallorques. Dopo il ristabilimento dellapace nel regno balearico, le isole apparvero probabilmente al

    cronista come un luogo ospitale. Vi stabil la sua residenza, an-che se non in forma continuativa, acquisendo nel 1298 la cittadi-nanza maiorchina. In questa fase della sua vita pot seguire gliaspetti pi interessanti della vita del porto, maturare esperienzenelle cose di mare, dalla conoscenza delle navi a quella degliequipaggi, come elementi dei traffici commerciali e, soprattutto,come espressioni di una marineria da guerra che potenziavasempre pi i suoi apparati. Muntaner fa trasparire in numerosepagine della sua Cronaca queste conoscenze che ce lo mostranosotto vesti di armatore. Egli torn, comunque, spesso a Valenza,della quale era cittadino, negli anni finali del secolo.

    Ramon non partecip, anche perch ancora troppo giova-ne, alle prime fasi dei Vespri siciliani, a partire dal 1282. La suaconoscenza di quegli avvenimenti, abbastanza approssimativa,gli deriv da contatti diretti con testimoni oculari e da una rico-struzione di tipo storico sulle testimonianze orali di militari diquelle operazioni, che conobbe sicuramente negli anni succes-sivi, facendo parte delle stesse truppe. Daltra parte, il cronistanon ci segnala la sua partecipazione diretta alle prime fasi della

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    di cognizioni militari. Fu proprio Ramon a studiare le clausoledellaccordo tra Andronico e il da Flor, secondo il quale a que-stultimo, tra le altre, venivano concessi la carica di megaduca(grazie ai travolgenti successi militari, raggiunger persino quelladi cesare) e il matrimonio con una nipote dellimperatore.

    Il trasferimento delle truppe in Oriente viene descritto dalMuntaner con abbondanza di particolari. Si trattava di un contin-gente di tutto rispetto: diciotto galee, due legni, tre grosse navi,

    oltre a numerose taride e ad altre navi minori; in totale trenta-sei vele con un carico di 1500 cavalieri, 4000 almogaverse 1000soldati di mare, oltre ai rematori e agli equipaggi. Larmata sisposta da Messina a Malvasia, alle coste meridionali della Gre-cia, a Costantinopoli.

    Furono cinque anni di guerra per il Muntaner, che ne tracciaun quadro colorito e vivissimo nelle pagine tra le pi note, senti-te e significative dellintera Cronaca (capp. 194-244). Dal 1303, aduna prima fase di conflitti contro i Turchi tra le fila dellimperato-re e di suo figlio Michele IX subentr una seconda (1305-07),nella quale gli almogavers si trovarono in lotta contro gli stessiBizantini quando Roger da Flor fu assassinato per ordine dello

    stesso Michele, preoccupato dellassenza di controllo della Com-pagnia una volta ridimensionata la minaccia turca. Si era infattistabilito un insediamento catalano a Gallipoli, la turca Gelibolu,localit altamente strategica, a presidio dellomonima penisola,che controllava laccesso allo stretto dei Dardanelli e i trafficicon il Mar Nero.

    Un peso importante nelle decisioni del principe Michele eb-bero le spinte in tal senso di Genovesi e Veneziani, ormai consa-pevoli della pericolosit costituita da una presenza tanto ingom-brante alla corte di Bisanzio di un nucleo di Catalani, visto ilruolo sempre pi attivo e decisivo che la Corona dAragona rico-priva nel Mediterraneo centro-occidentale con il possesso delleisole; dalle Baleari alla Sicilia, con concrete prospettive di esten-dere il dominio alla Sardegna.

    Ramon si occup in questi anni sia di funzioni amministrativeproprie del suo incarico principale, sia della partecipazione direttaalle imprese militari, che costituivano attivit primaria della Com-pagnia. Proprio a Gallipoli ricopr funzioni di grande responsabi-lit: capitano della guarnigione, cancelliere e maestro razionale.

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    Muntaner era entrato a far parte di quel corpo di armatimercenari, gli almogavers, conosciuti anche come Compagniacatalana, famosi per la loro perizia nelluso delle armi e giben noti al giovane Ramon per la loro sanguinosa incursione aPeralada nel 1285. Queste milizie basavano la loro vita su re-gole estremamente frugali e su una radicata resistenza alle av-versit, alla fame, alla fatica. Impostavano lazione militare sul-labilit, sulla velocit, sulla leggerezza dellarmamento, sulla

    manovrabilit dei singoli corpi, pi che sulla forza durto, comeaccadeva per la cavalleria. Avevano avuto grande utilizzazionecome truppe di frontiera, efficaci nella guerriglia o nelle razziein aree controllate dal nemico o nella difesa di passaggi, fron-tiere, valichi. La loro caratteristica mercenaria si basava soprat-tutto sulla riconosciuta libert circa i saccheggi, il sequestro dibeni e la loro vendita, il riscatto di prigionieri. Proprio comecomponente del corpo degli almogavers Muntaner partecip,fra le schiere di Federico III di Sicilia, a diverse campagne con-tro gli Angioini.

    Alla conclusione della guerra dei Vespri, in occasione dellapace di Caltabellotta, gli armati della Compagnia cessarono di

    operare in Sicilia. Alcune squadre si arruolarono in Italia, al servi-zio di diversi committenti; la maggior parte trovarono un nuovoingaggio a difesa degli interessi dellimpero bizantino di Androni-co III Paleologo, minacciato nella sua integrit territoriale dallapressione dei Turchi. Dallestate 1302, alla guida degli almoga-vers fu Roger da Flor. Di origine tedesca, era figlio di un Richardvon Blum falconiere di Federico II. Alla morte di Corradino, suamadre, la nobildonna Beatrice de Novoli, era caduta in disgraziae aveva perso tutti i beni a tal punto che la famiglia aveva dovu-to cambiare il nome originario, scegliendo di tradurlo in da Flor.Roger si era poi avvicinato allordine dei cavalieri templari, aven-do conosciuto un capitano di vascello, frate Vassall. Da questaprima esperienza le sue qualit umane e militari lo avevano por-tato al comando della Compagnia degli almogavers.

    Deciso limpegno della Compagnia in Oriente, Ramon Mun-taner, gi procuratore generale di Roger nella campagna sicilia-na, lo segu nellimpresa assumendo funzioni amministrative conla carica di maestro razionale, grazie ad un livello culturale di ri-lievo allinterno di un gruppo di commilitoni forti principalmente

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    Ferran. Un ulteriore spostamento sembra averlo portato nuova-mente sulla penisola, in Calabria; segue una rapida visita, nondel tutto documentata, nella lontana Catalogna. Nel frattempo, findal 1307, Muntaner aveva lasciato la Compagnia.

    Nel 1309 di ritorno in Sicilia dove, carico di fama dellasua perizia militare e soprattutto della sua capacit amministrati-va, oltre che di una certa cultura che lo imponevano allatten-zione della societ del tempo, si ripresenta alla corte di Federico

    III di Sicilia. Questi lo conosceva bene, ne apprezzava le qualite lesperienza approfondita del mondo arabo in merito a usi ecomportamenti, e perch era in grado di parlar sarranesc. Perquesto, ricevutolo nel luglio dello stesso anno a Montalbano, lo-calit dellentroterra di Messina dove passava lestate, gli chiesedi rinunciare al progetto di rientrare in patria per prendere inmoglie una giovane che lo aspettava ormai da dieci anni. Lo in-caric, invece, di recarsi in Africa per ristabilire una situazionepacifica nelle isole tunisine di Kerkennah e di Djerba; di questa,subito dopo sarebbe diventato governatore.

    Lisola di Djerba, situata nel golfo di Gabes, era stata acqui-

    sita nel 1284 dai Catalani in occasione della campagna navalerelativa alla guerra dei Vespri, condotta in quelle acque dallam-miraglio Roger de Llria. Alla sua morte, agli inizi del XIV seco-lo, Djerba si era ribellata al dominio siciliano, appoggiata dalsultano di Tunisi. Diversi interventi armati, che miravano a recu-perare il possesso di unarea importante per i transiti lungo lecoste del Nordafrica, erano stati respinti. Ora Federico III di Sici-lia ne rivendicava il possesso, contrastato da Abu Asida, sovranodi Tunisi, che si rifiutava di riconoscerne lautorit assoggettan-dosi al pagamento del relativo tributo. A Ramon Muntaner fu af-fidato lincarico di recuperare al trono siciliano il possedimento.Si riponeva molta fiducia nella sua esperienza nel settore delle

    armi, nella sua capacit amministrativa e di mediazione, nellasua conoscenza della lingua araba. Fu presto allestito un contin-gente di soldati catalani, che si diresse verso lisola contesa.

    Non fu impresa facile riconquistarvi il potere, ma nel volge-re di poco pi di un anno, usando maniere ora concilianti, oradecise, facendo abilmente leva sulle fazioni locali, Muntaner riu-sc a ristabilire una situazione favorevole per i colori siciliani e

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    Sulle mura della citt, assediata dai Genovesi, guidati dal-lammiraglio Antonio Spinola, Muntaner si distinse per coraggio einventiva nelle scelte di difesa: potendo contare su soli sette ca-valieri e centotrentatre fanti se accettiamo le cifre che egli stes-so ci fornisce , escogit il geniale trucco di far dotare le donnedella Compagnia di corazze e di esporle sugli spalti, simulandocos la presenza di un contingente armato.

    Nella Cronaca sono frequenti toni di meraviglia per quanto

    lOriente riservava agli occidentali; ricordi legati alla religiositcristiana, come a Gallipoli o ad Efeso, ma anche rari e poco con-vinti accenni al classicismo di cui la Grecia appariva culla.

    I dati biografici si fanno, negli anni, sempre pi circostan-ziati e documentati, in una successione difficile da seguire neidettagli. Nel 1307 egli si riavvicina a un personaggio col qualeaveva gi instaurato un rapporto di affetto e dedizione: linfanteFerran di Maiorca. Assieme a lui, che si era proposto, sia purecon lopposizione di Bernat de Racafort, per la successione diRoger da Flor, viene catturato dai Veneziani a Negroponte nelluglio dello stesso anno e subisce il sequestro delle ricchezze fi-

    no ad allora accumulate: 25.000 once doro. Ramon cercher direcuperarle inoltrando reclami ed istanze tendenti a chiarire chefacevano parte del suo patrimonio personale e non dei benicollettivi della Compagnia. Conosciamo un prima richiesta direstituzione indirizzata al Comune di Venezia, del 1308, ed unaseconda, del 1325, nella quale chiedeva lintercessione del reGiacomo II presso il doge di Venezia per favorire il recuperodelle somme sequestrate. Le stesse rivendicazioni verrannoinoltrate, alla morte del cronista, dai suoi eredi: sono noti gli in-terventi di Macari presso il sovrano Alfonso IV del 1333, quindiquello di Valenza nel 1350 e un altro di diversi eredi nel 1356presso il governo veneziano.

    Ramon viene presto liberato e fa da tramite nelle trattativeper il riscatto di Ferran. Si sposta frequentemente nelle regionidel Mediterraneo orientale, da Negroponte a Tebe, dove passadue giorni col prigioniero; ancora a Negroponte, infine costeggiala Grecia meridionale risalendola ad occidente fino a Corf. Da lpassa in Italia, dove si trattiene a Taranto e a Messina. In Sicilia, aCastronuovo, visita il re Federico, al quale d notizie dellinfante

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    una ripresa del conflitto tra i regni di Sicilia e di Napoli e di unattacco navale (che non si verific) da parte di Roberto dAngi.

    La vita movimentata del cronista e la minaccia di una nuovaguerra lo portarono a separarsi dopo poco tempo dalla famiglia.Valenona, che durante la permanenza a Djerba gli aveva datodue figli, Macari e Mart, rientrava verso la fine del 1313 nel pae-se dorigine con una nave che fece la rotta di Barberia, lungolAfrica settentrionale, considerata pi veloce e sicura; era incinta

    di cinque mesi e i due bambini avevano rispettivamente due an-ni e otto mesi.Poco tempo dopo, a Ramon, rientrato in Sicilia nel 1315,

    venne affidato lanno successivo un delicato compito: accompa-gnare il giovane infante Giacomo di Maiorca, rimasto orfano,presso sua nonna, Esclaramonda de Foix, moglie del re Giaco-mo II di Maiorca, che risiedeva a Perpignano, sede continentaledel Rossiglione, parte del regno balearico.

    Ferdinando, infante di Maiorca, nel 1314 aveva sposato aMessina Isabella di Sabran, erede dei principati di Acaia e Mo-rea, morta di dissenteria un mese dopo il parto, a quindici anni.

    I suoi diritti sulla Morea erano insidiati da Luigi di Borgogna, percui, quando Ferdinando decise di ricorrere alle armi, Muntanerne approfitt per riprendere quella vita attiva che gli era rimastanel sangue. Mentre Ferdinando era impegnato in Grecia, dovesarebbe morto lanno successivo, Ramon svolse, dal mese diagosto del 1315, lincarico di mettere in salvo lerede di Ferdi-nando ed Isabella, appunto linfante Giacomo, nato solo quattromesi prima, il 5 aprile, destinato a diventare re di Maiorca colnome di Giacomo III e ad incontrare una tragica fine nella batta-glia di Llucmajor.

    Il viaggio, lungo e avventuroso, dur novantun giorni. Lapartenza da Catania avvenne il primo agosto; la nave barcello-

    nese che trasportava il gruppo si diresse a Trapani, quindi ver-so lisola di San Pietro in Sardegna, dove sost ventidue giorni.La scelta di uno scalo minore fra le varie possibilit di accoglien-za che i porti sardi offrivano, da una parte appare giustificata sesi considera lubicazione geografica dellisoletta, di fronte alla co-sta sudoccidentale, quindi sulla rotta pi conveniente e rettilineatra la Sicilia occidentale e le coste iberiche; dallaltro, tradisce

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    catalani: mis bona pau, qui per grat qui per fora. Coloro che ilcronista considerava ribelli furono confinati su un promontoriodellisola, dove si arresero per mancanza di viveri e acqua. Lamarineria catalana aveva raggiunto livelli tali di modernit ed ef-ficienza che non fu difficile respingere una spedizione navaleche tentava di ribaltare la situazione in favore degli Arabi.

    La permanenza del Muntaner a Djerba come governatore siprotrasse sino al 1315, con breve intervallo nella primavera del

    1311; la pacificazione dellarea si aggiungeva ai suoi titoli di me-rito. Fu allora che, lasciato il controllo dellisola al cugino Joan equello di Kerkennah ad un altro cugino, Guglielmo Sesfbre-gues, pens di rientrare a Valenza, con un viaggio che lo portprima in Sicilia, tappa obbligata degli spostamenti in quellareamediterranea per le navi catalane e necessaria per presentarsi al-la corte siciliana e rendere conto del proprio positivo operato.Quindi la sua nave fece rotta verso occidente transitando pro-babilmente nei mari di Sardegna. Non sappiamo se si verificuna sosta in qualche porto dellisola. Se avvenne fu certo bre-vissima, forse segreta, in conseguenza della situazione politica

    della regione, controllata quasi interamente da Pisa e da Genova.Le repubbliche erano preoccupate delle aspirazioni catalano-aragonesi al suo possesso, basate sul trattato di Anagni (1295) enon ancora realizzate. I Catalani in quel momento dovevano es-sere considerati in Sardegna con grande sospetto e apprensione,come potenziali nemici.

    certa, invece, una tappa a Maiorca prima dellapprodo aValenza, dove Ramon rimase solo ventitre giorni e spos Va-lenona, una giovane di Xirivella. Nel rientro a Djerba con lamoglie ripercorse le consuete tappe, da Maiorca a Minorca, do-ve fece scalo a Mahn, alla Sicilia, passando ancora una voltaper le acque della Sardegna senza per lasciar traccia di una so-

    sta. Approd a Trapani, dove fece sbarcare la moglie. Quindi sidiresse a Messina e sal verso Montalbano, dove il re Federicopassava le ferie estive, nel luglio del 1312. Prese le direttive peril suo mandato di governatore, ripercorse la costa settentrionaledella Sicilia verso occidente; fece reimbarcare la moglie e puntverso Djerba. In questa fase del suo mandato fu assorbito ingran parte dallesigenza di allestire le difese dellisola in vista di

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    figlia di nome Caterina. Non trascur limpegno nella vita pub-blica della citt: si leg in qualit di procuratore ad un personag-gio di spicco come Bernat de Sarri, al cui fianco oper almenodal 1316 al 1320. Lesperienza accumulata gli fece ricoprire inseguito importanti cariche cittadine, tra le quali quella di giurato,una prima volta nel 1322 e poi ripetutamente dal 1327 al 1331.Divenne ben presto un elemento di spicco della comunit; sidiede al commercio di tessuti di qualit; ebbe un ruolo di primo

    piano nella difesa dei diritti nazionali valenzani concessi da Gia-como II e minacciati dalle pretese della nobilt aragonese; inparticolare, assieme a Bartholomeu Mathose redasse un docu-mento da indirizzare al sovrano per ricordare le prerogative diautonomia che regolavano la vita pubblica e i privilegi commer-ciali di Valenza.

    Alcuni anni dopo, nel 1328 fece parte della rappresentanzacittadina alle cerimonie per lincoronazione di Alfonso IV il Be-nigno, dal 2 al 6 aprile; lavvenimento occupa con le sue tintecolorite le ultime pagine della Cronaca.

    I legami che il cronista strinse con Valenza furono tanto forti

    da determinare una caratterizzazione come suo cittadino. Nellacitt visse per almeno ventanni; aveva sposato una valenzana,ebbe diverse propriet (Xirivella, Corbera e Aitana) e attiviteconomiche; ricopr numerose cariche pubbliche. Lo stesso Pie-tro IV, nelle pagine della sua Cronaca, definisce Muntaner comeciutad de Valncia, in contrasto con altre citazioni come ciu-tad de Mallorca. Lapparente contraddizione si spiega col fattoche in entrambe le localit Muntaner godette di tale stima da es-serne considerato un cittadino, sia pure non nativo, ma con tuttii privilegi del caso.

    Nel 1321 lo spirito militaresco, davventura, il ricordo deilunghi viaggi indussero Ramon ad adoperarsi per larruolamento

    di armati che combattessero in Sicilia al fianco del re Federico.La stessa applicazione avrebbe messo tre anni dopo, da marzo amaggio del 1324, nel collaborare assieme a Jaume Escriv aglisforzi della regione valenzana in aiuto alla spedizione militaredellinfante Alfonso in Sardegna, che si era dimostrata pi difficiledel previsto e richiedeva impegni e sacrifici da parte di tutte lecomponenti istituzionali e sociali del mondo catalano-aragonese.

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    linsicurezza dei Catalani che non si fidavano, anche in conside-razione del rango del giovane passeggero, di effettuare una so-sta in un porto attrezzato e pi noto ai naviganti, come quello diCagliari. La citt e il castello erano favoriti nei traffici da una po-sizione facilmente raggiungibile, ma controllati dai Pisani, tantoda costituire la postazione pi importante del Comune toscanonellisola, sia dal punto di vista commerciale che da quelli strate-gico e politico.

    Da San Pietro la nave fece vela verso occidente, toccandoTarragona, Barcellona, Bascara e il Vol, e puntando su Salou,dove giunse tre mesi dopo, il primo novembre, in seguito ad unanavigazione pericolosa e difficile, a causa di quattro navi angioi-ne che le diedero la caccia e di condizioni atmosferiche avverse.Da l la comitiva raggiunse Perpignano dopo un passaggio neipressi di Peralada: evidentemente i ricordi tristi dellultimo sog-giorno nel paese natale spinsero Ramon a evitare di sostarvi.

    Nonostante numerosi elementi della narrazione contrastinocon dati storici desunti da fonti differenti, la descrizione del viag-gio costituisce comunque, col suo misto di tenerezza per il neo-

    nato regale e di emozione per la responsabilit affidata al Munta-ner, uno dei momenti pi alti dellintera opera. Ancor pi dirilievo, anche per lalto livello letterario, appare il contrasto conle pagine dedicate dal cronista agli episodi di guerra. Abbondan-ti i particolari sul seguito del neonato: una dama che aveva par-torito ventidue figli e che era stata scelta perch si pensava chedovesse intendersene di bambini, tre balie ed altre donne; gu-stosi quelli sul mal di mare che colp un po tutti, tranne linfantee il cronista, il quale tenne personalmente il bambinetto in brac-cio durante i momenti di tempesta; toccanti gli accenni alla no-stalgia che colp Ramon, dopo che ebbe consegnato il preziosoinfante ai nonni; a Perpignano si trattenne quindici giorni e due

    volte al giorno andava a visitare linfante finch part: ci gli pro-voc una grande tristezza, quasi paterna o, come stato sottoli-neato, materna (capp. 268-269).

    Ramon Muntaner era ormai un uomo maturo e la responsa-bilit dellultimo incarico ne satur, almeno per il momento, ilmai domo spirito davventura. Fece subito ritorno a Valenza, do-ve si trovava gi il 22 dicembre dello stesso 1315; qui ebbe una

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    lui accompagnato a Perpignano tanti anni prima; suo figlio Martsi sarebbe trattenuto a corte in qualit di scudiero. Il 12 giugno,di ritorno a Valenza, Muntaner fece testamento davanti al notaioAndreu dEspgol. Nel mese di novembre si distingueva nellappa-rato organizzativo allestito in vista dellennesimo conflitto al qualelAragona andava incontro: quello contro il regno di Granada.

    Tra il 1331 e il 1332 raggiungeva ancora una volta a Maiorcail figlio Mart. Lo accompagnavano la moglie Valenona e la fi-

    glia Caterina, mentre Macari si era fermato a Valenza. Muntanerricevette in successione la nomina di cavaliere, di consigliere, dicamerlengo di corte, di luogotenente e batlledi Ibiza dalliniziodel 1333. Nellisola balearica era attiva da un secolo una floridacolonia di catalani trasferitisi dallEmpord e dalle valli pirenai-che quando, nel 1235, Guillem de Montgr, arcivescovo di Tarra-gona e signore di Ibiza, aveva realizzato una spedizione militareper concretizzarne il possesso. Questi popolatori catalani aveva-no goduto di grandi vantaggi economici, tra cui una certa esen-zione da tributi o gravosi servizi militari e la garanzia dellinvio-labilit delle proprie abitazioni.

    Nel concedere privilegi e cariche a Ramon Muntaner, il re

    Giacomo di Maiorca non aveva dimenticato la fedelt da lui sem-pre dimostrata, oltre ai preziosi servigi prestati a suo padre e di-rettamente a lui. Oltre alle cariche, furono concessi a Ramonesenzioni fiscali, benefici feudali e una pensione annua di 50 lib-bre barcellonesi, trasmissibili agli eredi. Muntaner grad le atten-zioni del re e, nonostante la sua indole di giramondo, si adattperfettamente alla nuova cittadinanza, tanto che per descrivere lasua nazionalit usa i termini nadiu de Peralada i ciutadan deMallorca. Di questo periodo sono conosciute numerose cartedella corrispondenza tra la corte balearica e il funzionario Munta-ner, datate tra il novembre del 1332 e laprile del 1335.

    Muntaner era ancora batlledi Ibiza quando la morte lo rag-giungeva, allet di settantun anni, agli inizi di settembre del1336. Il suo corpo veniva trasferito a Valenza e sepolto nella cap-pella di San Macario, da lui fatta costruire pochi anni prima nellachiesa dei Predicatori, di San Domenico, in cui sarebbero stati se-polti numerosi suoi eredi.

    Il 30 settembre il figlio Macari chiedeva che il notaio Espgoldesse lettura del testamento, quindi si trasferiva a Maiorca dove

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    Lesperienza pregressa gli consentiva di occupare posti di re-sponsabilit nel settore della navigazione e dellarmamento dellegalee. Spesso, nelle pagine della Cronaca, Muntaner ricorrer allesue conoscenze tecniche per consigliare ai suoi sovrani strategie,accorgimenti, procedure utili ad affrontare con maggiori possibilitdi successo i momenti difficili per la politica despansione catala-na. Si avvicinavano gli anni nei quali alla passione militare e aquella amministrativa se ne sarebbe aggiunta unaltra, la vena let-

    teraria, che ha decretato la sua singolare fortuna.Nel 1322 ritorna a Maiorca dove riceve gratificazioni dal reGiacomo. probabilmente di questo o dellanno successivo ilSermone in versi provenzali in cui Muntaner raccomanda allin-fante Alfonso alcuni accorgimenti da applicare alla campagna diconquista dei territori pisani della Sardegna, ormai in fase avan-zata di allestimento. Lo stesso autore informa che la decisionedi comporre lopera fu conseguente e successiva a quella del reGiacomo II di realizzare la spedizione in Sardegna; ne fu datapubblica notizia durante le Corti di Girona del 1322. Com, unjuglarpi volte ricordato nella Cronaca, En Com, fu pregatoda Ramon di recapitarne lo scritto a corte, dato che let avanza-

    ta non gli consentiva di spostarsi agevolmente come in passato.I pregevoli versi, non ancora studiati a fondo dal punto di vi-sta letterario e tuttora oscuri nel loro significato in alcune parti, fa-cevano parte di una canzone in musica secondo la tonalit dellachanson de gestefrancese dedicata a Gui de Nanteuil. Il Sermone,del quale molti ipotizzano una stesura o aggiunte in un mo-mento successivo alla preparazione della campagna militare del1323, conflu nel testo della Cronaca, della quale costituisce parteintegrante.

    Linizio della stesura dellopera, secondo lo stesso cronista,risale al 15 maggio 1325. Muntaner, allora sessantenne, si trova-va nella sua fattoria di Xilvella (localit nei pressi di Mislata, oggiXirivella), centro agricolo dei dintorni di Valenza, dove per alcunianni si era dedicato alle pratiche dellagricoltura e allamministra-zione dei suoi interessi economici. (Scarsamente attendibile laversione di Torres Amat, che sposta la data al 15 maggio 1330,basandosi su quello che con ogni probabilit lerrore di un co-pista in un manoscritto della Cronaca).

    Nel 1329 Ramon si trovava presso Giacomo III di Maiorca, da

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    S d

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    RAMON MUNTANER: LA CRONACA

    La Cronaca di Ramon Muntaner anzitutto unopera innovati-va nel panorama della narrativa medioevale. Gi dalle prime pagi-ne il lettore intuisce che gli avvenimenti non saranno esposti inmaniera fredda e con il solo intento storico, ma in forma coloritae letterariamente accattivante, quasi romanzata, a tratti ingenua.

    Il prologo dedicato, come consuetudine, ai ringraziamenti

    a Dio e agli auspici per unispirazione necessaria ad avviare econcludere una fatica letteraria di un genere non certo consuetonel mondo medioevale. Da questi sentimenti di gratitudine versoDio che lo aveva sempre protetto, derivano lo spirito devoto delcronista ed una profonda religiosit spesso sconfinante in inge-nua credulit, daltra parte caratteristica della mentalit di altritempi, oltre alla necessit di offrire ai lettori unesposizione dida-scalica degli avvenimenti, che servisse a glorificare le gesta dellaparte di cui era paladino e, in particolar modo, della dinastia ca-talano-aragonese.

    Dalla premessa apprendiamo le modalit che caratterizzanolinizio della stesura dellopera, da farsi risalire alla piena matu-

    rit dello scrittore. Lo spunto viene offerto ad un Ramon Munta-ner gi avanti negli anni probabilmente provato dalle impresealle quali aveva partecipato, stanco di peregrinazioni e pesantiimpegni politici da un episodio lontano da quel mondo chene aveva segnato la personalit. La scena iniziale viene ambien-tata nella casa di campagna dello scrittore, lalqueria di Xirivella,nella fertile e produttiva Valenza. Mentre dorme, lo scrittore so-gna un anziano con tutti i segni esteriori dellautorit, vestito dibianco, che lo invita a svegliarsi e a por mano ad una difficileimpresa: Muntaner, alzati e mettiti a scrivere un libro che trattidei grandi avvenimenti meravigliosi dei quali sei stato testimo-ne, che Dio ha determinato nelle guerre alle quali hai parteci-pato, e che Dio stesso desidera che tu manifesti (cap. 1).

    Il sogno una figura retorica che permette allo scrittore disoddisfare col racconto alcune necessit intime: in primo luogoglorificare Dio e la Madonna per avergli consentito di assisteredirettamente ai fatti pi significativi dei decenni nei quali visse e,allo stesso tempo, per averlo salvato dai numerosi pericoli aiquali si dovette esporre; quindi per avergli permesso di esaltare il

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    figura in documenti datati tra il 1336 e il 1338 in qualit di ca-meriere e scudiere reale. Sostituiva il fratello Martn, che avevaereditato i benefici maiorchini, ed era morto solo pochi mesidopo il padre. Valenona, che morir solo nel 1352, raccoglievaleredit lasciandola, infine, alla figlia Caterina, vedova del cava-liere Arnau Burgus. Macari, invece, avrebbe avuto lunga vita:mor nel 1394 lasciando i suoi beni a sua moglie Espanyola,che gli sopravviver per poco, e ai suoi due figli Ramon e Fer-

    ran. Tra gli eredi diretti va ricordata anche Valenza, non megliodefinita se non come nipote dello scrittore, moglie di PascualMassana, valenzano, la quale nel 1350 aveva interessi economi-ci a Negroponte, certo eredit di attivit e beni che Ramon ave-va posseduto in quella lontana area dellOriente mediterraneo;probabilmente quanto riteneva spettasse alla famiglia del se-questro dei beni impostogli dai Veneziani.

    Pur prodigo di particolari biografici sulla sua attivit, Mun-taner non ci ha lasciato osservazioni circa il suo aspetto fisico.Doveva godere di buona costituzione, di forza e salute certosuperiori alla media della popolazione di quei tempi. Basta ri-flettere sulla lunghezza della sua vita, eccezionale in un mondo

    dove raramente si superavano i quarantanni. Lunico indizio suisuoi tratti somatici sta in una miniatura nel primo foglio del co-dice del XIV secolo della Cronaca conservato alla BibliotecadellEscorial. Non una riproduzione fedele, ma alcuni elemen-ti possono essere stati tenuti presenti. Ne emerge una figuranon molto slanciata, anche a voler considerare la posizione dilavoro del soggetto, seduto, intento alla scrittura del manoscrit-to. Il volto privo di barba; il copricapo, una specie di berrettacatalana, lascia intravedere una fronte ampia, forse indizio diuna calvizie avanzata; gli occhi, anche per esigenze artistiche,sono molto appariscenti.

    I segni indicativi del suo carattere emergono dallesame del-le note biografiche e dalla lettura della sua opera. In sintesi sipu parlare di una personalit cui pu sinteticamente attribuirsila serie di aggettivazioni che Joan Cabestany ha cos sintetizzato:Era un home verbs, comunicatiu, imaginatiu, exagerat, pon-deratiu, sensible, fcil a lemoci i a lentusiasme, lleial, valent,per amb un valor ser i reflexiu bon administrador, recte iequitatiu, compassiu enemic de la falsia i de la traci.

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    S i i t d tti

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    per la descrizione dei periodi pi antichi, che Muntaner trattacon un certo distacco, senza entusiasmo e con scarsit di parti-colari. Gli avvenimenti successivi alla morte di Pietro III il Gran-de, illustrati invece da questultimo con toni progressivamentepi vivi, venivano riportati con riferimenti pi diretti alla narra-zione del cronista di Peralada. Ne venne fuori un ibrido che ten-tava di amalgamare le fredde e asciutte pagine del grande croni-sta Desclot, dalla biografia pressoch sconosciuta, con quelle

    calde e passionali dellaltrettanto grande Muntaner.Nella descrizione dei due cronisti su temi narrativi raffronta-bili, come le rispettive pagine dedicate ai Vespri siciliani, pren-dono corpo altre differenze sostanziali: rispetto alla narrazionedi Desclot, le pagine di Muntaner evidenziano una minore obiet-tivit storica direttamente proporzionale alle sue esigenze narra-tive e letterarie. Forse anche per questo il racconto guadagna inspontaneit, se vogliamo in ingenuit; sono maggiori le sugge-stioni da una trattazione pi efficace degli avvenimenti, soprat-tutto quando prevale il ricordo personale, lesperienza direttadei fatti, e ci avviene spesso, come nella narrazione della spe-dizione militare in Oriente. Lo si nota anche nellesposizione

    della conquista catalana della Sardegna, alla quale le pagine delDesclot non arrivano; comunque, la narrazione del Muntaner re-sta coinvolgente e ricca di particolari, anche quando contrastacon le fonti narrative successive, pi accurate, e con i dati rica-vabili dalle fonti documentarie.

    ParzialitLautore non si cura di nascondere la sua parzialit, anzi,

    spesso la ostenta; un fatto che impone cautela ed attenzionenella lettura e nellinterpretazione storica dellopera. Da lui defi-nita sempre con generica semplicit llibre e mai crnica, que-stultima appare un insieme di ricordi personali pi che una

    fonte storica. Un libro di memorie dove lesposizione sempresubordinata alla visione che i protagonisti hanno avuto degliavvenimenti, sia che si tratti delle esperienze dirette del narrato-re, sia che egli faccia riferimento ai suoi informatori; una me-moria che si colloca strategicamente nel campo delle opinionidi Catalani, Aragonesi, Valenzani, o di quanti operarono a lorofianco. Le finalit del cronista non coincidono con un superiore

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    ruolo della dinastia aragonese nella realizzazione dei disegni di-vini. Da questo episodio deriva la decisione di impugnare la pen-na e cimentarsi nella narrazione di avvenimenti storici nei quali idati autobiografici hanno una presenza ed un peso costanti.

    I fatti principali della vita di Ramon Muntaner sono cos benconosciuti proprio grazie alle minuziose descrizioni della Crona-ca. Un raffronto con la documentazione darchivio permette diampliare ancora il ventaglio delle conoscenze confermando, il

    pi delle volte, i dati che emergono dalla lettura dellopera.In vita Ramon Muntaner era stato testimone di eventi di indi-scusso rilievo storico; aveva conosciuto personalmente cinquesovrani catalano-aragonesi, tre di Maiorca e uno di Sicilia; i suoiviaggi lo avevano messo a contatto con realt geografiche e po-poli ai quattro angoli del Mediterraneo, da Peralada a Valenza, daSaragozza alla Grecia, da Djerba alla Sicilia; conosceva, a volte diriflesso, altre entit geografiche e sociali allora poco note, comela Sardegna; la sua esperienza di vita come militare prima, comefunzionario e amministratore poi, gli aveva consentito unapertu-ra mentale essenziale nella sua formazione. Tutti questi elementihanno contribuito a determinare una singolare coincidenza cultu-

    rale che ha generato, con lopera di Ramon Muntaner, un fruttoletterario e storico di portata non consueta. Per usare le parole diFerran Soldevila, tutto ci ha contribuito a conferire a RamonMuntaner dots de narrador verament excepcionals.

    Valore storico e letterarioPi che una narrazione matura dal punto di vista storico,

    che faccia, quindi, tesoro di diverse fonti, anche di contrastantiopinioni, lesposizione degli avvenimenti appare il frutto di te-stimonianze pi o meno dirette, quasi sempre di parte, riportatecon metodo pressoch acritico. Le cronache di Bernat Desclot edel re Giacomo I erano alla portata del Muntaner, ma non paio-

    no diventare in alcun caso fonti primarie; tuttal pi sono stru-menti di informazione di base, di secondo piano rispetto alleconoscenze pi o meno dirette che Ramon raccoglieva.

    In alcuni dei primi codici manoscritti si cerc di fondere icontenuti della Cronaca di Ramon Muntaner con quella di BernatDesclot. Il tentativo mirava ad utilizzare le informazioni del secon-do, generalmente pi essenziali, e perci ritenute pi attendibili,

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    una narrazione di grande effetto, che sicuramente tocc limma-ginazione di Muntaner, il quale ne perfezion limpianto, la tec-nica descrittiva, rafforzandone i caratteri di originalit letteraria.

    IlLlibredoveva aver avuto un prima redazione in latino, cu-rata probabilmente da un ecclesiastico; Giacomo I, che un seco-lo dopo sar imitato da un suo successore, Pietro IV, non avevacerto le capacit culturali per unopera di tale livello, assorbitocomera dalle sue funzioni di guerra e di governo. Non di meno,

    ad entrambi i sovrani va riconosciuto, se non il merito della ste-sura vera e propria, almeno il peso della responsabilit storicadel contenuto. Tra XIII e XIV secolo lopera del Conquistatoreera stata trascritta in catalano, con aggiunte ed aggiustamenti:una vera e propria riedizione. Questa prima Cronaca in volgarecostituiva per Muntaner un modello da perfezionare. Agli inizidel XIV secolo, in contemporanea con un deciso sviluppo degliscambi commerciali e culturali, si afferm un rinnovato modo diraccontare eventi pubblici e, allo stesso tempo, personali. Il cro-nista ora un laico, un funzionario, un guerriero, che non vivepi nellignoranza che ne caratterizzava lesistenza in passato,ma al contrario in grado di produrre impegno personale

    nel campo letterario. Cronache come quelle di Jonville, Villani,Compagni si inquadrano, come quella di Muntaner, in questo fi-lone narrativo in fervente evoluzione.

    Memoria e autoritRispetto ai cronisti che lo precedettero e che conosceva, Ra-

    mon ha la pretesa di garantire personalmente che i suoi ricordisono stati vagliati dalla memoria. Questo non solo da protagoni-sta principale degli avvenimenti, ma, meglio, come elemento dicontorno, sempre pi o meno direttamente presente nei conte-nuti della narrazione. Alla credibilit di quanto riportato lautore

    pretende di dare un tocco di autorit che deriva dal suo impe-gno ad offrire al lettore un racconto non tanto storicamente ve-ro, quanto vincolato dagli scopi che ne hanno animato la genesie lo sviluppo. Se i dati della memoria personale di ciascunoconservano sempre una vena di scarsa obiettivit, di tendenzio-sit, i ricordi di Muntaner non possono sfuggire a questa regola,poich la sua Cronaca animata da scopi, come abbiamo visto,

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    interesse di obiettivit. In effetti, non a pieno titolo si pu par-lare di fonte storica, anche se spesso i fatti descritti, pur con tut-ti i fronzoli, le esagerazioni, le forzature che sono proprie delmetodo dellautore, trovano riscontro in altre testimonianze nar-rative o nella coeva produzione documentaria.

    Intento didascalicoIl llibre, oltre che di memorie personali, anche didascalico

    rispetto ai sovrani catalano-aragonesi, ai quali dedicato; deveservire da specchio di riflessione degli avvenimenti passati per-ch si possa far tesoro dellinsegnamento che ne deriva; il tuttocon una ferma convinzione che permea gran parte della lettera-tura narrativa medioevale e, in particolar modo, quella catalana,da Giacomo I a Muntaner, appunto, a Pietro IV. Mentre oggi lastoria vista come ricostruzione critica che porti alla conoscenzadel passato, nel medioevo era considerata soprattutto comeschermo trasparente attraverso il quale trarre spunti per i com-portamenti nel presente.

    Tutto lapparato scenico della Cronaca costituisce un mo-mento di novit nella narrativa storica catalana medioevale, cam-

    po nel quale il monopolio dellinformazione e della stesura dellecronache era riservato agli ecclesiastici, soprattutto al mondomonastico, oltre che a ristrette cerchie di laici, funzionari ed eru-diti di corte. Scopo principale era di descrivere in forma spessoscarsamente apprezzabile dal punto di vista letterario, grossola-namente impersonale, storie, racconti, aneddoti, particolari circala vita e le opere dei personaggi importanti della societ deltempo e del passato. La lingua era quasi sempre una sorta di la-tino anacronistico e vuotamente dotto, incomprensibile ai pi.

    ModelliSolo in Francia, come in Catalogna, si assiste gi dal XIII se-

    colo (con qualche avvisaglia nel secolo precedente) allo svilup-po di una cronachistica in lingua romanza; pi tarde le espe-rienze castigliane, portoghesi, italiane della met del XIV secolo.La primogenitura dello stile narrativo di Muntaner certo quelladelLlibre dels feits darmes, attribuito a Giacomo I il Conquistato-re. Il testo in prima persona plurale, considerato lipotetico scri-vente, in uno stile e con particolarit tali da farlo apparire come

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    mercenarie in quanto portavano al contatto con diverse popola-zioni, allo scambio di idee e, quindi, di prodotti. Anche gli imman-cabili bottini di azioni di guerra rischiose e sanguinose avevanoarricchito i capitali della famiglia. (Va ricordato il citato documentodel 1350, nel quale tra gli eredi diretti di Ramon viene ricordata lanipote Valenza, con interessi economici a Negroponte).

    Infine i frutti di felici coincidenze legate ai fatti della vita:guadagni derivanti dalle funzioni amministrative e di governo,

    beni acquistati o acquisiti con le attivit private, come per il con-tratto matrimoniale. Fortune economiche che portavano Ramonad una gratitudine per le circostanze e soprattutto verso Dio chegli aveva riservato un destino certo invidiabile. Oltre a queste, ilpersonaggio ebbe molte altre soddisfazioni personali. Per suastessa dichiarazione, si considerava fortunato di essere scampa-to, tra impegni di mare e di terra, a ben trenta-dues batalles ol-tre ad una serie di vicende potenzialmente pericolose e negati-ve, risoltesi sempre per il meglio. Ringraziava di aver assistito atutto ci che gli era capitato di vedere, cosa che lo collocavanella categoria di persone di grande esperienza, anche conside-rata una vita pi lunga della media.

    EsperienzaDella sua esperienza lo scrittore andava molto fiero enfatiz-

    zandola spesso nellillustrare i diversi fatti storici e rivalutandolain continuazione, anche in un generico riferimento a tutti coloroche raggiungevano unet avanzata mettendo a frutto gli insegna-menti della vita. Di riflesso si notano spesso nella Cronaca punti-gliosi riferimenti allinesperienza che caratterizza le azioni dei gio-vani, spesso bisognosi di contemperare le proprie qualit conlinsostituibile bagaglio delle esperienze personali che non posso-no che generare saggezza e comportamenti equilibrati. esem-plare il brano nel quale viene rimproverato al re di Sicilia Federi-

    co III lessersi affidato ai suggerimenti di consiglieri di giovane ete di esperienza limitata: Ma fra i signori, accade cos: che quan-do Dio dona loro la grazia di vivere a lungo, cambiano spesso iloro consiglieri, o perch muoiono o per altri motivi; e i consiglierigiovani rappresentano un grande pericolo per tutti i signori, poi-ch anche se fossero pi intelligenti di quelli che li hanno prece-duti, non possono conoscere tanto bene i loro affari come quelli

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    didascalici. Il suo impegnare la propria credibilit in prima per-sona avrebbe dovuto, nei suoi intendimenti, sottolineare una ga-ranzia di verit.

    Sono numerosissimi, oltre al prologo, i passi dove il cronistaappone allavvenimento la firma, il sigillo della propria parola,ricordando esplicitamente il ruolo da lui ricoperto nelloccasio-ne, da guerriero, da amministratore, da capitano, da inviato spe-ciale; si tratta di un marchio di autenticit che gli deriva dallau-

    torit di chi si spesso trovato sul luogo: jo era all, jo viu, joels viu, null hom no poria recontar la veritat com jo fa, jo eracanceller e mestre racional de la host.

    Lautorit del cronista deriva anche dalla precisione alla qua-le spesso ricorre per avvalorare le sue affermazioni, come quan-do, alludendo al grado di doti negative riscontrabile sempre nelleazioni dei cittadini dei Comuni, afferma che a chi volesse mettereper iscritto le loro malvagit non basterebbe per descriverle tuttala carta che si produce nella villa di Xtiva (cap. 282). unesplicito riferimento alle cartiere di Xtiva, particolare trascurabilese non per meglio documentare le proprie informazioni. Questacaratteristica presente gi nel prologo, quando lautore si pre-

    senta con un tono autoritario che mira a conquistare la fiduciadel lettore: jo, Ramon Muntaner. La poco consueta formulazio-ne al singolare ha lo scopo di generare la sensazione che tuttoci che verr descritto stato vagliato e verificato tramite collo-qui diretti con i testimoni oculari delle vicende.

    Un elemento importante che permea di s lintera narrazio-ne il ringraziamento di chi scrive per il complesso di fortunatecoincidenze che lo hanno portato a produrre le sue pagine adunet di sessantanni, per quei tempi pi che rispettabile. Dioaiuta sempre chi sostiene con spirito di verit e nobilt le azionidella vita quotidiana o di periodi fuori dallordinario, come leguerre. Ovviamente, verit e nobilt stanno sempre, soprattutto

    nella Cronaca di Muntaner, dalla parte dellautore, e quindi deiCatalano-aragonesi.

    FortunaMuntaner aveva accumulato considerevoli capitali, una fortu-

    na che gli era derivata dal suo soldo di combattente, da transa-zioni commerciali che spesso si associavano alle attivit militari

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    E dora in poi, con laiuto di Dio, i Catalani possono consi-derarsi signori del mare (cap. 290), afferma il narratore a conclu-sione della descrizione della conquista della Sardegna nel 1326.

    StileLa destinazione del testo ad ascoltatori pi che a lettori

    spinge il cronista alluso di un linguaggio diretto, di uno stilenarrativo pi adatto alla parola pronunciata che alla parola scrit-

    ta. Singolari sono le espressioni che interrompono la narrazionee suggeriscono allascoltatore domande da porre allideale letto-re, allo stesso narratore. Leffetto teso a sollecitare sovente lat-tenzione dei suoi interlocutori spinge lautore a proporre a sestesso domande retoriche del tipo: Don Muntaner, quali grazieconoscete che i Signori della casa dAragona fanno ai loro sotto-messi pi di qualunque altro sovrano? e risposte a tono: e io vidir: ; una variante della celebre espressione Qu us dir?,ripetuta esageratamente nella Cronaca, nel tentativo di teneredesta lattenzione del lettore o dellascoltatore nei passaggi vitalidella narrazione. Sarebbe come dire: Attenti che ora vi esporrun concetto, un fatto importante. unespressione tipica diMuntaner ma non estranea ai parametri poetici delle chansonsde gesteo ai metodi narrativi della prosa del tempo. Mai, comun-que, a frasi di questo tipo si ricorreva con la stessa abbondanza,a volte fastidiosa, del Muntaner.

    Linguaggio direttoIl discorso diretto permette di vivacizzare la narrazione nel

    ricordo dei singoli fatti. Si dava cos allascoltatore, o al lettore, lasensazione di essere partecipe degli avvenimenti. un chiaro ar-tificio letterario al quale non disdegnavano di ricorrere sia nel pe-riodo classico sia nella cronachistica medioevale narratori-storici

    di provata competenza a partire da Tacito e Svetonio. I dialoghiche Muntaner ricorda sono corroborati dallavervi partecipatopersonalmente, dal conoscerli nei particolari, presentati in manie-ra tanto pi convincente in quanto lo scrittore ammette, a volte,di non poterne offrire pi numerosi per non correre il rischio diriferire versioni incontrollabili o errate dello svolgersi degli avve-nimenti. un modo per riconoscere la limitatezza delle proprie

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    che sono vecchi, che hanno visto e udito avvenimenti. Poich conmeno della met di conoscenza sapr dare un consiglio miglioreluomo vecchio piuttosto che il giovane in tutti i fatti di guerra,perch avr visto e sentito molte pi cose il vecchio che il giovane(cap. 283). Osservazioni dalle quali traspare il dispetto di un an-ziano ma ancora brillante uomo dazione e di pensiero che nonaccetta di cedere il passo alle nuove generazioni.

    Limiti cronologiciIl tema volutamente circoscritto e ben delimitato nel tem-po. Contravvenendo a quelli che erano i canoni pi diffusi del-la narrazione storiografica medioevale, anche se ormai in crisi ebisognosi di nuovi modelli protocollari, Muntaner non si impe-gna nella descrizione di lontani avvenimenti; non segue la nar-rativa universalistica n nelle forme di ispirazione ecclesiastican in quelle di matrice laica. Non segue, quindi, il filone bibli-co, dalla creazione del mondo, ma non si impegna neanchenella descrizione dei momenti iniziali della dinastia catalano-aragonese, dei quali circolavano sicuramente dati e particolarinon dissimili da quelli storicamente accertati. La sua attenzione invece ancora una volta dichiaratamente rivolta ad avveni-menti a lui contemporanei o di poco precedenti, a fatti che nehanno segnato lesperienza di vita, a tutto quanto, degno di no-ta, era successo ai suoi tempi.

    La narrazione parte dalla nascita di Giacomo I il Conquista-tore (1204). La scelta singolare e significativa. Anzitutto perquegli avvenimenti, risalenti a quattro decenni prima della suanascita, poteva seguire la falsariga della Cronaca di quel sovra-no, che costituisce, assieme allopera di Muntaner, di BernatDesclot e alla Cronaca di Pietro IV, una delle principali crona-che catalane medioevali delle quali quella che trattiamo di

    largo margine la pi consistente per dimensioni contenutisti-che. In pi, Giacomo I rappresenta la figura che fa il salto diqualit nella politica catalana trionfando sui musulmani delle Ba-leari e di Valenza e aprendo alla dinastia le porte di quellespan-sione mediterranea che ai tempi di Muntaner in piena realizza-zione con i Vespri siciliani, la spedizione in Oriente, la conquistadella Sardegna, tutti temi centrali nella nostra Cronaca.

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    Una considerazione particolare riservata, com ovvio, aire di stirpe catalana, siano essi catalano-aragonesi, maiorchini osiciliani. Non mancano cenni di grande rispetto per i colleghidelle altre dinastie: i sovrani di Castiglia e, persino, quelli di ori-gine francese, pur nemici, in quei difficili decenni, della Catalo-gna e, quindi, di Ramon Muntaner.

    Ai Francesi sono riservati spesso i ruoli pi ingrati in tutta lanarrazione. Per combattere questo nemico Muntaner arriva adevocare alleanze improbabili, che non possono non richiamarealla mente le grandi coalizioni cristiane da contrapporre alla pre-senza araba in regioni tradizionalmente legate alla Chiesa di Ro-ma, ad aree geografiche occupate, quindi, illegalmente. il casodi una singolare alleanza iberica da lui auspicata tra Aragona,Castiglia, Maiorca e Portogallo in funzione antifrancese (cap.102), una sorta di previsione storica, se non altro per gli esitidella situazione peninsulare alla fine del XV secolo, in vista delcompletamento di lunghi secoli di reconquista.

    Anche ai Bizantini Muntaner riserva toni rancorosi quandoli definisce superbi, privi di carit, maledetti da Dio. Alla basedella sua non celata ostilit sta sicuramente linsopportabile tra-

    dimento perpetrato contro il suo idolo, Roger da Flor, ma non estraneo un diffuso pregiudizio che dai tempi delle crociate at-tribuiva alle popolazioni e ai governanti dellImpero dOrienteletichetta di scismatici.

    Anche per i Sardi vengono usate espressioni poco gratifican-ti, soprattutto per quelle fasce di popolazione che non accettaro-no la realt dei nuovi dominatori iberici o che, accoltili in unprimo tempo in modo favorevole, ben presto ne avvertirono lapericolosit per le proprie autonomie e violarono il patto di sog-gezione. Cagliari e le sue appendici, i suoi borghi, vengono di-sinvoltamente paragonate a Sodoma e Gomorra, e i suoi abitantiricevono accuse ed invettive che attribuiscono loro gran parte

    dei misfatti e dei peccati pi condannabili da un punto di vistasociale e religioso.

    Aspetti socialiAnche le diverse componenti della societ, la nobilt, i rap-

    presentanti degli strati pi in vista, con qualche attenzione al cetoborghese o in misura inferiore e con accenni sempre infastiditi

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    conoscenze, in determinati e circoscritti episodi evidenziando,nel contempo, la verit storica di quelli descritti con minuzia didettagli quasi da registrazione magnetica.

    Il potere regioLautorevolezza che Ramon convinto di avere presso il

    suo pubblico non lo spinge tanto in l da dimenticare che alcentro della narrazione sta la casa regnante, sta il sovrano, o irispettivi sovrani; il suo ruolo nello scorrere degli avvenimenti,anche quando sottolinea con ostentazione la prima persona sin-golare, quel qu us dir? il pi delle volte ridondante o super-fluo, o quel jo, non mai tanto invadente da mettere in secon-do piano il protagonista della vicenda storica. Non lo neppurequando avvenimenti tanto personali da poter essere trascuratiper la comprensione dei fatti, come le sue vicende familiari,vengono esposti dettagliatamente al lettore. Dalla gravidanzadella moglie allaffetto spontaneo per linfante Giacomo diMaiorca, alla propria attivit di contabile, allintimit con i sovra-ni, come nelloccasione del regalo dei falconi al re di Sicilia.

    un modo nuovo di porsi nei confronti dellavvenimento e

    dellascoltatore-lettore con luso di un raccordo allo stesso tem-po confidenziale ed autorevole: quello costituito dalla biografiadellautore e dal suo rapporto di interazione con gli eventi e ipersonaggi. Muntaner suddito, e i sudditi sono sia strumentodelle azioni dei sovrani, sia partecipi della loro gloria, come pu-re usufruiscono della ricaduta della grazia e della volont divinache viene da quelli mediata.

    Anche quando lautore indulge in compiaciuti accenni allasua biografia, quando sottolinea il suo ruolo negli avvenimenti,non lo fa nellesclusivo intento di tramandare ai posteri la suaposizione di primo piano, ma con il costante obiettivo di orien-tare lattenzione al ruolo predominante e centrale dei personag-

    gi principali, primi fra tutti i sovrani e quanti appartengono alledinastie regnanti. I cenni ammirati del Muntaner nei confrontidi questa categoria di personaggi possono talvolta essere frain-tesi a livello di piaggeria. Negli intenti dello scrittore, comun-que, questo fine non mai presente. Si tratta di sincera defe-renza di chi si sente illuminato di riflesso dalla magnificenza edalla statura morale delle figure che illustra.

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    NazionalismoLa coscienza nazionale in Muntaner pi forte e determi-

    nante che in qualunque altro scrittore a lui contemporaneo. Ilsuo sentimento nazionalista, ancora in maturazione nelle altre re-gioni europee, gi evoluto e unico. Anche in seguito, raramen-te si nota un tono patriottico tanto radicato, un senso cos solidodi identit. La messa a fuoco dei significati stato-nazione si adattaperfettamente alla situazione della Corona dAragona tra il 1250 eil 1350. La combinaci dun petit territori feudal amb el poder dediverses ciutats mercantils fa la Catalunya medioeval un cas par-ticular: dinastia antiga, idioma propri, empreses expansives queuneixen forces rurales i militars amb recursos urbans i maritims,agitacions feudals, per pacte entre poder reial i representaciburgesa istitucionalitzada (Vilar, 1981).

    Il legame profondo che univa Muntaner a Peralada non vie-ne mai meno, anche se deve subire la concorrenza dellamoredello scrittore per le altre regioni delle quali divenne cittadino:da Barcellona a Valenza, a Maiorca, a Perpignano. A tutte sonoriservati cenni di grande affetto e considerazione, come, in ge-nerale, allintera Catalogna. A proposito della sua patria, lo scrit-

    tore tende a rivedere un luogo comune diffuso ampiamente nel-le regioni italiane del XIV secolo: la povert. Pur non negandolassenza, soprattutto nelle zone interne, di evidenti ricchezze,Muntaner rimarca pi volte la dignit forzatamente parsimoniosadi una terra che dimostra di amare con uno spirito nazionalisticocerto non comune, diremmo quasi campanilistico.

    Il nazionalismo di Muntaner trae origine da una situazionestorica e politica ben definita. La spinta crociata indirizzata daiCatalani contro la presenza araba in Valenza, Murcia e Balearisi esaur ben presto, determinando un cambio di prospettivenei legami tra la Chiesa di Roma e la dinastia aragonese. Essen-ziale nel definire e alimentare un marcato ghibellinismo catala-

    no fu il legame matrimoniale tra Pietro III il Grande e Costanzadi Hohenstaufen, figlia di Manfredi di Svevia. Gli eventi che neconseguirono originarono momenti negativi per la dinastia, peril regno e per le popolazioni.

    Scomunica ed interdetto a quei tempi lasciavano il segno nel-la credibilit di stati e sovrani; determinavano fenomeni di isola-mento diplomatico a cui non sempre conseguiva una debolezza

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    al clero, sono al centro dellinteresse narrativo del Muntaner. So-prattutto nei confronti di costoro, nonostante una religiosit difondo che caratterizza il suo pensiero, emergono spesso critichee dissensi, in particolare verso gli ambienti e i gradi pi elevatidella gerarchia, fino ad arrivare alla sfera pontificia.

    Queste categorie sociali, nella mentalit di un cronista diquel periodo, costituiscono il motore della storia, intesa comesuccessione di avvenimenti pi o meno preordinati dallalto,nei quali le dinastie hanno il ruolo di realizzare i disegni divini.In particolare costante luso di iperboli e lelencazione di titolialtisonanti per le personalit pi in vista, per coloro che aveva-no accesso agli ambienti di corte, per la feudalit, la nobilt;accanto a questa evidenziazione dovuta di rispetto, non maiassente nella Cronaca il riferimento a personalit degli strati in-termedi della popolazione che riescono ad emergere e ad occu-pare seggi accanto a quelli della nobilt. il caso di Roger daFlor e dello stesso Muntaner. Nellevidenziare le capacit delsuo capitano, la sua ascesa sociale, il cronista non fa altro chegratificare indirettamente anche la propria figura che in una so-ciet medioevale come quella catalana dei secoli XIII-XIV trova

    lapertura per quellascesa sociale della quale egli andava estre-mamente fiero e che testimoniata dai fatti meravigliosidellasua biografia.

    La gran parte della popolazione subisce semplicemente, inquanto non in grado di agire nei confronti dei fatti; pressochesclusa dalla narrazione, tuttal pi ne tollerato ed accennatoun ruolo di esecutore nei confronti di movimenti preordinati daaltri: guerre, rivolte, sommosse. Solo di rado Muntaner ricorda lemasse popolari, come nellassedio di Messina o in episodi simili.

    La gente comune trae coscienza della propria identit, dellapropria nazionalit sebbene concepita in senso differente dacome oggi si intende , del forte vincolo che unisce ai sovrani

    e che lega strettamente ogni suddito con i suoi simili, quandocomprende fino in fondo il senso del provvidenzialismo mo-narchico che costituisce uno dei temi centrali della narrativamedioevale. Legame con il re, quindi, ma anche legame trapersone di una stessa regione, con gli stessi problemi, gli stessiideali e, magari, la stessa lingua che ne suggella lunit etnica enazionale.

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    Iperbole e faziositDal metodo del Muntaner, informazione personale, esposi-

    zione del contenuto, trae origine un altro carattere dellopera,che si nota comunque, anche se non in queste dimensioni, intutta la cronachistica medioevale: il gusto delliperbole, la vogliadi esagerare, di stupire. Lautore conscio che il fine giustifica si-no in fondo tendenziosit per le quali oggi si proverebbe persinofastidio, se non si perdonasse allo scrittore una certa ingenuitpropria dei tempi. Lavvenimento, nel bene e nel male, coinvol-ge sempre emotivamente il cronista ravvivando la descrizionema creando frequenti ostacoli ad una totale credibilit del conte-nuto. Lo si nota soprattutto quando vengono riferiti dati concre-ti, numeri relativi alle forze impegnate nelle battaglie, a morti eferiti. Lesagerazione stupisce tanto pi in quanto i Catalani ven-gono sempre descritti come pochi contro nemici numerosi, fortie agguerriti. Lesito degli scontri, per, quasi sempre positivoper i pali dAragona. un altro espediente per evidenziare lagiustezza della causa politica e militare catalana e per sottolinea-re lintervento provvidenziale divino a riequilibrare situazioni ir-reparabilmente compromesse.

    Liperbole ingenua viene spesso riferita ai principali desti-natari della fatica letteraria: i sovrani, i loro familiari, avvicinatiagli eroi pi affascinanti, se non accostati (sia pure un gradinopi in basso) a Dio e alla Madonna per caratteristiche fisiche emorali. Allo stesso Roger de Llria vengono attribuite grazie di-vine elargite solo a personaggi di rango reale.

    Muntaner tenta continuamente di ricondurre il lettore al ruo-lo determinante delle persone che contano, con la ricerca di unadescrizione pervasa di grande patriottismo; questo sentimento,se da una parte lo spinge a dilungarsi in meticolose narrazionidense di particolari che arricchiscono il significato letterario estorico del racconto, dallaltra lo induce spesso ad assumere po-

    sizioni estreme, al limite della faziosit.

    La storiografiaLa storiografia ha diversamente valutato la verit storica del-

    lopera del Muntaner. Nel campo di studiosi dellespansione cata-lana in Oriente, si passati dalla grande considerazione di LlusNicolau dOlwer, il quale trova nella documentazione darchivio

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    costituzionale dei regni. Spesso davano origine a coesione popo-lare e consenso verso il vertice, anche in presenza di ripetuti pe-riodi di sacrifici come guerre e ristrettezze economiche. il casodella Catalogna, dei Catalani, di Ramon Muntaner che ne imper-sona il carattere.

    Di fronte alla scelta tra i propri sovrani, sia pur scomunicatio impegnati in guerre di espansione dal difficile esito, e la catto-licit di un avvicinamento al pontefice, i Catalani e il loro croni-sta non ebbero dubbi, rafforzando e spingendo verso la risolu-zione dei contrasti tra ghibellinismo e guelfismo la dinastia diPietro III. Il popolo catalano, comunque, non la nobilt, che nel-la rappresentativit delle Cortsapprofitta della debolezza ideolo-gica della Corona per ottenere sempre maggiori privilegi; tuttoci nel totale silenzio del cronista, che preferisce non offrire unadescrizione dei fatti e del problema che marcasse una frattura frail vertice, il sovrano, e le classi nobiliari. La sostanziale coesionenazionale esce dallemergenza ancora intatta; era radicata, infatti,la convinzione che anche i pontefici potessero assumere lineepolitiche sbagliate e che, bene o male, anche le loro decisionidovessero riferirsi a unentit superiore, Dio stesso. la provvi-

    denza che spesso interviene a rimediare le storture umane, an-che determinate dai pontefici.Nei confronti del papato Muntaner non nasconde la sua in-

    dignazione per la scarsa riconoscenza che la cristianit dimo-strava nei confronti dei Catalani. Ben tre regni, Maiorca, Valenzae Murcia, erano rientrati nellambito del mondo cristiano, strap-pati agli Arabi, per iniziative dei Catalani, senza appoggio senon formale del papato e senza che fossero indette vere e pro-prie crociate che coinvolgessero pi stati cristiani. Il lettore orientato dal cronista a non accettare le ingiustizie di una lineapapale che affida alla Francia il trono aragonese; portato acondividere fastidio e diffidenza, sia pure contornate da un certo

    rispetto, per il clero nel suo insieme, sottostimato nella conside-razione dello scrittore nei confronti di tutta la rimanente gammadei potenti.

    Anche per queste considerazioni lo storico Muntaner escespesso ridimensionato rispetto allo scrittore Muntaner, sempre te-so ad illustrare con poco pudore i toni pi significativi dellav-ventura catalana.

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    Francia che in Castiglia, come in regioni pi lontane come la pe-nisola italiana o quella greca, che lo scrittore conosceva bene, laframmentazione linguistica era pi evidente e le particolarit re-gionali assai pi numerose.

    La lingua catalana viene usata nelle sue espressioni pi di-rette, semplici, colorite, con frequenti riferimenti a detti popola-ri, a similitudini, a figure retoriche. un catalano in cui i filologiriconoscono tratti caratteristici delle parlate dellEmpord, so-prattutto la persistenza della lettera n finale in parole come Ara-gon, raon, lleon, che in catalano destinata a cadere ma persisteagli inizi del XIV secolo in alcune aree, tra le quali, appunto, laregione di Girona.

    Non mancano, in circoscritti episodi, ricorsi approssimativima significativi ad altri idiomi: dalluso ridicolizzante di frasi inun francese approssimativo messe in bocca ai sovrani doltre Pi-renei, a qualche riferimento in arabo, lingua che Muntaner capi-va e parlava, al provenzale del Sermone. Tra laltro non gli era-no estranee conoscenze delle altre lingue iberiche, come ilcastigliano, o italiane, soprattutto nella versione regionale sicilia-na, o persino altri idiomi del Nordafrica o dellEuropa orientale,

    come il turco, il bulgaro, il berbero.Anche su questo elemento unitario privilegiato dal Munta-ner, la lingua comune, si fonda una visione contemporanea assaispinta della storia, che affonda le sue ragioni in un forte spiritonazionalista e vuole riconoscere nella Catalogna dei secoli XIII eXIV il primo vero esempio di stato nazionale secondo il concet-to moderno. Non per niente ancora oggi ogni popolazione, ogniregione che vuole conservare o recuperare i caratteri propri del-la sua identit nazionale non pu, accanto agli altri aspetti cultu-rali, non fare riferimento allelemento che pi cementa ununit:la lingua. quanto si nota ancora in Catalogna, in Galizia, percitare solo alcune realt europee di ambiente iberico, oppure in

    Alto Adige o in Sardegna, per restare in ambito italiano.

    Ascoltatori e lettoriNellEuropa del Trecento la lettura era un esercizio culturale

    ancora pochissimo diffuso, sia pure negli ambienti nobiliari o dicorte; la maggior parte di quanti conoscevano le lettere dellalfa-beto usava tecniche di lettura per esclusivi fini professionali; per

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    frequenti riscontri con le espressioni di Muntaner, ad altre posi-zioni, pi scettiche, come quella di Charles Dufourque, il quale,tuttavia, non pu invalidare le attestazioni del cronista oltre uncerto limite. In effetti, oltre alla disponibilit di appunti ammini-strativi, di note nei suoi quaderni personali, Muntaner non uti-lizz altra documentazione. Fece ricorso, invece, sempre al pro-prio ricordo che gli permetteva di offrire un quadro individualedei fatti, certo di parte, ma non volutamente falso.

    Muntaner pu essere visto oggi come narratore piacevol-mente leggibile ma anche autore di racconto storico in rapportocon le fonti. Per le vicende del Mediterraneo centrale va raffron-tato con le fonti siciliane, pisane, genovesi, fiorentine. Per gli av-venimenti orientali, invece, costituisce lunica testimonianza nar-rativa occidentale, da confrontare principalmente con le paginecomprensibilmente filobizantine del greco Pachymeras e conqualche fonte turca.

    LinguaTra gli elementi pi importanti di questa identit assume un

    ruolo determinante, insostituibile, lunit linguistica della quale

    Muntaner rimarca la bellezza, la musicalit. Quella lingua ro-manza che egli definisce bell catalanesc gli tanto familiare daparlarla e scriverla correttamente. la lingua di tutti i giorni, cer-to pi familiare del latino, pi consueta del provenzale, parlatapi adatta ad un poema in versi; infatti questultimo sia pureimperfetto ad essere usato nel Sermone indirizzato allinfanteAlfonso. Gli esempi dei suoi predecessori, da Ramon Llull ad Ar-nau de Vilanova, a Bernat Desclot e Giacomo I, lo incoraggiava-no in quella direzione. I risultati sono il giusto riconoscimento diuna scelta appropriata e di una realizzazione che migliora laqualit dei modelli.

    la lingua che identifica la nazionalit catalana, anche dei

    popoli valenzani, maiorchini o rossiglionesi. Non gli aragonesi,cos diversi per connotazione geografica, storica, socio-econo-mica o istituzionale.

    Al parlare catalano Muntaner attribuisce, non senza fondateragioni, un primato come diffusione per il numero di parlanti,quando afferma che dun llenguatge solament, de negunes gentsno sn tantes com catalans (cap. 29). Va considerato che sia in

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    momento opportuno, quando il racconto si fa eccessivamentelungo, con linizio di un altro episodio, con uno spostamentotemporale e geografico che vivacizza la realt in oggetto, nondiversamente da come oggi il cinema opera tagli, dissolvenze,sovrapposizioni di tempi, paesaggi, ricordi, operando tra imma-gine e parola. Per Muntaner ovviamente disponibile solo que-stultima, ma luso che il cronista ne fa rende il suo racconto diuna modernit a volte sconcertante, sempre degna di attenzione.

    CulturaIl suo modo di raccontare si lega allo stile adatto al perso-

    naggio. Muntaner non era digiuno di una certa cultura, anche sele sue conoscenze non dovevano essere cos approfondite comequelle di chi si dedica interamente agli studi. Siamo di fronte aduna personalit che ha un grado di maturazione culturale al disopra della norma, anche considerata la distrazione, fin da giova-ne et, da parte delle attivit legate alla guerra, allamministrazio-ne, allavventura, agli incarichi pubblici, che non gli avevano im-pedito di avvicinarsi allo studio dei classici. Oltre alla conoscenzadei testi biblici, diffusa negli ambienti che Muntaner frequentava,

    egli non ignorava i temi dimportanti opere come i poemi caval-lereschi, che cantavano le imprese di Lancillotto, Tristano, Orlan-do, re Art. Lo stesso spirito aleggia in tutti gli ambienti, in ogniepisodio della Cronaca: il suo re, i suoi cavalieri, la sua nazionesono i paladini di un concetto cavalleresco mai negato neancheal nemico; a questo, sebbene in negativo, viene in ogni occasio-ne riconosciuto un tocco di cavalleria la cui presenza, alla fine,contribuisce ad accrescere lammirazione del lettore-ascoltatoreper tutto ci che catalano, e di cui Muntaner linterprete.

    Le corti catalane costituivano ancora uno dei principali polidi manifestazioni liriche del genere cavalleresco, visto che gi aitempi di Ramon Berenguer IV (1131-1162), ma soprattutto alla

    corte del suo successore, Alfonso II il Casto, rei trobador, gliambienti barcellonesi ne avevano ospitato i cantori. Vi avevanopoetato figure di indiscusso rilievo come Peire Vidal o Uc Bru-net. Era fitta inoltre la schiera di trovatori catalani, da Berenguerde Palou a Guillem de Begued, a Guerau de Cabrera, Jofr deFoix, Ramon Vidal, Guillem de Cervera. Anche per questi mo-tivi a Muntaner non dovevano mancare frequentazioni letterarie

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    di pi i manoscritti circolanti erano costosissimi e rarissimi, oltreche trascritti con scarso rispetto della leggibilit. La Cronaca eracos destinata, pi che alla stessa lettura di singoli, alla declama-zione di un solo lettore, per lascolto di gruppi di interessati.

    Muntaner offriva al pubblico il suo llibre, un prodotto tangi-bile, scritto su carta, materia