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SOMMARIOMG MGA 1600 Roadster MKII .........................pag 4

Mercedes - Benz 200 E .......................................pag10

Porsche 914 ..........................................................pag 16

Jaguar XKR Supercharged ..................................pag 22

Porsche 996 Carrera 4 ......................................pag 28

Mercedes - Benz 200 E Cabrio ..........................pag 32

Lancia Beta 828 CB1 ...........................................pag 38

Alfa Romeo GT Junior 1300 ..............................pag 42

Honda CB 350 Four ...........................................pag 48

Honda CB 500 Four ...........................................pag 50

Vespa PX 125 .........................................................pag 52

Moto Guzzi V50 .................................................pag 54

BMW R1100 GS ...................................................pag 56

Vespa 150 Struzzo ................................................pag 58

Da restaurare .......................................................pag 60

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MG MGA 1600

MG A, il “primo di una nuova linea”

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Bellissima, poco costosa, storicamente importante quest’auto, per classe e per età, vi spalancherà le porte degli eventi più piacevoli, Mille Miglia compresa.

Con una MGA ci si tuffa dentro lo stile di vita britannico. Nata come prototipo sperimentale EX-172: praticamente una versione “Le Mans” della MG TD per l’edizione 1951 della classica 24 ore progettata dal designer Sidney Enever con un corpo più snello ed una futuristica carrozzeria.

La MG A ha sostituito le vecchie auto serie T e rappresentò un cambio di stile definitivo rispetto ai veicoli precedenti. L’auto è stata lanciata ufficial-mente al Salone dell’automobile di Francoforte del 1955. Durante questo tempo, la BMC ha venduto 101.081 unità, la stragrande maggioranza delle quali sono state esportate; con 5.869 vetture vendute nel mercato interno, ha la più altapercentuale di esportazione di qualsiasi altra auto britannica.La prima versione, la MG A 1500, montava un motore di 1489 cm³ che sviluppava 68 cv (51 kW), ma la potenza u presto aumentata a 72 CV (54 kW). Tutte le ruote montavano freni idraulici a tamburo. Fu prodotta anche una versione coupé, portando la produzione totale della MGA 1500 a 5.875 unità.

Nel maggio del 1959 la versione standard ricevette una versione aggiornata del motore, ora era di 1588 cm³ e sviluppava 79.5 CV, nacque così la MGA 1600. Furono montati dischianteriori, ma la batteria è rimasta nella parte posteriore. Furono prodotte 31.501 unità in meno di tre anni. Esternamente la vettura era

molto simile alla MGA 1500, ma con alcune piccole differenze: color ambra o bianco (dipendeva dal mercato), fari anteriori con coprilampade bianche, fari posteriori separati dagli indicatori di direzione, così come indicava il nuovo codice della strada e la scritta 1600 nella parte posteriore. Per la produzione successiva del modelli denominati 1600 Mark II e 1600 Mark II De-Luxe, che inizio nel 1961, la cilindrata del motore fu portata a 1622 cm³ aumentando l’alesaggio da 75,4 mm a 76,2 mm. Questa versione ebbe anche un incremento del rapporto sull’asse posteriore e di potenza portandosi a 86 cv e rese la guida più rilassata alle alte velocità. Su questa versione cambiarono alcuni dettagli estetici che fecero perdere un po’ di fascino alla vettura e ne appesantirono la linea.

Infatti la calandra anteriore cromata, i cui elementi verticali seguivano prima il profilo sgusciante della vettura, ora erano invece verticali creando uno strano effetto che fu definito “a scalino” e posteriormente aveva una nuova fanaleria non più verticale, che seguiva la curva del parafango, ma orizzontale. Furono prodotte 8.198 unità nella versione roadster e 521 unità nella versione coupé. Come per la 1600 De Luxe, furono prodotte 290 versioni roadster De Luxe Mark II e 23 versioni coupé De Luxe Mark II.

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MERCEDES-BENZ 200 E

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Nel novembre 1984, a Siviglia, la casa di Stoccarda presentò alla stampa la nuova “Mercedes di classe media” (Mittlere Mercedes-Klasse in tedesco) 200 D - 300 E, una berlina tre volumi a quattro porte identificata dalla sigla di produzione W124.

La sigla si riferisce a rigore alla sola versione berlina, ma nell’uso è passata ad indicare l’intera famiglia di vetture basata sulla medesima piattaforma (identificata dal numero 124). Propose contenuti tecnici e stilistici che, al di là dell’impostazione generale classica, la resero comunque innovativa, sia rispetto alla propria progenitrice che alla concorrenza di quel periodo.

Nel 1993 divenne il primo modello che fu ribattezzato con la denominazione commerciale Classe E, assumendo il nuovo concetto della nomenclatura iniziato poco prima con la berlina media Classe C.

Dal punto di vista stilistico, Bruno Sacco (responsabile design Mercedes) puntò sulle idee introdotte nel 1982 con la 190, caratterizzate dalla definizione geometrica delle forme e in particolare dal tema del trapezio come elemento fondamentale nella composizione formale della linea, riconoscibile nel profilo della carrozzeria, nei passaruota, nella vetratura laterale, nella sezione del lunotto e, all’interno, nella forma del cruscotto , della consolle centrale e di molti altri particolari.

Rispetto alla direzione proposta con la 190, la W124 presentava un passo avanti nella semplificazione delle linee, con superfici più levigate e volumiulteriormente smussati: il frontale, compresa la tipica calandra, si presentava per la prima volta con un’inclinazione molto evidente; la modanatura lungo la fiancata tra i fari anteriori e posteriori, da sottile scalino passò ad una semplice piega della lamiera; la griglia di sfogo d’aria alla base del montante posteriore scomparve, sostituita da un sottile profilo liscio; il fascione in plastica del paraurti posteriore arrivava fino all’arco del passaruota. Inoltre, seguendo il tema geometrico caratteristico, la W124 introdusse i fari posteriori trapezoidali, che consentirono di creare un cofano bagagli con soglia di carico più bassa, quasi a filo dal paraurti; una novità per Mercedes, già adottata però dalla Volkswagen Golf del 1983.

Impostata secondo lo schema a tre volumi e quattro porte, si fece notare all’epoca per la coda tronca dal volume particolarmente imponente, ancora

più accentuato rispetto alla 190. Tale soluzione si rifletteva nella grande capienza (520 litri) del vano bagagli e nell’efficienza aerodinamica dell’auto: il Cx era di 0,29 per le versioni base (le 200 con pneumatici 185/65 R15 e senza specchio retrovisore destro) e di 0,30 per le altre.La berlina è l’unica versione sulla quale sono state installate tutte le motorizzazioni disponibili e in particolare i motori 8 cilindri sono stati utilizzati solo su questo tipo di carrozzeria.Presentata per prima e prodotta a Sindelfingen fino all’agosto 1995, la berlina è stata la versione più diffusa, rappresentando oltre l’80% del totale.

Dal 1995 al 1996, per avviare il suo ingresso nel mercato indiano, Mercedes continuò a produrre componenti completi dei modelli E 250 DIESEL ed E 220, che venivano spediti in India per l’assemblaggio nello stabilimento di Pune.

La cura della sicurezza attiva e passiva era uno degli aspetti caratteristici della W124. La scocca era stata progettata per resistere ad una serie di prove d’urto (frontali, posteriori, laterali e contro pedoni) che Mercedes-Benz aveva messo a punto come propri standard. Tra queste, una prevedeva l’urto disassato (che interessava il 40% del frontale) con-tro una barriera rigida ad una velocità di 55 km/h ed è stata alla base della prova successivamente adottata dall’EuroNCAP (questa però avviene contro una barriera deformabile e ad una velocità maggiore, 64 km/h).

Nel tempo furono rese disponibili ulteriori dotazioni di sicurezza: nel settembre 1985 furono presentati (l’effettiva commercializzazione avvenne in tempi successivi) la trazione integrale 4MATIC, il differenziale autobloccante a controllo elettronico ASD[1] e il sistema elettronico di controllo della trazione ASR[2]; nel 1988 l’airbag fu proposto anche per il passeggero anteriore.

Oltre alla berlina, Mercedes propose la propria “classe media” in numerose varianti di carrozzeria: station wagon (codice S124), coupé (C124) ,cabriolet (A124), limousine a passo allungato (V124). Per allestimenti speciali furono resi disponibili anche i soli telai, sia a passo normale (F124) che a passo allungato (VF124).

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PORSCHE 914

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La 914 è un’autovettura prodotta in joint-venture da Volkswagen e Porsche dal 1969 al 1975. A metà degli anni sessanta la Volkswagen era alla ricerca di un’erede per l’ormai datata Karmann-Ghia, mentre la Porsche era interessata ad un modello economico per rimpiazzare la 912. Le due case, legate da ottimi rapporti commerciali, s’accordarono per un progetto comune, prevendendo per la nuova vettura una carrozzeria tipo targa che potesse ospitare indifferentemente un propulsore Volkswagen o Porsche, montato in posizione centrale-posteriore e stabilendo di affidarne l’assemblaggio ad una struttura terza. A tal fine costituirono nel 1966 la società VW-Porsche Vertriebsgesellschaft mbH con sede a Ludwigsburg.

Alla Porsche spettò il compito di progettare il telaio e le sospensioni, mentre il disegno della carrozzeria, derivato da un progetto proposto dallo studio di design Gugelot di Ulma, venne affidato alla Karmann, che poi si sarebbe occupata anche dell’assemblaggio.

Presentata al Salone dell’Automobile di Francoforte sul Meno (settembre ‘69), la 914 aveva un’originale e, nonostante le forme squadrate, aerodinamica carrozzeria (il coefficiente di penetrazione aerodinamica era pari a 0.37) targa, con tetto rigido asportabile e robusto roll bar. La meccanica, ideata dalla Porsche, prevedeva il posizionamentoposteriore-centrale del motore, sospensioni a 4 ruote indipendenticon barre di torsione, cambio manuale a 5 marce e freni a disco su tutte le ruote. Le motorizzazioni disponibili erano due, entrambe boxer con raffreddamento ad aria. Alla Base (914/4) si poneva il 4 cilindri Volkswagen di 1679 cm³ a iniezione (proveniente dalla 411 LE), mentre al top (914/6) c’era il 6 cilindri Porsche a 3 carburatori ex 911 T.

Caratterizzata da un’abitabilità per 2 persone e dalla presenza di due bagagliai, uno anteriore e l’altro posteriore, dietro al motore (in cui veniva posizionato il tetto rigido una volta rimosso),la 914 non ottenne il successo sperato. Troppo costosa per essere una Volkswagen e troppo economica e lenta per essere una Porsche, la 914 pagava lo scotto di prestazioni non esaltanti (i cv erano appena 80 sulla versione 4 cilindri e

110 su quella a 6) e del disinteresse del nuovo management Volkswagen (Nordhoff, che aveva siglato l’accordo con Ferry Porsche, era morto nel 1968 e la nuova dirigenza di Wolfsburg non credeva molto nel progetto).

La gamma iniziale era composta da 2 allestimenti (standard e S) per ognuno dei 2 motori. Le versioni S si distinguevano da quelle standard per il rivestimento in vinile nero del roll bar, i cerchi in lega Fuchs (per le /6) e Pedrini (per le 1.7) e gli interni meglio rifiniti. Nel 1972 la Volkswagensi ritirò definitivamente dal progetto e la Porsche proseguì da sola, ottenendo però la fornitura di motori boxer dalla Casa di Wolfsburg. La 914 modello ‘72, leggermente rivista (paraurti neri opachi anziché cromatie modifiche agli interni), perse il motore a 6 cilindri Porsche di 2 litri, rimpiazzato da un 4 cilindri a iniezione (sempre boxer e raffreddato ad aria) di origine Volkswagen di 1971 cm³ da 100 CV. La nuova 914 2.0 (sostituta della 914/6 e disponibile solo in allestimento “Lusso”) venne affiancata nel settembre 1973 (modello 1974) dalla 914 1.8 (erede della 914/4) con cilindrata incrementata da 1679 a 1795 cm³ (85 CV).

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JAGUAR XKR SUPERCHARGED

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Nonostante le perplessità iniziali la XJ-S, col tempo, era maturata,acquisendo quel fascino da grande classico che da nuova non avevae gli aggiornamenti apportati nel corso degli anni avevano miglioratoanche la qualità costruttiva e le prestazioni. Dopo vent’annidi produzione, la Jaguar decise di presentare al Salone dell’automobiledi Ginevra del 1996 la XK8 sua diretta erede.

Si trattava di una coupé 2+2 che, dal punto di vista tecnico, utilizzava un telaio derivato da quello della berlina XJ Serie X300, opportunamente accorciato nel passo. Lo schema era classico, con trazione posteriore, avantreno e retrotreno a quadrilateri, 4 freni a disco autoventilati con ABS e sterzo a cremagliera con servoassistenza ad azione variabile.

Debuttavano su questo modello (da cui l’8 nella sigla identificativa), invece, il motore V8 di 4 litri ed il cambio automatico sequenziale a 5 rapporti. Con una cilindrata di 3996 cm³ il nuovo propulsore, tutto in alluminio, sviluppava grazie alla sofisticata gestione elettronica (che controllava l’alimentazione a iniezione, la fasatura variabile e la lunghezza dei condotti d’aspirazione, pure di tipo variabile) una potenza massima di 284 CV.

Tipicamente Jaguar lo stile degli interni, con rivestimenti in pellee plancia rivestita in legno di noce (allestimento Classic) o d’acero (allestimento Sport). La vettura era disponibile in due allestimenti:Classic (con cerchi da 18” impostazione più votata al comfort) e Sport (con sedili avvolgenti e cerchi da 19”). Entrambe disponevanodi una dotazione completa di tutti i gadget di sicurezza (airbag, fari allo xeno, controllo della trazione) e comfort (aria condizionata).

Nel 1998 venne lanciata la XKR (sempre nelle due versioni, coupé e cabriolet), mossa dalla versione sovralimentata con compressorivolumetrici Eaton (a 0,8 bar) e intercooler. La potenza, di 364 CV,

era trasmessa alle ruote motrici posteriori attraverso un cambioautomatico a 5 rapporti prodotto dalla Mercedes-Benz.

Le nuove versioni, riconoscibili per la mascherina anteriore a nido d’apee le griglie sul cofano motore, avevano un allestimento equivalentea quello delle Sport (sospensioni elettroniche), ma potevano essere ordinate anche con cerchi da 20”. Nello stesso anno venne creata la XK180, un prototipo in versione roadster realizzato sulla base della XKR.

Costruito per commemorare i 50 anni dei modelli XK, il modello era dotato di un propulsore V8 4.2 da 450 CV e con coppia di 605 Nm. Esso veniva gestito da un cambio automatico a cinque rapporti e garantiva una velocità massima di 290 km/h, con accelerazione da 0 a 100 km/h in 4,2 secondi. L’impianto frenante era costituito da freni a disco forniti dalla Brembo, mentre le sospensioni erano analoghe a quelle della XKR.

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PORSCHE 996 CARRERA 4

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La Porsche 996 è stata un’auto sportiva prodotta dalla Porsche. È la versione della 911 venduta dal 1998 al 2004. La 996 ha portato grandicambiamenti rispetto alle 911 precedenti: è stata la prima ad esseredotata di un motore raffreddato ad acqua nonché della distribuzionea quattro valvole per cilindro, ha una linea esterna ed un abitacolocompletamente ridisegnati e un più alto livello di comfort.

Date tutte queste innovazioni, i puristi l’hanno considerata un modello totalmente nuovo e non un’ulteriore tappa dell’evoluzione della 911. È stata inoltre la 911 più venduta della storia. Ciò nonostante la 911-996 non fu veramente gradita al “popolo Porsche” che contestò a gran voce la fanaleria anteriore piuttosto vistosa e cosiddetta “uovo fritto” che soppiantavaper la prima volta il faro tondo tipico della 911 e della Targa.

Non insensibile al malcontento venne, attraverso un restyling intermedioanticipato dalla versione Turbo, ridotta la forma del faro pergiungeredi nuovo con il modello 997 alla tipica configurazione del frontale in osservanza alla tradizione Porsche.

La 911 più rivoluzionaria della storia è la 996 del 1999: ha un telaio completamente nuovo (prima i pianali derivavano ancora dal modello originale del 1963) e un motore 3.4 da 300 CV.

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32 33MERCEDES-BENZ 200 E

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Nel settembre 1991, al salone di Francoforte, la Casa di Stoccarda lanciò la 300 CE-24 Cabriolet, ovvero la versione cabriolet a quattro posti della coupé. Si trattava di un ritorno in un segmento di mercato (quello delle cabriolet a quattro posti).

Per compensare la perdita del contributo strutturale del tetto, furono riprogettati oltre 1000 componenti; il rinforzo, la modifica o l’aggiunta di nuovi elementi determinò un aumento della massa di circa 130 kg a fronte dei 28 kg persicon il tetto metallico. Il risultato fu comunque una rigidità torsionale paragonabile a quelladella berlina. Per ridurre invece le vibrazionitrasmesse al corpo vettura furono installati nella scocca quattro elementi assorbenti, per un aumento di 26 kg nella massa del veicolo.

La capote era a scomparsa completa e aveva il lunotto in vetro, a vantaggio della visibilità sia per l’assenza delle distorsioni ottiche tipiche dei lunotti in plastica, sia per la presenza dei filamenti termici per lo sbrinamento. La struttura era costituita da 27 componenti con 34 articolazioni,pesava 43 kg e occupava un vano di 80 litri, consentendo quindi di mantenere un’elevata capacità di carico nel bagagliaio. A richiesta era disponibile l’azionamento servoassistito, effettuato da un sistema elettroidraulico costituitoda sei pistoni idraulici e una pompa che lavoravaa 180 bar, sistemata nel vano sinistro del bagagliaio. Dieci valvole e dodici interruttoricontrollavano il funzionamento durante le fasi di apertura e chiusura, nonché il corretto impegno dei vari ganci, controllando infine lo stato di chiusura della capote durante la marcia.

Sono stati prodotti 33.952 esemplari del modellocabriolet, ultimo della serie 124 a usciredi produzione, nel luglio 1997. Un anno dopo, nel giugno 1998, sarebbe stato sostituitodalla versione cabriolet della CLK.

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LANCIA BETA 828 CB1

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Con il nome Beta s’identifica una gamma di vetture (berlina, berlina Trevi, coupé, HPE, spider, Scorpion e Montecarlo) prodotte dalla Lancia tra il 1972 ed il 1984.

La Beta (codice progettuale iniziale “Y1”) fu la prima autovetturatotalmente nuova presentata dalla Lancia dopo l’acquisizione, avvenuta nel 1969, da parte di Fiat.

A parte i motori, i 4 cilindri in linea con distribuzione bialbero Lampredidi origine Fiat (comuni a 124 Sport, 125 e 132, ma comunque modificatida Lancia e costruiti in proprio dapprima nello stabilimento di Borgosan Paolo e poi a Verrone), le Beta potevano contare su componentitecnici (pianale, sospensioni, trasmissione, ecc.) creati ad hoc: il progettofu infatti realizzato interamente dalla ancora esistente “Lancia Spa”, i cui tecnici (già tecnici Lancia in epoca Pesenti, pre-1969) avevanoun proprio distaccato reparto in via Caraglio a Torino (repartopoi trasformato nel 1981 in “Lancia Engineering” di Fiat Auto spa e definitivamente chiuso e annesso a quello Fiat nel 1989).

Il discorso sulla “paternità” progettuale Lancia vale per l’intera gamma Beta ad eccezione della versione Montecarlo, che derivava dal progetto X1/20 sviluppato da Pininfarina per la realizzazione di una sportiva a motore centrale e trazione posteriore da vendere inizialmente con marchio Fiat. Che la Montecarlo non sia mai transitata presso l’ufficio tecnico Lancia è dimostrato dal fatto che con le altre Beta ha in comune solo il motore Fiat.

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ALFA ROMEO GT JUNIOR 1300

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L’Alfa Romeo Giulia GT è un’autovettura coupé, costruita su meccanica del modello“Giulia”, dal 1963 al 1975.

La carrozzeria, opera di Giorgetto Giugiaro per conto della Bertone,[1] andava a coprire il pianale, con passo accorciato da 251 a 235cm, della Giulia Berlina. Sostituendo la Giulietta Sprint,da cui derivano i due volumi e mezzo, mantenne invariataanche la classica collocazione motore e cambio anteriore, con trazione posteriore.

Nel 1965 il nuovo stabilimento di Arese raggiunse la piena operatività e i modelli “Giulia Sprint” e “Giulia Spider”, ultime

derivazioni dela gama “Giulietta”, uscirono dal listino, consentendoall’Alfa Romeo di aumentare laproduzione della gamma sumeccanica “Giulia”.

Nacque così l’idea commercialedi promuovere la versione “Junior” della “GT”, dotandoladi un motore di cilindrata minore e di finiture più economiche, in modo da proporre il prodotto ad un prezzo inferiore e sostenibileda una fascia di clientela in continua espansione, grazie aglieffetti del “boom” economico di quegli anni.

Nel 1971 e “GT Junior” adottarono il frontale ristilizzato e privo

di “scalino”, e i parafanghi posteriori con profilo più alto, uniformandosi nella carrozzeriaalla “1750 GT Veloce” e alla “GT 2000 Veloce”. L’uniforma-zione, tuttavia, non fu totale perché le Junior avevano fari singoli (anziché doppi) e una diversa grigliatura della calan-dra. Con il restyling, comunque, la gamma “Junior” guadagnò un motore: accanto al 1300 da 89cv era infatti disponibile il 1600 da 109cv (quello 00536 che fudella 1600 Veloce), ora divenuto solo Junior. Infatti la sigla “Veloce”ha sempre caratterizzato i modelli più potenti dal 1968 fu riservato alla 1750 e succes-sivamente anche alla 2000.

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HONDA CB 350 FOUR

La più piccola delle Four, le 4 cilindri Honda,conserva intatto il suo fascino nel tempo. La morbidezza delle linee, l’ accuratezza dei particolari, ne fanno tutt’ oggi un must nel panorama delle “ medio - piccole “.

Se messa a confronto con le pari grado giapponesi dell ‘ epoca è quella che risultadi sicuro meno performante, meno grintosa.Non è dotata di uno scatto bruciante,non raggiunge punte di velocità da ricordare; ma è altrettanto vero che, nellapura filosofia costruttiva Honda, rappresenta quanto di meglio una moto da turismo di questa cilindrata possa offrire.

Ad un esame visivo pare davvero il modello in scala della grande 750.Ogni dettaglio, qualsiasi finitura, risultanoappaganti e di estrema gradevolezza. Come sempre in casa Honda niente è lasciato al caso, la piccola Four ad esempioè l’ unica della sua categoria a disporredell’avviamento elettrico di serie.

Una volta in sella se ne apprezza da subitoil comfort e la maneggevolezza, doti che una volta in marcia se possibile si esaltanoancora di più. La posizione di guida e dei comandi risulta piacevolissima, di grande intuitività. Le gambe cingono

con facilità il serbatoio, piuttosto stretto.

La sella, come nei modelli superiori, è molto comoda ed accogliente ed invita a passeggiate anche piuttosto lunghe , godibilied assolutamente non affaticanti.

Il peso di circa kg. 180 se rapportatoalla cilindrata è considerevole ma valutato di per sé risulta assolutamenteaccettabile ; ciò fa sì che in ogni tipo di manovra la moto venga percepitaquasi alla stregua di una bicicletta.Pensata per lunghe girate ad andaturepiuttosto turistiche.

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50 51HONDA CB 500 FOUR

Prodotta dalla Honda Motor Co. Ltd. dal 1971 al 1979. I modelli,tutti caratterizzati da un robusto motore con distribuzionemonoalbero di 498 cm³ di cilindrata, sono il k0 (1971),k1 (1972-1973), k2 (1973-1974) e k3, conosciuto semplicementecome “k” (1975-1979). Non si tratta precisamente dellasorella minore della famosa 750, perché il progetto è completamente nuovo. Considerato il successo della750, in Honda si decise di non badare a spese, e così la cilindrataminore venne progettata con un occhio di riguardo allaleggerezza ed alla distribuzione dei pesi. Il telaio furiprogettato soprattutto nella parte superiore e, se mantenevasotto al motore la classica struttura in tubi a culla chiusa (caratteristica delle Four), nel raccordo cannotto-telaio risultavadecisamente più semplice e faceva largo uso della lamierastampata. Quanto al motore, esso manteneva il “marchio” tecnologico che aveva azzerato la concorrenza di allora (soprattutto britannica): quattro cilindri in linea, quattro carburatori, quattro scarichi separati, distribuzione a catenain testa.

La Honda 500 Four non presenta, come tutta la serie Four, alcundifetto meccanico, né patisce alcuno dei problemi tipici delle motociclette degli anni settanta, come i freni scarsi e la tendenzaal fading, i trafilaggi d’olio, la scarsa affidabilità elettrica e meccanica.

È da segnalare soltanto, per questo modello, una certa delicatezza del sistema di selettore a forchette del cambio,poiché le stesse presentavano, a volte, usura precocee anomala in condizioni non ottimali di lubrificazione.

Il dato estetico più significativo e caratteristico della 500 Four, ciò che la distingue dalle altre motociclette della stessa famiglia,sono i 4 scarichi a “tromboncino strozzato”, un disegno d’antologia divenuto segno distintivo di questo modello, e mantenuto fino al 1979 (compreso). A partire da tale anno vennero adottati i più moderni scarichi a tromboncino semplice.

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VESPA PX 125 La Vespa PX è il modello di maggior successodella serie Piaggio Vespa. Alla sua presentazione al Salone di Milano del 1977, la nuova vespa fu battezzata come “Nuova Linea”.

A Milano il 10 ottobre 1977 la PX venne presentata al pubblico con una versione “gigante” pesante 700 kg, con a bordo alcuneragazze vestite con tuta da meccanico La P125X fu l’apripista del nuovo telaio che vantavanovità tecniche di rilievo come la nuova sospensione anteriore anti-affondamento, chegarantiva una maggiore stabilità in frenatae la nuova sospension posteriore con escursione maggiorata da 70 a 91 mm.

Venduta a 808.630 lire, l’ottavo di litro di casa Piaggio offriva freni a tamburo, motoremonocilindrico con testa in alluminio, telaioa scocca portante in acciaio di 1,5 mm di spessore e una discreta autonomia grazie ai quasi 30 km con un litro di miscela al 2%. Gli indicatori di direzione, non obbligatori all’epoca, erano offerti come optional a costo di Lire 45.000.

I tre modelli della PX mantennero queste caratteristiche fino al 1981 quando venne introdotta su tutta la gamma l’accensione elettronica già presente sulla 200. Le sigle dei modelli vennero di conseguenza modificatiin PX125E, PX150E e (dal 1982) PX200E.

La Vespa PX rimase in listino per il mercatoitaliano fino al 1988 quando venne sostituitadalla Piaggio Cosa, continuando ad essere commercializzata all’estero.

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MOTO GUZZI V50

Primo modello dell’era De Tomaso, la V50 era una moto che riprendeva, riammodernandoli,gli ultimi concetti stilistici e meccanici dicasa Guzzi. Prima di tutto, come dice stessoil nome, la tradizionale disposizione dei cilindri a V di 90° trasversali.

Venne prodotta dal 1977 al 1987, come base per tutte le versioni della sua gamma (come del resto la V35), anche se la versione per pubblicheamministrazioni, grazie anche alle richieste dello Stato, arrivò ad essere prodotta fino al 1991.

Penalizzata dalla tassazione che si applicava alle moto con oltre 350 cm³, risultò una moto non di cattivo gusto estetico, ma al passo coi tempi e meccanicamente non un flop come le copie Guzzi e Benelli (che allora era stata unificata da De Tomaso nella Guzzi-Benelli-Moto S.p.A.) di moto giapponesi a 4 cilindri.

L’esempio è la pompa del freno della famosaFrenata Integrale di brevetto Guzzi, che colpedale destro comanda un disco anteriore edil disco posteriore, che va col suo disegno aformare armonia col telaio e con le linee squadrate del serbatoio.

La V50, comunque, era una moto stradale/turismo, all’altezza degli standard dell’epoca,con prestazioni di tutto rispetto. Il telaio fu studiato per averne vari applicazioni, e per varie derivazioni. Detta la sua forma a culla, il motoreprogettato da Lino Tonti, fu ridisegnato per contenere i pesi e dunque i costi, ed anche le dimensioni per incastrarlo nel telaio. Con aggiornamenti stilistici che mutarono a poco a poco la linea, con piccoli affinamenti, rimase in produzione dal 1977 al 1985. La cosiddetta II ha i cilindri in Nigusil (prodotta solo per un anno, 79-80); il III aveva degli aggiornamenti estetici.

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56 57BMW R1100 GS

Era il 1993 quando il primo boxer 4 valvole fu montatosu una BMW: la R1100RS. Un’innovazione tecnica che porterà una svolta rispetto al vecchio 2 valvole,oramai giunto al limite del suo sviluppo. Fu una modificaradicale, dettata dal progresso tecnologico, le nuovenormative ambientali e le aspettative dei clienti.Inutile dire che questa innovazione fu subitoriportata sul nuovo gioiello GS: la R1100GS.

Lo scarico fu realizzato in INOX, con buona pace dei problemi, arcinoti a tutti, dei vecchi scarichi dei mezzi storici, soggetti ad usura continua. Gli intervalli di manutenzione ogni 10 mila km erano indispensabili fino ad all’ R1100GS con nuovo 4 valvole.

La soluzione tecnica boxer 4 valvole raffreddato ad aria con giunto cardanico è tutt’ora unica sul mercato. Per non parlare del sistema di ammortizzazionePARALEVER, unico nel mondo delle trasmissioni a giunto cardanico.

Nasce il TELELEVER: un rivoluzionario sistema di ammortizzazione anteriore realizzato tramite la combinazione di una forcella telescopica ed un sistemaa parallelogramma con braccio di rinvio. (Prestodisponibile tra gli articoli tecnici) La bmw, che era stata pioniera anche nella forcella telescopica idraulica, rivoluzionò nuovamente il modo di fare sospensioni. Il telelever consiste in una forcella telescopica che ha il solo compito di guida e quello di reagire con precisione alle irregolarità del fondo stradale.

Fu impiegata di Jet Li nel film Romeo deve morire del 2000.

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58 59VESPA 150 STRUZZO

Presentata alla fine del 1954, la Vespa 150 VL1 diverrà uno scooter molto apprezzato per la sua robustezza.

La forma del manubrio con sopra il faro da 105 mm in alluminio, è il particolare che più contraddistingue questo modello ben riuscito.

Il porta faro comprende il conta chilometri, montato di serie, con fondo scala verde e stemma istituzionale al centro. Poco al di sopra,c’è la spia trasparente delle luci accese, cheserve per illuminare lo strumento.

Unico colore disponibile un beige pastello:il parafango è abbellito con una crestina inalluminio che, in seguito, verrà montata anchesui modelli 150 GS.

Unica la sella a molle coniche rovesciate e verniciate di colore verde scuro, come la copertura del sellino, anche se risulterà moltoscomoda per via delle molle che rendevanoinstabile la posizione del conducente. Ilmodello era venduto privo del cuscino per il passeggero, che era un optional, come ilporta ruota di scorta.

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Da restaurareRenault R5 1989 km 154.275 Renault R5 1.6 1989 km 225.000

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Tel. 030 9120702Cel.335 5922514

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Via Marconi 8825015 Desenzano d/G