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32 La Rassegna d’Ischia n. 6/2012 di Domenico Di Spigna Questa vaga striscia di terra che si estende dalla collina di Posillipo sino alla mitica Cuma, passando per Agnano, golfo di Pozzuoli, del cui promontorio Miseno ne chiude l’arco, dopo la voluttuosa Baia, luogo di delizie dell’antica Roma, viene così chiamata per i fenomeni di vulcanesimo che la in- teressano, facendone assumere la denominazione di “campi flegrei”, ossia ardenti. Detti luoghi arcaici possono conside- rarsi un composto tra miti, cultura e archelogia. Nel contesto generale sono comprese anche le dirimpettaie isole di Pro- cida e Ischia. La prima, pur non presentando ai nostri giorni segni di attività vulcanica, evidenzia ragionevolmente con le insenature della Chialolella e della Corricella la sua remotis- sima origine di tale natura, mentre la seconda anch’essa sen- za vulcani attivi (ultima eruzione 1301-02) conserva tutta la sua fisionomia e moderata manifestazione attraveso le acque termali, esistenti anche presso i litorali, e le fumarole. Scelti per godersi le amenità della dorata natura e gli ozii, queste zone furono sempre amate ed ammirate da Virgilio, Orazio, Svetonio, Stazio, Tacito nell’età classica e nell’U- manesimo da Giovanni Boccaccio, che ne menziona le «di- lettevoli baie sopra li marini liti, del sito delli quali né più bello né più piacevole ne cuopre alcuno il cielo» e di poi Gioviano Pontano e Jacopo Sannazaro. Partiamo dunque per questo interessante viaggio descritti- vo d’una parte di terra della “Campania Felix” principiando dall’isolotto di Nisida. Nisida - Una piccola isola di materiale tufaceo, posta sot- to il Capo di Posillipo, alta un centinaio di metri, appartenuta un tempo a Felice Pollione, nota sopratutto più di due mil- lenni fa per essere stata sede del famoso incontro tra Cice- rone, Bruto e Cassio, per eliminare Giulio Cesare. Si ricorda a proposito la presenza a Nisida (Nesis) l’8 luglio anno 44 a.C. del famoso avvocato da una sua lettera all’amico Attico. Menzionata da Plinio per la buona produzione di asparagi, oggi è legata alla terraferma da un ponte in muratura ed è sede di un carcere per minorenni. Agnano - Là dove oggi sorge il noto ippodromo napoleta- no, eravi nei secoli trascorsi un lago, formatosi in una conca vulcanica, al pari del lago d’Ischia. Con la zona limitrofa co- stituiva l’Ananium, dal nome della famiglia Ania di Pozzuoli che ne era proprietaria. Man mano con diverse bonifiche, si è portato allo stato attuale. Leggenda vuole che nei tempi remoti la gente si teneva lontano dal luogo per l’aspetto in- quietante dovuto alle sue acque oscure che emanavano fumi mortali. Baia - Ridente cittadina a nord-ovest del golfo di Pozzuo- li, ancor prima di Capo Miseno, prende il nome da Baios compagno e nocchiero di Ulisse, di omerica memoria; fu luogo di delizie di noti personaggi, patrizi e imperatori ro- mani (Nerone, Adriano). Quest’ultimo qui venuto per trova- Miti Storia e Archeologia dei Campi Flegrei re rimedio alla salute e respirarne le arie perché ammalato di mal di petto (tubercolosi), vi trovò la morte; era il 10 luglio dell’anno 138. Essa ha conservato, nonostante i movimenti tellurici di tutta l’area flegrea, un discreto patrimonio storico di ciò che fu la magnificenza romana. Si notano i resti delle sue terme, allora rinomate ed affollate, tanto da oscurare quelle pur co- nosciute della vicina Aenaria, da breve tratto di mare separa- ta, e del tempio di Venere e Diana. Avanzi di bellisssime vil- le con portici e colonnati, pavimenti in mosaico giacciono in fondo al mare, sempre a causa del bradisismo che interessa tutto il golfo di Pozzuoli. Le terme della leggiadra Baia, consacrate alla pagana dea Venere, furono luogo di cura del Governatore della Galilea Ponzio Pilato, che doveva essere poi giudice di condanna di Cristo. Questi, tornato a Roma dopo qualche anno, si allon- tanò dalle fatiche pubbliche, cominciando a scrivere le sue memorie nella propria casa all’Esquilino, ma per gli anni che avanzavano e tormentato dai reumatismi si recò ai bagni di Baia. Come si evince dal libretto di Anatole France (del 1902) assistiamo ad una bella descrizione del luogo, posto su di un «incantevole lido di mare blu, dove i delfini affiora- vano con il loro gioco e in lontananza la costa dorata campa- na col Vesuvio che rideva». In epoca più recente, nel ‘500 rinascimentale, Baia fu ci- Le terme romane di Baia Giacinto Gigante - Il tempio di Venere a Baia (1830 c.)

Miti Storia e Archeologia dei Campi Flegrei Essa ha ... · Le terme della leggiadra Baia, ... che un tempo pei trofei degli antenati ... passar cento aditi e per le cento porte, dove

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Page 1: Miti Storia e Archeologia dei Campi Flegrei Essa ha ... · Le terme della leggiadra Baia, ... che un tempo pei trofei degli antenati ... passar cento aditi e per le cento porte, dove

32 La Rassegna d’Ischia n. 6/2012

di Domenico Di Spigna

Questa vaga striscia di terra che si estende dalla collina di Posillipo sino alla mitica Cuma, passando per Agnano, golfo di Pozzuoli, del cui promontorio Miseno ne chiude l’arco, dopo la voluttuosa Baia, luogo di delizie dell’antica Roma, viene così chiamata per i fenomeni di vulcanesimo che la in-teressano, facendone assumere la denominazione di “campi flegrei”, ossia ardenti. Detti luoghi arcaici possono conside-rarsi un composto tra miti, cultura e archelogia. Nel contesto generale sono comprese anche le dirimpettaie isole di Pro-cida e Ischia. La prima, pur non presentando ai nostri giorni segni di attività vulcanica, evidenzia ragionevolmente con le insenature della Chialolella e della Corricella la sua remotis-sima origine di tale natura, mentre la seconda anch’essa sen-za vulcani attivi (ultima eruzione 1301-02) conserva tutta la sua fisionomia e moderata manifestazione attraveso le acque termali, esistenti anche presso i litorali, e le fumarole. Scelti per godersi le amenità della dorata natura e gli ozii, queste zone furono sempre amate ed ammirate da Virgilio, Orazio, Svetonio, Stazio, Tacito nell’età classica e nell’U-manesimo da Giovanni Boccaccio, che ne menziona le «di-lettevoli baie sopra li marini liti, del sito delli quali né più bello né più piacevole ne cuopre alcuno il cielo» e di poi Gioviano Pontano e Jacopo Sannazaro. Partiamo dunque per questo interessante viaggio descritti-vo d’una parte di terra della “Campania Felix” principiando dall’isolotto di Nisida.

Nisida - Una piccola isola di materiale tufaceo, posta sot-to il Capo di Posillipo, alta un centinaio di metri, appartenuta un tempo a Felice Pollione, nota sopratutto più di due mil-lenni fa per essere stata sede del famoso incontro tra Cice-rone, Bruto e Cassio, per eliminare Giulio Cesare. Si ricorda a proposito la presenza a Nisida (Nesis) l’8 luglio anno 44 a.C. del famoso avvocato da una sua lettera all’amico Attico. Menzionata da Plinio per la buona produzione di asparagi, oggi è legata alla terraferma da un ponte in muratura ed è sede di un carcere per minorenni.

Agnano - Là dove oggi sorge il noto ippodromo napoleta-no, eravi nei secoli trascorsi un lago, formatosi in una conca vulcanica, al pari del lago d’Ischia. Con la zona limitrofa co-stituiva l’Ananium, dal nome della famiglia Ania di Pozzuoli che ne era proprietaria. Man mano con diverse bonifiche, si è portato allo stato attuale. Leggenda vuole che nei tempi remoti la gente si teneva lontano dal luogo per l’aspetto in-quietante dovuto alle sue acque oscure che emanavano fumi mortali.

Baia - Ridente cittadina a nord-ovest del golfo di Pozzuo-li, ancor prima di Capo Miseno, prende il nome da Baios compagno e nocchiero di Ulisse, di omerica memoria; fu luogo di delizie di noti personaggi, patrizi e imperatori ro-mani (Nerone, Adriano). Quest’ultimo qui venuto per trova-

Miti Storia e Archeologia dei Campi Flegrei

re rimedio alla salute e respirarne le arie perché ammalato di mal di petto (tubercolosi), vi trovò la morte; era il 10 luglio dell’anno 138. Essa ha conservato, nonostante i movimenti tellurici di tutta l’area flegrea, un discreto patrimonio storico di ciò che fu la magnificenza romana. Si notano i resti delle sue terme, allora rinomate ed affollate, tanto da oscurare quelle pur co-nosciute della vicina Aenaria, da breve tratto di mare separa-ta, e del tempio di Venere e Diana. Avanzi di bellisssime vil-le con portici e colonnati, pavimenti in mosaico giacciono in fondo al mare, sempre a causa del bradisismo che interessa tutto il golfo di Pozzuoli. Le terme della leggiadra Baia, consacrate alla pagana dea Venere, furono luogo di cura del Governatore della Galilea Ponzio Pilato, che doveva essere poi giudice di condanna di Cristo. Questi, tornato a Roma dopo qualche anno, si allon-tanò dalle fatiche pubbliche, cominciando a scrivere le sue memorie nella propria casa all’Esquilino, ma per gli anni che avanzavano e tormentato dai reumatismi si recò ai bagni di Baia. Come si evince dal libretto di Anatole France (del 1902) assistiamo ad una bella descrizione del luogo, posto su di un «incantevole lido di mare blu, dove i delfini affiora-vano con il loro gioco e in lontananza la costa dorata campa-na col Vesuvio che rideva». In epoca più recente, nel ‘500 rinascimentale, Baia fu ci-

Le terme romane di Baia

Giacinto Gigante - Il tempio di Venere a Baia (1830 c.)

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(…) Ma della caducità delle coseprove avrai più chiare se la barchettadai remi sospinta ti porteràdi buon’ora nelle acque di Cuma, ovepiù mite è il mar che bagna le sofficiarene con lenta onda. Questi sitinon son privi di delizie, sebbenesconvolti da molte rovine; mecot’allegrerai di visitar le sedidei Fereciadi e i porti vicini.E qui, dove le calcidiche gentiin origine hanno mura innalzatograndiose con regal lusso, ancora oggiosservar si possono coi propri occhi,almeno in parte, luoghi disertati,ville del tutto in ruderi finite,che un tempo pei trofei degli antenatifurono famosi; templi e sepolcriin rovina, insegne, fregi e vestigiadi antichi popoli. Qui fatto scalo,il nocchiero in mezzo ai colli scoprirepotrà quella rocca, dove l’augustoApollo pose dimora, svelandogli oracoli suoi con gli arcani segni,passar cento aditi e per le centoporte, dove risuonavan le vociche l’aere intorno facevano vibrare;e ancor della fatidica Sibillal’antro tuttora orrendo, e pure i tripodituoi, Timbreo, e gli inscritti monumentidella dedalea fuga, che son sparsiin giro ricoperti d’erbe, e sottofolte spinose macchie li nascondel’ispido cardo o il paliuro tra i rovi.(…)

Non ti spaventi poi il lago d’Averno,un tempo sinistro agli uccelli e causadi timor, al solo nome, pei popoli;cacciato via il contagio infatti, ora offreacque salubri e le sue rive allietadi mite clima. Così muta il fatole vicende: nuoceran quelle coseche prima giovaron, mentre sarannodi aiuto quelle che nocquero. Siccomeil mar che or, turbate l’onde, s’adira,or s’abbonisce, l’acque chete fattesi.(…)

A seguir miei precetti ti richiamail trombettier delle navi dardanie,memorando per il lituo e per le armi,e che con valor, accanto ad Ettorre,le pugne affrontava contro le argolicheschiere e sul cui tumulo furon postiil remo e la tromba, e cioè Miseno1

1 Miseno, trombettiere di Enea, qui sepolto e per-

che s’eleva al presente con alta vetta.Ma quando tu volessi pur conoscereciò che resta ancor del grande lussoe delle opere antiche, la mirabilePiscina2 ad un solo sguardo faràche tu resti a bocca aperta; famosomonumento del lavoro e dell’arte,tuttor dura e gli invidi fati superadel tempo; eterna fama ha e fu arteficeAgrippa.... (…)

Da un’altra parte potrai pur vederequelle ville che in passato facevanola vera delizia di genti lazie,ma or tristi e squallide sono, coperteda cumuli di foglie, felci e salici;del tempo che scorre miseri avanzi.Non potrebbe sotto queste rovinericonoscere i suoi vivai Servilio3,fuggendo le ire di Tiberio: e, fattenella roccia, le due spelonche, l’unadelle quali sempre il sol ricevevae l’altra mai ‘l vedeva. Arator durocol vomere sprezza e frange, insolente,voi anche fabbriche che seguiste i fatie gli eventi del padrone, famoseun tempo già, risonanti le guerreor d’Asia, or dei pirati, e i grandi trionfidi Pompeo, vincitor su Mitridate.(…)

Volgi il tuo cammino verso il lido ispidodella sterile alga e noia non ti prendaad osservare i luoghi dagli studidi Minerva resi celebri: qui spesso

ciò il luogo viene denominato Capo Miseno, pro-montorio del mar Tirreno, un tempo molto famoso per la clemenza del cielo, per la eleganza delle ville, per i famosi monumenti; fu abbellito dagli impera-tori romani con palazzi e con un porto, che rappre-sentava un rifugio della flotta romana.2 Di questa piscina, definita mirabile, così scrive Capaccio: “Opera regia con una vòlta sorretta da 48 colonne, lunga 250 passi, larga 160. Struttura a mattoni, pareti rivestite di intonaco resistente all’acqua. Ai due lati scale in pietra vi consentivano l’accesso. Attribuita da alcuni a Lucullo, io l’attri-buisco ad Agrippa, che a Miseno costruì anche un celebre porto”.3 Presso l’Acherusia c’era la Villa di P. Servilio, detto l’Isaurico dall’Isauro, regionedell’Asia Minore da lui conquistata, una volta vinti i pirati, il 677 dopo la fondazione di Roma; detto anche il ricco per antonomasia. Consulta anche Seneca (Ep. 55), che parla diffusamente di questa Villa. Perseguitato poi da Tiberio, per fuggirne la crudeltà, in questa si ritirò e invecchiò. Parla di que-sto luogo Seneca: “Vi sono due grandi spelonche con un ampio atrio scavate a mano, delle quali una non riceve mai il sole e l’altra lo tiene sino a sera”.

ritornato dopo liti chiassosedel foro e i graditi ossequi dei clienti,e le grida di “bravo!”, te richiamaTullio4, la Facòndia, per prepararel’imprese e discuter alte questioni;dove, sotto la tua guida, con sortepiù felice, si fissò l’Accademia,lasciata ormai di Atene la cittade.Bada però di non scegliere i lidiItachesi di Baia5, sebben la costalunata sia invitante col tranquilloseno, un tempo salutar e placidoporto, ma ora adatto solo alle barche.Infatti l’odor fetido che spiradal pestifero gorgo facilmenteridà vigore ai morbi e nuovi stimolioffre all’esitante fato. Il camminoperciò qui non fermino i templi a [Venere6

e a Diana7 sacri, né quel di Mercuriocoi suoi ruderi qua e là giacenti.Il nocchier volga a sinistra ed il remoa te batta dalla sinistra parte.Mentre ritorni alle campagne aprichedi Pozzuoli, la Solfatara e l’auramite nel seren giorno ti sospinganoin direzione dei sulfurei luoghi.Timor non dèstino le fumaroleche vedi in questa zona ovvero i campidi nitro o di bitume sparsi e i colliardenti di zolfo intorno diffuso.Buona è certo l’aria per chi vi giungedall’isola d’Enaria, né v’è luogopiù lieto e propizio per la salute.

4 Si indica qui la Villa di M. Tullio Cicerone pres-so il Lago Averno (ora Lago di Tripergola) verso Pozzuoli. Cicerone la chiamò Accademia, dalla celebre Accademia di Atene, dalla quale ebbero nome di accademici i discepoli di Platone. In que-sta Cicerone compose i libri detti Questioni acca-demiche. Dopo la morte di Cicerone, ne divenne possessore Antistio il Vecchio, e quivi si scopriro-no caldi fonti, considerati salubri per gli occhi e celebrati dal canto di Laurea Tullio, un liberto di Cicerone. Vedasi Plinio.5 Baia da Bajo, Baja (Strabone lib. 5), compagno di Ulisse ivi sepolto. Un tempo sede di piaceri: ora luogo di aria insalubre.6 Di questo Tempio di Venere parla Marziale.7 Tempio di Diana a Baia (v. Capaccio) - Il Tempio di Mercurio, di cui si vedono rovine.

Luoghi celebrati in versi da Camillo Eucherio de Quintiis *

Lago d’Averno

* C. E. de Quintiis, Inarime seu de balneis Pithe-cusarum, libri VI, 1726, di cui è stata fatta da R. Castagna la versione italiana, pubblicata nel 2003. I passi riportati sono tratti dal sesto libro

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tata in una sua ecloga, per la vita licenziosa che in essa si teneva al tempo dei Romani, dal poeta napoletano Jacopo Sannazaro, mentre qualche secolo appresso fu punto di rife-rimento di illustri viaggiatori e uomini di cultura. La sua me-moria storica ci dice che anche Poppea, moglie di Nerone, la scelse per le sue ferie estive recando seco numerose asine, che dovevano procurarle il latte per i suoi bagni corporei. Disse di Baia il poeta Orazio: nullus in orbe sinus Baiis pra-elucet.

Pozzuoli - La fondazione di questa industriosa e storicis-sima città, centro principale dell’intera area flegrea, che dà il nome all’intero golfo prospiciente, risale al VI sec. a.C. da parte dei Samii esuli dell’isola greca di Samo che le diede-ro il nome di Dicearchia, cioè governo giusto. Avendo poi i Romani, trecento anni avanti l’era cristiana, occupato la Campania, la chiamarono Puteoli, dai numerosi pozzi ter-mali ivi esistenti, divenendone col tempo il loro porto princi-pale, da cui partivano gli scambi commerciali con le nazioni mediterranee. Poco ci resta di questo grande emporio a cau-sa del bradisismo discendente. Elevata a colonia da Nerone nel 63 d.C. che vi fece anche scavare grotte sudatorie, vide i suoi fastigi sotto l’imperatore Vespasiano, che ivi costruì l’anfiteatro (terzo in Italia per or-dine di grandezza, delle dimensioni 149x116 m.) e l’attuale Serapeo, meglio chiamarlo “macellum” ovvero un ampio mercato (75x58 m.), del quale ci restano ancora resti delle sue strutture. Va pure ricordato che Puteoli, altro nome della città per le esalazioni putescenti della Solfatara, possedeva già un altro piccolo anfiteatro, su modello di quello pompe-iano, senza cavea per le fiere, al tempo di Augusto. Altre vestigia della Pozzuoli imperiale sono il tempio di Augusto al Rione Terra, trasformato poi in duomo dedicato al martire puteolano San Procolo, patrono principale della città decapitato assieme a San Gennaro, dopo che questi era stato in principio condannato “ad bestiam” (sbranato dalle fiere). Altri santi martiri, della prima età cristiana, legano il loro nome alla città: San Patroba (paternale) vescovo e discepolo di San Paolo, decapitato con San Gennaro; San Paolo, pila-stro del Cristianesimo, prima di recarsi a Roma proveniente dall’Oriente, soggiorna una settimana a Pozzuoli coi fratelli cristiani: ne fa testimonianza una lapide posta al porto, che recita così: «Paolo di Tarso apostolo delle genti, magnifico assertore della verità, ai lidi puteolani approda e ivi trascor-re sette giorni coi fratelli nella fede. La città campana ne annovera l’evento tra i fasti della sua trimillenaria storia»: correva l’anno 61 d.C.

Bacoli - Altro interessante luogo prossimo a Miseno, a cir-ca tre Km. da Baia, presentava anch’essa belle ville, tra cui quella di Quinto Ortensio, oratore e amico di Cicerone, che poi, volgendo di mano in mano passò a Nerone e ai Flavii; sembra che in essa si sia rifugiata Agrippina, prima di essere uccisa per ordine del folle suo figlio. Ai nostri giorni a Baco-li è da conoscere la “piscina mirabilis”, grandioso serbatoio d’acqua per approviggionare la flotta romana. Venne scavata in blocco tufaceo nelle dimensioni di m. 70x25,5 e m. 15 di altezza, per una capacità di 12.600 mc d’acqua. L’antico suo

toponimo era Bauli, per la leggenda ricovero dei buoi.

Miseno - A questo promontorio che prende il nome dal trombettiere di Enea, richiamando la classicità del mondo virgiliano, è legata la figura dell’imperatore Tiberio per il quale rimaneva l’unico filo di contatto con la terraferma, os-sia Roma, dal suo splendido isolamento di Capri. Sappiamo infatti che Tiberius Claudius Nero, una volta fatta la con-sacrazione dei templi, disposto con un editto che nessuno turbasse la sua tranquillità, e tenuti lontani gli abitanti del-le città che accorrevano a lui, si rifugiò nell’isola di Capri. Nell’anno 37 qui trovò la morte. Fu Miseno per la sua posizione strategica sede della flotta navale di Roma, annoverando tra i suoi prefetti comandan-ti Caio Plinio Secondo, il famoso scienziato che fu tragi-

Archi della Piscina mirabile a Bacoli

La Villa Jovis sulla sommità del promontorio di Capri

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co spettatore dell’eruzione del Vesuvio dell’era vespasiana (24 agosto 79 d.C.). Ne abbiamo notizia dalla celebre lettera di suo nipote Plinio il Giovane scritta allo storico Tacito che gli chiedeva di tramandare ai posteri la sua figura e gli avvenimenti da lui vissuti, in occasione del disastro provocato dall’esplosione del Vesuvio. Dice di essere stato invita-to a salire su di una barca, per portar-si verso Pompei e studiare i fenomeni eruttivi, ma lui aveva preferito starsene dedito ai suoi lavori in compagnia del-la madre. Purtroppo suo zio morì per le esalazioni gassose. Il porto di Miseno, già base marittima di Cuma, che potè di lì estendere la sua egemonia sul Tirreno sconfiggendo gli Etruschi, fu di poi an-cor più importante, quando da Augusto venne designato quale porto principale del Tirreno. Era posto in comunicazio-ne, tramite canale con un altro specchio d’acqua interno (una darsena) corri-spondente all’attuale Mare Morto che fungeva da ricovero e riparazione delle navi; entrambi i porti furono opera di Marco Vipsiano Agrippa. Oltre a Plinio il Vecchio, ebbe tra gli altri comandan-ti Tiberius Claudius Anicetus, attore e complice del complotto ordito da Nero-ne per l’uccisione di sua madre. Con l’unificazione della flotta romana nel II sec. d.C. Miseno si pregiò della “Praetoria classis misenensis”. Forniva tra l’altro un centinaio di ottimi marinai a Roma, per le manovre delle tende om-brifere (il velario) nelle giornate asso-late, durante gli spettacoli al Colosseo. Antichissima fu la sua chiesa, dove già nel II e III secolo si diffondeva il Vange-lo di Cristo, con Sossio diacono presso il quale si era recato S. Gennaro, il quale poi sarà condannato assieme a Deside-rio, lettore di Benevento, Proculo diaco-no di Pozzuoli, nonchè Acuzio ed Eu-tichete nobili puteolani. Aveva Miseno una piscina di acqua per le navi, fungen-te da riserva idrica a quella di Bacoli.

Cuma - Fondata dai Greci, che prima si erano posti a Pithecoussai (Ischia), ma qui giunti perché fuggiti dall’isola per loro divergenze ed eruzioni vulcani-che, prende il nome dalla eubea Kyme. Dall’VIII sec. a.C. rappresenta la civil-tà greca in Italia. Ebbe un’interessante acropoli con tempio, trasformato dopo dai Romani, di cui abbiamo dei resti ed un anfiteatro del quale si sono trovate

delle tracce. Ben conservato a tutto oggi rimane l’antro della Sibilla, luogo delle profezie della vecchia sacerdotessa che dalla stanza posta in fondo alla galleria di m. 131 vaticinava. Nel 334 prima dell’era cristiana, subì la devastazione da parte di Annibale, rimanendo fedele a Roma. Con Miseno e Puteoli fu una delle prime comunità cristiane

Lago d’Averno - Come gli altri la-ghetti di questa parte nord-occidentale del territorio flegreo, si è formato nel cratere di un antico vulcano, con ac-que limacciose, oscure e putescenti con emanazioni di gas nocivi per i volatili per cui prende il nome di “senza uccelli” in greco. Per gli antichi rappresentava la porta degli inferi e per la mitologia sotto di esso viveva in grotte oscure il miste-rioso popolo dei Cimmeri. Ed è proprio qui che Enea, secondo quanto scrive Virgilio nella sua Eneide, chiedendo via libera alla Sibilla, scese nel regno dei morti per interrogare suo padre Anchise. Nel I sec. a.C. col vicino lago di Lu-crino venne, tramite canale, messo in comunicazione col mare diventando così un sicuro porto; era il “Portus Ju-lius” voluto da Augusto con l’opera di M.V.Agrippa, architetto ed ammiraglio, ma dopo alcuni decenni perse di impor-tanza e la base navale a Miseno.

Lucrino - Questo laghetto, anch’es-so vulcanico, ma un tempo più ampio, prende il nome dal termine latino lu-crum (guadagno) per i buoni affari che vi faceva C. Sergio Orata, imprenditore romano che ivi creò un allevamento di ostriche un secolo prima di Cristo. Eravi qui una bellissima villa di Cicerone.

Procida - Il nome di questa piccola isola del golfo di Napoli, dal fascino particolare che colpisce al primo impat-to, prende il nome dal greco ”prochyte”, ovvero versamento o effondersi dalla vicina e più vasta Ischia, verso il con-tinente, mentre per la leggenda il nome appartenne alla nutrice di Enea, ivi se-polta con altri compagni dell’eroe tro-iano. Il suo peso schiaccia il titano Mi-mante, ribelle a Giove. Fu suo signore quel tale Giovanni da Procida autore dei famosi Vespri a Palermo al tempo degli Angioini; subì nei secoli scorsi diver-si attacchi di pirateria. Grande è la sua tradizione marinara per aver fornito alla marina mercantile tanti uomini di mare;

notevole fu il tonnellaggio dei suoi ve-lieri nell’800, che venivano costruiti alla marina di San Cattolico (con varo di murata), un centinaio circa sui trecento complessivi del Regno delle Due Sicilie e alla nascita del Regno d’Italia costitu-iva con le sue 45.000 tonn. di stazza, un sedicesimo dell’intero tonnellaggio na-zionale. In una colonna posta nella piaz-zetta di Terra Murata sono riposti i nomi dei martiri della Repubblica Napoletana del 1799 che ivi furono afforcati. Nel se-colo XVIII Procida era il luogo di caccia venatoria cara a Carlo III di Borbone.

Ischia - Come accennato, la vulcanica Ischia è parte integrante dell’area fle-grea. Ai tempi di Omero era identificata col nome di Scheria e legata al mitico eroe greco Ulisse, che secondo alcune congetture di studiosi di cose antiche (Philipp Champault), vi sarebbe giunto per riposarsi dalle lunghe fatiche addor-mentandosi sotto uno strato di foglie, come si evince dall’episodio di Nausi-caa. Pressato dal suo peso qui giace il gigante Tifeo che vi sbuffa vapori. Altra leggenda legata a questa grossa isola vuole che i primi abitatori fossero dei rapaci malviventi, capitanati da Cando-lo e Atlante, ma una volta allontanati dai nuovi coloni greci, furono dal padre de-gli Dei trasformati in cercopi o scimmie. La euboica Pithekoussai risulta es-sere la più antica colonia della Magna Grecia. In essa sono state rinvenute nu-merose vestigia archeologiche, che si possono ammirare nel Museo di Lacco Ameno e in quello sottostante la chiesa paleocristiana di Santa Restituta.

Cicerone nell’area flegrea - Il noto avvocato e filosofo Marco Tullio Cice-rone, nato ad Arpino, tra le sue nume-rose ville ne possedeva alcune anche in questa arcaica terra campana, che sicuramente amava in modo particolare per i suoi riposi e la contemplazione del vago paesaggio, tanto che a volte, forse per invidia, gli veniva rimproverato di starsene alle terme di Baia o nella bellis-sima villa di Lucrino. Nella lettera scrit-ta a Pomponio Attico (14) il 25 gennaio del 61 a.C. gli comunica che arricchirà una sua orazione con la descrizione e lo sfondo paesistico di Miseno e Pozzuoli.

Domenico Di Spigna