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NEON NEW ORATORIO NEWS CICLOSTILATO IN PROPRIO Anno 7 - Numero 29 OTTOBRE 2017 Ora su Instagram! @neon_oratorio_sancolombano

NEON · tavolette di argilla per comunicare qualcosa ad altre ... come stai” dove la punteggiatura è andata in vacanza per ... conosciuto, ha un prezzo elevato e non è

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NEON NEW ORATORIO NEWS

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Anno 7 - Numero 29 OTTOBRE 2017

Ora su Instagram! @neon_oratorio_sancolombano

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La redazione

Alessandro Granata

Alessia Pozzoli

Andrea Carenzi

Carlo Maestroni (Coach)

Corinne Cipolla

Cristian Di Cosimo

Davide Bagatta

Don Andrea

Elena Malaraggia

Federica Arensi

Giada Mainardi

Giada Zanini

Giovanni Pasquali

Irene Gavina

Jessica Maiocchi

Laura Bosoni

Luca Fontana

Marco Catalano

Mariavittoria Andena

Matteo Carenzi

Mattia Maniezzo

Nicolò Coldani

Paola Fulghieri

Sara Castellini

Sara Pasetti

Sara Tedeschi

Stefano Poggi

In questo numero…

Pag. 3 - Editoriale

Pag. 5 - Dai Sumeri a WhatsApp: scrivere

Pag. 8 - Seaboard: strano strumento musicale

Pag. 10 - Missionari o Agenti in missione?

Pag. 14 - Intervista doppia: Don Andrea e Nicola

Pag.16 - The future of science

Pag. 17 - Torta dei 7 vasetti: una torta senza pesa!

Pag. 18 - La biblioteca dell’oratorio

Pag. 19 - Vieni al coro!

Pag. 20 - Barcellona!

Pag. 24 - “Noi siamo tutto” di Nicola Yoon

Pag. 27 - Ritiri eccellenti

mail: [email protected]

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Editoriale di don Andrea

Carissimi lettori di Neon,

carissimi amici!

Non penso vi capiti spesso (o meglio, forse non vi è mai capitato),

ma scrivere il famoso articolo “editoriale” di un giornalino/rivista

non è un lavoro semplice, perché devi saper attirare l’attenzione

del lettore in modo che, oltre al tuo articolo, lui sia invogliato a

leggere anche tutti gli altri articoli che lo seguono.

Ebbene, io non so se ho questa capacità, e non vi nascondo che

questa “responsabilità”, che gli amici della redazione di Neon mi

hanno gentilmente affidato, mi preoccupa un po’, e spero di non

deluderli, ovvero spero che voi, cari lettori, nonostante questo

editoriale possiate leggere ogni articolo di questo giornalino. Vi

assicuro sono tutti ben fatti (a parte l’editoriale) ma soprattutto

sono il frutto di una passione e di un lavoro che un bel numero di

adolescenti e giovani offre da più di sei anni alla vostra

attenzione e, credetemi, questa è una ricchezza preziosa per il

nostro oratorio, che molti altri ci invidiano.

Io sono solo l’ultimo arrivato, e non ho la capacità di raccontare la

storia di questo giornalino che voi conoscete meglio di me, però

posso dirvi quanto è importante questo strumento per il nostro

oratorio, strumento che supera i confini del nostro comune;

infatti io ho iniziato a conoscere Neon non quando sono arrivato a

San Colombano al Lambro pochi giorni fa, bensì qualche anno fa

quando in Seminario a Lodi ho visto arrivarne alcune copie che ho

iniziato a leggere e poi a seguire tramite il sito dell’Oratorio.

A tutti i ragazzi della redazione di Neon va il mio sincero grazie

per l’impegno, la fatica, ma anche la passione che mettono per

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questo giornalino, e a tutti voi cari lettori la richiesta di

sostenerci con la vostra lettura, con la diffusione di questo

giornalino e con qualche suggerimento che può esserci utile.

Desidero dirvi ancora una parola, questa volta però non usando

più parole mie, ma la Parola, quella di Dio, quella che il Salmo 118

ci ricorda essere “lampada per i miei passi e luce sul mio

cammino”. Desidero condividere con voi la frase del Vangelo che

più ha accompagnato il mio cammino di formazione in Seminario

per diventare sacerdote, e che, proprio per questo ho scelto

come frase a ricordo della mia ordinazione sacerdotale che è

avvenuta il 10 giugno scorso. La frase è questa: “Nessuno ha un

amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv

15,13). Questa frase, che è presente nel Vangelo di Giovanni, è

stata pronunciata da Gesù la sera prima della sua morte in

croce.

Ebbene, sapere che c’è un amico che mi vuole così tanto bene da

arrivare al punto di donare la sua vita per me mi ha sempre dato

una gioia immensa e mi ha fatto capire che questo amico non

voglio perderlo mai. Non solo, questa gioia mi ha fatto anche

comprendere che quando io ricevo una cosa bella, questa diventa

ancora più bella se io sono capace di condividerla con gli altri.

Ecco perché questa stessa gioia desidero condividerla e donarla

a voi, che non a caso all’inizio di questo articolo ho chiamato

amici, perché anche voi possiate sentire questo amore infinito di

Gesù rivolto proprio a voi.

La gioia e l’amore che nascono dall’aver incontrato Gesù, possano

accompagnare sempre le nostre giornate e quelle di tutti i

nostri amici.

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Tanto tempo fa alcune persone sentirono il

bisogno di imprimere dei segni su delle

tavolette di argilla per comunicare qualcosa ad

altre persone. In questo modo nasce la

scrittura e, convenzionalmente, si passa da

preistoria a storia. Queste tavolette (in inglese

tablet, coincidenza abbastanza interessante) sono diventate poi

papiro, pergamena, carta, pixel… È cambiato il materiale, i segni di

cui si fa uso (fortunatamente, direi) e tanti altri aspetti, ma

rimane intatta la motivazione: l'esigenza di trasmettere.

Oggi comunichiamo molto attraverso la

scrittura, forse troppo in proporzione a

quanto si parla a voce. Le chat, nate anche

dal fatto che non si pagano più 15 centesimi

al messaggio come in tempi non troppo

lontani, sono parte di ogni singola giornata

per i motivi più diversi. Oltre a questo livello

si scrive anche per temi scolastici, articoli

per NEON, mail di lavoro e, in genere, poco altro. Il fatto che la

maggior parte dell’uso della parola scritta sia rivolta a persone a

noi vicine e in contesto di Whatsapp o simili ha permesso che siano

cadute nel dimenticatoio alcune buone regole che spaziano dalla

grammatica alla buona educazione…

È un discorso piuttosto banale: nessuno si sognerebbe mai di dare

inizio a una chat con “Caro Pinco Pallino, spero lo mio messaggio ti

giunga gradito. Come è la tua salute?”; tutto questo, grazie al cielo

e al tempo, è diventato un “Ciao, come stai?” o, ahimè, un “ciao

Dai Sumeri a WhatsApp: scrivere di Giovanni Pasquali

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come stai” dove la punteggiatura è andata in vacanza per

sempre. Il cambiamento, oltre a essere evidente, è anche

veloce in due sensi: si verifica con velocità impressionante (in

10 anni cambia completamente la comunicazione, una volta ce ne

volevano almeno 100) e tende a rendere la comunicazione

stessa più veloce, dinamica, a volte fin troppo frettolosa.

Questa fotografia scritta del

presente porta alcune

conseguenze di non grande peso,

ma comunque reali: un esempio

potrebbe essere l’uso del punto e

virgola [;] che alcuni sostengono

avrà tra non molti anni un

significato solo negli elenchi e in ambiti ristretti, scomparendo

del tutto nella scrittura discorsiva in generale. In effetti di

punti e virgola non se ne vedono quasi più. Non è assolutamente

un dramma: ne faremo a meno. Un altro discorso invece

potrebbe essere il fatto che siamo talmente tanto abituati al

correttore automatico che quando questo manca ci accorgiamo

di non avere più nessuna certezza. E allora fioccano le h dove

non ci vanno e viceversa, le doppie spariscono e tornano dove

una lettera da sola stava benissimo… Per

spezzare una lancia a favore delle

sgrammaticature, la lingua che parliamo oggi

è il risultato degli errori di ieri e del giorno

prima, andando a ritroso per qualche secolo;

possiamo dire che siamo solo un passaggio,

non troppo nobile, di quello che sarà

l’italiano tra cento anni.

L’unico motivo per cui questo articolo potrebbe assumere un

significato sta in quanto vorrei dire nell’ultimo paragrafo:

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qualsiasi cosa si sia scritta nel tempo, dai Sumeri e i loro tablet

fino agli auguri di compleanno per il mio amico Tal Dei Tali, è il

risultato del modellamento di lettere per fare parole, di parole

per fare frasi, di frasi per fare comunicazione. Ogni parola in

quest’ottica assume il suo peso, che va tenuto sempre in

considerazione, soprattutto quando la si rivolge direttamente a

un’altra persona. È chiaro che se

l’intermediario è la scrittura, il

fraintendimento è dietro l’angolo; più

peso (e di conseguenza attenzione) si

dà a cosa scriviamo (e soprattutto a

come), meno ci sarà il pericolo di non

essere capiti, o peggio male

interpretati. Oltre a ciò, il secondo e

ultimo consiglio è questo: quando si può, ci si metta personalità.

Vale per la scrittura e, a ben pensarci, in tutti i campi. Solo

mettendoci un po’ di sé stessi si ottiene il risultato migliore, si

comunica qualcosa di vero e ci si diverte pure…

Buona scrittura a tutti!

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Seaboard: strano strumento musicale di Federica Arensi

Si potrebbe partire col raccontare la storia di Roland Lamb, un

ragazzo del New Hamshire, figlio di un pianista jazz, che a 18 anni

si trasferisce in Giappone per vivere in un monastero e che dopo

alcuni anni, probabilmente spinto da interessi interculturali, fa

ritorno negli Stati Uniti e inizia a frequentare l’Università di

Harvard. Dopo la laurea decide di trasferirsi a Londra, dove

consegue un dottorato in Design, ed è proprio in questo periodo

che affiorano nella sua mente le prime idee che lo renderanno

famoso nel settembre del 2013, quando lancerà sul mercato

l’innovativa Seaboard Grand, prodotta dall’azienda di software e

hardware “ROLI” di cui lui stesso era il fondatore.

Ora la domanda da farsi

è: cos’è una Seaboard? La

risposta in realtà non è

così semplice, dal

momento che questo

strumento musicale è

diverso da tutti gli altri:

all’apparenza può

sembrare una tastiera elettronica completamente coperta da una

vernice nera. Comunque la prima differenza tra una comune

tastiera e la Seaboard sta nel fatto che quest’ultima non ha tasti

ben definiti, ma una superficie unica in silicone leggermente

rialzata in corrispondenza di quelli che sarebbero i tasti di una

tastiera normale. Al tatto la superficie della Seaboard è simile a

quella di una gomma antistress, quindi morbida ed elastica; dopo

esser stata premuta torna alla sua forma originale. Un’altra

differenza consiste nel fatto che per suonare bene la Seaboard

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bisogna alzare il meno possibile le dita dalla superficie, perciò le

dita devono scorrere continuamente sulla gomma, e a seconda del

movimento che si compie si creano suoni molto diversi tra loro.

La Seaboard, come la

tastiera elettronica,

presenta dei tasti per

selezionare i vari

effetti sonori, ma a

differenza della

tastiera produce un

suono che non è netto

come quello che si ha premendo prima uno e poi un altro tasto, ma

è molto più sfumato. Si possono produrre effetti che fino a ieri

potevano essere creati solo dai computer degli studi di

produzione.

Con la Seaboard infatti si possono ottenere suoni che non solo

simulano elettronicamente quelli di un pianoforte, ma anche quelli

che vengono emessi dai vari strumenti di un’orchestra, da quelli a

corde a quelli a fiato.

I risultati sono insoliti, per esempio un gruppo di sei persone che

suonano le Seaboard contemporaneamente possono riprodurre

esattamente le più famose colonne sonore, come quelle di

Superman, Indiana Jones, James Bond e molti altri.

Anche se sono disponibili Seaboard di diverse misure, il loro

mercato è ancora poco diffuso, perché lo strumento è poco

conosciuto, ha un prezzo elevato e non è facile da utilizzare per

chi è alle prime armi nel mondo della musica. Nonostante ciò si può

pensare che con il passare degli anni le Seaboard si diffonderanno

e che magari in futuro qualcuno di noi sarà anche capace di

suonarla magnificamente.

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Missionari o Agenti in missione? ...mettiamoci in gioco! di Paola Fulghieri

Si è da poco svolta la Giornata Missionaria Mondiale… ah, sì quella

delle torte!

Come di tutte le feste e le ricorrenze che ci vengono a trovare

puntuali ogni anno, anche della

Giornata Missionaria Mondiale

rischiamo di perdere il

significato centrale,

paradossalmente proprio

perché arriva puntuale ogni

anno, è così precisa da non

sbagliare mai né data né ora…

insomma, ci ha abituato davvero bene!

Talmente bene che ormai “ce la aspettiamo”, in tutte le sue

sfaccettature, con tutto il suo seguito, annessi e connessi. Allora,

quale occasione migliore di questa per buttare all’aria gli schemi?

Prepariamoci a un avventuroso viaggio per riscoprire il suo

significato tramite associazioni, confronti e nuove conoscenze.

Pronti, lasciamo liberi i nostri pensieri e…

Una mission (im)possible, rischi, pericoli, incognite,

determinazione, volontà, coraggio, risorse interiori e aiuti

esterni…missionari e agenti in missione non sono due figure

così diverse come pensiamo.

Hanno molto in comune, a partire dall’etimologia latina del nome:

mitto, mittis, misi, missum, mittere che significa “inviare”;

entrambi sono infatti degli inviati…come e da chi lo scopriremo

leggendo il loro breve identikit.

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MISSIONARIO

-può essere un laico/a o un reli-gioso/a

-la sua missione è raggiungere quante più persone possibile, por-tare il messaggio di salvezza del Vangelo e aiuto concreto, favori-re la collaborazione e la solidarie-tà della comunità in cui opera.

-i primi missionari furono gli apo-stoli, a cui si aggiunse anche San Paolo; inizialmente si evangelizza-rono le comunità ebraiche, poi l’Annuncio venne portato anche ai non ebrei, i gentili. Successiva-mente fu fondamentale il contri-buto dei Gesuiti, ordine religioso fondato da Sant’Ignazio di Loyola nel 1534. Ora, grazie all’opera dei missionari, il Cristianesimo è dif-fuso in tutto il mondo.

-1622 papa Gregorio XV istituisce la Congregazione de Propaganda Fide che coordina le missioni nel mondo. Da essa dipendono anche le Pontificie Opere Missionarie (POM), incaricate di fornire aiuto economico alle missioni.

-1626 Papa Pio XI istituisce la Giornata Missionaria Mondiale, che si svolge ogni anno la terza domenica di ottobre (a San Co-lombano si fa un’eccezione, ricor-dandola la quarta domenica, in quanto coincide con la festa di don Gnocchi).

AGENTE IN MISSIONE

-solitamente lavora per lo Stato

-la sua missione è -e deve restare- segreta, meno persone ne sono a conoscenza, meglio è; in gioco c’è spesso la sicurezza dello Sta-to, la vita di persone influenti o la salvaguardia di un oggetto pre-zioso.

-i servizi segreti hanno origini antichissime, quelli modernamen-te intesi nascono sul finire del XIX secolo e a partire dalla Se-conda Guerra Mondiale acquista-no un’importanza sempre cre-scente e operano nei campi più diversi: dallo spionaggio indu-striale, all’anti-terrorismo, ai traffici illeciti…

-1947 nasce la Central Intelligen-ce Agency (CIA) negli USA

-1954, durante la Guerra Fredda, nasce il Comitato per la Sicurez-za dello Stato (KGB) in URSS

-dal 2007 i servizi segreti italiani sono così abbreviati DIS (Dipartimento Informazioni per la Sicurezza), AISI e AISE (Agenzia Informazioni per la Si-curezza Interna/Esterna).

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Dopo qualche informazione di carattere storico e generale,

possiamo fare una breve riflessione. Sia il missionario, sia

l’agente in missione mettono in gioco la propria vita per un

qualcosa di grande, che va al di là del proprio interesse

personale.

La figura del missionario è

specificamente rivestita da

una spinta religiosa, il

missionario ha grande tempra,

grande cuore, una comunità

che lo sostiene, la forza e la

determinazione date dalla fede. L’agente in missione è anche

lui determinato e fedele al proprio stato, è inoltre dotato di

grandi capacità e agisce per il bene di qualcuno o qualcosa.

La missione di evangelizzare è una missione pacifica, anche se è

capitato che i missionari dovessero prendere le armi per

difendere la comunità in cui operavano; un agente in missione si

trova più spesso di fronte a dilemmi morali, la filmografia ha poi

ricamato sulla sua figura inscenando mirabolanti storie d’azione.

Guardando a questi due modelli si

potrebbe pensare che compiere

una missione sia qualcosa da eroi…

nient’affatto! Ognuno di noi, con

la propria professione, con le

proprie azioni quotidiane può

essere un missionario, non è

necessario partire per chissà

dove, anzi, spesso è più difficile

impegnarsi nel proprio piccolo. Così, ben venga acquistare le

torte durante la Giornata Missionaria (sono anche buonissime,

slurp!), l’importante è capire il significato di questa dolce

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iniziativa.

Spero che questa breve panoramica che parte dalla radice del

termine missione e percorre alcune tappe della sua storia, ci

abbia un po’ incuriosito e risvegliato, il discorso -che si potrebbe

approfondire- è molto interessante e stimolante, ma lo è ancora

di più il contributo che può portare ciascuno di noi!

Così, per concludere, se abbiamo bisogno di un po’ di azione,

consiglierei…

E per concludere davvero…

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/missions/

documents/papa-francesco_20170604_giornata-

missionaria2017.html

MISSIONARIO

Film cult: Mission (1986), re-gia di Roland Joffé, musica di Ennio Morricone

Libri/riviste: PM Piccolo Missionario per i ragazzi

AGENTE IN MISSIONE

Film/libri cult: quelli di Ja-mes Bond, l’agente segreto per antonomasia!

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Intervista doppia: Don Andrea e Nicola di Davide Bagatta e Marco Catalano

1) Breve presentazione di voi stessi.

Don Andrea: Ho 27 anni e vengo da San Fiorano. Sono diplomato

in ragioneria e sono prete dal 10 giugno 2017.

Nicola: Ho 30 anni e vengo da Casale. Ho frequentato l’università

e ho lavorato per qualche anno. Adesso sono al terzo anno di stu-

dio al seminario.

2) Qual è la vostra squadra di calcio preferita?

Don Andrea: Ovviamente il Milan.

Nicola: La più forte, la Juventus.

3) Qual è il vostro cantante preferito?

Don Andrea: Non ho un cantante preferito in particolare. Ascolto

quello che passa in radio.

Nicola: Mi piace molto Ligabue, ma non ho un cantante preferito.

4) Due aggettivi positivi per descriverti.

Don Andrea: Tranquillo e umile.

Nicola: Paziente e riflessivo.

5) Due aggettivi negativi per descriverti.

Don Andrea: Ostinato e invidioso (un po’come tutti).

Nicola: Testardo e a volte pessimista.

6) Qual è il tuo sogno nel cassetto?

Don Andrea: Saper sempre testimoniare agli altri quanto è bello e

importante seguire Gesù.

Nicola: Riuscire a diventare un bravo sacerdote.

7) Qual è il tuo hobby?

Don Andrea: Seguire la Serie A.

Nicola: Fare sport, in particolare calcio e pallavolo.

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8) Qual è la tua serata ideale?

Don Andrea: Ovviamente, stare in oratorio con i lettori di NEON.

Nicola: Stare con gli amici che non vedo da molto tempo.

9) Tre oggetti che porti sempre con te?

Don Andrea: Telefono, chiavi e fazzoletto.

Nicola: Telefono, portafoglio e chiavi.

10) Tre aggettivi per descrivere l’altro?

Don Andrea: Disponibile, socievole e stonato.

Nicola: Attento, sensibile e ostinato.

11) Il tuo motto è?

Don Andrea: Dal Vangelo di Giovanni 13,15 “nessuno ha un amore

più grande di questo: dare la vita per i propri amici.”

Nicola: “Non tutte le cose che contano si possono contare.” Albert

Einstein.

12) Qual è il tuo libro preferito?

Don Andrea: I sette libri de ”Le cronache di Narnia” di C. S. Lewis.

Nicola: “Ciò che inferno non è”, di Alessandro D’Avenia.

13) Qual è il tuo film preferito?

Don Andrea: “Sole a catinelle”

Nicola: “The Imitation Game”

Scriveteci al NUOVO indirizzo e-mail di

NEON!

[email protected]

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The future of science di Corinne Cipolla

Spesso ci può sembrare che gli

adulti siano impegnati a co-

struire il mondo del futuro sen-

za considerare che saremo noi

giovani ad averlo in consegna:

rimaniamo così all’oscuro di pro-

getti di progresso ed innovazione che in realtà ci riguardano da

vicino.

Tuttavia, c’è chi da tredici anni offre la possibilità ad alcuni stu-

denti di prendersi qualche giorno di pausa dagli impegni scolastici

e dalla routine quotidiana per sbirciare tra le speranze e le aspet-

tative di studiosi che stanno lavorando con l’obiettivo di migliora-

re la vita di domani.

La divulgazione della scienza, infatti, era uno degli scopi per cui

nel 2003 Umberto Veronesi (medico dedicatosi principalmente

alla ricerca sul cancro) inaugurò la fondazione che porta il suo no-

me. Due anni dopo, con la collaborazione delle fondazioni “Giorgio

Cini” e “Silvio Tronchetti Provera”, diede il via a cicli annuali di

conferenze tenute da professori, ricercatori e anche vincitori di

premi Nobel. Gli incontri si tengono sull’Isola di San Giorgio Mag-

giore, presso le incantevoli strutture dell’ex monastero benedet-

tino, e vi prendono parte scienziati, filosofi, economisti, politici,

docenti, studenti, ma anche chiunque ne sia interessato.

Ogni edizione viene costruita secondo un tema differente, tra cui

ricordiamo “La sfida energetica” (2007), “La rivoluzione del

Dna” (2009), “I virus: nemici invisibili” (2010), “I segreti della

longevità” (2013), ed infine quello più recente: “Le vite che ver-

ranno”.

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Quella di quest’anno è stata la prima edizione dopo la scomparsa

del professor Veronesi, il quale è stato ricordato e lodato non

solo per le sue capacità in ambito medico, ma soprattutto per i

forti valori e i rapporti umani che era in grado di costruire con i

suoi pazienti. Lui stesso infatti affermava: “Bisogna amare la

gente per fare il medico, se non sai ascoltare il malato, se non ti

chiedi di cosa ha paura e cosa desidera, sei poco più bravo di un

tecnocrate”.

Torta dei 7 vasetti: una torta senza pesa!

di Giada Mainardi

Per fare questa torta non dovrete pesare niente: il vostro misuri-

no sarà un semplice bicchierino di yoghurt che vi aiuterà a pesare

e inserire i vari ingredienti.

Ingredienti:

3 uova

1.5 vasetti di zucchero

2 yoghurt del gusto che preferite

(io vi consiglio alla vaniglia)

1 vasetto scarso di olio di arachidi

3.5 vasetti di farina

1 bustina di lievito

Unite tutti gli ingredienti, aggiungendoli poco alla volta, nell’ordine

in cui sono stati elencati, frullando sempre con le fruste. Inserire

il composto in una teglia ricoperta da carta forno e cuocete per

35/40 minuti a 180°.

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La biblioteca dell’oratorio di Nicolò Coldani

L'Oratorio di San Colombano al Lambro ha sempre avuto una

stanza vicino alla direzione che veniva (e viene) utilizzata come

“ripostiglio” per metterci dentro vari oggetti, utilizzati dagli

animatori per far divertire i bambini/ragazzi nel periodo estivo.

Un gruppo di dodicenni, appassionati lettori, decise di sistemare il

ripostiglio e farlo diventare una biblioteca. Così nello scorso

inverno questo progetto ha iniziato a prendere forma. I libri sugli

scaffali erano ammassati e in disordine, e per i ragazzi è stato un

gran lavoro sistemarli, classificarli e registrarli e ancora oggi il

lavoro da fare è tanto.

La biblioteca possiede molti generi di libri: narrativi, gialli,

geografici, storici, religiosi, per bambini e ragazzi, di cucina,

biografie e in altre lingue, anche se i ragazzi vorrebbero che la

biblioteca possedesse anche saghe di libri più moderni.

Si può trovare la biblioteca aperta:

- venerdì dalle 16.00 alle 17.30 (a parte i giorni in cui c'è un

compleanno)

- sabato (a volte);

- domenica dalle 15.30 alle 18.30/19.00 (a parte i giorni di

compleanno).

La biblioteca accetta di buon grado libri di qualsiasi genere, e

libri di scuola (in buono stato, con gli esercizi scritti a matita, e

con il cd, in caso ci fosse, all'interno del libro), ma non accetta

riviste di alcun genere.

I ragazzi della biblioteca vi aspettano in oratorio e sulla pagina

Instagram: Biblioteca_del_oratorio.

E ricordate: non esiste mezzo di trasporto che vi porti più

lontano di un bel libro.

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Vieni al coro! di Alice Castellini

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Barcellona! di Andrea Carenzi

Cenni storici

Le prime tracce della storia documentata di Barcellona risalgono agli

antichi Romani i quali, intorno al 218 a.C., vi fondarono un

insediamento grazie alla sua favorevole posizione portuale,

ottenendo il titolo di colonia nel 15 a.C. Tuttavia sono stati ritrovati

resti di abitanti risalenti addirittura al 400 a.C., ma sulla storia

dell’epoca vi sono solo delle leggende, come quella che vuole che la

città sia stata fondata dal cartaginese Amilcare Barca, ma non

dimostrate. Conquistata dai Visigoti nel V secolo d.C., diventa

capitale dell’Hispania (così era chiamata all’epoca la penisola

iberica). Nel 718 viene conquistata dai musulmani, così come il resto

della Spagna, fino all’anno 801 quando viene conquistata da Ludovico

il Pio, futuro re dei Franchi, e incorporata nella Marca Spagnola,

ufficialmente sotto il regno dei Franchi, ma suddivisa in contee

affidate a signori locali. Divenne in seguito una città prospera,

grazie anche ai suoi traffici portuali. Nel 1137 la contea di

Catalogna e il regno di Aragona si unirono per mezzo di un’alleanza

dinastica. Con il matrimonio, avvenuto nel 1469, tra Isabella di

Castiglia e Ferdinando D’Aragona, ci fu lo spostamento del centro

del potere a Madrid, determinando l’inizio di spinte indipendentiste,

in particolare a partire dal regno di Filippo V, che arrivano fino ai

giorni nostri.

Nel 1939 la città fu occupata dalle truppe del dittatore Francisco

Franco e, durante la Guerra Civile, Barcellona si schierò dalla parte

della Repubblica, subendo dure repressioni da parte delle milizie

fasciste, sia spagnole che italiane. Con la fine del franchismo, negli

anni Settanta la città vide un notevole sviluppo economico e sociale,

culminato con l’entrata della Spagna nell’Unione Europea nel 1986 e

la partecipazione della città ai Giochi Olimpici del 1992, che

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sancirono la definitiva

rinascita della città.

Quando andare

I periodi migliori per

visitare la città sono

quelli primaverile ed

estivo. In quest’ultimo

la città vive il suo

periodo più attivo.

Che cosa vedere

Il simbolo della città è naturalmente il Temple Expiatori de la

Sagrada Família, meglio noto come Sagrada Familia, la grande e

famosa cattedrale progettata da Antoni Gaudì, maestro del

modernismo catalano, la cui costruzione è iniziata nel 1882. Gli

interni della cattedrale sono stati inaugurati da Papa Benedetto

XVI nel 2010. Nel 2026 è previsto il completamento degli esterni

e delle numerose torri, tra cui la più importante, la torre del Gesù,

che sarà alta ben 172 metri.

Naturalmente la carriera architettonica di Gaudì è bene presente

nella città: a lui e ai suoi collaboratori si deve la creazione di

palazzi privati come Casa Batllò, la Pedrera (entrambi siti

UNESCO) e del celebre Parco Guell, sito sulla collina del quartiere

Gracie, da cui si gode di un’ottima vista sulla città. Per proseguire

con i gioielli del modernismo, citiamo il Palau de la Mùsica Catalana

e l’Hospital de la Santa Creu i Sant Pau, entrambi siti UNESCO e

opera dell’architetto catalano Lluís Domènech i Montaner. Oltre a

capolavori modernisti, la città di Barcellona è ricca di molti edifici

di età medievale e in stile gotico, come la cattedrale di Barcellona,

dedicata a Santa Eulalia martire.

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Di rilievo sono anche alcune piazze e vie caratteristiche della

città, come Plaça Catalunya, la Diagonal e soprattutto “La Rambla”

che partendo da Plaça Catalunya arriva fino al lungo mare e al

Mirador de Colomb, l’alta statua dedicata a Cristoforo Colombo.

Le olimpiadi del 1992 hanno dato un notevole impulso alla

modernizzazione della città: oltre allo stadio olimpico rinnovato

dall’architetto italiano Vittorio Gregotti sorgono il Camp Nou (lo

stadio del Barcelona FC) e diverse torri moderne, come l’Hotel W,

a forma di vela e costruito sul lungomare, anch’esso di recente

realizzazione e di grande effetto visivo.

Se si viene nel periodo caldo, non può mancare un bagno in una

delle 8 spiagge cittadine. Dulcis in fundo le colline del Tibidabo e

del Montjuic meritano una visita.

Cucina

Quando si viene a Barcellona, la Paella e i Tapas (ovvero taglieri

misti di stuzzichini) la fanno da padrone. Naturalmente esistono

tapas di tutti i tipi, freddi e caldi, di mare e di terra. Inoltre la

cucina catalana è caratterizzata da piatti come la Botifarra

(salsiccia), Mariscada (piatto di frutti di mare) e l’arros a la

gallega (riso alla galiziana). Tra i dolci assolutamente ricordiamo la

crema catalana e i Xurros amb xocolata (churros con cioccolata)

ovvero bastoncini di pastella fritti immersi nella cioccolata densa.

Tra le bevande tipiche troviamo invece il Vermouth e la Cava.

Shopping e vita notturna

Come tutte le metropoli europee, anche Barcellona offre molte

opportunità di shopping di ogni genere e fascia di prezzo. Le zone

in cui si ha la maggiore concentrazione sono quelle centrali, in

particolare quelle che ruotano attorno alla Rambla, mentre lungo il

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Passeig de Gracia si trovano gli store dei principali marchi di

lusso. Al calar del sole, la vita della città continua senza

fermarsi, pur essendo molto tranquilla rispetto a quello che si

potrebbe immaginare. Il moderno lungomare abbonda di

ristoranti, bar e chiringuitos sulla spiaggia di tutte le fasce di

prezzo fino alle discoteche più esclusive e riservate. A dare

un’immagine avveniristica al lungomare della Barceloneta (il più

importante) contribuiscono i moderni grattacieli realizzati, come

l’hotel a forma di vela, nonché l’area del Port Olimpic (costruito

per le gare di vela delle Olimpiadi del 1992) e del Casinò di

Barcellona. Tra le trattorie più caratteristiche della zona si

segnala “La Bombeta”, ristorantino “alla mano” in cui gustare

piatti autentici della tradizione catalana e spagnola. Sempre in

zona si trova un tapas bar di buona qualità chiamato “Taller de

Tapas”. La vita notturna, tuttavia, non anima solo il quartiere

marino della Barceloneta, ma anche la zona della Rambla è molto

frequentata nelle ore serali e notturne, e abbonda anch’essa di

locali, chioschi e gelaterie di tutti i tipi.

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“Noi siamo tutto” di Nicola Yoon di Sara Pasetti

Trama:

Madeline Whittier è allergica al mondo. Soffre infatti di una

patologia tanto rara quanto nota, che non le permette di entrare

in contatto con il mondo esterno. Per questo motivo non esce di

casa, non l'ha mai fatto in diciassette anni. Mai un respiro d'aria

fresca, né un raggio di sole caldo sul viso. Le uniche persone che

può frequentare sono sua madre e la sua infermiera, Carla.

Finché, un giorno, un camion di una ditta di traslochi si ferma

nella sua via. Madeline è alla finestra quando vede lui, il nuovo

vicino. Alto, magro e vestito di nero dalla testa ai piedi: maglietta

nera, jeans neri, scarpe da ginnastica nere e un berretto nero di

maglia che gli nasconde completamente i capelli. Il suo nome è

Olly. I loro sguardi si incrociano per un secondo, e anche se nella

vita è impossibile prevedere sempre tutto, in quel secondo

Madeline prevede che si innamorerà di lui. Anzi, ne è sicura. Come

è quasi sicura che sarà un disastro. Perché, per la prima volta,

quello che ha non le basta più, e per vivere anche solo un giorno

perfetto è pronta a rischiare tutto.

Prima di incontrare Olly ero felice. Ma adesso sono viva, e tra le

due cose c’è una bella differenza.

Quando si hanno diciassette anni la vita di solito è un uragano di

novità, scoperte e avventure. Ma quando il mondo ti è avverso e

tutto ciò che lo abita potrebbe ucciderti, avere diciassette anni

non è un dono, è una maledizione.

Lo sa bene Madeline "Maddy" Whittier, che vive rinchiusa nelle

quattro mura di casa da quando aveva pochi mesi di vita, al sicuro

da ogni interazione con l'esterno. Un contatto con ciò che per

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tutti appare innocuo, un'interazione troppo azzardata, un bacio,

una carezza, le sarebbero fatali.

Perciò Maddy non ha mai vissuto nulla di quello che rende

magiche l'infanzia e l'adolescenza: non sa cosa voglia dire

sentire il sale dell'oceano sulla pelle, correre a perdifiato in un

parco, stringere un'amica in un abbraccio, sfiorare le labbra di

qualcuno.

Eppure, nonostante

tutte queste privazioni,

Maddy non è un

groviglio di depressione

e tristezza, ma un

concentrato di sorrisi

sinceri e speranze, di

curiosità e affetto per

sua madre e per Carla,

la sua infermiera.

Nonostante la solitudine

abbia scavato dei vuoti

incolmabili nell'animo di

Maddy, quella che

conosciamo non è una

ragazza distrutta, ma

una guerriera capace di

trarre il meglio dalle

situazioni più spinose.

La vita della protagonista, però subisce una brusca inversione di

rotta quando collide con quella di Olly, il suo nuovo vicino di casa.

Quando i loro occhi si incrociano, tra loro sono subito scintille,

curiosità e voglia di scoperta. E così, Maddy, pur non essendosi

mai concessa il lusso di desiderare ciò che non può avere, decide

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di osare e lasciarsi avvicinare da lui.

Olly è energia cinetica allo stato puro, è segreti, tormento,

passione e sogni. Insieme si imbatteranno in un'avventura

inaspettata, che porterà Maddy alla scoperta di verità che

pensava impossibili e a compiere scelte che non aveva mai

ponderato.

Ci sono dei rari, rarissimi libri, che sanno darti tutte le emozioni

possibili in una manciata di pagine. Non importa l'età dei

protagonisti, non importa la tua età, l'unica cosa che conta sono

le sensazioni che sanno donarti. "Noi siamo tutto" appartiene

proprio a quel genere di libri.

È un romanzo dolce, perfetto per chi desidera un'imprevedibile

avventura romantica, dai risvolti incerti e capace di tenere tutti

col fiato sospeso. Non è una semplice storia d'amore, ma un

concentrato di temi che ruotano attorno a questioni ben più

profonde del primo innamoramento e che spiazzano per la loro

complessità, ma anche per la semplicità con cui l'autrice ne parla.

La magia di questa storia è resa ancora più vivida e palpabile dalle

bellissime illustrazioni di David Yoon, marito dell'autrice e

artista talentuoso, che favoriscono l'immedesimazione

portandoti nel piccolo grande mondo della protagonista.

A mio avviso l’unica pecca è il colpo di scena finale: abituati a

romanzi come “Tutta colpa delle stelle”, non ci si aspetteremmo

un finale del genere; per questo una fine affrettata e troppo

aperta come questa può lasciare con il cuore in sospeso.

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Ritiri eccellenti di Carlo Maestroni

Sabato 5 agosto 2017 si è corsa l’ulti-

ma gara della carriera di Usain Bolt sui

suoi amatissimi 100 metri piani, ma il

fulmine giamaicano dietro l’angolo ha

trovato un uragano nelle fattezze

dell’americano Justin Gatlin, rientrato

da una squalifica di due anni per do-

ping. Bolt è così arrivato solamente

terzo.

Due giorni dopo si è arrivati alla finale della staffetta 4x100:

questa fu proprio l’ultima gara di Bolt. Il colpo di scena fu l’infor-

tunio dello stesso Bolt, in piena bagarre per la medaglia d’oro; già

in semifinale aveva accusato un piccolo dolore al muscolo. Prima

della finale il suo fisioterapista personale consigliò Bolt di non

correre la stessa, ma Bolt d’accordo con i suoi compagni di squa-

dra corse comunque, o forse fu costretto a farlo dallo sponsor

tecnico della nazionale giamaicana di atletica. Le immagini di Bolt

in lacrime sul rettilineo dei 100 hanno fatto il giro del mondo ed

illustri giornalisti della carta stampata e i colleghi dei telegiorna-

li radiotelevisivi hanno criticato Bolt per la sua prestazione, dap-

prima sui 100 e poi nella staffetta 4x100.

Nella stessa edizione dei mondiali londinesi dell’agosto scorso vi

sono stati altri due ritiri eccellenti oltre a quello del già citato

Bolt: i due illustri colleghi sono il fondista e idolo di casa Mo Fa-

rah e il marciatore francese Yohan Diniz che, vincendo la 50km

di marcia, si è ritirato da vincitore. Questi tre personaggi man-

cheranno di sicuro al mondo dello sport e soprattutto a quello

dell’atletica leggera.

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