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the shenker post [email protected] L’energia creativa delle donne........................................................... Patrizia Savarese: l'incontro con il cuore di Shenker.......................... Internazionalizzazione dei prodotti: Mitologia della pizza................... The Italian Factor: il successo di Moleskine........................................ The language of Wine & Oil............................................................... 2 4 5 6 8 No.2_2016 Photo by Patrizia Savarese

No.2 2016 the shenker post · saper cogliere e capire le plurali- ... in molti casi, ... tipo culturale molto particolari. Se io do il 100% e tutti fanno lo

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Page 1: No.2 2016 the shenker post · saper cogliere e capire le plurali- ... in molti casi, ... tipo culturale molto particolari. Se io do il 100% e tutti fanno lo

the shenker post

[email protected]

L’energia creativa delle donne...........................................................

Patrizia Savarese: l'incontro con il cuore di Shenker..........................

Internazionalizzazione dei prodotti: Mitologia della pizza...................

The Italian Factor: il successo di Moleskine........................................

The language of Wine & Oil...............................................................

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No.2_2016

Photo by Patrizia Savarese

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L’energia creativa delle donneIntervista a Barbara Santoro in occasione del Convegno Este 2016

Alla formazione linguistica si

approda a volte in seguito a

scelte di vita. Ci si trova in

un altro Paese e si decide di

insegnare la propria lingua. La

determinazione, soprattutto

all’inizio, può non essere fortis-

sima, ma è facile appassionarsi e

trasformare in professione

un’attività iniziata quasi per

gioco. E quando intercettiamo

questa passione allora cerchiamo

di sostenerla, perché ogni docen-

te deve essere anche un coach.

Da donna, e mamma, Barbara

Santoro, Innovation and Strategic

Marketing Manager di Shenker,

ha sempre posto grande atten-

zione alle esigenze dell’universo

femminile. E la composizione

dell’azienda lo testimonia.

“Tra i docenti c’è un mix di

uomini e donne, mentre abbiamo

quasi solo donne nell’apparato

organizzativo; non per scelta,

assolutamente per caso, sono

oltre l’80%. Dovremmo istituire

le quote azzurre, a garanzia di

un equilibrio di pensiero e di

approccio: l’universo maschile

ha atavicamente sviluppato

caratteristiche ed esperienze

diverse da quello femminile e in

qualsiasi organizzazione per me

è fondamentale che siano rappre-

sentati non solo i due generi, ma

anche altre diversità. Ci confron-

tiamo con persone che vengono

da noi e devono essere capite,

ascoltate e rispettate: la compo-

nente di diversity in azienda

rappresenta una garanzia per

saper cogliere e capire le plurali-

tà di sguardi di cui le persone

sono portatrici. E la pluralità di

genere rappresenta già un’impo-

rtante fonte di equilibrio. Abbia-

mo tre società con 85 dipendenti

(grazie al Jobs Act abbiamo

trasformato tutti i rapporti di

lavoro in contratti a tempo inde-

terminato con tutte le tutele e

gli sgravi per l’azienda). Possia-

mo poi contare su molti altri

collaboratori che fanno docenze

aggiuntive, quindi allo staff core

si aggiungono i professionisti

che collaborano con noi per la

parte docenza”.

Le donne che guidano le organizzazioni hanno una grande

responsabilità: devono rappresentare un modello ed essere

fonte di ispirazione per tutte coloro che si affacciano al

mercato del lavoro. Le donne, se guidano un’organizzazi-

one, oltre a esprimere la leadership devono essere dei

coach, devono sostenere le più giovani e aiutarle a non

avere paura. Perché nel nostro Paese ci si scontra ancora

con culture organizzative obsolete, dove non sempre si

premia il merito e la conciliazione è, in molti casi, espres-

sione di un’esigenza femminile. Le donne che non hanno

figli devono avere il medesimo diritto di esprimere le

personali esigenze relative ai tempi di vita. Si parla di

lavoro agile, di flessibilità organizzativa. Ma, in azienda,

serve il sostegno dei Direttori del Personale, che hanno la

responsabilità di creare una nuova cultura aziendale e

promuovere nuovi comportamenti. Non bisogna avere

paura di occuparsi delle cose della vita, ma le donne

devono avere chiari i propri obiettivi.

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Quali strumenti e agevolazioni

date alle donne in Shenker?

In questa azienda la policy è

considerare la persona in tutte le

fasi di vita: può dover gestire

figli, occuparsi dei genitori o

avere problemi personali di

qualsiasi tipo. Nel 2015 è entrata

in azienda una giovane donna

all’ottavo mese di gravidanza

che volevo assolutamente avere

in squadra: lei è rimasta stupita

(mi ha detto: “Ti rendi conto che

sono incinta?”). La consideravo

un vero asset per le sue caratte-

ristiche e la sua esperienza;

aveva una carica di energia che

non trovi in una donna in uno

stato ‘normale’, perché la gravi-

danza è un’esperienza potente e

tutto questo rappresenta una

ventata di energia creativa per

l’organizzazione.

Abbiamo attrezzato una stanza

addobbata con un fiocco rosa

per quando voleva venire in sede

con la sua bimba. Si è trattato di

un evento che ha contribuito a

diffondere energia positiva in

tutta l’azienda.

Non bisogna avere paura di

occuparsi delle cose della vita:

abbiamo una sola vita e non si

possono mettere le persone in

standby. Soprattutto se esprimo-

no capacità che possono fare la

differenza. In questo caso, la

neomamma ha contribuito allo

sviluppo di una nuova divisione

che si occupa di alta formazione.

Cosa dovrebbe fare un buon

manager?

Il manager deve privilegiare la

qualità della composizione della

squadra: come per lo chef, la

“carne deve essere strepitosa e

non è il contorno a renderla

tale”. Il manager ha la responsa-

bilità di identificare le persone

giuste che possono fare la diffe-

renza nell’organizzazione.

Dall’altra parte ci vuole una

mentalità non ministeriale anche

nei dipendenti: l’azienda non è

una risorsa inesauribile da sfrut-

tare, ma una comunità produtti-

va. Serve un bilanciamento

win-win o un do ut des. Pur-

troppo in Italia ci sono retaggi di

tipo culturale molto particolari.

Se io do il 100% e tutti fanno lo

stesso, inneschiamo un meccani-

smo potentissimo: ma se non si

dà tutti il massimo non si

possono raggiungere risultati

importanti. Se siamo leali nel

sottoscrivere un patto, so che tu

farai di tutto per mantenere il

giusto equilibrio: il manager

deve contare su questo e passare

dall’essere un controllore a

responsabilizzare le ‘sue’

persone.

Purtroppo accade ancora nel

nostro Paese che le giovani

donne, che hanno volontà e

talento da spendere nelle

organizzazioni, si debbano

scontrare con culture

organizzative obsolete, restie a

premiare il merito, dove anche

quelle che sono ai vertici assu-

mono comportamenti maschili,

dimostrandosi spesso incuranti

delle necessità legate alla conci-

liazione.

Cosa dovrebbe fare un diretto-

re Hr per mettere la donna nelle

condizioni di fare il suo lavoro?

Il responsabile HR deve saper

armonizzare con saggezza e

competenza le esigenze di

efficienza e produttività dell’azi-

enda con quelle delle persone

che vi lavorano. L’HR si deve

adoperare per ottenere, ove

possibile, le condizioni di

maggiore flessibilità. La respon-

sabilità delle attività di cura è

sempre più condivisa e le esigen-

ze di conciliazione riguardano

ormai tutta la popolazione

aziendale, non più soltanto le

donne.

La Direzione delle Risorse

Umane ha l’arduo compito di

occuparsi del benessere delle

persone. Strutture come la

nostra hanno anche la responsa-

bilità di pro- muovere una nuova

cultura facendo innovazione

organizzativa e modificando i

modelli culturali.

Intervista pubblicata sulla rivista

Persone e Conoscenze

Este Editori

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Un pomeriggio romano di qual-

che anno fa, all’inaugurazione di

una mostra fotografica in Piazza

di Spagna… entro da un porton-

cino al civico 66 e la scala è affol-

lata di invitati, stracolma…

procedo lentamente per salire al

primo piano ed è la mia prima

volta nei locali di Shenker.

Molta gente, molti amici alle loro

mostre, sempre, finché, inaspet-

tatamente e con molto piacere,

ho cominciato anch’io ad esporre

le mie foto.

Prima mostra, Panorami Innatu-

rali, sui mutamenti climatici,

durante il Fotografia Festival

Internazionale del 2008, ed è

l’inizio di una bella collaborazio-

ne e di un’amicizia con Shenker,

ci ritroviamo con lo stesso “sen-

tire”.

Seconda mostra nel 2013, Less is

More, oggi esposta nelle sedi di

Roma, Torino, Milano e Genova.

Immagini minimali, essenziali,

tratte da due miei libri fotografi-

ci: “Minimal - foto in 1metroqua-

dro”, piccoli giardini zen per

addestrare lo sguardo, e “The

Earth of Green” con foto di com-

posizioni vegetali, “cuori verdi”,

e frasi dedicate al cuore e alla

natura, all'ecologia, al cibo vege-

tariano, alla salute e al benessere

per un nuovo stile di vita, scritte

da giornalisti, stilisti, illustratori,

fotografi, musicisti...

Molti altri cuori sono stati creati

e fotografati da me, in seguito,

per le varie stagioni della campa-

gna pubblicitaria di Shenker

English by Heart, un cuore per

Natale, uno per S.Valentino, per

la Primavera, per l’Estate, per

l’Autunno...

E infine, dovendo presentare il

mio primo libro come scrittrice,

non potevo che presentarlo

presso la sede romana di Shen-

ker che già altre volte mi aveva

così ben accolta.

“Pane, olio e sale, memorie tra il

dolce e il salato, dagli anni 60 a

oggi”: un libro di memorie di cibo

e di convivialità italiana attorno

alla tavola, un percorso che ci

porta a riflettere ancora una

volta su ciò che siamo diventati,

sulla necessità di ritrovare cuore

e cura per l’ambiente in cui

dobbiamo reimparare a vivere in

maggior pace.

Per collaborare insieme e semi-

nare positività e cultura ci vuole

cuore. Come il cuore di Shenker.

Patrizia Savarese: l'incontro con il cuore di Shenker

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People&Stories

Le foto di Patrizia Savarese sono esposte presso le sedi Shenker

di Roma, Milano, Torino e Genova.

FALL IN LOVE WITH SHENKER

Photo by Patrizia Savarese

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Internazionalizzazione dei prodotti

Mitologia della pizza di Domenico De Masi

…Ogni cibo caratteristico

di una regione ne rivela

l’anima popolare o aristo-

cratica o interclassista e

ne diventa mito. Il mito

gastronomico di Napoli (e

forse dell’Italia intera) è

la pizza. Originata dal

ventre di questa città

come nutrimento dei

muratori, che se la ritro-

vavano calda e sapida

appena scesi dalle impal-

cature per la pausa

pranzo, è via via tracima-

ta nei cinque continenti

fino ad avventurarsi nelle

rischiose regioni del

franchising e del fast

food. Ma questa marcia

trionfale verso la globa-

lizzazione non ha cancel-

lato ben cinque peccati

originali, cinque inganni

che la pizza si porta

dentro. Dietro un’appare-

nza ubertosa e genuina,

essa cela l’inganno della

finta sazietà: accozzaglia

di pasta, mozzarella, olio,

sale e pomodoro,

intrugliata con birra e

incline a raffreddarsi

ancora prima di essere

interamente gustata, essa

pizza mira a tamponare

la fame con una

mappazza pesante, che

ingolfa rapidamente lo

stomaco e lo sazia senza

nutrirlo, così illudendo

proletari, famigliole e

studenti squattrinati che

credono di aver cenato e

invece si sono solo “fatti

una pizza”. Il secondo

inganno sta nel nome

della più gloriosa delle

pizze, la nave ammira-

glia, la pizza Margherita.

Perché Margherita?

Perché un qualche suddi-

to pizzaiolo della dina-

stia borbone, per servili-

smo sbracato e accatti-

vante, a tradimento volle

onorare Margherita di

Savoia dedicandole il più

borbonico dei nutrimenti

partenopei. Non è un caso

unico di servilismo

locale: anche la canzone

“Torna a Surriento” è una

squallida piaggeria nei

confronti di un direttore

generale delle Poste,

ripartito da Sorrento

dopo una visita ufficiale.

Il terzo inganno sta

nell’ammiccante inter-

classismo della pizza, che

unisce in pizzeria ricchi e

poveri - gli uni per vezzo,

gli altri per necessità - e

alimenta quel napoleta-

nissimo “vogliamoci

bene” che da secoli

smussa ogni conflittuali-

tà, impedisce ogni

indignata intolleranza e

degrada le rivoluzioni in

rivolte, consentendo ai

farabutti di proseguire

indisturbati nelle loro

farabutterie. Il quarto

inganno sta nei vantaggi

economici che l’invenzi-

one e produzione della

pizza avrebbe potuto

portare a Napoli, ma non

ha portato. Assolutamen-

te negati per ogni impre-

sa razionale ed efficiente,

i pizzaioli napoletani

hanno presunto che essi e

solo essi avrebbero

saputo cucinare in eterno

un cibo per sua natura

semplicissimo e quindi

riproducibilissimo. Perciò

non hanno mai brevettato

la loro invenzione e ora si

ritrovano, poveri nani, in

mezzo a gigantesche

concorrenti multinazio-

nali. Il quinto inganno sta

nel fatto che la pizza, con

tutta la sua corte di

canzoni elogiative e film

e stereotipi, ha contribui-

to a creare nel napoletano

l’autoconvinzione che i

napoletani siano creativi.

Mentre il resto del mondo

inventava la plastica e i

microprocessori, la pila

atomica e i satelliti artifi-

ciali, le biotecnologie e i

raggi laser, noi a Napoli

insistevamo con questa

benedetta pizza e con le

sue scontate varianti. La

fantasia, per diventare

creatività, deve sposarsi

con la concretezza, ma

purtroppo a Napoli è

rimasta nubile.

Tratto da “Pane, olio e

sale. Memorie tra il dolce

e il salato dagli anni 60 a

oggi” di Patrizia Savarese

e da “Le parole del tempo”

ed. Rizzoli

Photo by Patrizia Savarese

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People&Stories

The Italian Factor: il successo di MoleskineIntervista a Maria Sebregondi, Co-Founder and Board Member di Moleskine SpA

D: Sono passati circa 20 anni da quando tu hai

scoperto a Parigi , e poi proposto a un piccolo edito-

re milanese di riportare in vita, il leggendario

“taccuino di Bruce Chatwin”.

Da allora il successo della tua iniziativa ha portato la

MOLESKINE a vendere oltre 15 milioni di prodotti

nel mondo, con oltre 27.000 punti vendita in 105

paesi e un e-shop attivo in più di 20 paesi.

Credi che sia un modello replicabile per tante picco-

le e medie imprese italiane di alta qualità e innova-

zione, ma che ancora si muovono solo a livello

territoriale e familiare?

R: Naturalmente auguro a tutti di poter replicare questo

successo, penso però che difficilmente si possa replicare

uno stesso modello: ciascuna impresa ha una storia a sé,

una propria identità che deve saper riconoscere, raffor-

zare e comunicare; scoprire la propria unicità e costrui-

re su quella il proprio percorso distintivo. Penso che la

storia di Moleskine possa essere d’ispirazione proprio in

questo, nel saper mettere al centro la valorizzazione

della propria identità e nel perseguirla con coerenza e

passione autentica.

D: L’espansione geografica è stato il principale fatto-

re della vostra crescita, oppure i vostri valori

sempre più globali sono stati vincenti anche nei

mercati emergenti quali quello cinese?

R: L’espansione geografica è principalmente una conse-

guenza dei valori globali del brand: con la nostra

proposta all’incrocio tra cultura e viaggio ci siamo

rivolti a un pubblico internazionale formato dalla

classe creativa e dai lavoratori della conoscenza - una

nicchia globale che condivide valori, interessi e passioni

simili e esprime analoghe attitudini al viaggio e al

consumo.

Certamente è stato necessario trovare un innovativo

modello di business per espanderci geograficamente:

abbiamo scelto partner locali che in qualche modo ci

somigliavano, con cui condividere sfide e successi, una

rete di distributori prevalentemente nel canale libro e

nel mondo del design, capaci di cogliere le caratteristi-

che uniche di un brand culturale come Moleskine. In

altri paesi, come in Cina, abbiamo sviluppato invece i

nostri negozi diretti, per veicolare questi stessi valori

culturali fondati sullo sviluppo della creatività e del

talento di ciascuno, sulla passione per la scoperta,

sull’importanza della memoria e della libera espressione.

D: Un brand, oggi, per avere successo può vendere

solo prodotti o deve ispirare anche un stile di vita

culturale e internazionale?

R: Un brand si caratterizza soprattutto per i valori

immateriali veicolati dagli oggetti e servizi che propo-

ne. Ispirare stili di vita e di pensiero, proporre esperien-

ze significative – solo così si può essere rilevanti per il

pubblico cui si è scelto di rivolgersi.

D: Quanto è stata determinante la creazione di una

community di fan Moleskine con cui condividere a

livello mondiale uno stile, un’esperienza, e lo spirito

dell’azienda (dal viaggio al design, dalla letteratura

al taccuino digitale)?

R: La community è per noi molto importante. Abbiamo

avuto la fortuna di nascere e crescere insieme a Inter-

net e abbiamo proposto fin dall’inizio il nostro taccuino

leggendario come l’ideale complemento analogico della

nuova tecnologia portatile (“the original mobile device”

l’ha definito un nostro fan). La community dei moleski-

ners quindi è stata inizialmente totalmente spontanea,

cresciuta organicamente attraverso il passaparola.

Siamo progressivamente intervenuti attivamente

creando la community myMoleskine, costruendo la

nostra presenza sui principali social con i nostri canali

ufficiali e sviluppando quindi in modo sempre più

esteso e capillare la nostra comunicazione di marca,

intrecciata alle proposte di esperienze partecipative.

Barbara Santoro

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Culture Club

THE LANGUAGE OF WINE & OILWINE

Aroma

The smell of a wine, especially

young wines

Big

Powerful in aroma and flavour;

fullbodied

Crisp

Fresh, brisk character, usually

with high acidity

Delicate

Light fragrance, flavour, and body

Fine

Distinguished

Grafting

The process of growing a cutting

of Vitis vinifera on American or

hybrid phyl loxera-resistant

rootstock

Hard

Stiff, with pronounced tannins;

Undeveloped

Mellow

Smooth and soft, with no harsh-

ness

Noble Rot

A fungal infection caused by

Botrytis cinerea

Oenology

The science of winemaking

Petillant

A light sparkle

Rich

Full, opulent flavour, body and

aroma

Smoky

Aroma and flavour sometimes

associatedwith oak aging

Velvety

Smooth and rich in texture

Woody

Excessive aromas of wood,

common to wines aged overlong

in cask or barrel

OIL

Austere

Somewhat hard, with restrained

fruit and character

Gluten

A mixture of plant proteins found

in cereals. Olive oil is gluten free.

Olea europaea sativa

Genus of the olive tree

Pure olive oil

Characterized by a fullbodied and

mild flavour; used for sautéing,

stir frying and pasta sauces

Refining

Process of removing impurities. In

pure olive oil processing, this

involves removal of free fatty

acids and other components

providing aroma and flavour.

Stability

For fats and oils, refers to

resistance to deterioration

Vitamin E

One of the fat-soluble vitamins

which functions as an antioxidant

in the body,

protecting cell membranes. A

natural component of olive oil