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ilpietrafesano.altervista.org Numero 5 Anno 1 [email protected] Il Pietrafesano da 5 numeri Che buono, l’olio Si, ma quello di palma? Utilizzato in quasi tutti i prodotti ali- mentari, l’olio di palma è ormai ritenuto un enorme pericolo da tutti, a partire da i “salutari” fino agli ambientalisti. E noi siamo riusciti ad intervistarlo. >>Continua a pagina 2>> Wifi e Storia A pagina 4 - EDITORIALE| Lo stesso giorno, con 5 anni di differen- za ha inizio e fine la prima guerra mondiale, “scatenata” da un attentato a Sarajevo dove morirono l’Arciduca e sua moglie. Ma tuttavia, oltre alle teorie del complotto che forse hanno coinvolto anche le forze armate bosniache, si ritiene che giustamente questo sia stato un casus belli molto azzardato e che ha voluto solo camuffare la voglia austriaca di riscaldare la schiena con il piombo a qualche individuo. Ma in modo internazionale. E co- munque Il Pietrafesano, è contro la guerra. A. Santopietro L’articolo-inchiesta a proposito dell’attentato a pagina 4 L’Odissea dell’Umanità Attenzione, prima di pronunciare immigra- zione. A pagina 3

Numero 5| Il Pietrafesano

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\\Che buono, l'olio \\Odissea dell'umanità \\Sarajevo, 1914 \\Wifi

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ilpietrafesano.altervista.org Numero 5 Anno 1

[email protected] Il Pietrafesano da 5 numeri

Che buono, l’olio Si, ma quello di palma?

Utilizzato in quasi tutti i prodotti ali-

mentari, l’olio di palma è ormai ritenuto

un enorme pericolo da tutti, a partire da i

“salutari” fino agli ambientalisti. E noi

siamo riusciti ad intervistarlo.

>>Continua a pagina 2>>

Wifi e Storia

A pagina 4

-

EDITORIALE| Lo stesso giorno, con 5 anni di differen-

za ha inizio e fine la prima guerra mondiale,

“scatenata” da un attentato a Sarajevo dove morirono

l’Arciduca e sua moglie. Ma tuttavia, oltre alle teorie

del complotto che forse

hanno coinvolto anche le forze armate bosniache, si ritiene che giustamente questo sia

stato un casus belli molto azzardato e che ha voluto solo camuffare la voglia austriaca di

riscaldare la schiena con il piombo a qualche individuo. Ma in modo internazionale. E co-

munque Il Pietrafesano, è contro la guerra. A. Santopietro

L’articolo-inchiesta a proposito dell’attentato a pagina 4

L’Odissea dell’Umanità

Attenzione, prima di pronunciare immigra-zione.

A pagina 3

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Che buono, l’olio Si, ma quello di palma?

Breve intervista all’Olio di palma

Volevo diventare un divo. Volevo farmi riconoscere da

tutti al mio passaggio. E alla fine ci sono riuscito. E’ ba-

stato lasciarsi vendere a bassissimo prezzo, ed in un atti-

mo tutti i grandi imprenditori pendevano sotto i miei

occhi. Mi hanno battezzato Elaeis guineensis ma preferi-

sco farmi chiamare Olio di Palma, come quello sfacciato

del succo di oliva. Addirittura Extravergine. Ma tornia-

mo a me, che sono più economico e salutare. (Olio di Pal-

ma è stato scomunicato per calunnie e falsa testimonian-

za) Mi hanno utilizzato per lubrificare le macchine, du-

rante la rivoluzione industriale. E più tardi sono diventa-

to l’olio dei poveri. E alla fine, qualche amato colonizza-

tore mi ha riscoperto, importandomi nelle vostre terre.

Prima mi camuffavano come olio vegetale e vi garantisco

che non l’ho scelto come nome artistico. Ma in realtà non

mi si addice, anche l’oliva è vegetale. E io non mi abbasso

ai suoi livelli. Ma con un nuovo regolamento UE, in que-

sto anno, finalmente la

dicitura vegetale deve

essere accompagnata da

una parentesi oppure

direttamente specificare

se io sono presente, nelle

mie più svariate forme

quali oleina o grasso.

Peccato che l’olio che è

molto conosciuto dalle

vostre parti non è “olio

rosso” ricco di sostanze

benefiche, ma olio raffi-

nato incolore.

Grazie per questa breve dichiarazione, ti lasciamo ai tuoi

impegni.

E’ così bello arrostire una fetta di pane e poi versare so-

pra un filo di olio extravergine di oliva. Con quello di pal-

ma non sarebbe la stessa cosa, dato che è insapore. Forse

è uno dei motivi che lo porta all’interno di miriadi di pro-

dotti che abbiamo consumato e che continuiamo a consu-

mare quasi inconsapevolmente. La sua produzione costa

poco ed ha addirittura proprietà conservative: come la

margarina, non si scioglie a temperatura ambiente, quin-

di una volta aggiunta a prodotti come biscotti, non potrà

mai sciogliersi in condizioni naturali. Ma una volta nello

stomaco la canzone resta la stessa e questi grassi saturi si

depositano impedendo una corretta digestione, ma è ov-

vio che si parla di grandi quantità.

Tuttavia non è corretto dire che l’olio di palma ci sta am-

mazzando, perché allora dovremmo puntare il dito anche

verso tutti gli altri grassi. Il burro ad esempio non è tanto

meno dannoso dell’olio di palma.

Ma l’olio di palma è abbastanza insidioso. Ed aumenta il

colesterolo più di tutti gli altri grassi saturi. Un bel tra-

guardo. Ed ora si crede che sia addirittura cancerogeno.

Forse era meglio quando veniva impiegato per lubrificare

le auto, più che lo stomaco. Ma, tralasciando i problemi

salutari, dei quali non posso parlarvi con precisione dato

che non son un ricercatore o un medico, dovremmo guar-

dare il punto di vista ambientale con maggiore attenzio-

ne. Infatti sono state disboscate centinaia di foreste spe-

cialmente in Malesia ed in Indonesia a favore di pianta-

gioni industriali dove vengono impiegati concimi e pesti-

cidi, e quotidianamente sfruttati lavoratori.

Tuttavia c’è chi si fa notare, e si chiama Ferrero. Ovvia-

mente nella più famosa cre-

ma di nocciole è presente

l’olio di palma, ma questa

azienda è una delle poche

che coltiva con sostenibilità

questo grasso. Solo nelle

aree predestinate all’agricol-

tura e senza utilizzare pesti-

cidi sconsideratamente. Un

guadagno per la fazione am-

bientalista. Ma ovviamente

anche se coltivato con cura,

non è meno dannoso.

Tuttavia ci sono aziende che

da sempre hanno escluso l’olio di palma dai loro ingre-

dienti e che guadagnano un punto a favore da entrambi

le fazioni. Il problema è che queste aziende sono poco co-

nosciute e non presenti in tutto il territorio nazionale. Ci

sono alcune eccezioni come Coop e Amica Chips che non

ne fanno proprio uso, se non in alcuni prodotti.

Infine conosciamo da quando siamo nati questo grasso

saturo, con gli omogenizzati e dovremmo renderci conto

che è possibile evitarlo. Basta guardare gli ingredienti di

ogni prodotto e subito ci si accorgerà della sua presenza.

Certo, non sarà completamente possibile farlo, ma quan-

do ci troveremo davanti un prodotto che non contiene

l’olio di palma dovremmo preferirlo.

Antonio Santopietro

@tonisantopietro Antonio Santopietro

Società e scienza

L’Odissea dell’Umanità

3 Il Pietrafesano @pietrafesano [email protected]

In questi ultimi tempi uno fra gli argomenti che sono og-

getto di discussione in molti salotti televisivi ha partico-

larmente attirato l'attenzione dell'opinione pubblica, l'im-

migrazione. Ormai se ne parla dappertutto: al bar, in fila

alle poste, nei

parchi, nei talk

show e nelle

sedi politiche e

amministrative

del nostro pae-

se, finendo

spesso nel dire

banalità e stu-

pidaggini. Ba-

sta anche solo

aprire un qualunque social per imbattersi in una miriade

di post e immagini razziste, volti a istigare una forma di

intolleranza e, purtroppo, spesso di odio nei confronti di

migranti. Molte volte sono proprio esponenti politici di

grandi partiti che in mancanza di idee, argomenti e pro-

getti sfruttano questo malcontento popolare per guada-

gnare qualche voto, promettendo la chiusura delle fron-

tiere. E dicendosi cristiani. Ma le due cose sono compati-

bili? Si può in difesa dei valori cristiani abbandonare deci-

ne di migliaia di persone a quella che potrebbe essere una

morte certa? A Natale il segretario di un'importante forza

politica di estrema destra ha avuto una polemica con un

preside che aveva deciso di non permettere l'allestimento

del presepe all'interno della scuola. É curioso il fatto che

questo stesso leader abbia come cavallo di battaglia “la

lotta all'immigrazione”. E il presepe non rappresenta for-

se una famiglia di profughi in Egitto che scappano da un

dittatore? Cosa sarebbe stato di Gesù, Giuseppe e Maria

se l'Egitto di duemila anni fa fosse stato amministrato da

Salvini? O se avessero ricevuto l'accoglienza che la Fran-

cia sta riservando ai migranti al confine? Anche la Sacra

Famiglia avrebbe passato le notti dormendo sugli scogli

di un'equivalente Ventimiglia? Difendere i valori cristiani

significa dunque prima di tutto trattare umanamente chi

è più sfortunato di noi. E soprattutto davanti a queste

vicende, la domanda che mi pongo è sempre la stessa: la

storia ha un valore? Ci siamo forse scordati di quando

anche noi europei emigravamo verso l'America, alla ricer-

ca di una vita migliore? Recentemente L'Huffington Post

ha pubblicato i cognomi di molti emigranti italiani ed

europei sbarcati a Ellis Island. Ne riportiamo alcuni: Sal-

vini: 228, Alfano: 2130, Maroni: 266, Zaia: 108, Gasparri:

99, Le pen: 16, Merkel: 1360, Cameron: 10000. Io stesso

ho trovato due Zuroli nell'elenco (consultalo digitando

questo URL: http://goo.gl/http://goo.gl/JL7Hy7), en-

trambi donne. Posso solo immaginare quanto disagio e

quanta sofferenza abbia potuto spingere queste mie due

lontane parenti a lasciare la loro casa e i loro affetti e par-

tire per la lontana America, dove molto probabilmente gli

saranno state rivolte le stesse accuse che oggi si rivolgono

agli erranti del mediterraneo. Dunque, prima di accusare

e dire falsità sul fenomeno migratorio, è bene pensare che

a Ventimiglia non ci sono solo quei poveracci, ma c'è il

mio bisnonno, qualche tuo lontano zio, e forse un domani

i nostri lontani nipoti. Insomma, c'è tutta l'umanità.

Aurelio Aurelio Zuroli

Attualità

Di Antonio Pascale

Curiosità

Qual è il posto più caldo sulla terra?

Il 13 Settembre del 1922 a El Azizia, in Libia si arrivò a 57,8 °C

...e quello più freddo?

Il 21 Luglio del 1983 furono registrati -89 °C a Vostok, in Antartide.

Dove si trovano le cascate più alte del mondo?

In Venezuela e sono le cascate Angel Falls con un’altez-za di 979 metri.

HOMOUR

Il parroco alla fine della predica dice ai fedeli: ”Leggo nei vostri occhi una domanda. Tutti volete sapere per-ché ho questo vistoso cerotto in faccia. Vi accontento subito: stamattina, pensando alla predica mentre mi radevo, mi sono tagliato il mento.” Un fedele ribatte: “Padre, domenica prossima le consiglio di pensare al mento e di tagliare la predica”

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Fu la classica "goccia che fa traboccare il vaso", o “casus

belli” il pretesto tanto atteso: chiamatelo come vi pare. Sta

di fatto che l'attentato del 28 giugno 1914 servì all'Austria-

Ungheria per giustificare il proprio intervento militare nei

Balcani, dato che Francesco Giuseppe cercava un pretesto

da anni, contro la Serbia (l'attentato avvenne nella capitale

della Bosnia ma dall'inchiesta aperta successivamente ri-

sultò che il governo serbo era coinvolto fino al midollo, anzi

la gendarmeria asburgica affermò che era addirittura a co-

noscenza sia della progettazione sia della data e del luogo

scelti dagli attentatori). Inoltre la Società terroristica nota

come "Mano nera" o "Giovane Bosnia" responsabile dell'at-

tentato era composta in parte da studenti ma anche da ex

membri dell'esercito serbo e aveva sostenitori tanto nelle

forze armate quanto nella burocrazia di quel Paese. La par-

tecipazione del corpo degli ufficiali serbi alla congiura e alla

successiva mutilazione dei corpi di re Obrenovic e della sua

famiglia anni addietro, non giocò certamente a favore dei

serbi, che furono perciò individuati come i principali re-

sponsabili dell'accaduto. Dimostrata senza troppe difficoltà

la presunta colpevolezza dei serbi e la partecipazione del

loro governo all'attentato, il governo austriaco chiuse uffi-

cialmente il caso e spedì il suo ultimatum ai serbi, in termi-

ni mai comparsi prima d'ora su un documento ufficiale, e

c'è da dire che gli austriaci fecero i gradassi solo perché ave-

vano già avuto l'assicurazione dell’imperatore che la Ger-

mania sarebbe intervenuta per dar loro manforte in caso di

guerra.

Al governo serbo non fu dato alcun margine di scelta: o

ammettere le proprie colpe e cedere alle condizioni dell'ulti-

matum, o la prospettiva di scendere in guerra. I serbi opta-

rono per la seconda non rispondendo neanche all’ultima-

tum e un mese dopo l'attentato - 28 luglio - l'Austria fece

scendere le sue cannoniere lungo il Danubio per bombarda-

re Belgrado, come "punizione" per l'oltraggio subito. Inuti-

le dire che l'incompetenza dello Stato maggiore austriaco

fece sì che passassero altri dodici mesi prima che la Serbia

venisse effettivamente ridotta a malpartito.

Ma le vere cause sono ben altre e vanno ricercate più che

nelle varie guerre e crisi nelle generiche tensioni socio-

politiche e, non dimentichiamolo, culturali esistenti tra le

varie potenze, e ancor più in generale nel clima di profondo

odio politico che caratterizzò gli ultimi trent'anni dell'Otto-

cento. Vero è che i Balcani a quei tempi erano un po' la pol-

veriera d'Europa, dal momento che quasi tutte le maggiori

potenze (Russia, Austria, Inghilterra, Impero ottomano, e

Italia, anche se non era una grande potenza) avevano tutto

l'interesse a prendersene una fetta (gli inglesi miravano in

realtà, come sempre, al mantenimento dello status quo,

mentre viceversa Serbia, Romania e Montenegro volevano

conservare l'indipendenza riconosciuta loro nel 1878 con il

Congresso di Berlino) . L’arciduca e sua moglie, la contessa

Sofia, furono uccisi da due colpi sparati a distanza ravvici-

nata con una semiautomatica Browning calibro 7,65 mm.

Il primo colpo centrò l'arciduca al collo, recidendo l'arteria

e uccidendolo quasi subito; il secondo proiettile raggiunse

la contessa allo stomaco. Morì poco dopo in ospedale.

La scorta in quell'occasione non fece un ottimo lavoro. C'è

da scommettere che già il giorno successivo alla sparatoria,

29 luglio, tutte le forze di polizia di Sarajevo furono licen-

ziate con disonore per non aver svolto il loro lavoro. Gavri-

lo Princip, l'uomo che è passato alla storia per aver scate-

nato la Prima guerra mondiale, non ebbe una sorte molto

migliore: morì infatti nel 1918 di tubercolosi, tra le sbarre

di una prigione. Michele Laviano

@miklaviano Michele Laviano

Storia

Sarajevo, 1914