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Omega Metamorfosi

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giornalino Centro Giovani Gavardo

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Page 1: Omega Metamorfosi

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Page 2: Omega Metamorfosi

in ambi-to musi-cale la

metamorfosi è un termi-ne molto p r e s e n t e , per quanto possa sem-

brare nascosto. Oltre ad indicare una profonda e repentina trasformazione artistica di idee o stili musicali, può sottolineare anche un cambiamen-to radicale nello stato o nel carattere dell’artista, che quasi sempre incide sul suo prodotto finale (le sue canzoni). Può dunque assumere molte-plici sfaccettature, cioè diverse “trasformazioni”: siano esse in chiave sonora, morale o addirittura fisica.Queste ultime tre chiavi elencate sono fonda-mentali per apprendere meglio il significato, ma soprattutto il ruolo concreto che il termine me-tamorfosi può avere nella musica. Proviamo ad affrontarle separatamente, rifacendoci ad esem-pi reali e attuali per semplificare e rendere più leggero l’argomento.

In chiave sonora, quindi a livello musicale, po-tremmo definire la metamorfosi come una sorta di percorso artistico che la band o il personaggio compiono nel corso della loro carriera in base ai propri ideali, ma in certe occasioni anche sem-plicemente per motivi fisici. L’età di un artista in-fatti è una delle cause primarie e comuni di una sua metamorfosi musicale (le prime produzioni di uno spericolato e tarantolato Jovanotti poco hanno a che vedere con quelle melodiche e da romantico padre di famiglia degli ultimi anni).

In chiave morale invece la metamorfosi è qua-si sempre legata a fattori esterni che influiscono

sul modo di pensare e sugli ideali, fino ad arri-vare a interrogare anche l’anima del musicista. Quelli più frequenti rientrano in eventi ed avve-nimenti comunemente legati alla politica o agli ideali sociali in cui un artista crede. Questi episodi portano così ad una modifica del suo pensiero, che per un cantautore signi-fica una metamorfosi dei contenuti e delle idee espresse nei te-sti delle canzoni, pur mantenendo lo stesso stile e genere musicale (senza modificare quindi la chiave sonora citata nel primo punto).

Ma la metamorfosi di un artista può avvenire an-che in chiave puramente fisica. L’esempio più famoso degli ultimi anni è probabilmente quello di Tiziano Ferro passato dai suoi 111 chili (che hanno successivamente dato titolo ad un suo vendutissimo album) fino al peso forma riacqui-

stato quasi per necessità, vista l’immensa popo-larità raggiunta. Gli esempi di artisti che hanno compiuto metamorfosi fisiche sono innumerevo-li: in questo caso però esse sono principalmente

legate al look estetico, abbigliamento compreso, derivate quasi ed esclusivamente dalle mode del tempo.L’ultima metamorfosi in ordine temporale, ovvero

quella che ha portato l’estate 2008 a tingersi di rosa, è sicuramente il fenomeno Giusy Ferreri. E’ infatti lei la regina inconsapevole dell’estate: l’esempio più concreto e recente di una meta-morfosi sia fisica che artistica. Da ex-cassiera di un piccolo supermercato a nuova scoperta mu-sicale, grazie soprattutto al suo talento emerso nel reality-show X-Factor. E’ lei ad aggiudicarsi l’ambito premio di Tormentone dell’Estate Italia-na. A confermarlo sono anche i numeri: record di vendite per l’album dal titolo omonimo della canzone “Non ti scordar mai di me” su etichetta Ricordi, stampata dalla casa madre Sony BMG.

Infine, come ultimo puro dettaglio per i più esper-ti e musicalmente interessati, sottolineo anche che i Metamorfosi sono un gruppo romano relati-vamente noto, uno dei primi esempi di rock pro-gressivo italiano, formatosi nel 1970 su iniziativa del cantante Spitaleri e del tastierista Olivieri.

Sarà uno scherzo del destino, ma il caso vuo-le che proprio “Metamorfosi” sia il titolo che Raf ha da poco scelto per il suo nuovo album ricco di inediti e recentemente anticipato col singolo Ossigeno.

metamorfosis. f.1 nella mitologia greco-romana e nella letteratura fiabesca, la trasformazione soprannatu-rale di un essere in un altro di natura diversa: la metamorfosi di Dafne in alloro2 (fig.) mutamento, cambiamento: le sue idee hanno subito una profonda metamorfosi3 (biol.) la serie dei mutamenti di forma e di struttura cui vanno soggetti molti animali (p. e. gli insetti, gli anellidi) prima di giungere allo sviluppo completo | modificazione di un organo vegetale (p. e. una radice) dovuta a un processo di adattamento all’ambiente o a un cam-biamento di funzione.

A cura di LUCA CORTINI

a partire dalla tradizione più antica, il Giappone s’è fatto portavoce della cultura del travestimento, della tra-

sformazione del corpo. Basti pensare alla figura della geisha o al teatro No. Recentemente questo aspetto della cultura giapponese così radicato nella tradizione non è andato perduto, come spesso accade con il progredire in sen-so tecnologico e industriale di una civiltà, bensì è stato, per così dire, adattato al nuovo millennio.

Possiamo rilevare questo fenomeno esa-minando alcuni aspetti, forse secondari e poco studiati, della cultura giapponese odierna: primo su tutti il fenomeno degli anime (da animēshon, traslitterazione giapponese della parola inglese anima-tion, “animazione”, banalmente chiamati anche “cartoni animati”). Questi, sin dagli anni ’70, hanno trattato i più svariati temi e soggetti, primo su tutti quello del robot e del suo pilota (genere definito mecha).

Questo famoso genere di anime si basa appunto sulla simbiosi tra macchina e uomo: il pilota viene inglobato nella macchina sino a perdere la sua identità allo scopo di battersi per la giustizia. Al-tro esempio, forse ancora più lampante, di questo aspetto “metamorfico” degli anime è il genere cosiddetto majokko: cartoni animati che narrano di ragazze in possesso di qualche particolare potere magico che le rende in grado di cambiare il loro aspetto. Guardando le frequenti scene di “trasfor-mazione / vestizione” dell’eroina di turno (basti pensare alle famosissime guerriere Sailor, o all’altrettanto famosa Creamy.. la lista sarebbe davvero infinita) per notare che questo rituale porta la protagonista a perdere totalmente la propria persona-lità, tanto che anche il semplice cambio d’abito la rende irriconoscibile anche ai parenti e agli amici più intimi.Catapultandoci nel presente più recente, in Giappone è in pieno sviluppo un nuovo

fenomeno fortemente legato al tema del-la metamorfosi, che in questo caso po-tremmo chiamare “metamorfosi urbana”: parliamo dei cosplays (contrazione delle parole inglesi costume “costume” e play “interpretare/recitare”). Con questo ne-ologismo ci si riferisce all’hobby di gran parte dei teen-ager giapponesi di diver-tirsi vestendosi come il proprio personag-gio preferito. Questi ragazzi giapponesi amano ritrovarsi in particolari luoghi “alla moda” delle grandi città indossando i vestiti di personaggi di anime, dei man-ga, dei videogiochi e dei film. Si tratta di un fenomeno in forte crescita non solo in Giappone ma anche in occidente (ad esempio in Italia è di uso comune nelle fiere del fumetto) ed è l’esempio lam-pante di come la mutazione del corpo, il travestimento, la metamorfosi -aspetti così antichi e radicati nella tradizione di quest’antica nazione- si siano evoluti e adattati alla cultura odierna senza scom-parire.

metamorfosi, trasformazione, mutamento, cambiamen-to, evoluzione, regressione

o progressione; la forma si modifica, l’aspetto varia e ciò che possiamo ve-dere, percepire, ascoltare e toccare non è più quello che era solo pochi istanti prima. Un ritorno e una scom-parsa, uno stadio iniziale che viene sconvolto e che, forse, si ripresenterà più tardi, in un secondo tempo; una magia e un prestigio. È un elemento, magari invisibile ai nostri occhi, ma dai quali si cela, nascosto, e manifesto, in-vece, ad altre entità di diversa natura. Quasi una sorta di inganno, artificiale e artificioso a volte, naturale altre. Può essere la metamorfosi di un oggetto, di un essere, di una sostanza, ma anche di un sentimento o di una sensazione, di un’anima; la metamorfosi del tutto in niente o del nulla nel tutto. Per citare una delle leggi scientifiche fondamen-tali: “Nulla si crea e nulla si distrugge; tutto si trasforma”. Può essere l’identità di Mr. Hyde che prende il sopravvento sul debole Dr. Jekyll, ovvero due facce di una stessa, contraddittoria, meda-glia, caratteri e caratteristiche opposti e contrastanti racchiusi nello stesso invo-lucro. Proprio come la divinità bifronte Giano, di cui un volto indicava tempo di

pace, l’altro, invece, periodo di guerra.

Metamorfosi come gioco di parole: naso, vaso, caso; fortuna, sorte, desti-no..partire da naso e arrivare a destino..metamorfosi è un’auto spider, un bruco che diventa farfalla, un cadavere che si decompone, un essere che cresce e si sviluppa; la metamorfosi è questo foglio, prima bianco, che si riempie man mano di parole…

Nella lingua tedesca esistono due voca-boli diversi per indicare la metamorfosi: uno è “Metamorphosen”, e si riferisce alla trasformazione prettamente fisica; l’altro, “Verwandlung”, coinvolge invece i mutamenti che riguardano l’aspetto interiore. Quindi, anche qui, di nuovo, la metamorfosi può presentarsi come un evidente cambiamento di forma, ma non è escluso che, là dove è possibile,sia accompagnata da altrettante polie-driche sfumature psicologiche. “Die Verwandlung”, peraltro, è il titolo

originale del romanzo “La Metamorfosi” di Franz Kafka, in cui il protagonista, Greg or Samsa, si accorge un giorno di essersi trasformato in uno scarafaggio (Metamorphosen); d’altro canto, però, quello a cui il titolo dell’opera mira è più che altro la metamorfosi psicologica, l’aspetto emotivo che da tale situazione si viene a creare e il contesto psico-sociale che dà origine al tutto, ovvero i passaggi di stati d’animo e di sensazio-ni (Verwandlung) che causano e seguo-no la vicenda principale. Metamorfosi, infine, se optiamo per una chiave di lettura più intima, è “re-inven-zione” di sé stessi e del proprio essere, intesa come un rinnovarsi della Wel-tanschauung di ognuno nei confronti di tutto e di tutti.

into the wild, tradotto in italiano con il titolo “Nelle terre selvagge”,

è stato uno dei maggiori successi cinematografici dell’anno. È uno di quei film che non passano inosservati e che suscitano sempre un gran numero di critiche e commenti spesso contra-stanti. La pellicola, interpretata dal bravo e convincen-te Emile Hirsch per la regia di Sean Penn, si ispira al libro di Jon Krakauer Nelle terre estre-me e racconta la storia vera di Christopher Mc-Candless. Il giovane Christopher, subito dopo la laurea in Scienze Sociali nel 1992 ed in pro-cinto di essere ammesso ad Harvard, decide di abbandonare una promettente carriera per in-traprendere un lungo viaggio in solitaria che lo porterà nei luoghi più selvaggi degli Stati Uniti. Chris parte sia per placare la propria inquietudi-ne, dovuta ai suoi difficili rapporti familiari, sia per compiere un gesto di rifiuto verso una so-cietà consumistica nella quale non si riconosce; cerca in questo modo di trovare se stesso nel rapporto diretto e vero con la natura. Nel corso del suo vagare attraverso gli Stati Uniti, passa dai campi di grano dorato del South Dakota al fiume Colorado, percorso in canoa fino al deser-

to del Nevada, per spingersi infine sino alle lande ghiacciate del monte McKinley in Alaska: durante questo viaggio “on the road”, Chris incon-trerà una serie di personaggi con i

quali creerà intensi rapporti affettivi che però verranno sempre spezzati bruscamente dalla sua voglia di raggiungere in solitudine l’incon-taminata natura dell’Alaska. Appassionato let-tore di quegli autori (Thoreau, London, Tolstoj) che nelle loro opere idealizzano la “wilderness” come esaltazione della libertà e della verità, Chris teorizza all’inizio un primato della natura sui rapporti umani, e non a caso in una delle prime scene del film viene citato il Lord Byron di Child Harlod Pilgrimage: “I love not man the less, but Nature more.” (Non amo meno gli uo-mini ma più la natura).Christopher, dopo due anni di peregrinazioni, giunge finalmente in Alaska, dove vive tra la na-tura più selvaggia per quattro mesi, finalmente felice per lo stato di libertà assoluta ed incon-taminata in cui si trova. Poco alla volta inizia tuttavia ad insinuarsi in lui una consapevolezza sempre crescente della necessità di avere rap-porti umani, che sfocerà nelle parole “la felicità è vera solo quando è condivisa”, che lui stesso scriverà nelle pagine del suo diario. Il cambia-

mento è però tardivo: Chris è allo stremo delle forze e la natura, che aveva così fortemente cercato, non gli darà la possibilità di tornare in-dietro; gli resta però il tempo di perdonare mo-ralmente i genitori, riconoscere la propria iden-tità e riappacificarsi con se stesso dopo aver toccato la libertà più estrema.Il film si colloca a pieno diritto nell’inesauribile filone del road movie di formazione della tra-dizione americana, e l’abilità registica di Sean Penn viene esaltata da una splendida fotogra-fia e dalla accattivante colonna sonora di Eddie Vedder.

A cura di FRANCESCA BOLOGNA

A cura di ANDREA FRANzONI

Volevamo cambiarci, è vero, controllare e regolare le nostre natura-li metamorfosi.

Svuotati di noi, costruirci, ognuno ad immagi-ne e somiglianza della perfezione che intrave-deva negli occhi dell’altro.Volevo essere l’uomo che ti immaginavo sognare, mentre mi dormivi accanto con il respiro ad accarezzarmi la schiena.

Volevo tu fossi la donna che sognavo, quando cedevo al sonno e mi addormentavo accanto a te.L’ho imparato col tempo, che la perfezione è un miraggio, che scompare e rimane la sete, e che ogni fiore muta, ma tanto impercettibilmente da sembrarci lo stesso, immutabile, eterno”Si guarda il ventre, lei, cercando di coglierne un movimento, anche minimo, ma niente. Lo sguardo ricade sulla lettera di lui, incancrenita fra le sue mani aperte.

“Ora che siamo cambiati, abbiamo il diritto di non servirci più. Mi riprendo la libertà di controllare le mie metamorfosi, a immagine e somiglianza dell’uomo che vorrei essere.”Una lacrima amara bagna le ultime sillabe, “ti amo” e il suo nome.

Si guarda il ventre, lei, ora che un sussulto lo invade. Si guarda le mani e la lettera di lui che sfila sul pavimento.

E piange, perl’uomo che non ha, per la donna che sarà e per il frutto ancora acerbo di un amore che porta in grembo, sognando di cambiare idea ed essere lei al suo posto.

l a storia è cambiamento. L’uomo, che della storia è il motore principale, nei secoli ha sviluppato conoscenze che

hanno influito sul suo modo di concepire se stesso e gli altri, modificato abitudini, plasmato ambienti a sua utilità e somi-glianza (con risultati non sempre apprez-zabili), disegnato confini entro cui tenta-

re di racchiudere popoli e tradizioni in continua evoluzione, combattendo per essi sanguinose guerre, capaci di alterare con violenza il normale corso evolutivo. In millenni di vicende umane tanto (forse troppo) è cambiato, seguendo l’inesorabile avanzare del tempo, che ha accompagnato la nascita, lo sviluppo e la morte di intere civiltà. È il panta rei, il tutto scorre di Eraclito, che scriveva sul concetto del divenire: «Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toc-care due volte una sostanza mortale nel mede-simo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va». Ogni istante della vita di ciascuno è in effetti la testimonianza di quanto il filosofo greco avesse ragione. Proprio per que-sto i grandi cambiamenti hanno origine nelle piccole cose, oppure le influenzano dall’alto. Prendiamo un esempio: Gavardo. E poi un altro ancora: il modo di spostarsi dei gavardesi sul territorio. Com’era un secolo fa? Decisamente diverso da quello attuale. Camminare era la re-gola, e già questo oggi sembra a tratti assurdo. Quando i chilometri da fare erano tanti, c’era la bicicletta: quanti di noi ora prenderebbero an-che solo lontanamente in considerazione l’ipo-tesi di andare fino a Brescia pedalando, magari su un ferrovecchio pesante e scricchiolante? Se la necessità era quella di trasportare della merce, c’erano i carri a trazione animale, con i quali solcare le pianure, ma anche salire e scende-re i pendii delle montagne. Bisogna immaginare le condizioni delle strade: sterra-te, piene di buche, polverose con il caldo, fradice di fango con la pioggia o dopo una nevicata. A volte pure peggio di così: le vie di collegamento fra le colline e il centro del paese, di cui rimangono alcune tracce oggi sfruttate come sentieri dagli amanti della montagna, erano strette lingue di terra, pietre e radici disegnate fra le piante. E c’erano le rotaie: prima quelle del tram, poi del treno. Sfogliando le pagine de «Il volto storico di Gavardo», libro edito nel 1988 dal Gruppo Grotte e dalla biblioteca, si scopre che la linea del tram a vapore iniziò a solcare il centro storico di Gavardo dal 1881. Non fu semplice mettere d’accordo tutte le istituzioni,

ma alla fine la Compagnie Générale de Chemins de Fer Secondaires, Sociétè Anonyme Belge di Bruxelles poté costruire la tratta che da Brescia giungeva in Valle Sabbia. Scrive Marcello zane nel volume storico: «La tramvia era sottoposta a limiti di velocità molto restrittivi (15-20 km/h), dovuti, oltre che ad effettive esi-genze di sicurezza stradale, anche a diffusi pregiudizi di natura psicologica. Prima di attraversare il paese, il tram si arrestava: un manovratore precedeva quindi il tram a piedi e avvertiva tutti del suo passaggio usando bandiera e trombetta». Ce n’era bisogno, nonostante la densa e ben visibile nuvola nera che il mezzo lascia-va dietro di sé. «Sul tramway di fine secolo non si viaggiava certo comodi, scon-quassati dai tremendi sobbalzi e dalle brusche frenate, seduti su panche di le-gno». Nel febbraio del 1907 il sodalizio belga passa la mano alla Società Elettrica Bresciana: dal vapore si arriva così all’elettricità. «Un’innovazione rivoluzionaria, che rende il tram più confortevole, più stabile, più pulito, bene illuminato e senza odori sgradevoli. Le carrozze diventano più confortevoli, color grigio perla, con i

sedili imbottiti per i posti destinati ai turi-sti diretti sul Garda, mentre la sera le scintille sprigionate dal trolley e dalla car-rucola fissata sul tetto della motrice face-vano del tram un elemento del paesaggio circostante». Le stazioni erano due: in via Cantarane (oggi via Fornaci) e sul ponte. Fino al 1932 i vagoni continuano a passare dal centro, prima di essere spo-stati sui binari del treno Rezzato-Vobar-no, che costeggiano il Naviglio fino alla Bolina (vicino al confine con Prevalle), poi attraversano il canale e il Chiese, giungono alla stazione (attualmente Cir-colo Combattenti davanti a piazza Aldo Moro) e proseguono verso la valle. Oggi,

soprattutto nelle abitudini dei gavardesi, della ferrovia rimangono poche tracce, così come degli altri metodi di locomozione. Il centro storico, che un tempo pullu-lava di passanti e ciclisti, che iniziò a vedere qualche macchina (poche, molto poche) dagli anni Venti e Trenta, è ora soprattutto un intreccio di strade asfaltate dove le auto vanno e vengono. Le piazze non sono quasi più punto d’incontro (e quando lo diventano vengono considerate spesso luoghi malfamati): servono per parcheggiare. Attorno al cuore di Gavardo transitano decine di migliaia di veicoli al giorno; c’è una tangenziale che, negli orari di punta, accoglie tanti veicoli quan-ti ne potrebbe servire un’autostrada. E tutto è diventato più veloce, frenetico, ner-voso, nel nome di un adattamento alla modernità che odora molto di profitto. Un gran cambiamento, non c’è che dire. In questo caso però, sul fatto che il cambia-mento significhi anche miglioramento ci sarebbe molto da discutere.

A cura di ALFREDO CADENELLI

metamorfosi qua..metamorfosi là..questo insolito argo-mento è stato trattato in tutte le salse.Voi, però, vi siete mai interrogati sul continuo cam-

biamento del vostro corpo? No? Male! Ma non preoccupatevi, l’ho fatto io per voi. Mentre guardavo delle vecchie fotografie, mi sono accorta di come si cresce senza rendersene conto e ho cominciato a chiedermi come sarà il mio aspetto, diciamo tra 30 anni.

Sapete, non è poi così difficile sco-prilo: l’università di St. Andrews, nel Regno Unito, ha creato un program-ma informatico per invecchiare i volti, e non solo. Siete curiosi di sapere

come sarebbe il vostro aspetto se foste nati in Africa oppure in Asia? Ecco fatto: basta andare sul sito www.faceofthefuture.org.uk, inserire una vostra foto e seguire le istruzioni…non mi resta che augurarvi una buona sorpresa!

A cura di MARCELLA LAzzARONI

I PROSSIMI CONCERTI PIU’ VICINI A NOI[13/12] SKA-P - PalaSHARP - Milano (MI)[13/12] BABYSHAMBLES - Alcatraz - Milano (MI)[15/12] NEGRAMARO - Assago - Milano (MI)[20/12] AFTERHOURS - PalaSHARP - Milano (MI)[14/2] NEGRITA - PalaSHARP - Milano (MI)[19/3] JOHN LEGEND - Alcatraz - Milano (MI)

A cura di LUCA GOFFI

A cura di FEDERICO MICHELI

EditoreComune di GavardoP.zza Marconi, 7Direttore ResponsabileTonni GianbattistaResponsabile di RedazioneSonia Braga

Redattori

Francesca BolognaAlfredo CadenelliLuca CortiniAndrea FranzoniLuca GoffiMarcella LazzaroniFederico Micheli

Vignettista

Francesca BolognaGraphic DesignerSara MoreniTipografiaTipolitografia GavardeseGavardo

Reg. al Trib di Brescia n°25 del 19 Agosto 2006

L’assessore alle politche giovanili Marco Piccoli è a disposizione dei giovani il mercoledi alle ore 15.30 presso la Biblioteca.

La metamorfosi è comunemente equiparata al cam-biamento.Il cambiamento è l’essenza della nostra storia.Sia essa la storia individuale o quella collettiva la musica non cam-bia.

Per quanto riguarda la prima, come non pensare innanzitutto alle tra-sformazioni fisiche: la comparsa dei dentini, poi quella dei primi peletti, poi ancora dei capelli bianchi e delle rughe. Si tratta di eventi che ven-gono accolti dalle persone con reazioni diverse, dall’entusiasmo alla paura, dall’imbarazzo alla rassegnazione.Reazioni che accompagnano pure le mutazioni che avvengono nel quotidiano. Un cambio di taglio di capelli, di vestiti, di profumo, di mar-ca; Neruda docet, chi non cambia “muore lentamente”.E cosa dire del cambio di abitudini? Sicuramente destabilizzante, ma sovente ricercato perché dà una sferzata ad una vita ritenuta mono-tona.

Spostiamoci ora sulla storia collettiva: gli esempi si affastellano nella mia mente in modo disordinato. Pensiamo al cambiamento dei confini geografici introdotto dai vari conflitti bellici e alla scomparsa dei confini causata da un conflitto invi-sibile, che dietro alla parola globalizzazione nasconde ben altro. Che dire del cambiamento dello stile di vita delle persone? Basta pensare a come eravamo anche solo cinquanta anni fa, dediti al lavoro e pieni di entusiasmo. Dov’è finito l’entusiasmo?A volte il panorama mi sembra desolante..SVEGLIA!! Risvegliamoci dal torpore!Ma ciò che mi spaventa di più è il cambiamento di mentalità: vedo che valori un tempo universali non vengono più considerati, vedo che quel-le che potevano essere chiamate verità hanno perso il proprio valore. E di fronte alla perdita di importanza di essi non posso fare a meno di chiedermi: stiamo davvero “andando avanti”?Il mio pensiero s’intuisce dalle premesse, ma è dovere di tutti soffer-marsi a riflettere e, dopo aver tratto conclusioni, agire di conseguen-za.

Ora quindi veniamo al nostro numero di OMEGA..il primo mutamento è chiaramente visibile nell’aspetto: la nostra grafica ha voluto rivoluzio-nare un poco sia l’interno che l’esterno.Quanto ai contenuti, preferisco non anticipare nulla e lasciarvi alla lettura di tante metamorfosi..

p.s. questo è l’ultimo numero di OMEGA stampato del 2008. I numeri stampati nel 2009 saranno due, ricordo sempre che la redazione è aperta e aspetta volenterosi che abbiano voglia di impegnarsi, in fon-do, solo per due volte in un anno.

Lunedì 10, 17, 24 Novembre e Lunedì 1 Dicembre 2008, ore 20.30-22.30, c/o Centro Giovani di Gavardo.

Mercoledì 11, 18, 25 Febbraio e Mer-coledì 4 e 11 Marzo 2009, ore 20.30-22.30, c/o Centro Giovani Gavardo.

...e tanto altro!

Domenica 30 Novembre 2008 aperitivo free, DJ set, mostra artistica e premiazioni del concorso “Stai manzo tutto l’anno”, ore 19.00, c/o Centro Giovani di Gavardo.

non è necessario strappare le pagine

della vita, basta voltare pagina, ricominciare e

cambiare