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ELEMENTI DI ORGANIZZAZIONE SCOLASTICA E LEADERSHIPPROF.SSA ANNA MARIA DI NOCERA

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Università Telematica Pegaso Elementi di organizzazione scolastica

e leadership

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice

1 L’ORGANIZZAZIONE: SIGNIFICATO E FUNZIONI -------------------------------------------------------------- 3

2 LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE ------------------------------------------------------------------------------------ 5

3 LE ORGANIZZAZIONE COMPLESSE --------------------------------------------------------------------------------- 12

4 STILI DI LEADERSHIP ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 16

5 L’ASSETTO ORGANIZZATIVO DELL’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA CENTRALE E

PERIFERICA ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 19

BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 23

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1 L’organizzazione: significato e funzioni

Può essere definita “organizzazione” l’insieme di persone, modalità operative, risorse e

processi consapevolmente strutturati e coordinati al fine di conseguire determinati obiettivi, volti al

raggiungimento di uno “scopo” prioritario.

Lo scopo è la Mission che serve ad orientare i comportamenti dei membri. Si tratta

dell’enunciazione delle finalità che l’organizzazione intende perseguire e dei valori in cui crede. È,

dunque, il punto di partenza della gestione strategica.

Una Mission chiaramente formulata deve informare su:

• l’identità, la tipologia giuridica, la composizione sociale dell’ente;

• i valori portanti e le regole di condotta;

• i prodotti, i servizi offerti, rispetto a specifici bisogni evidenziati;

• la tipologia dei clienti/utenti;

• il luogo in cui opera (ambiti geografici di riferimento);

• le caratteristiche con le quali l’ente/istituzione intende distinguersi;

• le risorse strutturali, strumentali, finanziari, umane di cui dispone

• i risultati attesi (a breve, medio, lungo termine,….)

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Per il suo raggiungimento, la Mission ha bisogno di essere comunicata attraverso una

Vision. Quest’ultima è la proiezione di uno scenario futuro che rispecchia gli ideali, i valori e le

aspirazioni che l’ente/azienda intende perseguire.

Gli obiettivi servono come direzione e motivazione per i dipendenti, linee guida per le

decisioni, standard di prestazione.

La disciplina dell’organizzazione si dedica

• allo studio di criteri generali di comportamento tesi ad ottimizzare l’uso delle risorse

disponibili;

• all’analisi dei processi di divisione del lavoro e di coordinamento fra più soggetti.

Si preoccupa di identificare il modo “migliore” per aggregare, coordinare, controllare, in

una parola “organizzare”, persone e tecnologie o più genericamente risorse.

In particolare è possibile distinguere:

- l’organizzazione interna, che include gli elementi o variabili che agiscono nell’ambito

aziendale;

- l’organizzazione esterna, che riguarda una serie di forze inerenti la relazione

azienda/ambiente in grado di produrre dinamiche economiche, competitive, tecnologiche, socio-

politiche.

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2 Le strutture organizzative

Nel concetto di organizzazione prevalgono una dimensione razionale e una dimensione

operativa. Ne consegue che due sono gli approcci con i quali può essere affrontato lo studio

dell'organizzazione: manageriale e strutturale.

La struttura organizzativa indica il modello di divisione e di coordinamento del lavoro, i

compiti di ciascuna unità organizzativa e il modo in cui i vari componenti dell’organizzazione si

rapportano reciprocamente in funzione dei rispettivi ruoli.

Le principali tipologie di strutture organizzative sono:

- la struttura gerarchico-funzionale

- la struttura divisionale

- la struttura a matrice

- la struttura per processo

- la struttura gerarchico-funzionale.

I principali elementi che connotano la forma gerarchico-funzionale sono:

gli ordini, che provengono unicamente dal superiore gerarchico;

la centralizzazione, che implica la concentrazione di tutti i processi decisionali in un unico

punto dell’organizzazione;

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il principio scalare, in base al quale i flussi di comunicazione si sviluppano a partire dalla

catena di comando.

La forma organizzativa gerarchico-funzionale presenta il vantaggio di garantire un’elevata

specializzazione all’interno dell’ente, ma anche una serie di svantaggi, connessi alla struttura rigida,

alla scarsa comunicazione tra le parti, alla frammentazione dei processi e dei compiti e spesso alla

scarsa motivazione sui processi.

La struttura divisionale è caratterizzata dai seguenti elementi:

il decentramento decisionale, che implica l’attribuzione alla delega di un’ampia

responsabilità;

la creazione di unità o centri operativi che operano per il conseguimento di determinati

compiti.

La struttura organizzativa divisionale si basa sul criterio di divisione orizzontale del lavoro.

L’autonomia gestionale delegata ai responsabili di aree funzionali implica l’esigenza di un

adeguato sistema di controllo di gestione.

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La forma organizzativa divisionale presenta una serie

di vantaggi: la riduzione della complessità;la riduzione dei conflitti interni;

la vicinanza all’utente.

Essa presenta, però , anche rilevanti svantaggi:l’aumento dei costi di struttura;

la duplicazione di funzioni,la competizione interna,

la scarsa interazione tra divisioni

LE OPPORTUNITALE OPPORTUNITA’’

La struttura a matrice è fondata sulla costituzione di piccoli gruppi di lavoro che

aggregano persone dotate di competenze specialistiche diverse e di ampia autonomia operativa e

decisionale. Si tratta di organizzazioni caratterizzate dalla scarsa definizione delle mansioni, dei

rapporti di autorità e delle linee di comunicazione.

La struttura a matrice trova possibilità applicative in aziende che operano per progetti

complessi, in cui il problema principale consiste nella coordinazione delle attività necessarie alla

realizzazione dei singoli piani operativi, secondo tempi e costi preventivati.

In tempi recenti molte organizzazioni hanno implementato una struttura organizzativa per

processi, aggregando le attività per processi chiave e riducendo i livelli gerarchici. Tale forma

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organizzativa si fonda sul lavoro di gruppo, sull’uso delle nuove tecnologie, sulla cooperazione,

sulle competenze degli operatori.

La struttura organizzativa di Mintzberg

Le ricerche dello studioso canadese Mintzberg concernenti la progettazione

dell’organizzazione aziendale sono sfociati nell’ideazione di un modello utile per la costruzione di

efficaci strutture organizzative negli enti, nelle aziende e anche nelle scuole.

Nel modello di Mintzberg l’organizzazione è definita come il complesso delle modalità

secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e viene realizzato il

coordinamento tra tali compiti.

Secondo Mintzberg in ogni assetto organizzativo vi è una serie di componenti che assolvono

funzioni distinte volte a soddisfare l’esigenza di governare i processi di funzionamento e le attività

complesse. Si tratta di componenti riconducibili a cinque elementi di base:

1. Il vertice strategico è composto da organi che operano nelle più alte posizioni della

struttura. Ad esso spettano decisioni importanti inerenti lo sviluppo e la sopravvivenza dell’azienda,

la definizione della strategia da perseguire. Il vertice costituisce il punto di riferimento per la linea

intermedia.

2. I Capi intermedi o linea intermedia è costituita da coloro che hanno la funzione di

tradurre gli obiettivi di fondo, fissati in sede di pianificazione strategica, in obiettivi particolari,

svolgendo funzioni di collegamento tra il vertice strategico e la linea operativa. Hanno autonomia

decisionale nel valutare come conseguire gli obiettivi assegnati dal vertice.

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3. La tecno-struttura comprende specifiche figure professionali responsabili di determinati

processi di funzionamento aziendale. Si tratta di un organo tecnico-organizzativo che affianca i

manager e fornisce loro specifici strumenti di programmazione e controllo.

4. Lo staff di supporto comprende organi che svolgono servizi di supporto e attività

ausiliarie alle altre unità aziendali, ad esempio: i servizi mensa, vigilanza, pulizia, ecc.

5. Il nucleo operativo è costituito da tutti gli operatori che si occupano dello svolgimento

delle attività primarie dell’ente/azienda, direttamente legate all’erogazione di servizi.

Secondo Mintzberg alcuni importanti meccanismi possono spiegare le modalità secondo cui

viene effettuato il coordinamento:

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- L’adattamento reciproco, rende possibile un coordinamento molto semplice

attraverso il processo della comunicazione informale. Con l’adattamento reciproco,

il controllo del lavoro resta nelle mani di coloro che lo eseguono.

- La supervisione diretta consegue il coordinamento attraverso una persona che

assume la responsabilità del lavoro di altri, dando loro ordini e controllando le loro

azioni. In questo caso l’adattamento reciproco non è sufficiente per coordinare tutte

le attività e, di conseguenza, è necessaria la presenza di un «regista», che le

sovrintenda.

- Con la standardizzazione, il coordinamento è raggiunto prima ancora di iniziare le

attività. Esistono tre modi fondamentali per realizzare la standardizzazione:

standardizzare i processi di lavoro, standardizzare l’output, standardizzare le

capacità e le conoscenze.

- I processi di lavoro vengono standardizzati quando si specificano o si programmano i

contenuti del lavoro. Gli output vengono standardizzati quando si provvede a

specificare i risultati del lavoro programmato e le performance. Le capacità e le

conoscenze sono standardizzate quando è specificato il tipo di formazione richiesto

per eseguire il lavoro.

- In linea generale è possibile affermare che non esiste un modello organizzativo

rispondente alle diverse esigenze che si possono riscontrare nelle varie tipologie dei

processi di lavoro. I modelli organizzativi, infatti, cambiano nel tempo, a seconda

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del settore lavorativo, in relazione al tasso di innovazione tecnologica, in base agli

stili di leadership.

La creazione di un’organizzazione efficace, efficiente, in grado di soddisfare i bisogni di

tutti coloro che la compongono, si presenta come un problema di non sempre facile soluzione. Per

questo richiede l’ausilio di sistemi, modelli e metodi scientifici che tengano conto e concilino

adeguatamente tutte le variabili in gioco.

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3 Le organizzazione complesse

Un argomento di particolare interesse nel management è l’applicazione della teoria della

complessità alla gestione delle organizzazioni. La teoria della complessità rappresenta un nuovo

approccio al sapere, orientato alla comprensione di sistemi fortemente interconnessi, quali, appunto,

le organizzazioni.

La teoria della complessità è una teoria in forte ascesa tra gli scienziati di tutto il mondo ma

le sue implicazioni pratiche risultano non del tutto note.

Fu lo studioso, nonché dirigente di grandi organizzazioni, Chester Barnard, alla fine degli

anni Trenta del Novecento, ad introdurre il concetto di organizzazioni complesse, riferito

principalmente alle organizzazioni di grandi dimensioni che si differenziano da quelle di piccole

dimensioni per il tipo, la varietà e l’intreccio delle relazioni socio-tecniche che le costituiscono.

Uno dei fattori più rilevanti che distingue e caratterizza questo tipo di organizzazioni è dato

dal fatto che, per gestire la complessità organizzativa vi sono strutture e persone che svolgono

funzioni diverse, sia per quanto attiene alle attività e ai compiti professionali, sia per il livello di

responsabilità (gerarchica) che svolgono nel governo dell’organizzazione, ovvero per la definizione

e gestione dei processi decisionali, organizzativi e lavorativi. Esistono, pertanto, strutture che

svolgono attività operative (devono fornire il prodotto e/o il servizio dell’organizzazione di lavoro),

altre che svolgono attività direttive, di coordinamento e programmazione, altre, infine, che

provvedono al servizio, in quanto sono di supporto per le une e le altre.

I sistemi complessi sono costituiti di elementi in interazione, ossia che interagiscono tra

loro e con l’ambiente circostante.

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Il concetto di complessità è strettamente collegato all’elevato numero degli elementi in

gioco nel fenomeno organizzativo (variabili umane, tecniche, materiali e immateriali); in secondo

luogo, esso presenta un numero piuttosto elevato di collegamenti (o interazioni) fra detti elementi,

cioè una molteplicità e varietà di relazioni infraorganizzative. Nelle organizzazioni complesse,

all’insorgere di un problema, i meccanismi di regolazione danno luogo a processi di ridefinizione

che portano al cambiamento organizzativo.

Alcuni studiosi hanno identificato tre leggi che caratterizzano i sistemi complessi e

dovrebbero dunque essere ricercate nelle organizzazioni per analizzarne la struttura.

La prima è la legge dell’apertura. Tutti i sistemi complessi sono aperti, poiché scambiano

elementi, energia ed informazioni con l’esterno. Un’organizzazione si apre mediante il passaggio di

informazioni interne/esterne: l’informazione può essere diffusa all’esterno (pubblicità, comunicati

stampa, ecc.) o venire acquisita all’interno (indagini di mercato, benchmarking, competitive

intelligence, ecc.). D’altra parte le organizzazioni, aprendosi, acquisiscono elementi di informazione

che possono essere considerati come apporto fondamentale per alimentarne la crescita, il

miglioramento e lo sviluppo.

I “sistemi aperti” sono caratterizzati da un ciclo continuo: input, trasformazione interna,

output e feedback.

La seconda legge delle organizzazioni complesse è la legge del riorientamento. I sistemi

complessi hanno l’importante caratteristica di riuscire a riorientarsi in seguito alle discontinuità

improvvise, alle esigenze nuove che sperimentano. In alcune situazioni è fondamentale che le

organizzazioni siano pronte a reagire a situazioni nuove, mediante una revisione della

pianificazione. La capacità di un sistema di evolversi dipende dalla capacità di passare a più

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complesse forme di differenziazione e di integrazione, nonché ad una maggiore flessibilità

sistemica, in grado di favorire la capacità di affrontare novità, sfide e opportunità poste

dall’ambiente in cui si colloca.

La terza legge delle organizzazioni complesse è la legge dell’equilibrio dinamico tra

continuità e discontinuità. I sistemi complessi devono poter mediare tra una situazione di continuità,

raggiunta attraverso l’instaurarsi di relazioni con tutti i possibili attori rilevanti per l’efficienza

operativa, e di discontinuità superando tollerando inefficienze, favorendo lo sviluppo di nuovi

processi organizzativi e modelli gestionali.

Per quanto concerne l’organizzazione scolastica, fino all’entrata in vigore della legge

59/1997 a prevalso una struttura di tipo burocratico-amministrativo.

A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso tutte le organizzazioni che forniscono servizi

sociali di pubblica utilità (sanità, scuola, assistenza sociale, etc.) sono state protagoniste di un

processo evolutivo particolarmente complesso tendente all’attivazione di politiche gestionali

orientate ai principi di qualità, efficacia, economicità, efficienza e personalizzazione dei servizi.

In particolare con la cosiddetta legge Bassanini (legge delega n. 59/97) si è dato avvio ad un

processo di riforma improntato al raggiungimento dell’autonomia dell’intero sistema scolastico

italiano.

Due processi hanno modificato lo scenario in cui si colloca l’organizzazione dello Stato e

della Pubblica amministrazione, determinando nuove modalità operative e organizzative: il

decentramento e il dimensionamento. Dal punto di vista organizzativo si è realizzato un ampio

decentramento di compiti e funzioni ai fini della gestione della complessità interna: introduzione di

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nuove funzioni e organismi; importanza del clima organizzativo, dell’autovalutazione e della qualità

totale; attuazione del passaggio dalla struttura organizzativa rigida alla cultura organizzativa

flessibile e aperta.

La scuola è, dunque, un’organizzazione che può essere letta come un sistema aperto al

centro di una rete di relazioni con il territorio. In tale ottica l’organizzazione scolastica non può più

essere governata da regole semplici, diretta secondo procedure lineari e consolidate nel tempo.

L’autonomia organizzativa e didattica contribuiscono ad accrescere la responsabilità progettuale

della scuola e la inseriscono in una rete di relazioni con il territorio che richiede capacità di

proposta, di negoziazione, di governo in termini certamente più impegnativi rispetto al passato.

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4 Stili di leadership

Il processo di leadership consiste nell'interazione di coloro che in una struttura organizzativa

occupano la posizione più elevata, altrimenti detti leader, col resto del gruppo.

Un leader non è tale per le sue caratteristiche intrinseche, ma per le competenze acquisite, la

capacità di interpretare il contesto operativo, di fondare la sua “autorevolezza” sulla convinzione e

sull’abilità di saper orientare consapevolmente il gruppo agli obiettivi, la sensibilità all’ascolto dei

bisogni degli utenti e degli operatori e un profondo rispetto per la vita emotiva di tutti gli attori

coinvolti nell’organizzazione.

La leadership non presuppone un approccio univoco a ogni situazione. Il leader, infatti, deve

sapere quando e come modulare il proprio stile direzionale per ottenere i risultati desiderati. Questo

concetto è alla base della teoria della leadership situazionale, nell’ambito della quale vengono

individuati quattro principali stili di leadership.

Lo STILE DIRETTIVO è caratterizzato da:

- alta attenzione all’operazione, bassa al rapporto;

- definizione dei ruoli dei collaboratori e controllo attento del loro operato;

- assunzione centralizzata delle decisioni e comunicazione in gran parte unidirezionale.

Lo STILE DELEGANTE è caratterizzato da:

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-attenzione bassa sia ai processi attivati sia alla relazione;

-scarso coinvolgimento nelle decisioni e nella risoluzione dei problemi, decentramento delle

decisioni e ampio uso della delega.

Si adotta con personale dotato competenza, motivazione ed affidabilità.

Lo STILE SUPPORTANTE è caratterizzato da:

-attenzione bassa al compito e alta al rapporto;

-comunicazione bidirezionale;

-facilitazione e partecipazione alle decisioni.

Si applica quando il leader definisce compiti e mansioni, ma è aperto a consigli e

indicazioni da parte dei collaboratori.

Lo STILE PARTECIPATIVO è caratterizzato da:

-attenzione alta sia al compito sia al rapporto;

-definizione dei ruoli e delle mansioni e ricerca di idee e suggerimenti da parte collaboratori.

In questo caso, il leader partecipa alle decisioni, intervenendo solo in caso di criticità.

La leadership partecipativa costituisce lo stile operativo di chi agisce in maniera consultiva,

ricercando i suggerimenti dei collaboratori e prendendoli in seria considerazione prima di prendere

decisioni, nonché nel corso di tutto il processo di realizzazione delle attività. Il leader partecipativo

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è attento ai bisogni del gruppo e si pone nella logica di fornire supporto. In particolare la

leadership partecipativa orientata al compito è uno stile di leadership orientato all’efficienza del

lavoro, che si focalizza sulla necessità di predisporre le migliori condizioni per il raggiungimento

dell’obiettivo, fornendo un supporto diretto ai collaboratori utilizzando la propria competenza,

metodologica o di contenuto.

Il leader che adotta questo stile tende a proporre obiettivi sfidanti, a dare indicazioni su

come svolgere il lavoro, ad assicurarsi che tutti abbiano adeguati strumenti e conoscenze. Questo

stile porta inoltre a fare attenzione al metodo di lavoro e alla sua condivisione all’interno del

gruppo, anche attraverso la sollecitazione di contributi per la sua definizione e per il suo

miglioramento.

Lo stile partecipativo orientato al compito consente, dunque, di massimizzare l’efficacia del

gruppo in termini di produttività e soddisfazione legata al conseguimento dei risultati, che vengono

vissuti dai membri del gruppo come rilevanti.

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5 L’assetto organizzativo dell’amministrazione scolastica centrale e periferica

L’assetto organizzativo dell’amministrazione scolastica centrale e periferica ha subito

significativi mutamenti negli ultimi anni, connessi ad una progressiva tendenza al decentramento

dei compiti, alla riduzione del numero dei Ministeri, alla revisione delle loro funzioni e della loro

struttura. In tal senso dispongono le norme contenute nel Capo II della legge delega n. 59/1997 e

nel decreto legislativo di attuazione n. 300/1999.

Prima della riorganizzazione operata con il DPR n. 347/2000 e con i successivi regolamenti

di organizzazione, emanati sulla base delle indicazioni del D. Lgs. n. 300/1999, la struttura del

Ministero della Pubblica Istruzione rappresentava un esempio di organizzazione divisionale

decentrata. Era costituita, infatti, da Direzioni Generali divise per ordini e gradi di scuola e da

ispettorati funzionalmente dedicati a specifiche aree.

Ogni Direzione Generale aveva i suoi uffici amministrativi e del personale.

Il regolamento di cui al DPR n. 347/2000 ha definito l’articolazione centrale e periferica

del MIUR, con l’abolizione delle Sovrintendenze e dei Provveditorati agli studi e l’istituzione degli

Uffici Scolastici Regionali e degli Uffici Scolastici Provinciali dipendenti da questi ultimi.

A LIVELLO CENTRALE il Ministero si articola in tre Dipartimenti:

- Dipartimento per l’Istruzione

- Dipartimento per l’Università, l’Alta Formazione Artistica e Musicale e per la Ricerca

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e leadership

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente

vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore

(L. 22.04.1941/n. 633)

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- Dipartimento per la Programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e

strumentali

Ciascun Dipartimento è, a sua volta, articolato in 4 Direzioni Generali

Il Dipartimento per l’istruzione si articola nei seguenti uffici di livello dirigenziale

generale:

- Direzione generale per gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione e per

l'autonomia scolastica

- Direzione generale per il personale scolastico

- Direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione e la comunicazione

- Direzione generale per l'istruzione e formazione tecnica superiore e per i rapporti con i

sistemi formativi delle regioni

Il Dipartimento per la programmazione comprende i seguenti uffici di livello dirigenziale

generale:

- Direzione generale per gli studi, la statistica e per i sistemi informativi

- Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio

- Direzione generale per le risorse umane del Ministero, acquisti e affari generali

- Direzione generale per gli affari internazionali

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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Il Dipartimento per l’Università, l’Alta formazione artistica e musicale e per la ricerca si

articola nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale:

- Direzione generale per l’Università, lo studente e il diritto allo studio universitario

- Direzione generale per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica

- Direzione generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca

- Direzione generale per l’internazionalizzazione della ricerca

Gli Uffici Scolastici Regionali, istituiti in ciascun capoluogo di Regione, hanno sostituito i

Provveditorati e le Sovrintendenze scolastiche regionali, soppressi con il D. Lgs. n. 300/1999. Essi

costituiscono autonomi centri di responsabilità amministrativa, ai quali sono assegnate tutte le

funzioni già spettanti agli uffici periferici dell’amministrazione.

In tal senso ciascun Ufficio persegue lo scopo primario di realizzare una pianificazione

delle scelte educative ed organizzative che si integri con la programmazione dell’offerta formativa

della Regione, di sostenere e facilitare il rapporto con gli enti locali e le scuole.

Il numero complessivo degli uffici scolastici regionali attualmente è di 18.

L'Ufficio Scolastico Regionale

vigila sul rispetto delle norme generali dell'istruzione e dei livelli essenziali delle

prestazioni, sull'attuazione degli ordinamenti scolastici, sui livelli di efficacia dell'azione

formativa e sull'osservanza degli standard programmati;

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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cura l'attuazione, nell'ambito territoriale di propria competenza, delle politiche nazionali per

gli studenti;

provvede alla costituzione della segreteria del Consiglio regionale dell'istruzione a norma

dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233

Ai sensi dell’art. 8 del DPR n. 17/2009, ciascun USR si organizza in uffici dirigenziali di

livello non generale non solo per funzioni ma anche per articolazioni sul territorio, con compiti

amministrativi, di monitoraggio, attività di assistenza, consulenza e supporto alle scuole di ciascuna

provincia per gli adempimenti amministrativi e contabili.

I provvedimenti legislativi esaminati hanno determinato il passaggio da una struttura

organizzativa di tipo verticale ad un modello poliarchico, in cui la nuova amministrazione centrale

svolge prevalenti funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento.

Lo snodo regionale, anche per il concomitante processo di revisione costituzionale,

costituisce il tassello più delicato del nuovo sistema formativo, in quanto impegnato a garantire il

necessario supporto e sostegno all’autonomia scolastica.

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(L. 22.04.1941/n. 633)

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Bibliografia

G. Cerini “Il nuovo Dirigente Scolastico tra leadership e management”, Ibs, 2010

A, Etzioni “Socioloogia dell’organizzazione”, Il Mulino, 2010

S. Zan “Le organizzazioni complesse. Logiche d’azione dei sistemi a legame debole” ,

Carocci, 2011

H. Mitzberg e F. Isotta “La progettazione dell’organizzazione aziendale”, Il Mulino, 2012

N. Capaldo, L. Rondanini “Il sistema italiano di istruzione e formazione”, Erikson, 2012

M.J. Hatch “Teoria dell’organizzazione”, Il Mulino, 2013