47
Astrofisica delle Galassie I parte IX Relazioni di Scala in Galassie a Spirale Laurea Specialistica in Astronomia AA 2006/07 Alessandro Pizzella

parte IX Relazioni di Scala in Galassie a Spirale · oggetti si muove su orbite differenti attorno al centro di massa dell’alone con il risultato finale che, per effetto di frizione

Embed Size (px)

Citation preview

Astrofisica delle Galassie Iparte IX

Relazioni di Scala in Galassie a Spirale

Laurea Specialistica in Astronomia

AA 2006/07

Alessandro Pizzella

Sommario

0) Introduzione 1a) misura della magnitudine 2b) misura della velocità 1) Relazione TF

Galassie a Spirale – Relazioni di ScalaRelazione di Tully-Fisher

Analogamente a quanto visto per le galassie ellittiche, anche le galassie a spirale hanno seguono delle relazioni di scala.

Formazione ed evoluzione delle galassie a spiraleSecondo il clustering gerarchico, deboli perturbazioni di densità nella materia oscura sono state sufficienti a determinare l’evoluzione del gas primordiale negli ammassi di galassie che vediamo oggi. Tali fluttuazioni di densità furono generate durante l’inflazione e l'instabilità gravitazionale le ha amplificate portandole alla formazione di aloni di materia oscura con un certo spettro di massa. Le strutture si sono poi accresciute gerarchicamente nel senso che gli oggetti più piccoli come gli aloni galattici si sono formati prima e, man mano che il tempo passava, si sono via via formate strutture più grandi come gli ammassi ed i super ammassi di galassie. Le galassie che vediamo oggi sono il risultato di unioni di diverse galassie più piccole. Lo spettro della funzione iniziale di massa degli aloni può essere derivato seguendo il formalismo Press-Schechter oppure utilizzando il risultato di simulazioni N-corpi. Il secondo è un approccio più empirico che si è mostrato molto efficace nel descrivere il merging degli aloni e nella costruzione degli “alberi di formazione”. Gli aloni di materia oscura sono stati inizialmente modellati come sfere isoterme ma modelli ad N-corpi hanno mostrato che tale approccio era troppo approssimativo ed attualmente il profilo proposto da Navarro, Frank e White, che presenta una cuspide di densità nel centro e non un core isoterma, è più propriamente usato per approssimare la densità della materia oscura nelle regioni centrali anche se è ancora suscettibile di modifiche.

Gli aloni sono composti da materia oscura con una frazione di materia barionica del circa

5%-10%. Una volta che l’alone virializza, il gas inizia a collassare in maniera dissipativa

e forma le galassie. White and Rees (1978) hanno modellato questo processo e hanno

derivato una funzione di luminosità in buon accordo con le osservazioni. Dato che il

collasso è un processo graduale le proprietà degli aloni e dei dischi di galassie sono

correlate. Prima di collassare, l’alone è riempito di gas alla temperatura viriale. Nel

raffreddarsi, il gas irradia la “binding energy” ma mantiene il momento angolare. Alla

fine si deposita sul disco supportato dalla rotazione, piatto, che sta formando stelle e con

un profilo di luminosità esponenziale ed una curva di rotazione piatta. Nel corso di questo

processo in cui il gas cade verso il centro per formare il disco, l’alone risponde

adiabaticamente e si contrae nelle regioni che circondano il disco. Quando viene

raggiunto un certo valore critico della densità del gas la formazione stellare inizia. Le

primissime stelle di grande massa che si formano influenzeranno le regioni a loro

circostanti arricchendo il mezzo interstellare di metalli che influenzeranno a loro volta il

tasso di raffreddamento del gas e aumentando quindi la velocità con cui collassa.

Inoltre l’energia cinetica liberata dalla supernove regolerà la formazione stellare inibendo

ulteriore formazione nella regione attorno ad essa.

Questo gioco tra l'instabilità del mezzo interstellare e la porosità regola la formazione

stellare in un disco. I metalli immessi nel mezzo interstellare influenzeranno le proprietà

della successiva generazioni di stelle. Il disco poi accresce non solo acquisendo gas dagli

immediati dintorni ma anche dalla cattura di galassie nane presenti nello spazio circostante.

Queste galassie nane si trovano nello stesso alone della galassia centrale e tutto l’insieme di

oggetti si muove su orbite differenti attorno al centro di massa dell’alone con il risultato

finale che, per effetto di frizione dinamica numerose galassie spiraleggiano verso il centro

dell’alone dove si trova la galassia più massiccia. I dischi coinvolti in questo processo

sopravvivono se sono più massicci rispetto all’oggetto che sta spiraleggiando di almeno un

fattore 10 (un incontro 1:10 ed esempio). La galassia acquisita viene completamente

distrutta e può depositarsi nel centro a formare il bulge, oppure nel disco spesso (thick

disk). Oltre un rapporto 1:3 nessun disco è in grado di sopravvivere e il risultato del

merging è probabilmente una galassia ellittica.

Andromeda ed il suo alone di

stelle

I teorici hanno sviluppato due tecniche alternative per modellare l’evoluzione delle galassie in dettaglio. Da un lato vi sono complesse simulazioni numeriche. Queste sono generalmente basate su simulazioni ad N-corpi combinate con idrodinamica (smoothed particle hydrodynamics o SPH) in modo da considerare la presenza di gravità, dinamica del gas, raffreddamento radiativo e processi di riscaldamento. La formazione stellare è inclusa in base a considerazioni fenomenologiche Il vantaggio di questo tipo di codici è nel trattamento diretto delle equazioni che descrivono la gravità e il raffreddamento del gas senza dover ricorrere ad assunzioni semplicistiche o a relazioni di scala. Il problema ovviamente è nella complessità dei conti, che richiedono tempi lunghi e notevoli volumi di calcolo. Riescono a riprodurre regioni relativamente limitate di universo e hanno una risoluzione spaziale e temporale altrettanto limitata. Inoltre formazione stellare e feedback (cioè l’auto regolazione del tasso di formazione stellare dovuta alle esplosioni di supernova etc.) sono trattate in maniera molto approssimata (vedi filmato Steimetz). Dall’altro lato troviamo i modelli semianalitici. Questi modelli contengono descrizioni semplificate dei vari processi che agiscono nella formazione delle galassie come la formazione ed evoluzione degli aloni di materia oscura, il raffreddamento del gas all’interno degli aloni, il collasso del gas che va a formare un disco e la successiva evoluzione del disco, la formazione delle stelle ed il feedback, l’effetto della metallicitá, il merging di galassie e la formazione degli sferoidi, proprietà delle galassie quali la luminosità ed il colore.

Il vantaggio dei modelli semianalitici è che possono essere utilizzati ad ogni risoluzione

spaziale e temporale e che sono molto flessibili. Quest’ultimo punto è però anche uno

svantaggio in quanto la libertà nei parametri di input indebolisce le conclusioni dei risultati.

Questo è il motivo per cui i modelli s.a. hanno pesantemente bisogno di essere calibrati con

dati osservativi. Inoltre non sono in grado di trattare il raffreddamento del gas in maniera

auto-consistente dal punto di vista idrodinamico ma devono utilizzare pesanti semplificazioni.

Tully e Fisher hanno trovato questa importante relazione tra la luminosità e la velocità di

rotazione del disco nelle galassie a spirale. È una relazione utilissima per la determinazione

della scala delle distanze etc. Nonostante ciò rimane una relazione empirica in quanto non è

stata ancora capita dal punti di vista fisico. Il fatto che sia valida in un ampio intervallo di

masse significa che la sua esistenza è dovuta ad un fondamentale legame tra la massa della

galassia, la storia di formazione stellare, il momento angolare specifico ed il contenuto e

distribuzione della materia oscura.

Sia la pendenza che il punto zero devono essere spiegati negli scenari descritti in precedenza

(ed ovviamente devono essere riprodotti dai modelli semi-analitici o N-body).

Relazione di Tully-FisherCosa è la Tully-Fisher? È una relazione empirica tra la luminosità di galassie a spirale e la velocità di rotazione del gas (tipicamente HI).

La magnitudine della galassia deve essere corretta per estinzione esterna (nostra galassia, lo sappiamo già fare) ed interna. A differenza delle galassie ellittiche, generalmente povere di gas, le galassie a spirale possono essere significativamente oscurate da assorbimento interno. Ovviamente la magnitudine va poi riportata alla magnitudine assoluta in base alla distanza.

La velocità deve essere invece deproiettata opportunamente per l’inclinazione.

È possibile sviluppare un ragionamento analogo a quanto fatto con il FP per capire se una relazione come la TF è attesa oppure no, e che cosa significa. Per il FP si era partiti dal teorema del viriale. Nel caso di galassie a spirale conviene partire direttamente dalla velocità di rotazione.

Indichiamo con V0 una velocità di rotazione caratteristica di una galassia. Questa potrebbe

essere la V di massima rotazione, la V asintotica del tratto piatto, la V ad un fissato raggio etc.. Chiamiamo M la massa gravitante (cioè tutta la massa, luminosa e oscura) della galassia e r

c un raggio tipico caratteristico della galassia come può essere il raggio di

scala. Possiamo allora dire che

V 02= GM

r c1

è un fattore che tiene conto della struttura e cinematica della galassia (ad esempio, per

un disco esponenziale la curva di rotazione è sempre la stessa con il massimo della V a circa 2.3 raggi di scala). Definiamo ancora un po’ di utili parametri. =M

dark/M

lum è il

rapporto tra la massa della materia oscura e luminosa presenti nella galassia; 0=M

lum/r

c

2 è

la brillanza superficiale caratteristica della galassia; L la luminosità totale e Mlum

/L il

rapporto Massa-luminosità della sola componente luminosa (da non confondere con il

rapporto M/L totale). In questo modo posso scrivere M=(1+)Mlum

e l’equazione (1) può

essere riscritta come

V 04=G 2 M 2

2 r c2=L [ M lumL G 2 12

20] 2

Mlum

/L dipende solo dalla popolazione stellare. Se le popolazioni sono tutte simili è

costante, non cambia da una galassia all’altra. è anche costante se le galassie sono tutti

dischi esponenziali. idem. 0 si vede dalle osservazioni che cambia poco da una galassia

all’altra. Il termine entro la parentesi quadra contiene termini che sono essenzialmente costanti nel caso in cui le galassie a spirale siano tutte omologhe, caratterizzate dalla stessa struttura. Se questo fosse vero, allora abbiamo trovato una spiegazione della TF dato che l’equazione (2) dice che la luminosità totale L è proporzionale alla velocità di rotazione V4. Il fatto che esista la relazione TF conferma in qualche modo che le nostre assunzioni erano fondate. Esiste una regolarità nei pocessi che formano le galassie a disco sia per quanto riguarda la formazione stellare (M

lum/L) che per la formazione della

galassia ().

Spesso la relazione TF viene utilizzata in forma logaritmica per cui l’eq. (2) diventa

L =V 04[ M lumL G 2 12

20]

−1

3

log L =4logV 0−log [ M lumL G 2 12

20]=alogV 0−b 4

Abbiamo trovato l’equazione di una retta. L’esponente 4 è la pendenza della retta mentre il termine noto contiene il rapporto M

lum/L, e

0.

Misure per la TF

Per determinare la TF servono misure di velocità e della magnitudine totale della galassia.

Magnitudine. Per la determinazione della magnitudine totale assoluta delle galassie a spirale valgono le stesse considerazioni fatte per le galassie ellittiche. Sono necessarie le correzioni per l’estinzione della nostra galassia, la conoscenza della distanza della galassia, eventuale K-correction. Le galassie a spirale, a differenza delle ellittiche, sono ricche di gas e polveri. È quindi necessario correggere per l’estinzione interna alla galassia. La correzione dipende dalla profondità ottica della polvere e dalla frazione di

luce che non viene oscurata f. Dipende dall’inclinazione della galassia: più è inclinata più forte è l’estinzione interna in quanto la luce deve attraversare una colonna di polvere maggiore. A seconda dell’inclinazione i della galassie l’estinzione in magnitudini vale:

Ai =− .2 5log {f 1e− sec i 1−2f 1−e− sec i seci } 5

Tipici valori sono f≈ 0.25 e τ ≈ 0.55 in banda B)

La legge di estinzione descritta in equazione (5) con i valori di f≈ 0.25 e τ ≈ 0.55.

Un modo empirico di trattare l’estinzione considera la dipendenza dall’inclinazione come

M=Mi-M

0= log(b/a) (6a)

M=Mi-M

0= log( cos(i) ) (6b)

dove b/a è il rapporto assiale apparente della galassia. In questo modo si può determinare la differenza di magnitudine, dovuta all’estinzione, funzione dell’inclinazione.

Questo fatto torna utile per poter determinare il valore dell’estinzione. Vi sono grandezze come la magnitudine assoluta di una galassia che non dovrebbero dipendere dall’inclinazione. Dato che l’assorbimento interno dipende proprio dall’inclinazione sotto cui vediamo una galassia, eventuali variazioni della magnitudine assoluta in funzione dell’inclinazione sono dovute proprio all’estinzione.

INCISO L’inclinazione di una galassie influenza anche un altro osservabile che è la brillanza superficiale.

i

a

a/cos i

La brillanza superficiale L per i=0 è data dalla densità volumetrica dv per a: L

0=d

v a; se

osservo la galassia con in inclinazione i vedrò una brillanza supeficiale L= dv a/cos i =

L0/cos i. Passando alle magnitudini -2.5log(L)=-2.5log(L

0/cos i) -->

=0-2.5 log ( cos i )

In questo caso la magnitudine totale della galassie non è cambiata. All’aumento della brillanza superficiale consegue anche una riduzione dell’area ricoperta dalla galassia nel

piano del cielo: per una galassia di faccia A0=a2/4 (a=diametro). Una galassia inclinata

appare come un ellisse di assi a e b=acos i e di A=ab/4= cos i a2/4 = A0 cos i.

Se si calcola la luminosità totale come la brillanza superficiale L per l’area si vede subito che AL=A

0L

0 non dipende dall’inclinazione. Tutto questo chiaramente trascurando la

questione dell’estinzione.

FINE INCISO

La funzione di luminosità delle galassie vicine (SDSS), ad esempio, dipende dalla inclinazione. Dato che l’inclinazione non è nota, si può utilizzare il rapporto assiale apparente b/a. Nella figura qui sotto si vede che (scelta una banda) costruendo due LF con due diversi bin di rapporto assiale b/a si ottengono due LF con due M* diverse. Le galassie con b/a alto, e quindi poco inclinate, sono mediamente più brillanti delle galassie con b/a basso e più inclinate.

Come si vede alla funzione di distribuzione di b/a, b/a non è un indicatore perfetto dell’inclinazione. Infatti la sua distribuzione non è piatta mentre quella dell’inclinazione dovrebbe esserlo. La probabilità con cui una galassia sia inclinata di un qualche angolo è sempre la stessa, tutti gli angoli di inclinazione sono ugualmente probabili.

La differenza è dovuta a 3 fattori: la mancanza di galassia con b/a~1 è dovuta al fatto che i dischi non sono perfettamente circolari ma possono avere una forma leggermente schiacciata; la mancanza di galassie con b/a~0 è dovuta allo spessore intrinseco del disco (il raggio di scala verticale tipico di un disco è circa il 10% del suo raggio di scala) e dal fatto che il bulge, nelle galassie viste di taglio, sporge rispetto al disco ed aumenta lo spessore apparente della galassia. La cosa può essere trattata in modo empirico ma matematicamente complicato con formule che vanno al di la della semplice

cos i = q 2−q 02

1−q 02

7

che non considera, ad esempio, dischi ovali. È possibile scrivere

cos i =b /a =f ,,, 8Dove intervenono come parametri gli angoli di vista della galassia (,) e quelli strutturali

(=spessore e =ellitticità )

Misura della Velocità

La velocità di rotazione della galassia viene misurata essenzialmente in due modi: dall’HI e dall’H.

HI = osservazioni radio nella riga a 21cm. Inizialmente è così che è stata trovata la TF

H = curva di rotazione

HI (o H non risolta) Come abbiamo già visto nello studio della cinematica, le

tipiche misure HI non vengono ottenute con una risoluzione spaziale molto alta. Infatti già per poter avere una risoluzione dell’ordine dei 15” sono necessarie array di antenne con una linea base di almeno qualche chilometro (interferometria radio). Antenne singole, anche grandi, non hanno la possibilità di risolvere spazialmente le tipiche galassie a spirale. La risoluzione in velocità è invece adeguata. La mancanza di risoluzione spaziale non costituisce alla fin fine un grande ostacolo. Lo spettro zero-dimensionale (come quello di una stella per la quale non abbiamo alcuna informazione spaziale) appare tipicamente come un profilo simmetrico con due massimi simili. Sapendo già a priori che le galassie a spirale ruotano su se stesse abbiamo facilità ad interpretare il profilo come quello di un disco ruotante non risolto spazialmente.

La larghezza della riga spettrale è quindi legata alla differenza di velocità dei due lati del disco: maggiore è la larghezza della riga, maggiore è la rotazione. Bisogna ovviamente tenere conto dell’inclinazione del disco. Ma come si misura la larghezza del profilo della riga 21cm?

Un modo molto usato è quello di considerare la larghezza misurata al 20% dell'intensità massima indicato come W

20 (così ha fatto Tully) ma alcuni preferiscono la larghezza al

50% dell'intensità massima (W50

). I valori possono necessitare di correzioni per la

larghezza strumentale e per la turbolenza del gas che vale ~38 km/s e che va sottratta quadraticamente alla W misurata. Ovviamente la velocità che si misura è proiettata lungo

la linea di vista e bisogna deproiettarla: 2Vmax ≈ Wi= W20/sen i.

Andando a z alti, la risoluzione spaziale diminuisce sempre di più. Vi sono situazioni in cui la risoluzione è quasi nulla e paragonabile a quella di osservazioni radio one-dish.

H (o HI risolto). Qui la situazione è più semplice, o meglio siamo in grado di

vedere la velocità di tutta la curva di rotazione. Vi sono diverse scelte. Si può prendere il valore della rotazione massimo oppure a raggi fissati. Quale è la migliore? Dipende.

Ropt

=R25

=3.2Rd

A seconda della distanza a cui prendiamo la velocità lo scarto della TF cambia. La distanza che sembra dare lo scarto minimo è ≈0.7R

d≈ .2 2h (h = raggio di

scala del disco esponenziale) e cioè vicino alla velocità massima del disco che cade a circa 2.2h. Per poter svolgere questo tipo di analisi sono chiaramente necessarie curve di rotazione e non osservazioni HI zero dimensionali.

Il prendere la Vmax

sembra invece non essere la scelta migliore in quando la relazione

appare meno definita.

Esempio di TF in banda K derivata per tre diverse scelte di V: W20

dalla riga 21cm

dell’HI, 2Vmax

dalla curva di rotazione e 2Vasymp

dalla curva di rotazione

Evoluzione della TF con zLa relazione TF viene usata per determinare le distanze similmente alla relazione D

n-

ma non discutiamo qui questo aspetto. Analogamente al FP la TF viene utilizzata per evidenziare l'evoluzione delle galassie a spirale con il redshift. Lo scenario HC prevede che il rapporto tra la massa in stelle e la massa totale (il rapporto M/L globale quindi) sia simile ad ogni z dato che le galassie grandi si sono formate dalla fusione di galassie più piccole. Il collasso monolitico prevede invece che le galassie abbiano un rapporto M/L più alto in quanto il gas, presente nell’alone di materia oscura ormai già ben formato, deve ancora trasformarsi in stelle. In questo secondo caso l’evoluzione della componente stellare potrebbe potare un effetto opposto dato che il suo rapporto M/L tende a diminuire nel tempo. Questi effetti possono in principio essere rivelati dallo studio della evoluzione della TF con z. Similmente al caso del FP, quello che si cerca di misurare, ma con esiti ancora incerti, è l’eventuale variazione della pendenza e/o del punto zero della relazione (vedi eq. (4)).

Esempio di lavoro sulla TF a z=1 (Smith et al 2004 MNRAS, 354, L19). L’evoluzione di vede a fatica.

Altro lavoro (Ziegler et al. 2003, ApJ 598, L90). Qui è mostrato il campione di galassie, estratto dal FDF (i punti sono le galassie mentre l’istogramma la distribuzione delle magnitudini assolute secondo la scala sulla destra)

Evidenziano una qualche evoluzione della pendenza

Evidenziano una qualche evoluzione della pendenza

Le linee sono il miglior fit (secondo diversi algoritmi) dei dati (linee meno pendenti e punti grandi) e delle galassie a z=0 (linee più pendenti e punti piccoli).Sembra che le galassie più luminose siano evolute poco rispetto quelle meno luminose. Questo è contro allo HC.

Per fare questo è necessario fare modelli e misure come già abbiamo visto studiando la cinematica di galassie ad alto z, ovvero nel caso in cui la galassia cade quasi tutta nella fenditura. Le immagini HST (o ad alta risoluzione) sono quindi comunque molto utili

Legge di FreemanFreeman ha per primo descritto il profilo radiale di brillanza superficiale con la legge esponenziale I r =I 0 e− r /h 2.1

Utilizzando un campione di galassie a spirale nel 1970 Freeman ne ha determinato la brillanza superficiale centrale estrapolando l’equazione (2.1) fino ad r=0 nelle galassie dove il bulge aveva un contributo significativo. La legge che Freeman ha trovato e che descrive come la brillanza superficiale centrale dipende da altri parametri delle galassie è

Che tradotta in magnitudini diventa

=01.086 r / h 2.2

B 0=21.7±0.3 mag arcsec−2 2.3

La (2.3), detta legge di Freeman, significa che 0 è costante per tutte le galassie, o meglio

ha una distribuzione gaussiana di media 21.7 (in banda B) e pari a 0.3.

In realtà si è visto negli anni che si trattava di un effetto di selezione. Esistono dischi stellari con

0 significativamente al di sotto del valore di 21.7.

Vengono definite come galassie a bassa brillanza superficiale (LSB = Low Surface Brightness) quelle galassie con

0>22.7 (in banda B, 23.5 in band I) e cioè almeno 3

sigma al di sotto della distribuzione definita dalla legge di Freeman.

Oggi si sa che le galassie LSB sono molto numerose. La definizione di galassia LSB è in realtà un po’ vaga. In teoria sono le galassia a disco con

0>22.7

ma in pratica non è così facile individuarle.

0 dipende

dall’inclinazione per cui una galassia può avere

0<22.7

perché molto inclinata ma essere LSB. Vi sono poi galassie che non sono “formalmente” LSB in quanto la brillanza superficiale centrale è <22.7 in quanto hanno un bulge relativamente brillante, ma con un disco LSB.

Le galassie LSB sembrano aver seguito una storia evolutiva che non le ha portate a posizionarsi nella sequenza di Hubble classica. Le galassie LSB sono generalmente dominate dal disco e late-type (anche se le molte galassie LSB dominate generalmente dal bulge possono non essere state classificate come LSB) oppure galassie giganti (tipo Malin 1). Tendono ad avere poca formazione stellare, sono ricche di gas, e sembrano essere poco evolute. Le masse di HI sono dell’ordine dei 109M

⊙ e la densità superficiale

di HI è solo poco al di sotto della densità critica per innestare la formazione di stelle. Sono in genere presenti gradienti di colore nel disco con la regione interna del disco più rossa della regione esterna. Si tende ad interpretare le galassie LSB come galassie a disco dotate di un momento angolare maggiore che ne ha contrastato il collasso. Tendono infatti ad avere un raggio di scala maggiore delle galassie HSB. Questo è il motivo che ne ha in qualche modo rallentato l’evoluzione inibendo la formazione stellare. Sono ancora oggetto di studio e, considerando il fatto che la metà delle galassie a disco sono LSB, sono galassie attualmente sotto-studiate relativamente alla loro importanza. Le galassie LSB sono invece molto studiate per quanto riguarda la distribuzione della materia oscura in quanto si ritiene che ne siano dominate anche nelle regioni centrali.

▵ LSB

o HSB * S0 Ellittiche

□ nucleari

Malin 1

Malin 1Si tratta di una galassia molto particolare. Scoperta per caso (1987) esaminando lastre del Virgo cluster. Nella fig. si vede una spirale di Virgo e Malin 1 (indicata dalla freccia). Virgo si trova a circa 17Mpc, Malin 1 a 450Mpc. Ha un diametro circa 6 volte quello della Via Lattea, una brillanza superficiale estremamente bassa ed una enorme quantità di HI (1011M

⊙)

oltre ad un nucleo di tipo Seyfert di bassa luminosità. I dati sembrano indicare che si tratta di

una galassia che non è evoluta e non sta evolvendo. La sua composizione chimica deve essere cambiata poco nel tempo e il disco HI potrebbe essersi formato anche a z=2 per rimanere quiescente fino ad oggi.