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1 Percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la Sclerosi Multipla Proposte di aggiornamento della delibera 525 31.05.2004 Coordinatore Prof. Gian Franco Gensini Gruppo di lavoro. Linee di indirizzo regionali per l’organizzazione e la gestione del paziente con Sclerosi Multipla in fase recidivante remittente Aldo Amantini, Maria Pia Amato, Pasquale Annunziata, Nicola De Stefano, Cristina Frittelli, Leonello Guidi, Luca Massacesi, Gianluca Moscato, Pasquale Palumbo, Sauro Severi Gruppo di lavoro. La fase intermedia e avanzata della malattia, riabilitazione e presa in carico territoriale. Benvenuti Francesco, Dei Simona, Iudice Alfonso, Laddaga Cristina, Lombardi Bruna, Marconi Roberto, Massacesi Luca, Maurri Sandro, Pagliacci Donatella, Repice Anna Maria, Sanquerin Andrea, Ulivelli Monica Gruppo di Lavoro: Analisi dello Stato dell’arte Monica Ulivelli (Neurologia, Siena), Paolo Francesconi (Agenzia Regionale Sanità), Giuseppe Meucci (Neurologia, Livorno)

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Percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la Sclerosi Multipla

Proposte di aggiornamento della delibera 525 31.05.2004

Coordinatore Prof. Gian Franco Gensini

Gruppo di lavoro. Linee di indirizzo regionali per l’organizzazione e la gestione del paziente con Sclerosi Multipla in fase recidivante remittente Aldo Amantini, Maria Pia Amato, Pasquale Annunziata, Nicola De Stefano, Cristina Frittelli, Leonello Guidi, Luca Massacesi, Gianluca Moscato, Pasquale Palumbo, Sauro Severi Gruppo di lavoro. La fase intermedia e avanzata della malattia, riabilitazione e presa in carico territoriale. Benvenuti Francesco, Dei Simona, Iudice Alfonso, Laddaga Cristina, Lombardi Bruna, Marconi Roberto, Massacesi Luca, Maurri Sandro, Pagliacci Donatella, Repice Anna Maria, Sanquerin Andrea, Ulivelli Monica Gruppo di Lavoro: Analisi dello Stato dell’arte Monica Ulivelli (Neurologia, Siena), Paolo Francesconi (Agenzia Regionale Sanità), Giuseppe Meucci (Neurologia, Livorno)

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Indice

Premessa pag. 1 1. La malattia pag. 4 2. Diagnosi, terapia e monitoraggio della fase recidivante remittente

pag. 5 2.1 Sviluppi recenti e complessità assistenziale 2.2 Aspetti Diagnostici e Terapeutico-Assistenziali

2.2.1 Diagnosi 2.2.2 Procedure diagnostiche clinico strumentali

- Storia clinica personale e familiare e visita neurologica. - Risonanza Magnetica dell’encefalo e del midollo spinale - Esami di laboratorio per la diagnosi - Rachicentesi diagnostica per lo studio del liquor - Studio dei potenziali evocati (PE)

2.2.3 Comunicazione della diagnosi 3. La terapia pag. 9

3.1 Aspetti generali 3.2 Terapie di seconda linea

4. Il PDTA della fase Recidivante Remittente ed i suoi aspetti organizzativi pag. 10

4.1 Destinatari della proposta 4.2 Obiettivi 4.3 I centri Sclerosi Multipla 4.4 Le strutture e le figure professionali 4.5 Criteri di accreditamento dei Centri SM ospedalieri 4.6 Compiti dei Centri SM 4.7 Compiti del MMG e/o delle AFT 4.8 La rete dei servizi 4.9 Fattibilità delle reti

5. La fase intermedia e avanzata della malattia, riabilitazione e presa in carico territoriale. pag. 16

5.1 Destinatari del Percorso 5.2 Obiettivi 5.3 Caratterizzazione del paziente con SM in queste fasi di malattia 5.4 Definizione del PDTA in queste fasi di malattia 5.5 Indicazioni per la qualità del PERCORSO

5.5.1 Compiti delle ASL 5.5.2 Compiti del MMG 5.5.3 Compiti del team riabilitativo territoriale (ove presente) 5.5.4 Compiti del Centro Sclerosi Multipla 5.5.5 Compiti del Comune 5.5.6 Compiti dell’Associazione dei pazienti

6. Considerazioni conclusive pag.

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PREMESSA

Il presente documento vuole integrare sviluppare e aggiornare la delibera regionale Toscana 525/2004 riguardante il percorso assistenziale del paziente con sclerosi multipla (SM), ponendosi quale linea guida per percorsi di presa in carico per il paziente con sclerosi multipla (SM;), nell’ambito della complessiva rete assistenziale toscana. Scopo del documento è quindi in particolare, un aggiornamento di modi e finalità della presa in carico del paziente con SM da parte del Servizio Sanitario Regionale (SSR). Dalle caratteristiche cliniche e di storia naturale di questa malattia, descritte sinteticamente nel Paragrafo 1, si ricava che il paziente ha necessità di una presa in carico fin dal momento della diagnosi, che questa deve proseguire per tutta la durata di una malattia con caratteristiche variabili nelle diverse fasi. Per questo i percorsi e le modalità di presa in carico sono stati affrontati e differenziati tenendo conto della variabilità dei bisogni nelle diverse fasi. Nella sua realizzazione la presa in carico quindi non deve tendere a soddisfare solo i bisogni sanitari e socio-sanitari della persona ma anche le esigenze di piena inclusione sociale, e di mantenimento dell’attività lavorativa garantendo servizi e interventi differenziati, tra loro integrati, che si modifichino in base all’evolversi dei bisogni. La persona con SM infatti durante le diverse fasi di malattia - recidivanti-remittenti (RR) e croniche progressive (CP) – deve essere sempre in grado di identificare un punto di riferimento certo, eventualmente anche con funzioni di cabina di regia, che coordini l’intero percorso di presa in carico suddetto. Questo il più possibile in prossimità del suo ambiente di vita e con modalità personalizzate. Nelle diverse fasi di malattia i punti di riferimento del paziente sono stati identificati nei Centri Ospedalieri o nel territorio. Il presente documento identifica le modalità con cui la presa in carico prevarrà ora su una ora sull’altra sede, ma stabilisce anche che i soggetti individuati devono essere messi in condizione di svolgere il proprio ruolo con il contributo dell’altro in qualunque fase della malattia. Nella fase iniziale la SM è caratterizzata da necessità di: - diagnosi precoce (le cui modalità sono recentemente mutate e sono qui richiamate sotto forma di linee guida; paragrafo 2); -valutazioni cliniche e trattamento di episodi acuti in tempi brevi; - terapie mediche croniche, talvolta rischiose, che è stato dimostrato sono capaci di prevenire lo sviluppo di invalidità (paragrafo 3). In questa fase la presa in carico dovrà essere localizzata prevalentemente nei Centri Clinici Ospedalieri. Alla definizione del modello di presa in carico di questa fase, di regola caratterizzata dalla forma RR, è dedicato il paragrafo 4. Nella fase avanzata, caratterizzata invece da progressivo sviluppo di invalidità irreversibile e non modificabile da terapie mediche (a parte quelle sintomatiche), la presa in carico si sposterà gradualmente dai Centri ospedalieri finendo per prevalere nel territorio. Alla definizione di questo modello di presa in carico è dedicato il paragrafo 5. Tuttavia, i due attori individuati, dovranno essere sempre messi in condizione di svolgere il proprio ruolo con modalità integrate. In qualunque contesto inoltre la centralità della persona e quindi la personalizzazione degli interventi, deve considerarsi principio trasversale ad ogni fase ed azione del percorso di presa in carico.

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1.0 La malattia

La sclerosi multipla (SM) è la più frequente malattia infiammatoria demielinizzante del sistema nervoso centrale (SNC), che esordisce prevalentemente in età adulta tra i 20 e i 40 anni d’età, con un rapporto donna: uomo pari a 2-3:1. In questa fascia di età la SM rappresenta la più comune causa di disabilità neurologica, dopo i traumi. L’esordio prima dei 18 anni è raro e comprende solo il 3-5% di tutti i casi di SM. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito la SM tra le malattie socialmente più costose, poiché interessa soggetti nella fascia di età giovanile-adulta, normalmente la più produttiva, comporta una disabilità progressiva nel tempo con impatto negativo sulla qualità di vita e impegno di cospicue risorse sanitarie e ha una lunga durata, stimata in media intorno a 40 anni dall’esordio clinico. L’eziologia della malattia rimane ad oggi non completamente chiarita. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di una patologia multifattoriale in cui elementi di natura sia genetica che ambientale contribuiscono a innescare una reazione infiammatoria su base autoimmunitaria rivolta contro antigeni della guaina mielinica e del SNC. Poiché la SM può colpire qualsiasi area del SNC, può determinare, dal punto di vista clinico, un’ampia varietà di segni e sintomi neurologici, rappresentati più spesso da alterazioni della motilità e coordinazione, della sensibilità, della vista, dei movimenti oculari, disturbi sfinterici e sessuali, disturbi cognitivi, faticabilità e depressione. Il decorso è cronico e può comportare nel tempo livelli rilevanti di disabilità sia a carico delle funzioni motorie che cognitive, con elevati costi sociosanitari. La SM è caratterizzata di regola da una evoluzione clinica caratterizzata da necessità diverse in fasi diverse e da un passaggio graduale dall’una all’altra fase:

- Fasi iniziali nelle quali prevalgono le necessità di diagnosi di patologia, di definizione delle caratteristiche individuali della persona che ne è affetta, e di impostazione di una strategia medica. Questa fase è caratterizzata da intensa e sostenuta attività di aggressione immunitaria delle strutture nervose, variabile da paziente a paziente, necessita accurato monitoraggio della storia naturale o della risposta alle terapie ed è suscettibile ai trattamenti con i farmaci modificanti la storia naturale della malattia (immunomodulanti ed immunosoppressori).

- Fase avanzata in cui l’aggressione immunitaria si stabilizza mentre si sviluppa una degenerazione neuronale, responsabile di una disabilità progressiva e di regola irreversibile, contrastabile prevalentemente con terapie sintomatiche, riabilitazione, assistenza medica ed infermieristica e presa in carico territoriale.

La prevalenza media stimata nel mondo è pari a circa 30 casi per 100.000 persone, l’incidenza media è di 2.5 casi per 100.000. Nei Paesi Nord-Americani e Nord-Europei è emerso nelle ultime decadi un progressivo aumento dell’incidenza della malattia, più evidente nel sesso femminile. L’Italia può essere considerata un’area a rischio medio-elevato per SM. Secondo la stima dell’Atlante mondiale della SM, la prevalenza nel nostro Paese è di 110 casi su 100.000 persone, mentre il tasso di incidenza medio è di oltre 3-4 casi per 100.000 abitanti per anno. Secondo la stima dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM), i casi di SM in Italia sono circa 70.000. La prevalenza su base regionale è oltre 1 caso per 1000 abitanti, con valori nettamente superiori in Sardegna (1 caso per 600 abitanti). In Toscana il numero stimato di pazienti con SM, con una recente valutazione svolta sui flussi correnti dall’Agenzia Regionale Sanitaria, è oltre 6.000.

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2. Diagnosi, terapia e monitoraggio della fase recidivante remittente 2.1 Sviluppi recenti e complessità assistenziale Alcuni recenti rilevanti sviluppi nel campo della SM sono: a) la definizione di nuovi criteri diagnostici, incentrati sulla risonanza magnetica (RM), che riducono la latenza diagnostica rispetto al passato, ma impongono una accurata ed estensiva diagnosi differenziale; b) l’introduzione di nuovi farmaci immunomodulanti o immunosoppressori, cosiddetti farmaci “disease modifying” (DMT), generalmente ad alto costo e talvolta con un profilo di alta tossicità, che richiedono nella scelta terapeutica un’attenta valutazione dei fattori prognostici e un adeguato monitoraggio degli eventi avversi, talora gravi; inoltre, sono stati introdotti nuovi farmaci sintomatici, che necessitano anch’essi di un’accurata selezione dei pazienti e di un monitoraggio specialistico; c) l’orientamento verso un intervento terapeutico in fase precoce di malattia, legato ai risultati di recenti trial clinici, alla nozione che il danno assonale, correlato neuropatologico del deficit neurologico irreversibile, è un fenomeno già presente nelle fasi iniziali di malattia, e basato inoltre sul meccanismo d’azione dei farmaci attualmente disponibili, in grado di agire essenzialmente sulla componente infiammatoria del processo, che predomina nelle fasi iniziali della malattia, e privi di attività neuroprotettiva/riparativa. Questi sviluppi concorrono a fare della SM un paradigma di complessità clinico - terapeutica, in cui rivestono un rilievo cruciale la specializzazione clinica nella diagnosi, l’appropriatezza degli interventi terapeutici e la valutazione del rapporto costo-beneficio, infine la collaborazione di un team multi-professionale per la gestione ottimale dei molteplici sintomi e complicanze della malattia. 2.2 Aspetti Diagnostici e Terapeutico-Assistenziali Ogni Centro SM accreditato, deve assicurare la presa in carico del paziente e garantire, in stretto collegamento e integrazione con il territorio: 1. la diagnosi tempestiva ed accurata di malattia e un’adeguata comunicazione diagnostica; 2. il monitoraggio clinico-strumentale dell’attività di malattia e del decorso; 3. il trattamento, mediante un intervento “individualizzato” che comprende: - trattamento degli attacchi acuti;

- trattamenti finalizzati a modificare il decorso di malattia (terapia con disease modifying treatments; DMT);

- terapie sintomatiche. 4. Il ruolo di governo delle relative fasi specialistiche legate alla presa in carico della persona con SM 5. l’attuazione di percorsi di continuità ospedale-territorio. 2.2.1 Diagnosi Nell’ultima decade sono stati sviluppati nuovi criteri diagnostici internazionali, elaborati da McDonald et al. nel 2001 e sottoposti a due successive revisioni nel 2005 e nel 2010 (Polman et al., Ann Neurol 2011). Tali criteri sono in grado di ridurre la latenza diagnostica rispetto ai criteri di Poser et al, 1983, mantenendo una sufficiente accuratezza. Poiché comunque non esiste un singolo test che permetta di definire la diagnosi con sufficiente sensibilità, specificità e accuratezza, è importante sottolineare come la diagnosi di SM rappresenti un processo complesso. La diagnosi definitiva deve pertanto essere affidata allo specialista neurologo con esperienza nello specifico settore. I passaggi fondamentali sono: • definire la diagnosi di SM attraverso la verifica dei criteri diagnostici di Polman et al.; • escludere diagnosi alternative, con accertamenti che devono in parte essere adattati alle caratteristiche del singolo caso;

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• identificare sindromi clinicamente isolate (CIS: primo episodio clinico suggestivo di una forma demielinizzante) ad alta probabilità di conversione ad SM;

• caratterizzare ogni singolo caso in base al decorso clinico e ai fattori di prognosi ai fini della scelta terapeutica.

2.2.2 Procedure diagnostiche clinico strumentali Per una diagnosi tempestiva ed accurata sono previsti i seguenti accertamenti:

a. Storia clinica personale e familiare e visita neurologica. E’ importante, in base alla visita neurologica, la quantificazione dei deficit neurologici sia durante la fase acuta (attacco), sia nella fase di remissione, al fine di poter monitorare l’andamento dell’accumulo di disabilità nel paziente e l’andamento di sintomi e complicanze frequenti come la fatica, il dolore, i disturbi cognitivi, la depressione. Per la valutazione quantitativa della disabilità e di altri sintomi è appropriato l’uso di scale di valutazione ampiamente validate e utilizzate a livello internazionale, etero-somministrate da parte di personale appositamente addestrato, o autosomministrate in caso di sintomi soggettivi come la fatica e il dolore. Di seguito sono elencate alcuni degli strumenti di valutazione più utilizzati a livello internazionale: - Expanded Disability Severity Scale (EDSS) ; - Multiple Sclerosis Functional Composite (MSFC); - Ambulation Index (AI); - Scale per la fatica: FSS (Fatigue Severity Scale); - Scale visuo-analogiche per la valutazione del dolore (VAS); - Scale per la spasticità: Scala di Ashworth modificata; -Scale e test di funzione cognitiva: Symbol Digit Modalities Test (SDMT); Paced Auditory Serial Addition Test (PASAT), Brief InternationalCognitive Assessment for Multiple Sclerosis (BICAMS); Brief Repeatable Neuropsychological Battery di Rao (BRB); Minimal Assessment of Cognitive Function in Multiple Sclerosis (MACFIMS).

b. Risonanza Magnetica dell’encefalo e del midollo spinale La RM riveste un ruolo centrale nei nuovi criteri diagnostici, oltre che nel monitoraggio dell’attività di malattia e della risposta terapeutica. Il monitoraggio longitudinale, finalizzato alla documentazione dell’eventuale sviluppo di nuove lesioni, viene consigliato a frequenze diverse in fasi diverse di malattia, ma in ogni caso, per essere affidabile, deve essere eseguito con parametri ed attrezzature uniformi nel tempo. Per garantire qualità e riproducibilità nell’esecuzione dell’esame, il Gruppo di Neuroimmagini della Società Italiana di Neurologia (SIN) ha elaborato linee guida di riferimento per i Centri SM (Filippi et al, Neurol Sci 2013). Tali linee-guida sono recepite nel PDT dei Centri Toscani. Si riportano di seguito i requisiti minimi di esami RM dell'encefalo finalizzati alla diagnosi di SM e al monitoraggio nel tempo di nuove lesioni cerebrali, in accordo a tali linee guida:

- Scanner di potenza > 1 Tesla; - Scansione T2 pesata (o FLAIR) assiale, spessore mm 3-5, senza "interslice gap"; - Scansione T2 pesata (o FLAIR) sagittale di spessore tra mm 3 e 5, senza "interslice gap";

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- Scansione T1 pesata (o MP - RAGE) assiale, spessore 3-5 mm, senza "interslice gap" acquisita dopo almeno 8 minuti dalla somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico; La somministrazione di mezzo di contrasto non influenza le scansioni T2 pesate, per cui può essere eseguita prima di queste, acquisendo poi la scansione T1 (o MP-RAGE) pesata, dopo di queste. In fase di definizione della diagnosi, l’esame RM è generalmente raccomandato con una frequenza fino a trimestrale. Nelle fasi successive, la frequenza raccomandata è annuale. Nelle valutazioni longitudinali è tassativa l’indicazione di uniformità nel tempo dello scanner utilizzato, dei parametri di acquisizione delle scansioni e soprattutto dello spessore delle singole fette di scansione. Si ritiene che solo rispettando tali standard minimi, il monitoraggio longitudinale delle nuove lesioni cerebrali in corso di SM sia appropriato e quindi giustificabile.

c. Esami di laboratorio per la diagnosi Gli accertamenti di laboratorio possono comprendere una estensiva batteria di esami, in particolare quando sussista la necessità di una diagnosi differenziale accurata. In questi casi sono utili screening sierologici per specifiche infezioni e di condizioni di disimmunità. Gli esami comunemente effettuati a questo fine includono: indici di flogosi, immunoelettroforesi proteica; ricerca di auto-anticorpi organo e non organo specifici, tra cui: anticorpi anti ghiandola tiroide (ATG, ATPO), ANA, Ab anti-dsDNA, ENA, Ab anti-fosfolipidi, anticoagulante lupico, ricerca di anticorpi anti Borrelia Burgdorferi e antitreponema; anti-HCV, anti-HBV e HIV (previo consenso informato); dosaggio dell’ACE; dosaggio B12 e folati. Lo screening di laboratorio, in base alle caratteristiche specifiche del singolo caso, può essere modificato o ampliato con altre indagini (es. studio sottopopolazioni linfocitarie, HLA e altre indagini genetiche, indagini metaboliche), al fine di escludere un ampio complesso di patologie che entrano in diagnosi differenziale con la SM . Per la diagnosi differenziale il percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) fa riferimento a recenti consensus paper pubblicati da panel di esperti internazionali, incentrati sugli aspetti clinici, di risonanza magnetica e di laboratorio che sono utili a escludere possibili diagnosi alternative (Miller et al, MSJ 2010; Charil et al, Lancet Neurol 2006).

d. Rachicentesi diagnostica per lo studio del liquor L’esame del liquor fornisce elementi di grande utilità per la diagnosi differenziale ed è

sempre indicato, specialmente nei casi che presentino elementi di dubbio diagnostico. Alcuni dati della letteratura ne suggeriscono inoltre un valore prognostico, anche indipendente rispetto a quello dell’esame MRI, nel predire la conversione delle forme CIS a SM definita e la severità del decorso nel lungo termine.

Oltre ai parametri di chimico-fisici di routine, gli accertamenti più specifici per confermare la natura infiammatoria del processo sono la determinazione dell’IgG Index secondo Link e la ricerca di una sintesi intratecale di IgG con profilo oligoclonale mediante isoelettrofocusing seguito da immunoblotting specifico per le IgG. I soluti che vengono analizzati attraverso tali esami, se conservati appropriatamente, sono di regola stabili, per cui l’esame del liquor può essere eseguito anche a distanza di alcuni giorni, cosa che ne consente la eventuale

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centralizzazione presso laboratori dislocati in sedi diverse dal prelievo. Il modo migliore per conservare il campione di liquor in attesa dell’esame, è a +4 C°.

Poiché è provato sperimentalmente che il volume del liquor prelevato non contribuisce a generare eventuali complicanze come la cefalea post-puntoria, al fine di consentire la conservazione di aliquote di liquor di backup per eventuali rivalutazioni successive anche di tipo infettivologico, si consiglia di raccogliere di regola tra 1 e 2 cc/10 kg di peso ideale del paziente.

Al fine di minimizzare eventuali cefalee post-puntorie, e quindi necessità di ulteriori interventi medici, è utile l'utilizzo di ago atraumatico (tipo Sprotte).

Al fine di una accurata diagnosi differenziale, è necessaria una valutazione qualitativa e quantitativa della cellularità del liquor. Si sottolinea che per essere affidabile, tale valutazione deve essere eseguita da personale esperto, nel più breve tempo possibile e comunque entro un’ora dal prelievo del liquor, e quindi che essa deve essere eseguita in un laboratorio dislocato nella stessa sede del prelievo.

La rachicentesi diagnostica deve essere preceduta di regola dall’esclusione di controindicazioni, da una adeguata informazione del paziente circa le finalità, modalità di esecuzione ed eventuali complicanze dell’esame, ottenendo un consenso informato scritto da parte del soggetto.

e. Studio dei potenziali evocati (PE) La presenza di alterazioni funzionali a carico dei sistemi visivo, uditivo, somato-

sensoriale e motorio, può contribuire all’accuratezza della diagnosi (evidenziando eventuali disseminazioni spaziali e o temporali delle lesioni), alla oggettivazione di disfunzioni lievi che determinano sintomi di intensità variabile nel tempo ed alla valutazione prognostica. I Potenziali Evocati Visivi (PEV) hanno una maggiore rilevanza diagnostica per la maggiore sensibilità nell’identificazione di alterazioni subcliniche. Mediante controlli seriati, inoltre, è possibile seguire l’evoluzione clinica disponendo di un dato strumentale funzionale oggettivo (quantificare le eventuali modificazioni in caso di stabilità, reversibilità e di progressione clinica di malattia, contribuire a interpretare la fisiopatologia dei sintomi clinici).

Per le modalità di registrazione e per i criteri d’ interpretazione dei PE si rimanda alle diverse linee guida metodologiche disponibili (International Society for Clinical Electrophysiology of Vision (ISCEV), ‘ISCEV standard for clinical visual evoked potentials’, 2009; American Clinical Neurophysiology Society, Guidelines on Evoked Potentials, Recommended standards for the clinical practice of Evoked Potentials, 2006; practical guide to diagnostic transcranial magnetic stimulation: report of an IFCN committee. Groppa et al. Clin Neurophysiol, 2012; Recommendations for the clinical use of somatosensory-evoked potentials Cruccu et al. , Clinical Neurophysiology , 2008).

Al fine di uniformarne l’impiego in ambito regionale si riporta di seguito alcuni

“requisiti minimi” per ottenere un esame informativo: PEV da pattern: esame oftalmologico preliminare (in caso di sospetto di neurite ottica

o comunque di deficit visivi), almeno due mire esplorate (60’ne 30’) , valutazione parametri di ampiezza e di latenza N75/P100, asimmetria di latenza interoculare.

BAEP: esame audiometrico preliminare (in caso di ipoacusia), misurazione delle latenze assolute ed inter-picco delle principali componenti, rapporto di ampiezza V/I, asimmetrie inter-lato di latenza.

PES: stimolazione del n. tibiale posteriore alla caviglia e del n. mediano al polso. Registrazione di riposte periferiche, spinali, lemniscali e corticali. Latenze assolute e

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tempo di trasmissione centrale. Ampiezza delle risposte corticali. Asimmetrie di ampiezza.

PEM: registrazione dei PEM da stimolazione magnetica corticale e radicolare. Il n. di mm. da cui derivare in funzione dello scopo diagnostico di topografia lesionale o di follow-up. Latenze assolute e ampiezza dei PEM espresse come rapporto PEM/CMAP. Asimmetria inter-lato di ampiezza. Tempo di trasmissione motoria centrale diretto o indiretto quando indicato.

Nel monitoraggio longitudinale, la ripetizione di esami presso lo stesso laboratorio

minimizza la variabilità dei risultati in funzione delle modalità di stimolazione, registrazione, misurazione e delle differenti apparecchiature utilizzate.

2.2.3 Comunicazione della diagnosi Alla comunicazione della diagnosi viene dedicata un’attenzione crescente nelle linee-guida internazionali, visto il profondo impatto emotivo e le implicazioni per le scelte esistenziali che la diagnosi di SM riveste per il paziente e i familiari. Si riconosce pertanto l’importanza fondamentale di una corretta informazione e educazione del paziente, in cui il neurologo può essere affiancato da altre figure professionali (es. psicologo, infermiere dedicato). La comunicazione della diagnosi e delle sue implicazioni è affidata al neurologo referente. Essa richiede spazi e tempi adeguati e può richiedere ripetuti colloqui col paziente in tempi diversi. In casi specifici, il neurologo può identificare la necessità di un affiancamento da parte di uno psicologo, possibilmente esperto nelle problematiche dei pazienti con SM. La comunicazione della diagnosi, che deve avvenire in maniera tempestiva, in un setting adeguato, nel rispetto della privacy e utilizzando le parole ed il linguaggio più appropriato, permette alla persona di iniziare una terapia specifica in grado di modificare il decorso della malattia e si pone come condizione necessaria per l’instaurazione di un buon rapporto medico-paziente 3.0 Terapia 3.1 Aspetti generali Per il trattamento farmacologico della SM è possibile distinguere tre campi di applicazione: • il trattamento delle ricadute, (basato su boli steroidei e.v. o, nei casi di ricaduta grave non responsiva agli steroidi, plasmaferesi); • il trattamento dei sintomi: tra i più importanti, disturbi sfinterici e sessuali, spasticità, fatica, tremore, depressione, dolore neuropatico, disturbi cognitivi; • il trattamento di fondo, basato sull’impiego dei farmaci modificanti il decorso di malattia (DMT). E’ importante sottolineare come Il trattamento della SM rappresenti uno scenario in rapida e costante evoluzione, con nuove molecole in diverse fasi di sperimentazione e altre in via di approvazione da parte delle autorità regolatorie. Tali innovazioni si rifletteranno necessariamente in una modifica complessiva degli attuali algoritmi terapeutici. È anche opportuno sottolineare che non esistono ad oggi raccomandazioni assolute riguardo all’uso di uno specifico farmaco nella terapia della SM. La scelta del farmaco e del tipo di approccio al trattamento deve essere pertanto affidata a un neurologo con elevato grado di esperienza specifica e individualizzata in base alle caratteristiche del singolo paziente. I principali elementi di valutazione nel processo decisionale sono: • le caratteristiche cliniche, RM e, complessivamente, gli indicatori prognostici del paziente; • il profilo di efficacia e sicurezza dei farmaci;

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• gli effetti collaterali e la tollerabilità di farmaci, al fine di ottimizzare la aderenza alla terapia; • la preferenza del paziente in base allo stile di vita, all’attività lavorativa, al contesto familiare e sociale, all’eventuale programma di maternità o paternità; • l’eventuale immunogenicità della molecola con possibile sviluppo di anticorpi che ne riducono l’efficacia. Il trattamento farmacologico deve essere assicurato ad ogni persona in modo personalizzato, presso centri prossimi al luogo di vita, in tempi brevi assicurando piena opportunità di accesso a farmaci innovativi. E’ inoltre fondamentale fornire alle persone tutte le informazioni attinenti le opzioni terapeutiche possibili, le motivazioni delle terapie prescritte e gli obiettivi terapeutici/effetti collaterali (attenzione va prestata all’aspetto dell’informazione ed empowerment delle persone e dei familiari) 3.2 Terapie di seconda linea In riferimento alle terapie cosiddette di seconda linea, esse richiedono in particolar modo una accurata valutazione prognostica nell’indicazione e un puntuale monitoraggio degli eventi avversi, talora gravi. E’ pertanto cruciale la specifica formazione e l’esperienza del neurologo, la valutazione del rapporto rischio/beneficio nel caso specifico, l’informazione corretta e completa e la condivisione della scelta col paziente. In relazione a queste terapie, per essere idoneo alla prescrizione dei farmaci immunomodulanti di II linea il centro SM deve soddisfare precisi requisiti (specificati al paragrafo 4.6 “Compiti dei Centri SM”, punto M). In tutti i centri che dispongono dei requisiti richiesti deve essere garantita la prescrizione ed erogazione dei farmaci (anche innovativi), l’accesso a terapie, visite e prestazioni specialistiche formalizzate secondo protocolli specifici. 4.0 Il PDTA della fase Recidivante Remittente ed i suoi aspetti organizzativi, 4.1. Destinatari della proposta La presente proposta di percorso è dedicata prevalentemente al paziente con sclerosi multipla (SM) a decorso recidivante remittente. Poiché questa fase della storia naturale di malattia include il momento della diagnosi, della scelta di terapie DMT ed il follow up del paziente, che di regola non presenta elevati livelli di invalidità, la presente proposta è finalizzata principalmente a identificare un percorso assistenziale prevalentemente basato sui Centri Sclerosi Multipla ospedalieri. Si specifica che, pur in assenza di invalidità del paziente o in presenza di un basso livello di questa, il Centro dovrà essere messo in condizione di garantire la massima integrazione e collegamento con le strutture di consulenza specialistiche dell’ospedale e con il livello territoriale. Per quanto riguarda in particolare il rapporto con il territorio, il Centro Clinico, deve essere messo in condizione di curare l’integrazione e lo scambio di informazioni e di permettere all’intero sistema di: Recepire correttamente e tempestivamente i bisogni e la loro mutazione nel tempo; attivare:

o una valutazione multidimensionale degli stessi, sia sul piano sanitario, sia su quello socio assistenziale;

o i percorsi e gli interventi necessari; o tutti i potenziali contributori (es. Comune);

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orientare e accompagnare la persona sul territorio. 4.2 Obiettivi

- prevedere un’adeguata risposta ai bisogni di diagnosi, terapia, assistenza delle persone con sclerosi multipla promuovendo una compiuta valutazione multidimensionale e la conseguente integrazione degli interventi e servizi, sviluppando un corretto percorso di presa in carico (condiviso con la persona e le sue reti);

- Sostenere reti di centri neurologici dedicati alla SM (Centri SM), uniformemente

distribuiti sul territorio regionale ed in grado di offrire servizi accessibili ed orientati alla qualità delle prestazioni ed alla sicurezza dei pazienti secondo standard organizzativi e procedurali omogenei da cui derivano livelli essenziali di presa in carico traducibili in carte dei servizi

- Favorire, per gli aspetti assistenziali, la collaborazione tra Centri SM della rete

Toscana e, per quanto occorrenti tra essi e il territorio - Sviluppare reti di tipo hub (incentrati nei Centri SM dislocati nelle AOU) e spoke

(basati sui centri Ospedalieri ) per quanto attiene la ricerca, l’alta formazione, l’acquisizione di un secondo parere clinico e gli approcci diagnostico - terapeutici centralizzati per prestazioni di particolare complessità.

4.3 I Centri SM

I Centri SM rappresentano le sedi di riferimento, gestiscono la presa in carico del paziente, coordinando gli aspetti diagnostici e terapeutici ed il follow-up del paziente, almeno fino a quando la malattia può essere trattata da terapie farmacologiche. I Centri SM sono coadiuvati dai Medici di Medicina Generale (MMG) e dai servizi territoriali , con i quali individuano appropriate modalità di integrazione in tutte le diverse fasi della malattia. I Centri garantiscono una adeguata e specifica qualificazione professionale del personale. Infatti, negli ultimi 10 anni, gli elementi più innovativi nel settore sono stati la modifica dei criteri diagnostici e l’introduzione di nuovi farmaci modificanti il decorso di malattia, che richiedono nell’indicazione una accurata valutazione prognostica e un puntuale monitoraggio degli eventi avversi, talora gravi. - Strumento della continuità assistenziale è il progetto individuale di presa in carico di

cui è parte una scheda ambulatoriale che riassuma il percorso diagnostico e terapeutico del paziente, informatizzata o cartacea, che accompagna il paziente stesso nel suo percorso clinico-assistenziale.

- Lo sviluppo del Registro Regionale per la SM è uno strumento utile per la raccolta di dati epidemiologici e clinici, l’organizzazione di interventi assistenziali e la ricerca scientifica.

- All'interno di ogni rete il miglioramento della qualità e la sicurezza del paziente vengono promossi attraverso periodici incontri didattici, scientifici ed audit, tesi a valutare i processi diagnostici terapeutici ed assistenziali erogati. Le attività formative devono essere svolte anche con approcci interdisciplinari ed interprofessionali.

4.4 Le strutture e le figure professionali

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Negli ultimi anni i Centri Sclerosi Multipla hanno acquisito compiti organizzativi e gestionali sempre più complessi, in relazione ad una serie di innovazioni:

- la possibilità di un'anticipazione della diagnosi e quindi dei trattamenti DMT; - la possibilità di svolgere diagnosi differenziali con un numero crescente di

patologie alternative; - la disponibilità di un maggior numero di terapie farmacologiche, anche

sintomatiche, spesso gravate da potenziali effetti indesiderati ed avversi di notevole gravità;

- la conseguente necessità, ma anche la possibilità, di un corrispondente monitoraggio ravvicinato nel tempo;

- la maggior fruibilità di un monitoraggio della patologia con tecniche di neuroimaging più ravvicinate nel tempo rispetto al passato;

- l’aumentata richiesta di controlli ambulatoriali da parte dei medici di base e dei malati;

- la necessità di costituzione di un team interdisciplinare, coordinato dal neurologo, specifico per la patologia, cui partecipano diverse figure specialistiche come per es. psicologo, fisioterapista, logopedista, urologo, oculista, endocrinologo, gastroenterologo, andrologo, ginecologo, sessuologo, pneumologo, cardiologo, fisiatra;

- la necessità di ridurre il numero dei ricoveri ordinari, da riservare ai casi di particolare complessità o gravità;

- la possibilità, nella maggior parte dei casi, di gestire l’intero processo diagnostico, incluso la rachicentesi, in regime alternativo al ricovero ordinario.

Per queste motivazioni l’attività dei Centri SM è cresciuta, è diventata più complessa e richiede una rete di centri con competenze specifiche e meglio organizzate. Pertanto il Centro SM deve: a) essere parte integrante delle UO di Neurologia delle Aziende territoriali e delle AOU

della Regione Toscana;. b) essere presente in ogni Azienda territoriale a valenza provinciale e nelle AOU.

L’azienda di riferimento deve essere dotata di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale Riabilitativo (PDTAR) sulla Sclerosi Multipla, formalizzato attraverso un atto deliberativo aziendale, in recepimento delle delibere e indirizzi regionali, n cui si stabiliscono modalità e tempi per l’accesso ai servizi ed alle prestazioni (carta dei servizi interaziendale);

c) svolgere all’interno delle AOU, oltre che un compito assistenziale, anche quello relativo alla ricerca, alla formazione, agli approcci diagnostico - terapeutici complessi e centralizzati, alla valutazione di casi di particolare complessità proposti dalla rete di area vasta, promuovere l’integrazione con i Centri ospedalieri;

d) la dotazione di neurologi, di cui uno con funzione di Responsabile, e personale infermieristico prevalentemente dedicato alla patologia dovrà essere commisurata al carico assistenziale di ciascun Centro dell’AOU . Al neurologo responsabile deve essere riconosciuta una funzione professionale specifica in relazione agli specifici accordi aziendali.

4.5 Criteri di accreditamento dei Centri SM ospedalieri

a) essere dotato di un numero minimo di 2 neurologi, di cui 1 Responsabile, e di 2 Infermieri; la dotazione di personale, sia medico che infermieristico, deve insistere in

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maniera proporzionalmente prevalente sul Centro SM rispetto alle altre attività della corrispondente SOD di Neurologia, in accordo ai volumi di attività;

b) il neurologo responsabile del Centro SM deve possedere una formazione specifica, e presidiare i processi diagnostici terapeutici assistenziali interfacciandosi con il personale medico ed infermieristico. Come precisato nel precedente paragrafo, gli deve esser riconosciuta una funzione professionale specifica in relazione agli specifici accordi aziendali. E’ necessario inoltre identificare flussi informativi che rendano tracciabile e quantificabile l’attività svolta da ciascun Centro.

c) il personale infermieristico che collabora alla presa in carico del paziente da parte del Centro, deve essere messo in condizione di gestire il bisogno assistenziale, di coordinarne il supporto logistico, di mantenere i contatti con il paziente ed i familiari, coordinare i contatti con gli specialisti dell’equipe interdisciplinare e con i servizi territoriali, e di partecipare a iniziative di aggiornamento e di formazione continua;

4.6 Compiti dei Centri SM

a) accogliere e valutare in tempi brevi (possibilmente entro 48 h) pazienti di regola

indirizzati al Centro SM dal medico di medicina generale (MMG), dal PS, da altri Neurologi o dal altre figure specialistiche.

b) Gestire la fase di diagnosi con esecuzione di esami strumentali, il trattamento dell’evento d’esordio, il follow-up clinico e di neuroimaging del paziente, il monitoraggio e della evoluzione della disabilità;

a) scegliere il setting assistenziale appropriato (day hospital- DH, day service-DS, ambulatorio o, in casi più complessi, degenza ordinaria). Le prestazioni dovrebbero preferenzialmente essere erogate in regime di DH, di DS o ambulatoriale, ricorrendo solo in casi di particolare severità e complessità clinica al setting della degenza ordinaria;

b) pianificare gli interventi terapeutici DMT e sintomatici ed il follow-up della efficacia, della sicurezza;

c) aggiornare periodicamente il MMG di riferimento delle condizioni e dei bisogni del paziente, attraverso metodi di comunicazione efficaci;

d) costruire procedure condivise con il MMG o la AFT di riferimento, per interventi di urgenza (relativi a ricadute cliniche o eventi avversi seri delle terapie) che consentano la valutazione del paziente anche al di fuori della normale programmazione, e quindi la somministrazione di interventi appropriati, anche in sedi diverse da quelle ospedaliere;

e) costituire un team interdisciplinare ed interprofessionale di specialisti, coordinati dal neurologo, comprendente le figure di radiologo, psicologo, psichiatra fisioterapista, logopedista, terapista occupazionale, urologo, oftalmologo, endocrinologo, fisiatra, gastroenterologo, andrologo, ginecologo, sessuologo, pneumologo, cardiologo, infettivologo, immunologo, neuroradiologo con i quali organizzare modalità di accesso dedicato;

f) collaborare nella gestione domiciliare socio-sanitaria e riabilitativa dei pazienti con elevati gradi di disabilità, interagendo ed integrandosi con il medico di medicina generale ed i servizi, anche riabilitativi, territoriali;

g) promuovere la formazione e l’aggiornamento degli operatori attraverso audit professionali ed organizzativi, incontri scientifici e formativi anche interdisciplinari ed interprofessionali;

h) Curare la predisposizione, con il coinvolgimento della persona con SM e garantendo l’integrazione con le figure territoriali per il livello necessario, il progetto personalizzato di presa in carico;

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i) dotarsi di una scheda ambulatoriale, informatizzata o cartacea, che riassume l’iter diagnostico e terapeutico del paziente, che è parte e si integra sul progetto personalizzato di cui al punto precedente;

j) Curare una adeguata certificazione della SM ai diversi fini (es. medico legali) k) identificare procedure e soluzioni per il completamento dell'inserimento dei dati nel

Registro Regionale della SM e la verifica della loro qualità; l) collaborare con l’AOU di riferimento (rete hub & spoke) per l’acquisizione di un

secondo parere clinico, le prestazioni diagnostico-terapeutiche per casi di particolare complessità, la ricerca clinica e l’ alta formazione;

m) soddisfare i seguenti criteri per essere idoneo alla prescrizione dei farmaci immunomodulanti di II linea:

- precedente esperienza di trattamenti di II linea, documentata da Registro AIFA; - soglia di casi seguiti dal centro: almeno 100 pazienti/anno (DH + DS +

prestazioni ambulatoriali), documentati dall’ARS e dal centro (dati SDO + flussi ambulatoriali);

- possibilità, certificata dalla Direzione Sanitaria, di eseguire in tempi brevi: esami MRI del SNC di buona qualità;

- diagnostica infettivologica ed immunologica (anche in area vasta); - disponibilità nel presidio ospedaliero, certificata da Direzione Sanitaria, di:

anestesisti/rianimatori, monitoraggio cardiologico, consulenza cardiologica e comunque qualunque altro requisito e ogni altra figura specialistica che fosse previsto dai requisiti EMA/AIFA, ricovero in degenza ordinaria;

- integrazione in una rete di Area Vasta.

4.7 Compiti del MMG e/o delle AFT

a) Costruire e applicare procedure condivise con i Centri SM di riferimento, sia per interventi di urgenza (relativi a ricadute cliniche o eventi avversi seri delle terapie) che consentano la somministrazione di interventi appropriati anche in sedi diverse da quelle ospedaliere, sia per garantire in generale la continuità assistenziale;

b) collaborare nella gestione domiciliare socio-sanitaria e riabilitativa dei pazienti con elevati gradi di disabilità, interagendo ed integrandosi il centro SM di riferimento ed i servizi territoriali;

c) collaborare con il Centro SM al follow up dei pazienti nel periodo tra le visite programmate, anche per quanto riguarda la prescrizione e la valutazione degli esami ematochimici necessari al monitoraggio dei trattamenti.

4.8 La rete dei servizi

Il neurologo del Centro SM effettua in collaborazione con l'infermiere la presa in carico del paziente inviato dal MMG, dal Pronto Soccorso o da uno specialista, programma l’iter diagnostico, stabilisce i possibili interventi terapeutici, i successivi controlli clinici e strumentali di follow up, attiva le consulenza specialistiche, coinvolge le altre professionalità ritenute necessarie, si raccorda con la famiglia ed il MMG, promuove l’aggiornamento scientifico, gli audit, la formazione interdisciplinare ed interprofessionale interna, cura i rapporti con gli altri centri dell’area vasta e con l’AOU di riferimento, cura la corretta tenuta del registro SM. Il medico di medicina generale collabora alla presa in carico del paziente SM posto in terapia ed avviato ad un programma di riabilitazione individuale dal fisiatra in stretto raccordo con il neurologo, attiva l’assistenza socio territoriale, concerta con il

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Centro SM le terapie gli esami clinici e gli interventi domiciliari ritenuti necessari, attiva gli ulteriori interventi domiciliari ritenuti necessari, si raccorda con la famiglia ed il neurologo di riferimento. Il distretto socio sanitario è l’ambito territoriale nel quale MMG ed i servizi territoriali garantiscono un approccio globale, interdisciplinare ed interprofessionale, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia, quando è necessario affrontare complicazioni, comorbidità e malattie intercorrenti. L’intervento si deve, quanto più possibile, concretizzare nell’ambito domiciliare e familiare, limitando il ricorso all’ospedalizzazione. L’insieme dei percorsi individuati dal nucleo composto dalle figure specialistiche del Centro Clinico (in particolare neurologo e infermiere), MMG e servizi territoriali, con il pieno coinvolgimento delle persone con SM, dà origine e sostanzia il progetto personalizzato di presa in carico.

La Rete collaborativa dei Centri SM della Regione Toscana, una per ciascuna Area Vasta, è coordinata da un comitato composto da un rappresentante per ciascun Centro e dovrà: - predisporre linee guida e PDTA di area vasta; - applicare gli algoritmi diagnostici, a partire da un corretto utilizzo della diagnostica RMN; - monitorare l’appropriatezza prescrittiva, gli effetti indesiderati e le reazioni avverse dei farmaci inclusi nei trattamenti di II linea, basandosi anche sui flussi provenienti dal registro AIFA; - partecipare ai programmi formativi, di aggiornamento e ricerca; - prevedere la partecipazione di un rappresentante dell’associazione dei pazienti Le reti collaborative di area vasta possono essere utilizzate anche per sopperire ad eventuali difficoltà organizzative nell’erogazione delle prestazioni (carenza di personale, di spazi, di strumentazione diagnostica, gestione delle urgenze, etc.). La Rete di area vasta garantisce che l’AOU di riferimento di area vasta: - svolga attività di alta formazione e di aggiornamento per il personale dedicato; - promuova seminari scientifici, audit periodici sui casi clinici e le terapie, eroghi prestazioni centralizzate di elevata complessità diagnostica e terapeutica; - valuti e fornisca secondi pareri per casi clinici di particolare complessità; - proponga protocolli di studio e di ricerca.

Le reti di area vasta devono essere dotate di strumenti informatici che minimizzino lo spostamento dei professionisti consentendo lo svolgimento di teleconferenze on line. E’ opportuno prevedere un incontro formale coi rappresentanti Regionali per un report annuale sulle suddette attività.

I rappresentanti di ciascuno dei Centri che operano nelle AOU ed un rappresentante ospedaliero per area vasta, costituiscono un Gruppo di Coordinamento Regionale preposto ad analizzare i dati di attività ed a redigere e coordinare progetti comuni di ricerca scientifica. I dati che dovranno essere soggetti a monitoraggio potranno tenere in considerazione una serie di indicatori. Alcuni esempi di indicatori utilizzabili sono: carico assistenziale, consumi farmaceutici, programmazione, tempi di attesa,

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riconoscibilità Centro, eventi formativi, adozione di progetti di presa in carico, adozione e applicazione PDTA.

4.9 Fattibilità delle reti Le reti di area vasta e l’intero progetto ad esse connesso sono ritenute uno strumento di fondamentale importanza per favorire l’appropriatezza e la qualità delle prestazioni erogate, la soddisfazione dei pazienti e l’ottimizzazione nel consumo delle risorse nella nostra Regione. Tali obiettivi potranno essere concretamente perseguiti solo se saranno supportati da risorse specificamente dedicate a personale medico ed infermieristico.

5. La fase intermedia e avanzata della malattia, riabilitazione e presa in carico territoriale. 5.1 Destinatari del Percorso Persone con SM che hanno sviluppato esiti neurologici persistenti ed i bisogni assistenziali e sociosanitari conseguenti, alla luce delle recenti indicazioni ministeriali e regionali per l’integrazione dell’attività ospedaliera con il territorio. 5.2 Obiettivi Aggiornamento di un percorso assistenziale specifico per i pazienti destinatari della proposta. Definizione dei compiti dei Centri SM e del territorio in questa fase di malattia, per identificare percorsi anche alternativi a quelli prevalentemente intra-ospedalieri, caratteristici delle fasi precedenti di malattia,nonché per garantire un approccio integrato di risposte sia sanitarie che socio-assistenziali che, attraverso progetti personalizzati di presa in carico, assicurino il pieno coinvolgimento delle persona e della famiglia. Conseguente aggiornamento della Delibera RT n. 525 del 31 maggio 2004, con oggetto “Percorso assistenziale del paziente con sclerosi multipla”. 5.3. Caratterizzazione del paziente con SM in queste fasi di malattia Paziente in fase avanzata di malattia, con esiti neurologici che prevengano del tutto o in parte un normale e completo svolgimento delle attività della vita quotidiana e dell’attività lavorativa. Il quadro clinico può essere stabilizzato ovvero in progressione di disabilità, ma non più suscettibile di miglioramento con le terapie farmacologiche modificanti la malattia (DMTs: disease modifying treatments), ancorché permane sempre la possibilità di accesso ad una serie di trattamenti sintomatici focalizzati sulla disabilità accumulata, la cui prescrizione è di competenza prevalentemente del neurologo. In questa fase, anche se la SM con esiti, mantiene alcune sue specificità (Lancet Neurology: Oct 2012, July 2013), ma la presa in carico del paziente, prima prevalentemente basata sul Centro SM, deve integrarsi progressivamente con una presa incarico anche da parte del medico di medicina generale (MMG). Questo al fine di favorire un più efficace coinvolgimento delle strutture territoriali che risponda ai differenti bisogni clinici e socio-assistenziali. In questa fase quindi l’assistenza specialistica del Centro SM, è richiesta dal MMG quando necessario, ma può non essere più prevalente. Il decorso della malattia infatti rende possibile riconoscere una evoluzione dei bisogni, e la conseguente richiesta di servizi diversi nelle diverse fasi, riassumibile nello schema sottostante, in cui i valori di percentuale di coinvolgimento, in assenza di dati osservati, sono stimati arbitrariamente:

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5.4. Definizione del PDTA in queste fasi di malattia Il presente documento parte dalla rilevazione della attuale situazione di percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale (PDTA) della persona con SM in queste fasi di malattia, e propone una strutturazione del PDTA finalizzata a garantire ai pazienti gli obiettivi di trattamento, riabilitazione, assistenza e presa in carico territoriale, partendo dai bisogni della persona assistita assicurando in ogni caso, per quanto opportuno e/o necessario, l’adeguata integrazione e raccordo con il Centro Clinico di riferimento, con particolare riguardo alle figure del neurologo e dell’infermiere. L’individuazione del presente percorso operativo è quindi finalizzato a progettare modalità di presa in carico globale a livello anche territoriale. Il contesto operativo nel quale si incentra la definizione del presente PDTA è costituito quindi prevalentemente da quello della cronicità (chronic care model), considerando primariamente gli aspetti di disabilità piuttosto che di malattia, nonché le necessità rappresentate dai deficit neurologici accumulati. Si tratta quindi di una presa in carico dei bisogni, neurologici, internistici, riabilitativi e genericamente assistenziali, per i quali sarebbe opportuno prevedere modelli organizzativi sul modello del "Chronic Care Model". In questo caso il modello dovrebbe essere incentrato sul "Case management", in cui l'equipe di base (MMG e infermiere) è integrata stabilmente dallo specialista neurologo e dalle altre figure professionali necessarie alla gestione del singolo paziente. Trattandosi di un approccio integrato al paziente con SM, gli interlocutori professionali sono costituiti dal personale sanitario e socio-assistenziale con competenze differenziate in ambito neurologico, riabilitativo, medico generale, medico specialistico (fisiatra, foniatra,urologico, psichiatrico, ortopedico, ecc.) infermieristico e sociale con il supporto integrato delle associazioni dei pazienti, in particolare dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM). La gestione dei bisogni della persona in questo contesto può diventare quindi sempre meno struttura-orientato e progressivamente più persona-orientato e che favorisca l’accesso del paziente al Centri di riferimento sanitario e alle strutture e servizi di riferimento sociale e

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socio-sanitario. L’atteggiamento organizzativo è necessariamente pro-attivo, orientato ad programmare gli interventi necessari alla persona, piuttosto che reattivo alle condizioni mediche spesso ormai definitivamente stabilizzate. La definizione del PDTA in queste fasi di malattia prende in considerazione una transizione progressiva delle condizioni cliniche dalle fasi precedenti, piuttosto che costituire una categoria temporale rigidamente definita, curando per ogni singolo caso la predisposizione e attuazione di progetti personalizzati di presa in carico differenziati per bisogni e fasi di malattia/grado di disabilità. In questa fase il MMG e le organizzazioni in via di attuazione sul territorio regionale, come le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), diventano progressivamente le figure centrali per il coordinamento di un PDTA che avviene anche attraverso le ‘unità di cure primarie’, le ‘articolazioni’ infermieristiche, e le “Case della Salute” costituite da diverse figure professionali: tali aggregazioni costituiscono punti nodali per la presa in carico del paziente, che insieme al neurologo di riferimento individuano un gruppo di specialisti utili (fisiatra, fisioterapista, infermiere del territorio, urologo, foniatra, assistente sociale ecc.) e stabilisce in base alle necessità contingenti del paziente, piani di intervento con conseguente attivazione delle diverse figure professionali, secondo procedure stabilite e percorsi strutturati. L’istituzione di uno specifico PDTA con coinvolgimento precoce del MMG può garantire coerenza nelle varie fasi di necessità assistenziali anche in ambito territoriale. L’organizzazione del percorso deve inoltre tenere conto delle differenti realtà presenti (ad es. neurologo territoriale, neurologo ambulatoriale distrettuale, ecc.). Si ribadisce la necessità di una presa in carico in continuum della persona con SM, le cui necessità sono gestite mediante il trasferimento graduale degli interventi da ospedale a territorio in accordo all’evolversi delle varie fasi di malattia. Nello specifico, si sottolinea che la disabilità neurologica progressivamente determinata dalla patologia, necessita dell’attivazione di programmi riabilitativi già nella fase precoce dello sviluppo delle varie disabilità, che programmi che devono eventualmente proseguire anche nelle fasi più avanzate con l’adozione di ausili per la gestione dell’handicap. Per una resilienza ottimale alle mutate condizioni di salute imposte dalla SM, tra questi programmi vanno incluse anche, in affiancamento (e mai in sostituzione) dei percorsi riabilitativi, le Attività Fisiche Adattate e l’educazione del paziente al self-management dello stile di vita. Il ruolo della riabilitazione funzionale nel management della SM è quello di ridurre e gestire le conseguenze della disabilità neurologica secondo un processo di problem solving educazionale che faciliti il potenziamento delle abilità residue, favorendo la massima autonomia e partecipazione sociale possibili. Per garantire efficacia e appropriatezza dell’intervento terapeutico, la variabilità e la complessità clinica della SM richiedono una presa in carico multidisciplinare con un piano riabilitativo individuale e periodicamente aggiornato. Di qui la necessità di disporre sin dall’inizio del percorso di informazioni riguardanti le diverse risorse disponibili per il paziente nell’ambito del proprio territorio di residenza, al fine di una comunicazione articolata tra le stesse. L’informazione tra il paziente ed i diversi interlocutori del percorso, che progressivamente varia a seconda delle fasi diverse di malattia, deve necessariamente essere la più ampia possibile.

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5.5. Indicazioni per la qualità del PERCORSO 5.5.1 Compiti delle ASL Definire procedure Aziendali per l’assistenza alla persona disabile (PDTA aziendali) che

tengano conto dei necessari rapporti con i centri di coordinamento situati nei Centri SM Ospedalieri predisponendo strumenti per favorire la Continuità degli interventi tra Centro SM e strutture territoriali. Di regola “la cabina di regia” del percorso territoriale è presso il MMG o le AFT) A questo fine le ASL devono redigere un progetto di presa in carico, a partire dalla fase dell’accoglienza fino alle successive valutazione dei bisogni (inteso come livello essenziale garantito). Per una presa in carico unitaria e personalizzata lo strumento è la individuazione di nuclei territoriali multidisciplinari composti da: neurologo del Centro Ospedaliero, MMG, fisiatra, fisioterapista, psicologo, assistente sociale, infermiere. Di regola il regista del nucleo è il MMG, ma questo può individuare un referente diverso, in base al bisogno prevalente della persona. Il nucleo effettua una valutazione multidimensionale dei bisogni sociali e sanitari – a partire da informazioni ed da elementi raccolti ed elaborati dall’UVM – sarà in grado di attuare la presa in carico e di attivare specifici percorsi in base ai bisogni ed alle situazioni di svantaggio sociale riscontrati e potrà predisporre il progetto unitario di presa in carico che pertanto è condizione per l’attivazione dei singoli processi assistenziali (riabilitativo, lavorativo, accertativo, etc.). Il progetto unitario di presa in carico deve essere articolato per fasi di vita, intensità di cura/assistenza e raccordato con i vari percorsi che verranno attivati, e viene dunque realizzato con l’apporto di tutti gli attori coinvolti incluso il Centro SM Ospedaliero di riferimento; Il progetto dovrà comunque includere indicazioni sulle seguenti temi:

a) Attivazione di interventi su autogestione e stili di vita (AFA; in ogni Azienda attivare programmi in collaborazione con Centri riferimento e AISM).

b) Predisposizione di Canali dedicati a garantire le prestazioni diagnostiche e consulenze necessarie in tempi appropriati.

c) Garantire percorsi riabilitativi all’interno di procedure (v. PDTA aziendali) per l’accesso a tali percorsi, adattate all’organizzazione ed alle competenze locali e che garantiscano continuità tra fase riabilitativa e fase assistenziale, tramite Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM; quando insorgono bisogni di assistenza) e consulenza dello specialista che ha effettuato la presa in carico riabilitativa all’UVM.

5.5.2 Compiti del MMG Il MMG attiva e coordina, in base all’organizzazione dei servizi territoriali della propria Asl, le seguenti iniziative di supporto assistenziale alla persona: la risposta ai bisogni assistenziali (malattie concomitanti e complicanze del deficit

neurologico come gestione dell’incontinenza, prevenzione e gestione delle piaghe da decubito, ADI, ecc.); questo attraverso un presa in carico anche da parte di equipe territoriale, con eventuale attivazione di supporto domiciliare, specialmente dei pazienti con forte limitazione dell’autonomia.

gli interventi a carattere preventivo (educazione dell’alimentazione, attività fisica, compresa quella adattata);

informazione, filtro e attivazione delle risposte rispetto ai servizi territoriali (es. assistenza domiciliare), ai percorsi attivabili (es. visita di invalidità, 104) ed ai percorsi riabilitativi (assistenza protesica, trattamenti riabilitativi, counseling, gestione dell’assistenza riabilitativa domiciliare ecc.);

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predisposizione di efficienti canali di comunicazione con il Centro SM, con il team riabilitativo territoriale accreditato e con le UVM; preferibili i mezzi telematici, es. email

5.5.3 Compiti del team riabilitativo territoriale (ove presente) 1. Presa in carico riabilitativa, possibilmente a partire dalle fasi precoci dell'invalidità

(compatibilmente con i bisogni), attraverso un Progetto Riabilitativo Individuale che può anche includere la prescrizione di ausili; il Progetto Riabilitativo viene richiesto di regola dalle figure mediche su cui prevale la presa incarico carico paziente (MMG o neurologo), che in questa fase individua e segnala i bisogni e gli obiettivi riabilitativi prioritari all’équipe riabilitativa territoriale (dove presente), che successivamente elaborerà un piano riabilitativo individuale anche sulla base di proprie valutazioni. Tuttavia, eventuali deviazioni del progetto riabilitativo dalle priorità segnalate nelle richieste, dovranno essere motivate e possibilmente condivise con il richiedente. La responsabilità del progetto riabilitativo è definita in accordo alle procedure della singole Aziende (v. PDTA aziendali) ed a queste fa riferimento l’accesso ai percorsi riabilitativi.

5.5.4 Compiti del Centro Sclerosi Multipla In questa fase di malattia il Centro SM può svolgere ruoli diversi in accordo al prevalere di bisogni assistenziali generici o di bisogni specialistici, in accordo alle proprie competenze ed in accordo ai modelli organizzativi locali:

Cede progressivamente la presa in carico al MMG con il quale concorda la definizione del programma Diagnostico-Terapeutico, mantenendo per sé un ruolo principalmente di consulenza; si ritiene questo metodo più adatto alle fasi molto avanzate di invalidità;

mantiene un ruolo fondamentale nella presa in carico come nelle fasi precedenti di malattia, garantendo il necessario collegamento/integrazione per la realizzazione del progetto di presa in carico territoriale

5.5.5 Compiti del Comune Nodo fondamentale della rete, il Comune rappresenta sul territorio l’ente deputato all’erogazione di una rete di servizi sociali adottando un approccio globale ai bisogni mutevoli della persona all’interno del contesto di vita e delle reti di prossimità, anche in raccordo con l’Associazione dei Pazienti. Il Comune inoltre può contribuire a garantire un modello organizzativo che preveda: continuità fra interventi che in questa fase non possono essere solo sanitari ma devono essere anche sociali. 5.5.6 Compiti dell’Associazione dei pazienti L’Associazione dei Pazienti ha un ruolo di rappresentanza, sostegno, affiancamento alla partecipazione dell’individuo a processi che lo coinvolgono e contribuzione all’elaborazione di linee guida e relativo monitoraggio, anche partecipando a tavoli ad hoc sia a livello regionale che territoriale. Tale ruolo viene esercitato qualunque sia la forma di SM e il grado di disabilità. Si esplica in un ruolo informativo, di empowerment della persona e di advocacy, esercitando funzioni di massimo collegamento e affiancamento alla persona tra livello di offerta dei servizi e prestazioni e i pazienti/cittadini. In questo contesto le Associazioni dei pazienti possono contribuire a valorizzare anche la famiglia della persona con SM, quale risorsa da coinvolgere nell’attivazione del percorso.

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Essa rappresenta infatti un importante punto di riferimento per uno degli obiettivi di una corretta presa in carico: il mantenimento della persona nel proprio contesto di vita. Per questo quindi anche la famiglia deve essere supportata nella gestione della malattia 6. Considerazioni conclusive La persona con SM presenta, nell’arco della sua vita con la malattia, una variabilità di problematiche cliniche, riabilitative, assistenziali e sociali che richiedono la strutturazione di un PDTA che le assicuri un accesso informato ed appropriato agli interventi riconosciutinecessari e di cui il SSR si fa carico, sia a livello ospedaliero che territoriale, sia sotto il profilo sanitario che dei bisogni socio-assistenziali, attraverso l’adeguata integrazione con i servizi sociali territoriali . Il progresso delle terapie farmacologiche assicura oggi tempi lunghi di vita in assenza di disabilità importanti; ciò non deve far ritenere che il percorso assistenziale possa esaurirsi con il solo coinvolgimento dello specialista neurologo e della figura del MMG, ma anzi è necessario che siano predisposti e conosciuti tutti i canali di attivazione degli interventi riabilitativi, di accertamento e valutazione, assistenziali e di supporto sociale. Le previste articolazioni organizzative per la Medicina Generale (AFT e UCCP) potranno svolgere una funzione centrale nella gestione del percorso, potendo attivare, in relazione alla evoluzione dei bisogni, i soggetti e le strutture appropriate, assicurando nel contempo il costante contatto con la persona con SM. Le Strutture Territoriali di Riabilitazione, Sociali, di Assistenza Infermieristica, rispondono per gli ambiti di competenza, attivandosi di volta in volta su richiesta del MMG o del Centro SM, della stessa persona con SM e della famiglia secondo le modalità interne a ciascuna ASL. Accanto al progressivo crescente coinvolgimento del ruolo dei servizi territoriali infatti, anche in queste fasi di malattia, il ruolo del Neurologo del Centro SM rimane fondamentale, specialmente dove le consulenze specialistiche necessarie per la gestione delle problematiche correlate alla malattia sono dislocate in sede ospedaliera e quindi sono meglio attivabili dal Centro SM.