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Periodico gratuito dell’Istituto Leopardi di Milano - n. 3 Maggio 2006 - Anno II www.istitutoleopardi.it - [email protected]

Periodico gratuito dell’Istituto Leopardi di Milano - n. 3 ... · Maria Rossella Sironi persona “scarica” un CD, che poi Collaborano per la redazione Edi Copreni, Anna Barbatti,

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Periodico gratuito dell’Istituto Leopardi di Milano - n. 3 Maggio 2006 - Anno II www.istitutoleopardi.it - [email protected]

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Direttore Responsabile Maria Rossella Sironi Collaborano per la redazione Edi Copreni, Anna Barbatti, Pierdomenico Palazzi, Maria Rossella Sironi, Lorenzo Tomas-sini Sede Istituto Europeo Leopardi Via del Carroccio, 9 20123 Milano Stampato presso Arti Grafiche Donati - Cormano MI Numero 1 Registrato presso il Tribunale di Milano con il numero 196 del 20 marzo 2006

Un po' di chiarezza sullo scambio on-line

Mercato musi-cale: è crisi op-pure no? Analisi del rapporto tra internet e le case discografiche Milano – Da sempre la musica è un mezzo privilegiato di comunica-zione che permette di esprimere le proprie opinioni (basti pensare al recente impegno dei Rolling Sto-nes contro le scelte del governo americano)… ma è soprattutto commercio: gli artisti di fama mon-diale guadagnano milioni di dollari con le loro canzoni. Siamo sicuri che tutti questi introiti provengano dalla vendita dei dischi? Non è così: la maggior parte proviene dai loro tour o concerti. Il problema è quindi delle case discografiche, che senza la vendita dei CD non guadagnano nulla... ed è questo che ha indotto la RIIA a cercare una soluzione, sicuramente nel modo sbagliato: usare “filtri” sul

traffico della musica on-line. Chiu-dere reti sulle quali si basano i software di scambio equivale a uccidere una zanzara in uno scia-me di mil ioni! Internet è “leggermente” più complicata di quanto pensi la RIIA: anche se

chiudesse-ro progetti di questo tipo, conti-nuerebbero a nascerne di nuovi, perché “in rete” lo scambio di

informazioni o di dati è libero… e sarà sempre così. L'approccio giusto, da parte delle case disco-grafiche, avrebbe dovuto essere (ma certamente può ancora diven-tarlo) quello di abbassare il prezzo dei CD: non è facile, perché dipen-de anche dai governi di ogni sin-gola nazione. Per esempio, in Italia, un CD musi-cale non è considerato prodotto culturale bensì di consumo; la differenza sta nel fatto che, se fosse un prodotto culturale, sareb-be gravato da un’IVA minore e, di conseguenza, il prezzo finale da 20 € scenderebbe a 15. Un altro aspetto da considerare è il fatto che il mercato, in fin dei conti, non ha subito gravi perdite: se una persona “scarica” un CD, che poi dimostra di gradire molto, è proba-bile che vada ad acquistarlo. In definitiva questo fenomeno non è negativo per la grandi case disco-grafiche, le cosiddette major (già ricche e solo in cerca di maggiori guadagni), ma lo è per piccoli artisti che non sono parte del gran-de mercato, per i quali è sempre più difficile trovare qualche “etichetta” disposta a promuoverli e farli emergere. E qui si propone un altro aspetto positivo di internet: proprio questi piccoli artisti si possono far cono-scere attraverso la condivisione dei loro brani! Difendiamo quindi la libera circola-zione dei file (e, soprattutto, dell'in-formazione), e la nostra passione per la musica…

Emilio Picasso

Viaggio attraverso il mondo che più è cambiato nel tempo Cammino per le strade del centro di Milano: cappotto pesante, ber-retto e sciarpa…fa freddo in que-sto periodo, meglio coprirsi! Le luci decorative sopra la mia testa illuminano ora di rosso ora di giallo la strada sotto ai miei piedi. E’ Natale, ancora una volta... come l’anno scorso, come l’anno prima e come l’anno prossimo, probabil-mente… E’ bello notare come la gente corra da una parte all’altra a cercare il regalo più bello, più inaspettato e, spesso e volentieri, più inutile dell’anno! Fanno tutti così, ormai è una tradizione, quasi una gara. Io no: mi piace fare il contrario di ciò che gli altri fanno, essere anticonformista… rompi-scatole, insomma! Io cammino e mi interrogo sul vero significato del Natale: la nascita di Gesù bambi-no? Un’antica festa pagana? Una colossale “bufala” che nel tempo ha assunto poi grande importan-za? Mentre penso mi colpisce un piccolo negozietto buio, senza quelle psichedeliche insegne, quasi nascosto da una montagna d’immondizia. L’ho detto, sono anticonformista: supero tre sacchi neri e maleodoranti ed entro. In-credibile: una libreria! Un ometto basso e grassottello mi si avvicina con una camminata stanca, lo sguardo perso nel vuoto e la boc-ca aperta… e gentilmente mi chie-de cosa desidero. Noto che anche nel pormi la domanda i suoi occhi fissano sempre un punto indeter-minato alle mie spalle, ma decido di non approfondire ulteriormente l’argomento; voglio solo dare un’-occhiata…e poi fa un bel calduccio e i miei piedi sono congelati! Co-mincio a navigare con gli occhi in un mare di copertine, sovracoperti-ne, scaffali, mobiletti, antri e sotto-scale…niente. In realtà i libri ci sono, e sono tutti perfettamente posizionati in ordine alfabetico, ma non riesco a trovare niente d’inte-ressante. Riprovo. Pirandello mi piace, ma sotto la “P” c’è solo “Oh

Italia mia” di Paolo Brosio: mi sem-brava di ricordare che fosse la prima lettera del cognome quella da tenere in considerazione per l’ordine alfabetico, ma evidente-mente le cose sono cambiate! Decido di affidarmi alle tozze mani del proprietario cercando di capire dove siano quelli che possano fregiarsi del titolo di “libri” e non di stupidi “saggi” di ex-personaggi famosi televisivi, falliti dopo storie di droga o chissà che altro! Il pro-prietario, quasi infastidito dalla mia domanda, mi indica una scala che rapidamente sprofonda in un sot-terraneo oscuro. Mi faccio corag-gio e scendo. Una piccola lampa-dina appesa al soffitto con un semplice filo elettrico illumina quel-la che potrebbe sembrare una cantina; al centro una cassa bian-ca rettangolare, alta circa mezzo metro, ospita alla rinfusa tutta la letteratura italiana degli ultimi sette secoli: appoggio il giaccone su una sedia e comincio a rovistare: Manzoni, Boccaccio, Pirandello, Beccaria, Casanova, Goldoni, Parini, Alfieri e molti altri, fra cui anche giovani autori di venti-trent’anni! Raccolgo qualche testo, riprendo la giacca e “risalgo in superficie”. Decido anche di acqui-stare uno di quei “saggettini” dei personaggi televisivi: mi butto sul testo di un comico scelto a caso e vado a pagare. Esco dal negozio e, superati i sacchi dell’immondi-zia, velocemente torno a casa… Ho sempre pensato che un bel libro si potesse giudicare dal fatto che, alla fine della lettura, restasse qualcosa dentro di noi che ci po-tesse aiutare a riflettere e a com-prendere meglio il mondo del suo autore. Leggendo questa “nuova letteratura” ho provato solo un senso di vuoto, che mi è servito però a capire che la buona lettera-tura non è morta, è solo in canti-na…Certo, “scoprirla” comporta un po’ più di fatica, ma posso assicu-rarvi, che la soddisfazione finale è molto più appagante di quanto si possa pensare!

Federico Di Chiara

Tra letteratura e spazzatura

2001:ODISSEA IN LIBRERIA

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Il venerdì di carnevale nessuno dei miei studenti di 3.a rag. si è pre-sentato alle lezioni del pomeriggio e così sono andata in sala prof. Sentivo delle voci provenire dalla sala video e vedevo anche il prof. Palazzi, caro collega che stimo moltissimo, mentre mi domandavo chi potesse riunirsi in un pomerig-gio semifestivo. Quando una voce che conosco benissimo mi chiama e mi invita ad entrare: “ vieni, ab-biamo bisogno proprio di te.” Spe-ravo tanto che volesse intrattener-si con il prof. Biazzo che mi aveva accompagnata e invece mi sento ripetere ”no, Anita, vogliamo pro-prio te.” Immediatamente ho rea-lizzato: questa volta ci erano riu-sciti. Sì avevo riconosciuto la voce della prof. Copreni responsabile della Commissione giornale dell’I-stituto che era in riunione con gli altri organizzatori. Altre volte mi era stato chiesto di scrivere qual-cosa, ma ero sempre riuscita a rinviare per ragioni di tempo, an-che perché scrivere non è mai stato il mio mestiere. “Abbiamo bisogno che tu scriva qualcosa sull’alternanza” proseguiva la vo-ce. Questa volta aveva centrato. Come potevo rifiutarmi o tergiver-sare su un’ attività in cui credo molto, di cui mi sto occupando da quasi un anno e che mi ha coinvol-to come neanche avrei mai imma-ginato? Ho cercato di rifiutare, ma in cuor mio già pensavo cosa po-tesse risultare utile scrivere per chi mi avrebbe poi letto. Cerco ora di spiegare l’alternanza scuola lavoro, che qualcuno ha definito in modo molto opportuno “imparare facendo”. Il progetto, offre la possibilità di imparare an-che in contesti diversi da quello scolastico e con modalità alternati-ve a quelle tradizionali coinvolgen-do fondamentalmente 3 soggetti: la scuola (ente promotore), gli studenti e le aziende. I rapporti tra questi soggetti sono regolati da una convenzione che fa riferimen-to al progetto formativo previsto. Altri strumenti sono il registro presenze, il diario di bordo compi-lato dallo studente e le relazioni finali del tutor aziendale, del tutor scolastico e dello studente. Il tutor aziendale deve valutare le compe-

tenze professionali acquisite e il comportamento del tirocinante. Lo studente deve confrontare le atte-se con i risultati raggiunti, descri-vere i contenuti delle competenze acquisite, valutare il proprio com-portamento lavorativo. Il tutor sco-lastico deve valutare le competen-ze acquisite dallo studente attra-verso un dialogo e un lavoro dello studente formulato tenendo conto di quanto indicato nel progetto formativo e nella relazione del tutor aziendale. E’ comunque com-pito del Consiglio di classe attribui-re i crediti agli studenti sulla base delle relazioni precedenti. L’alter-nanza prevede e qui si differenzia dallo stage, che gli studenti, in azienda imparino l’aspetto pratico di quanto appreso a scuola. Nella nostra scuola abbiamo sperimen-tato questo progetto nelle classi 2.a liceo psicopedagogico, nella 2.a I.G.E.A. e nella 3.a I.G.E.A. Io sono il tutor scolastico delle classi I.G.E.A. dove insegno economia aziendale. Questa esperienza sta molto a cuore anche all’Ufficio scolastico regionale che ha ritenu-to, per assicurare le condizioni istituzionali necessarie alla speri-mentazione, costituire un Gruppo di progetto e coordinamento che vede coinvolte 11 scuole, Asso-lombarda, Formaper e il Polo Qualità. La costruzione di un siste-ma di relazioni e reti è infatti condi-zione indispensabile per un dise-gno complessivo e condiviso che superi il livello, pure apprezzabile, dei rapporti individuali. In questo quadro si colloca anche la conven-zione siglata con Formaper L’o-biettivo è ancora quello di far usci-re dalla episodicità i rapporti tra scuole e aziende per creare un sistema stabile di programmazione degli interventi, fondato sul prota-gonismo delle Associazioni e sulla costruzione di codici condivisi e reciprocamente riconosciuti di comportamento. Il progetto pre-sentato dal nostro Istituto è stato approvato dall’Ufficio scolastico regionale e noi facciamo parte di quelle poche scuole che nella regione Lombardia già attuano l’esperienza di alternanza scuola/lavoro.

Anita Oriani

Che cos’è l’alternanza scuola-lavoro e perché sta diventando sempre di più oggetto di dibattito tra gli addetti ai lavori nel mondo della scuola? L’articolo 1 del De-creto Legislativo attuativo dell’al-ternanza scuola-lavoro 15 aprile 2005 così recita: “Il presente de-creto disciplina l’alternanza scuo-la-lavoro come modalità di realiz-zazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mer-cato del lavoro”. Sono due gli ele-menti fondamentali,strettamente collegati tra loro, da mettere in rilievo in questa definizione. Innanzitutto il concetto di compe-tenza che non va certamente con-trapposto a quello di conoscenza: Si tratta piuttosto di entrare in un diverso ordine di idee, secondo il quale il sapere è il prodotto dell’in-terazione tra dimensione teorica e operativa, senza che l’una vada a discapito dell’altra e di riconoscere quindi piena dignità ad un tipo diverso di didattica, che gli anglo-sassoni definiscono learning by doing, apprendimento attraverso il fare. L’idea di fondo è che l’espe-rienza in azienda possa integrare quel tipo di competenza che lo studente acquisisce anche attra-verso il lavoro in classe. La norma-tiva parla a questo proposito di un “collegamento sistematico” tra la formazione in aula e l’esperienza pratica. Di qui il secondo elemento che va messo in rilievo: se i pre-supposti appena enunciati sono validi, cade la contrapposizione tra i n s e g n a m e n t o t e c n i c o -professionale, da un lato, e liceale, dall’altro; anche nei licei, quindi, è utile e formativo proporre e avviare progetti di alternanza scuola-lavoro, perché anche qui gli obiet-tivi legati all’acquisizione di com-petenze possono essere raggiunti attraverso questa modalità, natu-ralmente ricercando sul territorio quel tipo di aziende le cui attività meglio corrispondono alle finalità proprie di un determinato indirizzo di studio. Non va inoltre dimentica-to che l’alternanza ha un’importan-te funzione di orientamento per gli

studenti, che hanno l’opportunità di calarsi concretamente negli stili, nei ritmi, nelle regole di lavoro di un’azienda. Naturalmente la scuo-la non delega completamente all’azienda il percorso formativo di alternanza: al contrario, il consiglio di classe mantiene un ruolo priori-tario nella progettazione e anche nella valutazione dell’esperienza. Da questo punto di vista sono due le figure cardine dell’alternanza: da un lato il tutor scolastico, un docente nominato dal consiglio di classe che si occupa in prima persona della progettazione e realizzazione del percorso; dall’al-tro il tutor aziendale, che facilita gli apprendimenti “sul campo” ed opera in stretta collaborazione con il tutor scolastico in tutte le fasi dell’esperienza. Infine, i tempi, la proposta dell’alternanza è fatta a partire dalla classe seconda fino alla classe quarta del secondo ciclo, secondo un monte ore pro-gressivamente più corposo che va da un minimo di 30 ore all’anno in azienda in seconda, per arrivare a 80 in terza e a 120 in quarta, che possono essere svolte sia in orario curricolare che extracurricolare. Questo è certamente un punto controverso: se, infatti, da un lato è necessario prevedere un con-gruo numero di ore affinché l’alter-nanza possa rappresentare un’e-sperienza realmente significativa e non solo una parentesi di poco conto nel percorso formativo di uno studente, dall’altro il rischio è che, in particolare in quarta, l’attivi-tà didattica in aula subisca un drastico ridimensionamento e si svolga in gran parte in funzione dell’esperienza di alternanza, an-nacquando così la caratteristica tipica della licealità, vale a dire la solida preparazione culturale mul-tidisciplinare. Su questo punto il dibattito è aperto. In conclusione, non si può comunque non rimarca-re le potenzialità del percorso di alternanza, che risponde concreta-mente ad esigenze che il mondo del lavoro, ma soprattutto gli stessi studenti e le loro famiglie, pongo-no con sempre maggiore forza ed urgenza: una scuola non ripiegata su se stessa, ma aperta alla socie-tà e al mondo.

Emanuele Dotti

L’ALTERNANZA SCUOLA / LAVORO

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Dopo una settimana di studio e di fatiche uno studente non aspetta altro che il sabato per dormire…e invece no…quella mattina la sve-glia suona alle 8!!Ancora immersa nella fase rem cerco una camicet-ta bianca, un maglione scuro e dei jeans non troppo strappati e dopo un’ultima ripassata agli appunti sono pronta ad andare. Io France-sca e Desirèe, dopo un infinito viaggio in metropolitana, arriviamo in Duomo dove prendiamo il tanto agognato primo caffè della giorna-ta, sperando che le nostre facce assonnate possano assomigliare a quelle di alcune guide turistiche serie e preparate. Arriviamo final-mente in Via del Gesù numero 12 dove incontriamo gli altri nostri compagni di scuola…siamo tutti molto tesi ed agitati sotto le nostre camicie bianche e i nostri “distintivi” di guide del FAI. Già alle ore 10 la fila fuori dal Palazzo Versace è lunghissima e senza avere neanche il tempo di pensa-re, ci troviamo divisi a coppie e immersi in gruppi di persone pronti ad ascoltare da noi imbarazzati studenti la storia del palazzo e dello stilista Gianni Versace. Si parte con una rapida descrizione storica dei vari abitanti del palazzo e da un giro del bellissimo giardino neoclassico, per poi passare alla visita del grande ritratto di Gianni Versace (dipinto da Pistoletto) posto all’ingresso dell’atelier. Dopo la descrizione degli esterni lascia-mo per qualche minuto i nostri gruppi ad altri ragazzi che descri-vono la mostra fotografica, rappre-sentante l’evoluzione di Milano attraverso l’architettura, la moda e il teatro. Trascorsi quindi alcuni minuti di pausa riprendiamo i no-stri gruppi e li portiamo all’interno del palazzo dove descriviamo i tre ambienti dell’ingresso; il primo, contenente tre antiche lekitos (antichi vasi di origine greca), il secondo, in cui era situata una statua rappresentante un moderno Perseo con ai piedi la testa della Medusa (simbolo della casa di moda di Versace) e il terzo am-biente, più vasto, in cui erano situate tre antichissime ed originali statue greche e romane. Dopo

interminabili scalini ci ritroviamo al secondo piano, dove mostriamo i due immensi dipinti di Schifano, la biblioteca e lo studio del defunto stilista, cercando di scusarci ogni volta con i volti un po’ delusi dei visitatori, dispiaciuti di non aver potuto visitare il primo piano, dove era situato l’appartamento di Gian-ni. A questo punto il giro è finito e torniamo giù per i doverosi saluti e ringraziamenti ai visitatori, sempre gentilissimi e sorridenti. Ormai eravamo tutti molto più sciolti e i giri successivi sono stati tranquilli e senza intoppi…almeno fino a quando non è arrivato Santo Ver-sace, fratello di Gianni, che ha destato in tutti grande curiosità ed agitazione, ma fortunatamente anch’egli si è rivelato estremamen-te gentile e sorridente con noi ragazzi. Le tre ore che ci separa-vano dalla fine del nostro turno sono passate veramente in fretta fra i vari giri del palazzo e le innu-merevoli domande dei visitatori, e in men che non si dica abbiamo lasciato il posto ai nostri “colleghi” del Manzoni, che si sono ritrovati sommersi dai turisti del pomerig-gio, sempre più numerosi e pieni di aspettative. Così si è concluso il nostro primo giorno da “guide turistiche del FAI”, stanchi ma colmi di soddisfazione e con anco-ra impressi i sorrisi di ringrazia-mento di tutte le persone che sono venute a visitare questo splendido palazzo. Inutile dire che il giorno successivo, una soleggiata dome-nica mattina, eravamo ancora più stanchi e assonnati, ma ormai sapevamo cosa aspettarci ed eravamo tutti molto tranquilli e ancora più preparati del giorno precedente. I gruppi passano velo-cemente uno dopo l’altro e le ore trascorrono veloci e senza nean-che accorgercene il nostro “lavoro” è finito, fra sorrisi soddisfatti e le immancabili foto di rito; bilancio estremamente positivo quindi. Unica pecca? Le pochissime stan-ze visitabili, che hanno lasciato un po’ insoddisfatta la maggior parte dei curiosi ed attenti visitatori.

Silvia Pellegrini

Sono qui seduta e sto aspettando di entrare in classe per la mia ora di orientamento con (si può dire?!) il Prof.Palazzi…Tanti pensieri mi affollano la mente,tanti ricordi ed immagini… Sono già passati cinque anni? E’stato un percorso lungo ma al tempo stesso sembra ieri quan-do,per la prima volta,sono salita per queste scale… Ora è arrivato il momento di riflet-tere e di scegliere che cosa fare nel futuro… Alcuni di noi sono ancora confusi ed un po’in an-sia,altri hanno già le idee chiare (pochi,per la verità)… E intanto io sono qui che aspetto di incontrare il Prof.,per spiegargli ciò che vorrei fare e perché,in quale corso di laurea mi iscriverei e,soprattutto,per ascoltare il suo parere. Improvvisamente penso alla possi-bilità, che ritengo remota, che quella che intendo prendere non sia la strada più indicata… Come mai mi vengono certe idee? Pro-prio adesso che sto per prendere una decisione definitiva! Si dice che sia normale che, più si è vicini ad una scelta importante, più le perplessità e le incertezze, anche immotivate, aumentano; insomma, i dubbi “last minute” paiono essere quasi una tappa obbligata, anche per una determi-nata come me. Cerco di non pensarci e aspetto: la mia amica sta ancora parlando con il Prof. e intanto i minuti pas-sano… Leggo il giornale ma ho la testa altrove. POST-ORIENTAMENTO Scendo le scale e vado a prendere la metropolitana. Ho una strana sensazione addos-so, mi sento quasi più leggera; saranno i benefici effetti dell’orien-tamento?! Più realisticamente il Prof. mi ha detto che condivide i miei progetti e mi ha spronata ad andare avanti. Proprio quello che avevo bisogno di sentirmi dire.

Eleonora Ardemagni

Sono molte le curiosità che hanno accompagnato la cerimonia di apertura dei XX giochi olimpici invernali di Torino . Tra le tante gli addobbi floreali e la ghirlanda lunga 15 metri e larga 20 centimetri di camelie dai petali bianchi a striature rosse, collocata sopra il palco del Presidente della Repubblica, Carlo Azzeglio Ciam-pi. Parlando degli azzurri, gli atleti italiani hanno riportato molte vitto-rie nel pattinaggio a squadre e con Fabris anche in quello singolo; è stata invece deludente la prova di Carolina Kostner. La prima vittoria riportata dagli italiani è con lo slittino. In seguito gli azzurri hanno riscontrato suc-cessi nelle seguenti discipline: sci di fondo a squadre, sci di fondo singolo e bob femminile a due. Il totale delle medaglie conquistate dall’Italia ci porta ad essere in quarta posizione nella classifica generale. Le vittorie degli azzurri hanno suscitato grande emozione non solo negli atleti ma anche negli spettatori che hanno seguito le Olimpiadi. Il tema centrale della cerimonia di chiusura è stato il Carnevale atleti e spettatori hanno celebrato la fine dei Giochi, culmi-nata con lo spegnimento del bra-ciere olimpico. Nel corso dello spettacolo, i mo-menti protocollari della cerimonia come la consegna delle bandiere e l’avvio del count down verso Vancouver 2010, si sono alternati a momenti trasgressivi e irriveren-ti, ispirati dalla creatività degli arti-sti di strada. Non è man-cato neppure il richiamo al cinema:con la sfilata di sei costumi originali utiliz-zati da Fede-rico Fellini per il film i “I Clown”. Simone Bassi

Giornata FAI Orientamento Olimpiadi invernali

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Immaginate di essere in cima alla Tour Eiffel,a 274 metri d’altezza e di catturare,con un solo sguardo, l’intera, sfavillante città di Parigi: immaginate di trovarvi lì in una fredda serata di inizio marzo, sfer-zati dal vento e dalla neve e, ma-gari in compagnia (si fa per dire!) di qualche vertigine… Forse siete riusciti a vivere,seppur virtualmente, uno dei momenti più emozionanti del nostro viaggio nella capitale francese (4°-5°Liceo SocioPsicoPedagogico). Parigi si trasforma con la rapidità con la quale muta il suo tempo meteorologico: dinamica e deside-rosa di assaporare ogni istante, multiculturale ed orgogliosamente francese, vivace e formale, raffina-ta ed eccessiva: potrebbe sembra-re una città di contraddizioni le quali, però,sono solite incontrarsi e convivere, quasi confondendosi. Fino a poter dire che Parigi vive nelle sue stesse contraddizioni. Passeggiare per gli interminabili Champs-Elysées significa accor-gersi di tutto ciò, tra le scintillanti vetrine dei negozi più chic e gli innumerevoli caffè, punti non solo di ristoro e di incontro, ma anche privilegiati punti d’osservazione sulla palpitante quotidianità della metropoli. Così, partendo da Place de la Concorde, dove si trova il celebre obelisco e dopo aver per-corso il viale più esclusivo di Pari-gi, si giunge davanti all’Arc de Triomphe, che è situato, inoltre, nel punto nevralgico della città, dove convergono dodici centralis-simi viali. La storia dell’Arc de Triomphe è indissolubilmente legata alla figura di Napoleone il quale, a seguito della celebrata vittoria di Austerlitz(1805), volle consegnare al mondo ed alla memoria storica la gran-dezza dell’impero francese attra-verso la costruzione di quello che, ancora oggi, è uno dei simboli nazionali più fortemente cari al popolo francese. Anche le chiese, a Parigi, sembra-no essere progettate per non pas-sare inosservate: è il caso dell’in-confondibile sagoma della Catte-

drale goti-ca di No-t r e -Dame,con le sue guglie, i rosoni e le coloratissi-me vetrate le cui de-coraz ion i richiamano la tradizio-ne e la simbologia biblica e la Basilica del Sacré-Coeur, gioiello dell’architettura di fine Ottocen-to,che si erge, bianchissima, a Montmartre, al termine di un’impo-nente scalinata. Da qui, la vista panoramica della città è assicura-ta. Montmartre è da sempre il quartie-re degli artisti e del divertimento notturno, a volte trasgressivo; percorrendo le vie strette del quar-tiere forse più caratteristico di Parigi, animate dall’incredibile successione di negozi di souvenir e dai famosi ritrattisti, ci si muove in un’atmosfera che sembra esse-re fuori dal tempo. Tra Parigi e l’arte, in tutte le sue epoche, correnti e manifestazioni, c’è un legame speciale; lo testimo-niano due fra i musei più “artisticamente ricchi” del mondo, il Louvre e il Musèe d’Orsay, vero tempio della pittura impressionista e post-impressionista; il Centre Pompidou, il museo d’arte moder-na parigino, si distingue per l’origi-nalità della sua architettura. Parigi è una città che adora mo-strarsi ai suoi visitatori, a volte con vanità: la Senna, grazie ai bateau-mouches, i battelli per turisti, è il luogo più suggestivo, specialmen-te la sera, per poterne scoprire la varietà di forme e di scenari. Personalmente, oltre alla bontà delle loro crepes e delle loro qui-che, le torte salate, ricorderò la cordialità dei francesi, nonostante essi si ostinino a parlare quasi esclusivamente la loro lingua an-che con noi turisti ma, come ho imparato durante il nostro viaggio(e qualcosa di francese ho impara-to)…Ça c’est Paris!

Eleonora Ardemagni

Eccoci qui, a casa finalmente, alla vita di ogni giorno, dopo essere tornati, forse per l’ultima volta, dalla tradizionale gita a Borno. La mia classe, ( 2 lspp ) e i primini del liceo sociopsicopedagogico, siamo partiti per questa gita- lavo-ro il 19 marzo ‘06 per tornare il 25 marzo ’06, accompagnati dal pun-tualissimo e precisissimo Profes-sor Palazzi, dal “ capo “ della gita Professor Dotti, dalla controllatrice di camere e dei diari della giornata di ogni squadra la Preside Galliani, dalla Profesoressa Negroni ( an-che se per poco) e dalle simpati-cissime 5 assistenti. In via Masaccio il fatidico 19 mar-zo arrivano quasi tutti puntuali con fazzoletto e cartellino, e già, dopo un secondo di ritardo o una man-canza, iniziano a partire la penali-tà. Il viaggio è tranquillo, ma nello stesso tempo ansiogeno per noi di seconda, perché sappiamo già cosa ci attende. I ragazzi di prima, sono molto tranquilli, perché non sanno il lavoro che si nasconde dietro la parola “GITA A BORNO” Arrivati a Borno e sistemati abbia-mo praticamente trascorso la notte in bianco a causa dei maschi di prima che pensavano di essere in uno stadio piuttosto che in un albergo, dove di solito la gente dorme, ma la mattina la pagano cara, con il rimprovero della presi-de e la perdita di 12 punti ciascuno e 24 per il capo camera.

Il tema su cui dobbiamo svolgere la nostra ricerca, e quindi intervi-stare le persone di diversi paesi è l’uso del dialetto camuno. I tre paesi in cui abbiamo svolto le interviste, sono stati: Breno, Borno e Ponte di legno. I primi tre giorni sono andati bene perché non ci sono state tante litigate e abbiamo gestito abba-stanza bene il lavoro. Il giovedì è andato splendidamen-te, a parte la mancanza di tempo per tutto ciò che dovevamo fare e il mancato funzionamento della stampante per alcune relazioni. Venerdì è stata la giornata dei giochi, del relax e del divertimento, ma di maggior competizione e ansia all’ interno delle squadre. Tra recite, canti, giochi di logica e gli scatenati e divertenti balli della sera nella discoteca dell’albergo, anche il venerdì passa per arrivare all’ atteso giorno della partenza: Sabato 25 marzo 2006. Così sabato mattina alle 9:00 in punto abbiamo lasciato l’albergo Valle d’ oro con destinazione ……MILANO. Io so già che l’anno prossimo Bor-no ci mancherà, lo rammenteremo ai ragazzi che oggi frequentano la prima, e sicuramente rimpiangere-mo qualcosa, perché comunque sono stati dei bellissimi momenti che abbiamo passato insieme lavorando, in competizione ma anche divertendoci…

Mozzarelli Monica

PARIGI A Borno forse per l’ultima volta……

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Il sipario si è alzato. Le quinte polverose di questo teatrino da quattro soldi mi rivela-no anche oggi al pubblico. Troppo in fretta, Dio mio! Troppo in fretta per le mie mani, che ancora suda-no, inumidendo il costume di sce-na; troppo in fretta per la mia me-moria, che all’ennesima replica ancora non è in grado di rassicu-rarmi; troppo in fretta per le mie rughe, che le luci impietose scove-ranno, frugando sotto il cerone steso senza cura. In bilico. In bilico tra la paura e la sfrontatezza, aspetto qualche istante e poi… e poi via, via con un monologo sciorinato impietosa-mente senza pause! Ho del fegato, io, questo è certo! Ha del fegato, questo tragicomico istrione di provincia, come un fu-nambolo a mezz’aria… Ho il co-raggio di un illuso o di un pazzo (ma forse fa lo stesso…), io, io che spero di arrivare indenne all’ultimo atto, io che pretendo di strappare due applausi con qualche smorfia provata davanti allo specchio del guardaroba di casa, io che dal mio pubblico… Già, il pubblico: parola misteriosa… perché non c’è niente di meno “pubblico” di quell’intimo consenso della gente che tu vuoi tutto e solo per te; non c’è niente di meno “pubblico” del miracolo del tuo volto e della tua voce che offri al mercato dei sogni altrui… eppure, nel contempo, niente è più “pubblico”, più indistinto, più uni-forme di quanti, quotidianamente, ti si parano di fronte, e attendo-no… Io, però, i miei spettatori ho imparato a conoscerli meglio di

quanto loro conoscano me, e forse anche se stessi… Sì, proprio così! Loro non lo sanno, ma li ho “imparati a memoria”, ormai, tanto bene che neanche T’amo, o pio bove… Bella storia! Loro non lo sanno, ma ogni volta, prima che la rappresentazione cominci, faccio delicatamente capolino tra il vellu-to rosso dei tendoni ancora chiu-si… e sbircio, li guardo, li scruto, li studio, quelli delle prime file… e anche oltre, se ne sono capace. Loro non lo sanno, ma mi godo io, io, lo spettacolo (geniale, non c’è che dire!) della loro monotonia! Monotonia, certo! Ma sì, è vero, cambiano le carte d’identità, ci sono nasi più aquilini di altri, den-tature più o meno splendenti, iridi più o meno azzurre, gonne più o meno corte… però gli atteggia-menti di tutti sono ogni giorno pressoché gli stessi. In prima fila, ad esempio, nel pri-mo posto da destra… ecco, è facile trovare la signorinella semi-vestita con le pupille di plastica, del genere “guardo ma non ve-do” (o viceversa?). Di solito la “bella” arriva scortata da un esem-plare di ruminante che da solo potrebbe far prosperare una fab-brica di Big Babol. Almeno chiu-desse quella bocca! So che dei miei metaforici contorcimenti sul palco non gliene importerà proprio nulla… o al massimo darà il pro-prio sostegno alla mia causa con un fragoroso scoppio dell’ultimo pallone di gomma da masticare! Per non parlare del posto centrale in terza fila, dove spesso si par-cheggia un paranoico con un prin-cipio di artrite per tutti gli SMS che invia. E il suo amico! Almeno evi-tasse di far suonare Mission: im-possibile al suo telefonino proprio nel bel mezzo della scena madre, mentre io, lassù, agonizzo pugna-lato a morte! Di certo non mancherà, in poltro-nissima, il tipo “tu non sai chi sono io perciò facciamo in fretta co ’sta cosa che c’ho da fare”: prima o poi la smorfia che ha sul volto (meglio… sul muso) gli si imprime-rà come un tatuaggio, donandogli per sempre l’espressione dura - o

ebete (ma forse, anche in questo caso, fa lo stesso…) - che si osti-na a sfoggiare. Arriverà senz’altro anche l’“attaccapanni”, con una maglietta più grande di tre taglie, un pantalo-ne più largo di quattro, un paio di scarpe più… beh, qui forse esage-ro! In fondo è solitamente gentile e non disturba affatto; chissà, forse progetta di ampliare di qualche taglia anche la propria cultura! Come al solito, invece, mi farà rabbia, in quarta fila, l’esemplare “negozio di calzature” che, igno-rando le leggi gravitazionali, evite-rà puntualmente di poggiare a terra i suoi preziosi piedi griffati, piantandoli direttamente sullo schienale della poltrona davanti alla sua. Non li potrò vedere, ma so che laggiù, nell’angolo più buio e deserto, abbandonato da Dio e dagli uomini, faranno la “comparsa” Paolo e Francesca, il belloccio zuccheroso e la Venere fatale e imbronciata; appiccicati come busta e francobollo, interpre-teranno solo per sé la propria scena, rigorosamente censurabi-le... e non sapranno nemmeno che io ho recitato anche per loro, e non mi riconosceranno all’uscita, nep-pure quando li urterò inavvertita-mente mentre torno a casa. Quanti volti, quante orecchie, quanti, quanti occhi, quanti! Do-vunque: a destra, a sinistra, da-vanti a me… ma, in fondo al mio cuore, un’unica, strana, amara consapevolezza: nessuno è qui veramente per me, per il richiamo del mio nome sulla locandina, per la mia bravura nel cambiar pelle, nel prendere gli altri per mano e condurli per un’ora in un mondo incontaminato. Ciò che è peggio, ho la netta sensazione che, forse, nessuno sia qui neppure per l’ope-ra rappresentata, per la sua sfac-ciata bellezza e l’incalcolabile patrimonio di sfumature e signifi-cati! Valeva la pena che un simile capolavoro attraversasse indenne i decenni per andarsi a schiantare contro le lenti specchiate degli occhiali del bullo di periferia sedu-to a pochi metri da me? Ingrati, ingrati tutti! Proprio qui, fra decine

(o centinaia, se va bene…) di mani, gambe, braccia, respiri e sbadigli… qui conosco la solitudi-ne! Il regista della pièce, che mi stima e, in fondo, mi compatisce un po’, mi ricorda, sornione, che ormai queste sono le regole del gioco: nessun inutile romantici-smo… prendere o lasciare! Il pub-blico moderno è così. Bisogna accettare che ti ignori, che trituri la tua arte e le tue attese, che osser-vi - al massimo - se l’orlo del tuo costume sia scucito e penda da una parte… l’importante è il bigliet-to, il biglietto pagato. Un “guerriero” come me, che ama affrontare la vita senza la corazza della menzogna, che con uno schiocco delle dita vorrebbe poter suscitare lacrime e risate since-re… beh, uno così, perché non si ritira e non lascia il campo di batta-glia, accettando la viltà della scon-fitta? Ma qui, sul palco, vestito e truccato, a quest’ora, è troppo tardi per le recriminazioni e i rim-pianti, troppo tardi per scendere e fuggire via… e poi… poi c’è anco-ra un piccolo tentativo da fare... Sì, lo sapevo! Ho dato un’ultima, fugace sbirciatina oltre le quinte… e l’ho visto! L’ho visto! Finalmente! Lì, mescolato al chiasso vistoso di tutti gli altri, l’ho visto. Ci speravo tanto, e anche oggi lui è qui; viene ogni giorno, e non importa che sia la ventesima replica! Ho incontrato ancora il suo sguardo, profondo e silenzioso, e ho capito che il mio posto rimane qui, in questo teatro. Nei suoi occhi riesco ancora a capire che esiste un confine tra l’intelligenza e la stupidità. Viene per me, anche per me… il suo sguardo viene per me, anche per

Si recita a soggetto

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Lo stage proposto dall’Istituto Leopardi per febbraio ha avuto come destinazione la città di Plymouth, nel centro del Devon, nel sud dell’Inghilterra. L’idea di essere ospitato da una famiglia che non avevo mai visto, non mi allettava proprio ma dopo avere visto la casa e tutto il resto devo ammettere che non era poi così male. Cibo a parte, s’intende. La domenica successiva al nostro arrivo abbiamo fatto un’escursione fino alla punta estrema dell’Inghil-terra, ovvero “Land’s end”. I giorni in cui “non si faceva nulla” stavano per finire, poiché doveva-mo iniziare con le lezioni. Divisi per livello in varie classi, abbiamo passato tutte le mattine delle due settimane seguenti facendo dibat-titi, vedendo film in lingua originale e quanto altro si possa immagina-re. Ma tornando al discorso delle gite, vorrei ricordare quella a Torquay, una splendida cittadina sulla co-sta, in stile Portofino. Anche Exe-ter non è da escludere, con la sua bellissima cattedrale e una lunga via piena di negozi. Il coprifuoco era fissato per le 11 di sera, e contando che la cena era alle 6, avevamo comunque abbastanza tempo per divertirci con quel poco che Plymouth ave-

va da offrire a noi studenti mino-renni. Non potendo entrare nei locali a causa di una legge di sta-to, finivamo sempre per andare in sala-giochi a giocare a bowling oppure, in centro e con un pallone finivamo le nostre serate. Ma tutto sommato questo non rappresenta-va un grave problema dato che il gruppo si stava compattando sem-pre più, nonostante non ci cono-scessimo tutti fra di noi prima della partenza. Il tempo ha riservato delle sorpre-se non sempre piacevoli visto che a seguito di una settimana piena di sole, nella successiva sembrava che qualcuno stesse giocando con il termostato. In particolare mi ricordo una mattina quando, guar-dando fuori dalla finestra della mia classe, ho visto alternarsi nebbia, grandine, sole, pioggia e vento. Tutto in meno di quattro ore, da non credere! In conclusione vorrei consigliare a tutti quelli che l’anno prossimo saranno in terza di non perdere questa opportunità, anche perché si perdono due settimane di scuo-la! Scherzi a parte, ve lo consiglio davvero questo stage, e non lo dico solo per rendere contento qualche professore, ma anche perché si fanno nuove conoscenze e volendo si impara anche un po’ di inglese!

Jacopo Ferrari

MILANO BAROCCA

Itinerario didattico per gli studenti della 4° L.S. nella Milano della Controriforma Milano: il 2 Novembre gli studenti della 4 del liceo scientifico Leopar-di, accompagnati dai professori D’Amico e Mondani, hanno visitato i monumenti della loro città carat-teristici del ‘600. Il percorso educativo ha avuto inizio in via Torino nella chiesa di San Sebastiano, commissionata da San Carlo agli architetti Ribaldi e Mangone come ringraziamento per aver liberato la città dalla fa-mosa peste Manzoniana. Seconda tappa è stata la Bibliote-ca Ambrosiana voluta da Federigo Borromeo. Questa fu la prima

biblioteca europea nella quale i libri potevano essere consultati non solo dai sapienti, ma da chiun-que ne avesse bisogno. Meta importante è stata anche il Duo-mo, Cattedrale la cui fondazione risale al tardo medioevo con suc-cessive aggiunte fino all’Epoca Barocca. All’interno, momentaneamente , si trovavano i famosi teleri della vita e dei miracoli di San Carlo. Ultimo monumento è stata la Chie-sa di San Fedele, costruita nel 1566 per volere di San Carlo e donata all’ordine dei Gesuiti. Di grande importanza sono il coro ligneo dietro all’altare e la sacre-stia , prelevati dalla chiesa ormai scomparsa di Santa Maria della Scala. La partecipazione degli studenti è stata attiva e l’itinerario molto is-truttivo.

F.Piccolo e B.Castellano

me, perché gli interessa incontrare le parole eterne e i pensieri che posso offrirgli, anche solo per un’ora… So che non uscirà da qui, che non vuole uscire da qui, identi-co a com’era prima di entrare, e mi permette di aiutarlo a compiere il prodigio. E il prodigio si compie… e io non penso più ad andarmene, a “mettermi a riposo” – come impie-tosamente si dice – perché riposo nel suo sguardo complice, e so di aver contribuito, seppur in minima parte, a renderlo ancora più lumi-noso. Io gli sono utile… ed è que-sto che conta! Anche oggi il suo sguardo ha accettato l’offerta del suo sgangherato istrione, si è seduto in platea come davanti a una tavola imbandita, non ha avu-to paura della stravagante possibi-lità di lasciarsi plasmare… Ma certo! Che sia questo il senso del mio essere insegnante? Fare un’-offerta, apparecchiare una tavola senza avarizia, proporre la rischio-sa impresa di plasmare un po’ uno sguardo e un cuore? Che sia pro-prio questa la magia, il gioco di prestigio, il tacito accordo che dà un senso alle equazioni di secon-do grado, alla consecutio temporum, alla Metafisica di A… Ehi, prof, allora? Il libro a p. 729 lo abbiamo aperto un secolo fa! Quanto dobbiamo ancora aspetta-re? Fra poco suona l’intervallo… Oh Dio, un altro naufragio nei miei pensieri! Avete ragione, ragazzi, scusate… e allora, su il sipario! Si recita a soggetto! Ciao, giovane lettore… sì, dico a te, proprio a te, a te che hai avuto la pazienza di arrivare fino a que-sta riga… avvicinati un po’… e sorridi, sorridi perché devo svelarti un segreto: forse è proprio il TUO sguardo che l’insegnante ha visto e incontrato stamattina… e che gli ha fatto capire quanto bella – sem-pre e in ogni caso – sia la vita… Non pensare più a niente, guarda verso la cattedra e lasciati ama-re… è tutto qui.

Anna Barbatti

Stage a Plymouth

Torquay

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Dal 27 al 30 marzo siamo andati in gita a Capo di Ponte, in Val Camo-nica, per conoscere la vita degli antichi Camuni. Il primo giorno, di sera, siamo andati nel bosco per sconfiggere le nostre paure, infatti alcuni di noi avevano paura del buio. Ci siamo seduti in cerchio e Sara, la nostra guida, ci ha chiesto quali fossero le nostre paure: molti avevano timore degli scricchiolii, altri delle ombre e dei rumori. Sara ci ha spiegato che molto probabilmente anche gli uomini primitivi avevano queste paure e che questa sareb-be stata una prova di coraggio che anche noi avremmo dovuto supe-rare. Sara ci ha detto che doveva-mo tenere le torce elettriche girate verso terra. Ci siamo incamminati nel bosco per raggiungere il posto di cui ci avevano parlato, dopo un po’ che camminavamo siamo arri-vati di fronte ad uno spiazzo, ci siamo seduti su delle panchine di legno, acceso un fuoco e abbiamo ballato tutti insieme un antica dan-za girando intorno a una roccia dove c’erano delle incisioni rupe-stri. Poi siamo subito partiti per andare in un altro luogo, arrivati davanti a delle rocce, appena ci siamo seduti abbiamo sentito uno strano ed intenso freddo, infatti, vicino a noi c’era un getto d’aria gelata che usciva dal foro di una grata. La nostra guida ci ha detto che durante una spedizione arche-ologica (una specie di sacerdote mago) aborigeno ha pregato per sei ore in quel luogo credendo che in quel getto d’aria gelata ci fosse-ro degli spiriti; in verità abbiamo scoperto che l’aria che sentivamo proveniva da una grotta che si è formata con dei massi franati, e sotto scorreva dell’acqua. Quando ormai era già notte siamo tornati in albergo. Questa esperienza nel bosco di notte ci ha fatto affrontare le nostre paure come l’uomo primi-tivo affrontava le sue nelle prove di coraggio. Ci siamo divertiti molto!!! Classe 3°A: Simone Giacomo Alessandro e Riccardo

“Arena arriviamo !!” Venerdì 17 febbraio, le classi III, IV, V sono andate all’Arena di Milano per partecipare alla gara sportiva “Trofei di Milano”, organiz-zata dall’AICS, Associazione Italia-na Cultura Sport. La gara consisteva in una corsa di resistenza. Appena siamo entrati in questa grande Arena siamo rimasti colpiti da tutti i bambini e i ragazzi che urlavano il nome della propria scuola: l’atmosfera era proprio elettrizzante! All’inizio della gara abbiamo canta-to tutti solennemente l’inno d’Italia, mentre passava sulla pista il set-tantaduesimo tedoforo delle Olim-piadi invernali: sembrava di essere alle Olimpiadi! A questo punto gli organizzatori ci hanno suddiviso in due gruppi: maschi e femmine.

Per prime le classi quinte (all’inizio i maschi, poi le femmine), poi, secondo la stessa modalità le classi quarte ed infine le terze. Prima della gara abbiamo fatto un po’ di riscaldamento che consiste-va in una corsa sul posto. La gara di resistenza partiva dall’interno dell’Arena, e proseguiva all’ester-no per un tratto e rientrava per la parte conclusiva, per un totale di circa 600 m. La corsa è stata un po’ faticosa perché 600 m non sono uno scherzo!!!! Ci sentivamo la gola secca, il cuore batteva all’impazzata e ci mancava il fiato, ma........ tutti abbiamo resistito e siamo arrivati fino alla fine: che

soddisfazio-ne!!!! Un’al-tra soddi-sfazione e gioia l’ab-biamo pro-vata quan-do abbiamo saputo che una nostra compagna, C e c i l i a Bruno, era a r r i v a t a terza!!! Sentiamo dalla diretta le sue im-pressioni: -Come ti sei sentita appena sei entrata nell’Arena? Ero molto emozionata e intimidita dalla folla. -Quando hai saputo di essere arrivata terza, cosa hai provato?

Mi senti-vo felice e soddi-sfatta del mio lavo-ro e della mia fati-ca. -Ti aspet-tavi di più? No, pen-savo di non arri-v a r e neanche terza!!

-Cosa hai provato quando sei salita sul podio? Ero emozionata!! Mi hanno infilato una maglietta e dato la meda-glia.

Classe 4°B A r e n a 2 ° round! Venerdì 17 mar-zo siamo tornati all’arena per

partecipare alla seconda e ultima gara: quella di velocità. Questa volta ci hanno divisi in batterie da 8 su un percorso di 50 m. Eravamo molto emozionati e spe-ravamo di conquistare altre meda-glie e… infatti… non una… non due… ma ben tre medaglie sono state conquistate. Luca Agostoni, Federico Guaschi ed Emma Gab-biani, primi nella loro batteria… ma non solo, molti altri compagni sono arrivati secondi e terzi! (ma per la gara di velocità la medaglia viene data solo ai primi!) queste presta-zioni ci hanno stupito! Eravamo tutti soddisfatti, ma ci aspettava un’altra sorpresa. Infatti alla fine sono stati premiati i primi 10 miglior tempi per ogni categoria e al decimo posto c’era il nostro compagno Luca! Ci sono state scene d’entusiasmo quando è salito sul podio e ha ricevuto la maglietta. Alla fine ha commentato così: “Oggi è stata una delle gior-nate più belle della mia vita! Sono orgoglioso della mia prestazione!” Classe 4°B: Carol e Cecilia.

Una notte da antichi Camuni

Gare sportive TROFEI di MILANO all’Arena

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QUATTRO NONNI

SI RACCONTANO Oggi , 7 marzo alle ore 10 ,30 sono arrivati in classe i nonni di Federico, Giacomo e Francesco a raccontarci le loro esperienze di vita durante le seconda guerra mondiale. Alle nostre domande hanno saputo rispondere in modo esauriente e nello stesso momen-to coinvolgente e affascinante, tanto che per due ore in clas-se……….non è volata una mo-sca ! Vi riportiamo di seguito la trascrizione della nostra intervista. - Quanti anni avevate tra il 1940 e il 1945? LUCIA e MICHELA:la vostra età, 13 – 14 anni. VINCENZO: io ne avevo 9 – 10. RUGGERO: io 18 . - Dove abitavate in quel perio-do? LUCIA: in una frazione dell’ Oltre-pò Pavese, in mezzo ai vigneti. Era una posizione strategica, in quanto in quella valle passavano i partigiani che salivano da lì sui monti circostanti. I Repubblichini e le SS stavano invece a Broni e a Cigognola e presidiavano la zona. MICHELA : io a Milano, ma poi sono sfollata a Luino. RUGGERO: a Milano, ma lavora-vo a Intra. Costruivo le radiotra-smittenti. Poi mi sono imbarcato su una torpediniera che doveva proteggere le navi che portavano materiali in Africa. Quando è scop-piata la Resistenza ho iniziato a costruire le radiotrasmittenti per i partigiani. VINCENZO: io abitavo a Sesto San Giovanni. Ricordo perfetta-mente il discorso del Duce quando ha annunciato l’entrata in guerra dell’Italia! Tutta Sesto applaudiva! Cinque anni dopo Sesto veniva chiamata “ la Stalingrado d’Italia “…. E’ stata la profonda e dram-matica esperienza della guerra che ha contribuito a mutare gli animi. Così sono nati i primi gruppi di Resistenza e le retate da parte dei nazisti…Poi sono sfollato per un certo periodo a Liggiuno, in provincia di Varese. Era dura,

perché la gente del posto, che già aveva poco da mangiare, non era particolarmente generosa e dispo-sta ad aiutare noi sfollati! -Cosa si mangiava durante la guerra e avete mai sofferto la fame ? MICHELA: pane nero, ma non il buon pane integrale che mangiate oggi. Pasta nera. Il Comune distri-buiva delle tessere con dei bollini , con le quali ogni mese si poteva-no comprare, razionati, l’olio, lo zucchero ecc. Non c’erano biscot-ti, merendine ……di persone gras-se non se ne vedevano! Spesso si facevano lunghi e diffi-coltosi viaggi per procurarsi un chilo di farina. Chi soffriva di più erano le madri che vedevano i loro figli malnutriti, perché mancava perfino il latte! LUCIA: io, non ho mai sofferto la fame, in campagna si stava bene! RUGGERO: anch’io mangiavo bene ! Sulla mia nave c’erano dei bravi cuochi e ogni genere di prov-vista , compresa la farina 00. Man-giavamo il pane bianco, introvabile a terra, e quando arrivavamo nei porti , c’era la fila delle donne che ci chiedevano “ la brumosa”, un pane simile alla ciabatta. VINCENZO: io mi ricordo che come condimento usavamo “la sugna”, una specie di condimento, e che dalla parte più magra di essa si ricavavano i ciccioli….. -Avete mai subito un bombarda-mento aereo ? LUCIA: no, ma li ho visti! Sopra le nostre case passavano le squadri-glie dei bombardieri. Noi andava-mo su una collina a vederli. Ne arrivavano 5 per volta e volavano su Pavia e su Milano. Prima lan-ciavano dei razzi per illuminare e poi le bombe: era uno spettacolo per noi affascinante , ma nello stesso tempo drammatico e ango-sciante! MICHELA: Nel ’43 ero ancora a Milano. Un giorno siamo andati a Luino a trovare mia sorella. Quan-do, al mattino seguente, siamo tornati a Milano, la nostra casa era stata completamente distrutta da un bombardamento! Ricordo la disperazione di mio padre….. Sia-mo tornati a Luino e lì, in un primo tempo, ci hanno dato ospitalità in

una caserma dove per letti aveva-mo dei pagliericci fatti con la pa-glia. - Com’erano e cosa si faceva nei rifugi antiaerei? MICHELA: si andava in cantina. Per no i ragazzi era un divertimen-to! C’era una specie di “ capo casa” che organizzava queste discese. Ci sedavamo tutti vicini su delle panche e si chiacchierava e si pregava insieme. Finito l’allar-me si risaliva in casa. Ma spesso, quando si toccava il letto, risuona-va un secondo allarme e doveva-mo ridiscendere. Alla fine dormiva-mo vestiti. - C’era la possibilità di divertirsi per dei ragazzi della vostra età e in che modo? VINCENZO: la nostra vita era molto semplice, senza telefonini ecc. Ci dedicavamo allo studio e a giochi collettivi. Si giocava in stra-da con le carte, le figurine….non avevamo neanche le biciclette! Un gioco che mi ricordo era quello di mettere dei chiodi sotto le rotaie del tram. Si appiattivano tutti e con essi giocavamo . I guidatori dei tram si arrabbiavano…. LUCIA: ci riunivamo noi ragazze ( i ragazzi erano tutti in guerra!) , si mangiava insieme e c’era chi suo-nava la fisarmonica…..ma doveva-mo tornare a casa presto ! - Avete mai conosciuto perso-nalmente un partigiano, un sol-dato fascista o nazista ? LUCIA: dove abitavo c’era un capo fascista, di nome “ Fiorentini”, ma chiamato da tutti “ la belva uma-na”, perché, se incontrava un ra-gazzo sospetto di essere un nemi-co , gli sparava. VINCENZO: un mio lontano zio era un partigiano. - Qual è stato l’episodio più drammatico che avete vissuto o a cui avete assistito ? RUGGERO: un episodio dramma-tico risale a quando costruivo le radiotrasmittenti per i partigiani. Un giorno c’è stata una retata da parte dei tedeschi e ci hanno tutti chiusi in una stanza. Io, però, sono riuscito a scappare da una finestra e ho iniziato a correre, finché sono arrivato, a piedi e di notte, a Be-

sozzo, sul lago Maggiore, dove c’erano i miei genitori. Un altro episodio drammatico è avvenuto sulla mia torpediniera. Gli Inglesi attaccavano solo di notte, perché ci potevano avvista-re con i radar, e una notte ci han-no attaccato al largo di Malta. Io mi sono salvato perché la mia nave era in coda. Mi ricordo che, mentre avvenivano le operazioni di salvataggio dei superstiti, gli Ingle-si continuavano dall’alto a mitra-gliare…. erano cattivi, gli Inglesi! VINCENZO: io mi ricordo di quan-do un giorno da Sesto sono anda-to alla Bicocca per raggiungere mia mamma. Quando sono arriva-to, la ditta dove mia madre lavora-va era in fiamme! Tra le macerie ho visto un uomo, era morto! Poi ho iniziato a vedere le camionette che portavano via i morti e i feriti, ma di mia mamma nessuna trac-cia. Immaginate la mia angoscia! Solo alla sera ho potuto riabbrac-ciarla: era tutta ferita dalle scheg-ge e mi raccontò che, andata in infermeria per farsi medicare, era rimasta lì per aiutare chi stava peggio di lei. MICHELA: per me il giorno peg-giore è statoquando sono venuti a dirci che mio fratello, che aveva solo 20 anni, era in fin di vita! Ave-va entrambe le gambe congelate e rischiava un’amputazione. Poi la cancrena è regredita e ha dovuto solo amputare della dita… LUCIA: un giorno andavo in bici-cletta. Ad un certo punto è passata una camionetta con dei fascisti che hanno sparato ad un ragazzo davanti ai miei occhi. Quella scena non la scorderò mai più! -Come l’esperienza della guerra ha influito sulla vostra vita futu-ra ? LUCIA, VINCENZO, RUGGERO E MICHELA: l’esperienza della guer-ra, i sacrifici compiuti, la fame patita ci hanno dato tanta forza, tanto coraggio e voglia di andare avanti. Si è usciti dalla guerra con una notevole voglia di vivere, di fare e di lavorare! Oggi voi avete troppo! MICHELA : a me è rimasto anche il desiderio di avere sempre il pane in tavola, anche se poi non lo mangio!

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Lo scambio con il Messico è stato veramente interessante, ma so-prattutto istruttivo, perché in que-sto modo ho potuto integrarmi con i Messicani ed ho potuto applicare e migliorare il mio spagnolo. L’esperienza che più mi è piaciuta con loro è stata la giornata trascor-sa a Venezia. Così la mattina del giorno 5 aprile ci siamo ritrovati in Stazione Cen-trale e siamo partiti tutti insieme. In treno ero in uno scompartimen-to con alcune mie amiche Messi-cane. E’ stato divertentissimo: abbiamo parlato, riso, scherzato, ascoltato la musica, ma soprattut-to, essendo l’unica italiana in quel-lo scompartimento, ho appreso molto. Arrivati a Venezia ci siamo incam-minati verso Piazza San Marco. Qui, dopo essere stati a pranzo, ci siamo recati a visitare il Palazzo Ducale. Il Palazzo Ducale è veramente un edificio stupendo ed è anche uno degli edifici più importanti di Vene-zia. Nel Palazzo Ducale abbiamo visto i bellissimi affreschi che sono in

quasi tutte le stanze, alcuni mobili d’epoca molto belli, armi di ogni tipo e periodo oltre alle prigioni, che, a parer mio, erano veramente tristi. Usciti da Palazzo Ducale, abbiamo visitato la Basilica di San Marco, il patrono di Venezia, poi ci siamo divisi in due gruppi: il gruppo dei Messicani, che è andato in gondo-la, mentre il gruppo degli Italiani è andato al Ponte Rialto, qui noi abbiamo avuto a disposi-zione del tempo libero per acqui- stare qualche souvenir e riposarci. Dopo la pausa ci siamo avviati verso la stazione, dove abbiamo aspettato l’arrivo dei Messicani. Così siamo partiti verso Milano; durante il viaggio abbiamo fatto più o meno le stesse cose della andata solo che essendo molto più stanchi, la maggior parte di noi si è addormentata. E’ stato un viaggio veramente fantastico e divertente, almeno per me, anche perché Venezia è una città bellissima ed io non avevo mai avuto la fortuna di vederla.

Silvia Romi

Anche quest’anno scolastico il Leopardi ha partecipato alle gare scolastiche di sci F.I.S.I.A.E. all’ Aprica (SO), che ha visto coinvolte tutte le scuole cattoliche di Milano e tutti gli atleti. Al Leopardi, questa è una tradizio-ne iniziata 4 o 5 anni fa. Le disci-pline delle gare sono: slalom gi-gante, slalom speciale e snowboard; ovviamente si può scegliere se fare le gare di sci o di snowboard o…. perché non en-trambe? I Proff. che ci hanno accompagna-to sono Bersani, Brugnone e Ber-gomi; partiti al mattino da Milano siamo arrivati all’Aprica verso mezzogiorno, giusto in tempo per fare uno spuntino e andare già sulle piste ad allenarci. Nei primi due giorni ci siamo preparati alle gare di Venerdì e Sabato. Questa la nostra giornata - tipo: al mattino sveglia alle 7.30, colazio-ne alle 8.00 e poi subito in pista! Verso le 12.30 un bel piatto di pizzoccheri (tipico piatto valtelline-se), e di nuovo in pista fino alle 16.00 - 16.30; poi ritorno in alber-go, doccia, giretto in paese e per-ché non incontrarsi con qualche nostra/o amica/o che frequenta un’altra scuola? Dopo cena sala giochi o in discoteca, sempre sotto l’attenta sorveglianza degli inse-gnanti e non si poteva mai supera-re la mezzanotte… Gli ultimi due giorni sono stati i giorni delle gare, che iniziavano al mattino verso le 9.30; quasi 400 i partecipanti solo per le specialità di sci e circa una ventina per lo snowboard. Dopo le gare tutti attendevano le classifiche per sapere tempo e posizione, il no-stro Istituto si è classificato al 5° posto. Buon risultato dato che le nostre elementari e le medie non hanno partecipato… Beh, che dire, un buon risultato anche se le nostre elementari e medie non hanno partecipato… Speriamo di aumentare il numero dei partecipanti nei prossimi anni: non bisogna essere degli sciatori esperti, le piste sono semplici, il divertimento è assicurato!

Simone Bassi

Raccontate una giornata, un episodio, un in-contro, un avvenimento o l’intera esperienza

dello scambio con il Messico

Se tutto va come deve questo sarà il nostro ultimo anno scolastico. Dopo 1000 controversie con l’isti-tuto, siamo riusciti a “strappare” una gita di “ben” quattro giorni in quel paradiso esotico di Strasbur-go. Bocciata Barcellona, perché non attinente al programma , ci hanno indirizzati nella cittadina francese che ospita la sede del Parlamento Europeo, chiuso nei giorni della nostra perma-nenza. Diciamo che di didattico questa gita ha avuto poco; vuoi per l’attanagliante morsa di freddo che dissipava la nostra già flebile voglia di visitare un qualsiasi mo-numento o palazzo con più di 5 anni, vuoi perché, essendo inver-no, molti luoghi culturali erano chiusi… Se non altro sono stati giorni all’insegna del puro diverti-mento fine a se stesso, vissuto tra le vie cittadine e l’albergo grazie anche all’immediato feeling creato con l’altra classe. Abbiamo quindi indirizzato la nostra attenzione didattica ad un piccolo e molto carino paesino nella provincia alsaziana di nome Riquewir: carat-teristica del luogo le tipiche case in stile tedesco, che ci ricordano le antiche origini di questa regione francese. Il freddo dominava le nostre giornate e le nostre mete predilette erano i tipici bar dove, sorseggiando la cioccolata calda, trovavamo un po’ di ristoro. L’ulti-mo giorno è stato interamente dedicato alla visita di Strasburgo, con la cattedrale e il museo a lei dedicato…la visita è terminata con un momento di svago tra i negozi e forsennati acquisti di inutili sup-pellettili. Ma come dimenticare l’ultima serata.. tutti insieme, pro-fessori compresi, a brindare e a festeggiare un’ultima gita che mai scorderemo! Un ringraziamento va rivolto anche ai proff Rossi, Bozzi, Bonato, in quanto non si sono mai tirati indietro nel gioco e nello scherzo e ai ragazzi della IVls/b…che dire?! Non poteva andare meglio di così!

Agosto, Granelli, Granzotto

Strasburgo VIVA L’APRICA!

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HARRY POTTER E IL PRINCIPE MEZZOSANGUE Finalmente è tornato. A due anni di distanza da “HARRY POTTER E L’ORDINE DELLA FENICE” è arrivato il sesto e penultimo atto della ormai famosissima saga di HARRY POTTER,creata dal genio di J.K. ROWLING : “HARRY POT-TER E IL PRINCIPE MEZZOSAN-GUE”. Harry , ormai sedicenne, si trova ad affrontare nuovi enigmi e nuove magie: egli è il Prescel-to,colui che è stato designato dal fato come il solo in grado di scon-figgere l’Oscuro Signore, come aveva annunciato la Profezia. Magie sempre più impegnative, sospetti e verità che non hanno risposta, ma che moltiplicano gli enigmi, verità sconvolgenti e rive-lazioni improvvise, ecco gli ingre-dienti di questo penultimo episodio che mantiene una grande suspen-ce ( elemento fondamentale per la Rowling), ma che al tempo stesso ha il potere di agghiacciare il letto-re. Il tono è oscuro,ma la speranza permane. Il potere di Voldemort cresce sempre di più, ma Harry ha c o r a g g i o , f e r m e z -za,determinazione sufficienti per sconfiggerlo insieme ai suoi inse-parabili compagni Ron Weasley ed Hermione Granger. Harry è diven-tato, in un certo senso, più adul-to,in grado di affrontare le sue paure per sconfiggere Voldemort: dovrà cercare ricordi obliati, affron-tare il suo nemico di sempre,Draco Malfoy , diventato seguace di Vol-demort, si imbatterà in oggetti misteriosi (e anche pericolosi), come il libro del famigerato Princi-pe Mezzosangue che gli riserverà delle bruttissime sorprese………Ma in tutte queste prove avrà accanto i suoi amici ed il Preside di Hogwarts, Albus Silente, fino alla battaglia finale,dove si verifi-cherà un evento inimmaginabi-le……… Ora il Prescelto è pronto per affrontare la grande sfida con-tro il Male.Lo attende una lunga e pericolosa ricerca dove affronterà innumerevoli prove. Riuscirà a ritrovare gli Horcrux nascosti e a vincere contro l’ Oscuro Sire? Il lettore si troverà immerso in que-sta straordinaria avventura che lo terrà col fiato sospeso fino all’ul-tima pagina. Un’ altra imperdibile

creazione di J.K. Rowling che lascia “stregato” il lettore in attesa dell’ ultimo atto.

Eleonora Scotto

Il Dizionario di Milano Noi, milanesi che si lamentano troppo, perennemente di corsa e per questo distratti, a volte non ci accorgiamo di ciò che di bello e stimolante ci può offrire la nostra città e ne vediamo soltanto i difetti(certo,ce ne sono,ma non possia-mo eternamente sognare di scap-pare su un’isola tropicale…!). B come Brera, G come ghisa, P come panettone, V come Viscon-ti…: Carlo Castellaneta è riuscito, attraverso le pagine di questo volume,a raccontare le tante facce di Milano,le sue mete obbligate ed i suoi luoghi segreti,i suoi perso-naggi e le sue tradizioni. “Il dizionario di Milano” è un per-corso rigorosamente alfabetico nei tanti modi di conoscere e di vivere la città; inoltre, è anche una fonte inesauribile di racconti, aneddoti e modi di dire, frequentemente igno-rati dai più, della Milano di ieri e di oggi. 479 scorrevolissime pagine per raccontare la città in maniera inso-lita, con l’aiuto, tra l’altro, di una serie di schede tematiche sulle più e meno note attrazioni cittadine e sui principali avvenimenti che han-no visto la metropoli protagonista. E’ possibile racchiudere in un libro un’intera città, cercando non sol-tanto di illustrarne il patrimonio storico- culturale ma provando anche a ricrearne l’atmosfera? “Il dizionario di Milano” ne è la rispo-sta affermativa perché è molto più che una guida turistica. CONSIGLIATO…ai milanesi di sangue ed anche a quelli d’adozio-ne. Senza dimenticare i tanti turisti alla ricerca di uno sguardo singo-lare sulla città.

Eleonora Ardemagni

Recensione de “La notte prima degli esami” Un film che vale veramente la pena di andare a vedere è “La notte prima degli esami”, classica commedia all’italiana su un gruppo di ragazzi che affrontano in modo diverso l’incubo della maturità con tutte le paure, le gioie e i dolori tipici dei 18enni in quel particolare momento della vita. La scena iniziale dà subito un’idea di come si articolerà il film: il ra-gazzo appena uscito dall’ultima ora di scuola della sua vita, con un carico di orgoglio nel suo cuore va dal suo professore più odiato con-fessandogli tutto ciò che pensa di lui caricando all’eccesso: sarà il professore stesso a rivelargli che sarà lui il membro interno della maturità e quindi suo esaminatore! Nel film da sottolineare la presen-za di Giorgio Faletti, scrittore di successo e ottimo interprete del

classico professore di lettere seve-ro e detestabile, tanto da essere soprannominato “la carogna”: nel film però si stabilirà un legame il professore e l’alunno, fatto di ricor-di del passato e scambi di opinioni su più svariati argomenti, dalla musica alle donne passando per i mitici anni settanta; da sottolineare che la battuta finale all’esame di maturità di Faletti è veramente ad effetto, da non perdere assoluta-mente! Davvero divertenti anche le foto durante i titoli di coda, che mostra-no le professioni da adulti dei ra-gazzi protagonisti: si troveranno spacciatori, genitori con quattro figli a carico, serial killer e natural-mente…un nuovo professore di lettere!

Alberto Schena

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17/05/2006 Superiori - giornata sportiva di fine anno scolastico al Centro Vismara 30/05/2006 Scuola Primaria - gita di fine anno scolastico 02/06/2006 Festa della Repubblica 09/06/2006 Spettacolo fine anno scuola Primaria

10/06/2006 ultimo giorno di scuola a.s. 2005/2006 12/06/2006 - 30/06/2006 Scuola elementare - scuola estiva "andiamo a giocare..." 20/06/2006 esposizione risultati a.s. 2005/06 21/06/2006 prima prova Esami di Stato 2006

I giovani e la politica Politica:una parola complessa e a tratti oscura,soprattutto per molti giovani,un termine di cui spesso si abusa e del quale non si compren-de,a volte,il significato autentico. Ho avuto la conferma,preparando il mio approfondimento d’esa-me,che vuole analizzare il rappor-to tra la famiglia e la politica,di quanta distanza ci sia,al giorno d’oggi,tra i giovani e la vita pubbli-ca. 18 dei 30 diciassettenni e diciot-tenni che ho intervistato nell’ambi-to della mia ricerca hanno dichia-rato di non interessarsi alle vicen-de politiche,dunque più della metà dei ragazzi:perché? Per rispondere a questa domanda penso proprio che dovrei fare un’altra ricerca! Indubbiamente,però,a molti la politica sembra un mondo lonta-no,indecifrabile,noioso,distante anni luce dalla quotidianità di o-gnuno;alcuni intendono la politica come un discorso ed un’attività per pochi (e certo in diversi casi è anche questo). In realtà,la politica riguarda tutti noi,non può che riguardare il no-stro presente ed il nostro futuro:noi ragazzi non dobbiamo sentircene estranei e ciò è possibile soltanto se impariamo ad osservare la r e a l t à c o n o c c h i o c r i t i -

co,diventando consapevoli di ciò che vuol dire essere cittadini. Anche se il senso di responsabilità civile sembra essere sempre più in via d’estinzione. Aristotele diceva (posso?!)che l’uomo è,per natura,un animale politico. Spesso,però,non sa neanche di esserlo.

Eleonora Ardemagni

La vie en rose Finalmente si parte, la gita scola-stica tanto attesa è al fin iniziata, tutti radunati in stazione Centrale con facce assonnate, ma comun-que felici di essere in partenza per Parigi, la città dell'amore, dell'arte, della Tour Eiffel, del Louvre, di Notre Dame e delle 14 linee me-tropolitane che costituiscono una rete stradale estesa quanto la città e che in soli tre giorni abbiamo vissuto in tutte le sue caratteristi-che tecnologiche, umane ed arti-stiche. Partiti da Milano con molto ritardo per cause esterne siamo arrivati nella capitale della Francia e nel momento in cui abbiamo posto piede sul suolo tanto immaginato nell'attesa, è iniziata una gita che

ci ha portati a visitare luoghi archi-tettonicamente grandiosi ed a godere dell'abilità artistica nel museo degli impressionisti al Quai d'Orsèy, e subito dopo ad ammira-re l'abilità degli artisti delle stradine di Mont Martre che "placcavano" i passanti con abilità collaudata proponendo ritratti che alla fine erano i ricordi più belli che si po-tessero portare a casa. Parigi l'abbiamo vissuta (quarta e quinta liceo sociopsicopedagogi-co) con ritmi caotici e massacranti attraverso le panetterie che diffon-devano il profumo delle baguette e dei croissant ed al richiamo delle crèpes e dei souvenir che occhieg-giavano da ogni bancarella. Ma Parigi ci ha fatti innamorare non solo con le sue bellezze arti-stiche ben note al mondo, ma per gli artisti che suonavano nel metrò con abilità superiore a tanti artisti che invece affollano le reti televisi-ve, con le luci degli Champes Elysèe viste dall'ascensore della Torre Eiffel mentre salivamo e passavamo dal piano terra dove tirava solo vento, ad una cima che era nel mezzo di una tormenta di neve. Di questa gita si può par-lare anche attraverso le centinaia di foto scattate e dai filmini registrati da ognuno di noi, Parigi è una città che personal-mente avevo già visitato

due volte, ma non mi aveva mai rapita come quest’anno in cui rabbrividendo per le temperature e per il vento, abbiamo girato per le strade di una città che si percepi-sce viva e misteriosa: le case anti-che dai tetti scuri e le facciate candide, gli edifici moderni, la panoramica nottura sul Bateau Mouche. La capitale della Francia è stata anche un esempio a livello sociale, le diverse nazionalità ed etnie sono come fuse e parificate a livello sociale in un modo che per noi in Italia è ancora sconosciuto. Al termine di quattro giorni parigini siamo giunti a Milano con tanta stanchezza, ma gli occhi ancora colmi di immagini, luci e ricordi; la mattina del lunedì tra un discorso e l'altro alle volte ci scappava quel "pardon" o "merci" che non cono-scendo il francese eravamo abi-tuati a ripetere come unico mezzo di comunicazione; ora si riparte alla volta degli esami, ma la città della vie en rose non la dimenti-cheremo tanto facilmente.

Annachiara Povoleri