Phanes+n.1

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  • FANHS N. 0

    Rivista di cultura e religiosit pagana.

    Rivista elettronica mensile Phanes, num. 0, Luglio 2011, Roma.

    Tutti i diritti riservati al sito www.phanes.jimdo.it, Roma 22 Agosto 2011.

    Personaggio del Mese:

    Mary Teresa Cullen

    I CELTI E LOLTRETOMBA

    BRIGHIT

    LE CLASSI DRUIDICHE

    IL CULTO DI MITRA

    ELIOGABALO

    DEFIXIONES

    W.B.Yeats

    Inno a Nettuno

    Le Odae Adespotae

    L Inno a Venere di Marullo

    L Obelisco di Antinoo

    La Genealogia di Bride

    Surya

    Kildare

    Roqueper-tuse

    Elagaba-lium

  • PHANES rivista di cultura e religiosit pagana

    rivista mensile elettronica

    Redazione:

    Caporedattore

    Jonathan Righi. [J.R.]

    Redattore

    Lorenzo Abbate. [L.A.]

    Contributi

    Giovanni Rinaldi. [G.R.]

    Alessandra Greco. [A.G.]

    Recapiti

    www.phanes.jimdo.com

    [email protected]

    Tutti i diritti sono riservati agli autori dei singoli contributi ed al sito www.phanes.jimdo.com. Ogni violazione del copyright e dei diritti di riproduzione saranno perseguiti a norma di legge. La riproduzione vietata, anche se parziale, se non previo accordo con il sito, che si occuper di contattare gli aventi diritto.

    Roma 22. Agosto 2011.

    Phanes n.1

    Tutti i diritti riservati a www.phanes.jimdo.com

  • Editoriale Tutti i diritti riservati a www.phanes.jimdo.com

    Phanes n.1

    Con questo numero comincia definitivamente la nostra avventura in questo cammino che definirei gargantuesco; molti sono stati coloro che hanno scaricato il numero 0 della rivista, ed ancora di pi coloro che hanno seguito il sito. Apro questo editoriale ringraziando a nome di tutta la redazione le persone che ci sono state accanto e che ci hanno supportato. Per questuscita si sono aggiunti a noi anche Giovanni Rinaldi ed Alessandra Greco, due ragazzi che hanno contribuito brillantemente con i due articoli che leggerete, e con vari spunti interessantissimi riguardo grafica e organizzazione dei temi a lungo termine. Ci hanno dimostrato che, anche se ancora non largamente, lo spirito autentico sul quale si basa questa pubblicazione, stato percepito: collaborazione, condivisione e raffinazione interscambievole. E proprio spronati da questa collaborazione fruttuosa rinnoviamo il nostro invito a voler partecipare attivamente a questo progetto; per permettere che non risulti una speculazione fra due, e per sottolineare punti di vista e fonti sempre diversi fra loro.

    Il personaggio al quale abbiamo deciso di dedicarci Mary Teresa Cullen, della quale avrete modo di leggere poi, ed in effetti in tempi come i nostri, nei quali il confronto fra antiche e preponderanti tradizioni si fa sempre pi necessario e scoperto, quale miglior Personaggio da prendere in considerazione. Come osserverete, abbiamo cercato di mantenere dei nessi tematici con la precedente uscita, approfondendo o ricollegandoci ad argomenti gi trattati. Ed ora passiamo alle ammende: come avrete notato, passato un po pi di un mese dalla pubblicazione del n.0; ebbene perdonateci, fino allaltro ieri eravamo solo in due a spartirci tutti gli articoli; ed organizzare, impaginare, e correggere diventa un bellimpegno, tuttavia persisteremo, non abbiate dubbi. Detto ci, vi lasciamo alla lettura, augurandoci che ci sosterrete e che alcuni di voi decidano di passare da lettori a scrittori; sul nostro sito potrete tenere docchio gli aggiornamenti, e sul gruppo facebook o via e-mail discutere degli argomenti qui presentati. Anche se in ritardo, speriamo abbiate vissuto a pieno e il pi serenamente possibile la festa di Lughnasad. Al prossimo mese, in trepidante attesa della collaborazione di Massimiliano Caretto.

  • Pagina 1 Phanes n.1

    INDICE:

    Mary Cullen 2 La fiamma che un due culture?

    I Celti e lOltretomba 6

    La simbiosi fra morti e vivi.

    Le Classi druidiche 11

    Brighit 14

    Da Dea a Santa.

    Il Culto di Mitra 18

    Eliogabalo 24

    Il monoteismo solare a Roma.

    Maledizioni greche 28

    Defixiones graece.

    LInno a Nettuno di G. Leopardi 34

    W. B. Yeats 39

    Le Odae Adespotae di G. Leopardi 43

    La genealogia di Bride 46

    Antica supplica a Bride la raggiante.

    Surya 47

    Il Sole Indiano.

    LInno a Venere di Marullo 48

    Kildare 53

    La chiesetta della quercia.

    Eliogabalion 55

    Il portale di Roquepertuse 56

    Lobelisco di Antinoo al Pincio 58

    Recensioni 61

    Bibliografia generale 62

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  • Pagina 2

    Questa storia, che mi particolarmente cara, a s s u m e m o l t e p l i c i sfaccettature, e sfumature, ognuna delle quali ci porta a profonde speculazioni riguardo agli antichi culti ed alla Tradizione dei nostri Avi. In Irlanda, fino a che memoria e testi ci assistono, sempre stata presente e forte la venerazione della divinit femminile Brighit. Questa, come avremo modo di vedere in diversi articoli in questa rivista(1), aveva come luogo di culto principale, la citt di Kildare, ed in particolare possedeva un tempio adiacente ad una quercia, sulla cima di una collina. In questo tempio bruciava la sua fiamma, che era attentamente accudita da diciannove sacerdotesse, e che assumeva un ruolo fondamentale durante i festeggiamenti di Imbolc, il 18 Marzo(2). La vita di questo fuoco rimase lunga per svariati secoli, sino a che, con larrivo del Cristianesimo in

    Irlanda, g l i ordini sacerdotali dellantico p a g a n e s i m o f u r o n o sostituiti da quelli cattolici: diciannove suore presero il posto delle diciannove sacerdotesse, e nel paese inizi una lenta opera di sostituzione coatta, pi elegantemente c h i a m a t a sincretizzazione. Non avendo modo di scalzare e cancellare la memoria e

    limportanza della Dea fra le menti della popolazione, fu necessario organizzarsi altrimenti, trasformandola in Santa Brigida. Venne stilata la sua storia, narrate le sue gesta e sottolineate la sua grandezza ed il suo potere; niente di nuovo viene da pensare, eppure queste operazioni assunsero una portata gigantesca, S. Brigida venne acclamata Maria dei Gael, Madre adottiva di Cristo, ed assunse un ruolo fondamentale nella teologia cristiana. Chiese sempre pi grandi e ricche sostituirono le prime costruzioni

    MARY CULLEN La fiamma che un due culture?

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    rudimentali, man a mano che la fama della Santa cresceva, sino a che il suo prestigio non divenne pari solo a quello di S. Patrizio. Suore diverse si successero nella custodia del fuoco sacro, tuttavia, durante il XVI sec., per ordine di Enrico XIII, la fiamma fu estinta e lordine sciolto. Tutto rimase sopito fino al 1807, quando Daniel Delany, Vescovo di Kildare, inizi la ricostituzione dellOrdine delle brigidine, ed ancora tuttavia nessuna luce illuminava le arcate dellormai Cattedrale di Kildare. Qui la nostra storia si rovescia: nel 1993, durante una conferenza intitolata Brighid, profetessa, agricoltrice, rappacificatrice., Mary Teresa Cullen allora capo dellOrdine di S. Brigida, riaccese la sacra fiamma nella Market Square. Il fuoco fu portato nelle abitazioni delle suore, e nel 1 Febbraio del 2006 fu ricondotto nella sua precedente sede, a Market Square. Il Kildare County Council commission un monumento che permettesse il mantenimento della fiamma senza spiacevoli incidenti: questo era costituito da una colonna principale in foggia di rami attorcigliati, con in cima foglie di quercia ed una base di ghianda rovesciata, nella quale fu apposto il fuoco. Il simbolismo del monumento guarda ad un riconoscimento dellantica tradizione pagana, per la quale lalbero della quercia chiamato duir (si noti la somiglianza con la parola Druido), aveva importanza fondamentale. Tuttoggi il fuoco rimane

    custodito da due suore, e divampa vivo. Molte domande sorgono, alcune dettate dallamore e dal rispetto di un cammino spirituale che si cerca di mantenere puro e tradizionale; altre dovute allestrema volont di far sopravvivere ancor oggi quegli antichi culti. Era in diritto Mary Cullen, di riaccendere quel sacro fuoco che un tempo splendeva per la Madre della Poesia, e non per un suo surrogato sbiadito? la stessa fiamma ancora oggi venerabile come potere manifesto di Brighit? Quanto spirito di convenienza piuttosto che puro sentire si cela dietro il gesto del 1993? Questo gesto straordinario si riempie di pericolosi fantasmi troppo spesso sottovalutati, eppure spesso considerati pregiudizievolmente. Ad ognuno di noi rimane il personale giudizio, su tale faccenda, personalmente, non ritenendo sacerdotesse delle suore, non ritenendo S. Brigida una Dea, e non accettando una cattedrale come luogo di culto per una Dea paganail resto vien da s. [J.R.]

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    NOTE:

    1. si vedano gli articoli: Brighit p.14 e sgg.; e larticolo Kildare p.53 e sgg.

    2. si veda larticolo I Celti e lAstronomia in Phanes n.0 p.12 e sgg.

    Immagini:

    p.2, dallalto verso il basso: testa bronzea di Brighid; immagine di S Brigida affiancata da una lampada con fiamma e da un tronco di quercia.

    p.3, Mary Cullen durante laccensione del fuoco.

    p.4, statua di S. Bridiga a Kildare.

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    A cura di Jonathan Righi

    SEZIONE CELTICA

    I CELTI E LOLTRETOMBA

    LE CLASSI DRUIDICHE

    BRIGHIT

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    Cesare prima, e molti altri poi; hanno posto p a r t i c o l a r e a t t e n z i o n e riguardo alla c o n c e z i o n e c e l t i c a dellOltretomba. Le evidenze che c i p o s s o n o a i u t a r e a sintetizzare il loro pensiero provengono dalle fonti letterarie, dai ritrovamenti archeologici, e dai racconti mitologici tramandati oralmente. inoltre importante premettere che i reperti archeologici qui evidenziati, come tombe e sepolture, sono da considerarsi relativamente al rango dellindividuo seppellito. Sin dallinizio del I millennio a.C., le tombe dellelite guerriera hanno assunto due funzioni fondamentali: dimostrare lo sfarzo del defunto, e fornire i giusti strumenti e sostentamenti per loltrevita dello stesso(1). Lucano ci aiuta a fare luce su come i Celti considerassero la morte, ossia come una pausa fra una vita ed unaltra: durante questa pausa lanima avrebbe continuato a controllare lo stesso corpo, seppure in un altro mondo o dimensione. Diodoro Siculo dello

    stesso avviso: a morte avvenuta, lo spirito del defunto avrebbe atteso diversi anni prima di entrare in un corpo diverso ed iniziare una nuova esistenza terrena. Di qui torna facile r i cordare i

    presunti contatti fra Druidi e Pitagorici, ed proprio la teoria della Trasmigrazione delle anime a fungere da collegamento. Un altro sguardo per comprendere largomento deve essere dato alle tradizioni tramandate oralmente: concezioni di una ciclicit ininterrotta fra vita e morte si hanno leggendo i passi riguardanti Manannan (Dio del Mare nella letteratura irlandese), egli chiamato Signore della Terra Promessa, ed associato con i poteri della rinascita. LOltretomba irlandese quantomeno felice e sereno per il defunto: privo di vecchiaia, malattie e sofferenza, inoltre considerato come un posto realmente presente per le popolazioni celtiche, infatti un gran numero di eroi, fra cui Conla e Bran, riescono a visitarlo pur essendo ancora in vita. Altra tradizione

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    I CELTI E LOLTRETOMBA La simbiosi fra vivi e morti.

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    interessante collegabile allargomento la festa di Samhain, nella quale i defunti hanno la possibilit di tornare per una notte fra i vivi, condividendo con loro questunico pasto annuale. Consideriamo ora come venivano seppelliti i morti: nella prima Et del Ferro il metodo pi diffuso era la cremazione, dal II millennio a. C. invece si iniziato ad utilizzare linumazione in particolar modo dallet di Halstatt. La credenza in un Oltretomba inteso come continuazione della vita terrena chiara quando lo status del vivente viene riproposto nella sepoltura. Le sepolture pi ricche sono costituite principalmente da una camera rivestita contenente il cadavere, un carro a quattro ruote e una spada di ferro. Vediamo nel

    particolare lHohmichele Barrow, risalente al VI sec. a. C. nelle vicinanze del Danubio: la camera funebre principale

    conteneva due sottocamere in legno, la prima contenente una donna ed un carro da guerra; la seconda con un uomo fornito di un carro e di una imbracatura poggiati su una pelle di toro, oltre questo cerano anche una faretra, due muli e 50 frecce a punta di ferro, ed ancora sete di fattura cinese. Lo sfarzo legato alla sepoltura delluomo innegabile, e contempla sia il

    suo status sociale che tutto loccorrente che sarebbe servito alla sua anima per poter continuare coerentemente la sua

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    permanenza nellOltretomba. Altro sito funebre fondamentale quello di B Skla, nella repubblica Ceca: in questo sono state trovate pire funebri, carri rituali, una nave di legno, infine grano e animali offerti in dono alle potenze ctonie. I defunti qui rinvenuti sono particolarmente interessanti: diversi scheletri femminili sono stati seppelliti, ma il dato interessante un altro, infatti questi scheletri erano privi di testa, mani e piedi, e circondati da due carcasse di cavalli smembrati in quarti. Altro oggetto scoperto nella sepoltura un calderone di bronzo contenente due teschi uno dei quali con apparente funzione di coppa. Questo un esempio interessantissimo che tuttavia manca di alcuni oggetti imprescindibili per comprendere al meglio la visione celtica delloltrevita. Il Belgio ci soccorre prontamente donandoci tombe di epoca pre-Romana di simil struttura a quelle precedentemente viste: queste contengono ceramiche, anfore per il vino, spille, specchi, pugnali, lame, teste di maiale e calderoni muniti di tripode e catena. Ora finalmente il collegamento con un benessere nel post-vita risulta chiarissimo: ricordiamo che questa visione rimarr fondata ben oltre la conquista romana. Questo perch Celti e Romani avevano numerosi punti di contatto nella concezione dell Oltretomba: la sopravvivenza dellanima dopo la morte, la presenza di spiriti nelle vicinanze dei luoghi di sepoltura, e le offerte di vino e cibo a questi defunti. Un altro luogo di sepoltura peculiare si trova a Lonkhills nel Winchester, un sito con tombe

    particolarmente complesse e difficilmente interpretabili: gli scheletri di sette uomini e donne sono stati ritrovati decapitati e con la testa posta fra le gambe. Il processo della decapitazione era effettuato meticolosamente, da davanti con un pugnale, alcuni ritengono che si trattasse di un rito per impedire allanima del defunto di stazionare nelle vicinanze della tomba permettendo cos che si dirigesse direttamente nellOltretomba. Abbiamo visto che assieme al defunto venivano seppelliti animali ed oggetti di culto(2), fattore che conferma senza dubbio lusanza di una sorta di corredo necessario dopo la morte. Per avere maggiore certezza riguardo a queste teorie di indubbia importanza analizzare le pits, le buche rituali; queste erano riempite con grano, manifatture metalliche, simulacri di divinit, animali (fra cui cani), alberi come cipressi, ed altro, tutto atto palesemente a creare un collegamento fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Viene logico ora andare a conoscere quali fossero le divinit alle

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    quali queste offerte erano dedicate: rimane semplice ricostruire i loro nomi e descrivere le loro aree di appartenenza, tuttavia pi ostico delineare latteggiamento che i Celti avevano nei loro confronti. Innanzitutto premettiamo che non erano solo esseri divini ad essere cultuati in relazione allOltretomba: infatti in Val Camonica pitture rurali dimostrano come persino gli stessi spiriti dei defunti fossero venerati. Nelle pitture della tarda Et del Bronzo il morto raffigurato con a fianco le armi, un sacerdote, i parenti ed un sacrificio. I testi vernacolari ci parlano di Donn, il Dio

    dellOltretomba dalla cui stirpe discendono gli uomini; mentre Cesare(3) afferma che alcuni Celti sostengono di appartenere alla discendenza del Dio Dis Pater(4). Rintracciare questa divinit nei reperti non facile, ma per fortuna siamo a conoscenza che due iscrizioni, una nel Sud della Germania ed una nei Balcani, recano una dedica a Dis Pater ed Aericura (Ecuba). Unaltra divinit che assume chiari connotati ctonii Sucellus, che in questo aspetto raffigurato affiancato da un corvo ed un cane a tre teste(5). Altro attributo di Sucellus un martello: Tertulliano sostiene una similitudine fra

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    questa divinit celtica ed il Charon etrusco(6). Lambrechts considera il martello come possibile arma contro le forze dei defunti con intenzioni malvagie(7). Baucher propone un altro parallelo: secondo questa teoria se si sostituisce il martello con una folgore Dis Pater risulter identico a Giove(8). Il Giove gallico nelle descrizioni che abbiamo assume il ruolo di difensore della vita, combattente, ed in particolar modo in Gallia, prende lepiteto di Narborense ossia Dio della Vegetazione. La cosa che pi distingue le divinit ctonie del mondo celtico dalla maggior parte delle altre, che raramente, anzi quasi mai, una divinit esclusivamente associata alla dimensione dellOltretomba. Questo perch lOltretomba non era una realt a s stante, indipendente dalle successioni della vita mondana, bens estendeva le sue rappresentazioni e le sue influenze in ogni ambito della societ, sino a penetrare profondamente nelle pi comuni usanze e costumi dellintero popolo. [J.R.]

    NOTE:

    1. CAES. De bel. Gal. VI, 19.

    2. Come nel caso di Verulamium e York dove fra i vari ritrovamenti era presente una statuina bronzea di unAfrodite Celtica.

    3. CAES. De bel. Gal VI, 18.

    4. Ovviamente Dis Pater una divinit di origine romana, ed stata presa in prestito da Cesare per poter meglio descrivere divinit che non conosceva e delle quali probabilmente non poteva sapere il nome.

    5. Questa raffigurazione chiarisce il perch delle sepolture canine precedentemente esposte.

    6. TERTULL. Ad Nat. 1, 10.

    7. LAMBRECHTS 1942.

    8. BAUCHER 1976.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -LAMBRECHTS 1942: P. LAMBRECHTS, Divinits Equstres Celtiques on Defunts Heroiss?, Bruges 1942.

    - BAUCHER 1976: S. BOUCHER, Recherches sur les bronzes figurs de la Gaule pr-romaine et romaine, Parigi 1976.

    Immagini :

    p. 6, Ritrovamenti di cranio e mani amputati nelle sepolture di B skla.

    p.7, dallalto verso il basso: il teschio di una giovane donna le cui vertebre sono giustapposte con le vertebre di una donna pi anziana, a loro volta adagiate su una mandibola animale, Mary M. Voigt/Gordion Project; ritrovamento formato da un insieme di ossa proveninenti da diversi individui, la mandibola di un individuo stata apposta sulla spina dorsale di un altro. E come facilmente notabile, il cranio stato posto fra le gambe dello scheletro principale. Mary M. Voigt / Sondra Jarvis and Carrie Alblinger, Gordion Project.

    p.8, esempio di pittura rupestre scoperto in Val Camonica.

    p.9, a sinistra: immagine di Sucellus provvisto di martello, cane a tre teste e corvo ai piedi; a destra: immagine del Charon etrusco.

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    La societ celtica stata sempre contraddistinta da una divisione in classi ben definita; tuttavia mentre linsieme degli artigiani e dei guerrieri pu essere ricondotto a ben noti paralleli con altre civilt, la classe sacerdotale presenta peculiarit uniche. Diodoro Siculo, come molti altri(1), suddivide questa classe in ulteriori tre scomparti: i Bardi, gli Ovati ed i Druidi. A suo dire i Bardi erano coloro che avevano il compito di comporre satire ed elogi, i mantes (Ovati) coloro che interpretavano gli esiti dei sacrifici ed i presagi(2), ed infine i Druidi che compivano ricerche riguardo alle cose sublimi e segrete. I Druidi erano anche coloro che professavano limmortalit dellanima, e che erano in sintonia con il pensiero pitagorico. Queste erano le tre suddivisioni principali fra i sacerdoti dei Celti, eppure la letteratura ci offre un dato interessante: esistevano specifiche professioni fra gli Ovati, ed ognuna di queste assumeva una denominazione a se stante. Ci vengono descritti nel libro VIII del De Bello Gallico, i gutuater, il cui nome significa

    Maestro, Padre delle Invocazioni, o pi semplicemente, Invocatore. da notare come un sacerdote del Dio Moltinus, era definito gutuater martis, suggerendo un ovvio parallelo fra Marte e Moltinus. Unaltra professione descritta era quella sei semnotheoi, la cui funzione

    tuttavia pi oscura. Il termine semnotheoi traducibile secondo alcuni con reverenza agli Dei, o con Padre della voce. Stuart Piggott ha descritto e definito questa triplice divisione della classe sacerdotale come in continuo mutamento, attraverso la storia dei Celti, ed in particolare, poco prima e durante la dominazione Romana: nella sua ricostruzione, il termine pi utilizzato dagli autori romani e greci p e r d e s c r i v e r e g e n e r i c a m e n t e u n

    sacerdote celtico drui(3). Tuttavia drui contraddistingue solamente lelite di un pi ampio raggruppamento sacerdotale, comprendente anche i Vati. Dopo lavvento del Cristianesimo in Irlanda il termine drui fu svalutato in favore della parola vate, e furono proprio questi Vati, secondi dimportanza nella gerarchia

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    LE CLASSI DRUIDICHE

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    druidica, a detenere il potere e linfluenza sul culto. chiaramente o s s e r v a b i l e l e n o r m e quantit dei termini utilizzati per designare queste varie divisioni; facciamo un po di chiarezza riassumendo tutte le varie testimonianze degli autori antichi, e le teorie di quelli moderni: I sacerdoti sono chiamati comunemente Druidi, tuttavia il termine Druido definisce una sola di tre classi principali degli addetti al culto. Le altre due classi in ordine di importanza sono quella degli Ovati e quella dei Bardi. Vate, Heuages, Ovates, definiscono tutti una stessa classe, nella quale i n q u a d r i a m o l e s p e c i a l i z z a z i o n i d i Gutuater, e Semnotheoi. Inoltre bene ricordare che tutti questi termini e classi definiscono gerarchie del Galles, che trovano la loro controparte, con diversi nomi, anche in Irlanda. LOvates gallico, corrisponde al File (pl. Filid) irlandese. Fra i Filid vengono distinte numerose professioni, ognuna adibita ad un diverso compito: il Sencha era lo storico, lannalista, colui che aveva lonere di ricordare e diffondere la storia del suo popolo e le varie teorie filosofiche. Il Brithem era colui che assumeva la funzione di arbitro e giudice nelle dispute,

    aveva il ruolo di ambasciatore e legislatore. Lo Scelaige era il compositore di romanzi epici e mitologici, che offriva i suoi versi per tramandare la memoria di eroi e guerre. Il Cainte era analogo al Gutuater, era maestro del canto magico, una sorta di campione bardico in grado di pronunciare maledizioni, benedizioni, invocazioni ed esecrazioni(4). Il Liaig era il medico, lesperto in piante ed erbe medicinali, in chirurgia e rituali di guarigione. Il Cruitire era un arpista che possedeva il magico sono dei tre canti: questi avevano il potere di far

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    addormentare, ridere o piangere chiunque li ascoltasse. Il Deogbaire aveva la funzione di coppiere, ed inoltre conosceva le sostanze allucinogene, inebrianti e psicotrope, nonch il loro uso. Infine il Faith il divinatore, assimilabile con il Vatis gallico. Per quanto concerne le gerarchi irlandesi, e le loro definizioni attraverso la letteratura, anche qui alcuni autori utilizzano i termini Druido e File in te r scambia bi lmente ; t u t t av i a , stranamente, la verit ci testimoniata dallo stesso S. Patrizio che dice di aver sfruttato la rivalit esistente fra Druidi e Filid per poter meglio dividere e conquistare nonch convertire, tutto il territorio irlandese(5). [J.R.]

    NOTE:

    1. Posidonio descrive una precisa tripartizione: i Druidi, gli Ouateis (Ovati) interpreti di sacrifici e studiosi dei fenomeni naturali, e i Bardoi, cantori e poeti.

    2. I Mantes (Ovati), prendono anche il nome di Heuages.

    3. PIGGOTT 1985.

    4. Era ritenuto altamente sconveniente e infamante ricevere unesecrazione da parte di un esponente della classe bardica. Si rietene che questi Bardi avessero il potere di far apparire sul volto del loro bersaglio di denigrazione, tre pustole, simbolo della vergogna che lindividuo avrebbe dovuto sopportare. Solitamente queste composizioni a scopo offensivo erano composte dopo un rifiuto dospitalit, o un trattamento rude; lospitalit era fra i Celti, uno dei pi grandi e infrangibili doveri di ogni uomo che si

    definisse tale.

    5. DARBOIS 1906.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -S. PIGGOTT 1985: S. Piggott, The Druids, New York 1985.

    - DARBOIS 1906: DArbois de Joubanville, Les Druides, Parigi 1906.

    Immagini :

    p.11, Sacrifico umano agli Dei, Arthur Boyd.

    p.12, Assemblea Druidica, C. Knight.

    p.13, A British Druid, Wiltshire & Swindon. History Centre, Chippenham.

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    La Gloriosa(1), questo lepiteto che pi riassume la figura di Brighit, la pi importante fra le divinit dei Celti. Questa Dea appare sovente in triplice forma, o descritta accanto alle sue due sorelle, entrambe di nome Brighit; la divinit patrona della Guarigione miracolosa, dellarte, del sole, della famiglia, della musica, del focolare, della poesia, della divinazione, della profezia e del parto umano e animale. In Irlanda era venerata come la Madre del Leinster, figlia del Daghda, e la sua festa era celebrata il 18 Marzo (il nostro 2 Febbraio). Spendiamo qualche parola per descrivere questa festivit: ad Imbolc(2), Brighit era, ed tuttora, usa visitare le case dei suoi fedeli, come si dice testimonino le orme di cigno trovabili lindomani m a t t i n a d a v a n t i allabitazione; se queste si dirigevano dalla porta verso il fuoco del camino, la primavera sarebbe stata prospera, nel caso opposto, sarebbe risultata infausta e poco fruttuosa. Durante la vigilia di questa celebrazione le donne e le giovani fabbricavano bamboline con gli steli del grano,

    rivestendole poi con conchiglie, cristalli, margherite, bucaneve e fiori di campo. In particolare al posto del cuore, nella bambola era inserita la Reul-Iuil, ossia un cristallo trasparente simboleggiante la Stella di Brighit, la stessa stella del Natale cristiano. Durante i festeggiamenti veniva formata una processione nella quale era portata in corteo la bambola principale, al suono del canto: Bride bhoidheach

    oighnam mile beus! ossia Bellissima Bride, vergine dei mille prodigi!. La processione passava per ogni casa, ed ogni famiglia era usa recare un dono: una candela, del burro, del latte, foccacce o fiori; alla fine terminava nella casa nella quale si sarebbe tenuta la festa di Brighid, la Fis Bride, e ivi le donne si chiudevano dentro al buio. Gli uomini dovevano iniziare a chiedere il permesso di entrare con

    esclamazioni e preghiere ben formulate, e solo dopo un consulto fra le donne, questi erano lasciati entrare, ed i festeggiamenti sarebbero durati sino al giorno dopo. Al mattino in circolo, tutti i partecipanti cantavano: Bride bhoideach muime chorr chriosda. ossia Bellissima Bride,

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    BRIGHIT Da Dea a Santa.

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    madre adottiva di Cristo. quindi le offerte erano regalate ai poveri. Secondo il folklore Brighit era nata dal sole dellalba, ed il suo respiro donava vita ai morti e tramutava lacqua in vino; era inoltre sempre avvolta da una colonna di fuoco ed aveva il compito di far tornare la primavera dopo i duri giorni invernali. Brighit don il fischio agli uomini, i quali lo appresero dopo che la Dea perse il figlio Ruadan, che venne ucciso dal Dio fabbro Goibniu per aver tentato di rubargli i segreti della fusione; infatti la Dea proruppe in un fischio di dolore, una sorta di lamento funebre, fu cos che luomo ne venne a conoscenza. I nomi con i quali ritroviamo Brighit nei vari paesi dellEuropa sono molti: Brigantia (in Britannia), Bride (in Scozia), Brigandu o Bricta (in Gallia), ed infine Belisama la molto brillante (nella Gallia del Nord). Cesare parla di una Minerva celtica, riferendosi probabilmente a Brighit ed il Cath Maige Tuired la dice figlia del Daghda; tuttavia non raramente si osserva una certa confusione fra la sua figura e quella di altre divinit come Boann, Etain e Tailtiu. La toponomastica la ritrova nei nomi di moltissime citt e luoghi come: Bregenz, Bribacte, Brianon e Briare in Francia, Arebrigium in Valle dAosta, nel fiume Boune, e nelle Ebridi, le Isole di Bride. Secondo la tradizione Brighit ebbe tre figli dal Dio Tuireann: Bran, Iuchar e Iucharba(3). Essa chiamata con diversi epiteti fra i quali i pi utili a descrivere la sua figura sono: brighit b legis la

    guaritrice, Brighit b goibnechta la protettrice dei fabbri, Brighit b filid la signora della poesia e della fertilit, ed ancora La Vergine, La Regina del Canto, La Sovrana dei Boschi, Freccia Ardente(4). I primi tre epiteti presentati, come detto sopra, descrivono a pieno la sua funzione: ella infatti riassume e protegge dentro di s le tre principali classi della societ celtica; quella contadina, quella guerriera e quella sacerdotale. importante sottolineare la competenza di Brighit in unarte maschile come quella dei fabbri; ebbene anche dalla letteratura appare lampante la sua vicinanza con le figure dei

    tre fabbri divini Goibniu, Credne e Luchta (il fabbro, il fonditore ed il carpentiere), sebbene vi siano enormi differenze nel ruolo: mentre i tre fabbri simboleggiano larte manuale di realizzazione e lavorazione del ferro, Brighit sintetizza in s lispirazione

    divina che porta a questa realizzazione materiale. Un invocazione risalente al XVIII sec. recita: Brighit, donna eccellente, fiamma improvvisa, possa lo splendente ed infuocato Sole portarci al regno eterno. Passiamo ora ad una informazione ben meno piacevole ma fondamentale: Brighit appare sincretizzata nella tradizione cristiano-cattolica come Santa Brigida, o Brigitta. La storia di questa Santa peculiare, e a dirla tutta, anche abbastanza improbabile; questa era la potente Badessa del monastero di Cill-Dara, lattuale Kildare(5). Lordine delle brigidine che la badessa fond era custode

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    di un fuoco perpetuo (identico a quello presente nel tempio sopra al quale fu costruito il monastero), che rimase acceso fino allepoca di Enrico XIII. Si dice che il fuoco scatur non appena la Santa venne deposta nel sepolcro. Le diciannove suore continuavano a custodire il fuoco per diciannove giorni consecutivi, ed il ventesimo lo lasciavano incustodito dicendo: Brigida, abbi cura del tuo fuoco, perch questa notte ti appartiene!(6). Tornando alle sue origini, Brigida nacque il 1 Maggio del 445 d.C a Faughart (stesso giorno e mese della festivit pagana di Belatine); e mor a Kildare nel 523 d.C. In vita viaggi in Scozia, in Galles ed in Cornovaglia, fermandosi a Glastonbury; suo padre era un druido (notare la casualit) di nome Dubhtach, e la nutr con il latte di una mucca incantata dalle orecchie rosse (animale che pi volte citato come a lei sacro nella letteratura irlandese). Un aneddoto divertente: il celeberrimo S. Patrizio, nellapice della sua piissima opera di conversione, nomin per errore S. Brigida, Sacerdote; grazie a questo disguido la Santa pot diventare Arcivescovo e nominare vescovi a sua volta. I fedeli si rivolgono a lei come Maria dei Galli e Madre adottiva di Ges, in quanto ebbe lonere/onore di nutrire e vestire per prima il neonato Ges, mentre la madre Maria dormiva dopo le fatiche del parto. [J.R.]

    NOTE:

    1. MAC KILLOP 1998.

    2. si veda larticolo I Celti e lAstronomia in Phanes n.0 p. 12 e sgg.

    3. MAC KILLOP 1998.

    4. SMITH 1988.

    5. si veda larticolo Kildare a p.53 e sgg.

    6. BROSSE 1991.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -MAC KILLOP 1998: J. Mac Killop, Dictionary of Celtic Mythology, Oxford 1998.

    -SMITH 1988: D. Smith, A guide to irish mythology, Dublin 1988.

    -BROSSE 1991: J.Brosse, Mitologia degli Alberi, Milano 1991.

    Immagini:

    p.14, busto in Bronzo della Dea Brighit.

    p.15, Croce di Brighit, simbolo sia della Santa che della Dea, chiaro richiamo alla svastika solare.

    p.16, dipinto raffigurante S. Brigida.

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    A cura di Lorenzo Abbate

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    IL CULTO DI MITRA

    ELIOGABALO

    DEFIZIONES

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    molto probabile che lo stesso fascino che lega e spinge noi moderni ad analizzare e studiare i naufragati culti misterici fosse proprio lo stesso mordente che attir in epoca tardo-antica una mole non trascurabile di fedeli. Fedeli si, ma sopratutto iniziati, iniziati a culti dei quali spesso ci sfuggono finanche le finalit e le informazioni cultuali di base. Naufragate

    le fonti dirette quello che ci rimane sono solo le testimonianze di chi, all'epoca, o dopo, ebbe modo di ascoltare, sapere, vedere e partecipare talvolta, a pratiche e rituali che come regola prima imponevano la segretezza: quindi spiegato presto come chi sapesse non parl, e chi non sapeva riport notizie di seconda o terza mano, pari spesso, a

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    IL CULTO DI MITRA

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    pettegolezzi; se aggiungiamo poi, la politica cristiana di contrasto a culti cos potenti e settari, si spiegano presto parole come quelle che Firmico Materno spese intorno ai culti mitraici: Chiamano questo Mitra, e tramandano il suo culto in oscure caverne, [] immersi costantemente nello squallore oscuro delle tenebre(1) dimenticando forse che la propagazione della loro fede avvenne proprio all'interno di c a t a c o m b e , n o n esattamente famose per la loro luminosit, splendore, visibilit e igiene. L'origine dei culti mitraici s i c u r a m e n t e rintracciabile negli ambienti indiani ed iranici, ma quello che m i i n t e r e s s a puntualizzare non sono le conoscenze che ora, a posteriori, possiamo avere nella ricostruzione storica di un culto, ma quello che i fedeli romani, e in minima parte greci, conoscevano e credevano a proposito delle origini del proprio culto. E questi, infatti, credono nell'esistenza di due Di che sono tra loro in competizione: l'uno produce il bene, l'altro il male. Vi sono quelli che chiamano Dio il migliore tra i due, e l'altro dmone, come fa il mago Zoroastro, [] e questo, allora, dava all'uno il nome di Horomazes (Vromzhn), all'altro

    quello di Arimanios (Areimnion); e inoltre dimostrava che l'uno, tra ci che percepibile con i sensi, si apparentava sopratutto alla luce e l'altro, al contrario, alle tenebre e all'ignoranza; tra i due in mezzo si collocava Mitra, che per questa ragione i Persiani chiamavano mediatore (tn mesthn) [...].(2) Il contenuto del culto mitraico per ci sfugge, e solo ipotesi sono state avanzate

    sul senso di questa religione, complessa ed iniziatica. La sua struttura ci piuttosto chiara: sette i livelli di iniziazione, proprio come le sette sfere celesti platoniche, che l'iniziato dovrebbe percorrere prima di g i u n g e r e all'illuminazione divina ed alla contemplazione della stessa. Corvo, Ninfo, Soldato, Leone, Persiano, Eliodromo, Padre( 3) : questi i sette gradi di

    iniziazione. Le fonti concordano nell'attribuire collegamenti celesti ai vari gradi di iniziazione: secondo questa teoria ogni grado doveva corrispondere ad uno dei pianeti, per cui Ninfo/Venere, S o l d a t o / M a r t e , L e o n e / G i o v e , Persiano/Mercurio, Eliodromo/Sole, Padre/Saturno(4) (le fonti non concordano sull'accostamento planetario del primo grado, quello del Corvo). Una teoria molto suggestiva, e che trova riscontri nell'iconografia ricerca la forza del culto

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    mitraico nella scoperta da parte di Ipparco di Nicea della successione degli equinozi, del quale Mitra sarebbe proprio la forza divina causante(5). Molte delle nostre conoscenze si basano sull'iconografia delle scene sacre ritrovate in gran numero all'interno dei mitrei: la tauroctonia, una immagine sacra capace di racchiudere in se l'intero messaggio iniziatico del culto. Sentiamo la spiegazione che ce ne consegna Porfirio: Pertanto assegnarono come adatta a Mitra la sede degli Equinozi; egli porta il pugnale di Ariete, segno di Ares, e cavalca il toro, simbolo di Afrodite. Poich Mitra, come il Toro, demiurgo e padrone della generazione, collocato nel cerchio equinoziale, avendo alla sua destra le regioni settentrionali,

    alla sua sinistra quelle meridionali, e a sud collocato Cautes, perch caldo, e a nord Cautopates per il fatto che il vento del nord freddo(6). Bisogner aggiungere che nelle tauroctonie, abitualmente, compaiono anche due figure, sospese nel cielo, a sinistra Helios, al quale Mitra, nell'atto di uccidere il toro guarda, e a destra Selene. Intorno alla figura del toro atterrato gravitano tre animali, uno scorpione che attacca i testicoli dell'animale e un cane ed un serpente che si nutrono del sangue sgorgante dalla ferita. Questi animali rappresenterebbero, assieme a Mitra ed al toro, una sorta di mappa celeste durante l'era del Toro: serpente/Idra di Lerna, cane/Canis Major (o Minor?), scorpione/Scorpio, il

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    s a n g u e / S p i c a , Mitra/Perseo(7). Altra teoria, antica, cerca di r i v e d e r e n e l l a tauroctonia il mito della generazione, e rigenerazione, delle anime. Partiamo un'altra volta da Porfirio: Gli antichi [] chiamavano Melissa la Luna, che p r e s i e d e a l l a generazione, tanto pi in quanto la Luna anche Toro, il toro l'esaltazione della Luna, le api nascono dai buoi e le anime s c e n d o n o n e l l a generazione sono dette nate da un bue(8). Il mito della nascita delle api dal corpo del bue, e della generazione della a n i m e e c c e l l e n t e m e n t e spiegato in SCARPI 2008 p. 550: la nascita delle api dalla carcassa di un bue appartiene alla tradizione mitica greca e ha all'origine una colpa di natura sessuale: Ariste, immagine dello sposo leale e fedele, modello dell'apicoltore, vede Euridice, la giovane sposa di Orfeo, il mitico cantore di Tracia, e tenta di violentarla; ma Euridice fugge e nella fuga viene morsa da un serpente e muore; gli di allora

    puniscono Aristeo i n v i a n d o u n a p e s t i l e n z a c h e distrugge le api; rivoltosi alla madre Cirene, che lo aveva generato ad (sic) Apollo, da questa viene a sapere sia quale era stata la causa della pestilenza che aveva colpito le sue api, sia come far rinascere le api: sacrificare quattro buoi e lasciarli al chiuso, lontani dalla luce, sino a che dalle carcasse putrefatte fossero nati nuovi sciami (Verg. Georg. IV 317-559). Non improbabi le che l'assimilazione della anime alle api si fondasse anche sul fatto che la tradizione antica, in particolare greca, vedeva in

    questo insetto l'animale pi puro. La nascita o ri-nascita dell'ape dalla carcassa del bue si configura in questo caso come metafora della ri-nascita dell'anima dalla carcassa umana rappresentata dal corpo. Proprio le api ci rimandano ad un aspetto della pratica cultuale: in un mitreo, oltre alla rappresentazione della tauroctonia, quello che non poteva mancare era anche un'anfora e sopratutto un cratere: le api

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    ripongono il miele nelle anfore e nei crateri, perch i crateri sono simbolo delle fonti, proprio come presso mitra collocato un cratere al posto di una fonte, le anfore poi sono simbolo di ci con cui si attinge l'acqua dalle fonti(9). Il miele inoltre, cosparso sulle mani degli iniziati che accedevano al grado di Leone, li rendeva puri; per gli altri gradi, a quel che sappiamo, era utilizzata l'acqua come purificante. Pur nella carenza dei dati certi a livello pratico e cultuale il messaggio religioso, salvifico e filosofico del culto del Sole invitto ci piuttosto chiaro (anche se meno chiara la relazione tra culti misterici mitraici e culti di Helios). Giuliano Imperatore, nei suoi scritti su Helios ci ha tramandato questa codificazione: la nascita degli uomini opera della cooperazione tra la provvidenza di Helios(10) e la generazione materiale da un corpo umano. Helios per solo la manifestazione palese rispetto all'essenza divina, conoscibile solo grazie all'aiuto di Hermes e di Apollo Musegete(11). Il potere di Helios, secondo Giuliano, capace di fissare, mantenere e preservare tanto gli equilibri celesti quanto quelli terreni, e deriverebbe direttamente dal Bene, l'Uno platonico, vero unico genitore del Dio: Helios regna quindi sugli altri Dei proprio come domina i l panorama ce les te , manifestandosi al mondo come Sole, palese donatore della vita nell'universo(12). Infondo proprio questa semplicit di messaggio, accessibile e constatabile da tutti tramite le manifestazioni quotidiane del Dio, ed una possente impalcatura

    filosofico-misterica furono la base della fortuna di questo culto: le iscrizioni d'altronde ci attestano come non fosse una pratica religiosa settaria, ma anzi, molto diffusa tra il popolo, e sopratutto tra le legioni romane, tanto da trovare evidenze archeologiche di Mitrei in molti accampamenti stabili delle legioni romane. Ma gi nella codificazione dei suoi rituali, il mitraismo, possedeva la spia del rischio della scomparsa: la preclusione delle pratiche alle donne, le stesse donne che giocheranno invece un ruolo di primordine nella propagazione del culto cristiano. Il messaggio di Mitra un altro tassello che possiamo, gloriosamente, aggiungere alla ricostruzione di un culto solare, che vede unite e cooperanti, figure mitologiche di diversissime, e lontane civilt: proprio quello della cooperazione, della mediazione e dell'amicizia era il messaggio originario del dio Mitra secondo la sistemazione di Zoroastro: dalla mediazione alla pacificazione, fino alla vita, il passo molto breve, tanto breve da sopravvivere, oggi, dopo oltre tremiladuecento anni. [L.A.]

    NOTE:

    1. Firmico Materno, De errore profanarum religionum, 5, 2.

    2. Plutarco, De Iside et Osiride, 369d.

    3. vd. ad es. Gerolamo, Ep. 107, 2.

    4. Queste corrispondenze sono attestate dall'iscrizione CIMRM I, 480.

    5. ULANSEY 2001.

    6. Porfirio, De antro Nympharum, 24.

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    7. BECK 2006, pp. 194 sgg.

    8. Porfirio, De antro Nympharum, 18.

    9. Porfirio, De antro Nympharum, 17.

    10. Aristotele, Fisica, II, 2 194b.

    11. Giuliano, Oraz. XI, 132 c.

    12. Giuliano, Oraz. XI, 133 c.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -BECK 2006: R. BECK, The religion of the Mithras cult in the Roman Empire, Oxford Press, Oxford 2006.

    -SCARPI 2008: Le Religioni dei Misteri, a c. P. SCARPI, vol. 2. Milano, Mondadori 2008.

    -ULANSEY 2001: D. ULANSEY, I Misteri di Mithra, ed. Mediterraneo, Roma, 2001.

    Immagini:

    p.18, Tauroctonia, Londra, British Museum.

    p.19, Il mitreo Barberini, Roma.

    p.20, Tauroctonia, nellaffresco del mitreo Barberini, Roma.

    p.21, Il Mitra Chiaramonti, Roma, Musei Vaticani.

    p.23, Tauroctonia Roma, Musei Vaticani.

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    Dedicare un articolo ad Eliogabalo significa ripercorrere, da un'angolatura tutta particolare, il lento cammino che porter l'affermazione a Roma dei culti Solari di stampo orientale. Eliogabalo, imperatore bambino, nacque in Siria, col nome di Vario Avito Bassiano nel 203, e per diritto ereditario destinato alla carica di Gran Sacerdote del locale culto solare, quello del Dio El-Gabal di Emesa. La sua ascesa al trono fu il frutto della capacit di cospirazione della nonna Giulia Mesa (nonna anche di Alessandro Severo), che innalz alla porpora imperiale un ragazzo

    di appena quindici anni, con aspirazioni ed inclinazioni sacerdotali pi che imperiali. I primi anni del suo regno videro l'approvazione, salvo stramberie sopportate(1), sia del senato che del popolo romano: i veri problemi, e la rivelazione dell'indole e dell'impreparazione dell'imperatore vennero alla luce al suo ingresso a Roma nell'autunno del 219. Eliogabalo inizi a distribuire cariche lucrose e titolo ai propri amanti e favoriti: Zotico e Ierocle (un auriga che l'imperatore definiva tranquillamente suo marito) divennero rispettivamente Cubiculares e Cesare(2). Ma il punto che dest sincero sconcerto tra i Romani fu l'accellerazione che Eliogabalo apport all'instaurazione e celebrazione dei culti solari, gi importati da Settimio Severo. L'imperatore pose il Dio El-Gabal, che indic col nome di Deus Sol Invictus al di sopra dello stesso Giove(3), provvedendo poi poi a due ierogamie, che unirono il Dio Sole con Minerva prima, e Urania poi(4). Convinto di essere rappresentante terreno del Dio, Eliogabalo si sent autorizzato a contrarre matrimonio con una Vestale: tale unione avrebbe, nei suoi progetti, rappresentato a livello terreno lo sposalizio celeste del Sol Invictus con

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    ELIOGABALO

    Il monoteismo solare a Roma.

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    Vesta; da questo matrimonio, secondo il suo progetto, non sarebbero che potuti nascere figli simili a divinit(5). Le celebrazioni ufficiali del Dio, erano fissate al solstizio d'estate, quando i senatori erano costretti a guardare l'imperatore danzare, in stato di trance, al suono dei cimbali, presso l'altare, posto all'interno del tempio palatino (costruito, forse, su un preesistente luogo di culto dedicato a Giove). Eliogabalo, sin dai primissimi anni di regno, fece portare a Roma da Emesa, il simulacro del dio El-Gabal, una conoide, forse un meteorite, nero, lo stesso simulacro che veniva portato in parata durante le celebrazioni: Un carro a sei cavalli conduceva la divinit (in processione): i cavalli enormi e di un bianco immacolato, con dispendiosi finimenti in oro e ricchi ornamenti. Nessuno teneva le redini, e nessuno era a bordo del carro; il veicolo andava avanti come se il Dio stesso ne fosse l'auriga.

    Eliogabalo invece camminava all'indietro proprio difronte alla biga, rivolto verso il Dio (...). Compiva tutto il viaggio camminando in questo modo, al contrario, guardando in faccia il suo Dio(6).

    La strategia rel ig iosa di eliocentrismo di Eliogabalo port ad altri cambiamenti, che il popolo non riusciva affatto a digerire: nell'Elagabalium (vd. Articolo) vennero riunite le reliquie pi sante e venerate di tutta Roma. Fu cos che il simulacro della Magna Mater, il fuoco di Vesta, il Palladio e gli Ancilia presero collocazione nel tempio del Dio: in questo modo, sacrificando o venerando quelle venerande reliquie era impossibile non rivolgere un pensiero alla divinit ospitante(7).

    Il declino del potere imperiale e della politica religiosa di Eliogabalo fu molto veloce: gi nel 221 era palese l ' i m p o p o la r i t d e l l a c o n d o t t a

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    dell'imperatore, tanto da condurlo all'uccisione, da parte dei pretoriani, a soli diciotto anni nel 222. Travestitismo e prostituzione sacra, pratiche bacchiche ed estasi mistiche, danze orgiastiche e ierogamie terrene erano pratiche inconciliabili col sentire religioso romano: l'incapacit di compromessi e di attenzioni alle apparenze ed ai costumi di Roma, decret la fine di un imperatore e di un culto(8). L'imperatore fu ucciso dai pretoriani mentre cercava di fuggire in una latrina(9); fu perseguitato anche dopo morto: le sue statue abbattute, molti ritratti rimodellati sulle sembianze del

    successore, e bollato come folle dalla storiografia contemporanea e postuma. Ma quanto pi poteva temere in cuor suo Eliogabalo, avvenne proprio dopo la sua morte: le pratiche di culto correlate al Sol Invictus ricevettero un sostanziale abbandono fino alla restaurazione avvenuta sotto Aureliano, ed il simulacro del Dio venne rispedito ad Emesa, dove ritrov la sua originaria collocazione: un

    Dio scacciato da una terra straniera infedele(10).

    Fu, appunto, solo con Aureliano che il culto del Sol Invictus venne restaurato, dotato di una nuova struttura cultuale, alle pendici del Quirinale, e di un corpus di sacerdoti addetti, i pontefices Solis Invicti. La consacrazione del tempio avvenne il 25 dicembre 274, durante la festa denominata come Dies Natalis Solis Invicti, che prevedeva una particolare pratica devozionale: i fedeli, rinchiusi in una grotta alla mezzanotte del giorno precedente, ne uscivano all'alba annunciando la nascita del Sole

    (denominato Aion) dalla vergine Kore(11). Il vero trionfo della religione eliocentrica per, si ebbe prima con l'avvento del mitraismo, e poi con l'esperienza di Giuliano imperatore, che sintetizz in queste parole il messaggio divino eliocentrico: Ritengo comunque che, se bisogna credere ai sapienti, non una novit che questo Dio sia il padre comune

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    di tutti gli uomini ( a buon diritto infatti, si dice che l'uomo generato dall'uomo e dal Sole) e che semini sulla terra non solo le anime che procedono da lui, ma anche quelle che procedono dagli altri Dei (12).

    Il tentativo di instaurazione di un culto, sostanzialmente un monoteismo solare, da parte di Eliogabalo uno dei primi tentativi di accentramento religioso in un'unica figura divina all'interno del pantheon romano: la sincretizzazione si rivela essere la vera aspirazione di questo giovane imperatore, volto con lo sguardo e coll'animo al Sole, fin tanto da non riuscire a constatare il suo distacco, lento e progressivo dalle abitudini, dal sentimento religioso, e dalle pratiche di un popolo, tanto aperto alle novit, ma poco propenso a capire e comprendere esigenze tendenti a destrutturarne l'assetto originario. I tentativi successivi di sincretismo e di monoteismo divino, bench non vittoriosi, risulteranno molto meglio accetti dal popolo, che far dei nuovi Serapide, Helios, Mitra il cardine della propria devozione privata. [L.A.]

    NOTE: 1. La nonna Giulia Mesa fece collocare a Roma, nell'aula del Senato, proprio sopra l'altare alla Dea Vittoria, la statua del ragazzo in vesti sacerdotali, ponendo i senatori nella scomoda posizione di sacrificare anche all'imperatore ogni qualvolta sacrificassero alla Dea. 2. Cassio Dione XXX, 15. 3. Cassio Dione, XXX, 11. 4. Erodiano, V, 6. 5. Cassio Dione, XXX, 9.

    6. Erodiano, V. 6. 7. Cassio Dione, XXX, 12-22. 8. Historia Augusta - Vita di Eliogabalo, 10. ed anche Erodiano, V, 6. 9. Cassio Dione, XXX, 20. 10. Cassio Dione, XXX, 21. 11. Epifanio di Salamina,Contro le eresie,51,22,8-11. 12. Giuliano, A Helios Re, 2. Immagini: p.24, Ritratto di Eliogabalo, Roma, Musei Capitolini. p.25, Aureo di Eliogabalo, con incisione del carro trasportante la pietra sacra durante il solstizio destate, festa del Sol Invictus. p.26, Asse dellusurpatore Uranio Antonino, sul verso il tempio del Sol Invictus con la pietra sacra.

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    Si sempre sottolineato come l'epigrafia sia la testimonianza letteraria e scrittoria pi diretta per ricostruire il vissuto di una civilt: iscrizioni civili, pubbliche, votive, sepolcrali e onorarie sono tutte documenti unici ed originali, un messaggio rimasto (pi o meno) intatto, una voce parlante senza bisogno di intermediari. Per definire l'ambito di ricerca dell'epigrafia si ricorsi a molte definizioni, limitando i materiali e i metodi di fabbricazione, ma gli unici punti fissi in questo marasma di parole sono rimasti l'unicit del documento e la genuinit dello stesso. Se uniche, quindi, le epigrafi, e sicuramente fabbricate in antico, rappresentano per gli studiosi uno strumento irripetibile per la conoscenza di una civilt altamente

    alfabetizzata come fu quella greca. Ma non nostro intento quello di analizzare i pi alti e sublimi prodotti dell'epigrafia, tantomeno analizzare le epigrafi che riportano epitaffi metrici, ma anzi, rivolgeremo lo sguardo ad una tipologia di documento diffusa sopratutto nei ceti medio-bassi della societ: le tabelle di maledizione.

    Coll'espressione "defixiones" si intendono alcune particolari maledizioni di carattere privato atte a punire persone in virt di un qualcosa commesso o al fine di arginare le problematiche che una azione in fieri potrebbe portare al maledicente. Questi documenti, come gi accennato, furono prodotti in larga

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    MALEDIZIONI GRECHE Defixiones graece.

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    maggioranza da un ambiente sociale poco elevato, e oscillano tra religiosit e superstizione. Le defixiones sono pressoch sempre incise su laminette di piombo, successivamente piegate, o su

    statuette rappresentanti i "maledetti". La scelta dei materiali non era casuale: il piombo, per il suo peso, per il suo essere gelido, per il suo colore grigio era perfettamente intonato ai funesti auguri c h e v e n i v a n o i v i s c r i t t i ( 1 ) . Le modalit di preparazione delle maledizioni prevedeva, sicuramente, una ritualistica ben precisa, in buona parte per noi non ricostruibile: indubbio che spesso il mago incaricato di "maledire" una tale persona, si facesse anche carico di scrivere egli stesso l'iscrizione, s o p p e r e n d o a l l ' i g n o r a n z a d e l "maledicente". La stranezza dei caratteri

    non dovuta ad un particolar modo di scrittura, o a chiss quale alfabeto magico, ma unicamente alle difficolt di scrittura correlate all'incisione sul metallo.

    Lo scopo essenziale delle defixiones

    greche era quello di immobilizzare la persona odiata in ogni manifestazione della sua vita, facendo s che questa potesse morire prima del decorso naturale della propria vita. Lo scopo veniva raggiunto chiedendone l'attuazione e la persecuzione allo spirito di un morto. Si prediligevano gli spiriti turbolenti: anime di defunti spirati di morte violenta, persone morte immaturamente, suicidi, anime di feti nati gi morti erano una vera calamita per i maghi dell'epoca; bastava scrivere il messaggio, in un formulario ben preciso, affidarlo alla tomba

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    dell'esecutore ritenuto perfetto ed il gioco era fatto. Anche i santuari di divinit infere, pozzi e sorgenti erano molto gettonati: la vita dell'odiato nemico sarebbe stata falciata dalla divinit o

    affogata e trascinata via dalle acque prescelte. In un primo momento si credette bastevole il deporre il nome del "maledetto" nel luogo prescelto, ma successivamente si pens pi sicuro aggiungere alla formula anche l'invocazione diretta a qualche divinit infera, in modo che il messaggio non potesse, in alcun modo, andar trascurato.

    Ma leggiamo quache testo. La prima una defixio databile al V a. C., ritrovata ad Atene: precisa il nome del defisso, indicando anche la moglie, ed ha

    come intento l'annientare la persona in ogni sua attivit, rivoltandogli contro finanche le sostanze colle quali, per lavoro a contatto continuo: "Lysias, soffiatore nella zecca, sia lui che la moglie e i suoi

    beni, ci che lavora, le sostanze, le mani, i piedi, la mente, la testa ed il naso [siano distrutti] dalla sacra terra"(2).

    L'indicazione delle divinit infere alle quali si affida la vita del defisso in un esemplare databile al I sec. a. C. E ritrovata a Morgantina: "Gea. Ermete, Dei inferi, accogliete Venusta ,figlia di Rufo, la serva" (3). Come si pu vedere il metodo molto semplice: l'indicazione del nome, del patronimico, e la raccomandazione agli dei infernali. Non da escludere per che il rituale di maledizione prevedesse

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    delle libagioni agli dei inferi, e delle formule rituali non tramandate. In questo caso l'augurio nefasto consiste semplicemente in una sorta di preghiera affinch la donna venga portata e accolta nel regno degli inferi.

    Particolarmente pi dettagliata invece la defixio, molto tarda, ritrovata a Roma, e databile al II o III secolo d. C. Chi si vuole colpire con questa maledizione un medico, probabilmente colpevole di aver ucciso il fratello del maledicente: "Opprimi Artemidoros, il medico, figlio di Artemidoros, quello della terza coorte pretoria. Compie l'azione il fratello del defunto Demetrio, il quale vuole ora partire verso la propria patria. Non risparmiate dunque lui, ma opprimete la terra italica; e per di pi insabbiate la citt dei Romani. Ma opprimete il medico Artemidoro. Eulamon, Laimeilasion, Kreiochersophrix, Omelieus, Axeieus, Areius e Lathos e Tham, opprimete!"(4). La defixio un unicum: accomuna alla maledizione l'intera citt di Roma. La divinit infera alla quale viene affidata la persecuzione dell'uomo non esplicita, si dovr quindi pensare che la defixio fosse posta in qualche tomba.

    I verbi pi ricorrentemente

    utilizzati nelle tavole di defissione greca sono di due tipi: un primo gruppo per invocare l'attenzione del morto o della divinit, ed un secondo finalizzati ad esprimere/richiedere il nefasto augurio. Kalen oppure pikalesyai o anche kiklskein sono utilizzati nel medesimo significato di "chiamare"; pi accorato il significato di keteein e rkzein r i spet t ivamente " suppl icare " e "scongiurare". Katxein , facente parte del secondo gruppo di verbi, indica propriamente l'azione di "sottomettere", "tenere sotto", "opprimere" rivolto sempre agli Dei infernali o a Demoni e morti, chiati ktoixoi. Paradidnai invece un verbo spesso pronunciato dall'autore della defixio, significa "consegnare", seguito spesso dalla specifica del destinatario della consegna malefica. Den, kataden, sunden , s igni f icano propriamente "legare" il nemico, seguiti spe s so da un prs segu i to dall'indicazione del nome del demone o del Dio infero. Ma il vero in assoluto pi famoso ed utilizzato katagrfein "iscrivere": il nome del maledetto veniva "iscritto" nelle liste infernali del morto, o del Dio, in modo che il suono di quel nome non andasse disperso, ma proprio

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    nome non andasse disperso, ma proprio perch iscr itto , sarebbe stato continuamente sotto gli occhi attenti dell'esecutore infernale.

    Il panorama delle defixiones, assolutamente curioso e degno di essere esposto e reso maggiormente noto, non ovviamente completo, mancando in questo articolo le corrispettive maledizione in ambito romano: mi occuper nel prossimo numero di fornire un'ampia carrellata di esempi di maledizioni in ambito latino, a testimonianza di un altro fattore di vita religiosa, comune alla civilt greca ed a quella romana, sempre pronta a recepire le invenzioni, anche le pi malefiche, di una civilt evolutissima ed originale come quella greca. [L.A.]

    NOTE:

    1. Plinio, Naturalis Historia, XI, 274.

    2. EG. IV, pp. 247 sgg.

    3. EG. IV, pp. 250 sgg.

    4. EG. IV, pp. 251 sgg.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -EG: M. GUARDUCCI, Epigrafia Greca, vol IV, Roma 1978.

    Immagini:

    p.28, Defixio greca. Presenta la classica forma "a libretto": la lamina di piombo iscritto piegato in due, in modo da includere il lato inciso. Parigi, Biblioteca Nazionale.

    p.29, Defixio latina. una delle poche defixiones su due facciate e con un disegno a corredo della scrittura.

    p.30, Defixio greca. La lamina di piombo era stata arrotolata su se stessa: l'estrema duttilit del materiale ha permesso agli archeologi di srotolarla e leggerne il contenuto.

    p.31, Defixio con forma "a libretto". Monaco, Museo Archeologico.

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    A cura di Lorenzo Abbate

    SEZIONE MISCELLANEA

    INNO A NETTUNO

    W. B. YEATS

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  • Pagina 34

    La scelta di stendere un contributo sullInno a Nettuno di Giacomo Leopardi rientra in un pi ampio p r o g e t t o d i s e g n a l a z i o n e , arricchimento e studio delle possibili fonti letterario-religiose a beneficio di una fede antica nel mondo contemporaneo. strano pensare che uno scrittore come Leopardi, prima del suo distaccamento dalla fede cattolica, potesse concepire, stendere e pubblicare unopera innologica dedicata ad una divinit antica, proprio negli anni in cui, gi circolavano e spadroneggiavano gli Inni Sacri (ovviamente cattolici) di Manzoni.

    Il progetto di Leopardi per, non ebbe mai mire religiose, ma solo ed unicamente letterarie. Leopardi infatti pubblic lInno cercando di spacciarlo per un originale greco, inedito, tradotto: Leopardi non come autore quindi, ma come traduttore. La truffa ebbe un certo

    seguito, e lInno vene da molti creduto come originale ed autentico; la truffa letteraria di Leopardi portava come prove avvaloranti solo due versi greci, quello dinizio e quello di fine dellInno (anche le O d a e A d e s p o t a e vennero pubblicate assieme). Ma la vera prova di autenticit,

    sarebbe dovuta essere, in mente di Leopardi, lassoluta corrispondenza di questo Inno a tutte le caratteristiche degli Inni omerici gi noti. La vicenda divina di Nettuno-Poseidone ricostruita fin nei minimi particolari, dalla nascita fino ai miti pi noti, una vera enciclopedia divina. La scelta del Dio, a mio avviso, basata su una semplice constatazione: il corpus degli Inni omerici presenta un solo inno a Poseidone, di pochissimi versi, che non avrebbe mai potuto fungere da arma un confronto, per un eventuale sventramento della truffa letteraria approntata.

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    LINNO A NETTUNO DI G. LEOPARDI

  • Pagina 35

    Pietro Giordani, amico fraterno di Leopardi, nel pubblicare un volume per Le Monnier nel 1845, contenente tutti gli studi filologici di Leopardi, non ebbe dubbi nellinserirvi lInno a Nettuno; a suo dire, la capacit di ingrecarsi(1), ovvero di calarsi nei panni di un greco dellVIII sec. a. C. d i Leopard i , r e n d e v a questopera non sono unabile falsificazione, ma quasi pi degno di un originale greco. Leopardi nel 1816, a poco pi di due anni dallinizio del suo solitario studio del greco, era perfettamente in g r a d o d i falsificare un inno sacro, dedicato a Nettuno.

    Tutto in quest Inno g r e c o , o g n i singolo mito, ogni pa r o l a , og n i movimento delle frasi sembra seguire, ricalcare, riprendere un originale greco, esistente solo nella mente nostalgica e sognatrice del diciottenne Leopardi. La sua reverenza per gli antichi, seppure non sfociando mai in devozione, si bas su un ossequioso rispetto delle tradizioni e delle

    testimonianze di un mondo scomparso. Linno si apre con solenni parole: Lui che la terra scuote, azzurro il crine / A cantar incomincio. Alati preghi / A te, Nettuno Re [](2); come nella prassi innologica Leopardi dichiara tutte le capacit protettive e benefiche del Dio sin

    d a l l a p e r t ur a ; Poseidone, dio del mare, il p u n t o d i r i f e r i m e n t o p r i m o d e i n a v i g a n t i , quando hanno a c u o r e d i s c a m p a r e a orrenda morte in mare: forza che indrizzi / Il n o c c h i e r fatichevole che corre / Su veloce naviglio il vasto mare, / Se campar brama dai sonanti flutti / E la morte schivar. La g e n e a l o g i a d i v i n a

    specificata subito dopo: che a te limpero/ Del pelago tocc, da che nascesti/ Figlio a Saturno, e al fulminante Giove, / Fratello e al nero Pluto.(3) La stirpe di discendenza completamente indicata, ad eccezione della madre, Rea, vero centro del racconto che segue, quello della nascita del Dio, assolutamente commovente per la

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    capacit di mimesi con passi di uguale argomento degli inni omerici: E Rea la Diva/ Dal vago crin di partor, ma in cielo/ Non gi: che di Saturno astuto Nume/ Gli sguardi paventava. Ella discese/ A la selvosa terra, il petto carca/ Dacerba doglia, e scolorite avea/ Le rosee guance. Mentre il sole eccelso/ Adrea su le montagne i verdi boschi [] / Ella sassise allombra, e come uscito/ Fosti dal suo grandalvo, ti ripose/ Su le ginocchia assai piangendo, e preghi/ Porse a la Terra e a lo stellato Cielo(4). Rea rivolge quindi un accorato appello a Gea e Urano, che permette di salvare la vita al figlio, e di farlo crescere sano e forte.

    Uno dei frammenti pi interessanti dellInno la lite tra Atena e Poseidone, mito alla base della fondazione di Atene. La lite scaturisce per il nome da dare alla citt: Atene / La Cecropia citt, poi chappellata/ Tu la volevi dal tuo nome, e Palla/ il suo darle voleva.(5) La sconfitta di Poseidone famosissima: Ella ti vinse:/ Che con la lancia poderosa il suolo/ Percosse e uscir ne fe virente olivo/ Di rami spasi.(6). Da parte sua Poseidone dona qualcosa di non meno prezioso dellulivo ad Atene: Ma tu pur fiedesti/ La diva terra col tridente doro,/ E tosto fuor nusc destrier chavea/ Florido il crine:(7).

    Al verso 93 Leopardi interrompe la narrazione, per una di quelle classiche apostrofi dirette dal dio: Salve, equestre Nettuno(8) dice, per continuare colla spiegazione dellimportanza del dono del cavallo, aiuto allagricoltore, e animale

    infaticabile. Un lungo elenco di Ninfe a te dilette(9) segue, come introduzione alla trattazione della figliolanza del Dio: Cercione, Eufemo, Triope, Astaco, Rodo, Teseo, Allirrozio, Tritone, Dirrachio, Eumolpo, Polifemocanto, questo sui figli, molto delicato: Ma questo/ Canto meglio lasciar, che spesso i figli/ Cagion furono a te dacerbo lutto.(10).

    Ma Poseidone non dio solo del mare, e sacro solo ai beneficiari del dono del cavallo, o ai naviganti in difficolt: Salve, o Nettuno/ Ampio-possente: a te glIstmici ludi/ E le corse de cocchi e de gli atleti/ Son sacre, e laspre lotte(10).; Salve, o gran figlio di Saturno.(11); Salve, equestre Nettuno!(12). Tutti questi riallacci narrativi, queste invocazione e questi saluti, sono congeniali al giovane Giacomo per introdurre argomenti che gli stanno a cuore, o che gli sta a cuore mettere in luce: la sua cultura e la voglia

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    di ostentarla, vince, in questopera, sulla sua capacit poetica? Ci si chiesto molto spesso questo, e spesso si detto che lInno a Nettuno affossato sotto la melma dellerudizione che stilla da queste pagine. Chi sostiene questo, non chiaramente in grado di inquadrare questopera nella sua giusta collocazione: un inno greco, non pu rispondere alle tipologie poetiche italiane di inizio ottocento, ed anzi, il non nseguirle sintomo di maggior capacit poetica e mimetica di Leopardi. Loperazione letteraria dello scrittore tende, oltre che ad una affermazione nel panorama letterario italiano, a dotare Poseidone di un componimento innologico simile a quelli maggiori tramandati dal corpus omerico. LInno a Nettuno, ad una lettura scevra da preconcetti letterari, trasmette perfettamente la voglia di un ragazzo di affiancarsi ai mitici cantori omerici, calandosi totalmente in un ambito di devozione a lui estraneo, sperimentando forme liturgiche antiche. Ma proprio quando, deposti i panni dellerudito grecista, Leopardi si cala nei panni del fedele antico, che, senza bisogno di nozioni, epiteti e quantaltro, riesce a spiegare e fissare perfettamente lo spirito devozionale: O Dio possente/ Soccorri a naviganti, e fra le rotte/ Nubi fa che si vegga il cielo azzurro/ Ne la tempesta, e su la nave splenda/ Del sole o de la luna un qualche raggio/ O de le stelle, ed il soffiar de venti/ Cessi; e tu londe rumorose appiana,/ S che campin dal rischio i marinai. O Nume, salve, e con benigna mente/ Proteggi i vati che de glinni han

    cura!(13). Poseidone viene dunque inquadrato come protettore dei poeti, e proprio in questa ottica ancor pi possibile capire il perch di una scelta divina cos inconsueta per un giovane che non aveva ancora mai toccato quel mare, regno del Dio, che vedeva solo in lontananza dalle finestre della casa paterna. [L.A.]

    NOTE:

    1. GIORDANI 1845, p. XVI-XVII.

    2. Inno a Nettuno, vv. 1-3.

    3. Inno a Nettuno, vv. 7-10. (in quanto a te tocc il regno sul mare, da quando nascesti figlio di Saturno e fratello di Giove tonante e delloscuro Plutone).

    4. Inno a Nettuno, vv. 10 sgg. (E Rea, la dea da molle crine, ti partor non in cielo, poich di Saturno, astuta divinit, temeva gli sguardi. Ella quindi discese sulla terra piena di selve, con il cuore addolorato, e colle guance prive del loro rossore. Nel mentre il sole eccelso scottava le foreste sui verdi boschi, [] Ella si sedette allombra, e non appena fosti di lei uscio, ti ripose sulle sue ginocchia, piangendo e pregando la Terra ed il Cielo popolato di stelle.)

    5. Inno a Nettuno, vv. 75-8.

    6. Inno a Nettuno, vv. 78-81.

    7. Inno a Nettuno, vv. 81-4.

    8. Inno a Nettuno, v. 93.

    9. Inno a Nettuno, vv. 103.

    10. Inno a Nettuno, vv. 121-3.

    11. Inno a Nettuno, v. 153.

    12. Inno a Nettuno, v. 93.

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  • Pagina 38

    13. Inno a Nettuno, vv. 191-203.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -GIORDANI 1845: G. LEOPARDI, Studi filologici a c. di P. PELLEGRINI e P. GIORDANI, Firenze 1845.

    Immagini:

    p.34, Giacomo Leopardi, Ritratto a matita del Lolli, Recanati, Casa Leopardi.

    p.35, Cratere attico rappresentante la contesa tra Atena e Minerva, Atene, Museo Archeologico.

    p.36, Poussin, Nettuno, Philadelphia, Museum of art.

    p.38, Sala I della Biblioteca Leopardi a Recanati.

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  • Pagina 39

    LIrlanda, terra dai vividi colori, dalle imperiture tradizioni, accolse la nascita di William Butler Yeats il 13 Giugno 1865, a Sandymount. Sin da piccolo ebbe modo di assaporare a pieno le varie realt locali irlandesi, come nelle sue permanenze a Sligo, un piccolo porto sulla costa Ovest, una cittadina ricca di folklore, racconti mitici, croci celtiche ed atmosfere leggendarie. Tutte queste suggestioni rimasero profondamente radicate nella sua personalit, e divennero il punto fondante dove ritrovare s stesso durante limprovviso e traumatico trasloco a Londra. Qui conobbe Gorge Russell, sotto linfluenza del quale inizi a comporre i primi drammi e poemi a tema magico/mitico, separandosi sempre di pi dalle figure del padre e del nonno, a dir

    poco castranti per il suo genio creativo. Con landare del tempo crebbe linteresse per le scienze occulte, ed incluse fra le sue letture autori come: A. P. Sinnett, Blake, L. Agrippa, Pico della Mirandola e molti altri; grazie a questi nuovi spunti svilupp una spiritualit ibrida fra pre-esistente cattolicesimo e paganesimo neo-acquisito. A tal proposito scrisse: Io non ho trovato la mia tradizione nella Chiesa Cattolica, che non fu la Chiesa della mia infanzia, ma l dove la tradizione , almeno credo, pi universale e pi antica.. Altro incontro fondamentale fu quello con OLeary sotto legida del quale svilupp un sempre pi crescente nazionalismo; proprio contemporaneamente agli attentati dei repubblicani irlandesi alle stazioni ferroviarie inglesi. La decisione di non adottare alcun soggetto nei suoi componimenti che non fosse di natura irlandese, appare allora spiegabilissima, anche perch divenne attivo nella realt politica irlandese. La sua attenzione per il panorama esoterico rimase alta, e Yeats cerc sempre di mediare e fondere i suoi ideali di letteratura didattica, nazionale e pura con il canone espressivo da poco sviluppato interamente; ci riusc, e produsse una sintesi oscillante fra preraffaellismo e decadenza fin de sicle.

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    W. B. YEATS

  • Pagina 40

    Le successive svolte furono liscrizione alla sovversiva Irish Republican Brotherhood e lincontro con Lady Augusta, che lo risollev dal suo periodo di deperimento fisico e intellettuale, e gli mise a disposizione unenormit di libri e collaborazioni con altri intellettuali. La sua poesia inizi a concretizzarsi sempre maggiormente ed il pensiero poetico prese forma, raggiungendo la conciliazione di due opposti: gener la poesia attraverso la reale sperimentazione della materia, senza alcuna finzione. Rimane ancora aperta la diatriba fra gli studiosi, se Yeats sia un romantico o meno; tuttavia la sua opera di fusione fra intelletto e sensibilit demolisce le stesse fondamenta del Romanticismo. Infatti prevalse nei suoi scritti il desiderio di ricercare una estetica pura, una sintesi della bellezza. A partire dal 1886 non ho trattato quasi pi che soggetti irlandesi , e ci per le ragioni da me espresse in Ireland and the Arts. Nella decadenza di unet votata al culto della ricchezza vi ritroviamo i sacerdoti di una religione quasi del tutto dimenticata. Allo scopo di mantenere il loro carattere sacro, i poeti devono cessare di porsi al servizio di un internazionalismo astratto e vago; essi devono sposare i tratti della natura che li circonda, i sentimenti dominanti di una razza e di un popolo. LIrlanda rimasta isolata da una civilt industriale e priva di personalit, per le circostanze della sua storia intensamente cosciente della sua originalit nazionale. Ella offre agli artisti temi privi legiati : l amore del soprannaturale e la passione della sua

    indipendenza, creando cos fra i suoi poeti e il suo popolo una comunione tale da fare della razza irlandese una razza eletta, e uno dei pilastri che sostengono il mondo: cos Yeats ci comunica i suoi ideali, il suo amor di patria, la sua smaniosa determinazione a liberare la terra nella quale il popolo irlandese non pu pi sentirsi libero. Sembra inutile sottolinearlo, ma lutilizzo del termine race (tr. razza), risulta ovviamente scevro dai soliti ovvi compartimenti nei quali spesso viene, non sempre ingiustamente, inser ito ; previa considerazione del periodo storico e politico-sociale nel quale furono scritte queste parole. Comunque sia, la poesia diventa nelle mani del maturo Yeats, un potentissimo strumento di realizzazione del proprio s, in parallelo alle dottrine esoteriche da lui acquisite. Nel 1923 a William Butler Yeats fu riconosciuto il Premio Nobel per la letteratura, e sedici anni dopo, il 28 Gennaio del 1939 mor di congestione polmonare, venne seppellito prima a Roquebrune in Francia, e poi spostato a Drumcliffe. Sulla sua pietra tombale furono incisi gli ultimi versi della poesia Under Ben Bulben:

    Cast a cold eye

    On life, on death.

    Horseman, pass by!

    Qui di seguito riportiamo una delle poesie a nostro parere pi evocative che appartengono alla raccolta Last Poems (1936-1939):

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  • Pagina 41

    Cuchulain Confortato

    > [Trad. a c.d.r.] [J.R.]

    Immagini:

    p.39. William Butler Yeats, di John Singer Sargent, 1908.

    p.41, Statua di Cuchulainn, di Oliver Sheppard, Dublin.

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  • Pagina 42

    A cura di Jonathan Righi

    SEZIONE OMNIA ALTERA

    ODAE ADESPOTAE KILDARE

    INNO A VENERE ROQUEPERTUSE

    LA GENEALOGIA DI BRIDE ELIOGABALEION

    SURYA RECENSIONI

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  • Pagina 43

    Aveva solo diciassette anni, aveva iniziato a studiare il greco da soli due anni, senza maestro, e su libri antiquatissimi, ed era gi in grado di comporre due odi, di una grazia sorprendente, adeguandosi ad un metro lirico molto difficile ed ad un registro linguistico degno di un navigato filologo. Le due Odae Adespotae, letteralmente Odi di autore incerto, sono una imitazione delle famose odi di Anacreonte, o meglio, quelle che nel 1700 giravano sotto il suo nome: un corpus di odi in metro lirico, di estensione molto limitata e di leggiadria e leggerezza ineguagliabili, con tematiche molto disparate, ma tutte incentrate su un programmatico utilizzo allinterno dei simposi. La prima ode, Ad Amore la pi breve, appena 9 versi, la seconda, A Selene lunga 31 versi. Le edizioni oggi disponibili tendono a tradurre i titoli

    come Allamore e Alla luna, tralasciando sia il significato delle due odi, sia la grafia delle stampe approvate dallautore. Il primo componimento molto vicino ad un epigramma, sia per forma che per significato, mentre il secondo prettamente una preghiera, nulla di pi e nulla di meno. Leopardi, che scrisse e spacci per originali greci i due componimenti, proprio come lInno a Nettuno, ne corred il testo metrico greco con una traduzione, in prosa ritmica, latina. La traduzione che qui forniamo la prima letterale mai approntata delle due odi.

    (Metro. Ad Amore: ferecratei. A Selene: dimetri ionici con anaclasi, con prima sillaba di quantit indifferente.)

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    LE ODAE ADESPOTAE DI G. LEOPARDI

  • Pagina 44

    Ode I, Ad Amore.

    In una foresta frondosa

    Sorpresi Amore addormentato

    E subito sbrigandomi

    Il (fanciullo) che non sentiva legai

    Con rosei lacci.

    Ma il bambino non appena si risvegli

    Spezz quanto lo teneva legato e disse:

    Non cos presto te ne saresti liberato

    Se ti avessi legato io!

    Ode II, A Selene.

    Voglio cantare Selene.

    Ti canteremo, o Selene,

    Sublime, Viso argenteo,

    Che, possedendo il cielo,

    Regni sulla placida notte,

    e sui sogni oscuri.

    Tu onori anche le stelle

    Che tutto il cielo rendi splendente,

    Guidi il bianco carro

    E i chiari cavalli

    Che si levano su dal mare:

    E mentre in ogni luogo

    Gli uomini tacciono,

    Silenziosamente, tu, sola e notturna

    Percorri il cammino nel mezzo del cielo;

    Sopra i monti, sopra le cime

    Degli alberi e i tetti delle case

    E sulle strade e sui laghi

    Posi la tua pura luce.

    Tu sei temuta dai ladri

    Dacch tutto luniverso percorri

    Ma ti lodano gli usignoli,

    tutta la notte nel tempo destate,

    Canticchiando con voce leggera

    Tra i rami densi di foglie.

    Sei cara ai viaggiatori.

    Nel mentre emergi dalle acque,

    Ti amano gli Dei, tonorano gli umani,

    O splendore dal viso argenteo,

    Degna di rispetto, sublime, apportatrice di luce. [L.A.]

    Immagini:

    p.43, Prima Edizione, da Lo Spettatore 1817.

    p.45, Prima edizione, da Lo Spettatore, 1817.

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  • Pagina 45 Phanes n.1

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  • Pagina 46 Phanes n.1

    Vi riportiamo qui di seguito la Sloinntireachd Bhride, estratta dai Carmina Gaelica di Alexander Carmichael, ed a voi presentata in traduzione italiana. La Genealogia di Bride ha lo scopo di richiamare Bride accanto al supplice per proteggerlo e condurlo alla salvezza.

    La genealogia di Bride, la santa fanciulla,/ raggiante doro e di fiamma, la nobile madre adottiva di Cristo./ Bride, figlia di Dugall il Bruno, figlio di Aodh/ Figlio di Art, figlio di Conn/ Figlio di Criara, Figlio di Cis, Figlio di Cormac, Figlio di Carruin.

    Ogni giorno ed ogni notte/ Quando ripeter la genealogia di Bride,/ Non potr essere ucciso, non potr essere derubato,/ Non potr essere fatto prigioniero, non potr essere ferito,/ E Cristo non potr mai scordarsi di me.

    N fuoco, n sole, n luna mi potranno bruciare,/ N lago, n fiume, n mare mi potranno affogare,/ N freccia di fata n dardo di folletto mi potranno ferire,/ Sono sotto la protezione di Maria la

    Santa,/ E la dolce mia madre adottiva lamabile Bride.(1) [J.R.]

    NOTE:

    1. CARMICHAEL 1992.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -CARMICHAEL 1992: A. CARMICHAEL, Carmina Gadelica: Hymns & Incantations, Lindisfarne Books, 1992.

    Immagini:

    p.46, Particolare del Book of Kells.

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    LA GENEALOGIA DI BRIDE Antica supplica a Bride la raggiante.

  • Pagina 47

    Il pi potente fra tutti i Navagrahas Surya, il Sole; anche chiamato Ravi; egli considerato come la personificazione del pianeta Sole, il globo di luce e calore, ed raffigurato con una carnagione dorata e raggi luminosi di gloria che circondano il suo capo. Talvolta lo si dipinge con due braccia, altre volte con quattro, regge in mano un fiore di loto e per questo prende il nome di signore del loto(1). Poich la natura prima del Sole luce, Surya chiamato tmakraka, ossia colui che presiede all tm(2). In questi termini governa sulla fiducia che ogni persona ha verso se stessa, sullautorit e lo status di ogni uomo. anche la divinit patrona degli occhi e governatore del segno del Leone(3). Il Visnu Purna (2.8.15), afferma che il sole non si muove, non sorge e non tramonta, poich il sorgere ed il tramontare implicherebbero fasi nelle quali il sole non sarebbe presente, o comunque sarebbe scomparso. Per conciliarsi con Surya, viene dato il mantra che qui di seguito riportiamo. [J.R.]

    Japa Kusuma Sankasham

    Kashyapeyam Mahadyuthim

    Thamognam Sarvapapagnam

    Pranathosmi Divakaram.

    O Distruttore delloscurit dellignoranza!

    O Epuratore di ogni peccato!

    Ti porgo il mio omaggio!

    NOTE:

    1. COLEMAN 1995.

    2. Il termine tm traducibile con il s; indica il vero s scevro dalle identificazioni con i fenomeni naturali.

    3. Si veda larticolo Navagrahas in Phanes n.0 p. 37 e sgg.

    SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

    -COLEMAN 1995: C. COLEMAN, The Mythology of the Hindus, Asian Educational Services, New Delhi 1995.

    Phanes n.1

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    SURYA Il Sole indiano.

  • Pagina 48 Phanes n.1

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    QuestInno, facente parte del-la raccolta degli Hymni Naturales, rielaborazione ed ampliamento di unidea desunta da Marullo dalla let-tura dellincipit del primo libro di Lu-crezio: innegabili i debiti, ma ancor pi innegabile lapporto origina-le dellautore, ca- pace di trasforma-re una invocazione in un inno, lirico, in strofe saffiche. Marullo nacque a Costantinopoli nel 1453, greco di na-scita dunque, si spost in Italia dopo il crollo dellimpero bizantino, per entrare nella cerchia degli umanisti medicei (circa nel 1486). Antagonista di Poliziano, Marullo utilizz il latino non come una lingua cristalliz-zata e stereotipata, bens come uno strumento linguistico ancora vivo e ancora valido. Le sue raccolte principali sono quattro libri di epigrammi ed appunto, questi Inni Naturali (editi nel 1497). Il testo che qui riportiamo solo una sezione dellintero componimento. Nei primi quindici versi, che abbiamo tagliato, vi era linvocazione ad Erato, musa della poesia amoro-sa. La splendida traduzione che