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PPRROOGGEETTTTOO CCOOMMUUNNIISSTTAAPeriodico del Partito di Alternativa Comunista sezione della Lega Internazionale dei Lavoratori (Quarta Internazionale)ALTERNATIVACOMUNISTA.org FFeebbbbrraaiioo ,, MMaarrzzoo 220011 44 ,, NN°°4444 ,, 22€€ ,, AAnnnnoo VVII II II ,, NNuuoovvaa sseerriiee
La vergognosa fine della democrazia sindacaleAAccccoorrddoo ssuullllaa rraapppprreesseennttaannzzaaVendola flirta con Renzi, Ferrero segretario di minoranzaIIll ffaasscciinnoo mmeeddiiooccrree ddeellllaa ssoocciiaallddeemmooccrraazziiaa
423
Quattro pagine a cura dei giovani del PdacEEuurrooppaa:: aa ssiinniissttrraa rreeggnnaa llaa ccoonnffuussiioonnee15 Le lotte dei facchini non si fermanoSSee ttooccccaannoo uunnoo ttooccccaannoo ttuuttttii!!6 ll''iinnsseerrttoo ddeeii GGIIOOVVAANNII ddii AALLTTEERRNNAATTIIVVAA CCOOMMUUNNIISSTTAAnellepagineinterne
SPED.A
BB.POST.A
RT.1COMMA2D.L.353/03DEL24/12/2003(CONV.INL.46/04DEL27/02/2004)DCBBARI
La rottura dell’Ue e l’uscita dall’euro: la posizione del Pdac
Alberto Madoglio
Il 2013 si è chiuso come gli anniprecedenti: con una crisi senzaprecedenti di cui non si vede assolutamente la fine. Alcuni dati
supportano questa considerazione.Nello scorso anno si sono persi oltre400.000 posti di lavoro, facendo balzareil tasso di disoccupazione al 12,7%
Un bilancio del 2013Le contraddizioni della borghesiae dei suoi partiti di riferimento
LLAA CCRRIISSII DDEELL CCAAPPIITTAALLIISSMMOO EE LLAARRIISSPPOOSSTTAA DDEEII RRIIVVOOLLUUZZIIOONNAARRII
AAllllaa vviiggiilliiaa ddeellll''XXII CCoonnggrreessssoo ddeellllaa LLiittQQuuaarrttaa IInntteerrnnaazziioonnaallee15
continua a pagina 2
2 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTAPOLITICA
(oltre il 40% tra i giovani). Il numero delle ore di cassa integrazione ha superato ladrammatica soglia di un miliardo. Se consideriamo inoltreche il tasso di occupazione inItalia è circa del 56% (molto piùbasso che negli altri Paesi industrialmente sviluppati), possiamo arrivare alla ragionevoleconclusione che il tasso didisoccupazione reale supera il20%. Il Pil è stato in calo per ilterzo anno consecutivo, la produzione industriale è calata del3,1% (dati di novembre), dopo ilmeno 6,4% del 2012, e per alcunisettori possiamo parlare di unprocesso di deindustrializzazione ormai irreversibile (adesempio per quello dell'auto:sono state prodotte quattrocentomila autovetture, quandopoco più di dieci anni fa si eraabbondantemente sopra i 2 milioni). Dulcis in fundo, il poteredi acquisto delle famiglie è calato in media del 9% in quattroanni (per quelle che hanno stipendi più bassi il calo è sicuramente superiore). In questo chesembra un vero e propriobollettino di guerra, comequalche mese fa lo stesso presidente di Confindustria Squinziha ammesso, non stupisce checirca un terzo della popolazionesia, o rischi di cadere, in unostato di povertà. I mezzi diinformazione in mano allegrandi famiglie della borghesiaitaliana, cercano periodicamente di diffondere notizie positive, con il chiaro obiettivo difar credere che il peggio siaormai alle spalle e che i pesantissimi sacrifici chiesti ai la
voratori e alle classi piùdisagiate della società alla finestiano dando risultati. Ovviamente non neghiamo che dopoanni di crisi non ci possano essere dati congiunturali moderatamente positivi, ma allostesso tempo risulta essere unpatetico esercizio di propaganda a basso costo tentare diilludere la popolazione che finalmente si sta vedendo una luce in fondo al tunnel. Chi puòveramente esaltarsi per un datosulla produzione industrialeche a novembre segna un più1,3% dopo che in 5 anni il calo èstato di oltre il 20%? E perchénon si è data la stessa enfasi sulsorprendente e per certi versiinatteso calo dell'export,smentendo così le ottimisticheprevisioni di chi sosteneva chegrazie al commercio con l'esterol'Italia si sarebbe potuta finalmente rialzare? No, la realtà, ifatti, come diceva Lenin, hannola testa dura, e tutte le difficoltà ei limiti dell'economia italiana,che come e più di altri Paesisubisce i colpi della Grande Recessione, continuano a rimanere.
Il servilismo impotentedella politica borghese
Le difficoltà economiche a lorovolta si ripercuotono sulle classidirigenti del Paese e sul Governoin particolare. L'esecutivo Lettasembrava essere nato sotto unabuona stella. Sorretto da unaamplissima, per quanto nonmolto coesa, maggioranzaparlamentare, con il sostegnonemmeno mascherato dellemaggiori organizzazioni sindacali, Cgil in testa, con il supporto
di tutti i poteri forti nazionali eesteri, dal Vaticano allaConfindustria, dalle Cancellerie europee alla casa Bianca,pareva destinato, se non a unanavigazione tranquilla,quantomeno a non esserepercepito come un Governomeramente emergenziale. Neldiscorso di presentazione alleCamere, il giovane premier siera lasciato andare a promesse eimpegni che, alla fine, si sonodimostrati troppo azzardati. Fine delle politiche di austerità,no a sacrifici non compensati dapolitiche di sviluppo, calo dellapressione fiscale sugli stipendi ele pensioni, implementazionedi politiche volte a creare occupazione stabile. Se non un programma da paese di Bengodi, cisi era molto vicini. Anche inquesto caso i fatti, come noiavevamo pronosticato, si sonoincaricati di riportare tutti con ipiedi per terra. ParafrasandoMarx, siamo passati dalla farsadi promesse e progetti mirabolanti, alla tragedia della situazione in cui ci troviamo. UnGoverno sostenuto da partitiche sono i diretti rappresentantidegli interessi della borghesiaimperialista tricolore, che ha trai suoi membri esponenti diquella tecnocrazia che è stata ladiretta responsabile delle politiche criminali contro i lavoratori degli ultimi venti anni (lostesso Letta e il ministro delleFinanze Saccomanni) non poteva fare nulla di diverso. Quindinuovi sacrifici imposti a operai eimpiegati, taglio a quel poco cherimane dello stato sociale,continuità con scelte che favoriscono la precarizzazione dellavoro e facilitano il ricorso ai li
cenziamenti. Il tutto seguendole indicazioni della Troika dellequali le classi dominanti italiane non sono mere esecutrici,ma soci di primo piano checontribuiscono a determinarneil corso. Esempio è la politica diconsolidamento del bilanciodello Stato. Per molto tempo si èdetto, anche da partiti e organizzazioni della cosiddetta sinistra radicale, che il debitopubblico impoveriva l'economia e la finanze nazionali a favore di quelle straniere, Franciae Germania su tutte. La realtà cipresenta un altro quadro:attualmente oltre il 50% del debito sovrano è in mano a banchee assicurazioni italiane chehanno tra i loro soci “italianissimi” rappresentanti del capitalismo. Quindi sono i padroni“nostrani” che, primi fra tutti,affamano e impoveriscono milioni di operai, impiegati, giovani, donne, immigrati,ottenendo dal Governo quellescelte che ne favoriscono i guadagni a scapito della stragrandemaggioranza della popolazione. E ancora, per tentare di sistemare alla meglio la situazionedebitoria dello Stato, il governoha rilanciato una vasta operazione di privatizzazioni, a partire dalle Poste. Come peroperazioni simili avvenute inpassato, avremo pezzi di patrimonio pubblico che sarannoceduti a privati per un tozzo dipane, e in cambio otterremo licenziamenti, aumento delle tariffe, peggioramento dei servizimeno redditizi (consegna lettere) mentre saranno privilegiatiquelli in grado di assicurare utiliai nuovi azionisti (come il servizio di Bancoposta).
Nè Letta,nè Renzi:costruiamo un'alternativa
di classe
Lo zelo messo in campo da Lettaper accontentare i desiderata deigrandi gruppi capitalistici italianie europei non sembra tuttavia ingrado di garantirgli un futuro sereno. L'uscita dalla maggioranzadi Governo di Berlusconi e dellarediviva Forza Italia, la vittoria alleprimarie del Pd di Renzi sono tuttisegnali che indicano come iltempo per l'esecutivo delle, ora,piccole intese sia quasi scaduto.Proprio Letta e Renzi, pur membridello stesso partito, sono i due piùacerrimi rivali nello schieramento di forze della borghesiaitaliana. Se il sindaco di Firenze sigla un patto con Berlusconi per lariforma della legge elettorale, chemette fuorigioco i partiti che sostengono il premier, quest'ultimorisponde rilanciando l'ipotesi diuna legge sul conflitto di interessiche, andando a colpire l'imperofinanziario del Cavaliere, ha comeobiettivo primario quello di farsaltare l'idillio tra Berlusconi eRenzi, che infatti grida al sabotaggio. Pur se questo scontroappare senza esclusione di colpi,sbaglierebbe chi tentasse dischierarsi per uno dei duecontendenti. Né Renzi né Lettapossono rappresentareun'opzione che possa garantire ailavoratori un futuro fatto di minori sacrifici, né si può scegliere unipotetico male minore. Entrambidifendono e rappresentano glistessi interessi di classe, solocombattono ferocemente tra loroper decidere chi deve avere il ruolo di protagonista principale. Il2014 non sarà, insomma, l'annodella svolta, ma un anno simile ai
precedenti, se non addiritturapeggiore. Il rallentamentodell'economia dei Paesiemergenti legato al cambio dellapolitica monetaria della FederalReserve Usa, sta creando in questiPaesi una pesante crisi valutariache rischia di propagarsi al restodell'economia mondiale. Il pericolo di deflazione in Europa (conconseguente aumento dei debitiper imprese e lavoratori, ascesanei fallimenti e chiusura diimprese con relativo aumentodella disoccupazione), ilrallentamento economico cinese, sono tutte fascine che si accumulano sotto il fuoco dellaGrande Recessione: in alcunimomenti pare perdere vigore, mabasta un debole colpo di vento(come la già citata crisi valutaria),che rapidamente può riprendereforza e bruciare tutto quantoincontra. Il più importante quotidiano della comunità finanziaria internazionale, il Wall StreetJournal , ha dato una definizione,macabra ma efficace, dello statoin cui si trova l'Italia: stabilità simile a quella di un cimitero. Doveva aggiungere che fino a oggi icaduti si trovano quasi esclusivamente fra i lavoratori, le donne, igiovani, gli immigrati che in questi tempi sono le prime vittimedella crisi, mentre la borghesia,pur con qualche eccezione, inquesta crisi ha continuato a fareutili e mantenere il proprio dominio, politico, economico e ideologico. Tuttavia questo apparemeno saldo di prima. Tocca ai lavoratori far sì che questo dominiocessi una volta per sempre. IlPartito di alternativa comunistafarà tutti gli sforzi necessariperché ciò avvenga il più prestopossibile. (29/01/2014)
SelePd:unintrecciocostanteLe ambiguità diVendola:da Riva a Renzi
PROGETTO COMUNISTAPeriodico del PARTITO DI ALTERNATIVA COMUNISTAsezione della Lega Internazionale dei Lavoratori , Quarta Internazionale
Febbraio - Marzo 2014 – n.44 – Anno VIII – Nuova serieTestata: Progetto Comunista – Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori.Registrazione:n. 10 del 23/3/2006 presso ilTribunale di Salerno.Direttore Responsabile:Riccardo Bocchese.
Condirettori Politici:Adriano Lotito, Mauro Buccheri.
Redazione e Comitato Editoriale: Giovanni“Ivan” Alberotanza, MatteoBavassano, Mauro Buccheri, Patrizia Cammarata, Adriano Lotito,Claudio Mastrogiulio, Mauro Pomo,ValerioTorre.
Vignette:alessiospataro.blogspot.comGrafica e Impaginazione: Giovanni“Ivan” Alberotanza[Scribus+LibreOffice su Debian GNU/Linux]
Stampa:Litografica '92 – San Ferdinando di PugliaEditore:ValerioTorre, C.soV.Emanuele, 14 – 84123 Salerno.
Scriviunae-mailallaredazione: [email protected] telefonico: 328 17 87 809
Claudio Mastrogiulio
Nelle ultime settimane ha tenuto banco ilcongresso tenuto dalpartito di Vendola,
Sel e, in particolar modo, ilrapporto che sarebbe scaturitocon la nuova direzione del Pd,guidato da Renzi. Inizialmente,infatti, quando ancora Vendolapuntava sull'establishmentconsolidato del Pd, Renziappariva, a detta dello stessogovernatore pugliese, unasorta di parvenu della politica,figlio illegittimo di una politicaberlusconizzata. Ovviamentele critiche di cui si facevaportatore Vendola rappresentavano puramente esemplicemente un velo dietroal quale tentare goffamente dimascherare la necessità, rispetto ai propri militanti di base, di palesarsi comeun'organizzazione alternativae distante dalle logiche di potere e asservimento ai poteri fortiche permeano il Pd. Ecco, subito dopo l'incontrastataaffermazione di Renzi alle primarie tenutesi l'8 dicembredello scorso anno, l'indirizzoimpartito da Vendola ai suoi èapparentemente mutato. Sibadi bene, solo apparentemente, poiché se il governatorepugliese aveva necessità dismarcarsi dalla figura in ascesadi Renzi, ciò era dovutosoltanto alle continuepunzecchiature con cui ilsindaco fiorentino bersagliavaVendola e Sel. I continui riferimenti di Renzi all'autosufficienza del Pd, e alla marginalitàdi un progetto politico chemettesse all'ordine del giornoun flirt politico con Sel, hannocreato certamente allarme inVendola.
La “svolta” del congresso
Poco prima, ma anche durante,il congresso, la posizione diVendola nei riguardi del neosegretario Pd è mutata. Infatti,se il progetto politico deivendoliani non ha mai subitoalcuna variazione,orientandosi costantementeverso la prospettiva di governo,sia locale che nazionale, col Pd,le valutazioni ed i toni nei riguardi di Renzi hanno avutouna modulazione certamentediversa. Immaginiamo comequesto apparente cambio dirotta sia dovuto all'estremotentativo di strappare al segretario Pd uno strapuntino in unprossimo governo a guidacentrosinistra, fermo restandoche il governo Letta non parepossa durare ancora a lungo.Quindi, come solitamenteaccade coi dirigenti carrieristied opportunisti, chi fino aqualche tempo prima venivaconsiderato come un nemicoda affrontare con fermezza,una volta ricevuta la legittimazione del potere, diventa, comed'incanto, un interlocutore serio ed attendibile.
La possibilità di unaprospettiva che vada
oltre l'accordo
Una delle voci che più insistentemente circolava nelcorso delle ultime settimaneera quella secondo cui Sel, vistodefinitivamente svanire ognitipo di approccio tattico chepotesse garantirgli di proporsicome punto di riferimentodella sinistra di movimento, inun'ottica di compromesso colPd, si determinasse a sceglieredi federarsi con il Pd stesso.Non appare essere, quest'ultima, un'ipotesi del tutto peregrina, tenuto conto del fatto
che da diversi mesi a questaparte la credibilità di Vendola,indubbiamente l'uomo dipunta di Sel, è venuta definitivamente a volatilizzarsi. Daultima, appare doveroso ricordare la vicenda delleintercettazioni telefoniche delgovernatore pugliese col responsabile Relazioni Istituzionali dell'Ilva (di Taranto),Girolamo Archinà; nelle quali,oltre alle invereconde risate diVendola, sedicente ambientalista, nei riguardi della sceneggiata architettata dallostesso Archinà contro ungiornalista che voleva porglidelle domande scomode, sievidenziavano un tono ed unapproccio dettate da un servilismo degno del peggior servosciocco di giullaresca portata.
La necessità di romperecon il riformismo
Da tutto quanto appena precisato, si evince l'assoluta necessità, tanto più in un momentostorico dettato da una crisieconomica generalizzata e destinata a peggiorare, di creare ipresupposti per strappare iburocrati, come Renzi eVendola, dai loro comodiscranni. Con l'obiettivo dicapovolgere le fondamentastesse di una società fondatasull'iniquità e l'ingiustizia sociale, al fine, non solo dicacciare queste grigie figureservili dei potentati economici, ma con l'obiettivo di riorganizzare la società secondo gliinteressi generalmente riconosciuti della maggioranza;quella stessa maggioranza cheproduce la ricchezza,usurpatale poi dagli speculatori e dai loro lacché.(27/01/2014)
segue dalla prima
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 3POLITICA
IlCongressodelPrcel'agoniadelriformismoRompiamo,da sinistra,con la socialdemocrazia e costruiamo un'alternativa rivoluzionaria
Michele Rizzi
Era stato definito lo“straordinario” congresso ma nei fatti si è trasformato nel congresso
della continuità, sia nella direzione che nella linea politica. Questopuò essere definito il succo del nono congresso nazionale di Rifondazione comunista, un partitoai minimi storici sia in termini militanti che elettorali. L'assise nazionale del partito di Ferrero haavuto luogo dopo l'ennesima debacle elettorale avutasi con lasconfitta della coalizione di Rivoluzione civile del giudice Ingroia.La fase preparatoria si è svolta neicongressi dei pochi circoli ormairimasti sul territorio nazionale. Idocumenti congressuali eranotre. Il primo di FerreroGrassi, ilsecondo della tendenza internaFalcemartello, il terzo di non “allineati” (almeno inizialmente). Ilvero e proprio scontro neicongressi di base e poi in quellonazionale si è avuto tra i due storici contendenti, il segretario in carica Ferrero ed il suo antagonistaGrassi che ha presentato degliemendamenti al documento dimaggioranza per contarsi e tentare di prendere in mano la direzione del partito. Il congresso è statovinto comunque dai ferrerianiseppur con una maggioranza minima che non ha permesso nellasessione congressuale la rielezione di Ferrero (77 su 150 membridel Comitato Politico nazionale),poiché la corrente grassiana ne haeletti38(quasi lametàrispettoallamaggioranza ferreriana), mentreil resto alle restanti minoranze(terzo documento e secondo dellacorrente Falcemartello uscitafortemente ridimensionataanche rispetto al congresso precedente). L'ex ministro del Governo Prodi è riuscitonell'impresa della rielezione nel
primo Comitato politico nazionale convocato dopo il congresso,con una minoranza di votanti econ l'appoggio di una parte decisiva del terzo documento. Ladiscussione politica è stata moltorisicata, racchiusa per lo più nelloscontro tra le correnti interne chehanno tentato di mantenere oaggiudicarsi il cadavere del Prc. Lacorrente di Claudio Grassi spingevaperunapprodoipoteticoversoilidi di Sel e di Vendola (d'altrondepoco interessato ad un accordocon il Prc), portandosi dietro il Pdci, per costruire una “sinistra dialternativa” che magari potessestabilire un ponte verso il Pd.Ferrero, invece, intendeva mantenere il Prc fuori dallo schieramento di centrosinistra perpuntare a costruire uno schieramento socialdemocratico, in stileSyriza greca. La realtà dei fatti è
che questo congresso che venivapresentato come “straordinario” èstato straordinariamente ugualeai precedenti, confermando lastessa leadership e la stessa lineapolitica, ma differente dagli altriperché nel frattempo il Prc hasubito una forte scissione silenziosa che ha portato alla chiusura di centinaia di circoli locali eall'abbandono di migliaia di militanti.
La continuità con unapolitica opportunista e
suicida
La sintesi del congresso dunque èstata la conferma di segretario, linea politica e paralisi, ossia unacrisi di prospettiva legata piuttosto alla vera natura del Prc sindalla sua nascita. Dalla partecipazione al Governo Prodi nel 2006 fi
no all'inizio della crisi capitalista,il Prc sta attraversando una crisisenza precedenti che probabilmente lo porterà versol'estinzione definitiva nei prossimi anni. D'altronde, quello chealcuni militanti del Prc noncomprendono è che la linea politica del Prc ha una matrice socialdemocratica che, in una fasedi crisi acuta del capitalismo dovepadronato e governi tolgono diritti acquisiti e sferrano attacchidurissimi contro i lavoratori, nonrende possibile alcuna logica “redistributiva” come accadequando il capitalismo è in fase diespansione tale da poter garantirebriciole ai lavoratori pur di tenerlisottomessi al sistema. Adessoquelle briciole vengono ripresedai capitalisti e i loro governi(tanto di centrodestra che dicentrosinistra) agli ordini della
Troika europea con programmi diausterity e di lacrime e sangue. IlPrc, ancorato allo schema socialdemocratico classico, va incrisi e tenta ancoraggi improbabili in soggetti altrettanto in crisi(Sel, Pdci, Ross@), mentre localmente, dove possibile, stringepatti con il Pd di Renzi (elezioni regionali in Sardegna) o governa direttamente col Pd stesso ed il restodel centrosinistra. D'altronde, laperseveranza della direzione delPrc in questa linea fallimentare sievince chiaramente nelle “sperimentazioni” elettorali nazionali.Infatti, dopo il disastro chiamato“Rivoluzione civile”, Ferrero ne hapronto un altro con la costituzione di una lista che supporterà ilsocialdemocratico di sinistra Tsipras, leader di Syriza, conl'appoggio di “intellettuali”borghesi alla Camilleri che non
vogliono assolutamente un ruolocentrale nella campagna elettorale per i rifondaroli e Sel (anchequest'ultimahaoptatoper la lineaTsipras al suo Congresso nazionaledigennaio,comediciamopiùavanti). Si intravede anche inquesto caso una nuova debacleche probabilmente assesterà uncolpo definitivo ad un partito cheavevamigliaiaemigliaiadiiscritti.
L'unica vera alternativaalla barbarie capitalista
Una strada per i militanti del Prcc'è, ed è quella della rottura con ladirezione riformista e fallimentare di Rifondazione, e di unconfronto con chi, come il Pdac, larottura con quella linea politica equella direzione l'ha sancita giàanni fa, su un programma rivoluzionario, nelle lotte sociali, percostruire assieme una veraalternativa di sistema. Per dareuna risposta di classe e rivoluzionaria alla crisi del sistema capitalista, per un'uscita dalla crisi dasinistra, piuttosto che per tentarea tutti costi di trovare una soluzione elettorale che consenta a unaburocrazia fallimentare diconservare qualche poltrona neipalazzi. Non crediamo che glionesti militanti rimasti ancora nelPrc si meritino questo, chedebbano essere condannatiall'ennesima delusione o acquiescenza nei confronti dei capi locali e nazionali. Una diversacollocazione politica, al di fuoridel Prc, con un programma necessario per dare una risposta allacrisi economica capitalista edunire le lotte sociali, è possibile.Noi del Pdac facemmo la sceltadella rottura nel 2006 proprio perquesto e per dare una casa ancheai tanti militanti del Prc traditipoliticamente dalla direzione delloro partito. (27/01/2014)
La crisi capitalista morde i salari. La crisi capitalista crea disoccupazione di massa.La crisi capitalista distrugge la vita di milioni di persone con nuova precarietà eoppressione, miseria, razzismo, sfruttamento!Ma contro la crisi e il tentativo della borghesia e dei suoi governi, di centrodestra e dicentrosinistra, di scaricarne i costi sui proletari, crescono le manifestazioni in tuttaEuropa, dalla Spagna alla Grecia, proteste studentesche in Italia, lotte (per ora ancoraisolate) in diverse fabbriche del nostro Paese.Lotte contro la Troika europea che detta la linea del più pesante attacco ai diritti dellemasse popolari degli ultimi decenni.La situazione è straordinaria e vede un impegno straordinario del Pdac per far crescerele lotte in direzione di una coerente prospettiva di classe, di potere dei lavoratori.Sostieni le lotte dei lavoratori e degli studenti...
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Un giornale che vede continuamente ampliarsi il numero dei suoi lettori, a cui dedica unnumero crescente di pagine (ora sono venti, con un foglio centrale scritto dai Giovani diAlternativa Comunista), notizie di lotta, interviste, articoli di approfondimento sulla politicaitaliana e internazionale, traduzioni di articoli dalla stampa della LitQuarta Internazionale,testi di teoria e storia del movimento operaio.Progetto comunista è un prodotto collettivo: ad ogni numero lavorano decine di compagni.E' scritto da militanti e si rivolge a militanti e attivisti delle lotte.Viene diffuso in forma militante dalle sezioni del Pdac e da tutti i simpatizzanti e da coloroche sono disponibili a diffonderlo nei loro luoghi di lavoro o di studio.Abbonarsi a Progetto comunista non è soltanto importante per leggere il giornale esostenere una coerente battaglia rivoluzionaria:è anche un'azione utile per contribuire a far crescere le lotte, il loro coordinamentointernazionale, la loro radicalità. Se vuoi conoscere PROGETTO COMUNISTA, puoi leggere i pdfdei numeri precedenti su alternativacomunista.org______________________________________________________________________________Puoi sostenere PROGETTO COMUNISTA, il giornale dei rivoluzionari, unica voce fuoridal coro del capitalismo e dei suoi governi di politiche di "lacrime esangue",unica voce estranea alla sinistra riformista subalterna alla borghesia:- con l'ABBONAMENTO ANNUALE di 12 euro da versare sul C/C postale1006504052 intestato al Partito di Alternativa Comunista, specificandol'indirizzo a cui va spedito i giornale- aiutandoci a diffonderlo nel tuo luogo di lavoro o di studio
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Il nuovo sistema elettorale italiano sichiamerà Italicus, tanto per far capire dache parte viene e quali sono i mandanti.(a.)http://it.wikipedia.org/wiki/Strage_dell'Italicus
Sabato scorso Silvio Berlusconi si èrecato, per la prima volta nella sua vita enella storia del paese, nella sede del PDper discutere di riforme istituzionali. Da lìnon è poi più uscito. Finito il proficuoincontro, infatti, Matteo Renza è tornatoa Palazzo Grazioli.L'unica condizione posta dal Berlusconiè stata di non dover sedere sotto la fotodi Fidel Castro e Che Guevara. Tuttipensavano che fosse una battuta, einvece è vero: nella sede del PD c'è unafoto di Castro e Guevara che giocano agolf. Il portavoce del PD ha spiegato:"Avevamo cercato una foto di Lenin a untavolo di burraco, una di Mao che giocaa polo, una di Ho Chi Minh che partecipaa una caccia alla volpe, ma non leabbiamo trovate".La modifica della legge elettorale si eraresa urgente in virtù del pronunciamentodella corte costituzionale, che avevagiudicato incostituzionale il porcellumper due motivi: l'eccessivo premio dimaggioranza e l'assenza del voto dipreferenza. Quindi Matteo Renza haspiazzato tutti concordando con gli altripartiti (tutti tranne il suo) un sistema cheprevede un premio di maggioranza del18% e listino bloccato al posto del votodi preferenza.Le modifiche della Costituzione,concordate tra il nuovo padre e il nuovofiglio costituzionalista, prevedono anchela fine del bicameralismo perfetto e unsenato non elettivo. I mass mediahanno, a tal proposito, a lungo dibattutosulla natura del pellicciotto della Boschi.Rispetto alla legge Acerbo (votata nel1923 dal parlamento a maggioranzafascista), qui il premio scatta al 35%, enon al 25% (anche allora le forze diminoranza cercarono di alzare la soglia,vedendosi opporre la fiducia), l'entità delpremio era maggiore (venivano garantitii 2/3 dei seggi), ma rimaneva il voto di
preferenza e non vi era sbarramento.Rispetto alla "legge truffa" del 1953,invece, il premio scatta prima: allora, perottenerlo, il partito o la coalizionevincente avrebbero dovuto comunquearrivare al 50%.Matteo Renza ha spiegato alla suadirezione che 3 milioni di italiani gliavevano dato il mandato per cambiarela legge elettorale e la costituzioneproprio così, che aveva avuto il plausodegli altri partiti, e che quindi non restavache prendere ed entrare nella storia, olasciare e contraddire i 3 milioni dielettori delle primarie. Davanti a questoragionamento la minoranza è insorta,contribuendo alla difesa della dignità delpartito, dei suoi organi dirigenti e dellademocrazia nel paese con ben 34astensioni. Berlusconi si ècomplimentato.Preso possesso della sede del PD,Berlusconi, dopo esser stato presentatoalla segreteria, ha dichiarato:"Finalmente un po' di gnocca: per anninon sono entrato nel PD perché c'eranosolo la Bindi e la Turco". Matteo Renza,arrivato a Palazzo Grazioli, si è trovatoad accoglierlo solo il cane Dudù, e hainiziato a capire che forse Berlusconi liaveva fregati anche questa volta. (a.)
Quello di fare accordi con un Berlusconiormai spacciato per cambiare la leggeelettorale è un vecchio vizio dei segretaridel PDSDSPD. E' stato ricordato il"Patto della crostata" con D'Alema, mastranamente non l'iniziativa di Veltroni,che portò alla caduta del secondogoverno Prodi (altro che il votodell'incolpevole Turigliatto, che nonfarebbe cadere una mosca): è curiosooggi leggere di quei tempi remoti... (a.)http://www.corriere.it/politica/07_novembre_30/veltroni_berlusconi_faccia_a_faccia_5bd6d0e29f4711dc88070003ba99c53b.shtml
Patrizio D. non è nato oggi, e neppureieri. Era un militante del PCI quandoAchille Ochetto, senza anticipar niente anessuno, decise che il partito doveva
cambiare nome e simbolo del partito.Patrizio divenne democratico e disinistra. Nel 1998 D'Alema decise ditogliere la P, e Patrizio si ritrovò senzaP., nel 2007 Veltroni gli restituì la Ptogliendogli la S. Poi nel 2013 andò aPalazzo Chigi un presidente delconsiglio ex DC, e nello stesso annovenne incoronato dalle primarie unsegretario ex DC. Dopo un ventenniotrascorso a denunciare che Berlusconiera un pericolo per la democrazia, ilnuovo segretario di partito concorda leriforme costituzionali e della leggeelettorale con tutti gli avversari, e poi lapresenta alla direzione del partito comecosa fatta: prendere o lasciare. (a.)
ha determinato nelle file del PD lanotizia che Obama ha aumentato perdecreto il salario minimo nella pubblicaamministrazione e ha proposto unsistema di indicizzazione salariale.Inizialmente si era pensato a unoscherzo di cattivo gusto. "Sarà una burladi quelli del 5 Stelle!". "Ma non è che sontornati a pubblicare Il Male?". L'espertorenziano di USA ha subito decretato:"Lo escludo categoricamente. A Matteoglielo avrebbe sicuramente anticipato".L'imbarazzo era accresciuto anche dalfatto che il codazzo festante deisostenitori di Renzi Matteo e RenziLeopolda aveva appena finito diapplaudire, nella persona di DavideSerra, alla "decisione razionale" dellaElectrolux, che per mantenere gliimpianti in Italia chiede di ridurredrasticamente il salario e aumentare iritmi. Nulla di nuovo: ci aveva giàpensato Marchionne per la Fiat, e Renziaveva aderito entusiasticamente. Inserata la doccia fredda: è confermatoche Obama, per vincere le elezioni diMidterm, intende fare qualcosa disinistra, mentre Renzi pensava di faresolo cose di destra per riperdere leelezioni. (a.)
Per iscriversi alla newsletter:upnews[email protected] l'archivio dei messaggi:www.domeus.it/circles/upnews
4 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTALAVORO E SINDACATO
Col Testo unico sulla rappresentanza padroni e burocrazie sindacali sanciscono la fine della democrazia sindacale
Dirittodiscioperoediorganizzazionesindacale:adieu?
Fabiana Stefanoni
Il 10 gennaio è stato sottoscritto, senza che ci sia stataun'adeguata risposta dalversante di classe, il famige
rato “Testo unico sulla rappresentanza”, sottoscritto da Cgil,Cisl, Uil e Confindustria. Si trattadi un accordo tra i rappresentantidel padronato e le burocraziesindacali che sancisce l'estensione del “modello Pomigliano” (giàvigente in Fiat) a tutto il mondodel lavoro. Una tagliola sul dirittodi sciopero e di associazionesindacale, che si viene adaggiungere alla legge 146 del1990, che limita fortemente i diritti sindacali nel pubblico impiego e nei cosiddetti “serviziessenziali”.
Il sindacalismoconflittuale perde il diritto
di rappresentanza
Il testo del 10 gennaio riprende,sostanzialmente, quello che padroni e burocrazie sindacali avevano già sottoscritto il 31 maggio2013 (con il “Protocollo d'intesa”)e poi il 28 giugno 2011 (con il cosiddetto “Accordo sulla rappresentanza”). Si tratta di accordi chehanno visto concordi Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. La direzionedella Fiom, che fino a pochi mesifa aveva giudicato l'accordo positivamente (!), recentemente si èsmarcata dalla Camusso: Landinisi è detto contrario al Testo unicosulla rappresentanza e ha minacciato barricate in occasionedell'ultimo congresso (senzatuttavia togliere il proprio sostegno al documento di maggioranza della Camusso). Si tratta diun attacco pesantissimo alla classe lavoratrice in Italia: i padroni siriprendono tutte le concessioniche furono costretti a fare in passato, sull'onda delle lotte operaie.
È la dimostrazione, secondo noi,del fatto che qualsiasi conquistastrappata ai padroni, nel sistemacapitalistico, prima o poi vieneannullata: i padroni si riprendonocon la mano destra tutto ciò cheavevano concesso con la mano sinistra. È la dimostrazione dellanecessità che le lotte operaieportino all'abbattimento del sistema capitalistico. Nessunaconquista della classe operaia sarà mantenuta se non si mette indiscussione il dominio dellaborghesia. Ma procediamo conordine e vediamo quali sono ipunti salienti di questo testo infame. Prima di tutto, si stabilisceche solo i sindacati che condividono l'accordo stesso avranno diritto di rappresentanza sindacalenelle fabbriche. Il testo è chiaro: lacondizione posta ai sindacati perpartecipare alle elezioni delle Rsu(Rappresentanze Sindacali Unitarie) è che “accettino espressamente, formalmente eintegralmente ( sic! ) i contenutidel presente accordo,dell'Accordo Interconfederale del28 giugno 2011 e del Protocollo 31maggio 2013”. In altre parole, tuttii sindacati conflittuali che sioppongono a questo accordo liberticida perdono qualsiasi diritto di rappresentanza sindacalenelle fabbriche. Ma non finiscequi. Per poter partecipare allacontrattazione collettiva (cioèalla definizione dei Contratticollettivi nazionali di lavoro) isindacati devono possedere alcuni requisiti minimi. Quali? anzitutto, “una rappresentatività noninferiore al 5%, considerando atale fine la media tra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il datoelettorale (percentuale dei votiespressi)” nelle Rsu. Ecco confezionata la trappola! Solo i sindacati che condividono l'accordoliberticida possono concorrere
alle Rsu...ciò significa che tutti glialtri sono esclusi dalla contrattazione. Non solo: il compito dicertificare le iscrizioni al sindacato è affidato in prima istanzaalle aziende, il che significa chenessun lavoratore potrà iscriversia un sindacato senza chel'azienda lo sappia (dopo losmantellamento dell'articolo 18l'iscrizione a un sindacato può diventare un buon motivo per licenziare). Ecco allora che solo isindacati concertativi Cgil, Cisl eUil potranno partecipare allacontrattazione collettiva nazionale. E qui si apre un altro capitolo.
La contrattazionecollettiva diventa unaffare tra padroni e
burocratiIl Nidil Cgil ha pubblicato sul suosito uno squallido fumetto che halo scopo di dimostrare la bontà diquesto accordo: cercano di presentarlo come un accordovantaggioso per i lavoratori, in cuil'ultima parola spetta proprio aloro. “Da oggi a te l'ultima parola”,spiega il burocrate Cgil, nel fumetto, alla lavoratrice fessacchiotta (donna e operaia? perquesto si fa passare come scema?). Ma come stanno veramente le cose? La verità è che soloi sindacati che accettano i diktatdi Confindustria potranno accedere alla contrattazione; che seun accordo è sottoscritto dal 50%più uno dei sindacati “rappresentativi” potrà diventare legge;che sarà necessaria la “consultazione certificata delle lavoratrici edei lavoratori”. Esattamentequello che è successo in Fiat conl'applicazione del modello Pomigliano: si fa passare un accordotra i sindacati complici con unaconsultazione referendariatruccata, senza opposizione,
senza che ai lavoratori venga presentata alcuna alternativa credibile e possibile. Non solo: leorganizzazioni sindacali, unavolta approvato il Contratto, sidevono astenere da “azioni dicontrasto di ogni natura, finalizzate a compromettere il regolare svolgimento dei processinegoziali come disciplinati dagliaccordi interconfederali vigentinonché l'esigibilità e l'efficaciadei contratti collettivi stipulati”.In altre parole, divieto del dirittodi sciopero durante e dopo letrattative, pena la “sospensionedei diritti sindacali” e “pene pecuniarie”. Ecco dunque chel'accordo di Pomigliano vieneesteso a tutte le fabbriche di tutti isettori. La differenza, questavolta, è che la Cgil sottoscrive eapprova, e persino la Fiom diLandini, in prima istanza, ha
cantato vittoria (nella speranza diessere riammessa al tavolo delletrattative con Finmeccanica...).
Costruiamo una grandemobilitazione per la
democrazia sindacale e ildiritto di sciopero!
Di fronte a questo attacco – che siaggiunge alle pesanti limitazionial diritto di sciopero presente nelpubblico impiego e nei “serviziessenziali” – è necessario avviareda subito una grande campagnaunitaria per la difesa della democrazia sindacale. È necessario eurgente che i sindacati “di base”accantonino le propensionisettarie e autoreferenziali e si uniscano nella lotta per respingerequesto accordo che sancirebbe lafine di qualsiasi sindacalismoconflittuale. È necessario
coinvolgere in questa mobilitazione i settori critici della Cgil, apartire dai sostenitori del documento di minoranza al congressoeallastessaFiom,percostruireunfronte unitario di lotta. È necessario unificare e rafforzare, in unfronte unico, tutte le avanguardiedi lotta: dai lavoratori della logistica ai lavoratori del pubblicoimpiego e dei trasporti, dai precari della scuola agli operai delgruppo Fiat a tutti i settori lavorativi che subiscono attacchi, riduzione dei salari, licenziamenti.Oggi uno strumento per unificarele lotte esiste già, e crediamo chevada rafforzato: è il coordinamento No Austerity. Rafforziamol'unità delle lotte! Uniti possiamovincere, isolati possiamo soloperdere! (30/01/2014)
RRoommaaL'inizio dell'anno nuovo ha conosciuto una forte raffica discioperi a sorpresa dal 21gennaio e fino al 31 dello stesso mese, proclamati dallaFlmuCub per i lavoratori di Telecom Italia. Questi scioperisono stati indetti control'intenzione della direzione Telecom di chiudere molte sedi inItalia, di avviare nuovi licenziamenti ed altri nuovi spezzatiniper la società di telecomunicazioni che produrranno ripercussioni negativesull'occupazione dei dipendenti già quasi dimezzatanegli anni scorsi. Per i repartiOpen access –Aoa lo scioperoè stato proclamato per novanta minuti alla fine di ogniturno di lavoro, mentre per laDivisione Caring Services eOpen Access Asa lo sciopero èstato dello straordinario.Ovviamente per quanto riguardo la modalità di svolgimento dello sciopero, tenendoconto che non è stato possibileche un lavoratore per un mesepotesse partecipare ognigiorno all'agitazione, si è fattosì che la forma di lotta fossestrutturata in maniera tale chesu giorni diversi, e per i diversireparti, si generasse unimpatto a sorpresa per l'autogestione stessa dello scioperoper ogni modulo, reparto ecentro di lavoro di tutta la Telecom Italia. Nelle scorse settimane, inoltre, Cub Telecomcon il sostegno di un pool di legali ha portato avanti la battaglia relativa al riconoscimentodella retribuzione per lefranchigie di 1530 minuti, nonretribuite per i tecnici, all'inizioed alla fine della giornata. Aquanto pare questa lotta potràportare dei risultati sindacali
importanti. Per il Pdac certamente lo sciopero deve andareoltre gennaio, essere generalee portare alla rivendicazionedella nazionalizzazione sotto ilcontrollo operaio.MMoonnzzaaProsegue la vertenza dei 300dipendenti della Cifa, colossoindustriale nel settore dellemacchine e degli impianti perla lavorazione del calcestruzzo di Senago acquisitanegli anni scorsi dai cinesidella Zoomlion Heavy Industry. I lavoratori contestano lavolontà della proprietà di tagliare 75 posti di lavoro. Gliesuberi, comunicati come unfulmine a ciel sereno nei giorniscorsi, coinvolgerebbero tutti isettori e anche gli stabilimentidi Zanica nel bergamasco e diCastiglione delle Stiviere nelmantovano. Le ragioni dei licenziamenti sarebbero dovutealla perdita economica registrata dalla componente italiana del gruppo, causata da unacontrazione notevole deimargini di profitto sulle pompeautocarrate, prodotto di puntadi Cifa. Da qui l'intenzione ditrasferire in Cina la produzionedi alcuni modelli in modo da ridurne il costo del lavoro, operazione che metterebbe sullastrico 75 lavoratori di Senago. Dopo le ore di sciopero delmese scorso, la lotta operaiaprosegue per impedire quest'ultima mattanza di posti dilavoro.FFiigglliinneeVVaallddaarrnnoo ((FFII))Le otto ore di sciopero del 14gennaio allo stabilimento Pirelli di Figline Valdarno sonosolo l'inizio della vertenza deilavoratori, che credono poco, e
giustamente, agli incontri cheavvengono a Roma, al ministero dello Sviluppo economico, tra proprietà, sindacaticoncertativi e Regione Toscana. Lo sciopero ha portato oltre300 lavoratori a Roma da Figline Valdarno per tentare di evitare il rischio di una nuovadeindustrializzazione e quindinuovi licenziamenti attraversola cessione ai belgi di Bekaertdello stabilimento (che è specializzato in produzione, ricerca e sviluppo della “steelcord”, cordicella metallica degli pneumatici), soluzione chenon garantisce certamente lapiena occupazione, ma nuovitagli di personale. Uno sciopero c'è stato anche in Turchia, insolidarietà con i lavoratori diFigline. Infatti hanno scioperato gli operai dello stabilimento Pirelli di Izmit dove sonoimpiegati in 400 e dove si lavora alla stessa produzione industriale che la multinazionaleitaliana vuole vendere non ritenendola più strategica e piùproduttiva, scaricando i costidella sua crisi industriale naturalmente sui lavoratori.FFiirreennzzeeBuon successo dello scioperodi lunedì 13 gennaio scorso,per l'intera giornata, dei lavoratori e delle lavoratrici deiservizi Bibliotecari e degliArchivi in appalto del Comunedi Firenze. Si tratta di oltre 70lavoratori che da anni svolgono la loro attività all'internodelle biblioteche e degli archividel Comune di Firenze. Ormaisono anni che il Comune a seguito di esternalizzazione delservizio utilizza lavoratori precari attraverso gare di appalto.Il 30 Giugno 2014 scadrà laproroga dell'appalto e nelfrattempo l'Amministrazione
Comunale guidata dal segretario del Pd Renzi ha pubblicizzato un nuovo bando digara, peggiorativo anche rispetto al passato, in quantonon contiene nemmeno clausola sociale e contratto di riferimento. Il tutto si tradurràprobabilmente nel licenziamento di oltre 70 lavoratori,nell'ottica della piena flessibilità e della precarietà sul lavoro, logica padronale che ritieneche i lavoratori siano merceche può essere scaricata inqualunque momento. Per ilPdac, vanno cancellati tutti icontratti precari, tutti gli appaltie subappalti, arrivandoall'internalizzazione del servizio e dei lavoratori stessi.RRoovveerreettoo ((TTNN))Alla Marangoni Pneumatici diRovereto la proposta della direzione aziendale di subordinare gli investimenti allariduzione del costo del lavoronon è andata proprio giù ai lavoratori, che si preparano lalotta. Infatti in un'assembleamolto partecipata è stato deciso lo stato d'agitazione e losciopero, per cui vaconcordata la data. L'aziendasi appresterebbe ad avviare unpiano di investimenti di 8 milioni di euro per rinnovare gliimpianti, subordinandolo allariduzione del 10 per cento delcosto del lavoro e quindi deisalari. Questa sarebbe unamazzata per i lavoratori perchél'azienda non vorrebbe applicare più il contratto nazionale eperché vorrebbe tagliare i salari di circa 3.600 euro a testaall'anno. Da qui la decisionedei lavoratori di andare alloscontro, partendo dal bloccodegli straordinari fino allosciopero da proclamare.(27/01/2014)
LLoottttee ee MMoobbiilliittaazziioonniiRubrica a cura di MMiicchheellee RRiizzzzii
Disse Srg Mrc al Cda: "La chiamiamofca, familiare come un codice fiscale,e come qualcos'altro che non vi dirò...Qualche obiezione?""A me piace il czz""Lapo, ma chi ti ha invitato? In ognicaso sono czz tuoi, qui non siamo nelteatrino politico dove bisognaoccuparsi delle minoranze. Noidobbiamo vendere allemaggioranze.""Sì, ma non mi pare molto originale.Ci manca solo che lo sloganpubblicitario sia: e che dio labenedica""Ma a te pare di vivere in un paeseoriginale? Berlusconi ci ha creatosopra un impero, sulla fca intendo. Epoi in altri paesi non vorrà dire nulla.Bene, possiamo andare avanti. La fcaavrà sede legale in Olanda e fiscale inGran Bretagna. Ergo continueremo amungere i soldi della cassaintegrazione al governo italiano epagheremo le tasse poche in altripaesi. Qualcosa in contrario?""Così glielo mettiamo in qlo""Linguaggio sessista e irrispettosodelle minoranze. Non violiamonessuna legge. E poi la cassaintegrazione la mungiamo solo fino aquando manteniamo gli stabilimentiin Italia. Ricordatevi che non siamoun'inefficiente azienda di stato, maun'efficiente azienda multinazionale"(a.)
Noam Chomsky ha provato asintetizzare in 10 regole le tecniche dicomunicazione utilizzate daigovernanti per mistificare la realtà(http://www.linkiesta.it/blogs/cavolettidibruxelles/noamchomskyeildecalogosullamistificazionedellarealta). Per sua fortuna il grandelinguista non vive in Italia e puòtranquillamente ignorare la regolaprevalente negli ultimi anni: il giocodelle 3 carte. E' molto semplice.Vediamo un esempio: un giorno siannuncia che si introdurrà una tassa,il giorno dopo si nega decisamente diaver mai pensato di farlo, poi si
introduce la tassa, ma qualche giornodopo la si modifica, poi le si cambianome, poi la si abrogacompletamente, ma nel primodecreto omnibus la si reintroduce conun nome completamente nuovo.Enunciata come regola potrebbeessere: Strategia dello sfinimento.Moltiplicare gli atti governativi einformativi a tal punto da far perdereal cittadino la cognizione del tempo edello spazio. Alla fine del processoestenuante il tanto aborrito o temutoprovvedimento sarà accettato consollievo. Inoltre dopo pochi giorninessuno ricorderà più se ilprovvedimento è stato, alla fine,effettivamente approvato. (a.)
Il 21 dicembre è stranamente passatainavvertita l'occupazione di un tunneldelle FF.SS. in via di ristrutturazione aMilano. Il collettivo Rimake ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Anoi non piacciono questi Expo,preferiamo l'Exproprio scrivono gliExponenti di RiMake lariappropriazione, il recupero a usisociali degli spazi abbandonati odestinati alla speculazione. Perquesto siamo qui in via Sammartini,per aprire uno dei tanti tunnel, ora sulnulla, ma che possono diventarespazi di socialità proseguono Porteremo in questo spazio i percorsiche quotidianamente costruiamo inquesta città per difendere l'universitàe la scuola pubblica, il lavoro e il dirittoal reddito, l'ambiente e i territori, lasanità e la cultura, i diritti delle donnee dei soggetti lgbt". L'occupazione èdurata una giornata, poi gli occupantisono Ritornati alla loro casa, che sichiama Communia e rappresenta unadelle due metà in cui si è scissaSinistra Criptica. Le prossime azioniin cantiere: rimake della expropriazione di un prosciutto in unautogrill rimediando una denuncia perrapina, rimake dell'okkupazionefatta da Macao in via Eginardo, duratapoco più di un'ora perché il posto eragià occupato da mesi da famiglie diimmigrati. (a.)
Tutti insieme appassionatamente: i tre capi delle burocrazie sindacali e il capo di Confindustria
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 5
Elisa Pepe
Tutti i cittadini e le cittadine hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri.Sono uguali davanti
alla legge senza discriminazionealcuna: così sancisce l'art. 20 dellabozza della Costituzione tunisinaapprovata dall'Assemblea Costituente con 159 voti su 169. Immediatamente è partita la grancassamediatica nell'omologatainformazione italiana, con quasitutti igiornali (aldilàdipocheeccezioni) a scatenarsi, con enfasitutt'altro che innocente e un'allegria troppo smaccata per essereautentica, lanciando la notizia chela nuova Costituzione tunisina garantirebbe la completa parità tra
uomo e donna. Quotidiani della“borghesia progressista”, come laRepubblica, in un articolo a firmadi Tahar Ben Jelloun, hanno usatoaddirittura l'aggettivo “rivoluzionaria” per definire il testo costituzionale; mentre di “svolta” parlanoLa Stampa e l'Unità . Questa ricostruzione, interessata a presentarequella tunisina, uscita dalla rivoluzione democratica del 2010, comeun'armonica società in cui è riconosciuta la vera parità per ledonne, ha lo scopo evidente di negare che essa è, invece, una societàtutt'altro che pacificata e che ilprocesso rivoluzionario, sia pursottotraccia, prosegue con la ripresa delle lotte in cui, proprio ledonne, hanno un ruolo di primopiano. E dunque via con l'immagi
ne di una “Tunisia in rosa”, con assemblee elettive in cui vigono le“quote rosa” e altre amenità del genere! In realtà si tace sul fatto chemolti diritti delle donne erano riconosciuti e garantiti persino dalleleggi del deposto dittatore Zine ElAbidine Ben Ali. Anzi, fu addirittura il suo predecessore Bourghiba agettare il seme affinché uomini edonne godessero dello stessotrattamento lavorativo e sociale: laTunisia, pur senza averlo maiscritto nella Carta costituzionale,dal 1956 è stato il primo Paese arabo a tutelare i diritti delle donnecon l'adozione del Codice di Statuto Personale che garantisce alledonne il diritto al voto e all'eleggibilità, richiede il loro consenso peril matrimonio, abolisce il ripudio ela poligamia, fissa a 17 anni l'etàminima delle donne per il matrimonio, legalizza aborto,contraccezione e divorzio. Unpacchetto di diritti messo in pericolo con l'avvento del partito islamista Ennahda , nel 2012, subitodopo la cosiddetta “primavera tunisina”, tra l'altro su proposta diuna donna, che aveva tentato diintrodurre il concetto di “complementarietà tra uomo e donna”:concetto subito abbandonato acausa della portata delle protestein tutto il Paese.
Le donne tunisine stannoancora lottando
Durante la stesura del testo costituzionale si è, infatti, innestato undibattito sul tema che hainfiammato la Tunisia suscitandoproteste in seno alle associazionifemminili. Il tentativo era quello diintrodurre nella Costituzione unarticolo che stabilisse la collocazione della donna in una posizione
di complementarietà rispettoall'uomo all'interno della famiglia. Principio che avrebbe costretto ledonne a rinegoziare il loro statutodi donna, di figlia e di madre, rimettendo in discussione unostatus, quello dell'uguaglianza uomodonna, che, di fatto, risultavaformalmente già acquisito in senoalla società. Da quel momento,dall'avvento del finto moderatismo di Ennahda, le donne tunisinesono sul piede di guerra. Al momento sembrerebbero tuttaviaconfermati i diritti delle donne tunisine, mentre esponenti delle as
sociazioni femministe e dellasocietà civile hanno già intrapresouna battaglia per ottenere “paritàdi accesso ai ruoli amministrativi ealle responsabilità politiche”. Alcune organizzazioni dei diritti umanicome Amnesty International e Human Right Watch hanno criticatola formula adottata poiché troppogenerica. “La Costituzione – sostengono – dovrebbe precisare cheuominiedonnesonougualiecheilprincipio di uguaglianza e di nondiscriminazione deve essereapplicato ai cittadini come aglistranieri” e in particolare “per motivi di razza, colore, sesso, lingua,religione, opinioni politiche”.
Per una vera paritàabbattiamo il capitalismo
Noi comunisti rivoluzionaripensiamo che rivendicazioni democratiche devono procedere dipari passo con l'abbattimento del
capitalismo, quindi auspichiamouna prospettiva socialista, basatasull'abbattimento della proprietàprivata, sulla liberazione dallosfruttamento, sulla reale uguaglianza tra uomini e donne e traindividui, su un'organizzazionesociale che, a partire dalla distruzione della famiglia così come costituita nella società borghese,edifichi forme di aggregazione sociali diverse, dove le unioni sianosceltelibereeconsapevoli, il lavorodi cura sia socializzato (consultorifamiliari, nidi e scuole per i bambini, servizi alla persona, mense, lavanderie) e il tempo di ciascuno,liberato, sarà impiegato per laformazione e lo sviluppo artistico,scientifico, degli individui. Una vera liberazione della donna, e unasuaeffettivaparitàconl'altrosesso,potranno aversi solo in questaprospettiva. (25/01/2014)
LAVORO E SINDACATO
UnavitaperlalottaIntervista ai compagni Lorenzo e Franco,della Cub Caltanissetta
a cura di Mauro Buccheri
Diversi compagni negliultimi mesi hanno aderitoal Pdac in Sicilia.Intervistiamo due di loro,
che hanno contribuito alla nascitadella sezione di Caltanissetta diAlternativa comunista. Si tratta deicompagni Lorenzo Petix e FrancoMusarra, da tanti anni in prima lineanella lotta politicosindacale nelproprio territorio di riferimento, eoggi dirigenti provinciali delsindacato di base Cub(Confederazione Unitaria di Base).Franco, Lorenzo, quando avete iniziato l'attività sindacale? Quali sonole lotte principali che aveteaffrontato in questi anni e che vi sonorimaste maggiormente impresse?LP: Io e Franco lottiamo insieme dal2008, siamo stati fra i fondatori del forum provinciale movimenti perl'acqua. Ma la mia attività a livellosindacale comincia nel 1989, alloraero in Cgil. Di lotte ne ho combattutetante, ricordo in particolare quellaall'agroalimentare Zappalà di Butera,quella a Gela a fianco dei lavoratori di
Ambiente Italia (ditta privatainfiltrata dalla mafia), le battaglie perl'acqua pubblica. Qualche vittorial'abbiamo ottenuta, ma anche tanteamarezze: ad esempio rispetto allalotta per i dipendenti della Caltanissetta service (manutenzione infrastrutture).FM: Ricordo in particolare le battagliesvolte dalla fine degli anni '70 presso illuogo in cui lavoravo, l'istituto agrariodi Caltanissetta, un istituto stataleospitato presso locali di proprietàdella Provincia, in cui i problemi nonmancavano: impianti non a norma,disorganizzazione, abusi da partedelle direzioni succedutesi nel tempo.La battaglia è stata lunga e logorante, emi sono trovato spesso da solo controtutti. Su diverse questioni Provincia eComune si rimpallavano le responsabilità, ma con tenacia e perseveranzasi è riusciti ad ottenere dei risultati.
Come mai a un certo punto sieteusciti dalla Cgil?FM: Sono rimasto amareggiatoperché credevo di avere un sindacatoche mi tutelava, invece mi resi conto aun certo punto che i funzionari della
Cgil facevano il doppio gioco. Mi dicevano di stare tranquillo, ma poi nonfacevano nulla per aiutarmi, e anzi,provavano a dissuadermi dal portareavanti le vertenze, chiamando in causa spese economiche e tempi lunghi...Uno di questi signori ebbe poi la facciatosta di chiedermi il voto quando sicandidò al parlamento regionale! Decisi di mollare la Cgil, era il 1998, e peralcuni anni restai senza alcuna tessera, prima di ripartire dal sindacalismodi base.LP: La Cgil era divenuta un sindacatodi burocrati, non si vedeva più nei luoghi di lavoro, salvo rare eccezioni.Molti dirigenti della Cgil eranovenduti al sistema, doppiogiochisti.Ho rotto con la Cgil nel 2006, e dopouna breve parentesi coi Cobas, hoaderito al progetto della Cub, di cuioggi sono coordinatore provinciale.
Quali sono le principali vertenze dicui vi state occupando oggi a Caltanissetta e provincia?FM e LP: Stiamo lavorando congrande impegno per rafforzare ilsindacato sul piano organizzativo. Lavertenza che ci ha visti maggiormenteimpegnati negli ultimi tempi è stataquella dei lavoratori della Provincia:abbiamo fatto presidi e banchetti,anche in estate, per sensibilizzare lagente sulla questione dei lavoratoriprovinciali a rischio licenziamento, ela battaglia va avanti. Poi abbiamopromosso diverse altre lotte, fra cuiquella a supporto dei fratelli migranti.La Cub è un sindacato organizzato,che sta crescendo, e crediamo ci sianoancora buoni margini di sviluppo.
Quali sono le maggiori difficoltà cheavete riscontrato sino ad oggi nellavostra attività?FM e LP: Il problema principale è statala paura dei lavoratori e la tendenzaalla delega, soprattutto quando loscontro si fa duro. Infatti oggi c'è unacerta resistenza ad avvicinarsi a unsindacato di base conflittuale come laCub, poiché non c'è abitudine al
conflitto, non c'è cultura della lotta edell'autodeterminazione.
Come giudicate la situazione a livello sindacale in Italia?FM: La triplice ha il monopolio, ecerca di impedire agli altri sindacati difare lotta. Il recente accordo vergognasulla rappresentanza è altamenteindicativo. Basta pensare che in alcuni settori (tipo la nettezza urbana a Palermo) la Cub ha consensi moltosuperiori persino alla Cgil, però nonha rappresentatività perché non èfirmataria del contratto nazionale.LP: Soffriamo delle varie spaccaturedi sigle nel sindacalismo di base. Ioauspico un'inversione di rotta, e credo che tali spaccature siano dovutealla tendenza corporativa e settaria dialcuni sindacati. La Cub si adoperaper unificare il fronte del sindacalismo combattivo, e in tal senso ci sonodei risultati, anche a livello regionale,come ad esempio l'ingresso nella Cubun paio di anni fa del sindacato Alba.
Cosa è cambiato rispetto a prima?Che prospettive vedete per la lotta diclasse?
FM: Ai tempi in cui ero giovane c'erapiù partecipazione alle lotte. Oggi chel'attacco padronale aumenta diintensità sembra che la capacità dimobilitazione sia diminuita. Pensoche alla base di questo ci sia losconcerto davanti ai tradimenti politici e sindacali, la sfiducia dei lavoratori che si sono sentiti abbandonatianche da chi diceva di tutelarli. A ciò siaggiunge il ruolo negativo svolto daimass media, complici dei padroni,che hanno taciuto le lotte e contribuito ad addormentare le coscienze.Tuttavia sono ottimista, credo siapossibile contrastare l'attaccoselvaggio al mondo del lavoro.LP: Prima o poi la situazione esploderà, si creeranno le condizionisoggettive. Oggi le lotte ci sono ma sono scollegate, disorganizzate, per cuitendono a spegnersi ciclicamente.Ecco perché è importante costruire ilpartito rivoluzionario: trasmettere lacoscienza di classe, unificare, organizzare e guidare le lotte contro i poteri forti. Per creare anche lecondizioni soggettive necessarie perrovesciare il sistema! (27/01/2014)
NuovaCostituzioneinTunisia:paritàfrauomoedonna?
6 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTANO AUSTERITY
Stefano Bonomi *
Si estende a macchiad'olio la mobilitazioneesemplare delle“fabbriche” della
logistica e ancora una volta gliattivisti di No Austerity sono alproprio posto: al fianco deilavoratori in lotta. Si chiude il2013 con nuove vertenze aBrescia (Tnt) e alla cooperativaortofrutticola Sincro diManerbio che lavora per contodi Linea Verde , leader nelmercato nazionale della IVgamma e dei piatti prontifreschi. Anche qui i facchinichiedono migliori condizionicontrattuali e di lavoro ed anche
qui la partecipazione allemobilitazioni è alta e radicale,infatti bastano pochi minuti disciopero e la fila di tir fermi instrada è notevole. Anche quicome nelle altre “situazioni” ilavoratori decidono di lasciare isindacati confederali, semprepiù controparte, per aderire al SiCobas, che prontamentemobilita attivisti e solidali daPiacenza, Bergamo e Bologna.Se a Manerbio “basta” un'ora emezza per “portare a casa” lavertenza, alla Tnt la questione siaggancia alla vertenzanazionale (e non solo) visto chepraticamente tutti i magazzinidella multinazionale dellalogistica sono caratterizzati da
agitazioni.
Mafia e /o forzedell'ordine: la voce del
padrone
Arrivano da Bologna, Parma,Piacenza, Torino, Brescia,Bergamo, Genova eovviamente, in massa, dallefabbriche della logistica delleprovince di Milano, Varese, Lodie Pavia. L'assemblea operaiaprogrammata al c.s. Vittoria perdare un'immediata rispostaproletaria al pestaggio (in purostile mafioso) di Fabio Zerbinidirigente del Si Cobas tra i piùesposti nelle mobilitazioni dellelogistiche, si è così trasformata
in un'opportunità per rilanciarela lotta e in una occasione perguardare avanti con fiducia edeterminazione, perconsolidare gli strumenti peraprire ulteriori brecce nelsistema di sfruttamentointensivo e caporalescoimperniato sulle cooperativedel settore. L'imposizionegeneralizzata del Ccnl dicategoria in tutte le fabbriche ein tutti i magazzini, e losmantellamento del sistemadelle cooperative sono i duepunti cardine su cui, astragrande maggioranza,l'assemblea approva laprospettiva immediata dicostruzione di uno scioperonazionale che riesca atravalicare i confini dellacategoria (i facchini). Gliinterventi dei delegati hannoevidenziato che le reazioniscomposte e/o repressive deipadroni, della mafia ad essiorganica e delle istituzioniborghesi, sono destinate acondizionare anche conmaggior “insistenza” il percorsodelle mobilitazioni, per cui urge
allargare costantementel'azione di lotta e di solidarietà.
Granarolo: la lotta non siarresta!
Continua da più di 9 mesi la lottadei lavoratori della Granarolo.Mentre scriviamo Garib eReduan sono ancora in carcere“colpevoli” di lottare insiemeagli altri al picchetto permigliorare le condizioni dilavoro e di vita. Da inizio anno èritornato il presidiopermanente ai cancelli;nonostante le manganellate, ipugni in faccia e l'uso di sprayurticanti negli occhi, non c'èassolutamente intenzione dimollare: tutti i lavoratoridevono essere riassunti! Gliattivisti di No Austerity gridanoinsieme ai lavoratori ai blocchi:Granarolo ladri, Lega Coopmafia. E contro la repressionedello Stato, nel giorno 1 febbraiosi è svolta a Bologna una grandemanifestazione con un migliaiodi lavoratori, studenti, attivistisolidali di varie organizzazionipolitiche e sindacali, in risposta
alla controffensiva repressiva diGranarolo, affiancata dalleistituzioni borghesi e dai partitiche ne rappresentano l'essenzadi classe. Come a Origgiopassando per Pioltello ePiacenza fino ad arrivare aBologna, una sola grandededica ai padroni e ai loro amici:potete malmenarci, potetearrestarci, ma la nostra lotta nonsi ferma! Invitiamo tutti coloroche a vario titolo hanno a cuorele sorti degli oppressi asolidarizzare con lemobilitazioni, sia con lapresenza fisica che con uncontributo economico persostenere la cassa di resistenza. Ifondi raccolti a favore deilavoratori delle cooperativedell'Esselunga e di Basianopossono essere versati suquesto conto: IBANIT18N0760111400001013728736 intestato a No Austerityindicando come causale: cassadi resistenza Esselunga Basiano.(26/01/2014)* Si Cobas Bergamo
Colleghiamo le lotte,boicottiamo lo sfruttamento!
Lottedellalogistica:setoccanounotoccanotutti
a cura del Pdac Milano
Scambiamo quattrochiacchiere con TeresaDe Caprio, giovanedonna, militante del
SiCobas e delegata presso la Dhldi Settala, alle porte di Milano. Ilmagazzino è situato in una zonadove ci sono diversi magazzini eaziende della logistica (traLiscate, Settala e Carpiano sisono multinazionali come Dhl,Tnt, Sda...) e che è strategica perla vicinanza all'aeroporto diLinate. I militanti del nostropartito hanno partecipato allosciopero della logistica di lugliosupportando i lavoratori della
Dhl di Settala e poi andandoinsieme a loro a bloccare imagazzini della Number onesituati lì a poche centinaia dimetri, facendo partire così unalotta a difesa dei lavoratori.Crediamo che sia uno degliesempi migliori di unità dellelotte da cui prendere esempio!Teresa, sei un'attivista edelegata del SiCobas del settoredella logistica. Quali erano lecondizioni di lavoro nel tuomagazzino e cosa siete riuscitiad ottenere con la lotta?Le nostre condizioni lavorative,erano da sfruttamento totale.Lavoravamo 12 ore al giorno,sette giorni su sette. Il nostro
salario, basandosi sulle 168 ore,era sui 900 euro, facendo glistraordinari arrivavi a malapenaai 1400. Eravamo obbligati a faregli straordinari, se non li facevi tiricattavano, ci dicevano “se tirifiuti, ti spostiamo dimagazzino, oppure verrailicenziata ecc...” Non ti pagavanostraordinari, ferie, scattid'anzianità. Oltretutto, non tirispettavano, venivi trattatocome se fossi una nullità, vifaccio alcuni esempi: al mattinoquando iniziavi a lavorare, non tiguardavano nemmeno in faccia,e quando non gli servivi più, tidavano un calcio in culo (scusateper l'espressione) non potevi
parlare, se andavi in bagno tiguardavano male, oppure tidicevano di aspettare la pausa,quella di un quarto d'ora almattino ecc... Ma grazie alsostegno dei SiCobas e allecontinue lotte, siamo riusciti adessere rispettati, adesso cichiedono, per favore puoi?Anche il nostro salario èmigliorato tantissimo. Facendole 168 ore, prendiamo sui 1.280.Adesso, pagano straordinari,ferie e scatti d'anzianità. Unmiglioramento notevole.
Come definiresti la tuaesperienza in questa lotta? Ti hainsegnato qualcosa?
La mia esperienza nella lotta, ladefinirei, indimenticabile. Hovissuto momenti di grandesoddisfazione, perché vedere il “padrone” quasi inginocchiarsi,per non subire disagi, danni damilioni di euro, nelle loroaziende, è una sensazioneindescrivibile, ho visto con i mieiocchi che l'unione ci rendeimbattibili. Infatti questaesperienza di lotta, mi hainsegnato che noi tutti siamosulla stessa barca, se affonda,affonderemo tutti ed per questoche bisogna lottare per vivere,mai arrendersi... perchéarrendersi significa morire.
Per quanto importanti eradicali, noi crediamo che lelotte dei lavoratori dellalogistica non possono vincere serestano isolate. Tu cosa nepensi?Hai perfettamente ragione, lelotte non vanno isolate,dobbiamo unirci aiutarci avicenda, ed proprio in questomodo che possiamo sconfiggereil capitalismo che ci rende ognigiorno più schiavi. Per colpa delcapitalismo noi giovani nonriusciamo a progettare il nostrofuturo. L'unione fa la forza! ed ègrazie, ad essa che riusciremo aformare quel famoso pugnoimbattibile. (01/02/2014)
Intervista a Teresa,una giovane delegata del SiCobas
Logistica:lalottael'unitàdeilavoratoriportaallavittoria!
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 7CASA E REDDITO
AlternativaComunistainpiazzaaBariconUnioneInquilinieNoAusterity
a cura del Pdac Bari
Sabato 25 gennaio 2014. ABari si è scesi in piazza perla “manifestazione per ildirittoallacasa,al lavoroed
alla scuola pubblica” organizzatada Alternativa comunista, UnioneInquilini e No Austerity Puglia. Nonostante il freddo e la pioggia, hapreso luogo un'assemblea pubblica con una nutrita partecipazionedi diverse realtà, legate al mondodell'emergenza abitativa, delladisoccupazione, del precariato e avarie vertenze presenti sul territorio.
L'emergenza abitativa aBari
Primo punto messo in discussioneè stato quello legato all'emergenzaabitativa. A parlare è stata lacompagna Annalinda Lupis, presidente provinciale del sindacatoUnione Inquilini, nonché una delletante persone che si vedrà privaredella casa. Difatti continua l'ondatadi sfratti esecutivi nella città di Bari:1500 le famiglie che devono lasciare
lalorocasa,nel90%deicasipermorosità incolpevole. La crisi ha modificato i redditi delle famiglie, inmolti casi li ha annullati, mentre laspeculazione edilizia avanzaincontrastata attraverso l'accumulazione di abitazioni sfitte. Ladisattenzione istituzionale è statatotale: il Prefetto ha ignorato leistanze presentate dall'UnioneInquilini che chiedeva di applicarela legge 124/2013 in materia di graduazione degli sfratti, che avrebbepotuto portare una boccata d'ossigeno alle famiglie con un temporaneo blocco degli sfratti inesecuzione. In numerose altre cittàitaliane questo è avvenuto, invece ilprefetto di Bari convocherà per lasettimana prossima l'ennesimo tavolo tecnico, ma gli sfratti sarannogià partiti. Questa gravissimadisattenzione da parte anche delsindaco di Bari, ha provocato incittà una profonda crisi sociale,dellaqualeirappresentatipoliticisene lavano le mani addossandol'uno all'altro le varie responsabilità, così come accaduto qualchegiorno prima della manifestazionedavanti al Teatro Piccini, durante
un incontro tra i rappresentantipolitici della città che avrebberodovuto parlare di temi come sfrattie sgomberi. In realtà l'incontro è finito con l'azzuffarsi dei presenti trabattutine sarcastiche e ilrimpallarsi di responsabilità, iltutto ripreso dai media nazionali. Ilsindaco di Bari ad esempio, sembraessersi svegliato solamente ora sultema del diritto alla casa. La politicacittadina ha dormito a lungo, adesempio nel febbraio e nelsettembre 2011 quando, rispettivamente, 10 e 5 famiglie (tra cui unacon entrambi i coniugi in sedia a rotelle e minore a carico), appoggiateda Unione Inquilini, MovimentoLotta per la Casa ed altre realtà come il collettivo Socrate Occupato,hanno trascorso in entrambe leoccasioni una ventina di giorniaccampati sotto il Comune di Bari,nella totale indifferenza dei politicidi tutti i colori. Il sindaco durantel'ultima campagna elettorale promise addirittura in diretta tv di risolvere la situazione abitativa madopo 5 anni di lotte sul territorio lasituazione è addirittura precipitatae Bari è in cima alla lista di città conemergenza abitativa. Significativa èstata l'abolizione dell'assessoratoalla casa del comune di Bari, sostituito da una semplice delega.
Unire le lotte contro ilsistema
Nel corso dell'assemblea del 25gennaio è intervenuto poi ilcompagno Francesco Carbonara,lavoratore dell'Om Carrelli di Bari,la fabbrica che per motivi logistici –cioè risparmiare sulla manodopera! – ha licenziato in tronco 300 lavoratori mettendo sul lastrico leloro famiglie. I lavoratori si sonoorganizzati in un presidio permanente davanti i cancelli, bloccandoall'interno dello stabilimentomacchinari e materiale lavorato.Quella dell'Om è il primo esempio
di lotta organizzata sul territoriobarese, che ha portato a presidi emanifestazioni con cortei per lacittàdiBari,unalottaappoggiatadaAlternativa Comunista. Per ilCoordinamento No Austerity haparlato il compagno Nicola Porfido,il quale ha citato le varie vertenzeche sul territorio italiano vedonomolti lavoratori, soprattutto immigrati, lottare per i loro diritti;vertenze che non vengononemmeno citate dai media nazionali. L'intento di No Austerity èappunto coordinare le lotte e svilupparle, indipendentemente daisindacati collaborativi e dai partitimischiati agli affari della politicaborghese. A tal proposito si è fattoriferimento al primo incontro dellaRete Sindacale Internazionalesvoltosi a Parigi nei mesi scorsi, untentativo importante di svilupparea livello internazionale le lotte, chenecessitano sempre più di unione eorganizzazione contro il nemicopadronale ben organizzato earmato. La solidarietà dei presenti èandata ai lavoratori della Granaroloche nei giorni scorsi sono statipicchiati dalle forze repressive delloStato, in un clima di totale negazione del diritto di lavoro e di parola.Altri compagni si sono poi succeduti negli interventi, rsu Telecom ePoste Italiane, due esempiimportanti di come lo Stato italianosvenda le proprie attività a societàche non attendono altro perspacchettare e dividere i compartidi lavoro, potendo così più facilmente vendere, delocalizzare olicenziare. Sono intervenuti anche inumerosi Giovani di AlternativaComunista, che hanno spiegato leproblematiche di una scuolapubblica ridotta allo sbando a causa di riforme che hanno mirato soloal risparmio ed al taglio di personale, nell'ottica della privatizzazione.Numerosa la presenza di immigratiche hanno portato alla luce delle situazioni gravissime e sconosciute
in città, come quella dei settanta rifugiati politici della Somalia che ilcomune ha piazzato nella strutturadel Ferrhotel Bari, salvo poi lasciarlida sette mesi senza acqua e luce acausa del taglio dei fondi destinati aquesto scopo.
Tutti uniti per chiedere il bloccodegli sfratti!Contro la relegazione delle famiglie in istituti con conseguente separazione dei minori dai genitori!
Requisizione del patrimonioimmobiliare sfitto a causa dellaspeculazione abitativa!Contro la delocalizzazione delleaziende!Per una gestione operaia dellefabbriche che licenziano!Per una scuola pubblica di qualità!Controifinanziamentiallescuoleprivate!Per una parità di diritti per tutti,senza distinzione di sesso o colore!(01/02/2014)
Manifestazioneperildirittoallavoro,allacasaeallascuola
La testimonianza di una militante in prima fila nella battaglia
a cura diRiccardo Stefano D'Ercole*
Intervistiamo AnnalindaLupis, segretaria di Bari diUnione Inquilini, nonchémilitante di Alternativa
Comunista. In prima linea nellalotta per la casa e per il lavoro, lasua testimonianza è utile percomprendere alcune dinamicheche regolano l'emergenzaabitativa, ora più che mai gravosaper molte famiglie italiane.L'emergenza abitativa è unadelle tante conseguenze dellacrisi del capitale, che scarica sullespalle delle fasce più deboli la suaincapacità di essere un sistemaequo e garante dei dirittifondamentali. Che ne pensi?L'emergenza abitativa, su scalanazionale ed internazionale, èfrutto della crisi prodotta dalsistema capitalista. Il fenomenoa cui stiamo assistendo inerenteall'aumento degli sfratti (il 90percento per morositàincolpevole) è in realtà laconseguenza della chiusuradelle fabbriche, deilicenziamenti. È la perdita dellavoro la causa primaria diquesta emergenza. Si può capiredunque che è il sistema tutto che,scaricando la crisi sulle spalle dei
lavoratori, colpiscedoppiamente le fasce più deboli.
Nazionalmente come simuovono le istituzioni perarginare il problema?Partendo dal presupposto chequesta situazione è provocatadalla crisi economica cheattraverso disoccupazione emancanza di prospettive per ilavoratori genera tali disastri, èfacile intendere come senazionalmente non si risolve ilproblema primario del lavoronon si riuscirà a garantire unacasa per tutti. I prezzi degli affittitendono ad aumentare e non adiminuire in tempo di crisi. Leistituzioni a livello nazionale e alivello locale hanno ignorato ilproblema per molto tempo fino aquando questo non è diventatoun'“emergenza”. Il dato cheabbiamo anche a livellosindacale è che, nonostante iripetuti appelli e istanzepresentate (si pensi ai presidipermanenti al Senato di UnioneInquilini), il governo concededelle proroghe ma solo per affittiin fine locazione. Non vienequindi tutelata tutta quella fasciadi popolazione che non riesce apagare l'affitto a causa dellamancanza di lavoro, diventando
automaticamente morosiincolpevoli. La risposta è quindinulla da parte delle istituzioniborghesi. I dati statistici svelanoun aumento degli sfratti eun'incapacità degli enti dicompetenza di rispondere aqueste emergenze. L'ediliziasociale è mal gestita e si tutelanoinvece gli interessi delle lobbydell'edilizia. Mi riferisco alProject Financing , che è unvincolo del privato che costringespesso i comuni a concederesuoli ai fini di costruireappartamenti ad uso privato. Sicontinua a cementificare, siampliano le periferie evitando leriqualificazione dei centricittadini, si costruiscono istitutie tendopoli dove ospitare lefamiglie sotto sfratto. Inoltremolti prefetti italiani non hannoapplicato la legge 124, approvatadal Senato nel 2013, checonsente loro di prorogare glisfratti per consentire alleistituzioni locali di affrontare ilproblema, cosa che invece nonavviene mai.
A Bari cosa si muove?Nel capoluogo pugliese noioperiamo sia a livello sindacale,con Unione Inquilini, cheattraverso movimenti di lotta per
la casa, ormai da più di quattroanni. Abbiamo lanciato l'allarmesull'emergenza abitativa pursapendo che non sarebbero maistati affrontati quei casi di sfrattoche avevamo segnalato. Bari è alivello statistico una delle primecittà per numero di sfratti permorosità incolpevole. Il prefettonon ha applicato la legge 124 dicui sopra (n.d.a.). Gli sfratti nonsono stati sospesi. Dal punto divista istituzionale si continua adutilizzare il metro del ProjectFinancing non solo a livellolocale, ma su tutto il territorioregionale. Il problema restal'approccio all'emergenza daparte della regione, che rilancia ilsocial housing , un'altrasoluzione confusionaria che nonrisolvendo il problema coinvolgeil privato interessato nellacementificazione a scopispeculativi senza fornire ausilio achi vive l'emergenza. A Bari nonesiste un assessorato alla casa, esebbene non riconosciamopossibile la vittoria attraverso laconcertazione, rimanendonell'ottica sindacale questa èuna grave carenza poiché non siha nessun interlocutore con cuidialogare per risolvere laquestione.
I picchetti antisfratto sono unesempio di lotta per tutti coloroche si trovano a vivere situazionidel genere.I picchetti antisfratto sono unapratica di lotta fisica e diresistenza. Quando parliamo dilotta e di resistenza intendiamoovviamente pratiche di lotta e diresistenza immediate ma che siinseriscono in una visione piùampia nel quadro della lotta alcapitalismo e alle sue misurerepressive. Porsi davanti alla casadi una famiglia sotto sfratto nonsignifica solo rivendicarne idiritti ma anche respingere lefigure istituzionali direpressione. In molti contesti dicittà italiane questa pratica ècondotta da movimenti che sidiffondono a macchia d'olio.
L'unica sigla sindacale che portaavantiquestapraticadilottaquiaBari è Unione Inquilini, unsindacato non concertativo chevive di autofinanziamento. Ilpicchetto è un atto che inibiscefisicamente l'ingresso all'internodell'appartamento da parte delleforze di polizia, dell'avvocatodella controparte e dell'ufficialegiudiziario. La fase successivaconsiste nel prendere tempo.Sosteniamo le occupazioni ascopo abitativo per situazioni diestrema necessità. Laddove c'èun'occupazione UnioniInquilini e AlternativaComunista ci sono. Ogni sfrattosarà una barricata! (01/02/2014)*resp. le Giovani di Alternativacomunista Puglia
Lalottaperlacasa
8 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTAMOVIMENTI
Matteo Bavassano
Nel mese di dicembreil cosiddetto “Movimento dei forconi” ètornato alla ribalta
della cronaca nazionale per lasettimana di manifestazioni eblocchi organizzati a partiredal 9 dicembre in alcune partid'Italia. Vedremo come inrealtà questo sia stato più unfenomeno mediatico che unareale mobilitazione di massa,benché in alcuni casi singoli siastato un catalizzatore per ilmalcontento di settori di massa, sia operai che piccoloborghesi che a volte studenteschi.
Le origini dei ForconiIl movimento nasce nell'estatedel 2011 e comincia ad essereconosciuto per le proteste delgennaio 2012, manifestazioni eblocchi particolarmenteintensi in Sicilia ma estesisianche all'Italia continentale. Ilgrosso del movimento era costituito da autotrasportatori eda ambienti di autonomisti siciliani, a cui si sono uniti anchesettori di agricoltori e anchealcuni personaggi che avevanorapporti con ambienti mafiosi.Leader del movimento era Mariano Ferro, già esponente delMpa dell'ex governatore siciliano Lombardo. A sostegnodelle proteste scese in campoanche Forza nuova, sia direttamente, sia mascherandosi dietro il nome di “Forza d'urto”. Difatto l'ideologia che ispirava leproteste era un misto di demagogia parafascista e ricette sovraniste, un programmaeconomico da piccolaborghesia pauperizzata che crede dipoter rilanciare la crescita economica capitalista italiana liberandosi dalle grinfie delcapitale tedesco e dalla morsadi Equitalia. Dopo le proteste ilmovimento di fatto scomparvedalla scena dovunque tranneche in Sicilia, dove l'esperienzadei forconi servì da trampolinodi lancio (non molto efficace,per usare un eufemismo) a due
liste “civiche” per le elezioni regionali siciliane del 2012, “Ilpopolo dei forconi” con candidato Mariano Ferro e “Rivoluzione siciliana” che ebbel'appoggio di Forza nuova.
Il “Coordinamento 9dicembre” e le proteste
del 2013
Dopo un tam tam mediaticosui social network durato alcuni mesi, il 9 dicembre i Forconisono tornati in piazza per“fermare l'Italia”. A organizzarequesti nuovi blocchi è stato ilCoordinamento 9 dicembre,formato dai vecchi forconiinsieme con altre sigle a cuicapo si è posto Danilo Calvani,imprenditore agricolo dellaprovincia di Latina. A differenza del 2012, i blocchi hannointeressato in particolare alcune zone del nord Italia ed èmolto più difficile tracciare unquadro d'insieme delle proteste, perché queste sono stateancora più contraddittorie evariegate. Bisogna rilevaresubito però che l'attenzionemediatica che è stata data alleproteste è stata molto superiore ai numeri delle proteste stesse: questo è spiegabile con uninteresse diretto di Berlusconia far percepire una situazionedi forte protesta (grazie alcontrollo su buona partedell'informazione televisiva)in un momento in cui Forza Italia lasciava il governo per passare all'opposizione.Berlusconi stesso, nei giornidella protesta, aveva dichiaratodi condividere i motivi deiblocchi ed anzi volevaincontrare i leader della protesta. In realtà le manifestazioninelle città erano portate avantida poche decine di persone(con l'unica eccezione, su cuitorneremo, di Torino) ed iblocchi, benché reali e forieri didisagi soprattutto nel nord est,erano facilitati dalla presenzadi autotrasportatori, in gradodi bloccare le strade abbastanza agevolmente. Soprattutto al nord e a Roma vi era
presenza attiva di gruppi riconducibili a Casapound eForza nuova tra i manifestantied anche dove non erano presenti con le loro bandiere, lemanifestazioni coi tricolori egli slogan “l'Italia agli italiani”erano abbastanza eloquentidel tentativo di egemonia messo in atto da questi gruppi neofascisti. Nel sud abbiamoassistito a diversi tipi di fenomeni legati ai Forconi: daigruppi che gridavano slogancontro gay e immigrati, alleintimidazioni mafiose ai negozianti perché chiudessero i loro esercizi commerciali, finoalle località dove, in assenza digruppi organizzati, a protestare erano “semplici” cittadiniesasperati dalla mancanza dilavoro o giovani studenti che siaccorgono che questo sistemanon può dare loro nemmenouna speranza di benessere. Ilmovimento si è spaccato indue, tra la componente diCalvani e quella di Ferro, sullamanifestazione del 18 dicembre a Roma, a cui il movimento dei Forconipropriamente detto, la partesiciliana di Ferro, non ha partecipato, a causa delle “possibiliinfiltrazioni fasciste”. Dopoquesta spaccatura, che forse haevidenziato agli occhi di queipochi settori delle masse che liseguivano, tutte le contraddizioni dei Forconi, il movimentoè praticamente defunto ed ilfallimento dei blocchi programmati per la settimana del10 gennaio ha sancito la suatemporanea scomparsa.
La “sinistra” e i ForconiGli attivisti onesti che si impegnano nel movimento operaio,soprattutto nei partiti politici,ma anche nei sindacati, dovrebbero cominciare a fare (suquesto tema specifico, maanche in generale) un piccoloesercizio di autocritica: se lemasse non li seguono e su tematiche importanti vengonoorganizzate da settori borghesie financo fascisti, la colpa non èdelle masse, ma dei partiti ope
rai che non sono riusciti (o nonsono abbastanza forti) damettere in campo delle proposte alternative credibili chepossano attirare i favori dellemasse. Nel caso dei Forconi lamaggior parte della “sinistra” èrimasta di fatto subalterna aifascisti, agendo in due modiapparentemente opposti, mache denotano la stessaincomprensione dei compitirichiesti al movimento operaio. Da una parte, la socialdemocrazia si è limitata a bollarele manifestazioni, chi vi hapartecipato e gli stessi problemi denunciati dai manifestanticome fascisti, rinunciando così a lottare per l'egemonia dellerivendicazioni della piccolaborghesia, lasciandoli cosìdavvero in balia dei fascisti.Dall'altra parte, alcuni settoridell'autonomia (pensiamoall'Askatasuna a Torino, manon solo) hanno partecipatoalle manifestazioni, dicendo divoler provare a “invertirne larotta” ma “standoci dentro”,non aderendo alla piattaformama di fatto nemmeno pubblicizzando una piattaformaalternativa: vorremmo capirecome possono “invertire larotta” senza spiegare ai manifestanti dove vogliono andare.Di fatto la loro partecipazioneai blocchi e agli scontri a Torinoha fatto il gioco dei fascisti,dando risalto mediatico allamobilitazione e conferendoglialmeno lì una consistenza numerica che non ha avuto innessun altro luogo in Italia.
Forconi: problemi veri,ma leadership e
programma reazionari
In generale, alla protesta si sono unite spesso persone comuni, spinte a scendere in piazzadall'impoverimento generale edai tagli operati dal governo nelnome dell'austerity. Questamobilitazione di piccoli settoridi massa, cosa di per sé positiva, è purtroppo resa negativadal fatto che alla testa di questemobilitazioni c'erano forze
populiste destrorse e che il programma era totalmente reazionario e demagogico,sull'esempio del primo programma del fascismo italiano.Non a caso partiti politici qualila Lega nord e il Movimento 5stelle hanno espresso il loro sostegno alle proteste e alle lororagioni. Come abbiamo dettole ragioni della protesta sonoreali, ma il programma proposto dai Forconi è reazionario,nonché irrealizzabile nella suaparte economica: dalle dimissioni del governo Letta, alloscioglimento delle camere, allamoratoria delle cartelle esattoriali di Equitalia fino all'uscitadall'euro per ritornare alla lira.È circolato sul web anche unprogramma che parlava di unafase di transizione con un governo presieduto dalle forzedell'ordine. Ovviamente, inquanto irrealizzabile, il programma economico piccoloborghese demagogico sarebbeprontamente sostituito dalprogramma della grandeborghesia. L'unica soluzionereale, l'unico programma ade
guato è quello del proletariato,che parte dall'esproprio deicapitalisti per realizzare unasocietà socialista. L'unica direzione che può dunque dareuna risposta ai problemi dei lavoratori e delle masse è quelladi un partito rivoluzionarioche, con un programma risoluto, sia capace di coalizzare lemasse e i lavoratori in lottanella prospettiva dell'abbattimento del sistema capitalista.Un partito che sappia crearel'unità delle lotte, a partire daquelle dei lavoratori, che crei ilblocco sociale di massa traproletari e piccolaborghesiapauperizzata (ad esempio mediante la rivendicazione dellanazionalizzazione dellebanche in un unico istitutocreditizio che possa fare credito a buon mercato ai lavoratoricome ai piccoli commercianti),che possa riprendersi le piazzeed organizzare così una veraopposizione ai piani del grandecapitale italiano e internazionale (29/01/2014)
Ilmovimentodeiforconi:unbilanciocriticoGli errori della“sinistra”e la prospettiva rivoluzionaria
GGII OOVVAANN II ddii AALLTTEERRNN AATTII VVAA CCOOMM UUNN II SSTTAAFoglio dei giovani del Partito di Alternativa Comunista sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale
Perchè i centri sociali non sono un'alternativa ai partiti riformistiAdriano Lotito
La crisi storica dell'umanità si riduce alla crisidella direzione proletaria.
Lev Trotsky, Programma ditransizioneAbbiamo scritto e ripetiamospesso che uno degli elementi piùevidenti del panorama politico inItalia è la crisi dei partiti riformisti, governisti. In particolare Rifondazione Comunista che fino aqualche anno fa riusciva a chiamare piazze di decine di migliaiadi manifestanti e contava su unpeso elettorale non da poco, negliultimi anni ha conosciuto unprogressivo calo che si è accelerato considerevolmente negliultimi mesi (dopo la sconfittadell'ennesima coalizionepastiche a guida Ingroia) e che haportato anche ad uno scontrointerno molto aspro esplicitatosinel recente congresso (sul temarimandiamo per un'analisi piùpuntuale a questo articolo sul nostro sitowww.alternativacomunista.it/content/view/1931/1/ ). Alcontempo, nessuna altra forzapolitica della sinistra sembraavere una forte presa attrattivasulle masse e in particolare sullegiovani generazioni capace diriempire il vuoto che si è creato asinistra. Beninteso, questo quadro è un prodotto in primo luogodel disastro provocato dalla politica di collaborazione di classecoscientemente praticata peranni dai dirigenti di Rifondazione comunista. Le stesse divisionie scissioni continue che disgregano la sinistra cosiddetta radicale non sono la causa della crisiche questo partito vive, ma ne sono il prodotto. La causa è da ri
cercare nelle politicheantioperaie avallate e praticateper anni duranti i governi dicentrosinistra: precarizzazionedel lavoro, spedizioni militari,leggi razziste; mentre Rifondazionedisponevadiministrie(conl'ultimo governo Prodi) anche diun presidente della Camera.L'opportunismo governistaesercitato negli anni scorsi el'incapacità durante una crisieconomica gravissima, comel'attuale, di ottenere riforme opersino minime concessioni perla classe lavoratrice hanno prodotto la crisi devastante delleforze riformiste. Tutti quei movimenti che negli anni passati avevano Rifondazione come puntodi riferimento si sono ritrovati così privi di una direzione politica inun momento in cui non c'è nessun partito rivoluzionario in grado di riempire questo vuoto.Questa situazione favoriscel'emergere in seno ai movimentidi tendenze spontaneistiche eantipartitiche (riflessocomprensibile, per quanto sbagliato, del tradimento operato daipartiti riformisti). È quello cheabbiamo visto in occasione del 19ottobre 2013, giornata di mobilitazione dei movimenti per la casae il reddito e a difesadell'ambiente: certo, una piazzapartecipata, con migliaia di manifestanti (anche se non i 40milache alcuni declamano) ma cheesprime chiaramente le dinamiche innescate dalla crisi del riformismo all'interno delleavanguardie di lotta specialmente giovanili. In occasionedi quella giornata un settoreimportante del movimento erariconducibile a quell'insieme dicomitati e collettivi che si identifica, inparteointutto,nellavarie
gata ed eterogenea areadell'Autonomia, che a sua voltaesprime istanze e riprende,almeno in parte, modi e pratichedi lotta dalla tradizione storicadell'Autonomia Operaia, forzapolitica nata nel 1973 cheraggiunse il suo punto di massimo sviluppo con la mobilitazione del 1977 (il “Settantasette”). Ilsuccessivo sviluppo e disgregarsidi questa esperienza ha portato adiverse riformulazioni delconcetto e delle forme dell'Autonomia. Vogliamo qui enucleare iprincipali elementi politici che ciportano a definire l'Autonomia,nelle sue diverse e successive rimodulazioni, come forza piccoloborghese, non rivoluzionaria,incapace di offrire prospettivealternative alle masse popolari eimpotente di fronte allacontroffensiva del capitale e allepolitiche di smantellamento deidiritti dei lavoratori. Lo facciamocon l'intenzione di aprire unconfronto coi tanti giovani chevedono nei centri sociali unpunto di riferimento: giovani concui siamo spesso fianco a fianconelle lotte. Da marxisti, crediamoche la polemica politica, quandocondotta senza insulti e nel rispetto dell'interlocutore, sia unostrumento per far crescere lelotte, per offrire loro una prospettiva rivoluzionaria di rovesciamento del sistemacapitalistico. Quella prospettivarivoluzionaria che l'Autonomia anostro giudizio non è in grado didare. Prima di tutto cerchiamo diricostruire le origini storiche delfenomeno, il contesto nel qualel'Autonomia nacque e si sviluppò, e che possiede interessanti analogie con la situazionepresente.
Alcuni cenni storici: ilriflusso,la crisi del
riformismo,ilSettantasette
L'area dell'Autonomia nasce nel1973 e si sviluppa in uno specificoquadro della lotta di classe in Italia: si assisteva ad una fase di riflusso congiunturale dellemobilitazioni operaie, a unainversione di tendenza rispetto alciclo di lotta apertosi a fine anniSessanta; in questo quadro laclasse borghese si apprestava auna controffensiva (e a una progressiva erosione delle conquistedelle lotte degli anni passati) e inquesta guerra sociale un ruolo diprimo piano nel fronte padronalelo assunse il Pci, che era riuscito acatalizzare la rabbia operaia delSessantanove e a trasformarla inun incremento del proprioconsenso elettorale (dato che simanifesterà nelle elezioni del1976, in cui il partito di originestalinista, progressivamente socialdemocratizzato, ottenne ilsuo miglior risultato di sempre,distanziandosi di poco dalla Dc).A sinistra del Pci, enorme bubbone riformista e tappo del conflittosociale, c'erano le forze centristedell'estrema sinistra: i gruppiextraparlamentari (AvanguardiaOperaia, Lotta Continua, PdupManifesto) che confluiranno nelcartello di Democrazia Proletariae che proprio a metà degli anniSettanta videro un calo diconsensi e di radicamento e unrapido esaurirsi; ciò a causa dellaloro incapacità di proporre unprogramma realmente rivoluzionario alternativo a quello delPci, alla mancanza di paroled'ordine transitorie (in gradocioè di far crescere la coscienzasocialista dei lavoratori) e alla
profonda degenerazione elettoralista che infine attraversarono.Per questo motivo sussumiamoquesti gruppi sotto la categoriadel “centrismo”: per indicareappunto la caratteristica fondamentale della loro politica, cioèl'oscillazione tra posizioni rivoluzionarie e posizioni riformiste,in genere rivoluzionarie a parolee riformiste nella pratica. La delusione di molti militanti rispetto adei partiti verso i quali avevanodato tutto e nei quali avevano riposto eccessiva fiducia produssenelle avanguardie una notevoledisillusione verso le prospettivedi una rivoluzione e verso la cosiddetta “formapartito” e, in generale, verso quella tradizione“leninista” in cui identificavanoquelle organizzazioni centristeche, in realtà, di leninista nonavevano né il programma nél'organizzazione (essendo tral'altro spesso fortemente antidemocratiche nella loro vitainterna). Ma soprattutto nella retroguardia della classe, fatta di figure sociali marginali e dicategorie operaie poco rappresentate, ci fu la diffusione di unforte sentimento antipartitico espesso antipolitico, accompagnato però da un'altrettanto forterabbia sociale che aspettava solol'occasione per poter esplodere.Il nemico maggiore per questefrange era proprio il Pci, a giustoavviso reo del “compromessostorico” e della totale subalternitàalla classe borghese per la qualesvolgeva anche la funzione ausiliaria di braccio repressivo controlotte e movimenti. Ma con il Pci, econ i gruppi centristi della sinistra radicale percepitiugualmente come burocratici estaccati dalla massa, venivaconfusa anche la tradizione au
tentica del marxismo e la necessità di costruire il partitorivoluzionario. Il risultato diquesto generico antipartitismofu l'Autonomia, ovvero la nuovariproposizione di una cosavecchia: la (non) prospettivadello “spontaneismo”. L'occasione perché quella rabbialatente venisse a galla non tardòad arrivare: alla fine del 1976 ilgoverno monocolore Andreotti,che si reggeva sulla “nonsfiducia” del Pci, varò la riforma Malfattidellascuolachecancellavainquell'ambito parte delle conquiste delle lotte del Sessantotto.Nelle università prese avvio unmovimento di contestazione radicale che aveva come scopo il ritiro della riforma ma anche larichiesta di maggiori spazi di autogestione: all'interno della mobilitazione non solo studenti estudentesse, ma anche altrecategorie sociali, precari, lavoratori nongarantiti; occupazionie manifestazioni si succedetteroin tutto il Paese all'inizio del 1977einparticolareafebbraioemarzoil clima divenne rovente conl'inasprirsi della repressionepoliziesca e dello scontro frontale. Il movimento evidenziò nonsoloilpuntodimassimosviluppoe radicamento dell'Autonomiama anche la dimostrazione piùpalese della sua inefficienza nelcoordinare e unificare le lotte, laconferma di un minimalismopoliticoincapacediconferireunavisione unitaria e coerente delconflitto e di proporre alternativeconcrete all'esistente. Gli autonomi favorirono infatti, paradossalmente, processi dispoliticizzazione delle masse e diloro estraneazione rispetto agliorganismi propri della classe(sindacati e partiti) i quali effetti
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II GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA
emergeranno in tutto il loro disastroso portato negli anni Ottanta.Non solo: a dispetto della loroparola d'ordine sulla “ricomposizione della classe”, gli autonomiinnescarono dinamiche di profonda e logorante frammentazione e disgregazione del frontedi classe e la sostituzione di unaprospettiva collettiva di trasformazione generale con pratiche minimali e individualistiche.Tutto questo, collegato anche alripudio di ogni criterio organizzativo atto a garantire democrazia ed elaborazione collettivaall'interno del movimento. Il sigillo dell'incapacità dell'Autonomia di dirigere il movimento delSettantasette si ebbe con ilConvegno sulla repressione (24,25 e 26 settembre) tenutosi a Bologna e che vide la partecipazionedi migliaia di giovani provenientida tutta Italia: da quelle giornatesi uscì senza una sola parolad'ordine in grado di far avanzarela lotta, con nessuna sintesi politica e programmatica rivoluzionaria, con nessuna metodologiaunitaria che potesse consolidareil movimento ed evitare il riflusso;la modalità di “dialogo” impostadagli autonomi portò all'esclusione di diversi gruppi e tendenzein disaccordo con questi e alloscontro a volte fisico tra diversefazioni; l'assenza di logiche democratiche impedì il rientro diqueste fratture interne el'affermazione di un'idea discontro fine a sé stesso portò unsettore di quel movimento direttamente nell'arena del terrorismo individuale; l'insieme diquesti fattori produsse a sua voltal'isolamento progressivo del movimento e l'efficacia della manovra repressiva dello Stato cheportò allo scioglimento dell'Autonomia nel 1979 con l'accusa di“terrorismo”. Negli anni Ottantagli eredi dell'Autonomia si ritrovarono nel Coordinamento nazionale antinucleare eantimperialista e in numerosicollettivi autonomi sparsi nelPaese. Sempre in quegli anni aMilano collettivi autonomi nascono intorno alla casa occupatadi via dei Transiti 28, al centro sociale Leonkavallo e al periodicoAutonomen, mentre a Padova ilcentro di documentazione antinucleare antimperialista fa riferimento a Radio Sherwood (chediventerà in seguito punto di riferimento delleTute bianche primae dei Disobbedienti poi) e a Romacontinua l'esperienza della sedestorica di Via dei Volsci e di RadioOnda Rossa.
L'Autonomia oggiSe negli anni Novanta la maggioranza dei gruppi di derivazioneautonoma ruotava attorno allacosiddetta “Autonomia padovana”, cioè l'area dei Disobbedientidi Casarini, il crollo di Rifonda
zione (che era la sponda istituzionale di questa area) ha avuto negliultimi anni come conseguenzal'emergere di nuovi gruppi, piùvicini all'Autonomia vecchiostampo. L'Autonomia deiDisobbedienti, forte del richiamoagli ultimi scritti di Toni Negri(Impero e Moltitudini), negli anniNovanta portava avanti una politica di collaborazione con leamministrazioni di centrosinistra, fornendo sostegno ai partitisocialdemocratici (Verdi e Rifondazione in primis). Nelle listedi Rifondazione e dei Verdi nonpochi esponenti disobbedientifurono candidati ed eletti, sianelle amministrazioni locali chein parlamento (pensiamo a Farina del centro sociale Leonkavallo,consigliere a Milano; o a Caruso,eletto parlamentare nelle liste diRifondazione). La politica di sostegno alle amministrazioni comunali ha permesso ai centrisociali del Nord Est di godere di finanziamenti e favori, con la possibilità di gestire spazi colconsenso delle amministrazioni.L'accordo, implicito o esplicito,era chiaro: i centri sociali non davano disturbo alle amministrazioni comunali e in cambiopotevano gestire gli spazi senzainterferenze da parte delleamministrazioni. Non è un casoche, ancora oggi, i Disobbedientisono forti proprio in quelle regioni (Nord Est) dove maggiore èstato l'inserimento nelle politiche locali del centrosinistra. Ingenerale i centri sociali e i collettivi che fanno riferimento all'areadei Disobbedienti si identificanooggi nella rete di Global project,nella quale convergono oltre aglistorici avamposti veneti (come ilPedro di Padova), anche altrisoggetti come il Tpo di Bologna.Col crollo della socialdemocrazia, anche i Disobbedienti hannoconosciuto un ridimensionamento, almeno sul terreno nazionale. È così che èprogressivamente emersaun'altra area, anch'essa derivante dalla vecchia Autonomiadegli anni Settanta, coagulatasi,principalmente, attorno alla retenota come “Autonomia Contropotere”. Questa area si esprimeprincipalmente (sebbene in modo eterogeneo, senza realistrutture di coordinamento nazionale) in alcuni collettivi egruppi ruotanti attorno ad altricentri sociali. Tra quellimaggiormente attivi ricordiamol'Askatasuna di Torino, il Laboratorio occupato Crash! di Bologna,PalermoconilCentrosocialeEx Karcere e il Centro socialeAnomalia, Il S.a.o. Guernica aModena, lo Spazio antagonistaNewroz a Pisa, il Csa Dordoni diCremona, infine, i vari collettiviuniversitari, di studenti medi e dilotta per la casa che gravitanointorno a queste strutture e chestanno prendendo piede in altre
città a partire dal 2008, come CascLambrate e Rete Studenti Milano,Coordinamento Collettivi e Student* a Bergamo, Kollettivo studenti in lotta a Brescia, Collettivoautonomo studentesco eCollettivo universitario autonomo a Bologna, Kollettivo studentiautorganizzati a Torino, Collettivo universitario autonomo e Studenti medi Palermo, il KomitatoGiovani No Tav in Val Susa e CasApache a Santa Maria Capua Vetere e altri. Sono gruppi cheattuano, sul terreno locale, politiche diverse da città a città (inalcune città cercano il dialogocon i governi locali, in altre si presentano come più antagonisti),ma che sono accomunati daalcune caratteristiche di fondo,che qui tentiamo di enucleare ecriticare politicamente.
Principi ideologici eorganizzativi:
minimalismo politico espontaneismoorganizzativo
Rifiuto di ogni prospettiva alungo termine, ripudio del programma socialista e della rivoluzione proletaria, rifiuto delpartito e del conseguente centralismo: questi pochi elementi, chepossono identificare il pensierodell'Autonomia per come si è sviluppato a partire dagli anniSettanta, confluiscono oggi inuna riproposizione aggiornata divecchie ideologie spontaneiste,travestite da “nuovi” abiti teorici.Dal momento che si tratta diun'elaborazione “orizzontale”,priva molto spesso di continuitàe di coerenza interna, non è possibile una trattazione sistematicadi tutti i concetti espressi dai suoiteorici o incarnati nelle sue pratiche: per questo ci limitiamo a focalizzare l'attenzione su alcunielementi indicativi del fenomeno nella sua totalità. Tra le nuoveimpostazioni teoriche (perquanto spesso sconosciute allamaggioranza degli attivisti) chegiustificano questa vecchiaforma di spontaneismo troviamoinnanzitutto la teoria dei bisogniradicali e della rivoluzione dellavita quotidiana di Agnes Heller,allieva di Lukacs che ripudiò ilmarxismo ed elaborò una filosofia tutta concentrata sulla realizzazione dei bisogni individualinel presente. Non più dunque unlavoro paziente di costruzionedella prospettiva, la cui realizzazione richiede un percorso dilotte e di crescita della coscienzasocialista in esse; ma un utopico(questo sì) “comunismo del presente” (per utilizzare un'espressione molto sentita nel '77) chevuole la soddisfazione immediata di tutti i bisogni dellasoggettività nel presente,nell'immediato, impaziente aguardare al futuro. In termini
politici, questa impostazione filosofica comporta il rifiutodell'obiettivo del potere dei lavoratori: l'importante per chi sostiene queste posizioni non è lapresa del potere da parte del proletariato che impone la suadittatura per favorire la transizione ad una economia socialista, ingrado effettivamente di soddisfare i bisogni di tutti; al centro diquesto minimalismo politico c'èinvece la lotta per “spazi autonomi” di gestione delle risorse (spazi all'interno della societàcapitalistica che non possonoavere che una scala ultralocale eche in ogni caso non possonorendersi totalmente indipendenti dal controllo sociale delcapitale per quanto vengano definiti “zone liberate”); a questo siaggiungono altre teorizzazioniindividualistiche e irrazionali come quella dell'appropriazioneper cui il soggetto non deve piùlottare per un interesse generale eperché tutti possano godere efruire di determinati beni, ma deve “appropriarsene” nell'immediato attraverso la praticadell'“esproprio”. Sostituire il faticoso lavoro della costruzione delpartito rivoluzionario con pratiche frammentarie di “autorealizzazione” immediata deisoggetti; sostituire la prospettivauniversale e tesa al futuro della rivoluzione socialista con dellepratiche molecolari di presunto“contropotere” che non possoche avere un respiro territoriale enon andare oltre delle (a voltecondivisibili) dichiarazioni diintenti: come se fosse possibileesercitare un autentico contropotere e affermare gli interessidelle soggettività sociali senza togliere il potere alla borghesia,senza distruggere il suo Stato persostituirlo con uno Stato operaio,senza assumere il controllo deimezzi di produzione e discambio. Tutto finisce per risolversi nello scontro immediatoe senza prospettive con gli apparati repressivi, nella scaramucciadi piazza con la polizia, nellacancellazione del futuro come laboratorio di altri mondi possibili:l'unica dimensione che agli autonomi interessa è la dimensionedel presente, astratta da ognipercorso politico di lungo respiroe dalle solide fondamenta. Il rifiuto di ogni criterio organizzativo atto a garantire lafondamentale democraziainterna ai movimenti, rifiuto sostenuto dagli autonomi, portaparadossalmente a pratiche discontro interno e di frammentazione che rendono impossibileuna visione unitaria delle cose edella strategia: l'antipartitismo el'anticentralismo generici sonoin realtà anarcoidi nella forma eopportunisti nella sostanza dalmomento che un movimentosenza criteri unitari di organizzazione e di democrazia è facile
preda di altri gruppi organizzati.Questo è dimostrato dalle pratiche antidemocratiche di “egemonia” messe in atto dagliautonomi stessi ieri come oggi,attraverso l'assalto alle presidenze di assemblee unitarie,l'espulsione fisica dalle lotte e dalmovimento di altri gruppi politiciin disaccordo con le posizioni autonome (ad es. militanti diAlternativa Comunista sono statiaggrediti per aver portato le nostre bandiere e le nostre paroled'ordine in una piazza operaiache gli autonomi del Crash di Bologna pretendevano di “egemonizzare”, cioè di controllare informa esclusiva), l'imposizioneviolenta delle proprie pratiche discontro gratuito nella gestionedelle piazze durante le manifestazioni, aggirando le decisioniprese democraticamente dalmovimento (l'esempio del 15ottobre 2011 è un caso, disastroso, conosciuto). Tutto questoproduce come effetto una divisione distruttrice in seno ai movimenti, porta all'isolamento dellelotte e alla loro sconfitta. Così funel '77, così può essere oggi per isettori operai e le vertenze di lotta“egemonizzate” (non politicamente – cosa che sarebbe legittima ma con le modalità sopradescritte) dall'Autonomia:pensiamo alle lotte della logisticaa Bologna che sono state isolatedalle altre forze politiche, sindacali e di movimento oltre che perl'opportunismo dei sindacaticoncertativi e della sinistra riformista, oltre che per il settarismo di ampi settori delsindacalismo di base (che nonpartecipano a questa lotta perchédiretta dal Si.Cobas) anche a causa del recinto che cercano di erigere attorno a questa lotta gliautonomi del Crash. Questa politica di divisione produce due gravissime conseguenze che pesanosia sulle singole vertenze di lotta,sia sulla lotta di classe più in generale: la prima è quella già dettadell'isolamento delle lotte e deisettori operai più combattivi; laseconda conseguenza è quelladella rinuncia a guadagnarequella stragrande maggioranzadella classe lavoratrice cheguarda ancora ai burocrati di CgileFiomcomepuntidiriferimento,lasciando la maggioranza dei lavoratori in balia di queste direzioni burocratiche e di programmiconcertativi, anziché intervenirecercando di guadagnare questilavoratori su parole d'ordine piùradicali e di lotta. La mancanza diuna struttura centralizzata e basata su un programma rivoluzionario, poi, rende l'Autonomiaparticolarmente esposta a spinteopposte: accodarsi nei fatti apolitiche riformiste o cercare loscontro di piazza con gli apparatirepressivi, come un fine in sé.Anzi, spesso questi due atteggiamenti apparentemente divergenti si conciliano in un'unicarealtà per cui una politica sostanzialmente minimalista è rivestita da una apparenteradicalità di piazza: in cui per radicalità non si intende quella degli obiettivi che si sostengono maquella dello scontro a bastonatecon la polizia, condotto per di piùin forma avventurista, esponendo spesso alla violenza degliapparati borghesi manifestazioni prive di servizio d'ordine.
L'estetica del conflittocome surrogato di unprogramma radicale
L'affermazione dello scontro finea sé stesso, come gesto mediaticoe spettacolare, come culturaestetica prima che politica, ha insé la convinzione della sconfitta.Come se chi la praticasse sapessegià di aver perso contro il sistemaborghese e sfogasse la sua rabbiae frustrazione alla ricerca di unascorciatoia “vendicativa”. Il “pagherete caro pagherete tutto”può essere interpretato così:“avete vinto, noi abbiamo perso;però ve la faremo pagare sfasciando qualche vetrina”. Ancheoggi vediamo la sottolineaturadel tema della “vendetta” (il 19ottobre è stato pubblicizzatodall'Autonomia come “lagiornata della vendetta”,appunto) come surrogato di unaprospettiva e di un programmache possano realmente vincere lo
scontro di classe. La violenza cosìinterpretata (e che nulla ha a chefare con la violenza rivoluzionariaesercitatadallemasseinlotta),nel suo ridursi a rituale estetico ecatarsidellapropriaimpotenza,èl'attestazione di un profondoscoraggiamento rispetto allepossibilità reali di un cambiamento globale, l'affermarsi di undeleterio disincanto rispetto alleprospettive rivoluzionarie e, indefinitiva, la rassegnazione davanti a questo sistema sociale edeconomico, considerato alla finfine come ineliminabile nelle suestrutture costitutive.
L'alternativa delsocialismo e la
costruzione del partitorivoluzionario
Noirivoluzionarialcontrariononci rassegniamo davanti all'irrazionalità di questa realtà e noncerchiamo scorciatoie che possano glorificarci nell'attimo erenderci perdenti nel futuro.Sappiamo che in questa situazione di vuoto a sinistra e crisi delriformismo è più che mai doveroso intraprendere la faticosa maproduttiva strada della costruzione di un partito rivoluzionario– su base nazionale e internazionale al contempo – corrispondente al programma dellarivoluzione socialista.Abbattersi, darsi per sconfitti,abbandonare il terreno delleprospettive per accontentarsi diuno scontro facile ma inutile nonserve oggi ai lavoratori e allemasse popolari, e men che menoalle giovani generazioni chehanno un futuro e una societànuova da costruire. Dobbiamoapprofittare della crisi della socialdemocrazia non perabbandonare la tradizione delcomunismo, ma per sostanziarlain senso rivoluzionario laddove iriformisti ne conservavano solala forma svuotandola di contenuti.Ancheselecosechediciamopossono risultare inizialmenteimpopolari, per via della propaganda reazionaria contro la“formapartito” e contro l'organizzazione democraticamente ecentralisticamente strutturata,dobbiamo sforzarci di spiegare achi manifesta e in particolare aigiovani in lotta che ci sono partitie partiti, che ci sono i partiti riformisti giustamente ritenuticolpevoli di aver tradito gli interessi di classe e di essersi mischiati con le politiche padronalidella borghesia, e che ci sonoembrioni di partiti rivoluzionariche si sviluppano e crescono sulterreno del conflitto di classecontro il padronato, i suoi governi, le sue istituzioni corrotte.Bisogna far comprendere, nelcorso delle lotte, la necessità diuna direzione rivoluzionariadelle masse: perché senza unadirezione rivoluzionaria a prevalere saranno i padroni e i loroagenti, riformisti, governisti, burocrati sindacali e politici, chepreservano il dominio capitalistico e riescono per ora a impedire in Italia quello sviluppo dellelottechegiàvediamoinaltriPaesid'Europaechealtrove(pensiamoall'Egitto, alla Siria, al Brasile,ecc.) ha assunto o sta assumendocaratteri rivoluzionari. In questosenso, pur collaborando (quandoè possibile) in fronti di lotta comune con gruppi e centri socialiche si rifanno alle posizioni sopradescritte, pensiamo siaimportante fare una criticafranca e non diplomatica diconcezioni che riteniamo profondamente dannose per la lottadi classe. Costruire una direzionerivoluzionaria delle lotte, cioècostruire un partito rivoluzionario e internazionalista, è uncompito difficile ma che tutti coloro che vogliono cambiarerealmentequestomondodevonoaffrontare per poter contendere ariformisti e burocrati l'egemoniasulla classe e per poter avanzarenel progetto di una rivoluzionesocialista che rovesci il capitalismoeisuoigoverni,cheimpongaun altro potere: un governo deilavoratori e per i lavoratori!
segue dalla pagina I
GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA III
Lafinestrasull'UniversitàIlnumerochiuso:laspadadiDamoclesullatestadeglistudentidellaSapienza
Andria:lalottastudentescaGli studenti in piazza,ma non a rimorchio dei“forconi”
Nebraska:laforzadiunanarrazioneessenzialePayne nelle lande desolate della provincia americana
Giovanni Bitetto
Alexander Payne ciaveva già abituatoa prove in cui iltono da commedia
si innestava in una tramadrammatica: in A propositodi Schmidt un JackNicholson crepuscolareaffrontava i fantasmi dellapensione incassando laperdita della moglie,compagna di una vita. ConNebraska il tema dellavecchiaia é declinatoportando gli stilemi delregista a un nuovo livello diconsapevolezza. Saltasubito all'occhio dellospettatore la perfettafusione fra una narrazionedai risvolti fortementeemotivi e la sequenza disituazioni comiche sorretteda dialoghi surreali. L'idea dibase é semplice quantoefficace: un figlio deveaccompagnare il suovecchio padre (un BruceDern che non ha paura difarsi corpo e mostrare isolchi del tempo passato)dal Montana al Nebraska,per ritirare un premiopalesemente fasullo (diquelli che si millantano nelleoperazioni di marketing piùbecere) ma che per l'anzianooffuscato dalla senilitàdiventa il simbolo del suoriscatto da una vita trascorsaall'insegna dell'alcolismo,dell'incomunicabilità edell'anonimato. Nescaturisce un'opera che conacuta leggerezza punta losguardo sulla fama effimera,l'inesorabile scorrere deltempo, la delicata economiache regola i legami interni auna famiglia e in particolare
il rapporto padrefigliocostellato di silenzi ediscorsi abortiti, la vita daeveryman di provincia. Ed éproprio lo squallore diquesta provincia, uno deitanti stati interni americani,lì dove l'onda lunga dellostile di vita delle megalopolié un lontano riverberoibridato con la crudezza delpaese reale ai margini delsogno americano maisfiorato; essa diventa ilcorrelativo oggettivo perl'alienazione delle classisubalterne come fosse unacategoria dell'anima, unnonluogo esistenziale oltreche geografico. Il bianco enero, lungi dall'essere unmero vezzo autoriale,esternalizza nella freddezzacromatica il bozzolo diincomunicabilità in cui sonochiusi i personaggi; e da gestisemplici quanto essenziali sisquadernano universiinteriori in cui lo spettatorevede rispecchiati i propriabissi personali.L'ineluttabililita' del tempoche fugge é trattata conrigore espressionista nelvolto avvizzito, gli occhiacquosi e i radi ciuffi dicapelli incanutiti di Dern,ma sempre rifacendosi a unpudore incapace diprendere la facile via delmelodramma. Fra imicragnosi brianzoli diVirzì, gli ambiziosi truffatoridi Russell e gli ingordi lupi diScorsese, gli uomini comunidi Payne ci suggeriscono conun sorriso amaro che sotto lacoltre di banalità quotidianacondita dalle nostreparanoie, autoillusioni epiccole grandi sconfitte,batte ancora un cuore.
Cinema e rivoluzione
Antonio Fiore*
Il corpo studentesco interodella città di Andria il 10 Dicembre 2013, a fronte dellaprotesta portata avanti dai fa
migerati “forconi”, ha scelto diastenersi dalle ordinarie lezioni escioperare per rivendicare i propridiritti, da tempo calpestati dallepolitiche di austerità. Lo scopo diquesta decisione da parte degli studenti è stato di sfruttare il clima ditumulto generale col fine di esporrea chiari toni le proprie linee didisapprovazione riguardo ilmancato operato dell'amministrazione comunale per quanto riguarda le politiche del welfarestudentesco. Ovviamente, l'azionedei giovani manifestanti si è separata apertamente dai moti parafascisti proposti dal movimento dei“forconi”, opponendo ai loro tonipopulisti, nazionalisti e reazionari,parole d'ordine antirazziste e antinazionaliste, unendosi all'unisonoin una lotta per posizioni piùconcrete e ad autentico sfondo sociale. Per mezzo dell'attività delgruppo sindacale studentescodell'Uds (Unione degli Studenti) edei rappresentanti d'istitutoappartenenti agli indirizzi professionali e liceali, affiancati da altrerealtà di lotta, tra i quali erano presenti anche i Giovani di AlternativaComunista e il coordinamento NoAusterity, si è potuta dare un'organizzazione concreta a quella cheera la rabbia generale di tutti questiragazzi indignati ormai da tempo.L'espressione tangibile di questapianificazione comune è stata, inizialmente, la programmazione diuna manifestazione che ha attraversato l'intero centro urbano, pergiungere infine alla sede comunalecittadina. In loco è nato successivamente un presidio sotto le mura delMunicipio avente due obiettivifondamentali: il primo, ovviamente, era quello di far sentire la
propria voce agli organi istituzionali, verso i quali gli studenti ormainutrono piena sfiducia; il secondointento era quello di separarsi dallescorrerie dei “forconi”, che –supportati da squadristi e ultras didestra – stavano mettendo asoqquadro la città, riducendo la loro mobilitazione a un mero esercizio di violenza fine a se stesso(parallelamente a rivendicazionicorporative e organiche alle logiche di sistema).
Le rivendicazionistudentesche
Nel corso di un'assemblea generalegli studenti hanno stilato dei puntidi rivendicazioni da presentareall'assessorato alla cultura comunale. In più interventi si è rimarcatoil mancato investimento da partedell'amministrazione comunale afavore del welfare studentescopubblico. Difatti, gli studentihanno riportato numerose lamentele riguardo le strutture fatiscenti, la mancanza di libri di testoe laboratori adatti per adempiere inmaniera approfonditaall'apprendimento dei vari indirizzi di studio, la mancanza di corsiextrascolastici formativi come Pone Pof e anche l'azzeramento quasitotale delle borse di studio, le qualiper anni hanno costituito la “speranza” di tutti i giovani per il mantenimento degli studi futuri. Nelladiscussione, oltre a esporre le problematiche, si è discusso anchedelle cause di questi mancati finanziamenti al servizio pubblicodell'istruzione, e del parallelo finanziamento alle scuole private,promosso da tutti i ministri dellapubblica istruzione in questi anni,fino all'attuale ministro Carrozza,per rendere la cultura sempre piùelitaria. Ma la discussione non è rimasta a livelli superficiali e qualunquisti: da tempo, a livello locale,i comitati studenteschi, assieme
all'associazione “Liberamente”,hanno portato avanti in sordinauna lotta contro i finanziamentiall'università privata Lum (Liberauniversità mediterranea, con sedesulla strada provinciale AndriaTrani). Dunque il presidio ha sceltodi creare una sorta di direttivo costituito da un rappresentante perogni organo partecipante e formulare dei quesiti specifici e una richiesta concreta di riconvertirequei capitali, investiti per un istituto privato, in welfare studentescopubblico. Le attività del direttivonon si sono concluse nella giornatadel 10 Dicembre, ma sono continuate nei giorni seguenti con assemblee pomeridiane in piazza oaltri luoghi pubblici e soprattuttocon l'informazione nelle scuoletramite assemblee straordinarie,affinché tutti gli studenti potesseroessere informati riguardo i loro diritti negati da un sistema politicoamministrativo garante di se stessoe non dei diritti dei cittadini.(29/01/2014)*Giovani diAlternativa comunista Andria
Mauro Pomo*
La Sapienza ancora unavolta scenario di lotta: glistudenti di chimica hannooccupato il proprio di
partimento per scongiurare il numero chiuso. Il 13 gennaio cisarebbe stato il voto da parte delConsiglio di dipartimento perintrodurre l'ingresso a numeroprogrammato per i corsi di laureain Chimica, Chimica Industriale,Chimica del restauro e tecnologieper la conservazione dei beniculturali; è stato impedito grazie airagazzi che hanno bloccatol'accesso e fermato ogni attivitàall'interno della struttura. Dal comunicato degli studenti silegge:«Verrà stroncato il liberoaccesso all'istruzione e ciò che riteniamo assurdo è l'indifferenza el'inerzia con le quali è stataaffrontata la questione da parte deidocenti»:(1). Per venerdì 10, infatti,era stato programmato unincontro studentidocenti perdiscutere della questione, cercaresoluzioni alternative e arrivare amarzo a un voto più ragionevole,
ma i professori hanno ritenutoopportuno non presentarsi e chiudere velocemente la questione illunedì dopo. L'azione degli studenti ha evitato l'ennesima brutalità ai danni dell'istruzionepubblica: non è mancata, infatti, laresistenza. Anche questa volta èarrivata la polizia che, sebbene nonabbia dato lo scabroso spettacoloche le mura di quell'università sono abituate a vedere, ha tentato diintimorire gli studenti, soprattutto ipiù giovani. Poi è stata la voltadell'arringa del direttore di dipartimento che da un lato si dimostravasolidale con gli studenti, dall'altrochiedeva loro un briciolo di sensodi responsabilità. Questa manifestazione, seppur di breve durata (ilblocco delle attività non è proseguito oltre la mattinata), seppurnon abbia ottenuto niente di piùche il rinvio del voto a marzo, dimostra che gli studenti non sonodisposti ad abbassare la guardia e arassegnarsi. L'iniziativa ha fatto registrare un discreto numero dipartecipanti, di giovani che sonopronti a portare avanti la lotta. Èammirabile la forza degli studenti
che hanno deciso spontaneamente di alzare un muro percontrastare le decisioni del Consiglio di dipartimento. Decisioni inlinea con l'andazzo generale e conle politiche che negli ultimi diecianni hanno contribuito allosmantellamento del sistemaformativo. I giovani di AlternativaComunista lavorano per fornireuna direzione e un'impronta organizzativa alle lotte studentesche,promuovendo le uniche paroled'ordine che portino a soluzioniconcrete e di classe. Non è accettabile che gli studenti non possanopartecipare attivamente alle decisioni riguardanti l'offerta formativa, le regole e i servizidell'università come dei licei.(27/01/2014)
Nota
(1) http://www.ilcorsaro.info/informazione3/sapienzacontroilnumerochiusoachimicaglistudentibloccanolafacolta.html*resp.Giovani di Alternativacomunista Roma
IV GIOVANI di ALTERNATIVA COMUNISTA
Mauro Pomo
Il capitalismo, per dirla crudamente,è in sostanza un sistema parassitario. Come tutti i parassiti, può prosperare per un certo periodo
quando trova un organismo nonsfruttato del quale nutrirsi. Ma non puòfarlo senza danneggiare l'ospite,distruggendo quindi, prima o poi, lecondizioni della sua prosperità o addirittura della sua sopravvivenza.(1)
All'esplodere del recente tsunami finanziario, Zygmunt Bauman, uno tra ipiù importanti filosofi e sociologicontemporanei, analizza gli strumentiutilizzati dal capitalismo per sopravvivere. Capitalismo parassitario prende lemosse da uno studio di Rosa Luxemburg(le cui basi sono già presenti in Marx) secondo cui il capitalismo per sostenersi habisogno di sfruttare economie non capitaliste, ha bisogno di colonizzare “terrevergini”. Rosa Luxemburg però, non poteva immaginare che i territori premoderni di continenti esotici non erano gliunici potenziali “ospiti” di cui il capitalismo poteva nutrirsi per prolungare lapropria esistenza e avviare una serie diperiodi di prosperità. E se infatti potessimo essere noi le terre vergini sfruttabilidal sistema? Ecco una grande intuizione:la carta di credito.“Take the waiting out ofwanting” [Togliete l'attesa dal desiderio]è lo slogan con cui una trentina di anni faè stato imposto questo diabolicomarchingegno al servizio del consumatore. Non ci deve più preoccuparel'assenza di denaro nei nostri portafogli onei nostri libretti di risparmio, grazie allacarta di credito è possibile soddisfaresubito i nostri bisogni (bisogni, ovviamente, anch'essi imposti, ma su questotorneremo dopo) senza tenere sul collo ilfiato dei malvagi creditori di una volta. Icreditori moderni e benevoli, non rivogliono indietro i propri soldi, anzi, offrono alle persone di prenderne in prestitoaltri per ripagare il vecchio debito e restare con qualche soldo (cioè qualche debito) in più. Ovviamente l'abilità dellebanche (le banche che sorridono) sta nelnon mettere il debitore in condizione di
ripagare il proprio debito, consentendogli, così, di uscire dal circolo vizioso innescato che fruttava denaro. Una dellemaggiori società di carte di credito hafatto scalpore quando ha svelato il giocorifiutando di rilasciare nuove carte di credito a quei clienti che ogni mese saldavano per intero i propri debiti, senzaincorrere quindi in pagamenti di penali.«Ma proprio come la scomparsa dipersone a piedi nudi rappresenta un guaio per l'industria calzaturiera, così lascomparsa di persone non indebitaterappresenta un disastro per l'industriadel credito. La famosa previsione di RosaLuxemburg si è avverata ancora unavolta»(2). Il parassita si è diffuso e hainfettato tutti con una tale rapidità dasfuggire anche a quegli scienziati che contanta cura l'avevano prodotto in laboratorio. E quindi, con la distruzionedell'ennesimo “continente esotico”,l'ennesima crisi del capitalismo semprepiù pesante e sempre più gravante sullespalle delle classi subalterne. Tanto, eanche Bauman ne è sicuro, il welfare per iricchi non è mai stato messo in discussione, né si è mai proceduti a smantellarlo:in quest'ottica si collocano i tagli alpubblico per risanare, oltre che le perditedei grandi gruppi industriali (è riportatol'esempio dei 92 miliardi di dollari che ilgoverno statunitense ha destinato ai magnati di Boeing, Ibm, General Motorsecc...), anche quelle dei grandi gruppibancari. L'importante, stando alle paroledell'allora Ministro all'Economia del Regno Unito, il laburista Alistair Darling, èche i consumatori ignorino le nubi che siaddensano all'orizzonte e spendano,spendano, spendano. Come si può notare, questo libro è una forte critica all'orgiaconsumistica ispirata e ingigantita dallebanche. Bauman (è questo è decisamente uno dei punti salienti del suopensiero) mette l'accento sul passaggioche il capitalismo ha compiuto da una“società solida” dei produttori a una “società liquida” dei consumatori. Il filosofopolacco ha un'idea nostalgica dellarealtà, ritiene che si stava meglio quandosi stava peggio, quando l'individuo nonera costretto sotto il giogo opprimente
del consumo, della ricerca sfrenata disoddisfare i bisogni creati su misura perlui, correndo ciecamente verso la “tshirtall'ultimo grido” e dimenticando ogniforma di rapporto umano. Ma, quando lacatena di montaggio si faceva sentire soprattutto sulle ossa del lavoratore piuttosto che sui desideri del consumatore, eracosì, non per una maggiore sensibilitàdella classe dominante, ma perché non siera arrivati ad uno sviluppo tecnologicotale da consentire repentini cambi ditendenza e innovazioni in apparecchielettronici, auto ecc., non c'eranointernet e le tv commerciali a veicolare imessaggi che tanto ipnotizzano giovani eadulti di questa generazione: non c'erano, prima, le condizioni per “dominare”senza prescindere dalla società solida, lasocietà che faceva perno sui pilastri morali (anch'essi imposti) della famiglia, delsacrifico ecc... Oggi che la borghesia si èimpadronita di un nuovo strumento, diunnuovoopium,pertenerealguinzaglioil proletariato, lo fa con la stessa spregiudicatezza che l'ha sempre contraddistinta, ottenendo risultati ancora piùvantaggiosi per la propria sopravvivenza,plasmando (o sciogliendo?) ancora unavolta, la società a propria immagine e somiglianza. Perché la povera AnnSophiedeve essere presa come esempio negativo quando mette in discussione gliimperituri capisaldi etici della vecchiasocietà dicendo: «Non voglio sacrificaretutto alla mia carriera...Nessuno vuolerimanere bloccato troppo tempo nellostesso lavoro»(3)? Lungi da noi difendere ilconsumismo e la sua violenza, ma comesempre, è necessario chiarire chi ieri come oggi è il nemico da abbattere: quelloche serve per la nostra salvezza non è unamedicina ma un coraggioso interventochirurgico.(4)
Note
(1) Zygmunt Bauman, Capitalismoparassitario , 2009, Gius. Laterza e Figli, p.4(2) Ibidem, p. 15(3) Ibidem, pp. 61 e 62(4) Ibidem, cfr. p. 22
Capitalismoparassitario:unariflessioneConfronto col filosofo Zygmunt Bauman
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 9
NoTav:lelottenonsiprocessano!SolidarietàallecompagneeaicompagniarrestatiperlaresistenzainValSusa
Giuliano Dall'Oglio
Negli scorsi numeri delnostro giornale ci siamo concentrati neldescrivere gli avveni
menti che si sono susseguiti negliultimi anni in Val Susa, ma oravorremmo sottolineare gli aspetti“giudiziari” a cui sono stati sottoposti diversi compagni che neglianni sono stati arrestati, processati e condannati facendo untemporale passo indietro rispetto a quando la giustiziaborghese cominciò a muovere lapropria macchina nei confrontidei No Tav.
6 anni di arresti e processiCon l'accrescersi e l'acuirsi dellalotta del popolo valsusino lo statoborghese non si “è fatto trovareimpreparato”, anzi: oltre a mettere in campo il proprio apparatorepressivo tramite la polizia, si èmosso anche sul versante giudiziario e processuale. Era il 10 novembre 2008 il giorno in cui ci fula prima udienza nei confronti diLuca e Giorgio, accusati dal PmAusiello di aver, in data 6 dicembre 2005 “sottratto una
macchina fotografica da un'autovettura della polizia stradale, diaver danneggiato l'auto stessa edi aver ostacolato l'operato degliagenti.” Questo fatto era avvenuto dopo lo sgombero violentocompiuto dalle forze dell'ordinedel leggendario presidio di Venaus, dove gli attivisti avevanooccupato i terreni per impedire ilavori. Il 3 luglio 2009 comincia ilprocesso a Lele Rizzo per il bloccodella stazione di Bussoleno il 18gennaio 2007, blocco sgomberato con violenza inaudita dallaforze dell'ordine. Nell'inverno2010/2011 i valsusini si organizzano e costruiscono una baitain Clarea, luogo vittima di devastazione ambientale da partedelle aziende predisposte alla costruzione della Tav. Dopo diversimesi parte il processo neiconfronti dei No Tav per abusoedilizio e la baita, simbolo dellaresistenza nella zona, vieneabbattuta. La difesa della baitaviene portata avanti confermezza e determinazione daiNo Tav e il 9 settembre 2011 in seguito ad atti di resistenza vengono arrestate Nina e Marianna. Nelmaggio 2012 il processo a carico
delle 2 attiviste si conclude conuna condanna ad 8 mesi per Marianna con l'accusa di resistenzaa pubblico ufficiale e l'assoluzione per Nina. La lotta NoTav non siarresta e si moltiplicano le manifestazioni a sostegno della Vallema al contempo aumenta la repressione da parte della polizia acui si affiancano le perquisizionie gli arresti. Il 26 gennaio 2012, altermine di una manifestazione aChiomonte, luogo dove eranocominciate le prime trivellazionie i primi sondaggi, 45 personevengono arrestate per resistenzaallo sgombero della “Repubblicadella Maddalena” e per resistenza ai lavori del cantiere diChiomonte dove la polizia avevadisperso la folla di valsusini cheavevano tentato di tranciare le recinzioni che dividevano la cittàdal cantiere dove erano cominciati i lavori per la cotruzionedella Torino – Lyon. A partire dal2013 lo Stato decide però dicambiare strategia: tutti coloroche fanno resitenza nei confrontidella grande opera volutadall'Unione europea e “simbolodi progresso” incorrono nel reatodi terrorismo. Un reato del genereaccomuna così i resistenti valsusini a coloro che negli anni dipiombo agivano sotto le insegnedi formazioni come Brigate Rosse, Prima Linea e Nar. Inoltre percominciare un processo ai terroristi i magistrati torinesi pensanoche ci voglia un posto più “adeguato” a questi nuovi sovversivi eper questo si decide che il Palagiustizia, dove attivisti esimpatizzanti No Tav avevanopartecipato a diversi presidi inoccasione delle tantissimeudienze avutesi lì, non sia più lasede adatta. Per un processo a deiterroristi ci vuole qualcosa di più:proprio per questo si decide di“riesumare” l'aula bunker presente accanto al carcere “Lo Rus
so e Cutugno”. L'aula bunker hauna storia molto particolare:adatta a tribunale alla fine deglianni Sessanta, fu utilizzata cometribunale dai giudici torinesi pergiudicare i reati di terrorismo e dimafia che infestarono il capoluogo piemontese fino agli anni Novanta. L'aula bunker è stata“rinaugurata” il 21 gennaio delloscorso anno ed è ora il luogo dovecontinuano le udienze per i processi ai No Tav.
I grandi accusatori eprocessi in corso
Rispetto ai grandi accusatori delmovimento, cominceremo dacoloro che hanno guidato i processi nei confronti dei No Tav come pubblici ministeri: GiancarloCaselli e Andrea Padalino.Giancarlo Caselli è molto conosciuto all'opinione pubblica ed èmolto apprezzato dalla borghesia progressista torinese: si èoccupato di terrorismo negli anniOttanta, è stato componente delCsm e ha partecipato come Pm aPalermo in diversi processicontro la mafia. Negli ultimi annidella sua carriera da magistratoha disposto diversi arresti di NoTav impegnati in manifestazioni.Sembrerebbe strano che un magistrato che ha lottato contro lamafia, ora faccia arrestare perso
ne che lottano contro le mafie chesono dietro gli appalti per i lavoridella Tav. L'ormai ex magistratoha affermato che“il cantiereTav èun laboratorio di violenza” maprobabilmente non ricorda e nonha perseguito le violenze delleforze dell'ordine nei confronti deimanifestanti come ad esempionella “Repubblica della Maddalena” già citata precedentementeche era suolo pubblico concessoin uso dal sindaco di Chiomonte equindi installazione “legale”. Sicuramente Caselli, ora in pensione, avrà la possibilità di diventaresenatore (Pd) ma gli attivisti NoTav ricorderanno sempre la suaacredine nei loro confronti. Unaltro magistrato è Andrea Padalino. Meno conosciuto a livello nazionale ma “famoso” a livellolocale, Padalino ha preso da pocoaoccuparsidellevicendeNoTaveassieme al Pm Rinaudo stasvolgendo ancora oggi i diversiprocessi contro militanti valsusini. Padalino è diventato tristemente per la presa di posizionerazzista in base a cui “si devonoprendere tutte le impronte digitali degli immigrati, a prescindereche fossero delinquenti o meno”.Intanto anche in questo mese sono continuate le udienze nella famigerata aula bunker, in questocaso per i fatti relativi agli scontridel 27 giugno e 3 luglio. Il 20
gennaio è stato il turno della testimonianza degli agenti di polizia che hanno dato tutti unaversione uguale ma non del tuttoconvincente riguardo i fatti inquestione.Ilgiornodopoinveceèstatoil turnodei4NoTavarrestatidurante gli scontri. Nel frattempoproseguono le accuse di terrorismo nei confronti dei No Tav legati a diversi episodi tra cui ilritrovamento di tre molotov davanti alla casa del deputato PdEsposito e dell'incendio neiconfronti di alcune macchine diaziende attive nella costruzionedella TorinoLyon da parte di sedicenti No Tav. Sfortunatamenteper la magistratura borghese nonci sono prove che siano stati i NoTav (anche per l'assenza diqualsiasi rivendicazione) ma èmolto probabile che questeaziende abbiano altri “nemici”considerando la loro situazionefinanziaria che farebbe arrossirequella della regione Piemonte.Come Alternativa Comunistacontinuiamo a chiedere l'immediata scarcerazione dei militantiNo Tav ancora presenti nelle prigioni imperialiste e auspichiamouna vittoria della lotta del movimento No Tav nell'ambito di unsuperamento in senso rivoluzionario e socialista del sistemacapitalista (01/02/2014)
MOVIMENTI
LarepressionenonfermalalottaalMuos(tro)Verso la manifestazione del primo marzo
a cura del Pdac Sicilia
Il 2014 dei No Muos è cominciato con le notifiche didenuncia per quindici attivisti, in relazione ai fatti acca
duti nel corso della manifestazionesvoltasi a Niscemi il 9 agosto scorso.In quella occasione, furono centinaia i manifestanti che, attraversovarchi ricavati tagliando le reti direcinzione, entrarono nella basemilitare americana occupandolaper alcune ore. È singolare tuttaviache, sebbene l'occupazione siastata effettuata da centinaia dipersone, i provvedimenti repressivi abbiano colpito soltanto quindici di esse. Si tratta guarda caso diattivisti inprimalineanella lottaNoMuos, e infatti questi ultimiinterpretano le denunce ricevutecome un chiaro tentativo, da partedelle istituzioni, di intimidire lalotta No Muos e le persone che, inprima persona, la dirigono datempo. Misura intimidatoria che sipone in continuità con le altre subite in questi mesi dai No Muos, mache di certo non ha piegato la resistenza degli attivisti, nonostante le
grosse difficoltà attraversate negliultimi tempi dal movimento, fra repressione, polemiche e dissidiinterni (oltre ai tentativi di gruppineofascisti di strumentalizzare labattaglia al Muostro).
Le antenne sì,l'ospedale no?
La risposta del coordinamento deicomitati No Muos non si è fattaattendere. Nei giorni successivi allanotifica delle denunce gli attivistiniscemesi si sono riuniti per pianificare le mosse successive. E giorno12 gennaio migliaia di niscemesisono scesi in piazza per manifestare contro la paventata chiusuradell'ospedale cittadino, un rischioconcreto dopo il progressivosmantellamento del nosocomio –riduzione dei posti letto, chiusuradi interi reparti –, frutto delle politiche scellerate promosse dai governi nazionali e regionalicoerentemente al principiodell'“austerità”, che sta devastandoi servizi e i diritti sociali a qualsiasilatitudine e longitudine sull'altaredegli interessi del capitale. “Le
antenne sì, l'ospedale no” hannoscritto significativamente sul lorostriscione le mamme No Muos, arimarcare le scelte folli di chi vuolesotterrare la sanità a Niscemi,noncurante peraltro della prossimità di quella cittadina al polo petrolchimico di Gela e della suaesposizione alle onde elettromagnetiche provenienti dalle 46antenne radio presenti da anniall'interno della base della marinamilitare statunitense, con tutte leconseguenze nefaste sulla salutedei cittadini che queste situazionideterminano. Ma quella chesembra una scelta casuale probabilmente risponde invece a un preciso disegno, ossia quello di creareil deserto attorno a Niscemi e allalotta dei niscemesi, per completarel'opera di militarizzazione delterritorio e garantire la “sicurezza”attorno a una base militare che inprospettiva futura dovrebbe rivestire un ruolo importante infunzione di ulteriori guerre dascatenare in nord Africa e in MedioOriente.
La lotta No muosnon si arresta
I lavori di costruzione del Muoshanno avuto in questi ultimi tempiun'accelerazione e, proprio pochigiorni prima della stesura di questoarticolo, sono state issate le tre gigantesche parabole che costituiscono la parte più appariscente delsistema radar statunitense. Un duro colpo per gli attivisti No Muos,che hanno manifestato immediatamente il proprio dissenso siadavanti la base americana – dovedue attivisti si sono incatenati aicancelli – sia a Niscemi. Un dissenso che non implica la rassegnazione ma la volontà di continuare lalotta contro il Muos – sistema chenon è ancora in funzione dato chemancano ancora le connessioni e
due antenne più piccole – anchequalora la sua costruzione dovesseessere completata. La battagliaportata avanti coraggiosamentedai No Muos contro la militarizzazione del territorio e le guerreimperialistiche, e a tutela della salute e dell'ambiente, conoscerànelle prossime settimane ulteriorisviluppi. Tra le diverse iniziative,giorno 22 febbraio è previsto unpresidio presso la prefettura diCaltanissetta, per protestarecontro i provvedimenti repressivida essa disposti nei confronti degliattivisti No Muos. I militanti dellasezione nissena del Pdacsupporteranno l'iniziativa, per denunciare la politica intimidatoriadelle istituzioni e per sensibilizzarela popolazione rispetto a una lottadi straordinaria importanza. Proseguirà dunque l'opera di divulgazione contro il Muos che i militantidel Pdac Sicilia hanno sempre promosso in tutte le piazze siciliane daloro toccate nel corso di questi mesi, e che sarà sviluppata anche nei
comizi di quartiere che il PdacCaltanissetta svolgerà con continuità, a partire da venerdì 24gennaio, per presentare alla popolazione il programma rivoluzionarioelanostraricettaperusciredalla“crisi” del sistema capitalista. Nellaconvinzione che anche la battagliaal Muos, tanto più in considerazione della sua dimensione gigantesca, non possa essere combattutase non da una prospettiva anticapitalista, e che non si possa fare alcunaffidamento sulle istituzioni e suipoliticanti. Non sarà la politica enon saranno i tribunali borghesi afermare i lavori in contrada Ulmo,cosìcomenonsarannolorodicertoa fermare i progetti imperialisticiche si celano dietro il famigeratoMuos.
Verso il primo marzoPer il primo marzo il coordinamento dei comitati No Muos haindetto una nuova grande giornatadi mobilitazione. Come Pdacabbiamo supportato in questi mesi
le iniziative No Muos, dalle attivitàal presidio alle manifestazioni dipiazza, inclusa la manifestazioneantifascista dello scorso 30 novembre a Palermo, quando la polizia difese la sfilata dellafantomatica “Rete No Muos” fascistoide caricando noi antifascisti.Anche stavolta pertanto ci associamo all'appello del coordinamento No Muos e invitiamo tutte leforze politiche, sindacali, di movimento che condividono questaimportantissima battaglia asupportare l'iniziativa.L'appuntamento è per ContradaUlmo, l'obiettivo la base della marina militare statunitense. Tuttiinsiemeribadiremoilnostronoallepolitiche di guerra e di saccheggioambientale promosse dai poteriforti internazionali sulla pelle dellepopolazioni. Ribadiremo il dirittoall'autodeterminazione e il rifiutodella logica del profitto come unicoorizzonte possibile. No Muos, ora esempre! (01/02/2014)
10 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTALOTTE DEI LAVORATORI IMMIGRATI
Conny Fasciana
Duecentomila euro algiorno, 73 milionil'anno: il sistema delleespulsioni in Italia è
una macchina per far soldi chenon conosce crisi . Sono circa500mila i clandestini in Italia. Diquesti, circa il 15%, finisceannualmente rinchiuso nei Cie. Irimpatri riguardano circa la metàdi questi ultimi. Facendo uncalcolo molto approssimativo(somma della retta giornaliera ecosto del rimpatrio) si può stimare in circa 10.000 euro ad immigrato il costo della suapermanenza nei CIE, dal fermoall'uscita dal centro (fino a 18 mesi). Moltiplicando tale cifra per7.000/8.000, cioè per il numeromedio dei rimpatri annui, si ottiene la spaventosa cifra di 70/80 milioni di euro. Dal 1999 al 2013 èstato speso quasi un miliardo dieuro per tutte le procedureconnesse all'espulsione dei migranti. I voli di espulsione forzata,sostenuti con i Fondi Rimpatriodell'Unione Europea, sono un tipico esempio di questa enormemacchina da soldi e dei suoi relativi sprechi. Nel rapporto dellaCommissione diritti umani delSenato su carceri e centri di trattenimento per migranti senzapermesso di soggiorno presentato a marzo 2012 si legge cheper ogni cittadino stranierorimpatriato lo Stato italiano pagacinque biglietti aerei : uno per lapersona da espellere e quelli diandata e ritorno per i due agentiche la scortano. Si usano voli di linea oppure charter appositamente organizzati dall'agenziaper il pattugliamento dellefrontiere esterne dell'Unione Europea, Frontex. È sufficiente dareun'occhiata al bilancio di Frontexper capire meglio di che numeristiamo parlando: più di 8 milionispesi per rimpatriare 2038 persone, più o meno 4mila euro a testa .E la cifra include solamente lespese di viaggio. Ma c'è di peggio.Mistral Air, la compagnia aereadel gruppo Poste Italiane, dal2011 affitta i suoi aerei bianchi egialli per i trasporti da un Cieall'altro o per il rimpatrio nel Paese d'origine. Alla modica cifra di6.000 euro l'ora di affitto la MistralAir, oltre a pacchi e corrispondenza, spedisce a casa uomini e donne senza documenti(1).Non osiamo pensare a quantoammonteranno i costi di affittoora che le poste italiane hannointrapreso la “retta via” della privatizzazione! A queste risorsevanno aggiunte quelle relativealla sorveglianza : nel 2004 laCorte dei Conti ha calcolato cheper mantenere 800 addetti alla vigilanza sono stati spesi 26,3 milioni di euro . E negli annisuccessivi il numero di addetti èaumentato. E quindi anche il costo complessivo.
Il giro di affariintorno ai Cie
Quello dell'identificazione è ungiro di affari che fa gola a tutti. IlViminale ha tagliato i fondi, masolonel2011hastanziatopiùdi18
milioni di euro. Gli enti gestorifanno a gara per un posto traguerre giudiziarie e interrogazioni parlamentari. Ce ne sono 13 inItalia, per un totale di 4mila posti ,ai quali vanno aggiunti quellitemporanei e“galleggianti”, comele tre navi civili ormeggiate alporto di Palermo e che hannoospitato 700 tunisini durantel'emergenza Lampedusa (90milaeuro al giorno per il noleggio dellenavi). Da una relazione tecnicadel servizio studi della Camera del2008 risulta che costruire un posto letto nel Cie diTorino è costatoin media 78mila euro . Contandoche la struttura ha 180 posti, il costo complessivo è stato di circa 14milioni. In quell'anno sono statistanziati in totale 78 milioni di euro da spendere in tre anni, fino al2010, per la costruzione di nuovilager. Le procedure per gli appaltidei servizi all'interno dei Cie sonoun vigoroso esempio di comequeste prigioni rappresentinouna potente fonte di inesauribileprofitto da parte del capitale, conla benevolenza, ovviamente, digoverni ed istituzioni. Infatti iCentri di Identificazione edEspulsione sono di competenzaesclusiva dello Stato ma la loro gestione viene affidata a cooperative sociali attraverso appaltipubblici indetti dalla prefettura.Le gare d'appalto per la gestionedei Cie vengono effettuate dalleprefetture in parziale deroga alladisciplina sugli appalti, grazieall'emergenza immigrazione cheè stata dichiarata nel 2002, e daallora prorogata di anno in annoda tutti i governi. Spesso si trattaaddirittura di licitazioni private.Con casi di servizi gonfiati: adesempio a Modena e Bologna sisuperavano i 70 euro giornalieri atrattenuto contro i 45 medi. Soldiche ovviamente non vanno ai migranti reclusi, ma agli enti che gestiscono i servizi nei centri.L'arrivo dei migranti in Italiainvece è gestito dalla ProtezioneCivile, come se questi rappresentassero una calamità naturale.
Cooperative d'affariLa gestione dei Cie italiani è stataspartita principalmente fra tregrandi gruppi : in primo luogo laCroce Rossa , che è anche stata ilprimo ente designato a gestirequesti centri costruiti dallo Statoper far fronte alle prime ondate“emergenziali”. Poi ci sono unagrande cooperativa, L'Oasi di Siracusa , un consorzio di cooperative, il Connecting People diTrapani, e La Cooperativa Auxilium . Il modello di gestione deiCie messo in campo da L'Oasipiace tanto allo Stato che preferisce tagliare sui costi pro capitepiuttosto che investire in percorsidi integrazione. Infatti, permancanza di fondi, lo Stato haabbassato la retta quotidiana destinata ai reclusi di questi centriportandola da una cifra media di45a30euroalgiorno.Attraversolamodalità dell' asta al ribasso , lacooperativa L'Oasi si è aggiudicata la gestione dei Cie di Bolognae di Modena per soli 28 euro algiorno. Come si farà a mandareavanti una situazione già di per sé
delicata con così poche risorseeconomiche ancora nessuno loha spiegato. Fra i soci delconsorzio L'Oasi, c'è ancheMarco Bianca , già vicepresidentedella cooperativa Alma Mater chegestiva il Cara (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) diCassibile, chiuso dopo varieinterrogazioni parlamentari.Alma Mater nel 2008 era finitasotto inchiesta per truffa ai dannidello Stato, per una serie di fatturegonfiate per l'acquisto di arredamenti, lavori di ristrutturazione eservizi di lavanderia all'internodel Cara. La vicenda si conclusepoi con un nulla di fatto : le proveraccolte erano inutilizzabili per lamancata richiesta di prorogadelle indagini. Il pm Antonino Nicastro aveva comunque chiesto ilrinvio a giudizio per donArcangelo Rigazzi e MarcoBianca, rispettivamente presidente e vicepresidente di AlmaMater. La richiesta non fu accoltadal giudice dell'udienza preliminare. L'Oasi gestisce anche il Ciedi Trapani , in località Milo , dopoaver vinto con un appalto da seimilioni e seicentomila euro “ivaesclusa” per tre anni. Alla gara habattuto la cooperativa Insieme,del consorzio Connecting People,nato proprio a Trapani e da annigestore di Cie e Cara per richiedenti asilo in tutta Italia. Dopo lagara, persa, ha fatto ricorso ma haperso nuovamente. “Abbiamocontestato il prezzo troppo basso” racconta Giuseppe Scozzari,presidente del consorzioConnecting People. “La cooperativa Oasi ha vinto sul ribassod'asta a 28 euro, noi avevamopartecipato al rialzo con 38”.Questo onesto imprenditoreconsiderava perciò impossibilegestire il Cie con 28 euro al giorno.E aveva ragione! Con tale irrisoriacifra come si possono gonfiare lefatture? Ma probabilmente si è rifatto altrove. Il prossimo 11febbraio, i vertici dellaConnecting people, che da quasisei anni gestisce il Cie e il Cara diGradisca, dovranno risponderedell'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffadello Stato e a inadempienze dipubbliche forniture. Secondo ilcapo di accusa, infatti, nellefatture inviate alla Prefettura sarebbe stato indicato un numeromaggiore di ospiti di quellieffettivamente presenti nelle duestrutture gradiscane, per unatruffa complessiva di quasi 1,5milioni di euro. Nella vicenda sono implicati anche il viceprefettovicario Gloria Sandra Allegretto eil ragioniere capo della PrefetturaTelesio Colafati, imputati di falsità materiale e ideologica in attipubblici per non aver verificato lacongruità delle fatture presentatee di averle vistate autorizzandoneil pagamento. Alla Connectingpeople si imputano anche presunte irregolarità nelle dichiarazioni relative alle forniture dimateriali per l'assistenza allapersona: indumenti, serviziomensa, schede telefoniche e medicinali. (27/01/2014)
Nota
(1) http://youtu.be/GmrS2tSVA38
Clandestini:unaffaremilionarioIl business dell'immigrazione non conosce crisi
Nella pagina le foto dell'iniziativa pubblica del Pdac “Nè nativi nè migranti” del 2 febbraio ad Agrigento
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 11LOTTE DEI LAVORATORI IMMIGRATI
Nelson Mandela: la verità dietro la menzogna5 Dicembre 2013,i potenti del mondo rendono omaggio al protettore del sistema capitalistico in Sudafrica
Patrizia Cammarata eMoustapha Wagne
Nelson RolihlahlaMandela, nato a Mvezo il 18 luglio 1918, èmorto all'età di no
vantacinque anni a Johannesburg il 5 dicembre 2013.Mandela è stato il grande leaderdel movimento antiapartheid inSudafrica ed ha avuto un ruoloimportante nella caduta di taleregime. Protagonista, insieme alpresidente Frederik Willem deKlerk, dell'abolizionedell'apartheid all'inizio degli anniNovanta, fu eletto presidente nel1994, nelle prime elezioni multirazziali del Sudafrica, rimanendoin carica fino al 1999, mentre nel1993 ottenne il premio Nobel perla pace. Il suo partito, l'AfricanNational Congress, è rimasto daallora ininterrottamente al governo del Paese.
I due Mandela: quello deipoveri e quello dei ricchi
Milioni di neri sudafricani hannopianto la morte di Nelson Mandela, chiamato Madiba (nomeall'interno del clan d'appartenenza, dell'etnia Xhosa). In tuttoil mondo proletari neri, militantidi comitati o associazioni controil razzismo, hanno reso omaggio aNelson Mandela. Ma a porgere lecondoglianze per la sua morte, arendergli omaggio e ricordarlocon parole di riconoscenza e distima, sono stati anche i rappresentanti di governi e banche, quegli stessi che ogni giornopromulgano leggi e provvedimenti che colpiscono duramentele condizioni di vita dei proletaridi tutto il mondo. Com'è possibile, dunque, che mentre la crisiinternazionale del capitalismosta riducendo alla fame e alladisperazione un sempre maggiornumero di persone servendosispesso proprio di leggi razziste ecolpendo con guerre e disastriambientali soprattutto l'Africa ele popolazioni nere, com'è possibile che lo stesso leader rappresenti un'icona per le massesfruttate e contemporaneamenteper i potenti del mondo? La risposta, noi crediamo, sta nel fatto chesi è trattato di due commiati rivolti a due Mandela diversi,quello delle rivolte e della speranza e quello della riconciliazione e della vittoria del capitalismosulle masse oppresse. Il proletariato nero e la borghesia hannoreso omaggio a due Mandeladistinti. Il popolo sudafricano, isinceri antirazzisti di tutto ilmondo, hanno pianto il simbolo
della lotta contro l'apartheid (ilcriminale regime usato dallaborghesia bianca sudafricana persfruttare e reprimere le masse popolari nere), hanno pianto il militante che ha trascorso 27 anni dicarcere per la lotta contro il razzismo, hanno pianto il Mandela cheaveva scelto di “combattere il sistema che imprigionava il suo popolo”. I rappresentanti del potereeconomico e politico del mondo, irappresentanti e i curatori d'interessi d'industriali e banchieri delcapitalismo mondiale hanno,invece, reso omaggio al Mandeladella “riconciliazione”, il Mandelache ricondusse la lotta deglisfruttati neri verso la pacificazione con la borghesia bianca, ilMandela che chiese al suo popolodi accettare che gli stessi dirigentirazzisti afrikáners rimanesseroimpuniti per i crimini commessi eche, davanti allo scenario di unalotta che continuava a crescere ead estendersi con la solidarietà dinumerose organizzazioni in tuttoil mondo, anziché porre al centrola questione del potere reale,quello economico, espropriandola borghesia e consegnando laricchezza del Paese ai lavoratorisfruttati, collaborò proprio con laborghesia bianca sudafricana el'imperialismo che lo avevanoimprigionato per 27 anni, contribuendo al piano di transizioneche ha formalmente annullatol'apartheid in modo ordinato garantendo, al contempo, che il dominio economico, attraverso ilmantenimento della proprietàdelle imprese e delle banche, rimanesse nelle mani degli stessi.Le potenze imperialisteappoggiarono a fondo questopiano,dicuiunodegliesecutori fuil vescovo nero Desmond Tutúche per questo lavoro ottenne,prima di Mandela, il Premio Nobel della Pace.
Le condoglianze deigoverni razzisti
Fra le numerose dichiarazioni dicordoglio di capi di Stato di tutto ilmondo, c'è stata anche quella diGiorgio Napolitano, Presidentedella Repubblica italiana. È utilericordare che in Italia i Centrid'Identificazione ed Espulsione,ossia i lager per gli immigrati,hanno avuto origine da una leggeda lui proposta (legge n.40 del 6marzo 1998, cosiddetta leggeTurcoNapolitano, varata dal governo di centrosinistra), che èstata la base della successiva legge“BossiFini” (legge n. 189 del 30luglio 2002, varata dal governo dicentrodestra) e che ha inauguratola serie delle “leggiricatto”, leggi
che hanno reso sempre più difficile il soggiorno degli immigrati inItalia, molti di loro provenientiproprio dai Paesi dell'Africa.Eppure Napolitano, Presidenteproprio di quel Paese, l'Italia, dove si è verificata la (ennesima) tragedia di Lampedusa, nella quale,a causa delle leggi vigenti, sonomorti annegate oltre 360 personeche tentavano dall'Africa diraggiungere le coste italiane, haespresso “commozione e tristezza” per la morte del leaderantiapartheid Nelson Mandelaaffermando: “Il suo insopprimibile anelito alla libertà, alla dignità umana e all'uguaglianza haavuto ragione della barbariedell'apartheid. Con la sua vita hadimostrato che un mondo piùequo e solidale, dove diversità èsinonimo di ricchezza, è possibile”. La stima per Mandela da partedel Presidente Napolitano, paladino del capitalismo italiano, siaggiunge alla stima d'altrirappresentanti dell'imperialismo, attivi rappresentanti e difensori dello sfruttamento edell'oppressione, come Obama,Merkel, Cameron, Rajoy. Mandela è stimato ed indicato comeesempio dai potenti del mondoperché, dopo essere diventato il
leader della lotta control'apartheid, consegnò il patrimonio di lotte dei neri alla borghesiabianca e all'imperialismo, attraverso una transizione negoziatache non mise in discussione lastruttura dell'economia capitalista e di classe del Paese. Questotradimento, la negoziazione conil presidente De Klerk, avvenneattraverso il Congresso NazionaleAfricano, con l'apporto della direzione della centrale sindacale nera (Cosatu) e del PartitoComunista sudafricano (stalinista).
La verità dei fatti: la fineformale dell'apartheid
non basta
La fine dell'apartheid fu unavittoria del popolo nero sudafricano che, eliminando questo regime, ottenne libertà, dirittipolitici ed un sistema elettoralebasato su“una persona – un voto”.Ma lo sfruttamento capitalistacontinua, la struttura economicadel Paese non è stata messa indiscussione e allo sfruttamentoda parte della borghesia bianca siè affiancato lo sfruttamento daparte di una nuova borghesia nera. La disoccupazione nazionale è
del 25 per cento, ma tra i lavoratori neri si arriva al 40 per cento. Un25 per cento della popolazione vive con meno di 1,25 dollarigiornalieri, livello della miseria edella fame. È evidente e massicciala differenza di condizioni economiche e sociali: accanto ad unaborghesia ricchissima e potentecontinua ad esserci la stragrandepopolazione, soprattutto nera,che vive nella miseria. È per questo che in Sudafrica sta esplodendo la violenza sociale. Eccoperché Nelson Mandela, assiemeagli altri dirigenti, deve essereindicato come il traditore dellereali istanze del suo popolo. Unpopolo che non ha lottato soloaffinché non ci fossero più lefontanelle d'acqua per i bianchi ele fontanelle d'acqua per i neri,ma che rivendicava, accanto allaparità formale, condizioni di vitadignitose, accesso alla salute,all'istruzione, alla casa, al lavoro.Mandela e la retorica progressista, come si vede, non solo nonhanno liberato il proletariato nero sudafricano dallo sfruttamento capitalistico, manemmeno dalla discriminazionerazzista che si diceva conclusacon la“fine dell'apartheid”. Razzismo, sfruttamento e repressione
continuano, solo con forme diverse e con veste “democratica”.La filosofia di Mandela e dell'African National Congress, (nonchédella gran parte della sinistra sudafricana, dagli stalinisti ai riformisti) è che il Sudafricaprogredirà con un lungo processodi riforme, non con una rivoluzione. Questa politica si è rivelatafallimentare: nei settore chiavedell'economiasudafricanavigelostrapotere dell'economia privata,continua un'enorme disuguaglianza di reddito, un alto tasso didisoccupazione fra i giovani. Acausa di questa situazione negliultimi anni le lotte della classe lavoratrice sfruttata del Sudafrica sisono moltiplicate. Nell'agosto2012 un gruppo di minatori èstato massacrato dalle bandearmate a servizio del “governodemocratico” e “progressista”dell'African National Congress,sostenuto dagli stalinisti del cosiddetto Partito Comunista Sudafricano. Per questi motiviNelson Mandela non può essereindicato come l'esempio da seguire per gli sfruttati e le vittimedel razzismo in Africa e nelmondo intero.
Nessuna riconciliazionefra sfruttati e sfruttatori
L'esempio da seguire è quellodella lotta dei milioni di neri chehanno lottato e non sono scesi apatti con i loro aguzzini. Solo unalotta ad oltranza, senza cedimenti, una lotta organizzata cheaffermi chiaramente che la soluzione allo sfruttamento e al razzismo potrà essere solo la sconfittadelcapitalismo(enonlasemplicescrittura di leggi uguali per tutti inuna società in cui esistono classicontrapposte e in cui una classesfrutta un'altra) potrà far nascereuna vera società in cui il razzismosarà sconfitto definitivamente. Ilsangue versato durante la lottacontro l'apartheid, il sangueversato dai minatori sudafricaninon sarà stato versato invano. Èperò necessario che questo massacro ricordi al proletariato africano,europeo,edituttoilmondo,qual è il suo compito, quale è lavera posta in gioco nello scontromortaletrasfruttatiesfruttatori.Ènecessario indicare come traditrici tutte quelle direzioni riformiste in Africa, in Europa e inogni continente che svendono leragioni degli oppressi e la lotta rivoluzionariacontroilcapitalismomascherando i loro appetiti burocratici dietro illusioni d'impossibili riforme di questo sistemacriminale. (28/01/2014)
12 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTADAL TERRITORIO
Giacomo Petrelli
Oggetto della nostra storia è ilcentro di quella gloriosa regioneribattezzata sui libri di storiaMagna Grecia, e oggi snodoambientale d'Italia, se nondell'Europa intera: Taranto. Situata strategicamente al centrodel mare nostrum (vorremo chefosse anche di tutti i migrantiche ci lasciano la vita in quelleacque) Taranto è stata scelta negli anni sessanta come culla diquella che, a distanza di oltremezzo secolo, rappresenta unodei processi produttivi piùvecchi del mondo, cioè quellodella siderurgia a ciclo integrato,cioè di tutti quei passaggi produttivi che portano i minerali adiventare acciaio e /o ghisa. Situata in uno dei massimi centridella disoccupazione meridionale, quella che all'epoca è statapresentata come salvezza per leclassi lavoratrici di quelle zone siè tramutata ben presto in unmostro ecologico senza precedenti, che a tutt'oggi miete vittime direttamente imputabili ai
fumi e veleni che ammorbano ilterritorio e uccidono in manieraindiscriminata giovani, vecchi ebambini, rendendo facile paragonare questa fabbrica a un serial killer che senza alcundisturbo opera direttamente almassacro di tutto ciò che gli è vicino. A nulla è servita la decennale presidenza delcentrosinistra (lugubre corresponsabile di questa tragediaimmonda) e a dimostrarlo c'è ilfatto che le uniche notizie venute alla ribalta su questi personaggi così ambigui (di cui ilcapofila è il presidente Vendola)trattano telefonate dove le risatesui morti dovuti al benzo(a)pirene rilasciato dall'Ilva lascianopoco spazio a eventuali altreillusioni sui “nostri” governanti”e su quei partiti che vantanol'ecologia nel loro simbolo.Senza contare i procedimentigiudiziari borghesi che gravanointorno al complesso siderurgico del padron Riva, come adesempio l'ultimo decreto leggedi dicembre, che sostanzialmente vede requisire i
soldi di padron Riva per attuareuna serie di misure per salvaguardare l'ambiente a Tarantocontinuando di fatto a produrrein questo modo osceno e quindinon eliminando il problema allaradice.
Il ricatto padronaleIl ruolo fondamentale dell'Ilva(ex Italsider) dalla sua nascita adoggi (quindi anche dopo lasvendita al padron Riva nel 1995a quattro soldi da parte di Prodi)è stato quello di “civilizzare” leclassi lavoratrici pugliesi alcapitalismo, di Stato prima, e“privato” con i Riva. Correvanogli anni Sessanta, anni in cui siera concluso il ciclo espansivodel boom economico italiano ecominciava la sua partediscendente. Di lì a poco avremoavuto l'ultima vera rivolta dellefabbriche occupate, che vennemessa a tacere con la legge 300,cioè con lo Statuto dei lavoratori. I lavoratori pugliesi seguironoquesto andamento, convinti delfatto che vivere per un padrone,vivere insomma di capitalismo,si può e lo possono fare anche ilavoratori. Il mito costruito daipadroni vuole che il lavoro da loro “concesso” ridistribuiscaricchezza e permetta in unadelle zone di massima disoccupazione meridionale (cioè Taranto) di “vivere”dignitosamente non solo ai lavoratori (resi più mansueti daquesti miraggi) ma anche a tuttequelle persone che gravitanoattorno all'indotto della fabbrica. E che sia cosa buona e giustache padron Riva guadagni sullemorti provocate da questi processi produttivi, che sia lui il padrone che lascia gli spiccioli esemina tumori per i suoi profitti.Questo noi invece lo chiamiamostragismo. Perché ammazzarecon i gas e i veleni della fabbrica
rende un padrone assassino.
Per una gestione operaiadella fabbrica
Per questo, e per ridere anchenoi di gusto come fanno i nostrigovernanti, vorremmo riconvertire l'intero stabilimentoda ciclo integrato ad acciaieria arottami, eliminando queglienormi parchi minerali degnidell'anteguerra che sprigionanoossidi e molecole distruttive peril territorio e per chi ci abita. Eper farlo non attingeremmo allecasse statali già gravate dal debito, unica cosa rimasta pubblica,ma esproprieremmo tutto ai Riva e ai loro complici viste le cifreesorbitanti che hanno incassatoin questi due decenni. Ovviamente senza dimenticare chequalsiasi procedimento in questo senso non può essere legatoa nessun amministratore delegato o commissario nominatodai partiti o dalle istituzioni pagato con centinaia di migliaia dieuro all'anno (come accadeora). La gestione della fabbrica
deve essere guidata dalle lavoratrici e dai lavoratori, che decideranno nelle loro assembleecome guidare le produzioni e icambiamenti di quello che è ilfrutto dei loro sforzi. Senza tralasciare che ciò deve essereaccompagnato dalla bonifica ditutto il territorio guidata dalle
lavoratrici e dai lavoratori di Taranto con i soldi di Riva. Vogliamo l'emancipazione della classelavoratrice. È questo che vogliamo per Taranto e per tutto ilmondo. Non una continua strage in nome del profitto. Dopo icoloni vogliamo i colori.(01/02/2014)
DopoicolonivogliamoicoloriIl caso emblematico dell'Ilva di Taranto
Nicola Porfido
Il Gasdotto TransAdriatico (conosciuto come Tap,TransAdriatic Pipeline ) èun progetto nato per la
costruzione di un nuovo gasdotto che connetterà l'Italia ela Grecia attraverso l'Albania,permettendo l'afflusso di gasnaturale dalle zone del Caucaso, del Mar Caspio e del MedioOriente. Il progetto è nato pervolere della Axpo Italia Spa, società attiva soprattutto nelcommercio di elettricità e gas,che nel 2006 diede parere positivo circa la realizzabilità tecnica, economica e ambientaledel gasdotto e, dall'avvio delprogetto, Tap ha già ottenutodue finanziamenti dall'UE, neidicembre 2005 e 2006. Nel 2011vengono avviati i progetti dimonitoraggio del fondo marino che il 24 gennaio 2012hanno iniziato ad interessare ifondali di fronte la costa dellalocalità di San Foca (Melendugno, provincia di Lecce). Il progetto prevede la costruzione diun tubo lungo 520 km chegiungerà nel canale d'Otrantoper poi espandersi per altri 100km nel Mediterraneo fino agiungere a 450 metri dalla località di San Foca.
Il comitato No Tap e ladenuncia
Nasce così il comitato No Tap,espressione del dissenso dellapopolazione salentina che valuta negativamente l'impattodi tale opera su un territorio adalta vocazione turistica e di pesca. Il progetto prevede la costruzione di una centrale didepressurizzazione grande 12ettari (area Prt) dalla potenza diuna piccola centrale turbogas,
attorno alla quale sarà inevitabile assistere alla nascita di ungrosso centro industriale inuna zona dove il 90% della popolazione è composta di pescatori. Il cambiamentoforzato della vocazione economica di una località non puòche portare danni alla popolazione ed alla fragile economialocale, ma gli amministratoridel progetto Tap assicurano lacreazione di 300 nuovi posti dilavoro. Risulta ovviamentescontato constatare lamancanza di tanti tecnici specializzati nella zona del Salento. Non è solo l'economiache è a rischio: i danniambientali previsti sonoenormi. La falesia sulla quale lelocalità interessate dal progetto sorgono, è molto friabile egià gravemente erosa dagliagenti atmosferici. La strutturadel Prt inoltre sarà illuminata24 ore su 24 ed emanerà senzasosta un forte rumore, come dichiarano gli stessi amministratori del progetto. Inoltre leipotesi presentate prevedono
la costruzione di tale area neipressi di zone archeologichecome masserie risalenti al IVsecolo a.c. e zone interessateanche alla deposizione di uovada parte di specie di tartarughe. Ulteriore danno perl'ambiente sarebbe dato dalfuturo divieto di impiantareulivi, vigneti ed alberi da fruttaa meno di 40 metri dal tubo cheverrà costruito sulla costa, conla conseguente espiantazionedi centinaia di ulivi secolari giàpresenti sul tracciato.
Gli interessi dei padronipoggiano sull'inganno
L'opera è di grosso interesseper l'Italia e per l'Europa stessa. I 20 miliardi di metri cubi digas che potranno passare dallaTap rappresentano il 39% delfabbisogno energetico nazionale italiano ma tale apporto digas non riguarda solo l'Italiama andrà in tutta Europa. Ilprezzo del gas però è legato solamente al prezzo del petrolioed all'andamento della borsa;
così le bollette della popolazione non vedranno certo delle diminuzioni. Anzi, il comitato NoTap denuncia anche la cattivapolitica della gestione delleinfrastrutture energetiche. Nel2012 c'è stato un aumento delprezzo del gas ma una diminuzione di quello dell'energiaelettrica, un apparente controsenso. Ma andando nel dettaglio si osserva che l'aumentodel prezzo del gas è stato dovuto al pagamento di infrastrutture, costruite ed alcunemai utilizzate, per le quali loStato ebbe incentivi e fondi.Questi fondi ora sono finalizzati a ripagare le società chehanno costruito tali strutture
abbandonate e che ora ricevono fino all'80% di rimborso peril mancato guadagno, causal'inutilizzo. Questo costoovviamente è stato riversatosulle bollette dei cittadini.
La difesa del territoriopassa attraverso la lotta
ai padroni
Alternativa Comunista ed i suoimilitanti nel Salento appoggiano e difendono la lotta che ilComitato No Tap sta conducendo sul territorio. È del tuttonecessario difendere l'economia dei pescatori e del piccoloturismo locale poiché centinaia di famiglie rischiano la
perdita del loro lavoro e delterritorio in cui vivono a causadel forzato cambiamento divocazione di esso, in nome distrategie economiche e politiche finalizzate a dare allo Statoitaliano un maggior peso a livello internazionale.No al progetto Tap!No agli accordi internazionaliche portano allo sfruttamentoeconomico del territorio!Per uno sviluppo delle fontirinnovabili slegato dai poteriforti!Per una gestione operaia dellefonti di energia!(01/02/2014)
NoTap:ilSalentolottaperilproprioterritorioIl Pdac supporta la battaglia del Comitato No Tap
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 13DAL TERRITORIO
UnosguardosulNordEstLavoro,crisi,disoccupazione e lotte
Davide Primucci*
Il Ministro del Lavoro e dellePolitiche sociali, Enrico Giovannini, e il Ministro dell'Economia e delle Finanze, FabrizioSaccomanni, hanno firmato, loscorso 22 gennaio, il decretoattuativo della cassa integrazione in deroga. Il provvedimentoha ripartito le risorse tra lesingole regioni. La cifra, cheammonta a 400 milioni d'euro, èstanziata per la concessione oper la proroga dei trattamenti dicassa integrazione guadagni,ordinaria e straordinaria. La regione che riceverà la somma piùalta sarà la Lombardia, con70.736.442 euro, a seguire il Veneto (35.637.246 euro). Assistiamo ogni giorno al fatto che,dopo l'erogazione della cassaordinaria e di quella straordinaria, nella stragrande maggioranza dei casi, arriva illicenziamento. Quest'esperienza l'hanno vissuta sulla propria pelle anche i lavoratori del“ricco” Nordest, dove la crisi si fasempre più stringente. A titolo
esemplificativo osserviamo lasituazione di Padova. I numeri ciaiutano a capire in che statoversa l'economia di questa“grande realtà produttiva” delVeneto: i dati economici relativiall'intero 2013, divulgati ai primi di gennaio dalla segreteriagenerale della Cgil locale, testimoniano che anche a Padova latanto ventilata crescita è inesistente. Solo un dato, relativo alterzo trimestre dell'anno, lanciaun timido segnale di ripresa. Laproduzione industrialenell'ultimo trimestre ha registrato +2% rispetto allo stessoperiodo del 2012, dopo il 5.6%del primo trimestre e il 3.2% delsecondo. Per il resto i dati illustrati fotografano una valle di lacrime in tutti i settoridell'economia. Dal 2007 ad oggil'industria padovana ha persoper strada 16mila lavoratori. Laproduzione è calata, complessivamente, del 24%. La cassa integrazione, nel solo 2013, ècresciuta del 22.6%. I licenziamenti collettivi, semprenell'ultimo anno, sono au
mentati del 24.6%. La disoccupazione giovanile è salita, in seianni, dall'8 al 24%. Un dato pesantissimo che sta accomunando il Veneto e nello specificoPadova, alla drammatica realtàdi quasi tutte le città del sud, dove la disoccupazione superaovunque il 30%. Pesantissimo ildato relativo ai lavoratoricoinvolti nelle diverse procedure concorsuali (fallimenti,concordati preventivi): +74.1%rispetto al 2012. Insomma, unavera e propria Caporetto per laproduzione e per l'occupazionepadovana, mai arrivata tanto inbasso dal dopoguerra. Questinumeri possono essere realisticamente applicati ai maggioricentri industriali del Nordestdove, negli ultimi anni, la crisinon ha subito alcuna battutad'arresto.
Tanti licenziamenti elotte perdenti
Tuttavia, non sempre di frontealla perdita di lavoro generalizzata si assiste all'avvio divertenze che respingono conforza il licenziamento. Le causeprincipali per cui le lotte stentano a partire sono molteplici,una di queste è la frammentazione del lavoro: oggi, salvoalcune imponenti realtà industriali, il tessuto produttivo èsuddiviso in una moltitudine diaziende, le cosiddette piccole emedie imprese. In queste realtài lavoratori, spesso, non sonosindacalizzati. In questo modoè facile che quando aziende conuna ventina di dipendentiannunciano la chiusura, i lavoratori non sono pronti e organizzati per rifiutare illicenziamento con la lotta. Perquanto riguarda le aziende digrandi dimensioni un esempioimportante di lotta è quello
avvenuto alla Ferriera di Trieste,che lo scorso 24 gennaio è stataoccupata dalle maestranze.L'impianto è in amministrazione straordinaria e trecento lavoratori sono a rischiolicenziamento. Quella mattina ilavoratori hanno bloccato lafabbrica, occupandone la direzione e negando l'accesso aimezzi pesanti all'internodell'impianto,. L'azione è avvenuta in seguito alla notifica dicassa integrazione straordinaria per 300 operai a partire dal 4febbraio. La Ferriera è anchechiamata L'Ilva del NordEst, acausa dell'inquinamentoambientale ad essa connesso, airischi per la salute dovutiall'emissione di polveri sottili,nonché a morti sospette tra i dipendenti e parecchi casi di tumori tra gli abitanti della zonacircostante al sito produttivo. Ilcaso triestino è emblematico,qui i lavoratori hanno occupatola fabbrica perché rifiutano laprocedura di cassa integrazione, consapevoli che potrebbefacilmente tramutarsi in licenziamento, peraltrospacciata dalla direzioneaziendale come indispensabileper dare avvio a lavori di ristrutturazione dell'altoforno.
Le responsabilità deisindacati concertativi ela necessità di una lotta
generalizzataL'occupazione dei luoghi di lavoro come forma di lotta è sicuramente una delle più efficacima sicuramente non la più frequente. Purtroppo a dirigere levertenze dei lavoratori spesso cisono i “pompieri delle lotte”: isindacalisti dei sindacaticoncertativi CgilCislUil. I burocrati sindacali di queste organizzazioni, anziché porre
parole d'ordine avanzate checolleghino la singola vertenza aquelle più generali per una risposta alla crisi economica delcapitalismo che possa essere favorevole ai lavoratori, lancianomini scioperi di qualche ora,oppure presidi puramentesimbolici che non scalfisconominimamente i piani di licenziamento voluti dai padroni.Perciò le vertenze si concludonocon mobilità e licenziamentioppure cedendo a “ristrutturazioni” interne con qualche prepensionamento e qualchecassintegrato, risultati, quest'ultimi, che sono vantati daiburocrati sindacali come unavittoriosa riuscita della trattativa. Ristrutturazioni chepuntualmente, dopo qualcheanno, non bastano al padrone, ilquale decide di ritornare suipropri passi chiudendo definitivamente la fabbrica. È propriociò che sta succedendo alla filiale vicentina della multinazionale Akzo Nobel: nel 2011, a frontedi tre milioni di investimenti, isindacati hanno accettato il li
cenziamento di 120 operai; solotre anni dopo la cosiddetta“riorganizzazione” avviene chela multinazionale si diceintenzionata a chiudere, lasciando a casa un altro centinaio d'operai. Anche in questocaso la lotta stenta a partire e,per ora, sembra essersi arenatanei tavoli istituzionali in Regione e al Ministero. In definitivaanche nel nord est, la cosiddetta“locomotiva d'Italia”, nons'intravede lo spazio per la finedella crisi del capitalismo.All'orizzonte solo ulteriori licenziamenti e diminuzione didiritti. La speranza di uncambiamento potrà avvenirequando i lavoratori riprenderanno in mano il proprio futuroe, cacciando i burocrati sindacali, si organizzeranno perlottare contro i licenziamenti, losfruttamento, lo smantellamento dei servizi pubblici e, piùin generale, contro il capitalismo. (28/01/2014)*resp.le giovani diAlternativa comunista Veneto
Riccardo Vallesella*
Che il sindaco di Vicenza, Achille Variati,del Partito democratico, sia uno dei
rappresentanti della classeborghese odierna non è unacosa che sorprende, così comedovrebbe essere chiaro il fattoche il Partito democratico, chealcuni si ostinano a considerare un partito di sinistra, nonsia, invece, altro che un partitoliberale. Il sindaco di Vicenza,antifascista a parole, non dimostra, guardando i fatti, diesser contrario al fascismo.Possiamo costatare come a Vicenza Forza Nuova abbia spazio e agibilità. Il fascismo èstato il responsabile, nel nostro Paese, della carneficinarappresentata dalla secondaguerra mondiale e l'Italia èstata ridotta a una servitù militare della potenza imperialistadegli Usa.
Vicenza: agibilitàall'estrema destra
Nel nome della libertà di opinione la Giunta di Vicenza, chefa riferimento al sindaco Variati, permette manifestazionixenofobe di varia natura econvegni come quello che doveva tenersi il 7 settembrescorso con l'avvocato del gerarca nazista Priebke e dueesponenti del Npd, il partitod'estrema destra tedesco.L'utilizzo della sala per ilconvegno, autorizzatodall'amministrazione comunale, è stato poi revocato supressione della Questura ePrefettura, per problemid'ordine pubblico, negli stessigiorni in cui alcuni esponentidi organizzazioni sindacali e
politiche di sinistra avevanolanciato un appello control'iniziativa. Il fatto è che i fascisti fanno comodo alla borghesia odierna, e forse anche aVariati, che non s'impegna difatto a evitare la loro visibilitànonostante, quando gli fa comodo, si richiami alla Costituzione (che bolla chiaramente,e senza possibilità di malintesi, l'apologia di fascismo comereato). Ma nel caso di ForzaNuova egli se ne dimentica. Ifascisti, non solo di Forza Nuova, ma di qualsiasi organizzazione di destra, fanno comodoalle dirigenze borghesi perché,per quanto preferirebberofarne a meno, possono sempreessere utili contro lavoratori inlotta e organizzazioni di sinistra. Che nei partiti di estremadestra, funzionali al capitalismo, militino individui delproletariato senza coscienzadi classe, è un motivo per cuidiventa ancora più facile, per ilpotere, dividere la classe e mutilare gli oramai pochi diritti rimasti alla classe operaia diquesto Paese. Fomentandoquesto scontro le classi dirigenti riescono a mantenere divisi i lavoratori e cosi facendoottengono un'opposizione divisa e con un potere d'azionenotevolmente ridotto, cosautilissima per i padroni, datoche le masse, in virtù dei numeri, possono essere lasalvezza o la distruzione deiregimi borghesi. Fomentandoindirettamente questoconflitto interno alla classeoperaia i padroni fanno sì chele energie dei lavoratori sianorivolte a scopi di fattodistruttivi invece che alla ricerca di effettive soluzioni alladeprecabile situazione in cuisi trovano. Il “dividi e co
manda” non sembra poi cosìobsoleto come potrebbeapparire, anzi. C'è da considerare un altro fattore: a causadella loro ideologia, le organizzazioni neofasciste saranno sempre disposte adappoggiare le autoritàfintantoché queste aspirano adanneggiare le organizzazionicomuniste e sindacali di lotta.
L'antifascismoistituzionale
è carta straccia
Di fatto, con buona pace dellaloro Costituzione, contro i fascisti non si schierano né ministri né sindaci, come ilsindaco di Vicenza, così comein generale tutta la borghesiaitaliana, proprio perché i fascisti possono essere da loroconsiderati delle valide“truppe” contro la sinistra rivoluzionaria italiana nel momento in cui questa diventeràun problema per la loro pacesociale. La borghesia di oggi sista preparando a seguireeventualmente le orme dellastessa borghesia che appoggiòl'ascesa del fascismo all'iniziodel ventesimo secolo. A Vicenza si stanno moltiplicandole scritte dei neofascisti in varie zone della città, nonostante Vicenza sia una dellecittà più videosorvegliate diquesto Paese. Da parte nostra,come giovani di AlternativaComunista, continueremo aripetere che, per combattere ilfascismo, non bisogna farenessun tipo di concertazionecon la borghesia e bisogna costruire un partito rivoluzionario che sappia rappresentareun'alternativa. (27/01/2014)*Giovani di Alternativacomunista Vicenza
Vicenza:amministrazioneVariatieForzaNuovaL'ambiguità dell'antifascismo parolaio della borghesia
14 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTAINTERNAZIONALE
Europa:laconfusioneregnaasinistraLa rottura dell'Ue e l'uscita dall'euro: la posizione del Pdac
Valerio Torre
Con lo scoppio della crisi economica l'adeguamento strutturaleimposto dall'imperia
lismo ha colpito tutto il proletariato del continente europeo,sia pure con diversi effetti a seconda del Paese in cui venivaapplicato. È in particolare neiPaesi della periferia che queglieffetti sono stati particolarmente virulenti. Basti pensare alla situazione che vivonoGrecia e Portogallo, ridotti alrango di semicolonie e in cui lemisure di austerità sono statetanto selvagge da aver cambiatola struttura sociale e quella delloStato, che ora risponde direttamente all'imperialismo. Pursenza aver raggiunto questi livelli (1) anche l'Italia è stataoggetto di provvedimenti economici feroci che hanno determinato un rilevanteabbassamento del livello di vitadelle classi popolari: la decadente borghesia di un imperialismo di terza fila come quellonostrano, incapace di svolgereun ruolo indipendente nelmercato mondiale, si èattaccata come un parassita aigrandi squali (Germania,Francia, Inghilterra) e pur di assicurarsi gli affari monopolisticinel proprio Paese continuandoad essere socio di minoranza delclub imperialista, ha impostoinauditi sacrifici al proletariatoitaliano. Solo ora, settori semprepiù ampi delle classi sfruttatecominciano a prendere coscienza di essere stati imbrogliati quando l'Ue e l'eurovenivano spacciati come strumenti di progresso economico alivello continentale. Sia pure inmaniera confusa, cresce il c.d.“euroscetticismo” fra gli italiani: recenti sondaggi mostranocome appena più della metà degli intervistati abbia fiducianell'Ue, mentre è altissima(74%) la percentuale di chi èinsoddisfatto dell'euro. E tuttavia, a fronte dei poco fruttuositentativi da parte di piccoleorganizzazioni della destra fascista di uscire dalla marginalitàutilizzando questomalcontento popolare neiconfronti delle istituzioni sovranazionali, non c'è a sinistrala chiara comprensionedell'importanza di padroneggiare un tema così delicato eimportante, in grado di per sé dicoagulare la protesta delle masse impoverite intorno a unapiattaforma unificantedall'intrinseco carattere anticapitalista. Un osservatore checercasse di comprendere le posizioni dei partiti della sinistraitaliana sull'argomento Ue/euro si troverebbe di fronte alle piùdiverse e contraddittorie opi
nioni.
Cosa pensa il Prc dell'Ue edell'euro
Rifondazione comunista, adesempio, fedele alla propriaappartenenza al Partito della sinistra europea (Pse) (2) , proponela rifondazione dell'Europa nelsenso di un riequilibrio dei poteri (in favore del parlamentoeuropeo e in danno dellaCommissione) e dello sviluppodella “democrazia partecipativanelle istituzioni e nelle imprese”(3) . Il Prc sostiene esplicitamente la necessità della costruzione di un'altra Europa al postodi questa attraverso la “modificaradicale degli attuali assettidell'Unione Europea”. Coerentemente, ritiene che debbaessere abbandonato questo modello di integrazione in favoredella costruzione di un diverso“sistema di alleanze e relazioniinternazionali” (4) . In questoquadro, ovviamente, l'euro deveperciò essere salvaguardato:non a caso il congresso del Prcappena concluso ha respinto unemendamento, che, sia pure inmaniera timida e confusa, proponeva l'adozione della parolad'ordine dell'uscita dall'euro. Sitratta, in definitiva, di una posizione di ultima trincea di difesadell'Ue che presupponel'accettazione delle basi delprogetto imperialista della“unità dell'Europa”. È questo ilsignificato del concetto di “integrazione europea” squadernatonel documento del congressodel Pse: rendere solo piùaccettabile l'ingranaggio imperialista che impedisce la veraunità che andrebbe perseguita,quella del proletariato europeo.
La posizione di Sinistraanticapitalista...
Non va meglio in casa di Sinistraanticapitalista, cioè il tronconeche fa capo a Turigliatto nato inseguito alla frattura di Sinistracritica (5) . Conformemente alleposizioni espresse da ciò che resta dell'organizzazione internazionale cui sembra richiamarsi– e cioè quella che usurpa il nome di Quarta Internazionale –Sinistra anticapitalista rifiutaesplicitamente la parola d'ordine dell'uscita dall'euro. E così,se il suo raggruppamentointernazionale sostiene che vacompreso “il crescente sentimento popolare di rifiuto versol'euro e l'Europa. Tuttavia, ciòsignifica porre il problema alcontrario, soprattutto se l'uscitadall'euro avviene in un'economia che continua ad esserecapitalista e, pertanto, equivarrebbe a una svalutazionemassiccia che sarebbe un'altraforma di austerità contro i po
poli” (6) , Sinistra anticapitalistaconsidera quella dell'uscitadall'euro una “propostasemplicistica” di “ripiegamentosugli Stati nazionali”, da utilizzare tutt'al più da parte di unfantomatico “governo di sinistra dei lavoratori” come “armadissuasiva e elemento di condizionamento e di prova di forzacon il padronato e l'Unione europea”; e propone che “la rottura con l'attuale Unione europeacapitalista debba essereaccompagnata da un progettodi rifondazione democratica,cooperativistica e socialistadell'Europa” (7) . In realtà, il rifiuto popolare verso l'Ue e l'euro che quest'organizzazione fasolo finta di “comprendere”rappresenta un passo verso laparola d'ordine della rottura,che nei Paesi dominati è unponte per disputare la coscienza dei lavoratori e farlaavanzare verso le misure anticapitalistiche di transizione necessarie alla difesa del Paese:non pagamento del debito,esproprio delle banche e delleimprese strategiche sottocontrollo operaio. Se invece didifendere la rottura con l'Ue el'euro si dice ai lavoratori, comefanno Sinistra anticapitalista e ilsuo raggruppamento internazionale, che essi “pongono ilproblema al contrario” e chequindi bisogna “lottare contro ilcapitalismo”, allora consegniamo la lotta contro l'Ue all'estrema destra al populismo e alnazionalismo. Come si vede, sitratta in buona sostanza dellastessa posizione del Prc,agghindata con qualchepennellata di rosso.
...e degli stalinisti diRoss@
L'approccio al problemadell'Europa e dell'euro da partedi Ross@ – la non ancora natacreatura di Giorgio Cremaschi –è, se possibile, ancor più confusionario. La “relazione internazionale”, che nelle pococonvinte opinioni del gruppofondatore avrebbe dovutosancire la nascita della nuovaorganizzazione (ma il “lietoevento” è poi stato rinviato –forse – al prossimo giugno)esordisce con la rivendicazioneesplicita della rottura con l'Ue.Ma subito dopo chiarisce che sitratta di una “rottura democratica”. Come? Ma è chiaro:attraverso un bel referendumpopolare che, ben consapevoliche giammai potrebbe essereconvocato per esplicito divietocostituzionale, i promotori diRoss@ hanno pensato bene dielemosinare attraverso un'inutile petizione alla presidentedella Camera Boldrini. E, a dimostrazione del “calderone”
che è Ross@, in cui c'è tutto e ilcontrario di tutto, giova segnalare che, mentre Andrea Ricci,“esperto” economico dei cremaschiani, prospetta una possibile uscita dall'euro “in unaprospettiva di rilancio del processo d'integrazione europea” ein chiave monetarista (mantenimento dell'euro come moneta dei Paesi forti e come unità diconto e mezzo di pagamentoper le transazioni ufficiali; creazione di una “eurolira” degliStati deboli del sud dell'Europa;concorrenza fra quest'ultimadivisa, svalutata, e quella ufficiale) (8) , la Rete dei comunisti(l'organizzazione stalinista chedirige clandestinamente ilsindacato Usb e che fa parte delnucleo fondatore di Ross@) propone di poggiare la propria proposta di uscita dall'euro e dirottura con l'Ue sull'analogodesiderio di settori dellaborghesia nazionale in crisi (facendo quindi blocco con essa,nell'eterna riproposizione diuno dei cavalli di battaglia dellostalinismo!) e di costruireun'area “euroafromediterranea” sul modello dell'Alba latinoamericana, cioè un'areacapitalistica dei Paesi debolisud europei (9) .
Per la rottura dell'Ue el'uscita dall'euro! Per gli
Stati Uniti socialistid'Europa!
L'Ue è la piattaforma degliimperialismi centrali europei,egemonizzata dal capitalismotedesco e associata all'imperialismo nordamericano, in cui icapitalismi periferici sonocondannati a un ruolo miserabile come soci di minoranza esubalterni. Le condizioni dellaconcorrenza internazionale edella divisione sociale del lavoro nell'Ue fanno sì che la sopravvivenza del decadentecapitale finanziario italiano e lasua collocazione nel mercatomondiale dipendano dalla suapermanenza nell'Ue e nell'euro. Ma il prezzo per questapermanenza è enorme: lasoggezione tendenzialmentecompleta del Paese agli ordinidella Troika, la disoccupazionemassiccia e l'imposizione di unnuovo standard di sfruttamentoche non ha nulla da invidiare aquello di un Paese semicoloniale. Proprio per questo, la rotturacon l'euro e l'Ue è assolutamente necessaria ed è labandiera che il Pdac e le altre sezioni europee della Lit – QuartaInternazionale stanno agitando. Senza di essa non c'è soluzione alla crisi. Ma da sola nonpotrà risolvere nulla se non saràaccompagnata dalle misureanticapitaliste di base, necessarie per difendere il Paese dal
boicottaggio estero: espropriodelle banche, nazionalizzazione di imprese e settori industriali strategici sotto controllodei lavoratori, controllo deimovimenti di capitale e monopolio del commercio estero,riorganizzazione dell'economia riaprendo le imprese chiusee le terre abbandonate, ripartendo il lavoro esistente tratutti i lavoratori. E, quel che èpiù importante, organizzare lasolidarietà e la lotta unita con ilavoratori e le masse popolaridel Sud e di tutta Europa. Perchésenza distruggere tutti insiemel'Ue e costruire al suo postoun'Europa socialista dei lavoratori e dei popoli nessun Paeseda solo potrà salvarsi. Il profondo ripudio dei rivoluzionarialla caricatura di unità europeasotto l'imperialismo non siesprime nella difesa della“patria” nazionale. Seguendo gliinsegnamenti di Rosa Luxemburg, Lenin e Trotsky, rivendichiamo la nascita degliStati Uniti socialisti d'Europa.La nostra intransigente difesadella rottura con l'Ue e l'uscitadall'euro non si confonde minimamente con la difesa delloStato nazionale: solo il proletariato può davvero unificarel'Europa nell'unione libera evolontaria degli Stati socialistid'Europa. (01/02/2014)
Note
(1) Soprattutto in Grecia, ci sonoi sintomi di un arretramentoepocale: non si contano le mortifra i malati in coda per accederealle cure ospedaliere, sonoriapparse malattie tipiche dellapovertà che non si vedevano dapiù di mezzo secolo, è diffusissima la malnutrizione.(2) Aggregazione che raggruppaIzquierda Unida di Spagna, DieLinke della Germania, Syrizadella Grecia, il Front de gauchefrancese, il Bloco de esquerdaportoghese, tra gli altri.(3) Così, testualmente, recita ildocumento recentementeapprovato nel IV congresso delPse.(4) Si tratta della propostacentrale, rispetto al tema europeo, contenuta nel documentoapprovato a larghissimamaggioranza nel congresso diRifondazione celebrato loscorso mese di dicembre.(5) Sulla vicenda della rottura diSc si può utilmente leggerel'analisi che ne abbiamo fattoall'indirizzohttp://www.alternativacomunista.it/content/view/1872/47/.(6) “Relazione sulla situazioneinternazionale”, Bureau esecutivo della Quarta Internazionale, giugno 2013.(7) Sul sito di Sinistra anticapitalista, Olmo Dalcò, partendodal presupposto che “la questione di una unione economicae monetaria non è irrilevanteper la classe lavoratrice”, ritieneche la parola d'ordine dell'uscita dall'euro sia nazionalista eche “solo attraverso lacontrattazione collettiva su base europea si può definitivamente rompere la concorrenzatra lavoratori e lavoratrici che ilcapitale impone”.(8) Andrea Ricci, “Un'alternativa europeista al crollo dell'euro”(http://www.contropiano.org/interventi/item/18065unalternativaeuropeistaalcrollodelleuro): va sottolineatol'utilizzo dell'aggettivo “europeista” già a partire dal titolo,tanto per mettere in chiaro iconfini della proposta.(9) Http://www.retedeicomunisti.org/index.php/documentirdc/255fuoridallunioneeuropeaunapropostapoliticaperilcambiamentoforumeuromediterraneoroma30novembre1dicembre2013.
Vladimiro B. non è nato oggi,e neppure ieri. Era unmilitante di Rifondazionecomunista nel 1996, quandogli venne comunicata ladecisione di sostenere lacoalizione dell'Ulivo, l'orridoalberello anticomunista chenasceva con le radiciimpiantate nel simbolo delPCI. Il suo commento: "Orabisogna battere le destre,mica vorremo avere fascisti erazzisti al governo? E poi èun'occasione storica, per laprima volta i comunistipotrebbero andare al governodel paese, magariindispensabili".Nel 2005, quando gli disseroche avrebbe dovutosostenere l'Unione, il suocommento fu: "Non ci sonoscelte, e poi questa volta èun'alleanza organica.Giustamente non abbiamopreteso impegni precisi nelprogramma: come ha dettoBertinotti pervaderemo ilgoverno con le nostreproposte, che sono poi quelleche si stanno facendo stradanei movimenti di tuttaEuropa".Nel 2008, quando glicomunicarono la nascita dellaSinistra Arcobaleno,commentò entusiasta: "Eraora! Un cartello di tutte le forzeantagoniste o alternative, unospazio elettorale di oltre il10%. Veltroni, che non si èvoluto accordare prima, dovràcoinvolgerci poi".Quando nel 2013 gli parlaronodi Rivoluzione civile, forseebbe un attimo di esitazione:"Beh... certo che di alternativenon ce n'erano... una lista cheusa la parola rivoluzionemostra comunque quantopeso abbiamo noinell'alleanza, siamo in unafase nuova e così ci mettiamonelle migliori condizioni perinterpretarla".Nel 2014 gli hanno propostola Sinistra per Tsipras: "Unaprospettiva interessante:finalmente un'alleanzainternazionale, l'unica via peril rilancio". (a.)
Vista l'età media deiproponenti della Lista perTsipras, il dubbio Syriza o nonSi riza è più che legittimo. (a.)
"Con Tsi Pras per dire tsì atutto": ecco lo slogan con cuiSEL ha deciso il sostegno allalista per Tsipras. ComunqueTsipras potrà esserepronunciato solo daFratoianni, gli altri, a partire daVendola, non sono in grado.(a.)
Come si restaura una tela del'700 bucata da un tappo dispumante? Gli esperti dellaprovincia di Milanoconsigliano lo scotch:economico, rapido, noncompromettente. Il 19dicembre i consiglieriprovinciali stavanofesteggiando l'ennesimo annodi sopravvivenza del loro enteinutile, quando all'assessoreRoberto Cazzago (PDL) èpartito il tappo di una bottigliache, sciagura vuole, si èandato a infilare proprio sullatela che narra le imprese delmarchese Isimbardi (a cui ètitolato il palazzo). Il misterosul chi fosse il responsabile èdurato qualche giorno. Ma poiCassago ha confessato: "Nonsono sicuro al cento percento, ma mi sa proprio che labottiglia era mia. Abbiamoun'assicurazione, se noncoprirà il danno vorrà dire chepagherò personalmente ilrestauro". Per vedere la facciadi Cazzago:http://www.provincia.milano.it/chi_governa/giunta_provinciale/scheda_cassago.html(a.)
PROGETTO COMUNISTA Febbraio Marzo 2014 15INTERNAZIONALE
Allavigiliadell'XICongressodella Lit–QuartaInternazionale(LitCi)Valerio Torre
La battaglia di León Trotskyper costruire la QuartaInternazionale ha rappresentato il tentativo di darecontinuità alla battaglia diLenin e dei bolscevichi allatesta della Terza Internazionale. Ma la Quarta Internazionale, dal punto di vistaprogrammatico, è stata piùdi questo. È stata il tentativodi attualizzare il programma bolscevico di frontea un avvenimento inedito:la degenerazione del primoStato operaio. La restaurazione del capitalismo negliex Stati operai e le rivoluzioni dell'Est hanno fatto sì chemolti settori del trotskismogiungessero alla conclusione che la realtà aveva dimostrato il fallimento delprogramma trotskista. Noisiamo arrivati alla conclusione opposta: la restaurazione del capitalismo, lerivoluzioni dell'Est el'attuale situazione dimostrano che il programmatrotskista ha superato laprova dei fatti. Ma un programma è ben più diqualche foglio di carta. Unprogramma è lacomprensione comune degliavvenimenti e dei compitiche da essi derivano. Perquesto, un programma puòconcretarsi solo in un partito. Questo partito è mondiale e si chiama QuartaInternazionale. La battagliaper ricostruire la QuartaInternazionale è la principale conclusione programmatica dell'attualità.La lotta per ricostruire la Lega Internazionale dei Lavoratori – QuartaInternazionale (LitCi), cheè al centro delle nostre preoccupazioni, non è unobiettivo in sé: è al serviziodella ricostruzione dellaQuarta Internazionale. Conqueste parole si concludevano le Tesi sulla situazionemondiale approvatedall'VIII Congresso dellaLit, svoltosi nel luglio del2005. E quando si celebreràl'XI Congresso – dal 6 al 12aprile 2014 – saranno passati quasi nove anni, maquest'analisi è ancora diun'impressionante attualità.
Una nuova situazionein America Latina
Il prossimo Congresso dellaLit verrà realizzato nel quadro di un panoramamondiale estremamenteinstabile per l'imperialismo, con la crisi economica
più profonda dal 1929 edalla quale il capitalismonon riesce a trovare una viad'uscita se non continuandone a scaricare glieffetti sulla classe operaia eperciò continuando adaccumulare le fascine peruna possibile esplosionesociale; sullo sfondo di unarivoluzione che ha attraversato l'intero Nord Africae il Medio Oriente e che ètutt'altro che esaurita (come dimostrano tra l'altrol'acutissima guerra civile inSiria e la situazione inEgitto); e della ripresa dellalotta di classe in tanti Paesi.Ma soprattutto alla luce delnuovo processo rivoluzionario che si sta aprendo inAmerica Latina, a partiredal Brasile. Le splendidegiornate di giugno, chehanno visto l'intero Paeselatinoamericano percorsoda una marea giovanile cheprotestava solo apparentemente per i 20 centesimi direal di aumento dei prezzidei biglietti dei trasporti –ma che in realtà invadeva lepiazze e le strade per contestare il modello socialecapitalistico sostenuto daigoverni Lula prima e DilmaRousseff che ha proletarizzato la gioventù salariatapiù scolarizzata della storiadel Brasile – hanno aperto laporta all'ingresso sulla scena della lotta di classe delpiù grande proletariatodell'intero continente,inaugurando una nuova fase con l'inizio di una situazione prerivoluzionaria.Ciò che sta accadendo inBrasile è tanto piùimportante in quanto, alcontrario di altri Paesi latinoamericani, la storia brasiliana non ha mai vistoperiodi di crisi rivoluzionarie in cui il potere politicofosse disputato dalla classeoperaia. Ma oggi le grandicittà brasiliane sonoenormi barili di polvere. Ilprocesso accelerato diurbanizzazione nellastrategia del capitale haportato alla concentrazionedi masse di lavoratori impoveriti in quartieri popolari,con pessimi servizi pubblicidi trasporti, sanità e istruzione. E la crisi urbana èancor più ampia, dato cheinveste tutta la periferiadelle grandi città in cui,anche grazie alla realizzazione delle grandi opere peri Mondiali del 2014 e leOlimpiadi del 2016, vivonomilioni di operai industriali, lavoratori regolari e irregolari, disoccupati eambulanti. Un'esplosione
rivoluzionaria nel Paesemetterebbe in movimentoqueste masse popolari, cosìcome il proletariato.Insomma, la fase che si èaperta in Brasile a partiredalle giornate di giugno loavvicina alla situazione rivoluzionaria mondiale trasformando il Paese in unfattore di destabilizzazionea livello continentale. Ciòche rende particolarmenteimportante l'XI Congressodella Lit è che la sua sezionebrasiliana, il Pstu, un partito rivoluzionario profondamente inserito nella lotta diclasse, anche con ruoli didirezione, può svolgere unaparte rilevante in questoprocesso per la costruzionedi una direzione rivoluzionaria delle lotte, una direzione cosciente econseguente del processoin atto.
I processirivoluzionari in NordAfrica, Medio Oriente
ed Europa: l'analisidella Lit
Ma non sarà solo la situazione nel continente latinoamericano a formareoggetto di discussione delprossimo Congresso. Il processo rivoluzionario vigente in Nord Africa e inMedio Oriente sarà ampiamente dibattuto, soprattutto considerandol'esplosiva situazione inEgitto e la guerra civile in Siria, rispetto alla quale la Litha già lanciato – e intendesviluppare – una campagnadi aiuto internazionalistaalle truppe ribelli le quali,oltre a fronteggiare learmate di Assad, debbonoora difendersi anche dallemilizie quaediste. E naturalmente la situazione dellalotta di classe in Europa sarà uno dei centri delconfronto congressuale, tenuto conto dello sviluppodal passato Congresso adoggi delle sezioni della Litnel nostro continente e delfatto che fra qualche mese sivoterà per le elezioni europee, con tutto ciò che nediscende in termini diapertura di uno spazioenorme per la propagandadei rivoluzionari. Insomma– e riservandoci di tornarepiù approfonditamente inargomento una volta che idocumenti saranno pubblicati – l'XI Congresso che laLit si accinge a celebrarenon ha nulla a che vederecon la fase di crisi cheall'inizio degli anni '90 essa
ha vissuto, con il lungo periodo di “traversata nel deserto”, con gli annidell'alluvione opportunistache ha portato tante organizzazioni della sinistra(anche provenienti daltrotskismo) ad abbandonare gli ideali rivoluzionariper approdare sui lidi del riformismo, dell'opportunismo e dell'elettoralismo. LaLit ha tenuto alta la bandiera di quegli ideali mantenendo il filo dellacontinuità storica delmarxismo in seno alla classe operaia e strutturandosi– fino a diventare lacorrente internazionale piùimportante e più dinamicanel panorama mondialedella lotta di classe – comemotore per la ricostruzionedi un'Internazionale rivoluzionaria, democraticamente centralizzata – laQuarta – che si ponga lo scopo di superare quella cheLeón Trotsky felicementedefinì una “crisi di direzione rivoluzionaria”.
Un'occasione dibilancio e il progetto
di costruzione diun'Internazionale
rivoluzionaria
Ogni congresso costituiscesempre un'occasione di bi
lancio dell'attività svolta,ma anche la necessariamessa a punto di un progetto. Il periodo di tempoche ci separa dal X Congresso ci consegna una Lit piùforte e ancor meglio inseritanei processi della lotta diclasse. Del resto, proprio lariuscitissima iniziativainternazionale con cui, sulfinire del 2012, si sono celebrati in Argentina i 30 Annidalla fondazione della Lit(1)
ci dà diritto all'ottimismo.Ma, com'è ovvio, tutto ciònon basta. Di fronte a unapolitica mondiale dei capitalisti che è unificata nel suosviluppo e nel suo obiettivo– scaricare gli effetti dellacrisi sui lavoratori di tutti iPaesi – le lotte, anchequando sorgono, sono divise, frazionate e, soprattutto,spesso controllate da burocrazie sindacali e politicheche non hanno nessunaintenzione di rovesciare unsistema da cui, in un modo oin un altro, hanno ricevutoprivilegi e briciole da distribuire. Di fronte a un attaccounificato c'è bisogno di unarisposta unificata e, soprattutto, di una direzionerivoluzionaria unica ecentralizzata che possaorganizzare una sola massad'urto contro i piani delleborghesie mondiali, stabilendo l'unità della classe la
voratrice al di là dellefrontiere nazionalipartendo dalle rivendicazioni e dalle lotte degli stessi lavoratori elevandole alotta comune contro i governi, i padroni e le direzioni traditrici che voglionofarci pagare una crisi chenon è nostra. Lungi da ogniautoproclamazione, la Litmette la propria organizzazione, i quadri e la militanzaal servizio della ricostruzione della Quarta Internazionale, un progetto chenon rappresenta un feticcioprodotto di dogmi, ma unanecessità che partedall'analisi della realtà edalla constatazionedell'attualità del Programma di Transizione. Èquesto il compito che l'XICongresso della LitCi sipone, facendo appello atutti i rivoluzionari adunirsi a questa battaglia:l'unica che potrà far uscirel'umanità dalla barbarie perproiettarla verso un mondodiverso, quello Socialista.(01/02/2014)
Nota
(1) Se ne può trovare unasintetica cronaca all'indirizzohttp://www.alternativacomunista.it/content/view/1742/45/.
16 Febbraio Marzo 2014 PROGETTO COMUNISTACAMPAGNA TESSERAMENTO 2014
1Perché il capitalismo non hanulla da offrire all'umanità: solouna crisi sempre più profonda,guerre, miseria, politiche razziste,
distruzione dell'ambiente,discriminazione sessuale. Cassaintegrazione, licenziamenti,disoccupazione, precarietà: sono parteessenziale di questo sistema economico.Eppure già oggi un diverso sistema sociale,basato su un'economia pianificata in basealle esigenze della stragrandemaggioranza dell'umanità, consentirebbedi eliminare su scala internazionale lafame e la disoccupazione e di liberaremilionidiuominidallaschiavitùdel lavorosalariato. Ma questo significherebbe, percapitalisti e banchieri, per un pugno difamiglie, perdere i profitti miliardari: perquesto vogliono scaricare sulle spalle deilavoratori e dei giovani i costi della lorocrisi, per questo continuano a essereterrorizzati dal comunismo.
2Perché i governi borghesi, di
centrosinistra,centrodestra o“dilarghe intese”, nonrappresentano gli interessi dei
lavoratori. Oggi il governo Letta stasferrando uno dei più pesanti attacchi aidiritti dei lavoratori che la storia deldopoguerra ricordi: prosegue nellosmantellamento e nella privatizzazionedei servizi pubblici, Scuola e Sanità,Trasporti iniziato dai precedenti governiMonti, Berlusconi e Prodi. Aumento delletasse dirette e indirette su salari e pensioni,aumento dell'Iva, tasse sui carburanti,blocco degli aumenti salariali per milionidi dipendenti pubblici. Mentre cresconoin maniera esponenziale licenziamenti,chiusure di fabbriche, ricorso alla cassaintegrazione e si negano i diritti piùelementari dei lavoratori anche sui luoghidi lavoro (vedi il “patto di rappresentanza”siglato dalle burocrazie sindacali conConfindustria, per garantire la “pacesociale” di fronte all'attacco padronale).
3Perché solo un governo dei
lavoratori può costruireun'economia diversa, in grado digarantire a tutti una vita degna.
Oggi restano solo due strade: o lasciare cheil capitalismo trascini l'umanità in unacrisi ancora più brutale, o l'assunzione daparte dei lavoratori della direzione dellasocietà, espropriando gli espropriatori. Aicapitalisti qualche centinaio di famigliein tutto il mondo conviene intraprenderela prima strada; per la maggioranzadell'umanità significherebbe il disastro. Èper questo che è necessario e urgente che ilavoratori si organizzino sulla base di unprogramma di indipendenza di classedalla borghesia e dai suoi governi, perattuare un piano operaio contro la crisi:rifiutando di pagare il debito di banchieri ecapitalisti; imponendo la scala mobile deisalari e delle ore lavorative e l'assunzione atempo indeterminato di tutti i lavoratoriprecari; abolendo tutte le leggi razziste epraticando l'unità nelle lotte tra lavoratorinativie immigrati;occupandolefabbricheche chiudono e licenziano; espropriandosotto controllo dei lavoratori le grandiindustrie e le banche; creando un'unicabanca di Stato al servizio dei lavoratori. Ilprimo passo in questa direzione dovrebbeesserelacostruzionediungrandescioperogenerale prolungato che fermi l'attaccodel governo. L'esatto contrario degliscioperi di poche ore, frammentati, volutidalle burocrazie sindacali, Cgil in testa. Unsimile programma può essere impostosolo da un governo dei lavoratori, che dia
agli sfruttati di oggi il controllo dellasocietà, che costruisca un'economia piùrazionale, volta alla sodisfazione deibisognisocialienonpiùbasatasulprofittodi pochi. Un'economia socialista.
4Perché una prospettiva di
autonomia di classe del mondodel lavoro dalla borghesia e daisuoi governi richiede la
costruzione di un'altra sinistra,rivoluzionaria, di un partito comunista.Questoèilprogettoincuisonoimpegnati imilitanti di Alternativa Comunista.Disponibili all'unità d'azione nelle lotteconlealtreforzedisinistramaconsapevolidella subalternità della Sel diVendola e deidirigenti di quanto rimane diRifondazione Comunista (distruttaappunto da anni di collaborazione digoverno con la borghesia) allagovernabilità borghese. Una subalternitàche si manifesta, oggi, nell'assenza di unarealeopposizione,dapartediquesteforze,al governo Letta, funzionale a ricucire,domani,un'alleanzadigovernoconquellostesso Pd e con quella borghesia che oggisostengono, insieme al centrodestra, ilgoverno“delle larghe intese”.
5Perché è necessario costruire unpartito comunistainternazionalista einternazionale: che non si limiti
cioè ad avere qualche relazionediplomatica con altri partiti o asimpatizzare per le lotte che si stannosviluppando in tutto il mondo (dall'Egittoalla Siria, dalla Grecia al Brasile) ma checerchi di unificare queste lotte, diorganizzarle su scala internazionale,costruendo una Internazionale basata suun programma rivoluzionario, la QuartaInternazionale. Cosa è il Pdac Il Pdac nonhalapretesadiessere,giàoggi,quelpartitorivoluzionario che serve urgentemente ailavoratori.Ènecessariounlavoropazientedi costruzione, di radicamento, che peròva iniziato oggi, cogliendo le potenzialitàdellanuovafasediascesadellelottechesièaperta nel mondo. Serve un partito che siradichi tra le masse, che elevi la coscienzadei lavoratori politicamente attivi fino allacomprensionedellanecessitàdiabbatterequesto sistema economico e sociale, chestiainognilottaeinognimobilitazionepersvilupparla in una prospettivarivoluzionaria. Il Pdac è un partito in cui sidiscute democraticamente; in cui sono imilitanti a definire la linea, a elaborarecollettivamentelepubblicazioni(sitoweb,giornale, rivista teorica). È un partito in cuii militanti si formano al marxismo neiseminari, sempre coniugando lo studiocon la concreta attività nelle lotte e nellepiazze.Èunpartitoincui igiovani(lapartepiù numerosa) dispongono di un loroambito di elaborazione e di intervento (iGiovani del Pdac). Il Pdac è soprattuttol'unico tra i partiti e le organizzazioni dellasinistra a fare parte di una Internazionaleviva e realmente presente in decine diPaesi nei diversi continenti: la LegaInternazionale dei LavoratoriQuartaInternazionale,lapiùestesaedinamicatrale organizzazioni che si richiamano altrotskismo, cioè al marxismo odierno.L'Internazionale che sta svolgendo unruolo di primo piano in tutti i processi dilottapiùavanzatinelmondo:dallaSpagnaalla Turchia, dal Portogallo all'interventoattivo nelle rivoluzioni di Egitto e Siria, alruolo dirigente della nostra sezionebrasiliana (il Pstu) nell'ascesa delle lotte inBrasile.