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PROGRAMMA MUSICA CLASSE QUINTA INDICE: BREVI CENNI SULLA MUSICA DEL 900 JOHANNES BRAHMS RICHARD WAGNER CLAUDE DEBUSSY GUSTAV MAHLER RICHARD STRASS ARNOLD SCHÖNBERG MUSICA LEGGERA LA CANZONE NAPOLETANA RAFFAELE VIVIANI E LUIGI DENZA L’OPERA LIRICA LA MUSICA ROMANTICA SEMIOGRAFIA E SEMIOTICA

PROGRAMMA MUSICA CLASSE QUINTAUna recensione cosí descrive il suo stile pianistico di quegli anni: «Molti artisti possiedono una tecnica più brillante, ma sono pochi quelli che

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PROGRAMMA MUSICA CLASSE QUINTA INDICE: BREVI CENNI SULLA MUSICA DEL 900 JOHANNES BRAHMS RICHARD WAGNER CLAUDE DEBUSSY GUSTAV MAHLER RICHARD STRASS ARNOLD SCHÖNBERG MUSICA LEGGERA

LA CANZONE NAPOLETANA

RAFFAELE VIVIANI E LUIGI DENZA

L’OPERA LIRICA

LA MUSICA ROMANTICA SEMIOGRAFIA E SEMIOTICA

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BREVI CENNI SULLA MUSICA DEL 900

LA SOCIETÀ E LA CULTURA

Il Novecento si apre con una generale crisi dei valori ottocenteschi. L'idea

di nazione è degenerata nel nazionalismo, la libera iniziativa economica

nell'imperialismo; l'industria ha fatto passi da gigante, ma le masse

operaie reclamano maggiore giustizia. La rivoluzione proletaria in

Russia, due guerre mondiali, le dittature fascista e nazista, la guerra civile

di Spagna sono le eloquenti testimonianze del travaglio di un'epoca tesa e

instabile. Negli ultimi decenni poi si è assistito a una profonda

trasformazione della società, nella quale un ruolo sempre maggiore sono

andati assumendo presunti valori come quello del benessere e del

consumo. Tutto ciò si è riflesso nella ricerca culturale ed artistica, che è

stata sollecitata sia dalla necessità di rinnovarsi nei confronti dell'eredità

ottocentesca, sia dal bisogno di aderire a una realtà sempre più difficile e

mutevole. Per quanto riguarda in particolare la musica, con l'avvento del

disco si crea una nuova situazione d'uso: quella che pone di fatto

l'ascoltatore in una dimensione di isolamento. Musica leggera, pop, rock

sono divenuti il sottofondo costante della nostra esistenza quotidiana.

Importantissimo per la storia della musica è l'avvento del cinema, della

radio e della televisione, che determinano con fusioni di immagini-

parlato-suoni modi diversi di percepire e ascoltare la musica.

L'IMPRESSIONISMO E IL VERISMO

La Francia di fine secolo si mostra estremamente ricettiva nei confronti

delle nuove correnti musicali assorbendo le esperienze stilistiche

provenienti dagli altri paesi europei e dalla scuola russa. Da questa

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straordinaria mescolanza di idee nasce lo stile impressionista che,

caratterizzato da un raffinato colorismo orchestrale e da originali impasti

sonori in grado di descrivere sensazioni emotive immediate, avrà come

principali esponenti Claude Debussy e Maurice Ravel. In Italia

compositori come Puccini, Mascagni e Leoncavallo, stanchi dell'irrealtà

romantica, scelgono libretti che raccontino storie più vicine alla realtà di

tutti i giorni, utilizzando melodie descrittive e "orecchiabili", di semplice

comprensione.

LA SCUOLA VIENNESE

Anche in musica, come nelle altre manifestazioni artistiche, la nascita del

nuovo secolo è caratterizzata da un generale desiderio di rinnovamento.

In particolare Schönberg riesce a elaborare un sistema musicale

totalmente nuovo (la dodecafonia) basato sull'utilizzo dei dodici suoni

della scala cromatica ordinati in una specifica successione chiamata serie.

IL JAZZ

Le origini del jazz vanno ricercate nel cuore dell'Africa, nei villaggi delle

foreste equatoriali. Le tribù si ritrovavano intorno al fuoco dopo una

caccia, una battaglia o un qualsiasi altro evento, e davano libero sfogo

alle loro sensazioni con danze e canti al ritmo frenetico dei tamburi.

Quando, nel Settecento e nell'Ottocento, dilagò il commercio dei neri, le

popolazioni africane vennero trasferite con viaggi disumani negli Stati

americani del Sud e impiegati come schiavi nelle piantagioni di cotone e

nella costruzione di strade ferrate. Coloro che sopravvissero al trauma del

viaggio e del distacco dalla loro terra si ritrovarono in luoghi sconosciuti,

sfruttati, analfabeti, privi di ogni mezzo di sostentamento. Fu in questa

condizione di profonda sofferenza umana che la nostalgia della perduta

libertà si riversò nei canti e nei ritmi della terra natale. Il jazz divenne

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popolare all'inizio del Novecento a New Orleans, città della Louisiana sul

fiume Mississippi, e si ispirò appunto ai canti di lavoro (work songs)

delle piantagioni di cotone, agli spirituals (canti religiosi), ai blues (canti

accorati e nostalgici) e al ragtime (una vivace musica popolare). Le prime

bands, formate da una sezione melodica (cornetta, clarinetto, trombone) e

da una sezione ritmica (banjo, chitarra, bassotuba), improvvisavano a

orecchio e si esibivano in parate stradali in occasione di matrimoni e

funerali. Questo era lo stile hot, ossia il jazz improvvisato. La musica jazz

andò progressivamente affermandosi; risalgono al 1913 le prime incisioni

di dischi. Verso gli anni Venti il jazz si "trasferì" a Chicago: qui, negli

anni Trenta, nacque il boogie-woogie. E qui nacquero anche le grandi

orchestre jazz nelle quali si distinguevano per la sezione ritmica il

pianoforte, il banjo, la chitarra, il contrabbasso e la batteria; per quella

melodica i sassofoni, le trombe, i tromboni, i clarinetti. Emersero i

maggiori solisti jazz: Bessie Smith, grande interprete di blues, Louis

Armstrong, cornettista-trombettista, Sidney Bechet, clarinettista-

sassofonista, il pianista Duke Ellington. Negli anni Trenta predominò un

nuovo genere, lo swing, caratterizzato da anticipazioni e ritardi nel ritmo.

Nell'era dello swing si costituirono le orchestre per la musica da ballo. La

cantante Ella Fitzgerald fu la voce più popolare dello swing, e Benny

Goodman divenne il "re dello swing". L'orchestra di Glenn Miller portò il

jazz a livello di piacevole consumo e la musica leggera di tutto il mondo

assunse il ritmo del jazz. Negli anni Quaranta, con la terribile esperienza

bellica, vi fu negli Stati Uniti una nuova presa di coscienza della

popolazione nera, e sorse il genere be-bop, un linguaggio musicale di

protesta: i massimi rappresentanti di questo periodo furono il sassofonista

Charlie Parker e il trombettista Dizzy Gillespie. Con la fine degli anni

Quaranta si distinse per potenza ritmica e sonora l'orchestra del

vibrafonista Lionel Hampton. Nel primo dopoguerra si impose il cool

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jazz; con un ritmo più pacato, negli anni Cinquanta, l'hard bop, con

sonorità accese e ritmi accentuati, che trovò la sua voce nella tromba di

Miles Davis. Alla fine degli anni Cinquanta, negli Usa, vi è una nuova

coscienza politica tra la popolazione nero-americana e i problemi razziali

sono molto sentiti. Nasce il free jazz (jazz libero) a opera principalmente

di Ornette Coleman, dove "libero" significa la volontà di liberarsi delle

esperienze jazzistiche precedenti e affermare una cultura nera

indipendente dalla cultura bianca; è caratterizzato dalla musica di Max

Roach, batterista, e da quella di Charles Mingus, contrabbassista e

compositore. Dagli anni Settanta il jazz subisce le influenze del rock e

delle nuove tecniche elettroniche.

ALTRI COMPOSITORI DEL NOVECENTO

Nella seconda metà del XIX secolo l'assestamento di valori e ideali

nazionali negli Stati Uniti stimola la produzione di una musica

interamente americana. Nasce così un nuovo genere musicale che,

influenzato da tutte le forme nelle quali si era sviluppata la musica jazz,

troverà la sua piena espressione nel musical del Novecento. Tra i

compositori statunitensi più popolari del XX secolo vi è certamente

George Gershwin, autore di concerti, musical. Igor Stravinskij è

probabilmente il musicista più noto del XX secolo. Egli volle bandire

dalla musica qualsiasi significato espressivo, sostenendo che essa altro

non è che il prodotto di una pura azione costruttiva, del tutto simile a

quella di un artigiano. Nelle proprie composizioni, Stravinskij ha

valorizzato soprattutto l'elemento ritmico; la melodia è spezzata, contorta,

spesso grottesca e beffarda. Tra le sue opere: i balletti l'Uccello di fuoco e

Petroucka; la Sagra della Primavera. Reazioni contrarie ai sistemi

ottocenteschi si manifestano nel ritorno a musiche di età barocca: è questa

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la linea seguita da compositori italiani come Ildebrando Pizzetti, Ottorino

Respighi, Gianfrancesco Malipiero.

LA MUSICA DEL PERIODO PIÙ RECENTE

La molteplicità delle proposte della musica contemporanea rende difficile

darne in breve un'idea precisa. Alcune tendenze possono comunque

essere così tratteggiate: a) musica seriale: si riallaccia alla dodecafonia: in

queste ricerche si punta alla continua variazione della dinamica,

dell'intensità, del timbro, del ritmo. In questa direzione hanno lavorato e

lavorano compositori come Stockhausen, Boulez, Pousser e, in parte,

l'italiano Luciano Berio; b) musica aleatoria: il compositore usa una

notazione volutamente generica o imprecisa o indica linee e diagrammi

("gesti" sonori) che l'esecutore ha libertà di eseguire come meglio crede.

Rappresentanti di questa tendenza sono Cage, Kagel e, in alcuni casi,

l'italiano Bussotti; c) altri musicisti, come l'italiano Nono, Ligeti

(recentemente scomparso e noto al grande pubblico per i vari brani che

caratterizzano in modo rilevante i film di Stanley Kubrick 2001 Odissea

nello spazio, Shining e Eyes Wide Shut) o Penderecki si propongono di

conservare un rapporto con il pubblico e di mantenere un contenuto

espressivo alla musica.

MUSICA CONCRETA E MUSICA ELETTRONICA

Comune a molte delle esperienze appena citate è l'uso di strumentazioni

elettroniche. Questa tendenza è iniziata con la musica concreta. I

musicisti che si dedicano a questo "genere" si propongono di utilizzare

suoni di varia natura, tratti dalla realtà ambientale e da oggetti vari,

incidendoli su un supporto magnetico e quindi elaborandoli attraverso

tecniche varie (cambiamento di velocità, inversione del senso di rotazione

e così via). I rumori così ottenuti vengono poi montati, con risultati

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spesso di particolare efficacia. La musica propriamente elettronica si

serve di suoni prodotti da apparecchiature quali sintetizzatori, registratori,

macchine per la trasformazione del suono, filtri, mixer o lo stesso

computer. Si possono ottenere in questo modo impasti timbrici e

atmosfere sonore straordinari, assolutamente non riproducibili con

un'orchestra tradizionale. Al di là degli usi sperimentali, la musica

elettronica ha largo impiego attualmente nelle colonne sonore

cinematografiche e televisive, rivelando in tali utilizzazioni una grande

efficacia.

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JOHANNES BRAHMS

Biografia

Brahms nacque da una famiglia modesta, secondo di tre figli. Suo padre era musicista popolare e suonava diversi strumenti: flauto, corno, violino, contrabbasso, e fu lui a dare al giovane Johannes le prime lezioni di musica; la madre era una sarta e Brahms la amava profondamente. Quando il padre se ne separò nel 1865, il musicista — che non si sposò mai — rimase profondamente legato alla famiglia, tanto da sostenere anche la seconda moglie del padre, in vecchiaia. Malgrado le ristrettezze, la famiglia riconobbe le doti del piccolo Johannes e gli consentì un'educazione di qualità.

Amburgo verso il 1900

Il ragazzo rivelò un talento musicale naturale; precoce e attirato da tutti gli strumenti, cominciò a studiare pianoforte a sette anni e pareva destinato alla carriera concertistica; prendeva anche lezioni di corno e di violoncello. Il suo primo concerto pubblico è attestato nel 1843, a dieci anni, e fin dai tredici anni il futuro compositore aveva cominciato a contribuire al bilancio familiare suonando — come suo padre — nei locali di Amburgo e, più avanti, dando lezioni di piano.

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Clara Wieck Schumann

A vent'anni, nel 1853, Brahms ebbe alcuni degli incontri più significativi della sua vita: prima il grande violinista Joseph Joachim, con il quale iniziò una lunga e proficua collaborazione; poi fu proprio Joachim a presentarlo a Franz Liszt (e Brahms si addormentò, durante l'esecuzione del maestro!), ma soprattutto lo introdusse in casa Schumann: il rapporto con i due sarà fondamentale nella vita di Brahms. Schumann lo considerò immediatamente e senza riserve un genio, e lo indicò nella sua Neue Zeitschrift für Musik (una rivista musicale fondata a Lipsia da Schumann stesso) come il musicista del futuro; Brahms, per parte sua, considerò Schumann il suo unico e vero maestro, restandogli vicino con devozione fino alla morte. Il legame con la moglie Clara Wieck Schumann durò fino alla morte di lei; Brahms le sopravvisse meno di un anno.

L'attività concertistica di Brahms continuò fino agli anni settanta, spesso insieme con Joachim, parallelamente alla composizione e alla direzione d'orchestra. Una recensione cosí descrive il suo stile pianistico di quegli anni: «Molti artisti possiedono una tecnica più brillante, ma sono pochi quelli che sanno tradurre le intenzioni del compositore in maniera altrettanto convincente, o seguire il volo del genio beethoveniano e rivelarne tutto lo splendore, come fa Brahms».

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Il teatro di Detmold

Già dal 1853, anno della tournée con Reményi durante la quale aveva incontrato Joachim a Gottinga, Brahms cominciò quella vita un po' raminga cui lo costringeva il suo lavoro e che in fondo, nonostante fosse uomo molto legato alle proprie abitudini e al proprio modo di vivere, non doveva dispiacergli. La sua passione erano però i soggiorni che gli consentivano lunghe passeggiate in mezzo alla natura, occasioni propizie per continuare a elaborare musica.

Quando Clara Schumann si stabilì a Berlino, nel 1857 Brahms tornò ad Amburgo, dove costituì e diresse per tre anni un coro femminile. L'attività con il coro, che continuò alla corte di Detmold e poi alla Singakademie di Vienna, aveva certamente motivazioni economiche, ma fu anche importante per la composizione; Brahms non produsse mai musica per opere, ma pose grande attenzione alla scrittura per voce. Egli lasciò una battuta divertente e significativa, che lega la sua storia di scapolo a quella di mancato compositore d'opera: «Scrivere un'opera sarebbe per me altrettanto difficile che sposarmi. Ma probabilmente, dopo la prima esperienza, ne farei una seconda!»

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Hans Von Bülow

Nel 1862 soggiornò a Vienna, che dall'anno successivo divenne il suo principale luogo di residenza. A Vienna fu assai apprezzato, sviluppò relazioni e vi si stabilì definitivamente nel 1878. Fu lì che avvenne il suo unico incontro con Wagner e soprattutto, nel 1870, conobbe Hans von Bülow, il grande direttore che divenne suo amico e uno dei suoi principali estimatori.

Alla continua ricerca di perfezione stilistica, Brahms fu assai lento nello scrivere e soprattutto nel pubblicare ed eseguire le proprie opere, o almeno quelle che egli considerava "importanti". La sua Prima sinfonia (che von Bülow definì "la Decima di Beethoven") ebbe la prima esecuzione solo nel 1876, a Bayreuth: il maestro aveva già 43 anni e viveva di musica praticamente da sempre.

Negli ultimi 20 anni di vita, Brahms poté infine dedicarsi soprattutto alla composizione; sono gli anni dei principali lavori per orchestra: le altre 3 sinfonie, il Concerto per violino, il Secondo Concerto per pianoforte, fino ai magistrali capolavori cameristici dell'ultimo periodo.

Morì a Vienna di un cancro — come suo padre — il 3 aprile 1897, pochi mesi dopo la sua amica di una vita, Clara Schumann; fu sepolto nel cimitero di Vienna, nel "Quartiere dei musicisti".

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L'estetica di Brahms — che fa di lui uno dei grandissimi musicisti dell'800 — si fonda su una straordinaria miscela di forme classiche rigorose, fondate su una grande sapienza contrappuntistica e polifonica, e spirito profondamente romantico, che si manifesta nel magnifico colore musicale, nell'inventiva melodica, nelle sorprendenti sovrapposizioni ritmiche.

Brahms e la religione

Brahms, cresciuto in un ambiente di fede Luterana, non fu mai «religioso» nel senso stretto della parola, ma umanamente e in senso etico era un luterano. Tra le abitudini che non lasciò mai, sino dall’infanzia, c’era la lettura della Bibbia che gli era stata donata nell’anno della sua nascita e dalla quale egli trasse i testi per le composizioni corali sacre. La leggeva assiduamente e fino alla morte rimase per lui uno dei libri più importanti.

Il compositore tedesco, suo amico, Walter Niemann ha dichiarato: "Il fatto che Brahms abbia iniziato la sua attività creativa con la canzone popolare tedesca e abbia chiuso con la Bibbia rivela il vero credo religioso di questo grande uomo del popolo"[1]. Tuttavia, altri credono che Brahms abbia solo abbracciato gli aspetti culturali della religione cristiana, senza averne però adottato un credo spirituale. [2].

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RICHARD WAGNER

Wilhelm Richard Wagner (Lipsia, 22 maggio 1813 – Venezia, 13 febbraio 1883) è stato un compositore, librettista, direttore d'orchestra e saggista tedesco.

Riconosciuto come uno dei più importanti musicisti di ogni epoca, Wagner è principalmente noto per la riforma del teatro musicale. Diversamente dalla maggioranza degli altri compositori, Wagner scrisse sempre da sé il libretto e la sceneggiatura per i suoi lavori.

Le composizioni di Wagner, in particolare quelle del suo ultimo periodo, sono rilevanti per la loro tessitura contrappuntistica, il ricco cromatismo, le armonie, l'orchestrazione e per l'uso della tecnica del leitmotiv: temi musicali associati a persone, luoghi o sentimenti. Wagner inoltre fu il principale precursore del linguaggio musicale moderno: l'esasperato cromatismo del Tristano avrà infatti un effetto fondamentale nello sviluppo della musica classica.

Wagner trasformò il pensiero musicale attraverso la sua idea di Gesamtkunstwerk (opera totale), sintesi delle arti poetiche, visuali, musicali e drammatiche. Questo concetto trova la sua realizzazione nel Festspielhaus di Bayreuth, il teatro da lui costruito appositamente per la rappresentazione dei suoi drammi (vedi anche: Festival di Bayreuth)

La sua arte rivoluzionaria scatenò reazioni contrastanti nel mondo musicale e divise critici e appassionati in "wagneriani" e "antiwagneriani": fu anche per questo che il compositore conobbe il successo solo negli ultimi anni della sua vita.

La vita

La vita di Wagner, come l’evoluzione della sua arte, conosce due periodi distinti: il primo, che comprende la tormentata lotta di un genio incompreso e oberato da disagiate condizioni economiche (1813-1864), e il secondo, caratterizzato dall'amicizia del re di Baviera Ludwig II e dalla lenta affermazione del successo (1864-1883).

La critica ha spiegato come la concezione rivoluzionaria dell'artista esigesse una somma di energie fisiche, una tensione nervosa e una capacità di lavoro vicino al limite psicofisico.

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Infanzia e giovinezza

Minna Planer, la prima moglie di Wagner.

Wagner nacque a Lipsia, nono figlio del giurista e attore dilettante Carl Friedrich Wagner (1770-1813) e di Johanna Rosine Wagner, nata Pätz (1774-1848). Sei mesi dopo la sua nascita, suo padre morì di tifo. La madre sposò allora l'attore e poeta Ludwig Geyer, che si era occupato della famiglia dopo la morte del padre. Dopo la morte del padre,anche se tristemente, la famiglia si trasferì a Dresda.

Nel 1828 Wagner tornò a Lipsia dove completò gli studi. Non si trattava - è bene dirlo - di un bambino prodigio, né si distinse per la particolare dedizione allo studio. Il giovane Richard aveva un temperamento esuberante e sentiva ardere dentro di sé lo "spirito" della rivoluzione. A 16 anni assistette ad una rappresentazione del Fidelio di Beethoven e da quel momento decise di diventare musicista. Compose i primi lavori giovanili, le prime sonate, un quartetto d'archi e un tentativo mai completato di opera: Le nozze. Dal 1831 studiò musica all'università di Lipsia e prese lezioni di composizione presso Christian Theodor Weinlig (direttore di un importante coro di Lipsia, il Thomanerchor), al quale dedicò la sua prima composizione una sonata per pianoforte in si bemolle (Klaviersonate in B-Dur).

Nel 1833 cominciò a comporre Die Feen (Le fate), strettamente legata alla tradizione musicale tedesca ma di gran lunga superiore alle due opere successive: il Divieto d'amare ed il Rienzi. Svolgendo l'attività di direttore musicale del piccolo teatro di Magdeburgo conobbe la mediocre

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cantante Minna Planer, che sposò nel 1836. In Mein Leben, Wagner ricorda che verso la "graziosa signorina Minna Planer" non nutrì mai un vero sentimento amoroso, ma il suo affetto e il suo senso pratico della vita costituivano per lui un rifugio sicuro dove frenare gli eccessivi voli di fantasia. Il temperamento ribelle e dissoluto di Wagner aveva bisogno, infatti, di un piccolo mondo affettivo in cui rifugiarsi tra le tante battaglie di un’esistenza incompresa. Tuttavia, tali differenze di carattere, oltre alla mancanza di figli e al generale senso di irresponsabilità da parte dell’artista, costituirono ben presto motivo di crisi matrimoniale.

Dal 1837 divenne direttore musicale a Königsberg (l'attuale Kaliningrad). Poco dopo il teatro fu costretto a chiudere per eccesso di indebitamento. Wagner venne licenziato ma riuscì ad ottenere un posto di direttore a Riga. Qui cominciò a comporre Rienzi.

Nel 1839 perse il posto anche a Riga. Per sfuggire ai creditori fuggì in modo rocambolesco varcando di nascosto il confine fra Russia e Prussia e si imbarcò con Minna su un piccolo veliero alla volta di Londra. Il viaggio burrascoso gli diede l'ispirazione per comporre L'olandese volante, che rappresenta il primo capolavoro autenticamente wagneriano, sebbene ancora compreso nel periodo giovanile che si protrarrà fino al Lohengrin.

Trascorse gli anni dal '39 al '42 in condizioni di assoluta povertà a Parigi. Per sopravvivere dovette rassegnarsi a impiegare le fedi matrimoniali al Monte di pietà e scrivere delle trascrizioni di pezzi per banda, portando a termine Rienzi e continuando nel contempo la stesura de L'olandese volante. È di questi anni l'incontro con Ludwig Feuerbach, la sua filosofia dell'ateismo e le teorie socialiste di Pierre-Joseph Proudhon, che influenzarono le prime versioni della Tetralogia (L'Anello del Nibelungo). Tuttavia, lo stile Grand-Opera francese del Rienzi riscosse un grande successo che gli permise di ottenere il posto di direttore d'orchestra dell'Opera di Dresda, avvenimento che per la moglie Minna costituiva l’inizio di una brillante carriera. Fiducioso che questa posizione avrebbe favorito il rapporto del pubblico nei confronti della sua nuova arte, Wagner si aspettava un altro trionfo con L’Olandese volante, rappresentato a Dresda il 2 gennaio 1843; ma lo strano impianto del dramma, che aboliva i pezzi a forma chiusa e tratteggiava i personaggi con una sensualità profonda fino ad allora sconosciuta, disorientò il pubblico del teatro. Un esito ancor più tiepido riscosse la prima del Tannhäuser (Dresda 1845), scritto - a detta dell’autore - in uno stato di eccitazione febbrile. In realtà, il giovane Wagner si sentiva prigioniero di un mondo che odiava, specchio di un’arte legata al conformismo

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dell’epoca, nonostante il compenso annuo di 1500 talleri che facevano la gioia di Minna e della sua pacifica vita borghese. Questa situazione, unita alla freddezza del pubblico nei riguardi dei suoi lavori, lo portarono alla creazione di Lohengrin, personaggio in cui Wagner rivide se stesso nel vano desiderio di essere accettato, in un momento di debolezza della sua vita di uomo e di artista.

"Mi sentii spinto a chiedere: da dove vieni, perché? E per lungo tempo la mia arte sparì davanti a queste domande."

Nacquero intanto le sue grandi amicizie: Franz Liszt, già conosciuto in un albergo di Berlino nel ’42, e Hans von Bülow, il futuro direttore d’orchestra, entrambi ferventi ammiratori della sua musica.

La rivoluzione del 1849

Richard e Cosima Wagner

I sei anni che separarono la composizione del Lohengrin (terminato nel ’47) e l’inizio de L'oro del Reno furono radicali per il processo di evoluzione stilistica del compositore. Questo periodo di inattività musicale fu segnato dalla stesura di numerosi libri teorici, in cui Wagner spiegò la sua nuova concezione artistica e politica del mondo: Opera e dramma, Opera d’arte dell’avvenire, L’arte e la rivoluzione. In essi si legge:

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"Il bisogno più urgente e più forte dell'uomo perfetto e artista è di comunicare se stesso - in tutta la pienezza della sua natura - all'intera comunità. E non può arrivare a tanto se non nel dramma."

“Il popolo è l'insieme di tutti coloro che provano una necessità comune. Dove non esiste necessità non esiste vero bisogno. Dove non esiste vero bisogno pullulano tutti i vizi, tutti i delitti contro la natura, ossia il bisogno immaginario. Ora, la soddisfazione di tale fittizio bisogno è il "lusso". Il lusso non può mai essere soddisfatto perché, essendo qualcosa di falso, non esiste per esso un contrario vero e reale in grado di soddisfarlo e assorbirlo. Esso consuma, tortura, prostra la vita di milioni di poveri, costringe un intero mondo nelle ferree catene del dispotismo, senza riuscire a spezzare le catene d'oro del tiranno. È l'anima dell'industria che uccide l'uomo per usarlo come una macchina."

L'opera d'arte fu vista come una sorta di sublimazione di un mondo affrancato dall’ipocrisia e dal potere del ricco sul povero. Si trattava di una teoria positivistica ancora precaria, pre-schopenhaueriana, ma affine allo spirito della rivoluzione che in quel periodo ardeva un po’ in tutta Europa. E proprio la rivoluzione del 1849 vide Wagner impegnato a erigere barricate al fianco di Bakunin. Ovviamente perse il posto di direttore a Dresda con grande disappunto di Minna. Il 3 maggio Wagner accompagnò la moglie a Chemnitz, lontana dalla guerra, per tornare a Dresda con Bakunin e Hubner, membro del governo provvisorio. Ma quando i due vennero arrestati dalla polizia reale, Wagner decise di lasciare la Sassonia per evitare guai (il mandato d’arresto lo raggiunge il 16 maggio) e riparò precipitosamente a Weimar sotto la protezione di Franz Liszt. Pur aiutandolo, l’amico criticò le sue velleità politiche incitandolo a dedicarsi esclusivamente all’arte, come lo stesso Liszt scrisse in una lettera seguente:

Basta con la politica e con le chiacchiere socialiste. Occorre rimettersi al lavoro con ardore, il che non sarà difficile, col vulcano che Ella ha nel cervello."

Gli donò quindi 300 franchi per il viaggio che lo avrebbe condotto in esilio a Zurigo e a Parigi. Minna gli scrisse che sarebbe tornata da lui solo quando sarebbe stato in grado di mantenerla con un lavoro sicuro, sebbene continuassero a vedersi e a scriversi di frequente. Di lei, Wagner scrisse a Liszt:

"Sempre c’erano state tra noi scene di appassionati litigi senza che vi fosse mai un ravvedimento da parte sua. Resomi conto delle nostre

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differenze di carattere e di cultura intellettuale, toccava sempre a me essere ragionevole e addolcirla col mio pentimento."

Del resto, cominciarono a manifestarsi le prime simpatie femminili che costelleranno per sempre la vita dell’artista, facilmente preda di fugaci relazioni amorose: la signora Ritter gli mandò 500 talleri e una pensione annuale che gli assicurò momentaneamente la vita, e madame Laussot (Jessie) - innamorata della sua arte - lo invitò a Bordeaux presso di lei. Rattristato dalla notizia della condanna a morte di Bakunin, Wagner meditò un favoloso viaggio in Medio Oriente, "lontano da questa ristretta esistenza di libri" (Mein Leben). La giovane Jessie avrebbe voluto seguirlo ma, dopo una serie ripetuta di visite culminate con le proteste di Minna e del marito di Jessie, la polizia lo allontanò anche da Bordeaux. A salvarlo ci pensò ancora Liszt, che aveva appena diretto con successo la prima assoluta del Lohengrin a Weimar (1850). La notizia dell’evento richiamò l’attenzione e la fiducia di Wagner che, stabilitosi a Zurigo con Minna, da questo momento si dedicherà incessantemente alla composizione della Tetralogia.

1850-1859: Tristano e Isotta, Matilde Wesendonck, Venezia

Busto memoriale di Richard Wagner a Venezia

A Zurigo incominciò una vita relativamente stabile per Wagner, appoggiato dagli amici di Bakunin - molti dei quali esuli in Svizzera - e dalla celebrità che gli derivava dall’esecuzione delle sue musiche. Per quanto osteggiato, infatti, il genio del musicista sembrava ormai indiscutibile. Grazie a Liszt, il Tannhäuser venne rappresentato in molti teatri tedeschi, mentre l'Olandese venne diretto a Zurigo dall’autore stesso. Nel 1852, dopo il primo viaggio in Italia che lo portò sulle rive del Lago Maggiore, Wagner terminò il testo dell’Anello del Nibelungo. E proprio in Italia trovò ispirazione per il preludio musicale dell’Oro del Reno - prologo della Tetralogia - poco dopo lo sbarco dalla nave che lo portò da Genova a La Spezia. Appassionato anche di montagna (la quale ricorre spesso - insieme al

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mare - nell'ambientazione dei suoi drammi), intraprese avventurose passeggiate a piedi sui monti della Svizzera centrale. Tuttavia, accanto al tema della natura, l’evento che segnò una vera svolta nella sua vita fu l’incontro con la filosofia di Schopenhauer, che ebbe l’effetto di spazzare definitivamente i passati ideali della rivoluzione. Dopo aver letto Il mondo come volontà e rappresentazione, per Wagner fu come la scoperta di un altro mondo. Il testo dell’Anello del Nibelungo fu modificato e improntato sulle teorie schopenhaueriane, che preannunciavano già i drammi di Parsifal e di Tristano. Tristano, per la cui concezione fu fondamentale un altro evento di assoluta importanza nella vita del compositore: l’amicizia con la famiglia Wesendonck. Otto Wesendonck era socio in affari di un’industria tessile di New York e conobbe il musicista durante un concerto di musiche di Beethoven. Sua moglie Matilde, poetessa dilettante, sembrava fatta apposta per condividere il genio dell’artista. Del resto, erano anni di fervente attività creativa. Entro il ’56, Oro del Reno e Walkyria furono terminati. Sigfrido seguì d’appresso, così che l’immenso lavoro della Tetralogia sembrò quasi concluso. S’interruppe però a metà del secondo atto del Sigfrido, quando i rapporti tra Riccardo e Matilde divennero sempre più intimi. Otto aveva infatti affittato all’amico un’ala della sua villa di Zurigo, il cosiddetto "asilo", un’oasi di pace dove vivere in tutta tranquillità. Riccardo vi si stabilì con Minna, i cani e i pappagalli. La moglie non tardò ad accorgersi di questo nuovo amore che cresceva mese dopo mese, una passione travolgente che interruppe la stesura dell’Anello per intraprendere Tristano. A Matilde si devono inoltre le cinque poesie dei Wesendonck-lieder, che Wagner musicò nell’intimità della loro relazione, rarissimi saggi del Maestro al di fuori dell’orbita del dramma.

“Un anno fa, oggi, terminai il poema del Tristano e ti portai l’ultimo atto. Tu mi abbracciasti e mi dicesti: ora non ho più desideri! In quel momento, io rinacqui una seconda volta. Mi ero andato sempre più staccando dal mondo con dolore. Tutto in me era diventato negazione, rifiuto e desiderio di opporre un’affermazione. Una donna dolce si è gettata in un mare di sofferenze per offrirmi quell’istante adorabile e per dirmi che mi ama…”

A questo punto lo scandalo esplose all’improvviso. Minna mostrò ad Otto Wesendonck le lettere del marito a Matilde, a cui seguirono interminabili scenate di gelosia. Otto fu conciliante ma Wagner dovette lasciare "l’asilo". Riparò quindi a Venezia, dove trascorse sette mesi di assoluto isolamento. Alloggiò all’albergo Danieli e a palazzo Giustiniani, dove portò avanti la stesura del Tristano.

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“In una notte d’insonnia, affacciatomi al balcone verso le tre del mattino, sentii per la prima volta il canto antico dei gondolieri. Mi pareva che il richiamo, rauco e lamentoso, venisse da Rialto. Una melopea analoga rispose da più lontano ancora, e quel dialogo straordinario continuò così a intervalli spesso assai lunghi. Queste impressioni restarono in me fino al completamento del secondo atto del Tristano, e forse mi suggerirono i suoni strascicati del corno inglese al principio del terz’atto.”

Protetto dal passaporto svizzero che le autorità austriache rispettarono seriamente (contro i tentativi dei ministri di Sassonia di espellerlo dall’Italia), Wagner rimase a Venezia fino al marzo del ’59, "lontano dalla polvere delle strade e dallo spettacolo dei cavalli maltrattati". Raggiunse quindi Milano, poi Lucerna, dove portò a termine Tristano. A corto di denaro, propose a Otto Wesendonck l’acquisto dei diritti dell’Anello del Nibelungo, che l’industriale accettò per la favolosa somma di 24.000 franchi (6.000 per ciascuno dei quattro drammi): Wagner intendeva utilizzarli per tentare la sua ennesima illusione: la conquista dell’Opéra di Parigi.

1861: il Tannhäuser a Parigi

Wagner nel 1860

Per la seconda volta, Wagner tentò la fortuna nella città che odiava, simbolo di un’arte "viziata e corrotta" ma indispensabile per aggiudicarsi la vittoria sul mondo. Nel 1860, senza troppa fortuna, vi aveva già portato l’Olandese volante in forma di concerto (modificato con l’aggiunta del tema finale della Redenzione), mentre l’anno seguente vi portò il Tannhäuser, pure modificato e memore delle innovazioni stilistiche post-

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tristaniane. Di tutti i suoi drammi, Tannhäuser gli sembrò il più appropriato a sostenere quest’atto di prostituzione che identificava il successo artistico col successo finanziario. Il denaro di Wesendonck, infatti, era già svanito nel pagamento anticipato di tre anni di pigione in un appartamento di lusso vicino all’Arco di Trionfo. Minna lo raggiunse poco dopo, ancora una volta, momentaneamente riappacificata: sala da pranzo in comune, camere da letto separate. Da parte sua, Napoleone III concesse le rappresentazioni pensando ad un evento artistico come un altro. Ma quel che in realtà avvenne superò qualsiasi immaginazione. Chi era questo genio esuberante, invasato e senza scrupoli, che osava stravolgere il gusto francese per la musica tutta arie e balletti, sostituendola con una concezione assolutamente nuova? Mentre il direttore dirigeva l’orchestra secondo la sua interpretazione, Wagner batteva un altro tempo con le mani e coi piedi, facendo un gran fracasso e abbandonandosi a violenti alterchi con gli orchestrali, esprimendosi oltretutto in un pessimo francese. In particolare, il divieto di introdurre il tradizionale balletto nel secondo atto - previsto dalla moda del teatro parigino - colpì l’orgoglio dei membri del Jockey Club, che usavano appunto presentarsi in platea non prima del second’atto.

“Ai ripetuti timori espressi sulla lunghezza del lavoro, replicai che non comprendevo tale inquietudine. Non era possibile, infatti, annoiare un pubblico abituato a divertirsi nell’ascoltare la Semiramide di Rossini. Tuttavia, io dimenticavo che in queste rappresentazioni il pubblico non si cura né dell'azione né della musica, e che la sua attenzione si rivolge solo ai virtuosismi dei cantanti. Ora, il Tannhäuser non era stato composto per le esibizioni dei cantanti…”

Insomma, mai musica e mai autore furono più impopolari di Wagner e del Tannhäuser, la sera del 13 marzo 1861. Urla, fischi e risate condannarono l’esecuzione di un capolavoro che era costato la bellezza di 164 prove! Wagner ritirò l’opera dopo la terza recita, ma il tumulto lo rese celebre. Charles Baudelaire gli manifestò tutta la sua ammirazione, mentre la critica giornalistica non parlava d’altro.

“Fossi lontano da questa Parigi che non m’ha portato che sventure! Dovrò andarmene per forza, alla metà di questo mese. Ma dove? Come? Voto la mia vita alle peregrinazioni e ho sempre l’impressione di essere giunto alla fine…”

1861-1864: Mosca, Vienna, Stoccarda

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Busto di Richard Wagner nel "Festspielpark" di Bayreuth

Wagner lasciò Parigi il 15 aprile. Un festino d’addio, in un caffè di rue Laffitte - presenti Baudelaire e Gustave Doré - salutò la partenza. Avanti a sé: un futuro sempre più incerto. Il mandato d’arresto che gli imponeva l’esilio dalla Germania era stato revocato, ma non sapeva dove andare. Come dice Aldo Oberdorfer nella sua eccellente biografia, si trattava di una "pezzenteria grandiosa, d’un accattonaggio magnifico che abitava nei palazzi e negli alberghi di lusso." Questo Wagner ormai cinquantenne, senza fissa dimora, agitato da eccessi di entusiasmo e crisi di depressione, osteggiato ma anche vezzeggiato da nobildonne sedotte dalla sua musica, ricominciò a chiedere prestiti a destra e a sinistra. Per esempio, all’amico comune Hornstein:

"Sento che lei è diventato ricco… Per tirarmi fuori dai guai mi occorre un anticipo di 10.000 franchi. Il suo aiuto mi renderà a me molto caro. In questo caso dovrebbe gradire di accogliermi l’estate prossima per circa tre mesi in uno dei suoi poderi, possibilmente in riva al Reno.”

La signora Kalergis gli aveva già prestato 10.000 franchi per coprire il buco dei concerti di Vantadour ed ora contattò invano gli editori e i teatri di tutta Europa.

“Non ho nulla in vista e non sono atteso da nessuna parte. Sono libero come un uomo fuori dalla legge. Tutto è fondato sul caso.”

Questa situazione fu interrotta da Hans von Bülow, che riuscì ad accordarsi per la prima rappresentazione del Tristano, a Vienna. Dopo incertezze di vario genere, Wagner partì in treno per l’Austria, e durante il viaggio abbozzò l’ouverture dei Maestri Cantori di Norimberga, la grande commedia di cui aveva già scritto il testo. Ma le recite del Tristano incontrarono difficoltà enormi. L’opera fu ritenuta indecifrabile, difficile, astrusa, e le prove vennero ben presto sospese. Wagner si stabilì momentaneamente a Biebrich sul Reno, quindi a Magonza, dove era

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necessaria una visita all’editore Schott. Ma questi era un uomo d’affari e non ritenne sufficiente la vaga promessa di completare i Maestri Cantori entro breve tempo. Wagner gli cedette allora i diritti dei Wesendonk-lieder, ovvero, la profanazione della sua vita privata sull’altare della sopravvivenza. A Matilde scriveva lettere blande, gli ultimi strascichi di un amore ormai passato, mentre con Minna - rientrata definitivamente a Dresda - il ciclo era già concluso. Di certo, le due donne avevano giocato un ruolo importante nella sua arte: Minna aveva impersonato Fricka, che nella Walkyria rimprovera a Wotan la sua irresponsabilità e la dura realtà del mondo. Matilde era stata la sua Isotta. Adesso, la nuova amica Matilde Maier gli appariva sotto le banali sembianze di "una libera unione che escludesse gli obblighi della convivenza" (la strada più comoda che era sempre solito ricercare), e non influì per nulla sulla sua attività creativa. Anzi, la composizione dei Maestri Cantori era ferma del tutto. Il cane Leo l’aveva morso alla mano destra e per alcuni mesi non gli fu possibile scrivere una sola nota. Riprese allora la peregrinazione dei concerti, che culminarono con la fortunata tournée russa di Mosca e di Pietroburgo, ai primi del’63. Col denaro finalmente guadagnato poté stabilirsi a Vienna, la città che in quel momento gli sembrava meno ostile: gli organetti per le strade suonavano i motivi del Tannhäuser e l'insegna di un negozio aveva la scritta "Al Lohengrin". Ma i 7000 talleri furono ingoiati nell’arredo principesco della nuova casa, firmando cambiali ancor prima di sapere se i russi gli avrebbero accordato una seconda tournée (che non vi fu): sete, velluti, tappeti, tendaggi, ghirlande e barocchismi che forse tentavano di riempire un senso di vuoto sempre più profondo. In questa casa ebbe luogo la fastosa festa di Natale del 1863, organizzata per gli amici che l’avevano sostenuto tra doni e prestiti mai ripagati. Ricorda Peter Cornelius, alla sorella:

"Quel pazzo di Wagner ha acceso un grande albero e vi ha messo sotto un tavolo pieno di doni per me, addirittura regale! Pensa: un magnifico cappotto, un’elegante veste da camera grigia, un accendisigari, sei fazzoletti di seta, bottoni d’oro, belle cravatte, un bocchino di spuma. Tutto ciò che può immaginare una fantasia orientale."

Era l’assurdo che preludeva al periodo più nero, dove non c’era più posto per alcuna attività creativa. In effetti, Wagner era stanco, inaridito di fronte ai tronconi della Tetralogia e dei Maestri Cantori che non aveva più ripreso. Era solo di fronte alla fuga degli amici, come un mago che aveva perduto i suoi poteri.

“A cinquant’anni devo sapere di che vivrò. Guardo innanzi a me e sono profondamente stanco di vivere. Una lieve spinta e tutto è finito!…”

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Non gli rimase che la fuga in Svizzera per evitare l’arresto per indebitamento. Per calmare i creditori, lo zio di Liszt - noto avvocato - vendette i mobili della casa di Vienna a sua insaputa, così che si ritrovò di colpo senza alloggio. Scrisse a Wesendonck sperando che lo accogliesse ancora a Zurigo, ma ricevette risposta negativa. Si presentò allora a casa di un amico di Marafield, disperato e senza essere atteso, ma poco dopo fu invitato a ripartire. Erano i primi mesi del 1864: Ludwig II era appena salito sul trono di Baviera. Di passaggio a Monaco Wagner osservò in un ritratto il volto del sovrano, mentre correva a Stoccarda per convincere il direttore d'orchestra Eckert a rappresentargli il Tristano. Era il suo capolavoro che ammuffiva nel cassetto da 5 anni. Stavano dunque decidendo la questione quando, la sera del 3 maggio, il segretario del re di Baviera si presentò chiedendo di parlare con Wagner. Questi, credendosi ricercato dalla polizia, fece rispondere di non essere in casa. L’indomani mattina, il misterioso personaggio raggiunse il musicista in albergo, dove gli consegnò un anello e una foto del giovane re. Il miracolo era avvenuto: Ludwig, follemente innamorato, lo chiamava a Monaco presso di sé.

Gli anni dal 1864 al 1883

Ritratto di Richard Wagner eseguito da Pierre-Auguste Renoir, 1882, Parigi, Museo d'Orsay. Il compositore per questo ritratto posò il 15 gennaio 1882 a Palermo.

Sotto la protezione del sovrano, ebbe finalmente luogo la rappresentazione del meraviglioso Tristano (1865) e de I maestri cantori

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di Norimberga (1868, direttore Hans von Bülow), l'unica commedia composta da Wagner, in cui viene esaltato il significato della nuova arte tedesca. Costretto ad allontanarsi anche da Monaco, a seguito dell'antipatia dimostrata dai monacensi e dagli stessi cortigiani, Wagner si stabilì sul Lago di Lucerna, dove portò a termine l'immenso lavoro della Tetralogia e dove conobbe il filosofo Nietzsche. La sua seconda moglie fu Cosima Liszt, figlia del grande pianista, sposata nel 1870. Wagner la strappò dal matrimonio con Hans von Bulow, che da quel momento ruppe l'amicizia col compositore. Da lei ebbe tre figli: Isolde (1865-1919), Eva (1867-1942, che sposò un filosofo precursore del Nazismo, Houston Stewart Chamberlain), e Siegfried (1869-1930). Ma re Ludwig non aveva troncato i rapporti col suo amico. Per anni finanziò con una cospicua rendita lo stile di vita dispendioso del compositore e supportò la realizzazione del Festival di Bayreuth, inaugurato con la prima rappresentazione de L'Anello del Nibelungo nel 1876. Nonostante il successo artistico delle recite, fu ancora il Re che salvò il Festival dal fallimento.

Wagner si stabilì definitivamente a Bayreuth, godendo solo in tarda età del successo e della fama dalla sua nuova arte. Per problemi di salute soggiornò a lungo nel sud-Italia, in Sicilia e lungo la costa amalfitana, dove nel giardino di villa Rufolo, a Ravello, ebbe l'ispirazione per il Parsifal, il suo ultimo capolavoro, il quale causò la rottura dei rapporti con Nietzsche. Nel 1882 la famiglia si trasferì a Venezia. Il 13 febbraio 1883 Wagner morì in seguito ad un attacco cardiaco. È sepolto a Bayreuth nel giardino della sua villa, Haus Wahnfried, non lontano dal teatro a lui dedicato.

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CLAUDE DEBUSSY Claude-Achille Debussy (Saint-Germain-en-Laye, 22 agosto 1862 – Parigi, 25 marzo 1918) è stato un compositore e pianista francese.

Biografia

Figlio di genitori ricchi poi diventati poveri (vendevano porcellane), entrò al Conservatorio di Parigi (1872-84), studiando il pianoforte con A.F.Marmontel e composizione con E. Giraud. Nel 1884 a Roma fu premiato per l'imponente scena lirica L'enfant prodigue. Soggiornò a Roma tra il 1885 e il 1887. Probabilmente il suo stile di compositore venne ad affermarsi durante le sue visite a Bayreuth (1890 e 1891) e grazie all'ascolto delle musiche di Gamelan di Giava.

L'influenza di Wagner è evidente nella cantata La damoiselle élue (1888) e nei Cinq poèmes de Baudelaire (1889) mentre altre sue canzoni dello stesso periodo, in particolar modo l'impostazione delle arie scritte sulla base di poemi dell'amico Verlaine (Ariettes oubliées, Trois mélodies, Fêtes galantes) sono in uno stile più capriccioso, come se facessero parte di un quartetto d'archi in Sol minore nello stile di César Franck (1893); in tale opera non solo aveva utilizzato il modo frigio ma anche altri modi ancor meno consueti, in particolare il modo tonale intero, per creare un'armonia oscillante che aveva scoperto attraverso le opere dei contemporanei: Mallarmé nel Prélude à l'après-midi d'un faune, opera per orchestra eseguita per la prima volta nel 1894 e utilizzata poi nel 1912 per la produzione del balletto omonimo di Nižinskij, e Maeterlinck nell'opera Pelléas et Mélisande, scritta in larga misura intorno al 1893-5 sebbene non completata fino al 1902. Queste opere portarono una fluidità nel ritmo ed un colore nuovo per la musica occidentale.

Tra i suoi più importanti lavori per orchestra ricordiamo i tre Notturni (1899), studi caratteristici di armonia e struttura velata ('Nuages'), esuberanti scorciatoie ('Fêtes') e seducenti movimenti completi ('Sirènes'). La mer (1905) ricerca una forma più sinfonica, con un finale che elabora temi dal primo movimento, e attraverso una parte centrale (Jeux de vagues) procede con molta meno immediatezza e con più varietà di sfumature. Le tre Images (1912) sono legate molto più lievemente, e l'opera più ampia, Ibéria è di per sé stessa un trittico, una mescolanza di

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allusioni vagamente spagnole. Infine, il balletto Jeux (1913) contiene alcune delle più bizzarre armonie e trame in una forma che si muove liberamente al di sopra del suo proprio spazio di unione come motivo musicale. Altri successivi lavori teatrali, inclusi i balletti Khamma (1912) e La boîte à joujoux (1913) e il giallo Le martyre de St. Sébastien (1911, su testo di Gabriele D'Annunzio), non furono totalmente orchestrati da Debussy, anche se St. Sébastien è da ricordare per il sostegno a un'antica atmosfera modale che era altrimenti sfiorata solo in brevi pezzi per piano (ad esempio La cathédrale engloutie).

Debussy scrisse molta musica per pianoforte e i brani più importanti con cui cominciarne l'ascolto sono opere che, alla moda di Verlaine, guardano al decoro rococò con moderni cinismo e perplessità (Suite bergamasque, 1895; Pour le piano, 1901). Il suo primo volume di Images pour piano 1904 - 1905 evoca tonalità che erano raramente state udite in lavori di suoi contemporanei come ad esempio frasi che ricordano lo sciabordio dell'acqua nel primo brano Reflets dans l'eau o come l'omaggio all'influenza di Jean-Philippe Rameau in una lenta e misteriosa danza di corte nel secondo brano Hommage à Rameau. Ma qui, come nei suoi pezzi per orchestra, Debussy cominciò ad associare la sua musica con impressioni visuali dell'Oriente, Spagna, paesaggi, e altro, in una sequenza di messe in scena di brevi brani. Ciò può essere ascoltato nel volume di brani conosciuto come Estampes, composto nel 1903 e che raggruppa brani opportunamente intitolati, ad esempio Pagodes che evoca una sensazione d'Oriente e di magnifiche pagode con le loro solenni torrette. Il secondo brano in Estampes dal titolo La soirée dans Grenade rammenta vividamente un'atmosfera spagnola. Pure nella sua famosa Children's Corner Suite per pianoforte, che scrisse per la sua amata figlia che chiamava Chou-chou, si suggeriscono suggestioni dall'Oriente dovendosi infine notare anche una nuova ondata di influenza jazz nel suo pezzo Golliwogg's Cake-walk, mentre Debussy si diverte alle spalle di Richard Wagner.

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Debussy al piano nel 1893

L'ultimo volume degli Etudes (1915) similmente interpreta varietà di stili e trame, meramente come esercizi pianistici, e comprende brani che sviluppano all'estremo forme irregolari come anche altri influenzati dai lavori del giovane Igor Stravinsky (presenza anche nella suite En blanc et noir per due pianoforti, 1915). La rarefazione di questi lavori è presente anche nell'ultimo gruppo di musiche, i Trois poèmes de Mallarmé (1913), e nella Sonata per flauto, viola e arpa (1915), nonostante la sonata e i pezzi ad essa simili ricatturino anche il classicismo inquisitivo di Verlaine. Il progettato gruppo di sei sonate è bruscamente interrotto dalla morte del compositore, per un cancro rettale.

Claude Debussy morì a Parigi il 25 marzo del 1918 durante la prima guerra mondiale, mentre l'esercito tedesco bombardava la città con il cannone a lunga gittata Parisgeschütz[1]. Era solo 8 mesi prima che la vittoria venisse dichiarata, in Francia. In quel momento la situazione militare francese era considerata da molti critica, e questa circostanza non permise che gli fosse dato l'onore di un funerale di stato, o di cerimoniose orazioni al momento della sepoltura, o celebrazioni delle sue opere. La processione si snodò lungo le strade, deserte e squarciate dai cannoni tedeschi, della sua amata città. Ma dopo questo momento di obbligato abbandono, la cultura francese l'ha sempre ricordato e celebrato come uno dei suoi più distinti rappresentanti. La morte di Debussy, come anche l'intera Prima guerra mondiale, coincisero con il triste termine della Belle époque, che testimoniava lo

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sbocciare a Parigi di sofisticazioni e modernità mai testimoniate prima in Europa. Venne sepolto nel Cimitero di Passy vicino Parigi in modo tale che non fu disturbato dalle bombe e oggi si può ancora andare a vedere dove è stato sepolto.

Rudolph Réti specifica che l'impresa di Debussy fu la sintesi della "tonalità melodica" con base monofonica con le armonie, sebbene diverse da quelle della "tonalità armonica"

Lo stile

La musica di Debussy presenta influenze sia nazionali (Gounod, Franck, Massenet, Fauré), sia internazionali (Chopin per il pianoforte e Mussorgsky per l'antiaccademismo). Debussy è stato un antiwagneriano come la maggior parte dei suoi connazionali, tuttavia è vicino alla sua musica per quanto riguarda la concezione del discorso musicale aperto e continuo che però in Wagner si traduce con la cosiddetta "melodia infinita", che è tuttavia vincolato all'armonia tonale, mentre in Debussy il discorso musicale è costruito con piccole immagini balenanti in continuo rinnovamento ma indipendenti tra loro grazie all'appoggio a un linguaggio armonico non vincolante e fatto di espedienti extratonali volti all'ambiguità come la scala esatonale, in cui i rapporti tensiodistensionali dati dall'alternanza di tono e semitono vengono meno essendo essa composta da intervalli identici. Possiamo concludere quindi che lo stile di Debussy oscilla tra il neoclassicismo (si veda l'utilizzo di forme barocche come la suite bergamasque che richiama sia la suite che le famose bergamasche di Frescobaldi) e il romanticismo in maniera eclettica. La sua musica è stringata, non pomposa e colossale, puntando alla brevità aforistica alla maniera degli impressionisti e dei simbolisti: come loro inoltre Debussy ricerca l'innovazione nell'esotismo. Il neoclassicismo di Debussy compie quindi una sintesi tra estetica classica e modernismo, grazie a un contrappunto innovativo e a dinamiche molto curate.

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GUSTAV MAHLER Gustav Mahler (Kalischt, 7 luglio 1860 – Vienna, 18 maggio 1911) è stato un compositore e direttore d'orchestra austriaco, di origine boema.

Biografia

Gustav Mahler nacque nel 1860 a Kalischt (Boemia, oggi in Repubblica Ceca) da Bernhard e Marie Hermann. La sua famiglia era di origine ebraica-ashkenazita e di lingua tedesca. A pochi mesi dalla nascita, si trasferì ad Iglau. La sua infanzia fu molto triste, costellata dalla morte di diversi dei suoi fratelli. Aiutato dal padre (e dal maestro Epstein), che in giovinezza strimpellava il violino, nel 1875 riuscì ad entrare al conservatorio di Vienna, che frequentò tre anni, ottenendo consensi e suscitando gelosie probabilmente a causa del suo brutto carattere. In questo clima strinse una buona amicizia con Hugo Wolf, Hans Rott, i fratelli Rosè, il violinista Krizianovskij. Il sodalizio intellettuale e artistico con il compositore Anton Bruckner, si rivelò "utile" anche in campo lavorativo.

La prima composizione conosciuta di Gustav Mahler, risalente al 1876 è un Klavierquartett in la minore, nato come saggio per il conservatorio, di cui si possiede il primo tempo e 27 battute del secondo. A parte le composizioni distrutte o incomplete del periodo giovanile, ci sono pervenuti lieder per tenore e pianoforte su testi composti dallo stesso Mahler, dedicati alla giovinetta Josephine Poisl. Del 1880 è Das Klagende Lied (Canto di lamento), ancora su testo proprio. A seguire compose i cinque Lieder und Gesänge aus der Jugendzeit (Canti della giovinezza, 1880-1883 e 1887-1890) e i Lieder eines fahrenden Gesellen (Canti di uno in cammino o "Canti di un viandante", 1884).

Dopo aver completato gli studi al conservatorio Mahler ebbe le prime esperienze nella direzione d'orchestra a Bad Hall nel 1880, negli anni seguenti continuò la sua carriera di direttore presso altri importanti teatri d'opera dell'Europa centrale: Lubiana nel 1881, Olomuc nel 1882, Vienna e Kassel nel 1883, Praga nel 1885, Lipsia nel 1886 e Budapest nel 1888. Nel 1887 Mahler fu chiamato a sostituire il celebre direttore Arthur Nikisch per il ciclo l'Anello del Nibelungo di Richard Wagner; il grande successo ottenuto contribuì ad accrescere la sua fama ed il suo prestigio come direttore sia fra i critici musicali sia presso il pubblico. Analoga

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fortuna non ottennero invece le sue composizioni: risalgono a questo periodo il completamento dell'opera teatrale Die Drei Pintos di Carl Maria von Weber, che riscosse critiche altalenanti e non è riuscita ad entrare stabilmente nel repertorio operistico, e la Prima sinfonia in re maggiore Il Titano, ispirata all'omonimo romanzo di Jean Paul, che fu più volte riveduta dall'autore anche a causa della fredda accoglienza ricevuta.

Dal 1893 al 1896 Mahler trascorse i periodi di vacanza estivi a Steinbach am Attersee in Alta Austria, località in cui continuò la revisione della Prima Sinfonia (la prima esecuzione era stata nel 1889), compose la Seconda Sinfonia, abbozzò la Terza Sinfonia, e scrisse la maggior parte dei lieder del ciclo Des Knaben Wunderhorn (in italiano Il corno magico del fanciullo), basato su un famoso ciclo di poesie curato da Achim von Arnim e Clemens Brentano.

Nel 1897 Mahler, che aveva allora 37 anni, ricevette l'incarico di direttore della K. u K. Hofoper (Imperial Regia Opera di Corte), vale a dire la posizione musicale più prestigiosa dell'Impero austriaco; poiché si trattava di un "ufficio imperiale" secondo la legge austro-ungarica in vigore l'incaricato non poteva essere di religione ebraica. Mahler, che mai era stato un ebreo devoto e praticante, si era già convertito per tempo al cattolicesimo, religione che comunque non gli era estranea: da ragazzo infatti era stato corista in una chiesa cattolica, dove il maestro del coro gli aveva anche insegnato a suonare il pianoforte[1].

Con il passare degli anni Mahler continuò ad essere attratto dal cattolicesimo, ed elementi ed influenze cattolici si possono osservare nei suoi lavori, ad esempio l'uso dell'inno Veni Creator Spiritus nella sua Ottava Sinfonia[2]. In ogni caso la presenza dello spirito e dello stile ebraico rimane ampiamente presente in tutta la sua musica, per esempio l'uso di temi in stile Klezmer nel terzo movimento della Prima Sinfonia.

Nel 1899 e nel 1910 egli diresse le versioni da lui rivedute della Seconda e della Quarta Sinfonia di Robert Schumann[3].

Nei dieci anni di direzione all'Opera di Vienna, Mahler rinnovò profondamente il repertorio di quell'istituzione musicale e ne migliorò la qualità artistica, riuscendo a piegare sia gli esecutori sia gli ascoltatori alla sua visione della musica e dell'arte. Quando egli ricevette l'incarico, le opere più popolari erano il Lohengrin, la Manon di Massenet, e Cavalleria rusticana; il nuovo direttore decise un nuovo corso più concentrato verso il repertorio del periodo classico, cominciando dalle opere di Christoph Willibald Gluck e di Wolfgang Amadeus Mozart, avvalendosi anche della collaborazione del pittore Alfred Roller[4] per la

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messa in scena di originali produzioni del Fidelio, di Tristan und Isolde, e del ciclo L'anello del Nibelungo.

Agli inizi del Novecento Vienna era una delle città più grandi ed importanti del mondo, capitale di una grande impero multinazionale nell'Europa Centrale e centro molto vivace dal punta di vista artistico e culturale; Mahler conosceva molti fra gli intellettuali ed artisti che a quel tempo vivevano a Vienna, fra gli altri i pittori Gustav Klimt ed Egon Schiele.

Mahler lavorava per nove mesi l'anno all'Opera di Stato, gli restava così solo il periodo estivo per dedicarsi alla composizione[5]; egli era solito passare le estati a Maiernigg sul lago Wörthersee ed in questa località idilliaca compose quattro sinfonie (dalla Quinta all'Ottava), i Rückert Lieder, i Kindertotenlieder (Canti per la morte dei fanciulli)[6], entrambi basati su poesie di Friedrich Rückert, e Der Tamboursg'sell, l'ultimo dei suoi lieder per Des Knaben Wunderhorn.

Nel giugno del 1901 Mahler si trasferì in una nuova villa sul lago sempre a Maiernigg in Carinzia[7]. Il 9 marzo 1902 Mahler sposò Alma Schindler, di vent'anni più giovane e figliastra del noto pittore viennese Carl Moll. Alma era musicista e compositrice, tuttavia il marito le proibì di continuare a cimentarsi con la composizione, anche se appartengono alla mano di Alma delle copie manoscritte di alcune partiture di Gustav. Mahler interagì in modo creativo anche con altre donne, fra cui la violista Natalie Bauer-Lechner, di due anni più vecchia, che aveva conosciuto durante il periodo di studi a Vienna. Alma e Gustav ebbero due figlie: Maria Anna (detta Putzi, 1902-1907), che morì a quattro anni di difterite, ed Anna (detta Gucki; 1904-1988), che divenne una scultrice.

Nel 1910 Mahler, colpito dalla scoperta del tradimento della moglie, fu consigliato di rivolgersi a Sigmund Freud, il quale lo incontrò una sola volta e quindi poté dargli solo alcuni consigli, i biografi (Quirino Principe e altri) riferiscono di un lungo colloquio di tre, quattro ore; Freud, durante l'incontro, una lunga passeggiata, seppe da Mahler che egli chiamava a volte la moglie Alma col nome della madre: Marie, e quindi formulo l'ipotesi (non la diagnosi) che Mahler fosse affetto dal cosiddetto complesso della Vergine Maria. Alma smentì questo fatto, fortificando la sua tesi con la prova che Mahler aveva difficoltà a pronunciare la "r", e quindi sarebbe stato scomodo per lui chiamarla Marie. Freud tempo dopo, ricordando l'episodio dichiarò: «Ebbi la possibilità di ammirare le capacità di penetrazione psicologica di quell'uomo di genio. Nessuna luce

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illuminò ad un certo punto i sintomi della sua nevrosi ossessiva. Era come scavare con un bastoncino in un edificio misterioso»[8].

Malato gravemente di cuore all'incirca dal 1907, Mahler fu più volte costretto a sottoporsi a delicate terapie mediche, e si rivolse invano a celeberrimi specialisti che, però, non poterono far altro che constatare la gravità del suo male, una endocardite maligna ed incurabile. Tra i vari specialisti in cardiologia a cui si rivolse, va ricordato il celebre batteriologo Andrè Chantemesse, il quale fu un pioniere della scienza ma anche un uomo assolutamente privo di tatto, che molto rudemente informò il suo paziente dello stato del suo male dicendo: "Non ho mai visto degli streptococchi svilupparsi in una maniera così meravigliosa, guardi questi filamenti, sembrano alghe marine!", lasciando letteralmente Mahler ammutolito per l'orrore[senza fonte].

Tornato apposta a Vienna dall'America (dove risiedette per circa un anno e dove ottenne strepitosi successi concertistici), Mahler morì nel sanatorio Loew di Vienna nell'anno 1911. I contributi alla sua biografia ci sono dati dalla moglie Alma e dall'amica Natalie Bauer-Lechner.

Le Sinfonie

La Prima Sinfonia

Nel 1888 Mahler portò a termine la prima versione della Prima sinfonia in re maggiore Il Titano, ispirata all'omonimo romanzo di Jean Paul. La prima esecuzione a Budapest nel 1889 fu quasi un disastro. La sinfonia, inizialmente concepita in cinque movimenti, in seguito fu ridotta in quattro movimenti dopo che Mahler decise di eliminare l'andante intitolato Blumine[9]. Il più noto dei quattro movimenti è sicuramente il terzo, una sorta di marcia funebre iniziata da un contrabbasso solo che esegue una spettrale parodia della canzone popolare per bambini Fra Martino.

La Seconda Sinfonia

I primi successi per Gustav Mahler arrivarono invece con l'esecuzione della Seconda sinfonia, detta Resurrezione, il cui primo movimento risale al 1888, ma che fu completata solamente sei anni dopo nel 1894. Divisa in cinque movimenti, la Seconda prevede, oltre alla smisurata orchestra tipica di quasi tutti i lavori mahleriani, anche l'intervento di due voci femminili soliste e del coro ed è la prima delle tre sinfonie in cui Mahler rielabora temi tratti dal proprio ciclo di lieder Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo).

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La Terza Sinfonia

La Terza sinfonia in re minore, composta tra il 1893 e il 1896 a Steinbach, fu eseguita per la prima volta solo nel 1902. La Terza di Mahler con i suoi sei movimenti ed una durata di circa 95 minuti di musica, è la più lunga sinfonia della storia della musica e richiede un organico strumentale di grandi proporzioni. Anche il tema conduttore di questa sinfonia, come della precedente, sembra essere l'immortalità: il quarto movimento cita alcuni testi del Così parlò Zarathustra del filosofo Nietzsche, e il quinto un'altra poetica dal Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo), dedicate al tema. Insieme alla successiva Quarta, si mostra dominata da un'attitudine verso la dimensione sognante e naif.

La Quarta Sinfonia

La Quarta sinfonia (1900), in sol maggiore concluse la trilogia delle sinfonie vocali (la seconda, la terza e la quarta), tematicamente legate ai lieder in precedenza composti su testi del Wunderhorn, anche se il motivo principale del I movimento è tratto dal II tema della sonata op. 120 in mi bemolle maggiore per pianoforte di Schubert. In questo caso, l'ultimo movimento è costituito proprio da un lied inizialmente composto per la raccolta del Wunderhorn, intitolato La vita celestiale, affidato alla voce di soprano. La Quarta è, dopo la Prima, la meno estesa fra le sinfonie di Mahler ed è anche quella che prescrive l'organico strumentale meno numeroso. Consta di quattro tempi: un allegro (anch'esso ricco di reminiscenze tematiche dal "Wunderhorn"), uno scherzo a cui la presenza di un violino accordato un tono sopra gli altri strumenti conferisce un tono a tratti spettrale, un vasto andante e appunto il lied finale. Theodor Adorno dice del sonaglio che suona all'inizio: "È veramente un campanello birbone, che senza dirlo dice: - Nulla di ciò che state ascoltando è vero".

La Quinta Sinfonia

La Quinta sinfonia, in do diesis minore è del 1903. È anche l'unica sinfonia su cui Mahler tornerà più volte fino alla fine della sua vita, perché non era mai del tutto soddisfatto della strumentazione: la scrisse durante le estati del 1901 e 1902, ma la revisionò per ben sei volte, sia prima della "prima" del 1904 a Colonia, sia dopo, ritoccandone continuamente l'orchestrazione. Consta di cinque movimenti, divisi in tre parti. La prima parte è costituita dai primi due movimenti, fra loro tematicamente legati. Il primo è una marcia funebre in cui compare di nuovo in modo prepotente il gusto sardonico di Mahler (con una

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rielaborazione ironica del tema del destino della Quinta sinfonia di Beethoven; il secondo movimento, in forma sonata e in la minore, è in un tempo agitato e verso la fine presenta un luminoso tema in modo maggiore che tornerà nel finale della Sinfonia. La seconda parte è costituita per intero da un vastissimo Scherzo in re maggiore, in cui le reminiscenze di Wagner si mescolano con quelle del valzer viennese: quasi un compianto anticipato per un mondo (quello della Vienna imperiale) che stava per finire, dieci anni prima de Il cavaliere della rosa di Strauss. L'ultima parte della Sinfonia si apre con il famoso Adagietto, in fa maggiore, forse la pagina più nota di Mahler, utilizzato poi da Luchino Visconti per la colonna sonora del film Morte a Venezia: 103 battute affidate solo agli archi e ad un'arpa. Questa pagina detiene forse un record fra tutti i brani di musica classica: quello della maggiore differenza di durata che è possibile riscontrare fra le varie esecuzioni. Infatti, molti direttori affrontano (metronomo alla mano, più correttamente) questo Adagietto facendolo durare circa otto minuti (probabilmente anche Mahler stesso lo dirigeva così, come possiamo desumere dal raffronto con le incisioni del suo principale allievo, Bruno Walter), ma è possibile ascoltarne esecuzioni incredibilmente dilatate (in disco ce ne sono due molto belle, rispettivamente di Hermann Scherchen e Bernard Haitink), che sfiorano addirittura i quattordici minuti. La sinfonia si conclude poi con un Allegro che riprende uno dei temi principali dell'Adagietto, eseguendolo in maniera molto più frenetica.

La Sesta Sinfonia

La Sesta sinfonia, in la minore, del 1903-1904 è conosciuta comunemente come Tragica (titolo che non si deve però a Mahler). È in quattro tempi e presenta un'unità tonale del tutto inconsueta nell'autore: ben tre movimenti su quattro, infatti, sono nella tonalità di impianto. È anche l'unica sinfonia mahleriana a terminare con un movimento in tonalità minore (tutte le altre sinfonie, anche le più drammatiche, presentano un finale "positivo", come la Prima o la Quinta, o quanto meno sereno, come le tre sinfonie del Wunderhorn o la Nona).

La Settima Sinfonia

La Settima sinfonia (1904-1905) presenta, con i suoi cinque tempi, una struttura "simmetrica". La "chiave di volta" è rappresentata dal movimento più breve, lo Scherzo, che sta in terza posizione, preceduto e seguito da due movimenti in tempo moderato, entrambi denominati "Nachtmusik" (Serenata), mentre i due movimenti estremi sono due Allegri di ampie proporzioni. Introdotto da una frase in tempo più lento,

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affidata a un flicorno, il primo movimento rimane incerto circa la tonalità fondamentale fra mi minore e si minore. La prima Nachtmusik si distingue per il carattere sarcastico e i ritmi a tratti da marcia (quasi una totentanz). Lo Scherzo porta la curiosa indicazione di tempo "Schattenhaft" (Tenebroso) ed è un pezzo di grande virtuosismo per tutta l'orchestra. Nella seconda Nachtmusik compaiono due strumenti non propri della musica orchestrale, una chitarra e un mandolino, che contribuiscono a dare al pezzo momenti di sonorità insolita e quasi surreale. Degno di nota in questo brano è l'incipit affidato al violino solista: si tratta di una citazione quasi letterale del celebre tema "Amami Alfredo" da La traviata di Giuseppe Verdi. Conclude la sinfonia un ampio movimento in tempo veloce, il cui tema principale (una parodistica deformazione dell'incipit dell'ouverture da I maestri cantori di Norimberga) riappare di continuo, quasi come un Leitmotiv, inframmezzato da motivetti giocosi e spesso all'apparenza banali.

La prima americana dell'Ottava Sinfonia (1916): Leopold Stokowski dirige la Philadelphia Orchestra L'Ottava Sinfonia

L'Ottava sinfonia, in Mi bemolle maggiore, del 1906, detta dei mille, in riferimento al numero degli esecutori (circa mille appunto, tra strumentisti e cantanti) è considerata l'opera più problematica di Mahler. In particolare si critica la definizione di sinfonia per l'Ottava (essendo completamente cantata), rappresentando essa probabilmente il culmine di quel processo di disgregazione della forma sinfonica comune al periodo post-beethoveniano: lo stesso Mahler scrisse che si trattava di un lavoro "talmente singolare e nella forma e nel contenuto che non è possibile scriverne". Con l'Ottava, comunque, Mahler ottenne il suo successo più clamoroso e, successivamente, venne considerato l'apice della sua opera da Anton Webern, Arnold Schoenberg e Alban Berg. È motivo di discussione l'accostamento dell'inno Veni creator spiritus di Rabano

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Mauro, musicato nella prima parte, e la scena finale del Faust di Goethe. Schoenberg ebbe a definire le due parti "un'unica idea di inaudita lunghezza e poderosa ampiezza, concepita e dominata nello stesso momento".

Das Lied von der Erde

La successiva composizione Das Lied von der Erde (Il canto della terra), sottotitolato Symphonie fur eine tenor- und eine alt- (oder bariton-) Stimme und Orchester, su testi di poeti cinesi, non fu direttamente inserita fra le sinfonie numerate di Mahler.

La Nona Sinfonia

La Nona sinfonia, in Re maggiore, considerato vertice delle composizioni sinfoniche del secolo, è del 1909. Il direttore d'orchestra Leonard Bernstein ha paragonato il decisivo, e forse testamentario, ultimo movimento a uno stato di meditazione trascendentale, ove l'ego pare dissolversi in un'ambigua estasi dell'Essere.

La Decima Sinfonia

Mahler morì nel 1911, durante la composizione di quella che avrebbe dovuto essere la sua Decima sinfonia. Di questa sinfonia è stato completato da Mahler solo l'adagio iniziale in Fa diesis maggiore. Fra le numerose ricostruzione della partitura, le versioni del musicologo Deryck Cooke sono le più eseguite. Le ultime due sinfonie e il Canto della Terra vennero composte da Mahler mentre si trovava in soggiorno estivo a Dobbiaco.

Lo stile

La musicologia ha avuto a lungo difficoltà ad inquadrare lo stile di Mahler. È risaputo che nelle sue composizioni il profondo si unisce spesso al banale. E proprio l'accusa di banalità è la più frequente fra i suoi detrattori:[senza fonte] nella prima sinfonia, il tema, noto a tutti, di Fra Martino, trasformato in una marcia funebre affidata ai contrabbassi, e in Sant'Antonio di Padova predica ai pesci (uno dei lieder da Das Knaben Wunderhorn, che Mahler trascrive poi per orchestra facendone lo Scherzo della Seconda Sinfonia) si rileva un carattere grottesco e in molte altre opere il materiale tematico deriva dalla musica popolare o addirittura bandistica, genere che il compositore lamentava di non aver indagato a fondo.

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Tra i più noti apologeti di Mahler ricordiamo Arnold Schoenberg e Anton Webern, che diresse varie volte le sue sinfonie (è ricordata in particolare la direzione della ottava).

Mahler non rompe il linguaggio tonale, ma lo spinge fino ai limiti delle possibilità. Quirino Principe indica un passo della terza sinfonia: ad un certo punto appare una triade di re minore dei corni che tocca la sensibile. Il do diesis sale alla tonica, ma con molta attesa, e nella nostra mente non c'è la tonica ma la sensibile: addirittura lo stesso passaggio viene riproposto e senza risoluzione. Non è forzato soltanto il sistema tonale, ma anche il lato tecnico: è stato acutamente detto che Mahler ottiene risultati con mezzi che non si adattano affatto a ciò che vuole ottenere. È stata fatta una interessante similitudine: Mahler raggiunge un paese vicino non per la strada più semplice, ma facendo tutto il giro del mondo.

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RICHARD STRAUSS Richard Strauss (Monaco di Baviera, 11 giugno 1864 – Garmisch-Partenkirchen, 8 settembre 1949) è stato un compositore e direttore d'orchestra tedesco. Noto soprattutto per i suoi poemi sinfonici e le sue opere liriche. Richard Strauss non era imparentato con gli Strauß viennesi, famosi compositori di valzer.

Biografia

Cresciuto in una famiglia molto musicale si appassionò di musica soprattutto grazie al padre, cosicché Strauss iniziò a comporre già all'età di sei anni. In seguito ricevette lezioni di composizione dal maestro di cappella Friedrich Wilhelm Meyer, dietro la sua guida o forse da lui ispirati e dopo le prime opere (spesso solo per pianoforte e canto) nacquero i concerti, una grande sonata, un quartetto d'archi, due sinfonie e una serenata per fiati (Op.7). Nel 1882 egli iniziò lo studio all'Università di Monaco ma lo interruppe presto. Nel 1883 fece un viaggiò fra Dresda e Berlino dove strinse contatti importanti, tra cui con il noto direttore della Meininger Hofkapelle, Hans von Bülow. Nel 1885 Bülow assunse Strauss come maestro di cappella del Meininger Hof (dove, fra gli altri, Strauss conobbe Johannes Brahms); quando Bülow poco dopo lasciò l'incarico, Strauss divenne il suo successore fino alla fine della stagione 1885/86. finora aveva composto secondo uno stile simile a Brahms o Schumann, il suo orientamento musicale cambiò all'incontro con Alexander Ritter violinista. Questi convinse Strauss a rivolgere la sua attenzione alla musica di Wagner, non prima però di essersi cimentato con poemi sinfonici che traggono qualche idea da Franz Liszt. Il nuovo stile compositivo di Strauss si avverte nella Fantasia per orchestra in quattro movimenti "Aus Italien"; diviene però più evidente nelle successive opere per orchestra, programmatiche e in un solo movimento, chiamate da Strauss Tondichtungen (normalmente tradotto con "Poemi Sinfonici", anche se il termine più vicino sarebbe "poemi in suono"). Dopo le difficoltà iniziali (del primo poema sinfonico, Macbeth, esistono almeno tre versioni), Strauss trovò il suo stile con Don Juan (1888-89) e soprattutto Tod und Verklärung (1888-90) che lo rese rapidamente celebre, per la vicinanza col Tristano di Wagner, per l’esasperato cromatismo e le pulsioni ritmiche in rallentando che rappresentano il fermarsi del battito cardiaco. Alcuni anni più tardi seguì una seconda serie di poemi sinfonici, fra cui Also sprach Zarathustra (1896), le cui battute iniziali sono state divulgate dal film 2001: Odissea nello spazio[1]. A differenza di Mahler, Strauss pur lanciando messaggi

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drammatici, punta a un'espressività più cinematografica che culminerà in lavori come il poema sinfonico (l'ultimo) "Sinfonia della Alpi (Eine Alpensinfonie)" del 1915; lo stile di Strauss qui è legato ancora al tardoromanticismo. La Sinfonia delle Alpi è ricordata anche per l'imponente organico orchestrale usato che si avvicina quasi all'orchestra di Mahler.

Nel 1887 Strauss iniziò il lavoro alla sua prima opera, Guntram, poco rappresentata sin dal 1894. Feuersnot (1901) ebbe invece un maggior successo. Il vero trionfo internazionale e la fama come compositore operistico gli giunsero con le due opere Salomè ed Elektra. Strauss, anche in Elektra, non abbandonò mai la tonalità, come fece invece Arnold Schönberg, nello stesso periodo, con i Gurrelieder. Salomè ed Elektra furono anche le prima opere che videro la collaborazione fra Strauss e il poeta Hugo von Hofmannsthal. Anche in seguito i due lavorarono assieme, nonostante Strauss avesse modificato in parte la sua musica, ottenendo grandi successi di pubblico, come con Der Rosenkavalier (1911), opera in tre atti ambientata nel '700 ricca di riferimenti erotici, tuttavia meglio accettati dal pubblico rispetto alle precedenti esperienze delle opere Elektra e Salomè che sono le più avanguardiste tra le opere di Strauss e sono classificabili come esempi di teatro orgiastico. Salome è forse la più nota tra le opere teatrali di Strauss e nonostante il successo raggiunto all'inizio scandalizzò la critica mondiale (si ricorda la rappresentazione del 1907 a New York che fu ritirata su richiesta della Chiesa per la scena in cui Salome bacia la testa mozza di San Giovanni, seguendo fedelmente il testo di Oscar Wilde su cui l'opera è basata)

Fino al 1930 Strauss scrisse ancora numerose opere, ma il suo stile si appiattì, e la grande opera Die Frau ohne Schatten marcò il punto finale di una fase drammatico-sperimentale nella sua produzione. Negli anni successivi nascono lavori di costruzione più leggera e in stile classicistico, come Capriccio e Daphne. La sicurezza drammaturgica per il teatro musicale comunque rimane, e quasi tutte le sue opere sono dei successi.

Strauss e il nazismo

Il ruolo di Strauss nell'epoca del Nazismo rimane controverso.

Alcune opinioni riportano la totale apoliticità di Strauss, e sostengono che non abbia mai cooperato completamente con il potere. Altri sollevano l'obiezione della sua presidenza della Camera musicale del Reich dal 1933 al 1935, e che, sebbene la carica fosse eminentemente di rappresentanza, avrebbe dovuto comunque prendere posizione contro il

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Nazionalsocialismo. Molte voci riportano che i nipoti di Strauss avevano una qualche ascendenza ebrea, e che questo fatto lo abbia trattenuto dallo schierarsi apertamente. Con la pubblicazione dell'opera Die schweigsame Frau su libretto dello scrittore ebreo Stefan Zweig Strauss corse un rischio evidente. Esistono inoltre supposizioni secondo le quali Strauss sfruttasse la sua carica per proteggere i suoi amici e colleghi ebrei.

Il nuovo ruolo di musicista nella società

Richard Strauss non è stato solo un compositore geniale, ma ha anche ridefinito il ruolo del musicista nella società. Sebbene avesse già una solida base finanziaria (grazie alla famiglia materna), Strauss dimostrò che un compositore può vivere del suo lavoro. Nel suo tempo questo non era certo un concetto assodato. Fra le altre cose lavorò perché il compositore partecipasse agli utili per ogni esecuzione della sua musica. Partendo da questo principio giunse alla conclusione che il comporre fosse una professione vera e propria, e che quindi l'ammontare del compenso fosse comparabile a quello di un medico o di un giurista. Questo punto di vista era contrario al ruolo ricoperto fino ad allora dall'artista nella società. Per questa ragione Strauss dovette difendersi contro il rimprovero di essere particolarmente versato negli affari ma anche molto avaro, una cattiva fama che in parte gli resta ancora domani.

Per raggiungere questi suoi scopi, nel 1889 Strauss pensò di fondare una sorta di sindacato dei compositori assieme a Hans Sommer e Friedrich Rösch. Anche da questa sua iniziativa nel 1903 venne fondata la Società per i diritti nelle Rappresentazioni Musicali e nella Riproduzione Meccanica (la corrispondente tedesca della SIAE italiana).

Lo stile

Volendo riassumere lo stile di Strauss notiamo che esso è molto vario e svincolato storicisticamente e quindi privo di un senso di evoluzione nel linguaggio che muta anche in maniera drastica e netta da una composizione all’altra. Abbiamo una prima fase in cui troviamo un legame col romanticismo tedesco di Schubert, Schumann e Brahms in cui compose la Burleske für Klavier und Orchester, in re minore. Una seconda fase, quella più lungimirante, è quella influenzata da Ritter, Liszt e Wagner, in cui Strauss compone i poemi sinfonici, per poi sfiorare quasi il primo espressionismo e la politonalità del primo Schönberg con Elektra, l'opera di Strauss più innovativa tra tutte le sue composizioni. L’ultima fase (il periodo di Die Frau ohne Schatten) vede invece un brusco ritorno al passato in cui Strauss si orienta verso un neoclassicismo

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manieristico e tonale ispirato alla musica del ‘700 rivista in chiave ironica, alternato a fasi politonali più moderne rappresentate dai due cicli di lieder del 1918 e concluse con le Metamorfosi per 23 solisti d'archi (1946) composte come commento alla catastrofe bellica.

Nel 1948 Strauss completò il suo ultimo lavoro maggiore, Vier letzte Lieder, per voce femminile e orchestra (inizialmente per pianoforte) (rappresentata nel 1950), che rappresenta di certo la sua opera vocale più nota. Questi Lieder non erano stati concepiti come ciclo. La sua ultima composizione completa fu un ulteriore Lied, Malven, terminato il 23 novembre. La partitura venne scoperta solo nel 1982 nel lascito di Maria Jeritza. Malven venne eseguito per la prima volta nel 1985 da Kiri Te Kanawa e inciso nel 1990 con i Vier letzte Lieder. L'ultima composizione dell'artista, Besinnung, su testo di Hermann Hesse, per coro misto e orchestra rimase a livello di frammento.

Opere

Poemi sinfonici

• Macbeth (1888/90) • Don Giovanni (Don Juan) (1888) • Morte e trasfigurazione (Tod und Verklärung) (1889) • I tiri burloni di Till Eulenspiegel (Till Eulenspiegels lustige

Streiche) (1895) • Così parlò Zaratustra (Also sprach Zarathustra) (1896) • Don Chisciotte (Don Quixote) (1897) • Vita d'eroe (Ein Heldenleben) (1898) • Symphonia domestica (1903) • Sinfonia della Alpi (Eine Alpensinfonie) (1915)

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ARNOLD SCHÖNBERG

Arnold Schönberg (Vienna, 13 settembre 1874 – Los Angeles, 13 luglio 1951) è stato un compositore austriaco naturalizzato statunitense.

È stato uno dei primi compositori del XX secolo a scrivere musica completamente al di fuori dalle regole del sistema tonale e l'ideatore del metodo dodecafonico, basato su una sequenza (da cui il termine musica seriale) comprendente tutte le dodici note della scala musicale cromatica.

Biografia [modifica]

Arnold Schönberg nasce a Vienna nel 1874. Figlio di un commerciante di origine ebraica, inizia i suoi studi musicali da autodidatta per poi continuare con Alexander von Zemlisky, fratello della sua futura prima moglie.

La sua prima composizione importante, Verklärte Nacht op. 4 (Notte Trasfigurata) risale al 1899 e prende il titolo da una poesia del simbolista tedesco Richard Dehmel. Si tratta di un poema sinfonico scritto per sestetto d'archi (formazione strumentale tipica di Brahms) e poi trascritto successivamente dallo stesso Schönberg per orchestra d'archi. Tra le prime opere per grande orchestra si ricordano il poema sinfonico Pelleas un Melisande op. 5 e i Gurrelieder (Canti di Gurre), risalenti rispettivamente al 1903 e al 1911.

Nel 1901 si trasferisce a Berlino dove, per mantenersi, dirige un'orchestrina di musica leggera. Dopo due anni soltanto ritorna a Vienna, dove si dedica principalmente alla composizione e all'insegnamento. Nel 1910 riesce ad avere un posto all'Accademia musicale di Vienna come maestro di composizione e l'anno successivo tiene cicli di conferenze al conservatorio Stern di Berlino.

Nel 1908 avviene il decisivo passaggio verso l'atonalità, che prevede un'emancipazione della dissonanza, la quale può essere trattata in modo libero, senza alcun obbligo di risoluzione su una successiva consonanza. Questo segna la fine del vecchio sistema tonale, perno del Classicismo e della forma-sonata. Adesso non è più la tonica a determinare il maggiore o minore grado di tensione, ma altri fattori come la dinamica e il timbro. Le più celebri composizioni di questo periodo sono i George-Lieder op.

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15 (1909), i Drei Klavierstücke op. 11 (Tre pezzi per pianoforte, 1909), i Sechs kleine Klavierstücke op. 19 (Sei piccoli pezzi per pianoforte, 1911) e i Fünf Orchesterstüche op.16 (Cinque pezzi per orchestra, 1909). Non bisogna poi dimenticare due capisaldi del teatro musicale espressionista: il monodramma per soprano e orchestra Erwartung (Attesa, 1909) e il dramma musicale per baritono, coro e orchestra Die glückliche Hand (La mano felice, 1913). Infine, il Pierrot lunaire op. 21 (1912), forse l'opera più conosciuta del musicista, capolavoro dell'espressionismo musicale, costituita da ventuno liriche tratte da una raccolta di poesie di Albert Giraud.

Nel 1912 collabora, insieme a Vasikij Kandinskij, Franz Marc e Paul Klee, alla pubblicazione dell'almanacco Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro), per il quale scrive un saggio sul rapporto musica-testo. Nel 1918 fonda un seminario musicale, il "Verein für musikalische Privataufführungen" e nel 1925 succede a Ferruccio Busoni nel corso superiore di composizione presso l'Accademia di Belle Arti di Berlino. È di questo periodo la teorizzazione della dodecafonia (principio compositivo fondato sull'eguaglianza di tutti e dodici i suoni della scala tonale). La dodecafonia venne applicata al Walzer dei Fünf Klavierstücke op. 23 (Cinque pezzi per pianoforte, 1923) , alla Serenade op. 24 per sette strumenti, sempre del 1923, alla Suite op. 25 per pianoforte (1923). L'apice dell'abilità tecnico-compositiva è poi raggiunto nelle Variazioni op. 31 per orchestra (1928).

L'avvento al potere di Hitler nel 1933 costringe Schönberg, convertitosi al luteranesimo all'età di quattordici anni ma di origini ebraiche, a fuggire in Francia. Sempre nello stesso anno ottiene asilo negli Stati Uniti, dove trascorrerà il resto dei suoi anni. Si reca inizialmente a Boston e a New York, stabilendosi infine in California. Dal 1936 al 1944 insegna alla USC (University of Southern California) di Los Angeles.

Nel 1934 compone una Suite in sol per archi e nel 1943 un Tema e variazioni in sol minore per fiati. Inoltre da non dimenticare l'Ode a Napoleone op. 41 su di un lavoro del poeta inglese George Byron, il Concerto per piano e orchestra op. 42, la Kammersymphonie op. 9, i Drei Volkslieder op. 49, il De Profundis op. 50 b, i Moderner Psalm op. 50 c, il Concerto per violoncello e orchestra, 11 Canoni, Nachwlander per voce e strumenti, Galatea per voce e pianoforte, Due preludi corali di Bach. Di notevole interesse, dal punto di vista della tecnica dodecafonica,

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sono i Three Songs op.48 (Sommermund, Tot, Mädchenlied), su versi del poeta Jakob Haringer (1883-1948). Nel 1947 compone Ein Überlebender aus Warschau (in italiano: Un sopravvissuto a Varsavia), citato come "il più grande monumento che la musica abbia mai dedicato all'Olocausto".

I suoi migliori allievi, nonché amici, furono: Anton Webern, Alban Berg e Ervin Stein, i quali lo seguirono nella sua avventura atonale e dodecafonica. La comunanza di intenti fra i tre compositori e la loro stretta collaborazione ha portato i critici musicali a definirli Scuola di Vienna.

Dodecafonia

La dodecafonia o, come Schönberg amava definirla, "metodo di composizione con dodici note poste in relazione soltanto l'una con l'altra", prevede che tutti e dodici i suoni della scala cromatica appaiano lo stesso numero di volte, affinché nessun suono prevalga sugli altri. Le composizioni non sono pertanto basate sulla tonica e non presentano più la struttura gerarchica tipica del sistema tonale.

Principi fondamentali:

• Uso del totale cromatico: la scala diatonica è sostituita da quella cromatica; è quindi previsto l'uso di tutti e dodici suoni disponibili nella divisione dell'ottava secondo il temperamento equabile.

• Onde evitare la prevalenza di suono sugli altri, bisogna che nessuno di essi si ripeta prima che tutti gli altri siano comparsi. All'inizio viene quindi stabilita una serie, per fissare l'ordine in cui le note devono succedersi in quella determinata composizione.

• Per evitare un'eccessiva uniformità si può ricorrere ad alcuni artifici, come l'utilizzo della versione retrogradata della serie originale, o l'inversione di questa (con tutti gli intervalli disposti per moto contrario), o ancora l'inversione della versione retrogradata. Si ottengono così quattro ordini principali della serie. In più, è possibile trasporre la serie originale e le sue tre "versioni" su tutti i restanti 11 gradi della scala cromatica.

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LA MUSICA LEGGERA

Viene abitualmente definita con il termine musica leggera, musica pop, pop music (sinonimo inglese), o semplicemente pop, la musica mainstream contemporanea, destinata ad un pubblico vasto quanto più è possibile. L'espressione definisce un tipo di musica di facile ascolto e poco elaborata, spesso ridotta a semplice intrattenimento e destinata al consumo di massa. In effetti, la musica leggera raggruppa in sé un insieme di tendenze musicali affermatesi a partire dal XX secolo, caratterizzate da un linguaggio relativamente semplice e in alcuni casi schematico. La musica leggera è strettamente inserita nel circuito di diffusione commerciale mondiale con incisioni discografiche, video, festival, concerti-spettacolo, trasmissioni e reti televisive e radiofoniche. Se la semplicità del linguaggio musicale e il disimpegno tematico distinguono la musica leggera dalla cosiddetta "musica colta" e underground, la presenza di una vera e propria industria la differenzia dalla musica popolare.

Può sembrare normale considerare la musica leggera come sinonimo di popular music, anche se oggi si tratta di una similitudine non del tutto propria: date le sue caratteristiche peculiari tutta la musica pop è musica popular, ma non è vero il contrario; esiste, in ogni caso, una grande difficoltà a relazionare tali concetti, soprattutto a causa dei continui fraintendimenti che si vengono a creare nel dire comune.

Musica leggera e pop

Nello specifico il termine musica leggera nacque in Italia per definire la musica mainstream italiana. Nella penisola, prima della British invasion dei primi anni sessanta, il termine inglese pop music per definire questo tipo di musica era pressoché sconosciuto ai più, e fu assorbito in seguito alla fama conquistata dai gruppi d'oltremanica. Di fatto oggi viene più facile utilizzare il termine pop per definire la musica commerciale moderna e allo stesso modo è più facile definire con musica leggera la musica melodica italiana, ma dal punto di vista concettuale e strutturale i due termini coincidono.

In Italia dagli anni cinquanta si è sviluppata, inizialmente attorno al Festival di San Remo, una Musica leggera popolare italiana con l'apporto di cantanti, gruppi musicali e cantautori italiani divenuti di fama

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internazionale (Mina, Gino Paoli, Equipe 84, Lucio Battisti, Laura Pausini, ecc..).

Caratteristiche

Le caratteristiche principali della musica leggera sono:

• spiccata orecchiabilità; • utilizzo abbondante della melodia; • ritmica semplice e uso di tempi musicali pari (primo tra tutti il 4/4); • testi di facile comprensione; • sottofondo musicale per lo più scarno o poco elaborato; • utilizzo del cosiddetto formato canzone (strofe alternate al

ritornello); • breve durata dei brani.

Analisi dei sistemi e delle logiche del fenomeno

La musica leggera è difficilmente caratterizzabile da un punto di vista strettamente musicale per questo non può essere definito strettamente un genere, ma è invece agevolmente indetificabile da certe convenzioni strutturali e divulgative.

Di particolare importanza per il successo del pop è il fenomeno del cosiddetto plugging, cioè una prassi che consiste nella continua e insistita proposizione di un brano da parte dei media, infatti il principio fondamentale del plugging è che sia sufficiente ripetere qualcosa sino a che venga accettato[2].

Al plugging può essere data anche l'accezione di "convenzione generica", anche se questa definizione trova un termine più specifico e un respiro più largo nella standardizzazione. La teoria della standardizzazione è che la struttura collaudata e convenzionale di un brano pop mira a reazioni standard, mira cioè a soluzioni armoniche e ritmiche che hanno generalmente un sicuro e ben definito impatto emotivo legato al riconoscimento, il fattore del riconoscimento infatti, nell'industria musicale e non solo, svolge un ruolo importantissimo essendo una delle funzioni basilari della conoscenza umana[2], è per questi motivi che nel pop ci si ritrova ad ascoltare un linguaggio naturale legato all'orecchiabilità (easy listening). Anche i temi delle canzoni pop sono spesso standardizzati, generalmente trattano di amore romantico.

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La musica pop riesce a dare spesso l'impressione dell'innovazione tramite l'adoperamento di stravaganze controllate nella misura in cui possono essere ricomposte in questo cosiddetto linguaggio naturale, infatti per essere popolarizzata una canzone deve potersi distinguere dalle altre mantenendo tuttavia l'assoluta convenzionalità di tutte le altre, fondamentalmente la nascita e l'affermazione di un certo genere o di una certa corrente musicale e culturale porta quel genere o corrente a subire un processo di popolarizzazione. Si specifica che la musica leggera è rivolta in particolare al fruitore occasionale, ad attirare l'attenzione dell'ascoltatore distratto, per questo può essere definita musica di puro intrattenimento, cioè non impegnativa, e usare l'espressione "ascolto passivo della musica" da parte del fruitore, l'"ascolto attivo" è invece presente quando vi è una ricerca musicale la quale deve essere coadiuvata dalla conoscenza a prescindere dalla piacevolezza, solo in quest'ultimo caso può essere definito un proprio "gusto musicale"[4][2][5].

Con l'avvento della TV e in particolare con l'utilizzo commerciale del video musicale, l'impatto visivo diventa essenziale per ogni gruppo o artista che vuole entrare nel mondo dell'industria musicale, spesso quindi entrano in gioco specialisti dell'immagine (come Vivienne Westwood per i Sex Pistols) e produttori che a volte basano il grosso del successo sulla presenza scenica[6], a questo proposito estremo è il caso del produttore Frank Farian il quale lancia verso la fine degli anni ottanta un gruppo di grande successo commerciale di nome Milli Vanilli, costituito in effetti da un gruppo di musicisti che lavorava nell'ombra, e un altro gruppo più fotogenico che appariva sul palco ballando e cantando in playback, quando questo si scopre si viene a creare uno scandalo, ma un caso simile si era già verificato negli anni '60 con i Monkees, i cui componenti erano gli attori protagonisti di una nota sitcom americana dell'epoca[7]. Altro caso esemplare fu legato ad una particolare corrente della musica heavy metal poi riconosciuta come hair metal, i quali esponenti adottarono un look distintivo e caratteristico, per via della costante esposizione tramite i media, ed in particolare sul canale musicale MTV, che emerse proprio in quel periodo. L'aspetto di questi gruppi poteva rivelarsi più particolare e rilevante della musica stessa[8].

La durata di ogni brano è un altro elemento caratterizzante, infatti per venire incontro ai tempi televisivi e radiofonici i brani spesso non superano i 4 minuti, le canzoni che oltrepassano questa durata vengono in genere sottoposti a un'operazione di editing in modo da accorciarne il minutaggio. Questa regola del pop viene infranta nel corso dei primi anni settanta per esigenze di genere, quando il progressive raggiunge una certa popolarità e in alcune sue forme diventa musica leggera.

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Tipico dell'industria musicale è anche il fenomeno dell'imitazione, fondamentalmente un'operazione commerciale che punta a ricalcare il successo di un certo brano o di un certo artista, questo fenomeno porta all'esplosione delle mode e delle tendenze, si pensi ad esempio alla moltitudine di gruppi beat degli anni '60 che ricalcavano il fenomeno Beatles. Infatti capita spesso che i produttori discografici siano i veri registi delle tendenze musicali e abbiano un'ampia influenza sul prodotto finito dei loro artisti (molti dei quali appaiono nel firmamento delle classifiche di vendita per una sola stagione, rapidamente sostituiti da volti nuovi), questo perché l'industria musicale è legata al mercato discografico e il mercato alla pubblicità, quindi qualunque artista famoso è tale perché, o per merito suo o per merito di altri, si è saputo proporre al pubblico nel modo giusto.

Mainstream musicale

Come si è detto la musica leggera è un tipo di musica che deve essere accessibile e fruibile da tutti seguendo quindi una logica di mercato in contrasto con la cosidetta musica alternativa o underground. Quest'ultima si contrappone alla musica leggera per ragioni diverse: per una ricerca musicale sia in campo stilistico che sonoro (distogliendosi dalla logica secondo cui grandi investimenti devono portare a guadagni sicuri); per la modalità commerciale con cui si accosta ai suoi fruitori, privilegiando in sostanza il passaparola che si può avere tra gli appassionati del genere, in opposizione al bombardamento pubblicitario, questo spesso è dovuto al fatto che le possibilità finanziarie della musica underground sono notevolmente inferiori a quelle della musica pop, essendo quest'ultima preferita dalle cosiddette majors (ma oggi anche da molte indies) per la motivazione sopracitata; infine per i suoi contenuti impegnati o comunque legati ad una sensibilità inconsueta (quest'ultima caratteristica si può ritrovare però anche in alcuni frangenti della musica leggera ma è generalmente abbastanza rara).

Nonostante la mancanza di originalità, la musica mainstream ha comunque il grande pregio di portare buona parte dell'underground al grande pubblico, influenzando e trasmettendo così in modo più ampio la cultura popolare, trasformando l'idea musicale in qualcosa di più assimilabile da tutti. In questo modo, però, i riferimenti forniti dalle sotto-culture musicali (heavy metal, punk rock, hip hop, musica elettronica, psichedelia ecc...) subiscono, in casi estremi ma sempre più frequenti, un'omogeneizzazione, vengono cioè superficializzati e spesso stereotipati per essere così più facilmente assimilibili, si precisa infatti che quasi ogni genere esistente è stato tradotto nei codici del mainstream ed è perciò

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divenuto, in un dato periodo storico, sinonimo di pop (da qui ad esempio nascono i sottogeneri commerciali degli stili già citati come pop metal, pop punk, pop rap, electro pop, pop psichedelico). Questa logica è rappresentativa del fatto che il fulcro del maintream è arrivare immediatamente al fruitore disattento piuttosto che incidere con il messaggio dell'artista.

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LA CANZONE NAPOLETANA

Origini

L'origine della canzone napoletana data intorno al XIII secolo, quindi ai tempi della fondazione dell'Università partenopea istituita da Federico II (1224), della diffusione della passione per la poesia e delle invocazioni corali delle massaie rivolte al sole,[1] come espressione spontanea del popolo di Napoli manifestante soprattutto la contraddizione tra le bellezze naturali e le difficoltà oggettiva di vita, si sviluppò già nel Quattrocento quando il dialetto napoletano divenne la lingua ufficiale del regno e numerosi musicisti, ispirandosi ai cori popolari, iniziarono a comporre farse, frottole, ballate, e ancora maggiormente dalla fine del Cinquecento, quando la "villanella alla napoletana" conquistò l'Europa, sin alla fine del Settecento. Questa espressione artistica popolare era allora carica di contenuti positivi ed ottimistici e raccontava la vita, il lavoro ed i sentimenti popolari.

Il Cinquecento e la villanella

In particolar modo la "villanella alla napoletana" rappresentò un primo antefatto fondamentale per gli sviluppi della canzone napoletana ottocentesca, sia per la sua produzione originariamente popolaresche ben accolta dalla classe colta, sia per il suo carattere scherzoso ed l'ampio spettro componentistico che variava dalla polifonia all'accompagnamento strumentale per una sola voce.[2]

Il Seicento e il Settecento

Il Seicento vide sfiorire la villanella ed apparire i primi ritmi della tarantella, con la celebre Michelemmà, che pare addirittura ispirata da una canzone di origine siciliana, ma comunque attribuita al poeta, musicista ed attore Salvator Rosa. Nel secolo successivo si rintraccia un secondo antefatto della canzone napoletana ottocentesca, rappresentato sia dalla nascita dell'opera buffa napoletana che influenzò non solo il canto ma anche la teatralità delle canzoni, sia per le arie dall'opera seria che divennero un faro per la produzione popolaresca. Intorno al 1768 autori anonimi composero Lo guarracino, divenuta una delle più celebri tarantelle, rielaborata come molte altre canzoni antiche nel secolo seguente.

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L'Ottocento

Altri due elementi catalizzanti la propagazione ed il successo dell'attività musicale furono innanzitutto la nascita, intorno ai primi dell'Ottocento di negozi musicali e di case editrici musicali come quella di Guglielmo Cottrau, che ebbero il merito di recuperare, raccogliere, riproporre talvolta aggiornandoli, centinaia di brani antichi.[1] Un secondo veicolo di diffusione della canzone fu costituito dai cosiddetti "posteggiatori", ossia dei musici vagabondi che suonavano le canzoni o in luoghi al chiuso o davanti alle stazioni della posta o lungo le vie della città, talvolta spacciando anche le "copielle", fogli contenenti testi e spartiti dei brani parzialmente modificati.[3]

Per quanto riguarda gli elementi caratterizzanti, invece, fra la seconda metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, la canzone fu oggetto di inclusione, nei suoi temi, di decadentismo, pessimismo e drammatismo ad opera di intellettuali che ne modificarono lo spirito originario. In quel periodo i maggiori musicisti e poeti si cimentano nella composizione di numerose canzoni. Un esempio di tale tendenza è Gabriele d'Annunzio che scrive i versi di A Vucchella [4] (1904)[5].

Il periodo più importante della canzone napoletana è ritenuto quello dei primi decenni dell'800, quando dal 1835 a Napoli dilagò la melodia di Te voglio bbene assaje scritta da Raffaele Sacco e la cui musica fu di Gaetano Donizetti. Le celebrazioni della Festa di Piedigrotta si dimostrarono l'occasione ideale per l'esibizione dei nuovi pezzi, che videro tra gli autori personalità quali Salvatore di Giacomo, Libero Bovio, E.A. Mario, Ferdinando Russo, Ernesto Murolo.

Escludendo villanelle e canti popolari precedenti al 1800 e che ancora non avevano la struttura melodica e lirica tipica della Canzone Napoletana propriamente detta, molte fonti collocano la nascita della canzone napoletana universalmente conosciuta al 1839 e al brano Te voglio bene assaje. Il testo fu scritto da Raffaele Sacco e musicato da Filippo Campanella, anche se si è in seguito diffusa una leggenda popolare che vorrebbe Gaetano Donizetti come autore. La canzone fu presentata il 7 settembre 1839 alla Festa di Piedigrotta.

Pochi anni dopo, a dimostrazione del successo e dell'importanza della canzone napoletana, il brano Palummella zompa e vola(1873)[6] fu addirittura proibita per i suoi evidenti contenuti sovversivi, poiché alludeva alla libertà, ed infatti gli autori ne cambiarono il testo, ma il popolo napoletano continuò a cantarne la musica a bocca chiusa.

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La macchietta

Altro genere di canzone napoletana molto popolare fu la "macchietta", termine derivato dal modo di descrivere personaggi e situazioni come in uno schizzo abbozzato in modo caricaturale. fra gli autori ed interpreti di questo genere vanno ricordati Nicola Maldacea e Nino Taranto.

Il secondo dopoguerra

La Seconda guerra mondiale segnò profondamente la città di Napoli ed anche la canzone non poté sfuggire alla tragicità degli eventi, Munasterio 'e Santa Chiara è la testimonianza più struggente di quel momento ma, come sempre, Napoli riesce anche a sorridere nei momenti più bui, Tammurriata Nera fu l'esempio di come l'umorismo partenopeo fosse sempre pronto ad emergere, anche di fronte a fatti tragici. Il pessimismo esistenziale di Luna rossa di Vincenzo De Crescenzo e Vian (ccà nun ce sta nisciuno, 1950) apre, però, una nuova stagione d'oro della canzone napoletana alla ricerca di una rigenerazione non solo musicale. Se Roberto Murolo diviene l'interprete per eccellenza della canzone tradizionale napoletana, Renato Carosone mette a disposizione le sue esperienze di pianista classico e di jazzista, le fonde con ritmi africani e americani e crea una forma di macchietta, ballabile e adeguata ai tempi.

Gli anni sessanta

In pieno novecento la canzone sopravvive grazie al ruolo primario del Festival di Napoli, che tra querelle e scandali riesce a imporre la sua canzone in tutta Italia prima ancora che si affermasse il Festival di Sanremo. La parabola storica della canzone napoletana termina nella seconda metà degli anni sessanta, quando il Festival entra in crisi (si conclude nel 1970) e la canzone perde ogni legame col suo retaggio classico divenendo espressione del sottoproletariato urbano. La fama di questo genere rimane immutata nonostante il passare del tempo, e tutti i cantanti affermati inseriscono regolarmente alcuni tra i pezzi più famosi nel loro repertorio seguendo le orme di Enrico Caruso e Beniamino Gigli.

Gli anni sessanta rappresentano il periodo d'oro del Festival della Canzone Napoletana, ma questa è anche l'epoca di fenomeni innovativi: Peppino di Capri opera una "fusion" fra melodia napoletana e ritmi di altre culture musicali, imponendosi all'attenzione di critici e pubblico; Peppino Gagliardi rompe gli schemi dell'interpretazione della canzone napoletana; Roberto De Simone e la sua Nuova Compagnia di Canto

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Popolare non si limita a recuperare e valorizzare la musica folk tradizionale, ma la arricchisce di elementi di musica colta.

Gli anni settanta

Tramontato il Festival, la canzone napoletana si adegua alle esigenze del tempo, vengono ripresi ed attualizzati i temi della sceneggiata; Mario Merola, pur rimanendo legato alla canzone tradizionale, è il principale interprete di questa nuova tendenza. Parallelamente a questo fenomeno, Bruno Venturini, avendo preso coscienza dei suoi mezzi vocali, nel pieno della maturità artistica, rilegge in chiave lirica i più famosi brani del repertorio classico della canzone napoletana, dando vita ad una significativa opera antologica (con brani che vanno dal 1400 ai giorni nostri), nella continuità del bel canto italiano nel mondo, che ha avuto nel grande tenore Enrico Caruso la sua massima espressione vocale. Intanto il fermento musicale di quell'epoca è avvertito anche da nuovi autori come Eduardo De Crescenzo, Alan Sorrenti e Pino Daniele che daranno un'impronta nuova alla musica partenopea, seppur con musicalità diverse. Se gli Osanna percorrono la strada delle opere rock, Napoli Centrale con James Senese intessono una interessante fusione di generi.

Gli anni ottanta

La sceneggiata napoletana che Mario Merola era riuscito a resuscitare negli anni '70 pian piano sparisce di nuovo, forse perché nessuno oltre a Merola stesso contribuirà e sarà capace di dargli voce. Sarà sostituita dalla musica neomelodica che ancora oggi in tutto il Sud Italia e tra gli emigranti italiani all'estero ha un discreto successo. Il personaggio che fu da trait d'union tra la sceneggiata e la nuova canzone melodica degli anni novanta fu Nino D'Angelo.

Gli anni novanta

Questo decennio registra un boom del genere neomelodico, i giovani preferiscono cantanti come Gigi Finizio e Gigi D'Alessio, pur non rinnegando totalmente il passato. Entrambi gli artisti, al contrario di quanto spesso affermano i loro denigratori, sono giunti al successo dopo anni di studio e di vera gavetta (feste di piazza, matrimoni e piano-bar) come, del resto, gli altri cantanti neomelodici. Negli stessi anni si affermano, anche in ambito nazionale, gruppi come Almamegretta, 99 Posse, 24 grana, che rinnovano la canzone napoletana mediante una commistione di musica elettronica, trip-hop e rap. La differenza rispetto alla musica neomelodica sta anche nei testi ad alto contenuto politico (prevalentemente di sinistra). Inoltre in questi anni Renzo Arbore con la

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sua Orchestra Italiana riporta in auge la canzone classica napoletana riadattata in chiave moderna ricevendo un successo mondiale, scalando le classifiche di vendita e facendo concerti in tutto il mondo.

Il XXI secolo

I primi anni del nuovo millennio sono quelli in cui il genere musicale creato da Nino D'Angelo a cavallo tra gli anni '70 e '80 continua ad avere molto seguito in Campania, in varie regioni del sud Italia (prima fra tutte la Sicilia dove ci sono molti artisti di musica neomelodica come Gianni Celeste, Tony Colombo, Angelo Cavallaro, Angelo Mauro, Nino Fiorello ed Alessandro Fiorello) e all'estero, dove ci sono tanti emigranti italiani. Il termine "neomelodica" vuol dire "nuova melodia" e tra gli artisti più rappresentativi di questo genere dagli anni '70 ad oggi ci sono oltre lo stesso D'Angelo, Gigi D'Alessio, Gigi Finizio, Gianni Celeste, Gianluca Capozzi, Natale Galletta, Gianni Vezzosi, Raffaello , Alessio, Rosario Miraggio e tanti altri.

RAFFAELE VIVIANI Raffaele Viviani (Castellammare di Stabia, 10 gennaio 1888 – Napoli, 22 marzo 1950) è stato un poeta, commediografo, compositore e attore teatrale italiano, nonché autore di molte famose canzoni napoletane.

Biografia

La sua opera si differenzia notevolmente da quella del suo contemporaneo Eduardo de Filippo, presentandosi allo stesso tempo come complementare a questa. Mentre l'opera di Eduardo ci presenta la borghesia napoletana, con i suoi problemi e la sua crisi di valori, Viviani mette in scena la plebe, i mendicanti, i venditori ambulanti: un'umanità disperata e disordinata che vive la sua eterna guerra per soddisfare i bisogni primari. In questo la sua poetica si allontana violentemente dalla retorica lacrimevole, pittoresca e piccolo borghese del tempo, prendendo le distanze al contempo dalla cultura positivista e ponendosi per molti versi all'interno di dinamiche creative proprie delle avanguardie. Il suo fu un teatro diverso, anomalo e sconvolgente, ma durante il fascismo subirà,

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con la negazione dell'uso dei dialetti, l'ostilità e il silenzio della critica e della stampa.

Anche la sorella maggiore Luisella fu una nota attrice e cantante.

LUIGI DENZA

(Castellammare di Stabia, 23 febbraio 1846 – Londra, 27 gennaio 1922) è stato un compositore italiano.

Biografia

Fu avviato agli studi musicali nel conservatorio napoletano di San Pietro a Majella ed ebbe per maestri Paolo Serrao e Saverio Mercadante.

Nel 1876 mise in scena a Napoli la sua commedia Wallenstein. Divenne professore di canto nello stesso Conservatorio napoletano, quindi nel 1879 emigrò a Londra, dove fu condirettore della London Academy of Music sino al 1898, indi professore di canto alla Royal Academy of Music, cattedra che tenne sino alla morte.

Autore di ben ottocento composizioni musicali, è celebre soprattutto per Funiculì funiculà, composta per la Piedigrotta del 1880, su versi di Giuseppe Turco, in occasione dell'inaugurazione della Funicolare del Vesuvio.

La città gli ha intitolato una strada ed eretto un busto in villa comunale.

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L’OPERA LIRICA

Con il nome “opera lirica” si intende quel genere letterario-teatrale nel quale le azioni sono sottolineate da musica e canto; si chiama anche melodramma. Per lo sviluppo della lirica in Occidente si deve molto al teatro greco; l’opera lirica in quanto tale fu teorizzata nel ‘500. Già nel Medioevo vi erano numerose rappresentazioni con la musica, ma non vi è una derivazione diretta dell’opera lirica. Grazie alla Camerata Fiorentina alla fine del ‘500 si gettano le basi dell’opera. Con Monteverdi (nel ‘600) si trovano alcuni elementi nuovi, come le strofe e i ritornelli, l’alternanza di parti cantate e dialogate e anche alcuni balletti. Nel 1637 a Venezia si aprì il primo teatro per tutti. Nel ‘700 le coreografie si fanno piú semplici e si differenziano l’opera seria e l’opera buffa. Alla fine del ‘700 trionfo l’opera buffa, da cui derivano l’opera romantica e neoclassica. All’inizio dell’800 Rossini fu l’italiano piú noto; Donizetti e Bellini sostituirono il bel canto con la passione. Verdi introduce i temi dell’innocenza liberata e della ricerca della libertà. Con l’opera romantica si aggiungono elementi innovativi e sorprendenti. Nei Paesi di lingua tedesca si preferivano rappresentazioni a carattere mitologico. Dall’opera romantica deriva l’opera verista (Puccini), che aveva un grande sentimentalismo da argomenti estranei ai precedenti e incentrati sulla borghesia. Da qui in poi si differenziano molto le esperienze dei singoli, che non possono rientrare in alcuna classificazione.

OPERA SERIA – BUFFA(Rossini) OPERA ROMANTICA (Bellini, OPERA LIRICA o MELODRAMMA Donizetti, Verdi, Wagner) OPERA VERISTA o BORGHESE (Puccini, Strauss) Verdi Verdi nacque da una famiglia modesta e prese le prime lezioni dal parroco del paese. Non riuscì a entrare nel Conservatorio di Milano, ma riuscì comunque a prendere lezioni di organo, fino a diventare un maestro di musica. Muoiono la moglie e la figlia. Delle sue prime due opere, una è un grande successo, l’altra un fiasco. I patrioti dell’epoca vedono nelle sue opere un forte significato patriottico, anche se in realtà le vicende politiche facevano solo da sfondo alle vicende amorose. L’Aida fu composta per l’inaugurazione del canale di Suez. La Traviata (G. Verdi)

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Il libretto è di Piave e il melodramma è un tre atti. Violetta è l’amante del barone Dufour, che ha dato un grande banchetto. Prima della festa, Violetta confida a un’amica di essere gravemente malata. Tutta la sera balla con un ragazzo di nome Alfredo, che si innamora di lei. Nel secondo atto essi sono già fidanzati, ma versano in gravi condizioni economiche; il padre di Alfredo convince Violetta a partire per Parigi e lasciare Alfredo. Violetta si reca a Parigi dall’amica Flora. Quando arriva a casa di Flora c’è una festa e lì vi è anche Alfredo, che Violetta cerca di convincere ad andare via. Nel terzo atto, Violetta giace morente a letto, quando le arriva una lettera di Alfredo, che giunge appena in tempo per stringerla nelle sue braccia prima che esali l’ultimo respiro. Puccini Puccini da ragazzo non aveva alcuna voglia di assecondare i genitori che volevano fargli imparare la musica, ma dopo aver ascoltato l’Aida decise di frequentare il Conservatorio a Milano per diventare egli stesso compositore. Collaborò con l’editore Ricordi, che era il piú famoso dell’epoca. Poiché il suo tenore di vita era molto basso, gli occorsero ben 5 anni per completare Edgar. Compose successivamente la Bohéme, la Tosca, Madama Butterfly, la Fanciulla dell’Est e la Turandot. Bohéme Il libretto è di Illica e Giocosa ed è formata da quattro atti. Marcello e tre suoi amici stanno parlando dentro la loro casa, ma arriva il padrone che esige il pagamento dell’affitto. I ragazzi riescono peró a mandarlo via e a questo punto escono tutti tranne Rodolfo. Bussa alla porta Mimí, loro vicina di casa e Rodolfo, vedendola pallida, le offre un bicchiere di vino. Si spegne d’improvviso la luce e Mimí perde la chiave di casa. Al buoi Mimí e Rodolfo si accorgono di essere reciprocamente attratti. Gli amici chiamano Rodolfo dalla finestra e nel secondo atto si trovano al Café, dove li raggiungono anche altri tra cui Musetta, che si innamorerà di Marcello. Nel terzo atto Mimí confida a Marcello di voler lasciare Rodolfo perché troppo geloso; anche Rodolfo vorrebbe lasciare Mimí, ma si addolcisce pensando al fatto che lei sia tisica. Nel quarto e ultimo atto Rodolfo, Marcello e gli amici improvvisano un nuovo banchetto come quello iniziale. Mentre stanno mangiando arriva Musetta, che riferisce che Mimí è svenuta per le scale. I ragazzi cercano di raccogliere i soldi per andare a chiamare un medico, ma questi non giunge in tempo e Mimí muore nell’abbraccio di Rodolfo.

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LA MUSICA ROMANTICA La musica romantica è la musica composta secondo i principi dell'estetica romantica. In senso stretto riguarda un arco di tempo che va dal XIX secolo agli inizi del XX secolo.

Le forme musicali con trionfo del pianoforte [modifica]

Il linguaggio musicale in questo periodo ha una rapida evoluzione. Il musicista romantico muta infatti la sua posizione sociale: da un dipendente al servizio di chiese o corti diventa un libero professionista. Per il musicista romantico la ricerca della libertà professionale significò la possibilità di esprimere i propri sentimenti e le proprie passioni senza dover obbedire alle rigide, aride regole formali del classicismo.

Si impose dunque una nuova libertà formale: alla melodia fu affidato un ruolo-chiave come veicolo dell'espressione, ora frenetica ora malinconica, anche grazie al frequente uso del modo minore. Le dinamiche si fecero più irregolari, costellate dalle variazioni agogiche (accelerandi, rallentandi, rubati). Notevole importanza ed autonomia acquisirono i timbri strumentali.

Lo strumento musicale prediletto di quest'epoca fu il pianoforte per la quantità di gradazioni d'intensità e timbro di cui era capace e per l'elemento lirico e soggettivo legato alla presenza di un unico esecutore.

Nacquero in questo periodo nuove forme musicali caratterizzate dalla brevità, quali il preludio, il notturno, la romanza senza parole, il foglio d'album e il Lied, finalizzate ad un'espressione immediata dei sentimenti e dei moti più intimi dell'animo umano. Brani che talvolta erano scritti "di getto" (da cui il nome di un'altra forma tipica della letteratura pianistica di questo periodo: l'improvviso), sotto l’impulso dell'ispirazione.

In quest'ambito si svilupparono due tendenze opposte: l'intimismo e il virtuosismo. Il primo cercava suoni perlati, soffici e raffinati, evitava le folle, si rifugiava nei salotti ed emergeva d'innanzi a pochi amici. Il virtuosismo invece scatenava sonorità imponenti, tempeste di note e di

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arpeggi. Era alla ricerca della folla e voleva mandarla in delirio, trionfando su di essa.

Solitamente questo tipo di composizioni erano eseguite nei salotti di signori facoltosi, mecenati delle arti e donne di cultura. I compositori avevano modo di conoscersi fra loro ed è questa l'epoca dei grandi scambi culturali, ad esempio tra Franz Liszt e Frederick Chopin, Felix Mendelssohn e Robert Schumann. Quest'ultimo, insieme a Franz Schubert si dedicò molto al Lied, una forma musicale tedesca da camera per voce e pianoforte, basata su testi poetici sia d’autori romantici, sia della tradizione popolare.

Virtuosismo e nazionalismo

Uno degli aspetti più particolari del Romanticismo musicale fu quello del virtuosismo, cioè dell’eccezionale tecnica esecutiva dei musicisti. Ricordiamo ad esempio il virtuoso del violino, Nicolò Paganini e il virtuoso del pianoforte, Liszt. Liszt è anche considerato l’inventore del poema sinfonico, una composizione per orchestra di forma libera ispirata a suggestioni letterarie e naturalistiche, esplicitate nel titolo. La musica aveva così il compito di tradurre in suoni i contenuti di un testo.

Inoltre, come già accennato in precedenza, in questo periodo accrebbe la coscienza dell’identità nazionale e quindi anche l’interesse per le tradizioni folkloristiche e per la storia, con la conseguente nascita della storiografia musicale. I compositori studiavano il patrimonio di musiche e canti popolari del loro paese, creando uno stile tipico e unico in cui l’elemento popolare rinnovava lo stile e la struttura della musica. In Boemia, Spagna, Norvegia, Russia e Finlandia si svilupparono perciò le cosiddette "Scuole Nazionali", delle correnti musicali che cercavano di affermare uno stile tradizionale libero dall’influenza tedesca, francese e italiana. In particolare in Russia nacque il Gruppo dei Cinque formato da Aleksandr Borodin, Modest Mussorgskij, César Cui, Mili Balakirev e Nikolaj Rimskij-Korsakov.

L'opera romantica

In Italia e in Francia, l’età romantica fu un periodo di cambiamento anche per l’opera lirica, i cui argomenti non furono più tratti dalla mitologia e dai classici, bensì furono per lo più ispirati a soggetti storici.

Parigi fu la culla del grand-opéra, una sfarzosa miscela di spettacolo, azione, balletto e musica, i cui autori furono inizialmente soprattutto compositori stranieri stabilitisi in Francia, tra cui Gioachino Rossini

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(Guillaume Tell) e soprattutto Giacomo Meyerbeer. Sempre a Parigi si svilupparono i generi dell'opéra-comique e più tardi - nel periodo tardoromantico - dell'opéra-lyrique.

In Italia, l'opera continuò a porre l'accento principalmente sull'uso della voce. Agli albori del romanticismo italiano si collocano le figure di Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. In seguito, l'autore simbolo del melodramma italiano dell'Ottocento, Giuseppe Verdi, proseguì sulla strada tracciata dai suoi predecessori ma le sue opere mostrano un sensibile incremento della componente realistica, tanto che l'aggettivo romantico vi si lascia applicare con difficoltà e in modo comunque parziale.

Più direttamente legata al filone tardoromantico fu l'opera italiana degli anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento. Il compositore italiano che seppe far propri i temi e le ambientazioni fantastiche proprie del romanticismo tedesco fu Alfredo Catalani.

Aspetti romantici si registrano ancora nei compositori della Giovane scuola: Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Francesco Cilea, Umberto Giordano e soprattutto Giacomo Puccini, che in particolare con Manon Lescaut (1893) diede vita ad una delle poche opere italiane pienamente ascrivibili al filone tardoromantico.

L'opera romantica si affermò tuttavia soprattutto in Germania, grazie a Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Ludwig Spohr e soprattutto Carl Maria von Weber, l'autore del Franco cacciatore (1821). Sulla scia di Weber, Richard Wagner dedicò la prima parte della sua attività di operista allo sviluppo dell'opera romantica tedesca. La sua ultima opera concordemente considerata romantica è Lohengrin (1850), mentre Tristano e Isotta (1865) sembra piuttosto collocarsi a cavallo tra romanticismo e decadentismo.

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SEMIOGRAFIA E SEMIOTICA

La semiotica o semiologia (dal termine greco σηµεῖον semeion, che significa "segno") è la disciplina che studia i segni.

Considerato che il segno è in generale "qualcosa che rinvia a qualcos'altro" (per i filosofi medievali "aliquid stat pro aliquo") possiamo dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di significazione e di comunicazione. Per significazione infatti si intende ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos'altro di assente (la luce rossa del semaforo significa, o sta per, "stop"). Ogni volta che si mette in pratica o si usa una relazione di significazione si attiva un processo di comunicazione (il semaforo è rosso e quindi arresto l'auto). Le relazioni di significazione definiscono il sistema che viene ad essere presupposto dai concreti processi di comunicazione.

La semiografia musicale è quella parte della teoria musicale che si occupa dei segni e dei simboli utili per fissare su carta la musica: traduce il suono ed il ritmo in nota registrandolo in uno spartito.