22
«EIKASMOS» XVIII (2007) La Protasis dell’Iliade Premessa Le prime parole con cui si presenta la poesia greca (che chiamo) tradizionale, e perciò la poesia greca in generale, sono Hes. Th. 1 Mousavwn nel Prooimion della Teogonia e Hom. A 1 Mh'nin nella Protasis dellIliade. Non si può dire quale parola sia anteriore, se la prima o la seconda. Io nomino i due rapsodi (ché così li chiamo con gli antichi) nellordine Esiodo e Omero, perché, essendo contemporanei, pre- vale lordine antico, e anche alfabetico, dei due. Potrei dire quindi, per nostra consolazione, che prima vi sono «le Muse» e poi viene «lira». Cominciamo in ogni modo con «lira», prima parola nella Protasis dellIliade, e ovviamente nellIliade intera. Si tratta dei versi più famosi nella poesia greca (che chiamo) tradizionale e, si può ben dire, nella poesia di tutti i tempi. Prooimion e Protasis I vv. 1-7 del Canto A sono comunemente chiamati dai moderni «il proemio dellIliade»: così già sono chiamati dagli antichi, p. es. da schol. A 1a (AT), b (bT), 2a (bT), 3a (bT), 4a (A), 5 (A), schol. D ad A 5, per sette volte in tutto, e tra i moderni p. es. da Ameis-Hentze (1913 7 ), Von der Mühll (1952) 13s., Pagliaro (1963 2 ) 3 etc., Kirk (1985) 51s., ad 1, Zambarbieri (1998) 27s., 55-57, Latacz (2000) 11 etc., ripetutamente. Per contro Eust. ad Il. 7,45 e 8,4 usa più correttamen- te, forse per caso, il termine retorico proevkqesi", esposizione preliminaree ado- pera prooivmion soltanto una volta, ibid. 18,2. «Il proemio dellIliade» è tuttavia una denominazione vulgata e letteraria, la quale esprime un significato generico, derivato per traslato, del significato tecnico che prooivmion propriamente ha nella terminologia antica. Secondo gli antichi infatti il prooivmion in senso tecnico è propriamente un inno a un dio, introduttivo alla successiva esecuzione di un poema rapsodico o citarodico. Gli inni rapsodici e citarodici per gli dèi erano infatti chia- mati col termine u{mno" o prooivmion, questo secondo evidentemente desunto dalla loro funzione introduttiva a una successiva esecuzione, rapsodica o citarodica che fosse (vd. Pavese [1991] 157-159). prooivmion in senso proprio significa specificamente e tecnicamente inno rapsodico a un dio, vd. p. es. i seguenti luoghi:

Protasis dell’ Iliade

  • Upload
    others

  • View
    8

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Protasis dell’ Iliade

«EIKASMOS» XVIII (2007)

La Protasis dell’Iliade

Premessa

Le prime parole con cui si presenta la poesia greca (che chiamo) tradizionale,e perciò la poesia greca in generale, sono Hes. Th. 1 Mousavwn nel Prooimion dellaTeogonia e Hom. A 1 Mh'nin nella Protasis dell’Iliade. Non si può dire quale parolasia anteriore, se la prima o la seconda. Io nomino i due rapsodi (ché così li chiamocon gli antichi) nell’ordine Esiodo e Omero, perché, essendo contemporanei, pre-vale l’ordine antico, e anche alfabetico, dei due. Potrei dire quindi, per nostraconsolazione, che prima vi sono «le Muse» e poi viene «l’ira».

Cominciamo in ogni modo con «l’ira», prima parola nella Protasis dell’Iliade,e ovviamente nell’Iliade intera. Si tratta dei versi più famosi nella poesia greca (chechiamo) tradizionale e, si può ben dire, nella poesia di tutti i tempi.

Prooimion e Protasis

I vv. 1-7 del Canto A sono comunemente chiamati dai moderni «il proemiodell’Iliade»: così già sono chiamati dagli antichi, p. es. da schol. A 1a (AT), b (bT),2a (bT), 3a (bT), 4a (A), 5 (A), schol. D ad A 5, per sette volte in tutto, e tra imoderni p. es. da Ameis-Hentze (19137), Von der Mühll (1952) 13s., Pagliaro(19632) 3 etc., Kirk (1985) 51s., ad 1, Zambarbieri (1998) 27s., 55-57, Latacz(2000) 11 etc., ripetutamente. Per contro Eust. ad Il. 7,45 e 8,4 usa più correttamen-te, forse per caso, il termine retorico proevkqesi", ‘esposizione preliminare’ e ado-pera prooivmion soltanto una volta, ibid. 18,2. «Il proemio dell’Iliade» è tuttaviauna denominazione vulgata e letteraria, la quale esprime un significato generico,derivato per traslato, del significato tecnico che prooivmion propriamente ha nellaterminologia antica. Secondo gli antichi infatti il prooivmion in senso tecnico èpropriamente un inno a un dio, introduttivo alla successiva esecuzione di un poemarapsodico o citarodico. Gli inni rapsodici e citarodici per gli dèi erano infatti chia-mati col termine u{mno" o prooivmion, questo secondo evidentemente desunto dallaloro funzione introduttiva a una successiva esecuzione, rapsodica o citarodica chefosse (vd. Pavese [1991] 157-159).

prooivmion in senso proprio significa specificamente e tecnicamente ‘inno rapsodicoa un dio’, vd. p. es. i seguenti luoghi:

Page 2: Protasis dell’ Iliade

12 PAVESE

– Pind. N. 2,1-3 o{qen per kai; `Omhrivdai / rJaptw'n ejpevwn ta; povll` ajoidoi; /a[rcontai, Dio;" ejk prooimivou, «da dove i rapsodi spesso cominciano, dal prooimiondi Zeus»: qui prooivmion significa ‘proemio rapsodico’ e ta; povll(a) vale ‘spesso’,perché il prooimion non sempre era per Zeus, ma anche per gli altri dèi.

– Thuc. III 104 dhloi' de; mavlista ”Omhro" ... ejn toi'" e[pesi toi'sde, a{ ejstinejk prooimivou `Apovllwno" (e cita i noti versi dell’Inno ad Apollon Delios), cf.schol. ad l. tou;" ga;r u{mnou" prooivmia ejkavloun.

prooivmion in senso traslato significa genericamente e poeticamente ‘esordio diun canto’, vd. p. es. i seguenti luoghi:

– Pind. P. 1,1s. Cruseva fovrmigx ... / aJghsicovrwn oJpovtan prooimivwn ajmbola;"teuvch/" ejlelizomevna, «aurea lyra … quando percossa fai i preludi di esordi guidan-ti la danza». ajmbolav" è ‘inizi’, ‘esordi’ vocali di canto, come è dovunque e comegiustamente notano schol. P. 1,5a e 7a ta;" proanafwnhvsei", e prooimivwn vale‘proemi’, non nel senso proprio e tecnico di ‘canto introduttivo di un successivocanto’, come sono i prooivmia rapsodici e come il termine significa a N. 2,3 (sopracit.), ma nel senso traslato e generico di ‘esordi di canto’, sicché prooimivwn èsinonimo di ajmbolav", cf. Suda a 1810 A. ajnabolav": ta; prooivmia. Pindaro ama ilnesso fatto di due sinonimi, di cui uno al genitivo, che chiamerei genitivo pleonasticoo sinonimico (Pavese [1999] 391), cf. p. es. H. Hom. Merc. 47 dovnaka" kalavmoio,Pind. O. 2,44, P. 4,255, 271.

– Pind. P. 7,1-3 «Atene è il miglior esordio per gettar agli Alcmeonidai unfondamento di canto per la loro vittoria col carro», cioè Atene è introduttiva allalode degli Alcmeonidai. Anche qui prooivmion vale metaforicamente ‘esordio’, comea un dipresso è nel significato moderno.

Il sost. prooivmion è composto di oi[mh ‘canto’ (Hom. q 74, 481, c 347, Call.H. Del. 9, etc.) o di oi|-/oi\mo" propriamente ‘banda’ o ‘via’ (cf. probabilmente mic.o-mo-pi, [carro] «con bande» eburnee, Hom. L 24 oi\moi ... mevlano" kuavnoio,«bande di nero smalto» nel thorex di Agamemnon, etc., metaforicamente ‘via’, opercorso di canto, vd. H. Hom. Merc. 451 oi\mo" ajoidh'", Pind. O. 9,47 ejpevwnoi\mon, Call. H. Iov. 78 luvrh" ... oi[mou"). oi[mh e oi|-/oi\mo" non sono tuttavia concertezza etimologicamente connessi. Il sost. prooivmion, in ogni modo, significaletteralmente ‘antecanto’, cioè ciò che sta prima del canto.

Uno scholion introduttivo del cod. Bibl. Victorii Emmanuelis 6 (Ve1 di Allen) =

Rom. Bibl. Nat. gr. 6 (Z di West) (del IX sec., cioè il più antico codice dell’Iliade,contenente gli scholia della cosiddetta classe D [cod. Laur. 32,15 del X sec.], dacui l’Anecdotum Romanum di Osann è tratto), fol. 3v, attesta che «secondo Nikanore Krates nei Diorthotica, l’Iliade ritenuta antica, detta di Apellikon (ricco bibliofilodel I sec.), ha questo prooivmion: Mouvsa" ajeivdw kai; `Apovllwna klutovtoxon» (vd.Erbse I [1969] 3). Questo verso è la Propositio di un prooivmion, come p. es. H.

Hom. 12,1 ”Hrhn /, 18,1 ~Ermh'n /, 27,1 “Artemin / ajeivdw, e questo è il proemio,o meglio uno dei possibili proemi dell’Iliade, nel senso proprio e specifico deltermine proemio, cioè di un inno introduttivo alla successiva esecuzione rapsodica,

Page 3: Protasis dell’ Iliade

13La Protasis dell’Iliade

che in questo caso può essere l’intera rapsodia, ossia l’intero poema dell’Iliade,oppure la Rhapsodia A, ossia il Canto A dell’Iliade.

La Theogonia di Esiodo per contro inizia con due inni alle Muse, che, puressendo stati concepiti da Esiodo come integranti la Theogonia e per essere recitatisoltanto con essa, costituiscono un vero e proprio prooivmion del poema (vd. West[1966] 150s.). Il primo inno (1-35) è alle Muse Eliconie, il secondo (36-104), dopouna nuova Propositio, alle Muse Olimpie (vd. Pavese [1991] 158, 177).

I vv. 1-7 del Canto A, nel senso proprio e specifico del termine, non possonodunque essere chiamati, come sono dai critici moderni, «il proemio» dell’Iliade, madevono essere propriamente definiti la Protasis del poema, o Propositio in latinoed Esordio in italiano. Il vero proemio dell’Iliade non sono i primi sette versi delCanto A, quali si leggono nei manoscritti, ma il verso che è attestato nello scholion

sopra citato del codice romano come prooivmion dell’Iliade di Apellikon.Lo stesso scholion attesta inoltre che «Aristoxenos nel primo libro dei

Praxidamantea (fr. 91a W.) afferma che secondo alcuni (il proemio dell’Iliade) ha:

“Espete nu'n moi, Mou'sai, `Oluvmpia dwvmat` e[cousai,o{ppw" dh; mh'niv" te covlo" q` e{le Phlei?wnaLhtou'" t` ajglao;n uiJovn: o} ga;r baçilh'i> colwqeiv"».

Cioè tre versi in luogo dei nove tramandati in tutti gli altri mss.

Apparato formulare (per le sottolineature nel testo vd. Pavese [2003] I 53, 119).1. B 484, L 218, X 508, P 112 || e[spete nu'n moi, Mou'sai, `Oluvmpia dwvmat`

e[cousai || – Hom. 13x `Oluvmpia dwvmat` e[conte" ||2. cf. Hom. O 122 covlo" kai; mh'ni" – Hom. A 197 e{le Phlei?wna ||3. H. Hom. Merc. 314, 500 || Lhtou'" ajglao;" uiJov" – Hom. A 9 || Lhtou'" kai;

Dio;" uiJov" (form. equiv.) – cf. H. Hom. Ap. 545, H. Hom. Merc. 243, 321 Dio;" kai;Lhtou'" uiJev/uiJov" – Hom. A 9 o} ga;r basilh'i> colwqeiv" ||

Questi versi costituiscono non un altro proemio, ma una diversa Protasis

dell’Iliade. Essa è stata composta al fine di semplificare la Protasis 1-7, che eraforse sentita come troppo lunga e complessa per essere recitata in presenza di unnormale uditorio. La Protasis 1-7, tramandata da tutti i mss., era in ogni casopresente all’obiezione mossa da Protagoras, riferita da Arist. Po. 1456b 16-18, o{tieu[cesqai oijovmeno" ejpitavttei eijpw;n ‘mh'nin a[eide, qeav’.

......................................

Page 4: Protasis dell’ Iliade

14 PAVESE

Commentario alla Protasis dell’Iliade

Mh'nin a[eide, qeav, Phlhi>avdew `Acilh'o"oujlomevnhn, h} muriv` `Acaioi'" a[lge` e[qhke,polla;" d` ijfqivmou" yuca;" “Ai>di proi?ayenhJrwvwn, aujtou;" de; eJlwvria teu'ce kuvnessinoijwnoi'siv te pa'si, Dio;" d` ejteleiveto boulhv,ejx ou| dh; ta; prw'ta diasthvthn ejrivsante`Atrei?dh" te a[nax ajndrw'n kai; di'o" `Acilleuv".

Apparato critico (cf. West [1998] ad l.).2 e[qhke(n) : e[dwke Fulg. Vergil. Contin. 91,13 (cf. B 375, S 431, W 241

3 yuca;" : kefala;" Ap. Rh. ap. schol. A 3b2 (Aim) (cf. L 55) 4 de; : te P. Oxy.

nondum edita (vd. app. West) 4s. ath. Zen. ap. schol. A 4a (A) 5 pa'si : dai'taZen. ap. Ath. (cf. Aesch. Supp. 800, Soph. Ant. 29s., Eur. Hec. 1078, Ion 503s.) boulhv :boulh'/ quidam ap. schol. A 5b (A), Nikanor ap. Eust. ad Il. 20,12 6 diasthvthn : dia;sthvthn quidam ap. schol. Dion. Thr. 11,24s., 452,28s. (unde Tz. Exeg. Il. 68,11-18,Eust. ad Il. 21,44s., 918,55), cf. [Theocr.] Syr. 14, Dosiad. Ara 1

Apparato formulare (cf. Pavese [2003] II ad l.).1. Orph. fr. 48 K. = 386 F Bern. || Mh'nin a[eide, qeav – Theb. 1 a[eide, qeav –

Hom. 8x Phlhi>avdew `Acilh'o" ||2. C 422 a[lge` e[qhke || – B 375, S 431, W 241, d 722 a[lge` e[dwken || (formula

equivalente)3. L 55 || polla;" d` ijfqivmou" kefala;" “Ai>di proi?ayen || (form. equiv.) –

Hom. 7x yuch;n d` “Ai>di – Z 487 “Ai>di proi>avyei ||5. l 297, Cypr. 1,7 Dio;" d` ejteleiveto boulhv || – O 593 Dio;" d` ejtevleion

ejfetmav" || *Dio;" d` ejteleivet` ejfetmhv || (possibile form. equiv.)7. Hom. 6x ge a[nax ajndrw'n – Hom. 53x a[nax ajndrw'n – U 160 kai; di'o"

`Acilleuv" || – Hom. 55x di'o" `Acilleuv" ||

Analisi tematica (per i simboli dei temi e dei motivi cf. Pavese [1991] 160-162,[1993] 22-27, etc.).1-7 Propositio: canto l’ira di Achilleus

1-7 C ira O Musa, canta l’ira di Achilleus,2-5 pat dannata, che provocò infiniti mali agli Achaioi,5 num e si compiva così il volere di Zeus,6-7 lit da quando iniziò la contesa tra Agamemnon e Achilleus

1. Mh'nin. L’etimologia è ignota, forse corradicale di mevno", maivnomai o di maimavw,‘infuriare’. La parola significa ‘ira’ manifesta e duratura per un gran misfatto (perciò secon-do schol. A 1c [AbT] para; to; mevnw mh'ni" ed Eust. ad Il. 8,15 hJ ejpimevnousa ojrghv, ejk tou'mevnein). L’ira di Achilleus è detta anche covlo", ‘collera’, anche passeggera (con colhv,

.............................

Page 5: Protasis dell’ Iliade

15La Protasis dell’Iliade

‘bile’, come Eust. ibid. 24 espone), oppure kovto", ‘corruccio’, ‘rancore’ duraturo, ma nonmanifesto (non con kei'mai pace Eust. ibid. 28), vd. p. es. A 192 h\e covlon pauvseie ejrhtuvseievte qumovn, A 181 oujd` o[qomai kotevonto", A 488 aujta;r oJ mhvnie nhusi; parhvmeno". Schol.

A 1a [AT] fa un curioso paragone, non so quanto appropriato, «come del fico si dice primao[lunqo", ‘fico selvatico’, poi fhvlhx, ‘fico selvatico (che sembra un fico) maturo’, su'kon,‘fico commestibile’, ijscav", ‘fico commestibile secco’». Mh'ni" è detta l’ira di Achilleus inA 1, I 517, T 35, 75 (4x), mhniqmov" in P 62, 202, 282 (3x) col medesimo significato, e l’iradi Apollon in A 75, E 444 = P 711 (3x) all’inizio di verso, ma anche di Athene g 135all’inizio di verso, di Zeus in N 624, O 122 e degli altri dèi in altre parti di verso. Il verbomhnivw, ‘esser adirato’, è detto per lo più di Achilleus, ma anche in A 247 di Agamemnone in r 14 dell’ospite. Altrove mh'ni" è detta di dèi e di eroi, vd. Pind. P. 4,159 ma'nin cqonivwn,«l’ira dei defunti», cioè di Phrixos, Aesch. Ag. 155 «l’ira vindice della prole», cioè diKlytaimestra a causa di Iphianassa, Ch. 294 «l’ira del padre», cioè di Agamemnon (se nonvendicato), Theocr. 15,88 Ai[a" barumavnio" h{rw" (nell’inno ad adonis), Ap. Rh. I 1133 ouj... mh'nin ajevxw (Iason dice a Telamon), ma si usa anche di uomini sia defunti sia viventi, vd.p. es. Plat. Hp. Ma. 282a «l’ira dei defunti», Aesch. Eu. 234 «del supplice» (se tradito), Hdt.VII 229 degli Spartiati contro Aristodemos (perché scampato dalla battaglia), V 84 «gliAteniesi erano adirati contro gli Epidaurii».

L’ode di Alc. fr. 44,6-8 mavte[r` ejxonom]avsdwn ejkavlhn na[i?d` ujpertavtan / nuvmf[anejnn]alivan: aJ de; govnwn [ajyamevna Divo"] / ijkevteu` [ajgapav]tw tevkeo" ma'nin [∪–∪– ⊗ (Achilleus),«la madre per nome chiamava, la naide [somma], la ninfa marina, ed ella le ginocchia [diZeus abbracciando] lo supplicava l’ira dell’[amato] figlio [di vendicare o di onorare]» puòderivare non dalla Supplica di A 495-510, dove Thetis prega Zeus di onorare l’ira di Achilleus,ma da una comune tradizione. Gli argomenti iliaci, ma non iliadici, in particolare su Achilleus,sono piuttosto frequenti nella poesia di Lesbos: Alc. fr. 42 Helene, rovina di Ilios, è confron-tata con Thetis, madre di Achilleus, fr. 283,3-18 Helene per amore di Paris causò la stragedi Troiani fatta da Achilleus, fr. 387 «Aias il migliore dopo Achilleus», fr. 354 «Achilleussignore della Scizia» (che morto fu da Thetis portato alla Leuke Nesos) e Sapph. fr. 218 losposo è paragonato ad Achilleus, nonché Sapph. fr. 16,7-12 Helene sedotta da Kypris lasciòlo sposo, Alc. fr. 298,4-27 Aias Lokros strappò Kassandra dall’altare.

Secondo Hdt. V 94,1s., Strab. XIII 1,38, Diog. Laert. I 74, etc., i Lesbii e gli Ateniesicombattevano, movendo dall’Achilleion e dal Sigeion, gli uni richiedendo la restituzione delproprio territorio, gli altri sostenendo che il territorio iliadico fosse degli Aioleis non più chedi loro stessi e di tutti i Greci, che con Menelaos avevano vendicato il ratto di Helene. Inuna battaglia favorevole agli Ateniesi Alceo si salvò, ma non il suo scudo, che egli gettò (perfuggire meglio) e che fu appeso dagli Ateniesi nel tempio di Athene al Sigeion: Alc. fr. 401Bap. Strab. l.c. il poeta fece un’ode che diede a un compagno chiamato Melanippos perannunziare a Mitilene la sua disavventura. Pittakos poi nel 607 uccise in duello l’ateniesePhrynon, olimpionico nel pancrazio (Ol. 36 = 636), a guisa di reziario prendendolo in unarete da pesca. Periandros figlio di Kypselos in séguito conciliò i contendenti arbitrando cheentrambi si tenessero ciò che avevano. Infine (ca. 545-540) Miltiades I colonizzò il Chersonnesostracio e Peisistratos fece tiranno del Sigeion il suo bastardo Hegesistratos, che dovettetuttavia combattere per tenere ciò che aveva avuto dal padre.

I Lesbii avevano dunque sufficiente ragione, anche senza bisogno dell’Iliade, per in-teressarsi alla leggenda di Achilleus, in particolare all’ira di lui e alla supplica di sua madreThetis. Al capo Sigeion v’era la tomba dell’eroe. Nell’Iliade sono ricordate le campagne

Page 6: Protasis dell’ Iliade

16 PAVESE

dell’eroe a Lesbos e nella Troade (vd. [Apollod.] Epit. 3,33), che erano avvenute primadell’azione dell’Iliade. Quando Agamemnon in consiglio promette ad Achilleus, per placar-lo, di fargli splendidi doni, tra questi vi sono I 128-132 «sette donne esperte di lavoro,lesbie, che, quando egli prese Lesbos, io scelsi per me, le più belle tra le donne, e con lorosarà Briseis». La concubina di Agamemnon, Chryseis, figlia di Chryses di Chryse, villasituata sulla costa occidentale della Troade, fu catturata da Achilleus, durante la sua cam-pagna nella Troade (A 366s.), quando egli moveva contro Thebe Hypoplakia (città diAndromache, nominata anche in Z 414-428). La concubina di Achilleus, Briseis A 392,I 132, 274 figlia di Briseus, cioè di un uomo di Brisa in Lesbos (villa peraltro non nominatada Omero, vd. schol. A 366 [T2]), fu dall’eroe catturata, durante la stessa impresa controThebe B 690-693, T 60, nel sacco di Lyrnessos (secondo Cypr. 27, cf. Arg. 62, ella fu presanel sacco di Pedasos). Questa città, come Thebe, apparteneva ai Kilikes ed era situata nellaTroade meridionale; Briseis T 295s. era la moglie di Mynes, figlio del re locale, che B 692s.fu ucciso da Achilleus nella presa della città.

Al v. 11, to;n Cruvshn ha valore forse dimostrativo: «quel Chryses, sacerdote», noto aquesto punto nella leggenda, vd. Ameis-Hentze (19137) ad l.; o presentativo: «quello, Chrysessacerdote», vd. Chantraine (1953) 162; o associativo: «quel (suo di Apollon) sacerdote Chryses»,vd. Pagliaro (19632) 41-44; a meno che tovn non sia corrotto, vd. West (1998) ad l., ma cf. A5 ta; prw'ta avverbiale, 33 oJ gevrwn, 35 oJ geraiov", 167 to; gevra", 185 to; so;n gevra", 54 th'/dekavth/, 106 to; krhvguon, etc., vd. Chantraine (1953) 165 (alcuni casi possono avere valoredimostrativo, altri sostantivante, ma alcuni sembrano articoli veri e propri, vd. Leumann [1950]12 n. 11, cf. Pavese [1992] 74s. sul progresso dell’articolo in laconico tra VIII e VII sec.).

Secondo Eust. ad Il. 20,15-23 = Cypr. 1, test. 4, «alcuni dissero che la Dio;" boulhv èl’aver alleggerito Ge gravata dal carico delle genti secondo la di lei richiesta, come Euripidenarra nell’Oreste (1639-1642, nonché Hel. 38-41, etc.); per cui Zeus dapprima mise insie-me la guerra tebana e dopo quella radunò per loro perdizione i Greci e i Troiani, avendogliMomos consigliato di non distruggere tutto con fulmini e inondazioni, ma con un altrobuon metodo, cioè avendogli suggerito di dare Thetis in matrimonio a un mortale, da cuinacque Achilleus, e di generare una bella figlia, cioè a dire Helene, a causa della qualeavvenne la guerra di Troia e molti caddero» kai; di` `Acilleva ta; me;n polemou'nta, ta; de;mhnivonta, «anche a causa di Achilleus sia combattente sia adirato»: a causa di lui combat-tente caddero infatti molti Troiani, a causa di lui adirato molti Achei. Questa versionedell’inizio dei Cypria compare anche in altre fonti, vd. schol. A 5 (Ludwich [1900] I 10) =test. 1, An. Ox. IV 405,6 = test. 2, schol. Eur. Or. 1641 = test. 3, etc. Sul tema dell’ira diun eroe si vedano anche nell’excursus su Meleagros i noti versi I 558-599 ajll` o{te dh;Melevagron e[du covlo" ktl.

Il tema della contesa tra Achilleus e Agamemnon è presente anche in altri luoghi, vd.Cypr. Arg. 51s. «essendo gli Achei approdati a Tenedos … Achilleus, invitato a banchettoin ritardo, contende con Agamemnon» e q 75-82 nei'ko" `Odussh'o" kai; Phlei?dew `Acilh'o",«(la Musa ispirò il cantore a cantare) la lite di Odysseus e di Achilleus, come una voltacontesero in un lauto banchetto con violente parole, e Agamemnon gioiva in cuor suo, chei migliori degli Achei contendevano, come Apollon a Pytho gli aveva predetto» (responsoche secondo schol. (HQ) q 77 «alludeva alla mh'ni" di Achilleus», vd. infra). Il tema è inoltredrammatizzato da Soph. frr. 562-567 (Syndeipnoi). Ciò mostra che il tema della mh'ni" diAchilleus contro Agamemnon, il più forte contro il più potente, era in qualche modo tradi-zionale nel ciclo troiano.

Page 7: Protasis dell’ Iliade

17La Protasis dell’Iliade

I particolari concernenti il tema della mh'ni" di Achilleus nell’ode di Alceo, a Lesbos,e nei Cypria rivelano dunque che i fatti e i personaggi motivanti il tema stesso preesistevanoalla composizione dell’Iliade e che questo tema era quindi almeno in parte tradizionale.

Mh'nin a[eide, qeav: La prima espressione, ossia le prime tre parole, nella Protasis

dell’Iliade si dimostra costituire una formula, non per il confronto, citato da Parry [1930]119 = MHV 302 e da Lord [1960] 291, con A 75, E 444 = P 711 mh'nin ajleuavmeno"eJkathbovlou `Apovllwno", ma piuttosto per il confronto con Orph. fr. 48 K. = 386 F Bern.ap. [Iustin.] Cohort. ad gent. 17,1 e Tz. Exeg. Il. 26,5 (Protasis dell’Inno sul ratto diPersephone attribuito a Orpheus, Orph. frr. 386-397 F Bern.) Mh'nin a[eide, qeav, Dhmhvtero"ajglaokavrpou, nonché per quello con Theb. 1 “Argo" a[eide, qeav, poludivyion, e[nqena[nakte", almeno per la seconda e la terza parola (vd. Pavese [1998] 157s.): l’espressioneè una formula della classe (che chiamo) Ho-Hy, occorrente cioè soltanto una volta in Omeroe almeno una volta negli Inni e nei poemi epici rapsodici non omerici né esiodei (vd. Pavese[2003] I 53s., 56 e II ad l.). Non vale obiettare che il poeta posteriore imiti quello anteriore,poiché nulla lo dimostra, se non la petitio principii che l’Iliade sia il modello e l’Innol’imitazione (per i sopraddetti citatori, per esempio, la relazione è inversa): l’Inno è proba-bilmente recenziore, ma, poiché post hoc non significa per ciò stesso propter hoc, non si puòdire che esso sia una imitazione dell’Iliade. Le due occorrenze infatti sono probabilmentetradizionali, in quanto esse costituiscono un tipo formulaico composto da un sostantivoscandente – ∪ e dalla formula a[eide, qeav. Inoltre, il modulo secondo cui il primo sostantivodel poema, seguito da una forma del semantema cano, indica il soggetto del poema stesso,è un ben affermato uso nella Protasis del poema epico rapsodico: si confrontino, oltre alleformule sopra citate, nell’Odissea a 1 “Andra moi e[nnepe, Mou'sa, poluvtropon, nellaProtasis della Piccola Iliade Il. parva 28 “Ilion ajeivdw kai; Dardanivhn ejuvpwlon, in quelladei Cypria Hor. Ars 137 fortunam Priami cantabo et nobile bellum, negli Inni un teonimoquale p. es. H. Hom. 12,1 ”Hrhn / ajeivdw crusovqronon, h}n tevke ~Reivh, 18,1 ~Ermh'n /, 27,1“Artemin / ajeivdw, Hes. Th. 1 Mousavwn ~Elikwniavdwn ajrcwvmeq` ajeivdein, etc. (la Protasis

di quasi tutti gli inni rapsodici inizia infatti col teonimo del dio cantato, vd. Pavese [1991]160-162, [1993] 27-36 passim, [2003] I 55s.), nonché le espressioni protatiche di moltifamosi poemi letterari, da questo modulo in vario modo influenzate. Perciò l’espressionemh'nin a[eide, qeav, lungi dall’essere specificamente iliadica (come qualcuno vuole, vd. DiBenedetto [1994] 106 n. 4 «la specificità iliadica» ripetuta tre volte) altro non è, a quantopare, che il tradizionale e convenzionale esito formulare P1 (simbolo che uso a indicare laparte di verso dall’inizio di verso alla cesura pentemimere, e così analogamente uso gli altrisimboli P2 T1 T2 H1 H2 etc. a indicare le altre definite parti di verso, vd. Pavese [2003] I 23)per annunziare nella Protasis dell’Iliade l’ira di Achilleus, il quale è tosto nominato con laformula genitivale P2 dell’eroe Hom. 8x Phlhi>avdew `Acilh'o" ||, e per proporre nella Protasis

dell’Inno a Demeter l’ira di Demeter, la quale è subito nominata con una espressione formulaicagenitivale P2 della dea in Orph. fr. 48 K. = 386 F Bern. Dhmhvtero" ajglaokavrpou || (cf. leespressioni formulaiche equivalenti, provocate dalla rituale polionimia divina, H. Hom. Cer.

4 crusaovrou ajglaokavrpou ||, 324 Dhmhvteri kuanopevplw/ ||, e la pure equivalente formulaHes. fr. 280,20 M.-W. Dhmhvtero" hjukovmoio ||, H. Hom. Cer. 1, 315, H. Hom. 13,1 || Dhvmhtr`hjuvkomon (formula declinata e dislocata) (vd. Pavese [2000] ad Hes. fr. 280,20 M.-W.,[2003] I 55s.). Dovunque vi fosse da cantare l’ira di un augusto personaggio, il rapsodo nonpoteva meglio cominciare il suo poema che dicendo in P1 mh'nin a[eide, qeav.

Page 8: Protasis dell’ Iliade

18 PAVESE

Ciò non significa tuttavia che la formula non costituisca un incipit elevato, elegante edefficace: Omero è originale non in quanto si esprime (come alcuni vogliono) a dispetto dellatradizione, ma in quanto è tradizionale, in quanto cioè si sa ottimamente esprimere mediantela tradizione: se Omero non fosse stato tradizionale, non sarebbe potuto essere neancheoriginale, perché non sarebbe stato punto.

Mi sono soffermato sull’espressione Mh'nin a[eide, qeav, perché, pur essendo l’espres-sione più famosa dell’Iliade, e forse di tutta la poesia greca e mondiale, su di essa non tutto,a quanto pare, era stato detto. Sulle seguenti espressioni sarò più breve.

qeav: s’intende la Musa, cf. a 1 a[ndra moi e[nnepe, Mou'sa con 10 tw'n aJmovqen ge,qeav, cf. B 485 uJmei'" ga;r qeaiv ejste con 484 e 491 Mou'sai, cf. q 44 Dhmovdokon: tw'/ gavrrJa qeo;" peri; dw'ken ajoidhvn con 64 e 488, cf. c 347 qeo;" dev moi ejn fresivn oi[ma" / pantoiva"ejnevfusen (qeov" è femminile, come spesso, e significa ‘la dea’, cioè la Musa), Pind. N. 7,32w|n qeo;" aJbro;n au[xei lovgon teqnakovtwn, anche qui la Musa, come s’intende da 15 Mnamosuvna"e{kati. Eust. ad Il. 11,15s. «dicendo dea e nell’Odissea Musa, e non nominandola, mostradi chiamarle tutte, cioè le nove», cf. Hom. w 60 «le Muse, nove in tutto, a voci alterne,facevano il compianto» di Achilleus, Hes. Th. 77-79 il primo, come è noto, catalogo deinomi. Le Muse (etimologia incerta, da *movnt-ia, corradicale di mevno", maivnomai, oppure da*movnq-ia, con manqavnw, Hesych. m 849 L. menqhvrh: frontiv", sono le etimologie menoimprobabili) sono un gruppo di dee, come sono le Gorgovne", le Eijleivquiai, le `Erinuve", leNhrhi?de", le Moi'rai, le Cavrite" e come parimenti sono le Valchirie.

Phlhi>avdew `Acilh'o": formule nome-epiteto di Achilleus al genitivo (forme ̀ Acillh'o"e `Acilh'o") (vd. Parry [1928] 71): P2 Phlhi>avdew `Acilh'o" 8x, T2 `Acillh'o" qeivoio 2x eajmuvmono" Aijakivdao 2x (form. equivalenti), T1 Phlei?dew ̀ Acilh'o" 3x, Trit2 ̀ Acilh'o" ajmuvmono"(Aijakivdao) 3x e Trit-B `Acilh'o" ajgauou' 1x, con preposizione T2 podwvkeo" ajnt` `Acilh'o"1x, uJpo; kraterou' `Acilh'o" 1x, etc. (vd. Shive [1987] 52-60).

Achilleus, attestato in lineare B KN Vc 106 a-ki-re-u e PY Fn 79,2 dat. a-ki-re-we, è unantroponimo di etimologia ignota, forse ipocoristico di *`Acivla¸o" con suffisso di Caland(vd. Palmer [1963] 79, ripreso da Nagy [1979] 69-72), «(la cui) gente (ha) dolore» o «(cheha) dolente gente», come forse Pevnqilo" di *Penqivla¸o". Esso è pronunziato con uno o due-l- per convenienza metrica, come `Odus(s)euv". Secondo schol. A 1i (Aim), Achilleus è (aragione) con un -l- per il metro. Secondo schol. A 1h (AT), il nome è (per paretimologia)para; to; a[co" luvein: ijatro;" ga;r h\n ovvero dia; to; a[co" ejpenegkei'n toi'" `Ilieu'sin ovverodia; to; mh; qigei'n ceivlesi cilh'", o{ ejsti trofh'" ~ Et. Gen. A 1516 ~ Et. M. 181,25 o{lw" ga;rouj metevsce trofh'" oujde; gavlakto", ajlla; mueloi'" ejlavfwn ejtravfh uJpo; Ceivrwno", comeEuph. 57 dice (cioè composto con a- privativo e cilhv, ‘biada’), e secondo Eust. ad Il. 14,19,15,9, Tz. Exeg. Il. 782,21, schol. Lyc. 797, cf. 178, esso è ajpo; tou' a[co" ijavllein ovvero para;to; a[gein to;n lao;n wJ" strathgov". L’eroe fin da bambino fu nutrito non di pane e di latte, chéThetis subito lo affidò a Cheiron, ma del midollo e delle interiora di animali selvatici, qualileoni, cinghiali e orsi, vd. [Apollod.] III 13,6: egli ebbe cioè una dieta non cerealicola, maprevalentemente proteinica, senza dubbio per acquistare la forza di quelle fiere.

2. oujlomevnhn: è part. aor. medio-passivo aggettivale dell’attivo o[llumi, perdo, me-dio-passivo o[llumai, pereo, aor. attivo w[lesa, perdidi, med. wjlovmhn, perii, donde part. aor.medio-passivo ojlovmeno", con allungamento metrico oujlovmeno" (vd. Schulze [1892] 200-

Page 9: Protasis dell’ Iliade

19La Protasis dell’Iliade

205). La forma oujlomevnhn significa quindi propriamente perdita, ‘dannata’, ‘maledetta’(per il soggetto stesso), o ‘disgraziata’, come volgarmente si dice, non ‘funesta’, ‘distrutti-va’ in senso attivo (per gli altri), come comunemente si traduce. Il senso attivo vorrebbe semai una forma dell’attivo o[llumi, p. es. un part. aor. attivo ojlevsasa o un agg. ou[lh, ojlohvo ojleqrivh, exitialis, funesta, se queste forme fossero qui metricamente possibili (cf. p. es.g 135 «molti [degli Achei] fecero una brutta fine» mhvnio" ejx ojloh'" glaukwvpido" ojbrimopavtrh",«per l’ira funesta di Athene»). Il part. aor. medio-passivo oujlomevnhn ha valore, a mioparere, medio più che passivo (vd. infra).

Il participio oujlomevnhn è (a torto) inteso come attivo da schol. A 2a (bT) «th;n ojlevsasanh] th;n ojleqrivan. Il poeta ne parla male come (se fosse) addolorato per fatti propri» e da Eust.ad Il. 15,16-19 «il participio aoristo medio ha per alcuni significato passivo ajxivan ojlevsqai»,19-23 «per altri ha soltanto forma passiva, ma significato attivo», significato da lui (a torto)approvato, con l’argomento che «ciò è mostrato dal poeta aggiungendo la proposizione h}muriv` `Acaioi'" a[lge` e[qhke quasi a modo di epesegesi». L’epesegesi tuttavia è qui eziologica,o causale, piuttosto che meramente epesegetica, o esplicativa, sicché l’argomento non paremolto cogente. Il participio oujlomevnhn d’altra parte è interpretato col valore medio suoproprio tra i moderni per primo da Classen [1867] 60-65, poi da Autenrieth-Kaegi (18731,192014) s.v. oujlomevnh e da Ebeling (1885) s.v. oujlovmeno" «perditus, verflucht, vulgo perniciosus»(che cita i precedenti critici). Da costoro a quanto pare derivano Leaf (18861, 19002) ad l.

«accursed; it bears the same relation to the curse o[loio as ojnhvmeno" (b 33) to the blessingo[naio and means ‘that of which we say o[loio’», Schulze (1892) 192-200, 196 «proprie issignificatur quem quis formula sollemni o[loio adhibita execretur», Ameis-Hentze (19137)ad l. «unselig», Ameis-Hentze (192013) ad d 92 oujlomevnh" ajlovcoio «an dem sich dieVerwünschung o[loio vollzogen hat, unselig», LSJ9 1270 s.v. oujlovmeno" «one of or towhom the word o[loito (or o[loio) may be used (opp. ojnhvmeno")», GG I 524 b, GG II 17 e302 oujlovmeno" con significato modale «‘dem man o[loio zurufen möchte, sollte’», infineKirk (1985) ad l. e Latacz (2000) ad l. «adjektivisch verwendetes Ptz. Aor. Med., hier modalgetönt (= o}" o[loito)», etc.

Tra le varie traduzioni, per fare qualche esempio, quella in veneziano di G. Casanova(per la prima volta da me edita nel 2005, ma scritta verso il 1770) I 3s. Colera rovinosa,

orrenda, amara, / Despetto atroce dell’ardente Achille, la traduzione in toscano dello stessoCasanova (1775-1778) I 1,1 Canta d’Achille, o Dea, l’orrendo sdegno e la famosa traduzio-ne di V. Monti (1810) I 1s. del Pelide Achille / L’ira funesta adottano dai traduttori adoperatil’interpretazione vulgata, mentre fa eccezione, non so se più per naso o per caso, la tradu-zione in veneziano di F. Boaretti (1784, 1788) I 1,5 Stramaledetta Rabbia. La traduzioneinglese di Fagles (19982) I 2 murderous, doomed, tanto per non sbagliare, adotta sia l’unasia l’altra interpretazione.

muriv(a): ‘innumerevoli’ o ‘immensi’, cioè smisurati.

a[lge` e[qhke: A 2, C 422 è una formula, con una piuttosto casuale variazione equiva-lente della componente verbale (come ai rapsodi talora avviene di fare) della frequentementeusata formula a[lge` e[dwke(n) Hom. Il. 4x, Od. 1x, Hes. Op. 741 a[lgea dw'kan: non v’èalcuna ‘specificità iliadica’ in ciò (come qualcuno vuole, vd. Pavese [1998] 158).

3. polla;" d` ijfqivmou" yucav": secondo schol. A 3b1 (b TTt), Ap. Rh. (fr. 13 M.)

scrive e secondo schol. A 3b2 (Aim) alcuni scrivono kefalav". La variante è metricamente

Page 10: Protasis dell’ Iliade

20 PAVESE

equivalente a yucav" ed è una componente della formula equivalente L 55 polla;" ijfqivmou"kefala;" “Ai>di proi?ayen, cf. Hes. fr. 204,118 M.-W. gnw'] polla;" `Ai?dh/ kefala;" ajpo;calko;n ijavy[ei]n, «[decise] che il bronzo molte teste avrebbe gettato all’Hades». La varianteyucav" è tuttavia preferibile, sia perché è tramandata da tutti i mss., cioè da tutta la trasmis-sione diretta contro la trasmissione indiretta, per di più costituita da un solo testimonio, siaperché yucav", «le anime degli eroi», o spirito vitale, meglio si contrappone ad aujtouv", «iloro corpi», come bene notano schol. A 4a (A) e schol. L 55b (A): l’anima si diparte dalcorpo e lo lascia a se stesso privo di vita, cf. Y 65s. «venne a lui l’anima di Patroklos», pavnt`aujtw'/ mevgeqov" te kai; o[mmata kavl` eji>kui'a / kai; fwnh;n kai; toi'a peri; croi::; ei{mata e{sto.

I versi A 3 e L 55, con la variazione equivalente di una componente nominale, sonointeramente formulari, ché L 55 non può essere «un richiamo intenzionale all’inizio delpoema, fatto nel momento della terza e più lunga giornata di battaglia» (come vuole DiBenedetto [1994] 244). La formula P2 è a sua volta composta di due formule combinate, vd.app. form. Hom. 7x yuch;n d` “Ai>di, Z 487 “Ai>di proi>avyei || (nel colloquio tra Hektor eAndromache): non v’è in ciò alcuna «specificità iliadica» (come invocata da qualcuno, vd.sopra), ché un richiamo intenzionale all’inizio del poema non avrebbe qui significato. L’in-tera formula riaffiora modificata in Hes. fr. 204,118 M.-W. (cit. supra).

È di per sé improbabile, per non dire impossibile, che frasi così tipicamente eroiche,che certamente avevano frequente occasione di esser usate nei poemi, fossero sentite comerichiamo intenzionale a distanza di molte migliaia di versi. Come G. Pasquali (con dettotedesco) soleva dire, «si sente crescer l’erba». Se mai si può dire che yucav" è più adatto alpresente contesto che non kefalav", perché distingue «le anime degli eroi» da aujtouv", «iloro corpi» (come sopra si è notato).

proi?ayen: proiecit, «buttò innanzi all’Hades», cioè buttò via da sé, cf. propevmpw,proi?hmi. La prep. pro- è spaziale (‘innanzi’), non temporale (‘anzi tempo’) o «superfluacome in nh'av" te propavsa"», come schol. A 3c (bT) ed Eust. ad Il. 17,4-6 intendono (atorto). Il verbo ijavptw da *¸i-¸avp-iw con raddoppiamento esteso a tutti i tempi (cf. forseejavfqh, con av. e ai. vap-) significa ‘gettare’ o ‘danneggiare’, forse fondamentalmente ‘but-tare (via)’, (vd. Pagliaro [19632] 27 n. 18). Eust. ad Il. 16,17-17,3 qui (a torto) sostiene ilsignificato blavptw, ‘danneggiare’.

4. hJrwvwn, aujtou;" dev: l’espressione non può essere detta formulare per il confrontocon Hom. 3x hJrwvwn toi'sivn te (pace Parry [1930] 119), bensì semplicemente perché unnome e un pronome, per di più un pronome comune e differente, non possono essere con-siderati una formula e non rientrano nella mia definizione di formula (vd. da ultimo Pavese[2003] I 24-27). Altrettanto per definizione vale per la frase ejx ou| dhv, essendo il nessocomposto non da almeno due lessemi, ma da particelle funzionali, che per di più non sonosolo epicamente, ma anche comunemente usate.

4s.: schol. A 4a (A) nota (a ragione) che «i due versi erano atetizzati da Zenodotos»,givnetai de; to; proivmion kovlon, «ma il proemio diverrebbe monco. E alle anime (degli eroial v. 3) (il poeta) ha contrapposto loro stessi, (un pronome) detto dei corpi». Così Zenodotosrisolveva d’un colpo solo i due problemi posti dai due versi in questione, cioè sia il problemasemantico, presentato dal v. 5 oijwnoi'siv te pa'si, sia quello sintattico, posto dal riferimentodel nesso del v. 6 ejx ou| dhv (vd. infra).

Page 11: Protasis dell’ Iliade

21La Protasis dell’Iliade

Nella rappresentazione dei riti funerari nei Canti H P Y W, i corpi non sono solitamentedescritti come «preda di corvi e di uccelli». Lo straziamento dei corpi costituisce piuttostouna minaccia verbale che non una possibilità reale, quale è rappresentata nella Protasis

(come osserva Pagliaro [19632] 31-33), vd. B 393 (così dice Agamemnon a Nestor deipaurosi), L 452-455 (Odysseus a Sokos), N 233 (Hektor a Polydamas), 831s. (Hektor aAias), R 255 (Menelaos agli Achei) = S 179 (Here dice di Patroklos ad Achilleus), X 335s.,339, 348, 354 (Achilleus a Hektor). Ciò tuttavia non sembra dimostrabile: se infatti laminaccia di Achilleus a Hektor di gettare il suo corpo ai cani e agli uccelli, ripetuta a Y 21e 183, non è ancora compiuta a W 411 – come Hermes in aspetto di servente di Achilleusdice a Priamos – ciò si deve allo speciale intervento di Aphrodite e di Apollon a Y 184-191,che ne proteggono il corpo, l’una dai cani e l’altro dal sole, e di Apollon poi a W 18-21, chelo protegge dalle escoriazioni. I corpi infatti potevano essere straziati dai cani e dagli uc-celli, se di eroi, prima della sepoltura o, se di gente comune, in assenza di sepoltura, comeper esempio sembra prospettato a L 162. In F 201-204 Achilleus lascia il corpo di Asteropaios,appena ucciso, in preda ai pesci e in g 271 Aigisthos abbandonò il cantore custode diKlytaimestra in un’isola deserta in preda agli uccelli.

5 pa'si: è la variante attestata da tutti i mss., dai'ta è la variante di Zenodotos,attestata soltanto ap. Ath. I 12e (il quale forse la deriva, attraverso una fonte intermedia,dalla confutazione che Aristarchos forse faceva della variante stessa) «Omero usa dai'tasoltanto degli uomini, non degli animali (ma in W 43 il leone ei\s` ejpi; mh'la brotw'n, i{nadai'ta lavbh/sin, dove Aristarchos forse riferiva brotw'n a dai'ta). Ignorando il valore dellaparola, Zenodotos nella sua edizione scrive oijwnoi'siv te dai'ta, così chiamando il pastodegli avvoltoi e degli altri uccelli, mentre soltanto l’uomo progredisce verso l’equità dallaprimitiva violenza», da cui sembrano derivare Suda d 128 A. ed Eust. ad Il. 19,46-20,1 «seZenodotos invece di pa'si scrive dai'ta, si sbaglia: Omero infatti usa dai'ta soltanto degliuomini» (vd. Lehrs [18823] 87, 160, Cauer [19213] 57). La variante dai'ta è tuttavia ante-riore a Zenodotos, essendo presupposta già da Aesch. Supp. 800 kusi;n d` e[peiq` e{lwrakajpicwrivoi" / o[rnisi dei'pnon oujk ajnaivnomai pevlein, Soph. Ant. 29s. eja'n d` a[klauton,a[tafon, oijwnoi'" glukuvn / qhsauro;n eijsorw'si pro;" cavrin bora'", Eur. Ion 503s. ptanoi'"ejxwvrisen qoivnan / qhrsiv te foinivan dai'ta, Hec. 1078 sfakta;n kusivn te foinivan dai't(a).Probabilmente Eschilo ed Euripide udivano recitare la Protasis con la variante dai'ta, maciò non significa che essa sia migliore della variante pa'si.

La variante pa'si, attestata da tutti i mss., è infatti preferibile, sia perché tramandata datutta la trasmissione diretta contro un solo testimonio indiretto (anche se di Zenodotos, inun verso tuttavia che egli comunque atetizzava, vd. supra), sia perché la frase «agli uccellitutti» si può intendere «non nel senso che tutti gli uccelli mangiassero i corpi, ma che i corpierano lasciati in preda a tutti gli uccelli», come schol. A 5a (b) giustamente nota, benintesoa tutti quegli uccelli (da preda) che avessero voglia e possa di mangiarne. Secondo West(1998) app. crit. ad l. e ap. Latacz (2000) ad l., una espressione di Soph. Ai. 830 rJifqw'kusi;n provblhto" oijwnoi'" q` e{lwr e una di Ar. Av. 1117 pa'si toi'" o[rnisi katatilwvmenoisembrano confermare pa'si: a mio parere tuttavia Soph. Ai. 830 è neutrale (con Leaf [1886,19002] ad l.) e Ar. Av. 1117, pur presentando lo stesso idioma, non dipende dal nostro luogo.

Il predicato dai'ta, ‘pranzo (umano)’, detto di uccelli, è a rigore traslato, come lo è aW 43, detto del leone. Il predicato eJlwvria, ‘preda’, detto di cani, per contro è proprio. dai'taè una ripetizione piuttosto patetica di eJlwvria: il connettivo te è normalmente posposto al

Page 12: Protasis dell’ Iliade

22 PAVESE

nome coordinato, perciò sarebbe meglio posposto a dai'ta, se ciò fosse qui metricamentepossibile, piuttosto che a oijwnoi'si, cf. p. es. A 45 (vd. Denniston [19592] 497). Inoltre neiluoghi sopra citati, dove i corpi sono «preda di cani e di uccelli», un unico termine è sempreusato per ambedue le classi.

Tra i moderni la variante dai'ta è preferita da molti, p. es. da Ameis-Hentze (19137),Leaf (1886) e Latacz (2000), mentre pa'si è favorita tra gli altri da Leaf (19002), Kirk (1985)e West (1998) ad l.

Il verso si poteva ovviamente recitare nell’una e nell’altra forma: dai'ta conferisce untocco più patetico alla frase, diversamente da quello che pa'si suggerisce. Si tratta forse,anche se ovviamente non v’è qui indizio, di una delle molte varianti orali presenti nel testo.La variante dai'ta è probabilmente piaciuta ai tragici e certamente piace ai moderni, perchéè più patetica ed espressiva, mentre la variante pa'si dei mss. è a mio parere più idiomaticaed elegante, e insomma più epica rapsodica.

5. Dio;" d` ejteleiveto boulhv: l’espressione è una formula T2 (cioè, secondo i simbolida me usati, dalla ces. trocaica alla fine di verso), che occorre tre volte, in questo luogo, inl 297 qevsfata pavnt` eijpovnta: Dio;" d` ejteleiveto boulhv e in Cypr. 1,7 oiJ d` ejni; Troivh/ /h{rwe" kteivnonto, Dio;" d` ejteleiveto boulhvn (quest’ultima occorrenza non è citata da Parry[1930] 119, perché egli considera come efficienti di formula soltanto le occorrenze omeriche,cioè soltanto le formule Ho-Ho, o formularità interna). L’espressione, che è di tanto momen-to nella Protasis dell’Iliade e in quel luogo dei Cypria, il quale a quanto pare non appar-teneva alla Protasis, ma la seguiva da presso (vd. supra), si dimostra costituire una formula,perché occorre anche in l 297. Questo verso infatti menziona un ignoto e imprecisatoresponso, dato da Melampous a Iphiklos, quando l’indovino fu fatto prigioniero dai bovaridi questi per aver tentato di rapirgli le mandrie, onde condurle a Neleus come dono per lenozze della di lui figlia Pero con suo fratello Bias: l’espressione occorre in un oscuroracconto marginale, in un contesto affatto differente da quelli riferiti nei luoghi dell’Iliade

e dei Cypria, perciò essa, non potendo essere mutuata da quelli, deve certamente costituireuna formula tradizionale. Inoltre, le componenti della formula compaiono a x 328, t 297Dio;" boulhvn, separate a M 241, U 15, q 82, n 127, Hes. Th. 465, Op. 132 (vd. Pavese [2000]ad l.), H. Hom. Ap. 132 Dio;" ∪— —∪— –∪∪ boulhvn/-av", l’espressione modificata si trova in O593 Dio;" de; tevleion ejfetmav" e la formula Trit2 compare in Hes. Th. 1002 (vd. Id. [2000]ad l.), H. Hom. Merc. 10 megavlou de;/megavloio Dio;" novo" ejxetelei'to, la quale rispetto allaformula T2 Dio;" d` ejteleiveto boulhv è una formula modificata per funzionare nella posizio-ne Trit2 (cioè dalla ces. pentemimere alla fine di verso).

Alcuni ap. schol. A 5b (A), Eust. ad Il. 20,12, tra cui Nikanor, leggevano boulh'/, undativo strumentale, lezione che è chiaramente errata.

«E si compiva la volontà di Zeus», ossia «decisione», o «consiglio», o «disegno diZeus», ma quale volontà? La volontà di Zeus è sempre imperscrutabile e oscura; di essa sipossono dare qui tre interpretazioni:

1) secondo schol. A 5c [bTt] Dio;" boulh;n levgei nu'n oJ poihth;" th;n ejpaggelivan th;n

pro;" Qevtida, secondo schol. D ad A 5 (scholia della classe D, cosiddetti di Didymos,tramandati nel cod. Ve

1 = Z) hJmei'" dev famen, kata; th;n `Aristavrcou kai; `Aristofavnou"dovxan (la volontà di Zeus), th'" Qevtido" ei\nai boulhvn, h}n ejn toi'" ejxh'" fhsi (il poeta)litaneuvousan to;n Diva ejkdikh'sai th;n tou' paido;" ajtimivan, kaqavper ejn tw'/ prooimivw/, esecondo schol. L 604b (A) ed Eust. ad Il. 20,21s., interpretazione seguita da molti critici

Page 13: Protasis dell’ Iliade

23La Protasis dell’Iliade

moderni, la Dio;" boulhv è la volontà di Zeus di infliggere infiniti dolori agli Achei per onorarela mh'ni" di Achilleus, ottemperando alla promessa da lui fatta a Thetis nella di lei Supplica,come è narrata nei versi A 517-530 (per prolessi, o anticipazione, interna al poema);

2) secondo che era narrato alla fine dei Cypria, Arg. 66s., la Dio;" boulhv può essere lavolontà del dio «di alleggerire i Troiani allontanando Achilleus dal combattimento con iGreci» (per epanalessi, o ripetizione, esterna al poema);

3) Secondo schol. D ad A 5 kai; ta; me;n para; toi'" newtevroi" iJstorouvmena peri; th'" tou'Dio;" boulh'" ejsti tavde (cf. infra schol. A 5s. [A]), refutato da Aristophanes e Aristarchos (vd.supra schol. D ad A 5), e secondo schol. Hom. A 5 (Ludwich [1900] I 10), An. Ox. IV 405,6,Eust. ad Il. 20,14-21 (cf. supra), interpretazione seguita da alcuni critici moderni, tra cui Vonder Mühll (1952) 14 e Kullmann (1955) 11-35 con la cosiddetta neoanalisi, la Dio;" boulhv èla volontà del dio di alleggerire Ge gravata dal carico delle genti, ottemperando alla promessada lui fatta alla di lei Supplica all’inizio dei Cypria, vd. Cypr. 1,1-7 con i Testimonia I-IV citatiin app. crit. ibid. (per epanalessi, o ripetizione, esterna al poema). Ambedue le interpretazioni2) e 3) presuppongono che la promessa da Zeus fatta a Ge, promessa che nell’Iliade non èmenzionata, fosse un tratto leggendario noto al pubblico, in quanto narrato in altri poemi.

Le suddette tre interpretazioni tuttavia non si escludono, ma a mio parere si possonoin qualche modo collegare nel quadro di un coerente sviluppo. Infatti la volontà di Zeus 1)di suscitare la mh'ni" di Achilleus, per poi onorarla, può essere motivata dalla volontà 2) dialleggerire i Troiani, e così provocare più ampia strage nell’uno e nell’altro campo, in modo3) di alleggerire Ge gravata dal carico delle genti. Fino ad allora infatti non molti eroi degnidi nota erano caduti, se non dalla parte achea Protesilaos, che fu trafitto nel momento dellosbarco, e dalla parte troiana Kyknos, figlio di Poseidon, che con molta gente fu da Achilleusucciso subito dopo lo sbarco. I Troiani infatti, Achilleus essendo in campo, si erano rinchiusidentro le mura ([Apollod.] Epit. 3,31) e l’eroe, dopo aver saccheggiato alcune città dellaTroade e della Eolide, riuscì soltanto a uccidere Troilos in un agguato e a catturare Lykaon,ambedue figli di Priamos, dentro a Troia. Il disegno di alleggerire Ge rischiava dunque diabortire. Perciò la volontà di Zeus 1) di affliggere gli Achei per onorare Achilleus può esseremotivata dalla volontà 2) di alleggerire i Troiani e questa può esser a sua volta motivata nelpiù ampio quadro della volontà 3) di alleggerire infine Ge gravata dal carico delle genti,ottemperando alla promessa a lei fatta nella Supplica all’inizio dei Cypria.

Una quarta interpretazione, difficilmente accettabile, è data da un certo Eukleides (vd.An. Par. I 19s.) ap. schol. A 5c (bT

t), secondo il quale «(la frase in questione, Dio;" d`ejteleiveto boulhv) non è detta come conseguente ai primi (detti), ma come separata e dettadi per sé; la volontà di Zeus si compiva affinché i colpevoli pagassero giusta pena delle lorocolpe, ciò che appunto è il fine dell’Iliade, sicché ciò che è detto di Achilleus è comuneall’intero testo, (cioè) polla;" d` ijfqivmou" yucav", mentre ciò che è detto del dio è separato,(cioè) che essi pagarono sufficiente pena alla volontà di lui», cioè la frase è come un incisoa sé stante. Lo stesso Eukleides ap. schol. 4c (T) intende il v. 6 ejx ou| dhv come to; ejxh'", cioècome conseguente al, o dipendente dal, v. 4 teu'ce kuvnessin ktl.

In ognuna delle suddette tre successive fasi della Dio;" boulhv non stentiamo a credereche la formula Dio;" d` ejteleiveto boulhv fosse regolarmente adoperata: essa infatti, lungidall’essere specificamente iliadica (come qualcuno vorrebbe), è attestata per intero nellaprima (Hom. A 5) e nella terza fase (Cypr. 1,7) e lo è per più della metà nella seconda fase(Cypr. Arg. 66s.). Dovunque vi fosse da dire «e si compiva la volontà di Zeus» in posizioneT2, il rapsodo non poteva meglio dire che Dio;" d` ejteleiveto boulhv.

Page 14: Protasis dell’ Iliade

24 PAVESE

6. ejx ou|: è un nesso relativo che ha normalmente il significato temporale ‘da quando’,cf. p. es. due luoghi molto simili x 379 ejx ou| dh;, l 168 ejx ou| ta; prwvtisq` eJpovmhn (vd.Pagliaro [19632] 12, 13-20).

dhv: nel nesso relativo temporale significa ‘appunto’ e precisa l’esatto momento in cuil’azione ha inizio: «da quando appunto» (vd. Denniston [19592] 219).

ta; prw'ta: neutro avverbiale, significa ubi primum, ‘da quando appunto dapprima’,cioè da quando i due eroi cominciarono a separarsi o a essere separati in séguito a contesa(vd. infra). L’avverbio non può significare ‘per la prima volta’, perché questa non fu laprima contesa tra i due, cf. Cypr. Arg. 59s. (a Tenedos) ̀ Acilleu;" u{steron klhqei;" diafevretaipro;" `Agamevmnona e q 75-82 (Demodokos canta) nei'ko" `Odussh'o" kai; Phlei?dew `Acilh'o"con intima gioia di Agamemnon … Dio;" megavlou dia; boulav" (vd. supra).

ejx ou| dh; ta; prw'ta: qual è la proposizione principale da cui questa relativa dipende?Si possono dare fondamentalmente due soluzioni:

1) secondo Eust. ad Il. 20,43-21,4, che segue l’interpretazione rifiutata da Aristarchos(vd. infra schol. A 5s. [A]) e secondo alcuni critici moderni, p. es. Leaf (1886, 19002) ad

l., Von der Mühll (1952) 14, Kirk (1985) ad l., Bakker (1997b) 293, il nesso relativo 6 ejxou| dh; ta; prw'ta dipende da a[eide al v. 1: «cantami … da quando», ossia dal momento incui «dapprima si divisero contendendo», cioè da quando Agamemnon e Achilleus comincia-rono a contendere. Il nesso relativo in questo caso indica il tempo o il luogo, nella leggendao nel poema stesso, da cui la narrazione ha inizio. Si confronti il medesimo modulo nellaProtasis dell’Odissea in a 10 tw'n aJmovqen ge, qeav, quvgater Diov", eijpe; kai; hJmi'n, cheriprende e[nnepe, Mou'sa al v. 1, dove l’avv. aJmovqen, essendo formato col tema del pronomeindefinito aJmo- (dalla radice *sem-) ‘qualche’, significa ‘da qualche’ e il nesso dimostrativotw'n aJmovqen ge significa quindi «da qualche (fatto) almeno di questi (iniziando), o dea, di’anche a noi». Si confronti inoltre q 449s. oJ d` oJrmhqei;" qeou' h[rceto, fai'ne d` ajoidhvn, /e[vnqen eJlwvn, wJ" oiJ me;n eju>ssevlmwn ejpi; nhw'n, ktl., «(Demodokos) prendendo le mossecominciò dal dio, e mostrava (cioè faceva risonare) il canto, da là (cioè da quel punto)prendendo (cioè narrando), come», q 73s. Mou's` a[r` ajoido;n ajnh'ken ajeidevmenai klevaajndrw'n, / oi[mh", th'" tovt` a[ra klevo" oujrano;n eujru;n i{kane, ktl., «la Musa rilasciò (olasciò andare) il cantore a cantare le gesta degli eroi, da quel canto di cui la fama giungevaallora al cielo» (il gen. oi[mh" è ablativo o partitivo, a meno che non stia per un accusativoper attrazione inversa del relativo th'");

2) Aristarchos ap. schol. A 5s. (A) sunavptei, cioè «collega ejx ou| dh; ta; prw'ta ktl.con Dio;" d` ejteleiveto boulhv, affinché sembri non una precedente decisione (presa da Zeus)contro i Greci, ma (una decisione da lui presa) nel momento da cui cominciò la mh'ni",affinché non si debbano accogliere i plavsmata dei newvteroi», o «finzioni dei recenziori»(vd. Lehrs [18863] 189), cf. schol. L 604b [A] kajkei' ou\n oujk ejpi; ta; povrrw hJ ajpovtasi"‘Dio;" d` ejteleiveto boulhv’, «anche là [cioè ad A 5] il riferimento non è a distanza», affinchécioè non si debbano accogliere «le finzioni dei recenziori», come quelle che all’inizio deiCypria narrano della decisione di alleggerire Ge gravata dal carico delle genti (vd. supra).Tuttavia la proposizione relativa temporale ai vv. 6s. ejx ou| dh; ktl. mal si comprende comedipendente dalla precedente al v. 5 Dio;" d` ejteleiveto boulhv (come Aristarchos intende),perché la volontà di Zeus si compiva in verità non tanto da quando Agamemnon e Achilleussi separarono in contesa in A 54-307, ma piuttosto da quando Zeus promise a Thetis dionorare la mh'ni" di Achilleus in A 517-530 (per prolessi interna, vd. supra la prima solu-

Page 15: Protasis dell’ Iliade

25La Protasis dell’Iliade

zione). Secondo Eukleides ap. schol. 4c (T) (cit. supra), il nesso relativo ejx ou| dh; dipendeda teu'ce kuvnessin ktl. al v. 4, e secondo molti moderni, p. es. Ameis-Hentze ad l., Latacz(2000) ad l., lo stesso nesso dipende da e[qhke al v. 2 (ciò che non sposta di molto ilproblema), ma anche ciò non è esatto, perché i dolori e i decessi degli Achei cominciaronoinvero non dalla contesa tra Agamemnon e Achilleus, ma piuttosto dall’ira di quest’ultimoo addirittura dall’ira di Apollon nove giorni prima. Inoltre la proposizione relativa tempo-rale in questo caso dipenderebbe a sua volta da un’altra relativa, anziché da una proposizio-ne principale, cosa non impossibile, ma certo meno gradevole e probabile.

diasthvthn ejrivsante: «si separarono» o «furono separati» (aoristo con valore perfettivo,vd. Pagliaro [19632] 19 n. 11) «avendo conteso», o in séguito a contesa (il participio èaoristo), non «contendendo»: la volontà di Zeus infatti, che provocò la disfatta degli Achei,si compiva non esattamente dalla contesa, cioè da quando i due eroi cominciarono a conten-dere, ma da dopo, da quando i due erano separati in séguito alla contesa.

7. `Atrei?dh" te a[nax ajndrw'n kai; di'o" `Acilleuv": il verso è quasi interamentefatto di due formule, la prima dislocata dalla sua normale posizione T2 a[nax ajndrw'n(`Agamevmnwn) ||, la seconda nella sua normale posizione H2 o B2 (kai;) di'o" `Acilleuv" ||. Inomi propri in posizione finale dopo il verbo, secondo un frequente modulo tradizionale,sono non tanto soggetto del verbo, che ha in sé più o meno senso compiuto, quanto piuttostoun’apposizione, che presenta i principali personaggi del successivo tema Er (Eris Contesa)e in senso lato dell’intero poema (vd. Bakker [1997b] 296).

Conclusione

La Protasis dell’Iliade si svolge dunque dall’iniziale mh'nin, attraverso unaklimax, o crescendo, efficace ed elaborata, elevata ed elegante, fino alla necessariae liberatoria conclusione, fino al nome proprio finale `Acilleuv": l’inizio e la finesi richiamano, l’inizio volge infallibilmente alla fine e la fine conclude definitivamentel’inizio, racchiudendo tutto ciò che vi è compreso, prima gli effetti dell’ira e poi lacausa di tali effetti (secondo l’interpretazione 1 al v. 5) o dell’ira stessa (secondol’interprezione 3). Il primo tema dell’Iliade è fatto, la Protasis è per tutti, rapsodoe uditorio, definitivamente e inequivocabilmente conclusa.

Il periodo, che comprende sei proposizioni in sette versi, è piuttosto lungo ecomplesso, a paragone con la normale sintassi della dizione epica rapsodica. Laapparente complessità è tuttavia ottenuta con i modi e i mezzi comuni della dizionestessa, cioè con i modi e i mezzi della sintassi additiva e progressiva propri di unalingua poetica orale, o che dir si voglia parlata e discorsiva.

Secondo una certa critica, i poemi omerici sono, per riassumere in breve un’ampiaquestione, troppo lunghi e troppo belli per essere stati composti oralmente. Perquanto concerne la lunghezza, sia detto altrettanto in breve, la trama dei poemi eraordita con certi temi e certi motivi tradizionali, che ne facilitavano la composizio-ne: l’arte e il talento del rapsodo stavano nel comporre tali temi e tali motivi in una

Page 16: Protasis dell’ Iliade

26 PAVESE

trama di volta in volta differente e interessante. E la voce era a quei tempi unmezzo molto più conveniente ed espressivo che non fosse la scrittura. Per quantoriguarda la bellezza, l’eccellenza dei versi depone piuttosto a favore che non con-tro la composizione orale: l’eleganza e l’elevatezza sono infatti inerenti alla lingua(che ho chiamata) «poetica parlata», una lingua che fu sviluppata in una lungatradizione per rispondere perfettamente alla sua funzione, cioè alla composizioneed esecuzione orale di poemi epici rapsodici. La funzione creava la forma, e laforma era la migliore che la funzione potesse all’occasione creare. La dizioneepica rapsodica è dunque «una lingua poetica parlata, perfetta ed elevata» (vd.Pavese [1974] 53).

La dizione epica rapsodica è una lingua poetica parlata, perfetta ed elevata, nelsenso che essa si fonda anzitutto sul verso epico e sulla dizione formulare. Essa ècioè creata, o composta, o realizzata che dir si voglia, sul fondamento dei treprincipali fattori (come sono da me definiti, vd. da ultimo [2003] I 15-17), costitutivie distintivi dei generi poetici tradizionali, che nella rapsodia in particolare sonol’esecuzione recitativa puramente vocale, il verso epico, o esametro, completamen-te omometrico, e la dizione, o lingua poetica, morfologicamente molto polimorfica,ma sintatticamente e lessicalmente molto stereotipica, ossia formulare. Alcuni cri-tici per contro, come si può notare, sembrano piuttosto rovesciare i termini da meposti, per cui la lingua parlata diverrebbe il fondamento della dizione orale e ilverso e la formula ne sarebbero una sorta di rafforzamento (vd. p. es. Bakker[1997a] passim, [1997b] 300). Poiché la dizione epica rapsodica è mediaticamenteorale, non è meraviglia che essa si articoli secondo la sintassi propria della linguaparlata. Perciò questa dizione non può essere da un lato considerata soltanto comelingua poetica, o lingua d’arte (con Meister [1921], etc.), e neppure d’altro latosoltanto come lingua parlata, o discorsiva (con Bakker [1997a], etc.), ma devepiuttosto essere comprensivamente definita come una lingua poetica parlata, che inquanto epica, ossia esametrica, è perfetta ed elevata, e in quanto rapsodica, ossiaorale, è parlata e discorsiva (vd. [1974] 53, etc., da ultimo [2003] I 16).

Nella lingua poetica parlata, e in particolare nella dizione epica rapsodica,domina la sintassi dell’apposizione, ereditata dalla lingua parente, in cui ogni pa-rola, avendo in sé il segno della propria funzione, era in qualche modo indipen-dente e liberamente apposta nella frase. Se dunque la Protasis dell’Iliade vienedescritta secondo il metodo dell’analisi sintattica cosiddetta discorsiva (vd. p. es.Bakker [1997a] e [1997b]), essa risulta composta delle seguenti sequenze verbali,o tmhvmata levxew", che si comportano come frasi appositive e tra loro più o menoindipendenti.

1. a) L’ira canta, o dea è una formula P1, enunziante in esordio il tema delpoema, espresso nel primo sostantivo del poema, secondo un modulo tradizionaledella Protasis (come sopra dimostrato, vd. ll.cc.).

Page 17: Protasis dell’ Iliade

27La Protasis dell’Iliade

b) del Pelide Achille è una formula P2 di Achilleus al genitivo, che segue al pri-mo sostantivo, rivelando immediatamente il principale personaggio oggetto del poema.

2. a) dannata è un attributo Trit1, che, staccato con enjambement, o «scaval-camento di verso» progressivo, dal primo sostantivo enunziante l’oggetto del po-ema, a esso sopravviene quasi come un ripensamento, secondo un modulo parimen-ti tradizionale, per cui all’oggetto enunziato in esordio segue un più o meno ampioattr (attributum) (vd. Pavese [1991] 162, [1993] passim).

b) che mille mali fece agli Achei è una proposizione relativa, contenenteuna formula B2 (variata), che aggiunge una epesegesi, o spiegazione appositivacausativa, di dannata, connessa al primo sostantivo col convenzionale attacco re-lativo o{", ovviamente declinato al caso richiesto.

3. e molte forti vite buttò all’Ade è un verso interamente formulare, compostodi una formula P1 e di una seconda (variata) P2, il quale, coordinato alla precedenteepesegesi, aggiunto a essa col dev continuativo, sopraggiunge tuttavia come unaproposizione indipendente, iniziando il crescendo.

4. a) di eroi è un lessema Trit1, aggiunto con scavalcamento progressivo diverso, a precisazione del precedente verso.

b) e i corpi fece preda di cani è un’espressione Trit2, che, coordinata allaprecedente proposizione relativa, aggiunta a essa col dev continuativo come unaproposizione indipendente piuttosto che relativa, porta innanzi il crescendo.

5. a) e di uccelli, tutti è un’espressione T1, che, coordinata alla precedenteproposizione, a essa aggiunta con scavalcamento di verso mediante il connettivo te,continua a portar innanzi il crescendo.

b) e si compiva la volontà di Zeus è una formula T2, lontanamente correlataalle precedenti proposizioni (vd. infra), anch’essa aggiunta, quasi per inciso, me-diante il dev additivo.

La particella dev additiva o continuativa è equivalente alla congiunzione e incipitarianelle lingue parlate moderne (vd. Denniston [19592] 162-164, Bakker [1997b] 298).Le due proposizioni ai vv. 3-5 polla;" d` ijfqivmou" yuca;" ktl., aujtou;" de; eJlwvriaktl., quantunque secondo l’analisi sintattica cosiddetta logica (vd. infra) si possanoconsiderare come subordinate relative, coordinate con la prima relativa al v. 2, nellequali il relativo h{ è per così dire ‘sottinteso’, cioè come «che … e che … e che»,tuttavia non differiscono molto da proposizioni principali indipendenti, scanditecon la particella dev continuativa, che serve a indicare il passaggio a una successivaproposizione principale. Ai vv. 2-5 le tre successive proposizioni sono strettamentecorrelate, in quanto esprimono il medesimo motivo pat (pati infliggere o sopportaredolori); per contro al v. 5 la proposizione Dio;" d` ejteleiveto boulhv, pur essendoanch’essa scandita con la particella dev additiva, aggiunge un nuovo motivo num

(numen la volontà degli dèi), che è soltanto lontanamente correlato col motivoespresso nelle tre precedenti proposizioni.

6s. a) da quando prima furono separati in séguito a contesa è un verso com-posto di una proposizione relativa, che dipende dall’imp. canta al v. 1 oppure dalla

Page 18: Protasis dell’ Iliade

28 PAVESE

proposizione principale e si compiva la volontà di Zeus al v. 5 immediatamenteprecedente (vd. supra ad l.).

b) l’Atreides signore di genti e il divo Achilleus è un verso quasi intera-mente fatto di due formule, la prima a[nax ajndrw'n solitamente T—B+ (tra ces.trocaica e un elemento dopo la bucolica), qui dislocata Trit+—H, la seconda di'o"`Acilleuv" B2, le quali esprimono i nomi propri in posizione finale, quasi comeapposizioni del precedente verbo (vd. supra ad l.).

Se d’altra parte la Protasis è esposta secondo il ben noto metodo dell’analisisintattica cosiddetta logica, essa si può parimenti dire composta di un periodopiuttosto lungo e complesso, quantunque articolato secondo certe riprese sintatticheproprie dei modi e dei mezzi della dizione orale.

Essa si può definire come un raro esempio nell’epica rapsodica di ciò che Arist.Rh. 1409a 24-b 12 chiama levxi" katestrammevnh, «dizione voltata giù», o «com-piutamente voltata» (con katav confettivo, o esprimente il compimento dell’azioneespressa nel verbo), compiuta e conclusa, cioè dizione subordinata, o ipotattica eperiodica, piuttosto che di levxi" eijromevnh, «dizione infilata», o «legata in serie»,in una parola «seriale», cioè dizione coordinata, o paratattica, e ciò soprattutto seejx ou| dhv al v. 6 dipende dall’imperativo a[eide al v. 1 (secondo la soluzione 1),piuttosto che dalla precedente proposizione principale al v. 5 o, a parer mio menobene, dalle precedenti relative ai vv. 2-4 (secondo la soluzione 2).

La Protasis dell’Iliade comprende una proposizione principale esortativa al v.1, in cui il primo sostantivo, seguito dal semantema cane, indica il soggetto delpoema, poi al v. 2 un participio aggettivale predicativo con scavalcamento di versoprogressivo, poi ai vv. 2-5 tre proposizioni relative coordinate, o piuttosto unatriplice proposizione evolventesi in tre frasi, la seconda e la terza frase coordinatecon dev, anch’esse con scavalcamento progressivo ai vv. 4s., ciascuna frase espri-mente un crescendo con funzione non soltanto epesegetica, o esplicativa, del pre-cedente aggettivo predicativo, ma vieppiù eziologica, o causativa, dell’aggettivostesso, poi inoltre al v. 5 un inciso, o proposizione parentetica, riferentesi per prolessiinterna (secondo l’interpretazione 1) o per epanalessi esterna a una più o menodistante narrazione, e infine ai vv. 6s. un’altra proposizione relativa, che dipendedalla proposizione principale al v. 1 (secondo la soluzione 1, sebbene con qualchedifficoltà sintattica) oppure immediatamente dalla proposizione parentetica al v. 5o dalla triplice proposizione relativa ai vv. 2-4 (secondo la soluzione 2, sebbene conqualche difficoltà semantica). Sono in tutto sei proposizioni in sette versi, di cui unaè principale, tre sono subordinate di primo grado, una è parentetica e l’ultima è, aseconda della soluzione adottata, subordinata di primo o di secondo grado.

E sette è per vero il numero perfetto, in quanto simmetrico e sacro ad Apollon,che, come è noto, nacque il sette del mese pitico di Bysios.

La Protasis dell’Odissea è a paragone un po’ meno lunga ed elaborata, se siconsiderano, come sembra ragionevole, i vv. 6-9 come interpolati. Al v. 1 poluvtropon

Page 19: Protasis dell’ Iliade

29La Protasis dell’Iliade

significa «dai molti trovpoi», o «modi», cioè «multiforme, versatile», cf. H. Hom.

Herm. 13, 439 Hermes «versatile», Theogn. 215 il polipo «mutevole», [Phoc.] 95il popolo «mutevole, mentre in k 330 è ambiguo, in quanto può significare sia«versatile» sia «che molto ha viaggiato». Ai vv. 1s. la proposizione relativa haquindi valore non soltanto epesegetico, ma anche eziologico. Si vedano tra gliantichi Liv. Andr. Od. 1 Virum mihi, Camena, inseque versutum (traduzione esattae quanto a inseque etimologica, sia pure per caso), Hor. Ars 141s., Epist. I 2,19providus. Hes. fr. 198,3 M.-W. uiJo;" Laevrtao, poluvkrota mhvdea eijdwv", schol. Ar.Nu. 260 a[ndra moi e[nnepe, Mou'sa, poluvkroton hanno il primo la forma, il secon-do la variante equivalente poluvkroto". I vv. 6-9 vanno un po’ fuori tema, ché lemandrie di Helios (vd. m 260-419) sono soltanto un episodio, anche se importante,nel ritorno del protagonista. Al v. 7 aujtw'n ga;r sfetevrh/sin ajtasqalivh/sin o[lontoil pronome possessivo riflessivo rafforzato sembra attico e la posizione di aujtw'nè irregolare, cf. D 409, a 33s., vd. Wackernagel (1943) 12s.

La Protasis dell’Odissea comprende dunque, come quella dell’Iliade, una pro-posizione principale esortativa al v. 1, che indica il soggetto del poema, poi unaggettivo predicativo nello stesso verso, poi ai vv. 1-4 tre proposizioni relative,esprimenti un crescendo, coordinate con dev (come nell’Iliade), sia l’aggettivo pre-dicativo sia le proposizioni relative rafforzati con ben quattro anafore dell’agg.poluv-/pollov-, la prima proposizione relativa seguita da una proposizione tempo-rale congiunta con ejpeiv, poi al v. 5 una proposizione participale collegata con larelativa al v. 4, infine una seconda proposizione principale esortativa al v. 10, cheriprende la prima al v. 1 (vd. supra ad A 6, soluzione 1). Sono in tutto sei propo-sizioni in sei versi, di cui due sono principali, tre sono subordinate di primo grado,con un solo scavalcamento al v. 2, questa volta organico, e una è subordinata disecondo grado, dipendente dalla prima delle subordinate di primo grado. La tensio-ne e l’elevazione nella Protasis dell’Iliade sono tuttavia superiori che in quelladell’Odissea.

Come è noto, Omero ebbe due figlie, l’Iliade e l’Odissea: di queste l’Iliade erala maggiore per età, grandezza e beltà. Non è meraviglia quindi che anche la Protasis

dell’Iliade sia maggiore e migliore di quella dell’Odissea.

Venezia C A R L O O D O P A V E S E

Page 20: Protasis dell’ Iliade

30 PAVESE

Abbreviazioni bibliografiche

Ameis-Hentze (19137)Homers Ilias, für den Schulgebrauch erkl. v. K.F. A. und C. H., Leipzig-Berlin 18681.I/1. Gesang I-III, bearb. von P. Cauer, Leipzig-Berlin 19137.

Ameis-Hentze (192013)Homers Odyssee für den Schulgebrauch erkl. v. K.F. A. und C. H., Leipzig-Berlin18561. I/1. Gesang I-III, bearb. v. P. Cauer, Leipzig-Berlin 192013.

Autenrieth-Kaegi (18731, 192014)Wörterbuch zu den homerischen Gedichten, Leipzig 192013 (18731).

Bakker (1997a)E.J. B., Poetry in Speech, Orality and Homeric Discourse, Ithaca-London 1997.

Bakker (1997b)E.J. B., The Study of Homeric Discourse, in I. Morris and B. Powell (edd.), A New

Companion to Homer, Leiden-New York-Köln 1997.Boaretti (1784, 1788)

F. B., Omero in Lombardia dell’Abate Francesco Boaretti. Iliade. Canti I-XII, Padova1784. I. Canti I-XII, II. Canti XIII-XXIV, Venezia 1788.

Casanova (1775-1778)G. C., Dell’Iliade di Omero, tradotta in ottava rima da Giacomo Casanova, viniziano,I. Canti cinque, II. Canti sette, III. Canti cinque, Venezia 1775-1778.

Casanova (2005)G. C., Dell’Iliade d’Omero, tradotta in veneziano da Giacomo Casanova, canti otto,ed. pr. a c. di C.O. Pavese, Venezia 2005.

Cauer (19213)P. C., Grundfragen der Homerkritik, Leipzig 19213 (18951).

Chantraine (1953)P. C., Grammaire homérique, I. Phonétique et morphologie, Paris 1948, II. Syntaxe,Paris 1953.

Classen (1867)Beobachtungen über den homerischen Sprachgebrauch, Frankfurt a.M. 1867.

Denniston (19592)J.D. D., The Greek Particles, Oxford 19592 (19341).

Di Benedetto (1994)V. D.B., Nel laboratorio di Omero, Torino 19941, 19982.

Ebeling (1885)H. E., Lexicon Homericum, I-II, Lepzig 1885.

Erbse (1969)Scholia Graeca in Homeri Iliadem (Scholia vetera), rec. H. E., I-VII, Berolini 1969-1988.

Fagles (19982)Homer. The Iliad, transl. by R. F., introd. and notes by B. Knox, London 19982

(19911).Kirk (1985)

G.S. K., The Iliad: a Commentary, I. Books 1-4, Cambridge 1985.Kullmann (1955)

Ein vorhomerisches Motiv im Iliasproömium, «Philologus» XCIX (1955) 167-192, inKullmann (1992) 11-35.

Page 21: Protasis dell’ Iliade

31La Protasis dell’Iliade

Kullmann (1992)W. K., Homerische Motive. Beiträge zur Entstehung, Eigenart und Wirkung von Ilias

und Odyssee, Stuttgart 1992.Latacz (2000)

Homers Ilias, Gesammtkommentar, hrsg. v. J. L., I/1. Gesang, 1. Text und Übersetzung,2. Kommentar, München-Lepzig 2000.

Leaf (19002)The Iliad, ed., with app. crit., proleg., notes and append., by W. L., I-II, London 1900-19022 (1886-18881).

Lehrs (18823)K. L., De Aristarchi studiis Homericis, Lipsiae 18823 (18331).

Lord (1960)A.B. L., The Singer of Tales, Cambridge, Mass. 1960.

Ludwich (1900)A. L., Textkritische Untersuchungen über die mythologischen Scholien zur Homers

Ilias, I-IV, Königsberg 1900-1903.Meister (1921)

K. M., Die homerische Kunstsprache, Leipzig 1921.Monti (1810)

Iliade di Omero, traduzione del Cav. V. M., Brescia 1810.Nagy (1979)

G. N., The Best of the Achaeans, Baltimore-London 1979.Pagliaro (19632)

A. P., Il proemio dell’Iliade, in Nuovi saggi di critica semantica, Messina-Firenze19632, 5-46.

Palmer (1963)L.R. P., The Interpretation of Mycenaean Greek Texts, Oxford 1963.

Pavese (1991)C.O. P., L’inno rapsodico: analisi tematica degli Inni omerici, «AION(filol)» XIII(1991) 155-178.

Pavese (1992)C.O. P., Il grande Partenio di Alcmane, Amsterdam 1992.

Pavese (1993)C.O. P., L’inno rapsodico: indice tematico degli Inni omerici, «AION(filol)» XV (1993)21-36.

Pavese (1998)C.O. P., Nell’officina di Omero e nel laboratorio di un critico letterario, «QUCC»

LXXXVIII (1998) 153-168.Pavese (1999)

C.O. P., rec. a Pindaro. Le Pitiche, introd., testo crit. e trad. di B. Gentili [...], «Gnomon»LXXI (1999) 388-395.

Pavese (2000)C.O. P.-P. Venti, A Complete Formular Analysis of the Hesiodic Poems. Introduction.

Formular Edition: Text and Apparatus, Amsterdam 2000.Pavese (2003)

C.O. P.-F. Boschetti, A Complete Formular Analysis of the Homeric Poems, I. Introduction,

Page 22: Protasis dell’ Iliade

32 PAVESE

II. Formular Edition: Text and Apparatus. Homeri Ilias, III. Formular Edition: Text

and Apparatus. Homeri Odyssea, Amsterdam 2003.Parry (1928)

M. P., L’épithète traditionnelle dans Homère, Paris 1928 = The Making of Homeric

Verse, Oxford 1971, 1-190.Parry (1930)

M. P., Studies in the epic technique of oral verse-making, I. Homer and Homeric style,«HSPh» XLI (1930) 73-147 = The Making of Homeric Verse, Oxford 1971, 266-324.

Shive (1987)D.M. S., Naming Achilles, Oxford 1987.

Schulze (1892)W. S., Quaestiones epicae, Gütersloh 1892.

Von der Mühll (1952)P. V.d.M., Kritisches Hypomnema zur Ilias, Basel 1952.

Wackernagel (1943)J.W., Indogermanische Dichtersprache, «Philologus» XCV (1943) 1-19 = Kleine Schriften,Göttingen 1953, 186-204.

West (1966)Hesiod. Theogony, ed. with prol. and comm. by M.L. W., Oxford 1966.

West (1998)Homerus. Ilias, rec., testimonia cong. M.L. W. I. Rhapsodiae I-XII, Monachii et Lipsiae1998, II. Rhapsodiae XIII-XXIV, Monachii et Lipsiae 2000.

Zambarbieri (1998)M. Z., L’Iliade com’è. Lettura. Problemi. Poesia, I, Milano 1988, II, Milano 1990.

Abstract

The first seven verses of the Iliad are most correctly identified as the Protasis of the poem, notthe ‘proem’ (as is usually claimed); the term ‘proem’ refers to a theological hymn introducing aperformance of a poem. The Protasis of the Iliad is here edited with a formular apparatus anda verbal running commentary. The major points are as follows. The expression mh'nin a[eide, qeav,far from being specifically iliadic, is the P1 Ho-Hy formula announcing the wrath of a character,according to a traditional pattern in the Protasis of a rhapsodic epic poem. oujlomevnhn means«doomed» rather than «baleful». The ms. variant pa'si is preferable to the ancient and indirectdai'ta. The expression Dio;" d` ejteleiveto boulhv is the T 2 formula of the will of Zeus, which canrefer both to the Supplication of Thetis in Il. I 517-530 and to the Supplication of Ge in theexordium of the Cypria. The expression ejx ou| dh; ta; prw'ta depends on a[eide (with somesyntactic difficulty) or on Dio;" d` ejteleiveto boulhv (with some semantic difficulty). The Protasis

is explicated and valued as a piece of poetic spoken language, through both discursive and logicalsyntactic analysis, and comparison with the Protasis of the Odyssey.