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In caso di mancato recapito restituire all’Ufficio di Verona CMP - detentore del conto, per la restituzione al mittente, previo pagamento resi. anno 12 - n.1 (DICEMBRE 2014) - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Verona Pubblicazione delle Suore della Compagnia di Maria

Pubblicazione delle Suore della Compagnia di Maria res.pdf · 2015-01-15 · Pubblicazione delle Suore della Compagnia di Maria. 2 Dare la parola Pubblicazione periodica delle Suore

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Pubblicazione delle Suore della Compagnia di Maria

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Dare la parolaPubblicazione periodicadelle Suore dellaCompagnia di Maria

anno 12 - n. 1 Dicembre 2014

Direttore responsabileAlberto Margoni

Direzione e amministrazioneSuore dellaCompagnia di MariaVerona - Italia

abbonamentiOfferta liberaPer le offerte servirsi delC.C.P. numero 13166376

IndirizzoSuore della Compagnia di MariaStradone Antonio Provolo, 4337123 VeronaTel. 045 8000015Fax 045 8040263E-mail: [email protected] Web: www.gresner.it

autorizzazioneRS n. 1572 del 29.11.2003

StampaDivisione Novastampa Gruppo SiZViale Archimede, 12-1437059 Campagnola di ZevioVerona

In copertina: aria di Natale

SOMMARIOLa parola a... Madre Maria Luisa SantinCondivisione di ideali, spirito e missione

NewsLa gestione dei beni nelle Congregazioni religiose

Chiesa Maestra e MadreNel silenzio assordante il male si è scatenato

Alle fonti del CarismaDon Antonio Provolo: “il prete dal bel cuore”... e forte Maria Palma Pelloso

Sguardo in profonditàQualità sinonimo di trasformazione e di crescita

In collegamento

Affascinati dal volto del Divino Viandante pag. 14 Gioia che nasce dalla donazione e dai semplici gesti pag. 16

Esperienza del dono e scuola di vita pag. 18 Vita nelle missioniMissionaria con un grande cuore di mamma pag. 20 Nella pace di Dio pag. 22

pag. 3

pag. 5

pag. 6

pag. 8

pag. 12

Diversamente da alcuni Istituti re-ligiosi che hanno un’antica tra-dizione riguardo la collaborazio-

ne con i laici, la nostra Congregazione da qualche tempo sta sperimentando sempre più con i laici la condivisione di ideali, spirito e missione propri della nostra Famiglia religiosa. Missione speciale quella ereditata dai nostri Fondatori, Don A. Provolo, Madre Fortunata Gresner e i loro successori, i quali hanno sentito forte la chiamata di Dio, hanno creduto al Suo amore e si sono abbandonati in Lui, “vedendo” la sua immagi-ne nel volto del pros-simo bisognoso. L’Anno della Vi-ta Consacrata d e s i d e r i a m o viverlo anche con i laici, no-stri collaborato-ri, come un mo-mento di grazia che può rendere loro più consapevoli di essere espres-sione dell’unico dono di Dio, di appartene-re anche a questa “famiglia”, quella dell’Isti-tuto Fortunata Gresner. L’identità operativa che aspetta i membri di questa Famiglia, religiosi e laici, non è semplice, bensì è complessa, eterogenea e molto articolata, ma al contempo, fa par-te di un’unica realtà scolastica che vive ed interagisce nell’unico progetto carismatico, abbracciati dal grande progetto di Dio che

ci ha chiamato alla vita per farci partecipi del Suo Immenso Amore che in Cristo Gesù si è reso visibile. Il primo e migliore nostro passo in ambito educativo, formativo e professionale de-ve scaturire da una trasparente sintesi tra quello che dico e quello che vivo con pas-sione ed amore; la coerenza tra parola e azione conferisce infatti credibilità ad ogni intervento educativo. Il secondo passo è la profonda unione che deve crearsi fra noi tutti in modo da rendere vivo ed efficace

il nostro particolare carisma che ci identifica. Non è facile, lo

sappiamo tutti, supe-rare i nostri piccoli,

grandi individua-lismi, la nostra innata tenden-za a preporci e a proporci,

ampliare il no-stro angolo visua-

le comprendendo quello dell’altro. Non è

facile. Ma è necessario se vo-gliamo dar vita ad un corpo operativo com-patto, che condivide uguali obiettivi e cer-ca di perseguirli in armonia e sinergia. E’ il cosiddetto “gioco di squadra” che permette di vincere una partita!Già da tempo la nostra Famiglia religiosa sta riflettendo su due punti: il ruolo e l’im-portanza, per l’Istituto, dei laici inseriti nelle nostre attività formative e scolastiche. Non sono “aggregati”, ma parte integrante, es-

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La parola a ...

CONDIVISIONE di ideali, spirito e missione

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senziale, indispensabile della nostra Famiglia Religiosa. La stessa Chiesa, all’indomani del Concilio, continua a esortare noi religiosi ad aprirci a questa nuova realtà ricca di risorse. Questa osmosi, questo scambio relazionale paritario tra laici e Suore è il fulcro essenziale non solo per “rigenerare “ con nuovo slancio vitale il nostro intervento educativo, ma per vivere in pienezza il carisma di fondazione, che diviene così davvero il “nostro” carisma. Se riusciremo a perseguire questo, saremo una Famiglia a pieno titolo: non operatori in una scuola di Verona, ma operatori della scuola “F. Gresner”. La Chiesa si aspetta che noi religiosi “sve-

gliamo il mondo”, perché la vita consa-crata è profezia. Ci è richiesta, come di-ce Papa Francesco, di “essere profeti che testimoniano come Gesù ha vissuto su questa terra”. Per questo è nostro deside-rio vivere questa profezia insieme ai laici, per crescere ai più diversi livelli, attraverso anche momenti d’incontro nei quali avere la possibilità di creare rapporti fraterni e di fiducia reciproca che ci permettano di conoscere sempre più l’opera nella quale ci siamo impegnati.

La parola a ...

Madre Maria Luisa SantinSuperiora generale

Ai nostri Lettori

Porgiamo gli auguri più cari e più belli per un Santo Natale e Nuovo Anno.

Il Signore possa nascere in ogni cuore e portare a tutti il suo amore, la Sua pace e la volontà di amarlo e servirlo sempre.

Maria ci prepari a questo Natale e riempia il nostro cuore di amore

per accogliere Gesù in noi con entusiasmo rinnovato.

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LA GESTIONE DEI BENInelle Congregazioni religiose

NEWS

dono alla Provvidenza divina. E’ vero che ogni progetto missionario deve dare i conti con la di-mensione economica, ma è pur anche vero che la mancanza di mezzi economici, più che farci rinunciare, ci stimola alla creatività, alla fantasia dell’amore al fine di reperire i fondi necessari in un’ottica di trasparenza e di condivisione. Il contesto odierno ci pone a confronto con una mentalità di gestione di tipo imprenditoria-le. La sfida che ci sta dinanzi è grande! Bisogna unire le forze, convergere attorno al progetto comune e sviluppare la dimensione profetica della gestione. Questo documento ci incorag-gia proseguire con maggiore slancio e compe-tenza nel cammino di riflessione sulla nostra modalità di gestire i beni ecclesiastici.

In piena fedeltà alle direttive e agli orientamenti della Chiesa, la nostra Famiglia religiosa è chia-mata a tenere conto di queste linee orientative nella certezza che, vivendo evangelicamente la dimensione economica, possiamo ritrovare nuo-vo slancio apostolico per continuare la missione nel mondo, secondo i principi della gratuità, fra-ternità e giustizia..

Suor Carmen Noemí Cuttier

L Il 2 di agosto u.s. è stato pubblicato il docu-mento “Linee orientative per la gestio-ne dei beni negli Istituti di Vita Consa-

crata e nelle Società di vita apostolica”. Nel documento sono offerti suggerimenti utili alla riorganizzazione degli enti ecclesiastici, indican-do ai Responsabili ai vari livelli gli elementi fon-damentali di gestione delle opere. Queste linee guide costituiscono per noi religiosi un grande aiuto per poter rispondere, con rinnovata au-dacia e profezia, alle sfide del nostro tempo e per continuare a svolgere la nostra missione nel mondo. La gestione dei beni è intimamente collegata con lo stile di vita povero e austero, secondo il carisma proprio di ogni Istituto che si concretiz-za nel voto di povertà o del vivere sine proprio. La grande sfida: efficienza o efficacia? Do-manda provocatoria e, nello stesso tempo, in-vitante! Oggi più che mai viene chiesto a noi consacrati di mettere insieme una perfetta e qualificata organizzazione senza dimenticare quella “parte migliore” che il Signore ha loda-to in Maria di Betania (Lc 10,38-42), in confron-to alla troppo affaccendata sorella, difendendo una “amministrazione spirituale”, e cioè una amministrazione che tenga conto dei bisogni della Chiesa e dei più poveri. La carità presup-pone la giustizia perché la prima carità, la prima prova d’amore verso il prossimo è proprio quella di usargli giustizia, di compiere prima di tutto e completamente il nostro dovere di stretta giusti-zia e di rispettare integralmente i diritti. Il progetto missionario di ogni Istituto, da una parte, nasce dall’azione carismatica suscitata dallo Spirito Santo e, dall’altra, da una grande fiducia nella Provvidenza. Il nostro Fondatore, il Servo di Dio don Antonio Provolo, ha attiva-to il progetto di carità verso i sordomuti senza grandi risorse, in atteggiamento di filiale abban-

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CHIESA MAESTRA E MADRE

NEL SILENZIO ASSORDANTEil male si è scatenato

ne “date in spose” ai guerriglieri. Per non parlare di crocifissioni, stupri, decapitazioni e tutto un macabro armamentario all’insegna della peg-giore disumanità. Con in più, rispetto al passa-to, una esibita documentazione sul web di una gran quantità di tali efferatezze. «Si sono aperte le porte dell’inferno e sono usciti tutti i diavoli. Il maligno si è scatenato», ha affermato icastica-mente mons. Shlemon Warduni, vescovo ausi-liare di Babilonia dei Caldei.L’intento di queste forze jihadiste, dopo aver restaurato il califfato comandato da Abu Bakr al-Baghdadi, consiste nell’attuare un piano di pulizia etnica volto alla costituzione di uno stato islamico, una grande area sunnita senza fron-tiere e incurante delle norme del diritto interna-zionale. Un ritorno allo stile dell’islam degli inizi, ottenuto peraltro attraverso armi ultramoderne finanziate dalle ricche famiglie dei paesi del Gol-fo. E mentre scriviamo tutti aspettano di vedere come si muoverà l’Onu e prima ancora gli Stati Uniti.Il Papa, sull’aereo che lo riportava a Roma dal viaggio apostolico in Corea del Sud, risponden-do alla domanda di un giornalista, ha afferma-to: «Dove c’è un’aggressione ingiusta (…) è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo

Chissà se stiamo davvero entrati nella Ter-za Guerra mondiale, sia pure a capitoli, considerando quanti sono nel mondo gli

scenari di guerra più o meno conosciuti, più o meno coperti da un’informazione che si vorreb-be globale ma così non è. Sta di fatto che quan-to accaduto nel cuore dell’estate in Iraq con gli efferati attacchi delle milizie dell’Isis (lo Stato islamico dell’Iraq e della Grande Siria) contro cri-stiani, yazidi (comunità religiosa preislamica di matrice zoroastriana), sciiti e sunniti moderati ha

richiamato alla memoria quanto a crudeltà ciò che sinora si era letto sui libri di storia riguardo alle invasioni barbariche o, nel secolo scorso, circa le pratiche utilizzate dai nazisti nei campi di concentramento. Città come Mosul (l’antica Ninive) e Qaraqosh conqui-state dagli uomini in nero. Le case dei cristiani marchiate con una N (iniziale di Nasrani, nazareno) e i fedeli di altre religioni costretti a convertirsi all’islam; a fuggire soprattutto al nord, nel Kur-distan, dove si trovano centinaia di mi-gliaia di profughi; oppure a pagare una tassa, la jizya, riconoscendo in questa maniera di essere cittadini di serie B.E poi fucilazioni di uomini dopo pro-cessi men che sommari, rapimento di donne vendute come schiave, ragazzi-

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NEL SILENZIO ASSORDANTE il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fer-mare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbia-mo anche avere memoria! Quante volte, con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e han-no fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata l’idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere, dire: “È un aggressore ingiu-sto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?”. Soltanto questo, niente di più».In attesa di vedere come evolverà la dramma-tica situazione, tra le tante considerazioni che si possono fare, due si impongono. Anzitutto il fatto che tra i miliziani dell’Isis si trovino arruola-te anche centinaia, forse qualche mi-gliaio di persone provenienti da pa-esi europei. Proba-bilmente immigrati – da soli o con le rispettive famiglie – da paesi islamici, ma non è da esclu-dere che abbiano fatto proseliti an-che tra i giovani ni-chilisti continentali. Ed è un segnale preoccupante sia pensare che vi possano essere nelle principali metropoli europee luoghi e cellule dove viene recepita, alimentata e finanziata la jihad islami-ca, sia constatare il fallimento di un’Europa che non è stata in grado di offrire alternative forti e valide a questi giovani. Li ha arricchiti, ha for-nito loro istruzione e conoscenza tecnologica ma sul piano degli ideali non è riuscita a fare breccia nei loro cuori, induritisi in un fondamen-talismo barbaro. Queste presenze confermano una volta di più il fallimento di quel multicultu-ralismo che anziché integrare gli immigrati nella nuova realtà, li ha lasciati “nel loro brodo”, fe-deli ai propri valori, alle proprie tradizioni (a co-minciare dalla lingua) e ai propri principi. Non

CHIESA MAESTRA E MADRE

che queste cose siano in sé negati-ve o che si voglia costringere una per-sona a rinunciare alla propria identità. Ma in questo modo si sono create delle entità, dei gruppi nazionali semplicemente affiancati gli uni agli altri ma non comunicanti tra loro e neppure con il ceppo sul quale si sono inseriti. Questo è molto evidente nel Regno Unito, in primis a Londra. Ma preoccupa pure l’assordante silenzio dell’i-slam moderato, se mai è esistito. Certo, qualche reazione c’è stata, anche nel nostro Paese, da parte di personalità religiose del mondo islami-co o semplicemente di fede musulmana, che hanno preso le distanze senza se e senza ma dagli assassini dell’Isis, ma mancano gesti con-creti e soprattutto l’assunzione di responsabilità da parte di quegli Stati arabi – Arabia Saudita

e Qatar in primis – che con una mano fanno affari con l’Occidente e con l’altra finanzia-no la jihad più estre-mista e radicale. Con grande lucidità il filo-sofo francese Bernard Henry Lévy sul Corrie-re della Sera del 20 agosto ammoniva: “O i sostenitori dell’Islam tollerante e moderato sconfessano e combat-tono i khmer verdi del Levante: oppure non

ne hanno il coraggio e la mistica dell’Umma (la comunità islamica, ndr) prevarrà sull’amore per la vita e la propria sopravvivenza e andranno diritti alla guerra di civiltà che quei barbari han-no dichiarato, e di cui le loro donne, i loro figli ed essi stessi saranno, dopo i cristiani, il prossi-mo bersaglio”. Nel frattempo i cristiani in quelle zone non ci saranno più e nemmeno i nostri simboli (chiese, crocifissi, statue di santi…) già ora, peraltro, abbattuti e distrutti.La speranza è che “il diavolo torni all’inferno” e la pace e la concordia possano avere la meglio. A noi non resta che invocare da Dio questi doni inestimabili.

Alberto Margoni

Affermava S. Pio da Pietrelcina che “il cuore buono è sempre forte, soffre, ma cela le sue lacrime e si consola sacrifi-

candosi per il prossimo e per Dio”.Così era anche il “bel cuore” di don Antonio Provolo: bello, buono e forte!«La fortezza – è scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica – assi-cura la fermezza nelle difficoltà e la costanza nella ricerca del bene, giungendo fino alla capacità dell’eventuale sacrificio della propria vita per una giusta causa». Dunque la for-tezza genera fermezza nelle difficoltà e co-stanza nella ricerca del bene. Due binari sui quali sempre camminò il Provolo. Afferma uno dei periti teologi: «Il Servo di Dio viveva la sua vocazione sacer-dotale con grande entusiasmo ed esemplare fortezza. Sorprendono le proporzioni delle at-tività svolte nei soli 41 anni di vita. Le sue scel-te non erano diplomatiche, ma ispirate solo alla volontà di Dio». Se analizziamo la breve

vita del Provolo, possiamo notare come, fin dagli inizi, egli esercitò meravigliosamente questa virtù. Fu forte, fin da giovanissimo, nel tener fede alla sua vocazione nonostan-

te l’energica opposizione del padre. Ugual fermezza il giovane dimostrò quan-do scelse di cantare solo e sempre per il Signore. Ri-fiutò l’offerta a Padova di una rimunerativa carriera di maestro di Cappella e compensi allettanti. Scrive il Maestrelli che don Friso-ni, suo direttore spirituale, gli aveva raccomandato di cantare solo nella sua chie-sa e in nessun altro luogo. Il buon Provolo, “a lui do-cilissimo, non ne violò mai la proibizione” a costo di patir la fame. Fu davvero eroico nella fedeltà alla propria vocazione. Cele-

bre la sua affermazione: «Io non posso, non debbo, non voglio» mutar vocazione, perché le vocazioni vengono da Dio. Sentiva chiara la chiamata del Signore e vedeva ancor più chiara la via da seguire. Ma è soprattutto nella cura dei sordomuti che egli dimostrò eccezionale fortezza. Diceva

ALLE FONTI DEL CARISMA

DON ANTONIO PROVOLO:“il prete dal bel cuore” … e forte

La fortezza era una virtù che accampava nel bel cuore di don Provolo e che egli esercitò in modo eroico nella fede, profonda e costante, nella

fedeltà alla vocazione, nella passione per la ricerca scientifica, nell’operosa carità, nella speranza vigorosa e ferma.

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sempre che ci vuol “tempo, fatica, pazienza” e lungo esercizio nella difficile didattica diret-ta ai sordi, ma non si arrese mai, perfezionan-do sempre più, con geniali ed originali inno-vazioni, il metodo orale o tedesco che aveva adottato ufficialmente nella sua scuola.Anche per quanto riguarda l’insegna-mento del canto ai sordomuti, che aveva molteplici valenze, sperare di migliorare la metodologia didattica non era follia se-condo il Provolo. Fu forte in questa sua consape-volezza scientifica. Ce-lebri le sue parole: “Mi-sericordia del Signore, andavo io dicendo fra me, che vocazione è la mia? Meglio sarebbe abbandonar l’impresa di farli [i sordomuti] cantare di quello di in-sistervi senza profitto e con molto danno. Ma ricordandomi quel det-to dell’immortale Po-eta Mantovano: labor omnia vicit improbus, diceva a me stesso: per altro una strada ci deve essere che conduce allo scopo desiderato. Bisogna dunque cer-carla perché ci deve essere. Ma come? Ma quale sarà essa mai?”.Ed egli la cercò, con costanza, fermezza, pazienza. E’ dovero-so sottolineare questo aspetto della sua for-tezza anche nella ricer-ca scientifica. Sentiva che avrebbe “trovato” cercando e non si affievolì mai in lui l’entu-siasmo e la passione per la ricerca scientifica.Nella sua salda vocazione e, quindi, nel Si-gnore egli trovò sempre la forza per superare ogni ostacolo. Non indugiò, non tentennò, non si fermò mai. Perché la sua fortezza è

sì una grazia donata ma anche un impegno personale, fatto di re-sponsabilità, coerenza, serietà, decisio-ne, scelta libera. Il Carbonieri, autore di una biografia di don Provolo, scrisse che egli studiava i libri

dei più valenti insegnanti dei sordomuti: “Ne studiava il contenuto; cose che

esigevano una lunga pazienza e noia sì nell’apprenderle, come

nell’inspirarle per pratica nel-la mente altrui. Non perciò

si rallentò il coraggio nella sua impresa, che anzi in-fondeva negli infelici un nuovo linguaggio, ed essi stranieri quasi in seno della loro patria, anzi abbietti e dimen-ticati, risorgevano per dire così a nuova vita”. Forte nella sua convin-zione scientifica, verifi-cata anche sugli studi di valenti scienziati dell’e-poca, la difese sempre non tanto con le paro-le, ma con i fatti, dimo-strando pubblicamente, tramite i pubblici saggi che i sordomuti educati nella sua scuola teneva-no, i mirabili effetti del suo metodoNon era certo leggera neppure la scuola sera-le che egli aprì per gli ortolanelli e artigianelli, ma il Provolo, convinto dei benefici che avreb-be portato a questi stan-chi giovani questa scuo-

la, fu fermo nel volerla portare avanti, a costo di tante fatiche e pesanti sacrifici. La sua risposta al Signore fu sempre, e usia-mo le sue parole, “pronta, allegra, costante”, perché nel seguire la volontà di Dio era la sua pace, la sua gioia. Gli bastava guardare il Cro-cifisso per essere perseverante e paziente.

ALLE FONTI DEL CARISMA

“il prete dal bel cuore” … e forte

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ALLE FONTI DEL CARISMA

E a chi chiedeva aiuto per essere forte? A Maria. “Aiutatemi, la implorava,

affinché impari dalla vostra eroica fortezza a seguitar da vicino Gesù nelle avversità e nelle

contraddizioni con amore costante”. La implorava perché lo aiutasse a seguire la volontà di Dio. Que-

sto fu il suo unico e preciso obiettivo, la “bussola” del suo orientamento di vita. “In tutte le grazie che si devono domandare, egli affermava, ogni giorno non può mancare l’unifor-mità alla volontà di Dio” . Insegnava che nulla è più importante nella vita che conformarsi alla volontà divina, specie nelle prove e nelle sofferenze. Diceva ai giovani dell’Oratorio in un’omelia: “Stasera son venuto ad insegnarvi un mezzo per cui voi riceve-rete le tribolazioni non solo con rassegnazione, ma con allegrezza e con grandissimo diletto. E qual è mai? La conformità alla volontà di Dio”: questa è la santità.Don Provolo fu forte sempre perché seppe giorno per giorno uniformarsi alla volontà di Dio.Un’ultima sottolineatura: l’aggettivo “forte” deriva dal latino “fortis”, da un ampliamento dell’antica ra-dice DHER, che è la stessa alla base dell’aggettivo “fermo”, del verbo “ferruminare” (saldare a fuoco) e del sostantivo “fornice” (arco). Esprime quindi la solidità e la stabilità della fusione nell’unione, della sicura radicalità delle fondamenta portanti, tetrago-ne ad ogni avversità contrastante.Don Provolo esercitò in modo eroico la virtù della fortezza: era forte perché la sua vocazione aveva profonde “fondamenta” nel Signore ed egli rinsal-dava, ogni giorno, con il fuoco dell’amore l’intima unione con Lui per donare così il suo bel cuore tutto a tutti.

Maria Palma Pelloso

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QUALITA’sinonimo di trasformazione e di crescita

SGUARDO IN PROFONDITà Sono ormai numerosi gli Istituti Religiosi

che, in questo ultimo periodo, stanno attivando il programma di Qualità e Au-

dit interno non solo nelle aree scolastiche, ma estendendolo anche alle altre attività che interessano il loro mondo, con partico-lare riferimento al settore socio-assistenziale.L’adozione del Sistema di Qualità com-porta la necessità di armonizzare il sistema educativo-formativo-socio-assistenziale con quello della qualità aziendale fina-lizzandolo ad una migliore gestione e organizzazione delle attività afferenti alle sin-gole aree.Tutto ciò permetterà, a regi-me, di superare l’iniziale diffi-denza implicita nella mission degli istituti religiosi ai quali, il sistema ester-no, sta imponendo una prospettiva azienda-listica per il notevole incremento della mole di lavoro legato alla predisposizione di una massiccia quantità di procedure nazionali e/o regionali da ottemperare.Altresì contribuisce ad un aumento del livello qualitativo dell’erogazione dei servizi erogati dagli Istituti Religiosi.Lo sviluppo e la diffusione della cultura della qualità sono divenuti imprescindibili per tutte quelle organizzazioni che vedono nella qua-

lità la possibilità di operare in modo più effi-cace ed efficiente; non deve essere statico, ma mutevole ad evolversi con il passare del tempo e con il mutare del mercato e delle esigenze del sistema.Negli Istituti Paritari, il  sistema qualità è inteso come elemento trasversale alla programma-

zione e non è più definito genericamente. Viene riferito alle singole compo-

nenti:  qualità dell’organizza-zione, qualità delle persone,

qualità delle relazioni uma-ne, qualità del lavoro, quali-tà dei processi, qualità della didattica, la somma delle quali porta alla qualità del

Sistema Scuola, presupposto imprescindibile della qualità

del Sistema-Paese.Alla base di tutto si deve porre la

qualità delle risorse umane, perché le capa-cità di ogni essere umano, opportunamen-te stimolate e sviluppate, sono il patrimonio più importante perché tutta l’organizzazione possa migliorare e crescere continuamente. Gli istituti religiosi, nelle modalità di realizza-zione delle finalità istituzionali attribuite al sistema scolastico e formativo, devono avere una visione chiara del proprio ruolo e dei rapporti con le componenti ambientali. De-vono quindi avere la capacità di recepire e

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SGUARDO IN PROFONDITà

valutare le richieste e gli stimoli di cui sono fatti segno, di comprendere le necessità dell’utenza e i suoi bisogni anche inespressi.Le aree di responsabilità della scuola sono molteplici: la scuola è un’istituzione educati-va e lo specifico modo con il quale essa con-tribuisce al processo educativo degli utenti consiste nell’istruirli.La funzione educativa è in co-responsabilità fra più soggetti, ciascuno dei quali contribu-isce con il proprio sapere che trasmette agli utenti. Per vizio di forma è diffusa la convinzione che la scuola sia responsabile dell’appren-dimento e della crescita dei propri utenti e, conseguentemente, se gli alunni imparano o no; se diventano bravi cittadini o no, il me-rito o la colpa è della scuola.Questo ragionamento è scorretto perché il-logico: nessun operatore scolastico è, corret-tamente, disposto a considerare accettabile questa logica perché contano le caratteri-stiche personali degli scolari, l’ambiente in cui vivono, le sollecitazioni cui sono esposti. Quei risultati vanno considerati come indica-tori di performance dell’intero sistema socia-le. La vera responsabilità della scuola consiste nell’insegnare bene, cioè forni- r e agli alunni un servizio di qualità. Le qualità del servizio è il terreno su cui chiedere sistema-ticamente, in modo strutturato e stru-mentato, alla scuo-la di rispondere all’uso delle risorse ad essa assegnate.Il sistema qualità con-

tribuisce a far si che tale percorso sia mo-nitorato. E’ etica, è qualcosa che riguarda le persone, i comportamenti, la cultura, cioè quegli elementi che non possono essere né copiati né certificati.La qualità è uno degli strumenti principe per il management e ogni buon manager, reli-gioso o laico, dovrebbe conoscerne a fondo i principi e utilizzarli per trasmettere ai pro-pri collaboratori una maggiore attenzione ai bisogni degli utenti, per sviluppare una coscienza di prevenzione e per aggiungere

valore alle proprie attività.“La Qualità è una vera e propria

trasformazione del modo in cui facciamo le cose, del modo in cui pensiamo, del modo in cui lavoriamo insieme e, dei no-stri valori”

(Peter Senge)

Dott.ssa Bianca Maria FaniniResponsabile Controllo di Gestione

Ed Audit Qualità_Enti non profit

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Consacrata in perpetuo

E’ noto a tutti noi il racconto evangeli-co di Luca: Gesù che appare ai due discepoli di Emmaus. I contenuti del

racconto hanno un particolare significato per la vita consacrata. Ogni religiosa deve far propria la chiamata a essere viandante

e pellegrina, per riba-dire, anzi, per testimo-niare che, sulla strada avventurosa della vita, l’uomo non è mai solo: c’è sempre un Dio pel-legrino che viaggia al suo fianco e non si dà pace fin tanto che sulla terra ci sarà qualcuno dal volto triste da sal-vare. Suor Maria Eugenia Giusto, lungo il cam-mino della sua giova-ne vita, è stata toccata

dalla presenza misteriosa del Divino Viandante. Attraverso un itinerario pedagogico, di una maieutica lenta ma salvi-fica, per la mediazione di uno che l’ha guidata con sapienza, con discrezione e persino con amicizia, è arrivata a pronun-ciare il suo “SÍ” in perpetuo tra le Suore della Compagnia di Maria e a servizio di Dio e dei fratelli sordi e bisognosi.Suor Maria Eugenia si è lascia-ta infiammare il cuore dal Divi-

no Viandante per far sì che il suo cuore batta all’unisono con Lui, per sentire, compatire e amare in Lui. Con la professione perpetua, emessa il 2 febbraio u.s., festa della Presen-tazione del Bambino Gesù al Tempio, nella parrocchia di Virgen de Lourdes di Buenos Aires, suor Maria Eugenia è diventata torcia vivente a lode di Cristo risorto perché è Lui e Lui solo l’unica felicità della sua vita. Tutte le consorelle della Congregazione spar-se nei diversi paesi, l’hanno accompagnata spiritualmente in questo giorno solenne e hanno assicurato il costante ricordo orante affinché la neoprofessa si mantenga fedele alle sue promesse tutti i giorni della sua vita. Riportiamo qui le sue parole in questo giorno solenne : “Doy gracias a Dios por el don de la Vocación y por haberme llamado a estar siempre con Él, le pido que colme de gracias y bendiciones a toda mi fa-milia, los amigos, las hermanas y los sa-cerdotes que siempre me acompañaron en mi camino y me brindaron su ayuda cuando más lo necesite”.

AFFASCINATI DAL VOLTO del Divino Viandante

IN COLLEGAMENTO

Chiesa di Santa Maria del Pianto, in Verona; è stata un canto di lode e di rin-graziamento per quello che il Signore ha opera-to in Lui. Particolarmente signi-ficativo e carico di af-fetto e riconoscenza è stato il momento in cui

il novello sacer-dote si è rivolto alla mamma per ringraziarla per il dono della vita e per il sostegno spirituale e il co-stante incorag-giamento nel cammino intra-preso. Il nostro migliore augurio che il suo servizio ministeriale porti le anime a Dio e Dio alle ani-me, così come lo voleva il nostro Padre Fondato-re don Antonio Provolo.

La redazione

AFFASCINATI DAL VOLTO

IN COLLEGAMENTO

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Sacerdote per sempre.

Sabato 24 maggio u.s. per l’imposizione delle mani di S. Eccellenza Mons. Giuseppe

Zenti, Rafael Ramón Amarilla, fi-glio spirituale del Servo di Dio don Antonio Provolo, è stato ordinato sacerdote per sempre a servizio della Chiesa e secondo il carisma specifico dei Padri della Compa-gnia di Maria per l’educa-zione dei sordomuti. Padre Rafael Ramón, di nazionalità argentina, ma di origine paraguaiana, ha iniziato il suo cammino di formazione nel Semina-rio minore “Santa Maria” di Encarnación (Paraguay) dove ha concluso la scuo-la secondaria. Nel 2003 è entrato nella Compagnia di Maria nella città di La Plata (Argentina). Il sacrificio, le fatiche, il costante impegno, il sostegno dei suoi cari, della sua comu-nità religiosa e di tut-te le persone che lo hanno accompagna-to nel suo cammino di formazione verso il presbiterato, han-no portato questo nostro confratello a concludere il suo percorso formativo presso lo Studio Te-ologico San Zeno di Verona. La prima solenne messa è stata cele-brata da Padre Rafa-el Ramon domenica 25 maggio u.s. nella

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60° di Professione religiosa

Credo che ricorderò per sempre la festa che mi è stata fat-

ta il 16 settembre scorso per ricordare i 60 anni della mia vita religiosa. In chiesa mi sembrava di essere come in una Cattedrale. C’era un bel numero di sacerdoti concelebranti, tutte le Suore, alcuni miei pa-renti e molte persone amiche. e’ stato sotto-lineato più volte il va-lore della vita consacrata e donata a Cristo per il bene dei fratelli più bisognosi. le parole della Madre generale prima dell’omelia non potevano essere più con-sone. Credetemi: mi sono sentita carica di una forza interiore, con la voglia di conti-nuare nella vita intrapresa fino a quando il Signore vorrà. ringrazio tutti i partecipanti

GIOIA CHE NASCEdalla donazione e dai semplici gesti

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e il coro che ha animato la liturgia, ringra-zio i parenti, la mia Madre e Consorelle per la loro presenza. a tutti assicuro un pensie-ro nella preghiera. Infine vorrei dire a tutti i giovani: se il Signore vi chiama, seguitelo, farete un’esperienza di un amore che ap-paga e non finisce mai.

Suor Felicita CampedelliCasa Madre- Verona

La gioia di donare

Con riconoscenza grande diciamo un GraZIe ai bambini, ai genitori e al personale della scuola dell’Infanzia

“Sacro Cuore” di Fara vicentino perché da anni, a Natale, ci donano i giochi per i no-stri alunni in difficoltà. e’ una gioia andar a prendere questi doni perché insegnanti

pietro, le tombe dei papi, i giardini vaticani e abbiamo conosciuto la casa Santa Marta dove vive il papa. Una giornata come que-sta meritava essere ricordata, perciò ognu-na di noi si è comperata un souvenir da portarsi a casa. Dobbiamo ringraziare don

paolo che ci ha fornito i bigliet-ti per l’udien-za; Don renzo che ci ha por-tato per una via preferen-ziale a visita-re gli angoli più belli del Vaticano. Il nostro gra-zie partico-lare va a tutti coloro che hanno fatto possi-

bile questa bella esperienza. a Claudio Santin, il nostro autista di ecce-zione, va la nostra speciale gratitudine. Ci auguriamo di vivere un’altra volta giornate speciali come questa.

Federica, Livia, Elisabetta, Maria, Graziella e Colette

e bambini sono carichi di entusiasmo e di bontà. la nostra preghiera sale al Si-gnore perché ricompensi famiglie e personale del-la scuola. ringraziamo dell’amicizia scambievole e auguriamo tanto bene.

Suor Felicita e alunni della Scuola Fortunata Gresner

di Verona

Giornata speciale

Noi ragazze, ospiti dalle Suore, da tempo avevamo un desiderio, cioè andare a roma. Il nostro sogno si

è avverato lo scorso 3 settembre. Siamo partite di buon mattino, accompagnate da Madre Maria luisa e Suor amada. Siamo arrivate in piazza san pietro verso le 8.00 e siamo andate subito a prenderci il posto, pronte ad accogliere il papa con il cartellone che noi stesse ab-biamo prepa-rato per l’occa-sione. eravamo emozionatissi-me. Con gioia abbiamo senti-to le parole di papa Francesco; ci sembrava un sogno, perché l’appuntamento con la catechesi del Santo lo abbiamo vissuto direttamente, non più attraverso la televi-sione, come eravamo solite fare ogni mer-coledì. Dopo l’udienza, l’emozione è con-tinuata. abbiamo visitato la Basilica di San

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Progetto di volontariato

Quest’anno, a noi, ragazzi della clas-se quarta linguistico “Alle Stimate”, è stata offerta una nuova opportuni-

tà: partecipare ad un progetto di volontaria-to. Così Giulia, Mattia, Andrea, Alice e io ab-biamo preso parte al volontariato organizzato dall’Istituto Gresner. I principali motivi che ci hanno spinto a partecipare sono stati la cu-riosità, ma soprattutto il desiderio di provare a mettere da parte noi stessi per aiutare gli altri, pur sapendo che avrebbe potuto essere impegnativo.Una volta visitato il posto, abbiamo iniziato la nostra “avventura”. Mattia, Andrea e Alice avevano deciso di svolgere due ore il merco-ledì, mentre Giulia e io il venerdì. Inizial-mente non tutti si sentivano proprio all’al-tezza del compito, me compresa. Invece non è stata dura: giorno per giorno ci affezionavamo di più ai bambini e così loro a noi. “Mi si è aperto un mondo tutto nuovo e ho potuto toccare con mano una nuova realtà di cui

ero al corrente ma con la quale non ero anco-ra entrata in contatto” - ha affermato Giulia. Si instaurava passo dopo passo un legame più forte, e come ricompensa: i loro bellissimi sorrisi. Penso non esista soddisfazione miglio-re. Grazie alla loro semplicità tutto il compito è diventato più facile e piacevole tanto che, arrivato l’ultimo giorno nessuno se ne voleva andare.Penso di non esagerare, se dico che ricorde-remo tutti questa esperienza per sempre. Ha segnato parte della nostra vita e tutti i bimbi, nel loro piccolo, ci hanno insegnato tanto. Ci hanno insegnato che i veri problemi della vita non sono quelli per cui spesso noi, soprattut-to ragazzi, ci lamentiamo. “Ciò che affrontia-mo noi non è niente in confronto a quello

che questi bambini affron-tano ogni giorno. Ep-pure non di-sprezzano la loro vita, ma

vanno avanti sempre con il sorriso” - ha detto Andrea. E penso sia que-

sta la cosa più importante. Ci hanno, inoltre, insegnato ad ap-prezzare maggior-mente la semplici-

tà delle cose, quella che non tutti notano facilmente. Quanto dei piccoli gesti possano riempirci il cuore o cambiarci completamente la giorna-

ESPERIENZA DEL DONOe scuola di vita

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Ci è caro, attraverso questa rivista, ringraziare il Signore per il dono della sua presenza tra noi e ricordare, con somma gratitudine, la sua profon-da dedizione nello svolgere puntualmente la sua opera di volontariato presso il nostro Centro Scolastico “F. Gresner”. Suore, perso-nale laico, ragazzi e bambini, lo ricordano come padre amorevole, prezioso, persona corretta, precisa, sensibile e sempre disponi-bile a dare con tanta serenità. Insieme a Bruno abbiamo condiviso ideali, spirito e missione; siamo cresciuti nella scuola dell’amore, attraverso l’esperienza del dono gratuito. È proprio vero: la felicità è nel bene che si fa, nella gioia che si diffonde, nel sorri-so che si fa fiorire e nelle lacrime che si asciu-gano. La Madre Maria Luisa, il giorno del suo fune-rale, si rivolgeva a lui con queste parole: “Non mancava la tua affettuosa carezza ai più pic-coli quando piangevano o ai più bisognosi di attenzione perché impossibilitati a camminare e a parlare, ma che dai loro sguardi si intrav-vedeva il piacere di essere al centro del tuo cuore; per i ragazzi che sostavano in portine-ria avevi sempre uno sguardo di attenzione e una parola di esortazione paterna capace di conquistarli e renderli sensibili e rispettosi del bene comune”. Il nostro carissimo Bruno ci ha lasciato una grande eredità: il suo farsi dono. Lui aveva capito che «se tutto ci è stato donato, tutto dev’essere ridonato», perché ha lasciato che

lo Spirito Santo fac-cia di lui un dono per gli altri. Lo Spiri-to è dono per noi e noi, con la forza del-lo Spirito, dobbiamo essere dono per gli atri; che ci faccia diventare strumenti di accoglienza, di riconciliazione e di perdono.

ta. E dicendo questo, parlo a nome di tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di calarci in questa realtà ed apprendere da essa.Tutti siamo rimasti colpiti. Giulia ha definito i bimbi “piccole creature, ma con un animo e una grande forza”. “Con una semplice risa-ta o tramite l’entusiasmo riescono a renderti felice, e questo è un dono che pochi possie-dono” - ha affermato, invece, Marta. “Un ab-braccio o un ti voglio bene di questi bimbi sono più sinceri di quelli delle persone che ci circondano” - ha detto Andrea. Io ho preferito definire il tutto come un grande faro che ha illuminato la mia coscienza e mi ha permesso di osservare la realtà con occhi diversi. Tutti ci auguriamo di ripetere l’esperienza il prossimo anno. Quindi, oltre i bimbi, ringraziamo tutti coloro che l’hanno resa possibile: le maestre, Padre Simone e Suor Catalina. Grazie di cuore da tutti noi.

Claudia

Ricordo vivo di una vita donata a servizio dei piccoli

Se ne andato quest’e-state il nostro nonno buono e caro Bruno

Breda. Era bello rivederlo al mattino, puntualmente seduto dietro al bancone, pronto ad aprire ai piccoli la porta con il suo cordiale saluto e il suo sorriso since-ro, era per tutti una spinta per iniziare un nuovo gior-no con gioia.

VITA NELLE MISSIONI

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MISSIONARIAcon un grande cuore di mamma

Il vangelo di Marco (2,14) ci narra la chia-mata di Levi. L’invito di Gesù, quel Seguimi!, ha toccato il cuore di una grande suora

missionaria della Compagnia di Maria; una fi-glia spirituale del Provolo che seguì Gesù fino ai confini del mondo, fino in terra argentina, quella di Papa Bergoglio. Stiamo parlando di Suor Giancarla Dal Bosco Eibaner, originaria di Giazza, dov’era nata il 18 ottobre 1936 e dove era cresciuta fino all’età di 13 anni. Da quello che ci raccontano Pietro e Bruna, sorella di suor Giancarla, l’11 aprile 1950 era-no partite da Giazza una deci-na di ragazze cu-riose di fare espe-rienza fra le Suore della Compagnia di Maria di don Antonio Provolo a Verona. Tra queste l’unica a restare tra le suore fu la gio-vane Maria Teresa, che diventerà poi suor Giancarla. A 19 anni, ella di-ventò la sposa di Gesù, e, fedele e pronta ad ogni di- segno divino, un anno dopo aver abbracciato la vita religiosa, partì sulla nave con altre quattro consorelle destinate a far parte delle comunità di La Pla-ta e di Buenos Aires, dove la Congregazione aveva aperto due Istituti per l’assistenza e l’i-struzione dei bambini e delle bambine sordo-

mute. “Partire è un po’ morire”, dice una frase po-polare. Lo scoglio più difficile che suor Gian-carla ha dovuto superare fu la presa di posi-zione del padre, contrario alla sua partenza. A pensarci bene, era comprensibile che un padre non volesse che una figlia così giova-ne si allontanasse da Verona. Era già tanta la distanza tra la città di Verona e Giazza ed immaginare la figlia oltreoceano era

molto più difficile. Ma suor Giancarla era molto determinata, sape-va di aver donato al Signore tutta la sua vita; sapeva che “accogliere i bambini” era “acco-gliere Gesù”. A Giazza finché era in famiglia parlava il cim-bro con i fratelli, l’italiano l’ha imparata a scuola, lo spagnolo in Argentina. Si direbbe

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VITA NELLE MISSIONI

Sarebbe rientrata a Verona quest’anno, ma il Signore l’ha chia-mata a sé, proprio il giorno dell’Assun-ta. Lei, devotissima della Madonna, non poteva che ricevere questo bel regalo: an-dare a celebrare questa grande solennità in cielo, insieme a tutti coloro che ha amato: genitori, parenti, don Provolo e Madre Fortu-nata Gresner e tutte le consorelle che l’hanno preceduta. Suor Giancarla è stata una grande sorella e una grande mamma per tanti bambini e ra-gazzi sordi, non ha mai pensato a una carrie-ra per sé, sempre gioviale e affabile, anche molto scherzosa e per questo simpatica. Suore, docenti, alunni, exalunni, amici e col-laboratori dell’Istituto Antonio Provolo di Bue-nos Aires le hanno dato l’ultimo saluto nella cappella della comunità religiosa, per poi ac-compa- gnarla nel cimitero

di Buenos Aires, nella terra che l’ha accolta giovane suora e per la quale

ha donato tutta la sua vita.

che suor Giancarla ha avuto il dono delle lin-gue, così come l’hanno avuta i primi disce-poli. Per iniziare la missione educativa nell’Isti-tuto A. Provolo, ha dovuto intraprendere gli studi superiori; nel 1965 si diplomò come ma-estra e subito cominciò la sua didattica nella didattica e nell’assistenza, prima a La Plata e poi a Buenos Aires. La sua vita era completa-mente a servizio delle bambine sordomute, per loro intraprendeva ogni iniziativa volta a dare il meglio che poteva. Parecchie sono le persone che testimoniano che Suor Giancarla aveva un carisma speciale, particolarmente uno: quello dell’organizzazione. Ovunque andava era accolta con amore e rispetto, dal-le case più umili agli uffici più importanti della capitale argentina. Con il cardinale Jorge Maria Bergoglio, oggi papa Francesco, suor Giancarla aveva stabilito un rappor-to di amicizia particolare; spesso Lui era ospite gra-dito dell’Istituto, dove si sentiva come in casa, tan-to che un tempo divenne anche padre spirituale delle Suore della comunità.

GIOVANNI TURAZZAdi anni 91

Ha concluso il suo pellegrinaggio terreno il 03.09.2014 dopo una lunga vita dedicata con amore alla famiglia, senza risparmiare per essa sacrifici, fatiche e sofferenze.Sapeva offrire momenti di volontariato alla comunità religiosa dove risiedeva sua sorel-la suora.Suor Renza sorella di Giovanni ringrazia tut-ti coloro che hanno pregato e partecipato al suo lutto e al dolore dell’intera famiglia Turazza.

SUOR ADELINA CALDANA (Marta)

. Vigasio (VR) 27.11.1931+ Negrar (VR) 21.10.2014

La scelta di Suor Adelina per la Vita Consacrata è stata una risposta piena e fiduciosa al progetto di Dio su di lei. Suor Adelina ha trovato in Cristo Gesù: povero – casto - obbediente, la sua piena realizzazione di Sposa e Madre. Il suo fidarsi di Lui l’ha sovrabbondato di grazie e favori, rendendola sorella e madre di quella parte di umanità che necessitava di una speciale e carismatica dedizione: bambini sordi o svantaggiati. I voti religiosi sono stati per lei un cardine sicuro su cui si è appoggiata, plasmando e nutrendo la sua spiritualità in un crescen-do continuo nella gioia e nello zelo del dono di tutta te stessa. Il servizio, che ha svolto come cuoca nella Congregazione, a prima vista fa pensare non sia stato uno dei più importanti secondo la logi-ca d’oggi, invece, lei ha saputo stupire per la sua geniale volontà e responsabilità ispirate ed imbevute di Amore Divino, dimostrando a tutte le consorelle che non è tanto importante ciò che si fa, ma come lo si fa. Questo Amore l’ha sempre aiutata a superare ogni ostacolo, facendo di se stessa la donna forte, intuitiva e capace di compiere il suo servizio in cucina, che richiedeva sia la forza fisica, che non le mancava, ma anche e soprattutto la rendeva capace di tanta dedi-zione, passione e fantasia, non solo nell’offrire vivande gustose che preparava con tanta abilità, ma nel saper “condirle” con il sapore dell’amore: in questo modo non solo rallegrava il palato delle suore, ma rinvigoriva anche l’animo di tutte le consorelle. E’ stata una perso-na umile, semplice e di grande carità, una mamma come il Fondatore voleva fossero le sue figlie.Nelle diverse comunità si è distinta per le sue virtù, per la sua fedeltà e obbedienza, per la sua operosità silenziosa, ma costante ed edificante, per il suo profondo spirito di preghiera, per la sua sentita devozione alla Madonna.Negli ultimi anni, trascorsi nella malattia, non si è mai persa d’animo e non si è trovata impreparata, grazie ad un’intensa vita interiore che sa dare il giusto valore agli eventi che si presentano. Ha continuato a testimoniare il suo abbandono alla volontà di Dio con naturale atteggia-mento di accoglienza e dono delle tue sofferenze, con la stessa gene-rosità e con lo stesso amore di quando stava bene; per questo è stata un faro per le consorelle, infatti ha fatto toccare con mano che sono i piccoli e costanti gesti di amore che ci “fanno” grandi agli occhi di Dio. Ora che ha il meritato riposo, chiediamo a lei di intercedere assieme altre sorelle per la sua amata Congregazione e per i suoi familiari gra-zie e benedizioni celesti. L’amore che ha ricevuto e donato lo gode ora immensamente e per tutta l’eternità.

“Mi affido alla tua mano, Signore,

mentre mi conduci, nella notte,

verso il mattino di luce”.

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NELLA PACE DI DIO

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PADRE PIETRO FUSIPortichetto (CO) 06.01.1925+ Negrar (VR) 21.11.2014

Cosa possiamo dire di Padre Pietro noi Suore della Com-pagnia di Maria?Per noi è stato una colonna portante preziosa. Prete pie-no di fede, amante della preghiera con una spiritualità radicata nella carità.Ha saputo affrontare le difficoltà della vita con tenacia e coraggio, attraverso la capacità di vedere nella storia l’intervento di Dio. La sua missione è stata quella di stare in mezzo ai sordi per donar loro la capacità di “divenire normali con l’acquisto della parola parlata”.Quanto bene ha fatto a questa categoria di ragazzi e co-me desiderava che tutti coloro che si dedicavano a que-sta missione fossero persone cariche di amore di Dio, di umanità, di dedizione. Nutriva tanto amore per il nostro Fondatore, don Antonio Provolo, che venerava accanto al suo fondatore S. Giuseppe Calasanzio.Padre Pietro aveva un carattere forte, deciso, generoso e attivo; era dotato di profondo spirito interiore e unione con Dio. Esortava tutti a guardare sempre in alto, a non scoraggiarsi nelle varie difficoltà ma a confidare in Dio che sempre riesce a portare a compimento ogni cosa.La sua vita è sempre stata spesa a favore dell’opera dei sordi; egli non si è mai lasciato prendere dalla voglia di opere grandi, ma ovunque si trovava, ha sempre profu-so il meglio di sé. Era creativo e disponibile, ricco della saggezza di chi si affida continuamente al Signore. Padre Pietro aveva un carattere gioviale, allegro e questo lo rendeva disponibile ad avvicinare chiunque. Quando la malattia arrivò, l’accolse come dono, oro provato nel crogiolo, dal Signore, ripeteva infatti “tutto è grazia”. Possiamo dire che Padre Pietro ha avuto la gioia di essere sempre stato assistito da noi suore e abbiamo avuto l’op-portunità di accompagnarlo fino al momento della sua entrata nella beatitudine della vita eterna. Padre Pietro ci ha lasciato una testimonianza di fedeltà gioiosa alla voca-zione, di impegno ad imitare le virtù dei nostri Fondatori ed a diffondere il messaggio di amore e di dedizione a quanti accostiamo.Ora, caro Padre, prega per noi il Signore e la Vergine Santissima e, non dimenticare di donarci ancora il tuo aiuto e sostegno.

ALMA SCEVAROLI. Pressana(VR) 14.03.1930

+ Colognola ai Colli (VR) 14.06.2014

Il suo percorso di vita, confrontato con quello dei fratelli, si direbbe che è stata sfortunata per la svolta che ha su-bito da quando si è presentata la sua sordità: è da quel momento che la sua vita ha preso una direzione diversa dalla loro. Per darle il meglio, i suoi genitori hanno cer-cato una scuola adeguata alle sue reali necessità, pre-occupati per la sua crescita umana, culturale e cristiana. Durante il lungo periodo trascorso in Istituto, quella che si era considerata “sfortuna” si è trasformata in una grande opportunità di dare e ricevere amore, e lei l’ha sentita tale ogni giorno della sua vita vissuta accanto alle suore della Compagnia di Maria. Sicuramente sua sorella suor Gia-cinta, figlia spirituale del Provolo, era il suo punto di forza per lei nell’aiutarla a superare il distacco e la lontananza dai suoi familiari. Le suore, che ha avvicinato, sono testi-moni unanimi del suo impegno responsabile e assiduo e l’hanno sempre considerata sorella e apostola fra le ospiti della comunità, alle quali si è donata in un servizio costante e affettuoso per ogni loro necessità. Alma aveva un grande amore e una fervida devozione verso la Madonna; coltivava un costante atteggiamento di preghiera e con gesti concreti e silenziosi, dimostrava la sua pietà. In lei si è adempiuta ciò che il Fondatore don Antonio Provolo tanto desiderava: “portare le ani-me a Dio e Dio alle anime, anche quelle dei sordi”. La sua sordità non le ha impedito di “sentire” Dio nel suo cuore, di percepirlo come Padre buono che ama tutti. Con il linguaggio parlato ha saputo esprimere la sua fede semplice, perché aveva imparato a conoscere, amare e servire Dio. Ora, ci piace pensarla, in Paradiso godendo della visione beata del suo Creatore.

RICORDIAMOS. Eccellenza Mons. Sevelio Peralta,

vescovo di San Lorenzo (PY)Eulogia Gimènez, sorella di Suor M. Cleofe

Concepcion Navarro Duarte, nonna di suor MirtaGiuseppe Valenari, il nostro carissimo autista

Nelson Duarte, zio di suor MirtaRaffaele Romio fratello di suor Maria Giovanna

Esterina Mantovanelli, sorda convittice

NELLA PACE DI DIO

Segno Piccolo e FragileSegno piccolo e fragile, umile e silenzioso,

ma ricco della potenza di Dio,

che per amore si è fatto uomo.

Signore Gesù, con i pastori

noi ci accostiamo al tuo presepe

per contemplarti avvolto in fasce

e giacente nella mangiatoia.

O Bambino di Betlemme,

Ti adoriamo in silenzio con Maria,

tua Madre sempre Vergine.

A Te la gloria e la lode nei secoli,

divin Salvatore del mondo! Amen.

Giovanni Paolo II – Natale 2002