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R E G I O N E P U G L I A · 2015. 5. 26. · palmira volpe distretto fg/33 accadia . regione puglia assessorato pubblica istruzione c.r.s.e.c. fg/33 accadia progetto e organizzazione

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  • R E G I O N E P U G L I A ASSESSORATO PUBBLICA ISTRUZIONE

    Centro Regionale Servizi Educativi Culturali

    VOCABOLARIO DIALETTALE

    PANNESE

    a cura di

    Giovanna PROCACCINI

    Palmira VOLPE

    Distretto FG/33

    ACCADIA

  • REGIONE PUGLIA

    ASSESSORATO PUBBLICA ISTRUZIONE

    C.R.S.E.C. FG/33 ACCADIA

    PROGETTO E ORGANIZZAZIONE : Gruppo operativo CRSEC FG/33

    COORDINAMENTO EDITORIALE : Rachele MARINACCIO

    Giovanna PROCACCINI

    Palmira VOLPE

    RICERCHE, CATALOGAZIONE,

    REPERIMENTI VOCABOLI : Giovanna PROCACCINI

    COMPOSIZIONE E IMPAGINAZIONE

    ELETTRONICA DI TESTO : Palmira VOLPE

    REDAZIONE E COLLABORAZIONE

    AMMINISTRATIVA : Giovanni ANZIVINO

    Antonio DE VITTO

    Maria Donata GIOIA

    Giuseppina PATRONE

    Lucia Marta RUSSO

    CONSULENZA (revisione) DIALETTALE : Prof. Pasquale CARATÚ

    COLLABORATORI ESTERNI AL CENTRO

    COTOIA Orazio

    FRANZA Gennaro

    LOCURCIO Gerardo

    ® REGIONE PUGLIA 1999

  • Presentazione

    Il vocabolario potrebbe essere considerato una “enciclopedica” del parlato umano, del quale

    comprende le parole, la fraseologia, i proverbi e i modi di dire, che esprimono la cultura dei

    parlanti una lingua. Per la sua realizzazione occorrono molta dedizione, impegno, tempo e,

    innanzitutto, amore per il proprio paese e la propria cultura.

    Il Vocabolario Dialettale Pannese, nato da un‟idea di Giovanna Procaccini, viene

    pubblicato dopo un laborioso cammino iniziato nel 1986, che all‟apparenza è lungo, ma

    che, a ben guardare, è breve, se si considera il lavoro compiuto.

    Frutto di un impegno certosino e instancabile nella trascrizione e nello studio delle parole,

    esso è stato sempre animato dall‟entusiasmo e dalla curiosità di conoscere ogni aspetto

    della di Panni.

    La Regione Puglia promuove attività e manifestazioni volte alla conoscenza, alla tutela e

    alla valorizzazione del suo vasto patrimonio culturale, che abbraccia i beni materiali e le

    espressioni spirituali del suo popolo, con la realizzazione di studi, manifestazioni ed opere

    che, come questo Vocabolario Dialettale, ne consentono la conoscenza.

    Per lungo tempo, con la diffusione della lingua italiana e per effetto dei mass-media, il

    dialetto è stato trascurato; ma recentemente sono stati compiuti numerosi studi rivolti al

    recupero di un importante patrimonio che investe tutti gli aspetti della vita e della cultura

    del popolo ed è un mezzo linguistico di grande valore espressivo, comunicativo e culturale.

    Quale mezzo espressivo specifico della sfera familiare il dialetto rappresenta gli aspetti di

    vita più dimessi, ma non certo meno importanti e trascurabili, registra la vita nel suo fluire

    quotidiano e nell‟alternarsi delle stagioni, nello svolgimento delle attività e delle

    manifestazioni varie, nelle espressioni culturali e spirituali ed è testimonianza dei

    sentimenti, delle attese e del pensiero del popolo.

    Le parole, la fraseologia, i proverbi e i modi di dire sono tratti dal parlato e dal vivere

    quotidiano, ogni momento della giornata e ogni situazione sono stati utili allo studio del

    dialetto; la registrazione è avvenuta fra i parlanti, colti nella loro immediatezza, a volte

    partecipi inconsapevoli della ricerca.

    E‟ stato scandagliato il mondo lavorativo, spirituale, culturale e sentimentale di un paese

    piccolo territorialmente, ma grande spiritualmente; molte energie sono state profuse in

    questo lavoro che dona il dialetto di Panni alla cultura e a tutti coloro che, Pannesi e non,

    amano la cultura e la propria terra.

    In questo Vocabolario molti ritroveranno parole, espressioni e modi di dire appartenenti al

    proprio paese e ad altre regioni d‟Italia e sentiranno una certa familiarità con il dialetto

    pannese, tanto che esso sarà sentito come un‟opera di tutti, perché ognuno vi potrà ritrovare

    qualcosa del proprio mondo.

    Certamente il Vocabolario non può rappresentare la gestualità del corpo, l‟intonazione e il

    timbro della voce, gli atteggiamenti del volto che esprimono i vari sentimenti e che

    accompagnano e integrano il linguaggio, ma consente di affidare alla memoria, al cuore e

    alla cultura un patrimonio linguistico che con il tempo, se trascurato, rischia di essere

    perduto irrimediabilmente.

    Oltre che opera di tutela e di valorizzazione del patrimonio dialettale, questo vocabolario è

    un dono fatto a quanti hanno dovuto lasciare la loro terra per necessità e che con esso hanno

    la possibilità di vedere salvaguardato un bene, la propria lingua, che hanno portato sempre

    nel cuore e che non hanno mai dimenticato.

    Il dialetto pannese ha molti tratti in comune con i dialetti dei paesi vicini e presenta delle

    peculiarità che lo caratterizzano e lo contraddistinguono da loro; ha delle espressioni, una

  • coloritura, un‟intonazione e una musicalità prettamente pannesi, per le quali un Pannese,

    ovunque si trovi, riconosce un Pannese nel sentirlo parlare, anche senza conoscerlo.

    Ci si auspica che quest‟opera susciti un interesse non solo campanilistico e sentimentale,

    ma anche culturale e che sia di incentivo a proseguire lo studio del variegato mondo dei

    nostri paesi che hanno un pregevole patrimonio che va salvaguardato, fatto conoscere e

    valorizzato.

    Un doveroso ringraziamento va al defunto Antonio Procaccini, che ha donato il materiale

    primo da cui è nata l‟idea di realizzare questo Vocabolario; al signor Orazio Cotoia, che si è

    rivelato un prezioso informatore; a tutti i Pannesi che, ognuno nel proprio piccolo, hanno

    dato un valido contributo; al prof. Pasquale Caratù, che ha dato dei preziosi suggerimenti e

    delle importanti indicazioni scientifiche; al personale del Centro Regionale Servizi

    Educativi e Culturali FG/33 di Accadia, in particolar modo a Giovanna Procaccini, che ha

    curato l‟opera, a Palmira Volpe e a Giovanni Anzivino, suoi preziosi collaboratori; a

    Gaetano Cristino, che ha dato l‟avvio all‟opera; ad Antonio De Vitto e a Giovanni Altrui,

    che, per alcuni anni Responsabili del Centro Regionale Servizi Educativi e Culturali di

    Accadia, ne hanno consentito la realizzazione con il loro sostegno e le loro direttive.

    La Responsabile del CRSEC

    Rachele Marinaccio

  • …La Lingua è uno de’ più forti vincoli che stringa alla Patria

    “G. Napione”

    I L V O C A B O L A R I O Lungi dal pretendere che il lavoro svolto sia scevro di difetti o imperfezioni, comunque

    inevitabili di questo genere, ma nel convincimento tuttavia di nulla aver trascurato per

    renderlo il più possibile rispondente alle aspettative della gente, è oggi motivo di profonda

    soddisfazione, licenziare alle stampe questo complesso e laborioso “Vocabolario Dialettale

    Pannese”.

    Un ricco apparato di voci, proverbi ed espressioni in vernacolo che, al di là dei suoi chiari

    limiti, non avendo esso la presunzione di essere esaustivo, ha tuttavia il merito, a mio

    avviso non trascurabile, di colmare un vuoto imperdonabile nella bibliografia locale, non

    essendoci precedenti di tale natura. Un piccolo ma prezioso “scrigno della memoria” che

    racchiude tutto ciò che è stato possibile raccogliere, nel corso degli anni, del vasto e

    sterminato patrimonio dialettale, attraverso una lunga e paziente attività di ricerca, ma

    soprattutto con amore filiale e operosa perseveranza. Un lavoro che nasce principalmente

    dall’esigenza di un recupero urgente e inderogabile di una lingua che è e rimane una

    preziosa eredità lasciataci da chi ci ha preceduto e abbisognevole, oggi più che mai, di

    riappropriarsi di quella “identità culturale” e di quegli spazi che la moderna civiltà le ha

    tolto.

    “Il Vocabolario, scrive Nicola Zingarelli, altro non è se non una di quelle forme con cui

    l’uomo tende sempre a volgere in proprietà comune quello che è gesto e anima e

    sentimento dei singoli uomini. In questo è la necessità di un vocabolario”.

    Ed è in tale ottica che va inquadrato questo lavoro, nella convinzione cioè che un siffatto

    vocabolario, destinato in particolar modo alla gente comune e alle tante famiglie dei nostri

    emigranti, inteso a rappresentare e rispecchiare quanto più fedelmente possibile la realtà

    di una umile e laboriosa Comunità, con le sue tradizioni, la sua cultura, i suoi modi di

    espressione, senza alcun intendimento di natura didattica, non debba servirsi di un

    linguaggio letterario, ma piuttosto esprimere la semplicità e l’autenticità del sentimento

    popolare.

    Sono stati pertanto selezionati e riportati in chiave dialettale tutti quei vocaboli che non si

    discostano da quelli normalmente in uso nella lingua italiana, omettendo volontariamente

    quei termini, per lo più tecnici e scientifici o di origine straniera, che sono frutto ed

    espressione della odierna società e non si identificano o non possono collocarsi nel nostro

    passato, cercando di coniugare, al tempo stesso, l’antico dialetto con quello più

    propriamente “attuale”, al fine di richiamare il passato senza rischiare, però, di

    allontanarsi dal presente.

    Non nascondo le molteplici e naturali difficoltà che il lavoro ha comportato, ma il sostegno

    e soprattutto la valida e impagabile opera di quelle persone che hanno apportato, in

    differente misura, il loro contributo, sono stati lievito e incoraggiamento a proseguire nel

    delicato compito.

    Un pensiero commosso va a mio padre, autore di una inedita e significativa “raccolta” di

    vocaboli e detti pannesi, (che sono parte integrante di questa ricerca) il quale per primo mi

    insegnò a conoscere ed amare la lingua nativa, la sua ricchezza e la sua spontaneità, e con

  • il costante apporto dei suoi preziosi appunti e dei suoi paterni consigli mi fu guida sicura e

    chiaro punto di riferimento fino all’ultimo dei suoi giorni.

    Un pensiero che estendo, unitamente al più sincero ringraziamento, al Sig. Cotoia Orazio

    che, nel revisionare i vocaboli, mi ha sostenuto sempre con la saggezza della sua

    esperienza, nonché ai tanti compaesani pannesi, che qui non elenco per evitare spiacevoli e

    imperdonabili dimenticanze, i quali pur se con il conforto di un solo consiglio, di una sola

    ma necessaria parola, hanno dato efficacia e contenuto al “nostro” lavoro.

    Mi sia concesso, infine, esprimere un doveroso e obbligato sentimento di riconoscenza e di

    gratitudine personale alla collega di Sant’Agata di Puglia, Palmira Volpe, per lo

    straordinario e instancabile impegno, quotidianamente profuso, in fase di copiatura,

    correzione bozze, realizzazione e, soprattutto elaborazione informatica del testo. Un

    sostegno qualificato e determinante per la realizzazione dell’opera, alimentato e sostenuto

    da quella ricchezza di entusiasmo e di grande disponibilità che esaltano un lavoro

    intelligente e puntiglioso (che le ha permesso di appropriarsi con buona proprietà di

    linguaggio del nostro dialetto).

    Detto ciò, confido che questo vocabolario possa incontrare se non piena accoglienza,

    comprensione almeno per lo sforzo che ha richiesto, alla luce solo di un preciso impegno

    culturale e di una testimonianza sensibile da parte di chi lo completò, amica della sua

    terra, dei suoi cieli e dei suoi monti, delle sue strade e dei suoi vicoli ma soprattutto della

    sua gente.

    Giovanna Procaccini

  • Presentazione del Vocabolario di Panni

    Presentare un‟opera significa evidenziarne le caratteristiche, ma anche inquadrarla

    da un punto di vista della specificità del settore interessato.

    Pertanto si vuol parlare della struttura del Vocabolario, ma anche di quanto viene

    aggiunto (proverbi e modi di dire, racconti), che costituisce come una fonte, anche se non è

    la principale, dalla quale si attinge il patrimonio lessicale.

    Inoltre, per capire un pò di più anche la natura delle voci riportate è opportuno

    avere un quadro, sia pur orientativo, nel quale è collocata la parlata di Panni. Quadro che

    sarà disegnato su di uno sfondo storico e geolinguistico.

    La struttura

    Vediamo della presente pubblicazione prima di tutto la struttura.

    La parte fondamentale è costituita dalla elencazione delle voci organizzate in

    lemmi. A questa poi segue la parte italiano-dialetto. Vengono aggiunte quelle che

    contengono i Proverbi e Modi di dire, i Nomi e Soprannomi e, infine, i Racconti.

    Il Vocabolario vero e proprio è la parte più importante. È fatta da una serie di

    lemmi, che aperti dalla voce segnata in grassetto, sono disposti in ordine alfabetico.

    Nel lemma voci e frasi dialettali sono riportate in trascrizione semplificata,

    accessibile al gran pubblico, sostanzialmente modellata sulla grafia dell‟italiano, con pochi

    ed essenziali segni diacritici, per segnare particolarità di suoni, che in italiano scritto non

    vengono segnate o che sono indicate diversamente (v. le norme di trascrizione).

    A quanto pare, l‟uso di questo tipo di trascrizione agevola di molto la

    caratterizzazione anche “esterna” del dialetto.

    Questa operazione è stata condotta con fedeltà e con sistematicità, salvo omissioni

    involontarie, che ci si sforza di ridurre al minimo e che, comunque, nulla tolgono alla

    efficacia della resa.

    Il lemma riporta oltre la voce, la sua definizione grammaticale (sostantivo, verbo,

    locuzione, congiunzione, ecc.), la frase o le frasi dialettali che ne precisano il contesto.

    Particolare importante.

    Si sa che la traduzione della voce che segue immediatamente la parola capolemma

    rappresenta una condizione astratta che assume la sua valenza, il suo significato pregnante

    solo nel contesto del discorso, del quale la frase rappresenta un elemento minimo, e di

    questo ci si deve accontentare. Per necessità e per concretezza.

    Certamente la condizione ideale, ma anche difficile da realizzare, sarebbe quella di

    produrre una serie di testi e anche di una certa ampiezza su determinati argomenti, i diversi

    aspetti della vita della comunità dai quali trarre o meglio astrarre le singole voci. E qui c‟è

    solo un augurio da fare: che questi testi vengano, in seguito, prodotti.

    La seconda parte, quella “italiano-dialetto”, è importante perché serve ad orientare

    la ricerca, tramite la voce italiana, della corrispondente dialettale.

    Mi pare interessante, in questa parte, la presenza di schedoni, nei quali vengono

    riportate le voci che interessano un determinato campo semantico.

    Ad es., nello schedone Alimenti sono citate tutte le voci che interessano

    l‟argomento: dai nomi (acquasale, cumbòste, ścagliuózze, ecc.), ai verbi (arrahanà, mbanà,

    trumbà, ecc.), ai sintagmi (a ppònde re curtjélle, nd’a l’uóglie, ecc.), così da avere voci ed

    espressioni, direi comode, per mettere insieme un certo discorso, che abbia in certo qual

    senso un contesto.

  • I Proverbi e i Modi di dire, insieme con i Racconti, costituiscono come le fonti

    (direi solo in parte) dal cui contesto si ricavano le diverse parole.

    È chiaro che le particolarità delle fonti si oscurano in quello che è un sentire più

    generalizzato, che produce, in definitiva, come una specie di voci “cristallizzate”, che caso

    mai una volta erano vive anche nella parlata comune e che poi gradualmente si sono

    ecclissate o ridotte sulla bocca dei più anziani. Ma anche questo contribuisce ad un‟opera di

    scavo, utile per la storia linguistica.

    L‟utilizzo di questi testi dev‟essere accompagnato dalla prudenza. È sufficiente

    ricordare le possibili forzature dovute ad esigenze di rime o di ritmo. È chiaro che ci si

    riferisce ai proverbi soprattutto ma anche ai modi di dire, che possono, con le dovute

    precauzioni, essere utilizzati a scopi più propriamente linguistici.

    Infine, i Nomi e i Soprannomi. Interessano perché nascondono parole, forme,

    costrutti propri del dialetto.

    In definitiva, anche le appendici fanno corona, e danno il loro contributo alla

    conoscenza della parlata.

    Va sottolineato che l‟Autore o meglio gli Autori hanno utilizzato in maniera

    intelligente le esperienze dei Dizionari dialettali precedenti, specialmente di quelli

    pubblicati nell‟ultimo decennio. Dicevo in maniera intelligente perché hanno selezionato

    quello che di nuovo e di positivo veniva apportato.

    E, come si sa, è il metodo, nella varietà dei suoi aspetti quello che fa la differenza

    rispetto alle altre opere simili.

    Collocazione storico-geolinguistica di Panni

    Prima di definire la posizione linguistica della parlata di Panni, è opportuno

    considerare quella geografica che spiega e giustifica, fondamentalmente la prima.

    Il nostro centro fa parte amministrativamente della provincia di Foggia, ma

    saremmo più precisi se usassimo l‟espressione “Daunia subappenninica”, per i motivi che

    citerò in seguito.

    Collocato, insieme a pochi altri centri dauni (Monteleone, Anzano, Accadia e

    Sant‟Agata) nella Campania o meglio nell‟Irpinia, risente, com‟è ovvio, (non è mica

    un‟isola linguistica!) di questa sua posizione.

    Si tratta di individuare e di leggere, con gli strumenti appropriati, le peculiarità che

    si richiamano alla sua posizione geografica, ma che giustificano anche la sua storia, in

    genere.

    Passando dalla geografia alla storia, quella più propriamente linguistica, e

    utilizzando degli schemi che sono capaci di comunicare con chiarezza le caratteristiche, si

    possono individuare nella parlata di Panni, le principali correnti che fanno capo alle diverse

    varietà linguistiche, che testimoniano chi più e chi meno la loro presenza.

    Prima di tutto quella di tipo campano-irpino. È questa, a quanto pare, il modello

    principale, che nella storia ha assunto come il ruolo-guida, accanto, però, all‟altro modello,

    di tipo appenninico. Traspare, inoltre, sia pur in posizione secondaria, minoritariamente

    rappresentata, anche la corrente di tipo pugliese. Sullo sfondo, infine, s‟intravedono, con

    molta chiarezza e con nutrita rappresentatività, fatti di lingua antica che accomunano e che

    una volta, nel Medio Evo (in particolare nei secc. X-XIII) accomunavano ancor di più le

    diverse contrade di questo vasto ambiente, allora fortemente unitario, almeno da un punto

    di vista linguistico.

  • La varietà campano-irpina.

    La spiegheremo con i fatti che sono propri della Campania e dell‟Irpinia e con

    quelli che sono, invece, più diffusi nell‟Irpinia, la subregione che è a diretto contatto con

    Panni, anzi nella quale il centro dauno è immerso.

    Certamente è un fatto comunemente campano o meglio napoletano il

    dittongamento delle E o delle O brevi latine in metafonesi (tardarjédde „tarderello, che

    viene tardi‟ Pr. 151, scurdarjédde „scordarello, che dimentica‟ Pr. 151, e ppjénże „e pensaci‟ Pr. 154, cuórpë „corpo‟ Pr. 150, figlie gruósse „figli grandi‟ Pr. 161), come anche

    la rotacizzazione dell‟alveodentale sonora in posizione sia iniziale (rjéce „dieci‟ Pr. 120),

    sia intervocalica (accerime „uccidiamo‟ Pr. 15, la core „la coda‟ Pr. 42), la riduzione alla

    laterale schiacciata e rafforzata del nesso LJ (uóglie „olio‟ Pr. 16, mugliere „moglie‟ Pr.

    269) e di altri nessi che si manifestano in maniera simile (GL- → gli [l’l’] : gliótte veléne

    „ingoia veleno‟ Pr. 78, né te la gliutte „né te la inghiotti‟ Pr. 269), lo schiacciamento della

    sibilante davanti a velare (šcupètte „scopetta, spazzola‟, šcurdá „dimenticare‟), forme

    verbali del tipo songo „sono‟ di I pers. sing. e di III pl. (songhe fatte vjécchie „sono

    diventato vecchio‟ Racc. 2, r.20, quisse songhe li cunde „questi sono i conti‟ Pr. 342), l‟uso

    del suffisso -ELLUS (-ille se in metafonesi) come diminutivo (Peccerille „piccoli‟ Pr. 14),

    il rafforzamento della consonante iniziale dei femminili plurali e dei “neutrali” al singolare

    (re ffjéste „le feste‟ Pr. 146, re nnèspele e rre canaglie „le nespole e le canaglie‟ Pr. 147; ru

    ggrane „il grano‟ Pr. 171, ru mméle „il miele‟ Pr. 276, lu llarde „il lardo‟ Pr. 276), un

    lessico che segna le diverse condizioni della vita (šcurnuse „timido‟, šcuórne „timidezza‟,

    sfaccimme „persona dalla faccia tosta‟, spandecá „aspettare con ansia, penare‟, sciusciá

    „spirare, soffiare‟, ṡburdeglióne „pipistrello‟ Modi 415, nap. spurtiglione „id.‟ in VNIIN,

    šcarrafóne „scarafaggio’ strúmmele „trottola‟ nfósse, nfusse agg. „bagnata, -o‟ Pr. 306, 138,

    ecc. prevalentemente di tipo irpino: scatédde „scintilla‟, irp. scatélla „id.‟ in DDSM, cautate

    agg. e part. pass. „bucata‟ Pr. 291, irp. cautá „scavare‟ DDSM.

    Il tipo appenninico.

    Con testimonianze che si riscontrano prevalentemente sull‟Appennino abruzzese-

    molisano, ma anche lucano e talvolta sul Gargano.

    Si ricorderanno in particolare i fatti che seguono: l‟epentesi di u semivocale in

    vicinanza di suoni velari (figlie píccquele „figli piccoli‟ Pr. 161, pèquara „pecora‟), la

    riduzione laterale ad u semivocale nei nessi -LD-, -LTJ- (lu caurare „il caldaio‟ Pr. 206, li

    prime càure „i primi caldi‟ Pr. 215, àuzete „àlzati!‟ Pr. 400), l‟esito in semivocale j del

    nesso -DJ- (óje „oggi‟ Pr. 262, appujá „appoggiare‟), del nesso FL- (face….juccá

    „fa…fioccare‟ Pr. 328, jate míje „fiato mio‟ Pr. 51) e della mediopalatale sonora -ğğ- (lu

    ciucce carreja la paglie „l‟asino trasporta la paglia‟ Pr. 230); la riduzione all‟aspirata h di

    velare sonora G- iniziale (huste „gusto‟ Pr.31, accanto all‟esito zero: ògne addine „ogni

    gallina‟ Pr. 13, tanda adde „tanti galli‟ Pr. 32), di -G- intervocalica (chi nehòzzje camba

    „chi commercia vive bene‟ Pr. 83, chi paha apprime „chi paga prima…‟ Pr.90, la chiaha

    „la piaga‟ Pr. 266) e di -V- (fahugne „favonio‟ Modi 356); l‟esito in -vet- di -LT- (accòvete

    s.f. „accolta, adunata di persone‟); l‟esito in nasale schiacciata e rafforzata del nesso NG +

    voc. palatile (njénde strénge „nulla ottiene‟ Pr. 123); le preposizioni del tipo andó, ndó „da,

    presso, al‟ (mèglie a ire nd’a lu patute ca ndó lu sapute „meglio andare da chi ha patito che

    dal saputo‟ Pr. 259); un lessico abbondante (la còcce „la testa‟ Pr.196; sparre „cercine‟ -

    abr. spara in VUA, irp. sparra in DDSM -; ràghene „ramarro Modi 422 - abr. ràchene in

    VUA, garg. ràteche² „id.‟ DDMM; frajá „abortire‟; supale „siepe‟ -avigl. [PZ] supala „id.‟

  • NB; pescóne s.m. „macigno‟ Racc.1, r.13; musére „stasera Pr. 388; na nzénghe avv. „un

    poco‟ Racc.1 rr.21, 45, 49 -avigl. nzénga [sul testo nzénca] „id.‟ NB; allucá „dare, collocare

    in matrimonio‟ (chi téne rjéce figlie l’allóche „chi ha dieci figli li sistema‟ - abr. [Chieti e

    Pescara città] allucá „id.‟ DAM, garg. alluqué „id.‟ DDMM-).

    È presente il tipo pugliese.

    Con i fatti che seguono: la riduzione a sibilante schiacciata delle mediopalatali

    sorda e sonora + vocale palatile (vrasce „brace‟ Modi 440, la bbuscíje „la bugia‟ Pr. 191 e

    192) e talvolta anche di J- (jé sciuta fóre „è andata fuori‟ Pr. 193, di contro però a nu nge

    jénne a la córte „non andare alla corte‟ Pr. 377, jéttele „gettala‟ Pr. 198, a li junge „ai

    giunchi‟ Modi 139); le forme verbali del tipo stache „sto‟ (nu stache r’areje „non sto di

    genio‟ Modi 292) face „fa‟ (l’àbbete nun face lu mòneche „l‟abito non fa il monaco‟ Pr.

    176.

    Si rilevano fatti antichi centromeridionali.

    I seguenti: l‟esito nella bilabiale sonora -b- della fricativa sonora V sia in nesso

    con la sibilante sonora (ṡbeletézze „sveltezza‟ Pr. 367), sia in posizione sintattica (acque e

    bbjénde „acqua e vento‟ Pr. 386); le forme del pronome personale éo „io‟ (me treménde éo

    „mi guardo io‟ Pr. 347, pàtreme e éo tenime la stessa facce „mio padre ed io abbiamo lo

    stesso viso‟) e édde „essa, lei‟ ([la róte] ..édde velóce jarrá „[la ruota] …essa andrà veloce‟

    Pr. 399, va da édde „va da lei‟); il metaplasmo di genere (dal femminile al maschile: nu

    mile a lu juórne „una mela al giorno‟ Pr. 279, …pire cuóvete „…pera raccolta‟ Pr. 319 -sal

    piru s.m. „pera‟, oltre che pira, in VDS); l‟uso del prefisso AD con le voci verbali (abbulá,

    „volare‟, abbuóle „volo‟, accalemá „calmare, placare‟, acculematúre s.f. „colmatura‟); i

    plurali in -ORA (re fíquara „i fichi‟ Pr. 158, sjérpere „serpi‟ Pr. 409, angínere „uncini‟ Pr.

    409); un lessico peculiare (témbe „zolla‟ Modi 158 - abr. id in DAM, sal. id. in VDS, cal.

    timpa in DDMM; allumá „accendere‟ - abr. allumä’ „vedere, accendere la luce elettrica‟

    DAM, sal. allumare „accendere‟ VDS -; tremendá „guardare‟ –garg. id. in DDMM, sal.

    trimèntere „id.‟ VDS-; fucagne „camino, cucina‟ Pr. 194 -abr. id. „caldana, vampa isterica‟

    DAM, sal. fucagna „stufa‟ VDS, cal id. „piccolo vano per il focolare‟ NDDC-; tumbagne

    „spianatoia‟ Pr. 344- manfr. id. „id.‟ VM, avigl. id. „id.‟ NB, garg. „coperchio della botte‟

    DDMM, sal. tumpagnu „coperchio‟ VDS, nap. „fondo della botte‟ VNIIN; -tèste „vaso di

    fiori‟, urtalizzeje „ortaggio‟ [anticamente era aggettivo]; vascijédde „botte per aceto‟ - V.

    SM-; zénżele „brandello, straccio‟, zenżuluse „cencioso‟ –sal. zínzulu „straccio‟ VDS).

    Infine delle particolarità sulle quali indagare.

    Le seguenti: abbòcche 3° pers. sing. pres. indic. „abbaia‟ (lu cane c’abbòcche, nu

    mmózzeche „il cane che abbaia non morde‟ Pr. 225), mazzàcchere „pasta fatta a mano, in

    casa‟ Pr. 257, àmmele „brocca‟, schernúzzele „lucciola‟, a la pruffine „alla fine‟ Racc. 2,

    r.13.

    Sono queste solo delle indicazioni. Altre possono venire dalla registrazione di testi

    liberamente recitati che si affida a coloro che vorranno continuare l‟opera meritoria che gli

    Autori del presente Vocabolario hanno inaugurato.

    Pasquale Caratù

    Università degli Studi di Bari

  • Nota bibliografica e abbreviazioni

    Sigle bibliografiche

    DAM = E.Giammarco, Dizionario abruzzese e molisano, voll. 4, Roma, 1979;

    DDMM = F: Granatiero, Dizionario del Dialetto di Mattinata-Monte Sant’Angelo,

    Foggia, 1993;

    DDSM = L.De Blasi, Dizionario dialettale di San Mango sul Calore, Atripalda

    (AV), 1991;

    NB = F.Galasso, Nel Belvedere, Lavello, 1989;

    NDDC = G.Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, Ravenna, 1977;

    SM = P.Caratù, “I Dazi e le pene” negli Statuti di Molfetta, in “Lingua e Storia in

    Puglia”, 3, 1976, pp. 5-64; “I dazi ecc. Prospetto grammaticale e lessico, ib., 4, 1977,

    pp.33-48;

    VDS = G.Rohlfs, Vocabolario dei Dialetti salentini (Terra d’Otranto), voll.3,

    Galatina, 1976;

    VM = P.Caratù – G.Grasso – M.Rinaldi, Vocabolario manfredoniano, in corso di

    stampa;

    VNIIN = A.Salzano, Vocabolario napoletano – italiano, italiano – Napoletano,

    Napoli, 1979;

    VUA = G.Finamore, Vocabolario dell’uso abruzzese, Città di Castello, 1893,

    rist.anast., Bologna, 1967.

    Altre abbreviazioni:

    abr. = abruzzese; abr. – mol. = abruzzese – molisano; avigl. = aviglianese (di

    Avigliano, prov. Di Potenza); garg. = garganico (Mattinata, Monte Sant‟Angelo); irp. =

    irpino (di San Mango sul Calore); manfr. = manfredoniano.

    Riferimenti alle parti contenute nel Vocabolario di Panni:

    Modi = Modi di dire; Pr. = Proverbi; Racc. = Racconti.

    Trascrizione del dialetto

    Sulla base della grafia italiana sono stati aggiunti pochi segni:

    Il puntino soprascritto alle consonanti s e z per indicare le sonore (ṡbabbàcule

    „persona con poco senno‟, zanżarróne „tipula‟); un apicetto per la sibillante schiacciata (quella di tipo napoletano: šcuórne „timidezza, vergogna‟), la semivocale j nel dittongo jé

    (nel tipo re ffjéste „le feste‟).

  • AVVERTENZE

    La “é” con accento acuto è chiusa come in pera, si pronuncia come vocale quando è accentata e quando è congiunzione.

    La “è” con accento grave è aperta come in meglio.

    La “e” non accentata è muta alla francese sia nel corpo che alla fine della parola.

    L‟accento tonico va segnato sulle parole sdrucciole e sulle parole tronche (azzemá=azzimare).

  • 14

    Tavola delle abbreviazioni

    accr.= accrescitivo

    agg. dim.= aggettivo dimostrativo

    agg. f.= aggettivo femminile

    agg. indef. = aggettivo indefinito

    agg. m.= aggettivo maschile

    agg.n.card.= aggettivo numerale cardinale

    agg. n.ord.= aggettivo numerale ordinale

    agg. poss.= aggettivo possessivo

    avv.= avverbio

    cong.= congiunzione

    dim.= diminutivo

    dispr.= dispregiativo

    esclam.= esclamativo

    estens.= estensivamente

    fam.= familiare

    fig.= figurato

    fras.= fraseologia

    interiez.= interiezione

    interr.= interrogativo

    lett.= letteralmente

    loc. avv.= locuzione avverbiale

    loc. lat.= locuzione latina

    med.= medicina

    N.= nomenclatura

    non com.= non comune

    part. pron.= particella pronominale

    particol.= particolarmente

    p.est.= per estensione

    p.pr.= participio presente

    p.p.= participio passato

    pl.= plurale

    prep.= preposizione

    pron.= pronome

    pron. dim.= pronome dimostrativo

    pron. indef.= pronome indefinito

    pron.indef.invar.= pronome indefinito invariabile

    pron.m.pl.= pronome maschile plurale

    pron.pl.= pronome plurale

    sing..= singolare

    s.f.= sostantino femminile

    s.f.inv.= sostantivo femminile invariabile

    s.f.pl.= sostantivo femminile plurale

    s.m.= sostantivo maschile

    s.m.cuc.= sostantivo maschile cucina

    s.m. dial.= sostantivo maschile dialettale

    s.m.fig.= sostantivo maschile figurato

    s.m.inv.= sostantivo maschile invarialbile

    s.m.pl.= sostantivo maschile plurale

    s.m.sing.= sostantivo maschile singolare

    t.agr.= termine agricolo

    t.arch.= termine architettonico

    t.mac.= termine macellaio

    term.med.= termine medicina

    trasl.= traslato

    v.fig.= verbo figurato

    v.impers.= verbo impersonale

    v.intr.= verbo intransitivo

    v.intr.pron. = verbo intransitivo pronominale

    v.medio trans.rifl.=verbo medio transitivo riflessivo

    v.rifl.= verbo riflessivo

    v.tr.= verbo transitivo

    v.tr.estens.= verbo transitivo estensivo

    v.tr.fig.= verbo transitivo figurato

    v.tr.iter.= verbo transitivo iterativo

    v.tr.iter.intens.= verbo transitivo iterativo intensivo

    v.tr.lett =verbo transitivo letterario

    v.tr.non com.= verbo transitivo non comune

    v.tr.rar.= verbo transitivo raro

    v.tr.volg.= verbo transitivo volgare

    vezz.= vezzeggiativo

    voce onom.= voce onomatopeica

  • BIBLIOGRAFIA

    ANDREOLI Raffaele, Vocabolario Napoletano – Ditta G.B.Paravia e comp.,Torino, 1887.

    Ristampa Istituto Grafico Italiano, Napoli, 1988.

    ANTONELLIS Luciano, Dizionario Dialettale Cerignolano etimologico e fraseologico,

    Centro Regionale Servizi Educativi e Culturali di Cerignola, Foggia, 1994.

    CONSIGLIO Gabriele, La parola nel lessico bovinese, Leone Editrice, Foggia, 1992.

    DEVOTO G. – OLI G.C., Dizionario della Lingua Italiana, by Felice Le Monnier, Firenze,

    1971.

    DURANTE Cesare, Proverbi e detti bovinesi, S.A.T., Foggia, 1989.

    GALANTE Grazia, I Proverbi popolari di San Marco in Lamis, Paolo Malagrinò Editore,

    Bari, 1993.

    GARZANTI Aldo, Dizionario della Lingua Italiana, realizzato dalla redazione lessicografica,

    diretta da Giorgio Cusatelli, Garzanti Editore, 1965.

    MARCHITELLI Gino, Vocabolario del dialetto santagatese, edito a cura del Comune di

    Sant‟Agata, Roma,. 1983.

    PALAZZI Fernando, Novissimo Dizionario della Lingua Italiana, edizione a cura di

    Gianfranco Folena, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1976.

    PROCACCINI Antonio fu Domenico, Soprannomi Pannesi in “Raccolta inedita di Vocaboli

    e detti Pannesi”.

    RAINONE Michele, Soprannomi Pannesi in “Il Castello”, collaborazione di Costanzo

    Gesualdi, 1983.

    RICCIARDELLI Pasquale, Dialetti Dauni. La “Parlata” di Torremaggiore, parte seconda:

    “’I prùjèrbe tùrmàggiùrise” Vol.primo (A-B), Regione Puglia, CRSEC FG/25 Torremaggiore,

    1995.

    SELEZIONE Reader‟Digest, Segreti e virtù delle piante medicinali, edito da Selezione

    Reader‟Digest Spa, prima ristampa, Milano, 1980.

    TOMMASEO Nicolò – BELLINI Bernardo, Dizionario della Lingua Italiana, Società

    Unione Tipografica Editrice, Torino, 1861.

    TRECCANI Giovanni, Vocabolario della Lingua Italiana (5 volumi), Artigrafiche Ricordi per

    i tipi della monotipia Olivieri, Milano, 1986,-1987-1989-1991-1994.

    VOCABOLARIO Universale Italiano, compilato a cura della Società Tipografica “Tramater

    & Co.”, Napoli, 1829.

  • ZINGARELLI Nicola, Vocabolario della Lingua Italiana, settima Edizione, Zanichelli

    Editore,. Bologna, 1957.

  • 17

    bbafáte agg. "afoso,

    canicolare":ché àrje abbafáte,

    nun me véne re fá njénde,

    rumàne se ne parle r'arrecettá.

    "che aria afosa non mi viene da fare niente,

    domani se ne parla di rassettare".

    abbagná v.tr. "bagnare, umettare".

    abbalí v.tr. "avvilire, infiacchire,

    sfinire"; p.p. abbalúte: l'abbalíje cu nu

    refjúte e puverjédde se ne íje. "l'avvilì con

    un rifiuto e poveretto se ne andò". Andò, si

    abbalúte a ffá la strare pe re mmèrse re

    Sàrje, ngità sì abbetuáte a lu nghiane.

    "Antonio sei infiacchito a fare la strada per

    la salita di Sario, in città sei abituato alla

    parte pianeggiante".

    abballá v.tr. "ballare": abballàrene

    nżin’a le qquatte e ss'arreterárene a re ccàsere muórte re suónne. "ballarono fino

    alle quattro e si ritirarono alle loro case

    morti di sonno".

    abbambá v.intr. "avvampare": lu lenżùle l'aje misse tròppe vucíne a ru ffuóche e

    s'éja abbambáte. "il lenzuolo l‟hai messo

    troppo vicino al fuoco e si è bruciato".

    abbanduná v.tr. "abbandonare":

    penżárene ca ère na cóse bbóna abbanduná la pusezzjóne. "pensarono che

    era una cosa buona abbandonare la

    posizione".

    abbannuná v.tr. "non reggersi bene in

    piedi".

    abbará v.intr. "badare": feglió, tu àja

    sèmbe stá nd'a la case c'àja abbará a la

    crjatùre. "ragazza, tu devi sempre stare in

    casa che devi badare alla bambina".

    abbarrucá v.tr. "dare il più senza

    pagamento, vendere a vil prezzo".

    abbasate agg. "serio".

    abbasce avv. "abbasso, giù": nun me

    facènne nghianá tutte sse ścale, scinne tu abbàsce ca te piglie ròje ceràse nd'a lu

    panare. "non mi far salire tutte codeste

    scale, scendi tu giù che ti prendi due

    ciliege nel paniere".

    abbastá v.intr. "bastare".

    abbaste interiez. "basta".

    abbatte v.tr. "accasciare, bacchiare,

    deprimere": lu vjénde abbattíje quatte,

    cinghe àrbele ndr'aulíve, píre e mmíle. "il

    vento abbattè quattro cinque alberi tra

    ulivi, peri e meli"; abbatte na famiglie

    sane cu na nutízzje fauze, nunn’éja na cóse

    bbóne. "accasciare una famiglia intera con

    una notizia falsa, non è una cosa buona";

    craje àuzete prjéste c'avíma ìre a abbatte

    re nnuce. "domani alzati presto che

    dobbiamo andare a bacchiare le noci";

    bbéne míje stá pròpje abbattúte ròppe tutte

    quédde c’à passate. "poveretto, sta proprio

    depresso dopo tutto quello che ha passato".

    abbecená v.tr. "avvicinare".

    abbécete loc.avv. "a vicenda".

    àbbele agg. "abile": jé assaje àbbele a

    ausá lu ścrujàte. "è assai abile ad usare la frusta".

    abbelená v.tr. "avvelenare".

    abbeletà s.f. abilità": quiddu cristjàne

    tène l'abbeletà a mbrugliá la ggènde ca jé

    na maravíglie. "quella persona ha l'abilità

    a imbrogliare la gente che è una

    meraviglia".

    abbendá v.tr.iter. "riposare": abbjéndete

    na nżénghe, ma spisse no. "riposati un poco, ma spesso no".

    abbendurá v.tr. "avventurare": nu

    nd’abbendurá pe ssa strare ca puó truvá

    malecristjàne, pó sònghe fatte tuje. "non ti

    avventurare per codesta strada che puoi

    trovare persone cattive, poi sono fatti tuoi".

    abbenghiárse v.medio tr. rifl.

    "abbuffarsi, rimpinzarsi, saziarsi": Funżì, nu nd'abbenghiá cúm'a nu purceddúzze, se

    no te faje trugne trugne. "Alfonso, non ti

    abbuffare come un porcellino se no diventi

    grassone". Ciccandònje s’éja abbenghiáte

    re péttele ca nu nge la face manghe a

    auzárse ra la sègge. "Francescoantonio si

    è saziato di zeppole che non ce la fa

    neanche ad alzarsi dalla sedia".

    abbenghjáte s.f. "scorpacciata": m'agghi

    fatte n'abbenghjáte re cerase sótte a

    l'àrbele ca stache bbóne chine. "mi sono

    fatto una scorpacciata di ciliege sotto

    l'albero che sto ben pieno".

    abbení v.intr. "avvenire": cúm'èja

    abbenúte ssu fatte, remmìlle ca se te

    pòzz’ajutá nu nge pèrde njénde. "come è

    A

  • avvenuto questo fatto, dimmelo che se ti

    posso aiutare non ci perdo niente".

    abbènje agg. "mutevole": "nu nde la

    peglianne cu Ggiuuánne ca jé abbènje, jé

    cúme lu truóve. "non te la prendere con

    Giovanni che è mutevole, è come lo trovi".

    abbeníre s.m. "avvenire": l'abbeníre jé

    nd'a re mmane re lu Segnóre. "l‟avvenire è

    nelle mani del Signore".

    abberá v.rifl. "avverare": s'éja abberáte

    quédde ca m'àje ritte re tèrze, nu nge

    vuléve crére, ma jé accussì. "si è avverato

    quello che mi hai detto avantieri, non ci

    volevo credere, ma è così".

    abbertènże s.f. "avvertenza". abbesá v.tr. "avvisare": Angiulìne à

    dditte ca pe putè menì a fatjá accàta tè

    l'àja abbesá nu pare re juórne prime.

    "Angelo ha detto che per poter venire a

    lavorare da te lo devi avvisare un paio di

    giorni prima".

    abbesugná v.intr. "bisognare":

    puórtatínne na nżénghe re cchiù re pane,

    nżine a musére te póte abbesugná. "pòrtatene un pò di più di pane, fino a

    stasera ti può bisognare".

    abbesugnùse agg. "bisognoso": jé

    abbesugnùse re tutte, nu nżaje tu stésse ra

    ndó accumenżá. "è bisognoso di tutto, non sai tu stesso da dove cominciare".

    abbesuógne s.m. "bisogno": n'agghi

    abbesuógne re njénde, te ne puó ìre

    spenżeràte. "non ho bisogno di niente, te ne puoi andare spensierato".

    abbetá v.intr.tr. "abitare, avvitare":

    Mariùcce jé jute a abbetá a li Tuòppele.

    "Maria è andata ad abitare ai Toppoli". re

    bbite r'àja abbetá bbóne se no la pòrte nu

    nże chiùre. "le viti le devi avvitare bene altrimenti la porta non si chiude".

    àbbete s.m. "abito"; dim. àbbetecjédde; -

    a ggiacche: "tailleur".

    abbetuá v.tr. "abituare": s'ànna abbetuá

    a stá sule nd'a la case, nu mbuónne tené

    sèmbe la cumbagníje. "si devono abituare

    a stare soli nella casa, non possono tenere

    sempre la compagnia".

    abbiá v.tr. "avviare": Frangiśche abbjàje

    a ffá nu reścurse e nun funéve maje. "Francesco avviò a fare un discorso e non

    finiva mai".

    abbíje s.m. "avvìo": àje rate l'abbíje pe

    quiddu lavóre, mó nu nde ne ngarecànne

    cchiù, se la vìrene lóre. "hai dato l'avvio

    per quel lavoro adesso non te ne incaricare

    più, se la vedono loro".

    abbjénde, a l' loc.avv. "a riposo".

    abbìse s.m. "avviso".

    abbrachí v.tr. "arrochire"; p.p.

    abbracùte.

    abbracutìzze agg. "rauco".

    abbrazzá v.tr. "abbracciare": prime re

    parte pe Bunżàgre lu jérne a salutá tutte li parjénde, chi l'abbrazzàve ra qquà e chi ra

    ddà. "prima di partire per Buenos Aires lo

    andarono a salutare tutti i parenti, chi

    l'abbracciava di qua e chi di là".

    abbràzze s.m. "abbraccio": quanne

    arruvàje ra lu Canedà, mammarànne me

    rìje tanda abbràzze e vase. "quando arrivai

    dal Canada, mia nonna mi diede tanti

    abbracci e baci".

    abbré v.tr. "vedere".

    abbrile s.m. "aprile".

    abbruścá v.tr. "abbrustolire": tatarànne mettíje lu tréppete e sópe a ru ffuóche ce

    appuiàje la tjèdde p'abbruścá re ffave. "nonno mise il treppiede e sul fuoco ci

    appoggiò la pentola per abbrustolire le

    fave".

    abbrusciá v.tr. "bruciare".

    abbrustulatúre s.m.inv. "tostacaffè".

    abbuccá v.intr. "abbaiare": quiddu cane

    nun spèzze maje r'abbuccá tutte la nuttate.

    "quel cane non smette mai di abbaiare tutta

    la nottata".

    abbufunáte "carbonchioso".

    abbulá v.intr. "volare": chiure la

    caggióle se no se n’abbóle lu canàreje.

    "chiudi la gabbia altrimenti se ne vola il

    canarino".

    abbulí v.tr. "abolire": Runatù, pe stá

    bbuóne àja abbulí lu fùme, cúme te

    l'agghia rice, candànne e sunànne?.

    "Donato, per stare bene devi abolire il

  • fumo, come te lo devo dire, cantando e

    suonando?".

    abbuóle s.m. "volo": se nu nde ne vaje ra

    nande a l’uócchie míje te fazze pegliá

    n'abbuóle c'arrìve abbasce a lu chiane. "se

    non te ne vai davanti agli occhi miei, ti

    faccio prendere un volo che arrivi giù al

    piano".

    abburracciáte p.p. e agg. "avvinazzato":

    s'éja abburracciáte bbuóne bbuóne e mó

    va candanne pe re strare. "è avvinazzato

    bene bene e ora va cantando per le strade".

    abbusá v.intr. "abusare": Custà, nunn'àja

    abbusá tande re la setuazzjóne, àja pure

    capí re ccóse cúme vanne. "Costanzo, non

    devi abusare tanto della situazione, devi

    pure capire le cose come vanno".

    abbuścá v.tr. "buscare, guadagnare,

    ricavare, prendere botte": che à abbuścàte ra tand'anne re stùrje? Njénde, ca passéje

    angóre pe la chiazze. "che ha guadagnato

    da tanti anni di studio? Niente, che

    passeggia ancora per la piazza".

    abbúse s.m. "abuso": jé n'abbúse ca faje.

    "è un abuso che fai".

    abbussaccháte agg. "gonfio".

    abbuttá v.tr. "gonfiare, mangiare troppo,

    rimpinzare, saziare": abbúttece lu pallóne

    a lu criature e attjénde a nu lu fá ścattá. "gonfiaci il pallone al bambino e attento a

    non farlo schiattare"; -re male paróle

    v.tr."offendere".

    abbuttárse v.rifl. "gonfiarsi come una

    botte".

    abbuvurá v.tr. "abbeverare": penżate r'abbuvurá l'anemàlje, nuje ce abbjàme

    nnanże. "pensate di abbeverare gli animali, noi ci avviamo avanti".

    abbuvuratúre 1.s.m. "abbeveratoio":

    abbecínete a l'abbuvuratúre e fá abbuvurá

    lu mule. "avvicinati all'abbeveratoio e fai

    abbeverare il mulo"; 2 s.m. "Abbeveratoio

    (contrada sulla strada per Crispignano al di

    sopra di San Marco)".

    accafuddá v.tr. "accostare oggetti

    diversi".

    accafuddáte agg. "ben coperto".

    accagnacché loc.avv. "a che scopo".

    accalecá v.tr.intr. "calcare, premere":

    tataránne accalecáve sèmbe lu tabbacche

    nd'a la pippe appríme re l'appecciá.

    "nonno calcava sempre il tabacco nella

    pipa prima di accenderla".

    accalemá v.tr. "calmare, placare": tutte

    tendàrene r'accalemárle ma nu nge

    arrjascjérne. "tutti tentarono di calmarla,

    ma non ci riuscirono".

    accalurá v.tr. "accalorare": séja

    accaluráte pe la reścussjóne, nun l'àje viste cúme jéva fatte rùsse rùsse nfacce. "si

    è accalorato per la discussione, non l‟hai

    visto come era fatto rosso rosso in viso".

    accaluramènde s.f. "febbricola": sònghe

    numunne re sére ca téne n’accaluramènde,

    mó avima sule chiamá lu mjéreche. "sono

    troppe sere che tiene la febbricola, adesso

    dobbiamo solo chiamare il medico".

    Accannelóre s.f. "Candelora": jé arruváte

    ra Bbònżagre lu juórne re l'Accannelóre. "è arrivato da Buenos Aires il giorno della

    Candelora".

    accape a la pòrte loc. avv. sull‟uscio".

    accapezzá v.tr. "attestare, raccapezzare":

    l'àja accapezzá ssa trave, statte attjénde.

    "la devi attestare codesta trave, stai

    attento". nunn'arrjèśche a accapezzá cchiù nnjénde, stache tròppe ammujnáte re cape.

    "non riesco a raccapezzare più niente, sto

    troppo ammoinato di testa".

    accapputtá v.intr.tr. "cappottare,

    intabarrare": s’éja accapputtàte ra sótte a

    lu murètte e ménu male ca s’éja fatte sule

    còcche ràngeche. "si è cappottato da sotto

    al muretto e meno male che si è fatto solo

    qualche graffio". nu nd'accapputtá se no

    sure. "non ti intabarrare altrimenti sudi".

    accapuzzá v.tr. "avvicinare la bocca ad

    un recipiente, bere dal recipiente".

    accarè v.(fig) "calzare, far figura".

    accarènde agg. "calzante": àje rate a

    quédda fémmene na respòste accarènde,

    m’éja piaciúte. "hai dato a quella donna

    una risposta calzante, mi è piaciuta".

    accarrá v.tr. "travolgere": mmjézze a lu

    córse la chiéme accarráje tutte pe nnande.

    "in mezzo al corso la piena travolse tutto

  • ciò che stava davanti". -nnande v.tr.

    "spingere le persone in avanti".

    accasá v.tr. "ammogliare".

    accasjóne s.f. "occasione": ògne

    accasjóne jé bbóne pe gghì a mmangiá mó

    qquá e mmó ddá. "ogni occasione è buona

    per andare a mangiare ora qui e ora là".

    accáta prep. "da, presso": accáta mé ce

    puó ìre a cambjá. "da me ci puoi andare a

    pascolare".

    accattá v.tr. "acquistare, comprare,

    partorire": óje agghi accattáte na cammíse

    a mmaríteme ma ròppe ce sònghe jute

    penżánne, l'avragghi pahate numunne. "oggi ho comprato una camicia a mio

    marito ma dopo ci sono andata pensando,

    l'avrò pagata troppo"; -a ffriśch’a ffriśche v.tr. "comprare alimenti poco per volta".

    accàttete s.m. "acquisto": àje fatte nu

    bbèll'accàttete a spusárte a quiddu

    speranżóne e accussì te re funísce tutte quiste juórne!. "hai fatto un bell'acquisto a

    sposarti quello che non vuole fare niente e

    così te li finisci tutti questi giorni!".

    accauzá v.tr. "rincalzare".

    acce s.m. "sedano"; - re mundagne s.m.

    "levistico"; - salvagge s.m. "ammi".

    accènde s.m. "accento": Vetù, mó ca faje

    lu rettate statte attiénde re métte l'accènde

    andó ce vóle. "Vito, ora che fai il dettato

    stai attento di mettere l'accento dove ci

    vuole".

    acceretòrje s.f. "strage".

    accèsse s.m. "ascesso": Culurínde téne

    n'accèsse a lu rènde e se sènde

    ammalamènde. "Clorinda tiene un ascesso

    al dente e si sente malamente".

    accètta gròsse s.f. "scure": Custànże facéve ìre ndèrre l'àrbele cu l’accètta

    gròsse cúme se manghe fusse. "Costanzo

    faceva andare a terra l'albero con la scure

    come se niente fosse".

    accètte s.f. "accetta"; dim. accettùdde .

    accezzjóne s.f. "eccezione": che ssònghe

    ss’accezzjóne avíma èsse tutte r'accòrde.

    "che sono codeste eccezioni dobbiamo

    essere tutti d‟accordo".

    acchiále s.m.pl. "occhiali": Mecalíne

    s’éja luvate l’acchiále e s'éja ścurdate

    andó l’à mmisse. "Michelina si è tolta gli

    occhiali e si è dimenticata dove li ha

    messi".

    acchianá v.tr. "appianare, spianare":

    acchiáne la tèrre appríme re ìre a ará a lu

    Cummènde. "spiana il terreno prima di

    andare ad arare al Convento".

    acchiáne-acchiáne super. ass.

    "pianissimo".

    acchiangáte s.f. "basolato": a lu murcate

    appríme ce stéve na bbèlle acchiangáte.

    "al mercato prima ci stava un bel

    basolato".

    acchiarí v.tr. "chiarire, risciacquare":

    Austì, vjene qquá ca m’àja acchiarí li fatte

    cúme stanne, n’agghia a chi crére.

    "Agostino, vieni qua che mi devi chiarire i

    fatti come stanno, non ho a chi credere";

    àja acchiarí na cónghe re panne, àuzete ca

    jé tarde. "devi risciacquare una tinozza di

    metallo di panni, alzati che è tardi".

    acchiètte s.f. "asola": la sarte me facíje

    quatte acchiètte a lu còtte. "la sarta mi fece

    quattro asole al cappotto".

    acchítte s.m. "acchito": Maríje ce

    mangave ra Panne ra numunne re tjémbe,

    ma cúme la verjétte, la canuscjétte a

    pprime acchítte. "Maria ci mancava da

    Panni da molto tempo, ma come la vidi, la

    conobbi a prima acchito".

    acchiuccá v.tr. "capitozzare": Necóle

    acchiuccàje l'àrbele re cjéuze pe lu fá

    repegliá, ma nd'a la staggióne seccàje.

    "Nicola capitozzò l'albero di gelso per

    farlo riprendere, ma in estate seccò".

    acciaccá v.tr. "masticare, pigiare,

    schiacciare": la pale jé jute sótte a ddu

    chiangóne e jé tutte acciaccáte. "la pala è

    andata a finire sotto a quel pietrone ed è

    tutta schiacciata".

    acciaccáte agg. "diventare malaticcio".

    acciaccatóre s.m. "pigiatore": cúm’jéva

    bbèlle a veré l'acciaccatóre ca traséve

    nd'a la tenédde e se mettéve a acciaccá

    l'uve pe óre e óre. "come era bello a vedere

    il pigiatore che entrava nel tino e si

    metteva a pigiare l'uva per ore e ore".

    acciaccóne s.m. "pasticcione".

    acciaffá v.tr. "acciuffare, afferrare":

    l'acciaffàje attjémbe attjémbe pe na

  • màneche re la ggiacchètte pe nu lu fá trasí

    ra ddá. "l'afferrai in tempo in tempo per

    una manica della giacca per non farlo

    entrare di là".

    acciaòme s.m. "ecce homo".

    acciàppe s.f. "gancio per gonna"; dim.

    acciappètte.

    acciappóne s.m. "acciarpone": nu nge

    jènne ra quiddu ddá ca jé n’acciappóne,

    vire abbré andó puó ìre. "non ci andare da

    quello là che è un acciarpone, vedi dove

    puoi andare".

    acciapputtá v.tr. "fare rozzamente".

    accíre v.tr. "macellare, uccidere": pe

    Pasque ànna accíre numunne r'àjne,

    fàttele stepá une. "per Pasqua devono

    macellare molti agnelli, fattelo conservare

    uno"; p.p. accíse.

    accíse s.f. "uccisione".

    acciungá v.tr. "paralizzare": jé

    acciungáte ra quatt'anne e dda pòvra

    mugliére nu nge la face cchiù pe l'assíste.

    "è paralizzato da quattro anni e quella

    povera moglie non ce la fa più per

    assisterlo".

    acciuppejá v.tr. "azzuffare, bisticciarsi":

    s’acciuppejàrne nnande a tutte quande. "si

    azzuffarono davanti a tutti quanti".

    acciuppjá v.intr. "litigare": nun

    v'acciuppjáte ca nun vale pròpje la péne.

    "non litigate che non vale proprio la pena".

    acciuppjatòrje s.f. "bisticcio, zuffa":

    ndra tutte quidde cristjàne c’éja state

    n'acciuppjatòrje ca nu nże capéve cchiù nnjénde. "tra tutte quelle persone c'è stata

    una zuffa che non si capiva più niente".

    acciuprèute s.m. "arciprete": agghia rice

    a l'acciuprèute ca peścràje m'adda rice na mésse pe la bbònáneme re maríteme.

    "devo dire all'arciprete che dopodomani mi

    deve dire la messa per la buonanima di

    mio marito".

    acciuttá v.rifl.intr. "ingrassare":

    Rucchíne s'éja acciuttáte tande ca agguàje

    agguàje camíne. "Rocco si è ingrassato

    tanto che appena appena cammina".

    acciuuí v.intr. "non arrivare a finire o

    completare un lavoro".

    acclísse s.f. "eclissi".

    accòglie v.tr. "accogliere": nu l'ànne

    vulute accòglie ndra lóre e àja rice ca

    quidde stá sule e abbandunáte. "non

    l'hanno voluto accogliere tra loro e devi

    dire che quello sta solo e abbandonato";

    p.p. accuóvete.

    accòrde, nunn’éja r’- agg. "discorde".

    accòvete s.f. "accolta": ra cumma Maríje

    ce stéve n’accòvete re cristjàne, chisà che

    jé succjésse. "da comare Maria ci stava

    un'accolta di persone, chissà che è

    successo".

    accquácce s.f. "rugiada": adda ascí lu

    sóle p’assucá tutta st’accquácce, nunn’àje

    andó métte nu pére. "deve uscire il sole per

    asciugare tutta questa rugiada, non hai

    dove mettere un piede".

    accquaquagliá v.tr. "combinare".

    accquáte s.m. "vinello": lu vine lu

    bbevíme cchiù addá, mó bevímece

    l’accquáte, sparagnáme na nżénghe. "il vino lo beviamo più in là, ora beviamoci il

    vinello, risparmiamo un pò".

    accrésce v.tr. "accrescere": Angiulì àja

    accrésce re mmaglie, statte attjénde.

    "Angela devi accrescere le maglie, stai

    attenta".

    accrjanżáte agg. "che ha buona

    creanza": jé accussì accrjanżáte nepúteme ca n'asseméglie pe nnjénde a ffráteme. "ha

    così buona creanza mio nipote che non

    assomiglia per niente a mio fratello".

    accrjése agg. "accadiese"; pl. accríjse,

    "abitanti di Accadia".

    accucchjá v.tr. "abbinare, accoppiare,

    accumulare, appaiare": lu cavadde tuje

    accúcchile cu lu míje na vòta aráme ndó tè

    e na vòta ndó mé. "il cavallo tuo appaialo

    con il mio e una volta ariamo da te e una

    volta da me".

    accucciulí v.tr. "accucciare,

    rannicchiarsi": vire vì quiddu cane cúme

    s’accucciulísce a li pjére re lu padróne.

    "vedi vedi quel cane come si accuccia ai

    piedi del padrone".

    accugliènże s.f. "accoglienza": cumbà, nun me lu creréve, m’ànne fatte na bbóna

    accugliènże, nu nżapévene lóre stésse chè ffá e ché rrà. "compare, non lo credevo, mi

  • hanno fatto una buona accoglienza non

    sapevano loro stessi che fare e che dare".

    accujàtá v.tr. "acquietare": p'accujàtá

    quissu crjature racce lu pupídde. "per

    acquietare codesto bambino dacci il

    ciucciotto di stoffa ripieno di zucchero".

    acculemá v.tr. "colmare": lu piatte re li

    maccarúne me l'àja acculemá nżine a l'urle. "il piatto dei maccheroni me lo devi

    colmare fino all'orlo".

    acculematúre s.f. "colmatura": sóp’a lu

    mezzètte re grane famme na bbóna

    acculematúre cúme saje fà tu. "sullo staio

    di grano fammi una buona colmatura come

    sai fare tu".

    accúleme agg. "colmo": vire ca li

    bbucchjére re lèhuóre sònghe accúleme,

    mó ca re ppuórte sóp’a la uandjére nu re

    facènne scegliá. "vedi che i bicchieri di

    liquore sono colmi, ora che li porti sul

    vassoio non farli versare".

    accullá v.tr. "accollare": me vuónne

    accullá tutte re spése, nu nżònghe manghe fésse! Tanda figli, tanda parte. "mi

    vogliono accollare tutte le spese, non sono

    mica scemo! Tanti figli, tante parti".

    accullacciáte agg. "accollacciato":

    Ggiuuà, staje tutte accullacciáte, chisà ché

    ffridde àdda fá ra fóre!. "Giovanni, stai

    tutto accollacciato, chissà che freddo deve

    fare fuori!".

    accumbagnamènde s.m

    "accompagnamento": na mùseche nu

    nż'apprèzze se nu nge stá nu bbuóne

    accumbagnamènde. "una musica non si

    apprezza se non c‟è un buon

    accompagnamento".

    accumegliá v.tr. "coprire".

    accumenżá v.tr. "cominciare, incominciare".

    accumetá v.tr. "accomodare in casa".

    accundá v.tr. "raccontare, riferire":

    Tresúcce m’à dditte ca t'accundáte tutte pe

    ffile e pe sségne, mó t’àja recíre tu

    cúm’àja fá. "Teresa mi ha detto che ti ha

    raccontato tutto per filo e per segno, ora ti

    devi decidere tu come devi fare":

    accundarjédde s.m. "persona che non sa

    mantenere un segreto"; s.f. accundarèdde.

    accùnde s.m. "acconto": s’affettàrene na

    casarèdde abbasce a lu pajése e avjérna rá

    appríme n’accúnde. "si affittarono una

    casetta giù al paese e dovettero dare prima

    un acconto".

    accundendá v.tr. "accontentare": o

    t'accundjénde o se no nunn’àje ché ffá. "o

    ti accontenti o altrimenti non hai che fare".

    accunnescénne v.intr."accondiscendere".

    accunżá v.tr. "accomodare, aggiustare, conciare": se te faje veré angóre qquá

    nnande t'accónże pe re ffjéste, àje capíte?. "se ti fai vedere ancora qui davanti ti

    aggiusto per le feste, hai capito?":

    accunżatúre s.f. "acconciatura": a la zìte

    ànne fatte na bbèlle accunżatúre, m’éja piaciúte pròpje. "hanno fatto una bella

    acconciatura alla sposa, mi è proprio

    piaciuta".

    accuóste avv. e agg. "accanto, accosto,

    attiguo": uagliò, viéne qquá, nun stènne

    sèmbe accuóste a lu mure, n'avènne paùre

    ca nu nże ne care. "ragazzo, vieni qua, non stare sempre accanto al muro, non aver

    paura che non se ne cade"; la casa sója jé

    accuóste a la nòste e se truóvene a li

    Tuóppele. "la sua casa è attigua alla nostra

    e si trovano ai Toppoli".

    accupá v.tr. "occupare".

    accuppá v.tr. "sopraffare": nu nde

    facènne accuppá ra quidde ca nunn'éja

    manghe l’ógne re lu rite tuje. "non ti far

    sopraffare da quello che non è neanche

    l'unghia del tuo dito".

    accurdàrse v.rifl. "accordarsi": mméce re

    fá cause penżàrne bbuóne re s’accurdá. "invece di fare causa pensarono bene di

    accordarsi".

    accurí v.intr. "accudire": la màmme

    mbaràje bbòne la figlie a accurí a tutte li

    suvrízzje re la case. "la mamma insegnò

    bene la figlia ad accudire tutti i servizi

    della casa".

    accurrènde agg. "occorrente": me

    manghe l’accurrènde pe ścrive, nu nde

    pòzze ścrive la cartullíne. "mi manca l'occorrente per scrivere, non ti posso

    scrivere la cartolina".

  • accurtá v.tr. "accorciare".

    accurtatóre s.f. "scorciatoia": p’arruuá

    cchiù prjéste a la massaríje, pegliàmme

    l’accurtatóre sótte Sand’Ulíje. "per

    arrivare più presto alla masseria,

    prendemmo la scorciatoia sotto Sant'Elia".

    accùrte agg. "a corto, vicino".

    accusciá v.tr. "assecondare".

    accussessíje avv. "così sia".

    accussì avv. "così"; - e accuddì: "così e

    cosà"; -accussì avv. "discretamente".

    accustá v.tr. "accostare".

    accustumá v.tr. "accostumare": Peppíne

    avéve bbuóne accustumáte lu figlie,

    avastáve na paróle e quidde capéve tutte.

    "Giuseppe aveva ben accostumato il figlio,

    bastava una parola e quello capiva tutto".

    accustumí v.tr. "addomesticare":

    Peppúcce tenéve nu cane furèsteche, ma

    riascíje a accustumírle cúme recéve idde.

    "Giuseppe teneva un cane foresto, ma

    riuscì ad addomesticarlo come diceva lui".

    accuzzá v.tr. "battere con il dorso

    dell‟occhio dell‟accetta".

    àcene s.m. "acino, chicco"; dim.

    acenjédde; - re case s.m. "cantuccio di

    cacio"; - re grane s.m.pl. "semini (pasta

    alimentare)"; - re pépe s.m.pl. "peperini

    (pasta alimentare)".

    acetá v.tr.rifl. "agitare": jé nu cristjàne

    ca se àcete pe nnjénde. "è una persona che

    si agita per niente".

    ácete agg. "acido".

    ache s.m. "ago"; pl. àquare.

    acíte s.m. "aceto"; acíte, a l'- loc.avv.

    "sottaceto": musére m'agghia fá na nżaláte r'aulíve nèure e re pupàjne a l'acíte.

    "stasera mi devo fare un‟insalata di olive

    nere e di peperoni sottaceto".

    acízze agg. "acido": ajérematíne nu

    mbutjétte véve ru llatte pecchè se n’ére

    jute r’acízze. "ieri mattina non potei bere il

    latte perché era diventato acido".

    Acqua Sàuze s.f. "Acqua Salsa (contrada

    sulla strada per Panni-Scalo vicino alla

    fontana)".

    acquajuóle s.m. "acquaiolo, fontaniere":

    appríme sendíve re passá ògne mmatíne

    l'acquajuóle ca alluccáve pe re strare

    "acque fréśche, acque fréśche". "prima

    sentivi di passare ogni mattina l'acquaiolo

    che urlava per le strade "acqua fresca,

    acqua fresca".

    acquarágge s.f. "acquaragia".

    acquarèdde s.f.dim. "acquerella,

    pioggerellina": quédd’acquarèdde ca à

    ffatte jé póche, à lluvate sule la pólve.

    "quella pioggerellina che ha fatto è poca,

    ha tolto solo la polvere".

    acquasále s.f. "fette di pane bagnate e

    condite con olio e sale".

    acquasandère s.f. "acquasantiera": li

    cristjàne se nfunnévene re ddéte nd’a

    l’acquasandère a la trasute e a l'asciute re

    la chjésje. "le persone si bagnavano le dita

    nell'acquasantiera all'entrata e all'uscita

    della chiesa".

    acquasciòscie s.f. "brodaglia".

    acque s f. "pioggia"; - a llavíne s.f.

    "pioggia continua"; - furjóse s.f. "pioggia

    violenta".

    acre agg. "agro"; dim. agrulílle.

    addà avv. "in là".

    addàje s.m. "lezzo".

    addáte s.m. "appuntamento".

    adde s.m. "gallo": lu adde jé lu rré re lu

    addenáre. "il gallo è il re del pollaio". -re

    nòtte s.m. "upupa": cúme face la squríje,

    lu adde re nòtte accummènże a ccandá. "come abbuia, l‟upupa incomincia a

    cantare".

    addecrjá v.tr. "ricreare".

    addenáre s m. "pollaio".

    addettá v.tr. "dettare": m’àja addettá na

    léttere pecché éo nun la sacce ścrive ra sóle. "mi devi dettare una lettera perché io

    non la so scrivere da sola".

    addezziuná v.tr. "addizionare":

    addezzjúne tutte li nnùmmere e famme

    sapé lu tutale, pe me rjulá. "addiziona tutti

    i numeri e fammi sapere il totale per

    regolarmi".

    addíne s.f. "gallina"; dim. addenèlle.

    addjá v.intr. "emergere, gallare": vóle

    sèmbe addjá, nunn’avasce pe nnjénde la

    cape. "vuole sempre emergere, non

    abbassa per niente la testa".

    addòbbje s.m. "anestesia": nu lu sapíme,

    mó ca òperene a mmaríteme a l’uócchie, si

    ce fanne l’addòbbje pe tutte la persóne o

  • no. "non lo sappiamo, ora che operano a

    mio marito all'occhio, se ci fanno

    l'anestesia totale o no".

    addòrme v.tr.intr. "addormentare,

    indolenzire": adduórme appríme lu

    criatúre e pó ce mettíme a mmangiá.

    "addormenta prima il bambino e poi ci

    mettiamo a mangiare". p.p. addurmúte:

    m'agghie fatte na ścapezzatóre sóp’a la sègge e s’éja addurmúte lu vrazze. "mi

    sono fatto un pisolino sulla sedia e si è

    indolenzito il braccio".

    addréte avv. "addietro, dietro, indietro":

    addréte a tutte se mettíje idde, pecchè

    tenéve ścuórne re se fá veré. "dietro a tutti si mise lui, perché aveva vergogna di farsi

    vedere".

    addubbjá v.tr. "anestetizzare".

    addúcce s.m. "galletto": m’ànne purtate

    nu addúcce, l'agghia còce cu ddòje patane

    a lu furne. "mi hanno portato un galletto,

    lo devo cuocere con le patate al forno".

    addùce v.tr. "addurre, portare": stache

    aspettánne a mmaríteme e ffìglime, ca se

    addúcene ra fóre ròje jéte, re vvòglie còce

    sùbbete cu re ppezzòtte. "sto aspettando

    mio marito e mio figlio, che se portano

    dalla campagna le bietole, le voglio

    cuocere subito con i quadrucci"; p.p.

    addútte.

    adduluráte agg. "addolorato".

    addummanná v.tr. "domandare": a

    l’isáme lu prufussóre m’addummannáje

    tanda cóse. "all'esame il professore mi

    domandò tante cose".

    addummurá v.tr. "ritardare, tardare":

    crajmatíne n'addummurá a auzàrte se no

    pjérde lu tréne. "domattina non tardare ad

    alzarti altrimenti perdi il treno".

    addunárse v.rifl. "accorgersi": s'addunáje

    ca lu vulévene vatte e si ne fuíje. "si

    accorse che lo volevano battere e se ne

    scappò".

    adduóre s.m. "odore, profumo": ché

    adduóre ca se sènde ra fóre, cummà ché

    staje cucènne?. "che odore che si sente da

    fuori, comare che stai cucinando?".

    addurá v.tr. "odorare".

    addurènde agg. "odoroso": stu mazzètte

    re vjóle jé assáje addurènde. "questo

    mazzetto di viole è molto odoroso".

    adduríne s.m. "profumo (miscela)".

    aduprá v.tr. "adoperare": figlie míje,

    avíte aduprá la mazze ògne tande cu li

    uagliúne vuóste pe ce rá na nżénghe re rucazzjóne. "figli miei, dovete adoperare il

    bastone ogni tanto con i vostri ragazzi per

    darci un pò di educazione".

    adurazzjóne s.f. "adorazione".

    aèreje loc.avv. "a vanvera": nu

    mbarlànne aèreje, li fatte stanne re n'ata

    manére e peqquésse statte citte. "non

    parlare a vanvera, i fatti stanno in un'altra

    maniera e perciò stai zitto".

    affàbbele agg. "affabile".

    affacciá v.tr. "affacciare": attjénde

    angóre lu criature s’affàcce a la funèste e

    care abbasce. "attenta ancora il bambino si

    affaccia alla finestra e cade giù".

    affacennáte p.p. e agg. "affaccendato":

    jé tutte affacennáte a ammassá ru ppane,

    pecché la furnáre à ddate l’óre pe lu purtá

    a ccòce. "è tutta affaccendata a panificare,

    perché la fornaia ha dato l'ora per portarlo

    a cuocere".

    affameljá v.rifl. "familiarizzare": làssule

    appríme affameljá cu ffràtete e pó vire ca

    cange aspètte. "lascialo prima

    familiarizzare con tuo fratello e poi vedi

    che cambia aspetto".

    affannúse agg. "affannoso": Runà, staje

    affannúse, ché nu nde sjénde bbuóne?

    Camíne vá nd’a lu mjéreche!. "Donato,

    stai affannoso, che non ti senti bene?

    Cammina vai dal medico!".

    affaráte p.p. e agg. "affaccendato".

    affasciá v.tr. "affastellare": specciámece

    a affasciá ru ffiéne e a trasírle rinde ca mó

    véne a cchióve. "sbrighiamoci ad

    affastellare il fieno e ad entrarlo che ora

    viene a piovere".

    affauttá v.tr. "affagottare": nu lu vire

    cúme stá tutte affauttáte nd’a l'àbbete

    nuóve ca nu nże póte manghe mòve. "non lo vedi come sta tutto affagottato nel

    vestito nuovo che non si può neanche

    muovere".

  • afferrá pe li ciurle v.tr. "accapigliare":

    quédde e ddòje fémmene letecánne,

    s’afferrárne pe li ciurle. "quelle due donne

    litigando, si accapigliarono".

    àffete s.f. "afta".

    affettíve agg. "effettivo": mó Ndenjúcce

    jé passate affettíve póte ròrme sóp’a

    qquatte cuscéne. "ora Antonio è passato

    effettivo può dormire su quattro cuscini".

    affezzjuná v.tr. "affezionare": nu

    nd’affezzjuná tròppe a qquissu criature, ca

    craje la màmme se lu pòrte e tu rjéste sóle.

    "non ti affezionare troppo a codesto

    bambino, che domani la mamma se lo

    porta e tu resti sola".

    affihurá v.tr. "figurare, raffigurare": me

    l'affihuráve cchiù cciuótte, ma nunn’éja

    alluuére. "me lo figuravo più grasso, ma

    non è vero".

    affíle loc.avv. "in fila, in ordine"; -affíle

    avv. "integralmente".

    afflusciá v.intr. "afflosciare": me sènde

    tutte afflusciáte, sarrá lu càure. "mi sento

    tutto afflosciato, sarà il caldo".

    affòrge loc.avv. "tirare per il naso i

    buoi".

    affòrze loc.avv. "per forza".

    affrangá v.tr. "affrancare, risparmiare".

    affrónde loc.avv. "in confronto".

    affrundá v.tr. "affrontare, indovinare":

    cumbà quéssa setuazzjóne o óje o craje

    l’àja affrundá, fatte capace. "compare,

    codesta situazione o oggi o domani la devi

    affrontare, fatti capace".

    affrúnde s.m. "affronto": agghi avute

    n’affrúnde ra Tummasíne, ra chi manghe

    te crire àje li ścarpíne. "ho avuto un affronto da Tommaso, da chi neanche ti

    credi hai gli sgambetti".

    affucá v.tr.fig. "affogare, soffocare nel

    togliere il respiro": affucàje lu respiacére

    nd’a na buttíglie re vine. "affogò il

    dispiacere in una bottiglia di vino".

    affullá v.tr. "affollare".

    affumá v.tr. "affumicare": s’éja affumáte

    assàje la cucíne, auànne l'agghia fá

    janghiá. "si è molto affumicata la cucina,

    quest'anno la devo far imbiancare".

    affunná v.tr. "affondare".

    affurtunáte agg. "fortunato": quanne

    jóche vénge sèmbe, jé pròpje affurtunáte.

    "quando gioca vince sempre, è proprio

    fortunato".

    affussá v.tr. "affossare".

    aggarbá v.intr. "garbare": nun

    m’aggárbene ste pparóle tóje. "non mi

    garbano queste tue parole".

    aggarbáte agg. "ondulato": ché bbèlle

    capídde aggarbáte ca tjéne, re vvulésse

    tené pure éo. "che bei capelli ondulati che

    tieni, li vorrei tenere anch'io".

    aggevulá v.tr. "agevolare": a l'isame

    Peppenjélle jé state assàje aggevuláte ra li

    prufussúre, ngrazjarDdíje jé state

    pròmòsse. "agli esami Giuseppe è stato

    molto agevolato dai professori, grazie a

    Dio è stato promosso".

    agghiaurá v.tr. "bruciacchiare": Cungè,

    nu mmettènne assàje caravúne nd’a lu

    ścalefaljétte se no s’agghiàurene re

    lenżóle. "Concetta, non mettere molti carboni nello scaldaletto altrimenti si

    bruciacchiano le lenzuola".

    agghiazzá v.intr. "andare a letto, mettere

    l'animale nello stabbiolo".

    agghiónge v.tr. "aggiungere": àja

    agghiónge l'ate uóglie a lu sùche, ce n'àje

    misse póche jé pròpje sciaccquáte. "devi

    aggiungere altro olio al sugo, ne hai messo

    poco è proprio sciacquato". p.p.

    agghiúnde; -li vuóve v.tr. "aggiogare i

    buoi": agghiúnge li vuóve ca mó me métte

    a ará ssa pónde re tèrre. "aggioga i buoi

    che ora mi metto ad arare codesta punta di

    terra".

    agghiurdárse v.rifl. "ammalarsi delle

    ginocchia dei cavalli".

    agghiurecá v.tr. "aggiudicare": a la fèste

    re San Custànże s’éja agghiurecáte lu prime prèmje a lu pàleje. "alla festa di San

    Costanzo si è aggiudicato il primo premio

    alla cuccagna".

    aggí v.intr. "agire", p.p. aggíte.

    aggíre s.m. " comportamento".

    aggradí v.tr. "gradire"; p.p. aggradíte.

    aggrangá v.intr. "aggranchiare": pe lu

    fridde se sònghe aggrangáte re mmane,

    m’agghia métte li uande. "per il freddo si

  • sono aggranchiate le mani, mi devo

    mettere i guanti".

    aggranfá v.tr. "avvinghiare": la èrre jé

    na chiande ca s'aggrànfe a l'àrbele.

    "l'edera è una pianta che si avvinghia

    all'albero".

    aggratísse avv. "gratis": trasíte ggènde,

    ca óje jé tutte aggratísse. "entrate gente,

    che oggi è tutto gratis".

    aggroppá v.tr. "spostare animali di lato".

    agguàje-agguàje avv. "appena-appena".

    agguàjtepéne avv. "appena".

    agguardá v.tr. "aspettare".

    agguattárse v.rifl. "accovacciarsi,

    acquattarsi, infilarsi sotto le coperte": me

    sònghe agguattáte addréte a na ròcchie e

    ddá sònghe state citte citte pe nun me fá

    ścòrge. "mi sono accovacciato dietro a un cespuglio e lì sono stato zitto zitto per non

    farmi scorgere"; s'agguattáje a nu zinne e

    ddá rumàníje pe tutte la serate. "si

    acquattò a un canto e là rimase per tutta la

    serata".

    aggubbá v.tr. "aggobbire": àje viste

    cúme s'éja aggubbàte? Na nżénghe jé la

    ità e na nżénghe ca jé state sèmbe calate sóp’a la fatíje. "hai visto come si è

    aggobbito? Un pò è l'età e un pò che è

    stato sempre chinato sul lavoro".

    agliaccá v.tr. "masticare pigramente".

    agliàneche s.m. "aleatico".

    agliàteche agg. "lugliatico".

    aglicèdde s.f. "piccolo aglio".

    aglistrjédde agg. "ben pasciuto".

    agnúne pron.indef. "ognuno": agnúne se

    facésse li fatte suje. "ognuno si facesse i

    fatti suoi".

    ahucáte s.m. "avvocato".

    ahurá v.tr. "augurare": t’ahúrje tutte lu

    bbéne ca vuó, figlia míje, cu tutte lu córe.

    "ti auguro tutto il bene che vuoi, figlia mia,

    con tutto il cuore".

    ahúrje s.m. "augurio": ahúrje tatarà,

    cjénde e ccjénde re quisti juórne. "auguri

    nonno, cento e cento di questi giorni".

    ajére avv. "ieri".

    ajérematíne avv. "ieri mattina":

    ajérematíne jémme a lu Cummènde pe ffá

    na vìsete a la Marònne. "ieri mattina

    andammo al Convento per fare una visita

    alla Madonna".

    ajéressére avv. "ieri sera".

    àjme agg. "azzimo": ru ppane jéve àjme

    e l'avjémme jttá, jé state nu peccate ma ché

    avévema fá?. "il pane era azzimo e lo

    dovemmo buttare, è stato un peccato, ma

    che dovevamo fare?".

    ajutá v.tr. "aiutare": quanne puó ajutá la

    pòvra ggènde fàlle, Ddíje te lu rrènne.

    "quando puoi aiutare la povera gente fallo,

    che Dio te lo rende".

    àjne s.m. "agnello"; dim. ajnecjédde;

    accr. àjne gruósse.

    ajníce s.f. "cenerina": nd'a lu vrascjére

    ce stá angóre na nżénghe r'ajníce, ma ché te vuó nfucá, t'àja sule ìre a culecá. "nel

    braciere c'è ancora un po‟ di cenerina, ma

    che ti vuoi riscaldare, ti devi solo andare a

    coricare".

    ajstecá v.tr. "istigare": làssule ìre nu lu

    ajstecá se no jé pègge. "lascialo andare

    non lo istigare altrimenti è peggio".

    alá v.intr. "sbadigliare": "quanne àle,

    mitte la mane nnande a la vócche pe

    rrucazzjóne. "quando sbadigli metti la

    mano davanti alla bocca per educazione".

    alabbunáte agg. "bonaccione,

    semplicione".

    alalundáne loc.avv. "alla lontana".

    alamáne loc.avv. "alla mano".

    alammèrse loc.avv. "all'inverso".

    alandrasátte loc.avv. "improvvisamente":

    sembràve na fineremúmme, alandrasátte

    se luvàje la luce mèndre ra fóre juccave.

    "sembrava un finimondo, improvvisamente

    si tolse la luce mentre fuori nevicava".

    alangarrére loc.avv. "di gran carriera":

    lu verjétte arruvá alangarrére ra lu

    Castjédde e me recíje c'avéve viste lu

    ścazzematjédde. "lo vidi arrivare di gran carriera dal castello e mi disse che aveva

    visto il folletto".

    alanúre loc.avv. "ignudo": nun stènne

    alanúre se no t'abbùśche nu ciamuórje. "non stare ignudo altrimenti ti buschi un

    raffreddore".

    alappjére loc.avv. "a piedi".

  • alaspásse loc.avv. "a spasso

    (disoccupato)".

    alasquríje loc.avv. "all'oscuro": appícce

    la luce, nun stènne alasquríje, àje vòglie a

    stá alasquríje sótta tèrre. "accendi la luce,

    non stare all'oscuro, hai voglia a stare

    all'oscuro sotto terra".

    alassacrése loc.avv. "improvvisamente".

    ale s.m "sbadiglio"; ale suje, a l'-

    loc.avv. "dalla sua parte".

    àleme re vjénde loc.avv. "alito di vento".

    alérte loc.avv. "in piedi".

    alíce s.f. "acciuga": nu nde piàcene li

    felatjélle cu l'alíce? Nu nżaje ché te pjérde!. "non ti piacciono gli spaghetti con

    le alici? Non sai che ti perdi!".

    alíme s.m "fiato debole".

    allaccanúte agg. "desideroso,

    insaziabile": nu nż'éja putute accattá re pprime cerase ca custávene assaje e jé

    rumaste allaccanúte. "non si è potuto

    comprare le prime ciliegie che costavano

    molto ed è rimasto desideroso"; jé

    allaccanúte, cchiù tténe e cchiù vvóle. "è

    insaziabile, più ha e più vuole".

    allahá v.tr. "allagare".

    allahamènde s.m. "allagamento": cu

    tutte quédd’acque ce fóje n’allahamènde

    nd’a lu juse dabbasce. "con tutta quella

    pioggia ci fu un allagamento nei sottani

    laggiù".

    allamá v.intr. "franare": a qquiddu

    punde àja fá nu canale pe ffá śculá l'acque, se no faje allamá tutte la tèrre. "a

    quel punto devi far un canale per far

    scolare la pioggia altrimenti fai allagare

    tutto il terreno".

    allarehá v.tr. "allargare": t'àja allerehá

    ssa vèste ca te vá strétte. "ti devi allargare

    codesto vestito che ti va stretto".

    allaścá v.tr. "allentare": jé bbèlle a tené

    li nepute, ma àja pùre allaścá li curdune re la bbórze. "è bello a tenere i nipoti, ma

    devi pure allentare i cordoni della borsa".

    allattànde agg. "lattante": pe Pasque

    agghi urdenáte a lu chianghiére n'àjne

    allattánde. "per Pasqua ho ordinato al

    macellaio un agnello lattante".

    allazzá v.tr. "allacciare": uaglió, allázzete

    re ścarpe cúme s’ànne allazzá, vòglie veré quanne t’àja mbará. "ragazzo, allacciati le

    scarpe come si devono allacciare, voglio

    vedere quando devi imparare". -nu pùjne

    v.tr. "tirare un pugno".

    alleccá v.tr. "leccare": nu nd’alleccá

    sèmbe sse ddéte ca faje śchife. "non ti leccare sempre codeste dita che fai schifo".

    alléccapjátte s.m. "leccapiatti".

    allecciá v.rifl. "andarsi a fare benedire".

    allecurdá v.tr. "ricordare".

    alleggerí v.tr. "digerire": ròppe mangiáte

    p’alleggerí, t’àja fá na passjàte. "dopo

    mangiato per digerire, devi fare una

    passeggiata".p.p. alleggerúte; -, nu nże póte- loc.avv. "indigesto": nu mbòzze

    mangiá assaje pìzze cu re cepódde pecché

    nu nże póte alleggerí. "non posso mangiare molta pizza con le cipolle perché

    è indigesta".

    allegrézze s.f. "allegria": ché allegrézze

    stéve nd’a sta case! E mmó andó jé jute a

    ffuní?. "che allegria stava in questa casa!"

    E ora dove è andata a finire?".

    allehá v.tr. "allegare": tatarà, a qquédda

    léttere àja allehá lu certefecáte, nu nde ne

    ścurdá. "nonno, a quella lettera devi allegare il certificato, non te ne scordare".

    allemá v.tr. "limare": pe gghí bbuóne àja

    appríme allemá quissu fjérre. "per andare

    bene devi prima limare codesto ferro".

    allendá v.tr. "allentare"; -nu pùjne v.tr.

    "tirare un pugno"; -nu ścaffe v.tr. "dare uno schiaffo".

    allenjá v.tr. "allineare".

    allesciá v.tr. "accarezzare, lisciare":

    sòreme nazzecáve lu criature e pe lu fá

    addòrme, chiane chiane l'allesciáve la

    facce. "mia sorella cullava il bambino e per

    farlo addormentare, piano piano gli

    accarezzava la faccia".

    allesciárse li capídde v.tr. "ravviarsi i

    capelli": allíscete ssi capídde c’assemíglie

    na janare. "ravviati codesti capelli che

    assomigli una strega".

    allesciàte s.f. "lisciata"; dim. allesciatèlle.

    allessá v.tr. "lessare".

    allésse agg. "lesso".

  • alletetóreje s.f. "baruffa, litigio": facjérne

    n’alletetóreje, sacce pe ché ccóse e nu nże salútene cchiù. " fecero una baruffa, non

    so per che cosa e non si salutano più".

    alletteráte agg. "letterato".

    allíte avv. "lite": agghi fatte allíte, nu lu

    vòglie cchiù veré. "ho litigato, non lo

    voglio più vedere"; dim. letechètte.

    allucá v.tr. "affittare, allogare": Prícete à

    allucáte quédda case ca tène a qquarte re

    vòrje a la màmme re Aitàne. "Brigida ha

    affittato quella casa che tiene dalla parte

    della borea alla mamma di Gaetano".

    alluccá v.intr. "gridare, sgridare,

    strillare, urlare".

    allúcche s.m. "grido, strillo, urlo": agghi

    sendute n'allúcche ra dammónde, sacce

    chi vóle èsse. "ho sentito un urlo da là

    sopra, non so chi vuole essere". Lisètte

    facíje n’allúcche quanne veríje nu

    surecídde, ca ce féce zumbá ra sópe a la

    sègge. "Luisa fece un urlo quando vide un

    topolino, che ci fece saltare dalla sedia". ce

    luvámme la ciuculáte ra mmane a lu

    criature e l’allúcche arruvárene a nu

    miglie. "togliemmo al bambino la

    cioccolata dalle mani e gli strilli arrivarono

    a un miglio".

    allucetá v.tr. "lucidare": quanne vuó àja

    allucetá lu pavemènde ra fóre. "quando

    vuoi devi lucidare il pavimento fuori".

    alluggiá v.tr. "alloggiare": lu alluggiàje

    pe ddùje mise, ròppe s’avía truvá na

    casarèdde, pecchè arruvàje fìglime ra

    l'Amèreche. "lo alloggiai per due mesi,

    dopo si dovette trovare una casetta, perché

    arrivò mio figlio dall'America".

    allumá la segarètte v.tr. "accendere la

    sigaretta".

    allumacannéle s.m. "accenditoio": lu

    sagrestáne appríme ausave

    l'allumacannéle. "il sagrestano prima

    usava l'accenditoio".

    alluméne avv. "almeno".

    allumínje s.m. "alluminio": Dorù,

    làssele pèrde re ttjèdde r’allumínje, mó

    t'àja accattá quédde r’azzáre. "Dora,

    lasciale perdere le pentole d'alluminio, ora

    ti devi comprare quelle d'acciaio".

    allundaná v.tr. "allontanare".

    alluónghe agg. " a lungo, lontano".

    allupá v.tr. "avere molta fame".

    allusciá v.tr. "vedere".

    allustrá v.tr. "lustrare le scarpe".

    allustrí v.tr. "lustrare i mobili".

    alúteme agg. "in ultimo".

    alluére agg. "vero": jé alluére ca

    Peppíne jé state ddà andó rice tu, ma idde

    nu ru vvóle ammétte e sacce pecché. "è

    vero che Giuseppe è stato là dove dici tu,

    ma lui non lo vuole ammettere e non so

    perché".

    Alvanjédde s.m. "Alvaniello (contrada

    sulla strada per Accadia, prima di arrivare

    al Bosco)".

    amábbele agg. "amabile": jé accussì

    amábbele ca te face mení la vòglie re lu

    sènde sèmbe re parlá. "è così amabile che

    ti fa venire la voglia di sentirlo sempre

    parlare".

    amaruósteche agg.m. "amarognolo"; f.

    amaròsteche. ambjèndá v.tr. "ambientare": àja avé

    paciénże ce vóle tjémbe pe t'ambjèndá, ché vuó fá jé tutta ggènde nóve. "devi

    avere pazienza ci vuole tempo per

    ambientarti, che vuoi fare è tutta gente

    nuova".

    Amèreca Bbóne "Stati Uniti".

    amiche s.m. "amico"; pl. amice; -stritte

    s.m "amico intimo"; f. amica strétte.

    ammaccá rusàreje v.tr. "recitare un

    rosaio dietro l'altro".

    ammagliá v.tr "biascicare, masticare

    lentamente": ché jé c’ammáglie, musére nu

    ndjéne fame?. "che cos‟è che mastichi

    lentamente, stasera non hai fame?.

    ammahagná v.tr. "ammaccare,

    magagnare".