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1 TRA SOLE E NUVOLE RACCOLTA DI TESTI A CURA DELLA CLASSE 2° L ANNO SCOLASTICO 2004/05 Scuola Media Statale Aldo Palazzeschi

RACCOLTA DI TESTI A CURA DELLA CLASSE 2° L ANNO …lavocedellecreature.altervista.org/alterpages/files/... · PERCHÈ VALE ANCORA LA PENA “INSEGNARE”. Sembra che oggi nessuno

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1 TRA SOLE E NUVOLE

RACCOLTA DI TESTI A CURA DELLA CLASSE 2° L

ANNO SCOLASTICO 2004/05

Scuola Media Statale Aldo Palazzeschi

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Tra sole e

nuvole...

VITA DI CLASSE

In questo numero

� VITA DI CLASSE � PAGINE DI DIARIO � TRA REALTA’ E FANTASIA � MEDIEVO:” Il fascino di quell’età del mezzo” � DOSSIER : “ I diritti negati” � SOS AMBIENTE � ALLA SCOPERTA DI TORINO

Chi siamo

Ciao a tutti !| Siamo gli alunni della 2^L, 25 “splendidi” ragazzi, simpatici, allegri, uniti ed affiatati, collaborativi e ben organizzati. I nostri professori sono contenti di noi, perché abbiamo una vivacità composta ed educata. Forse questo autoelogio è un po’ esagerato, ma rispecchia sicuramente ciò che noi vogliamo essere.Vi chiederete come ci sia venuta l’idea di pubblicare questo giornale. Ebbene, tutto è nato dalle centinaia di testi che la professoressa di Lettere ci ha fatto scrivere; dopo così tanta fatica, abbiamo pensato noi, perché lasciare questi capolavori a “marcire” dentro un quaderno? Perché non lasciare una testimonianza di noi e di questo bel periodo della nostra adolescenza, che magari un giorno, da adulti potremo rileggere con un pizzico di rimpianto. Così, con l’aiuto degli insegnanti, abbiamo stampato questo fascicolo, dove abbiamo raccolto le nostre riflessioni sui maggiori problemi che affliggono la terra, i frutti delle nostre ricerche, i ricordi delle nostre esperienze di vita scolastica, i nostri sentimenti, i rapporti che ci legano alle persone care…. Durante la lettura di questo giornalino vedrete come ci siamo calati, di volta in volta, nei vari ruoli che noi stessi assumiamo quotidianamente, di cittadini, di alunni, di figli e….di scrittori, o come talvolta ci siamo immedesimati in alcune delle persone con cui dividiamo la nostra vita. Siete pronti a partire con noi? Girate la pagina ed iniziate questo fantastico viaggio nel mondo della 2^L! Buona lettura!

A cura della classe 2°L – S.M.S. A. Palazzeschi- Numero unico Anno scolastico 2005

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VITA DI CLASSE

La nostra è proprio una bella classe! Ora frequentiamo la seconda e tra la maggior parte dei compagni si é instaurato un rapporto di solida amicizia. Siamo forse la classe più invidiata della scuola: siamo tranquilli e tutti abbastanza educati, questo fa sì che i professori abbiano fiducia in noi e ci permettano di partecipare a numerose iniziative extrascolastiche, come interessanti laboratori o visite guidate in bellissimi musei! Alla base della nostra ottima convivenza scolastica si trova una buona dose di educazione data dalle famiglie oltre che la disponibilità da parte di tutti a rispettarci e a credere nell’importanza delle regole.

Anche nelle cose belle, però, a volte c’è qualche difetto: anche a noi, qualche volta, è capitato di litigare: solitamente per motivi che, a ripensarci, sembrano futili e insignificanti, come la scelta di un film da vedere al cinema o una festa di compleanno. Per fortuna, anche grazie all’aiuto dei nostri insegnanti ed al rispetto reciproco, siamo riusciti a superare i momenti difficili, diventando una classe ancora più unita! Si, l’unità e la complicità che si sono create fra noi sono gli aspetti che rendono la nostra

classe davvero speciale! Tra di noi siamo sempre disposti ad aiutarci: se qualcuno dimentica del materiale scolastico siamo pronti a prestarlo, se qualcuno si è scordato di mettere la merenda dentro lo zaino c’è sempre chi è pronto dividere la sua. Anche durante le verifiche siamo molto solidali e ogni tanto qualche suggerimento ce lo lasciamo scappare! Questi possono sembrare piccoli gesti, ma è così che dimostriamo la nostra amicizia,la nostra consapevolezza in questa piccola “comunità” chiamata classe, dove è necessario collaborare se si vuole stare bene insieme.Devo dire che anche i professori ci aiutano in questo: Quando qualcuno di noi non capisce al volo ciò che si spiega non è un problema: gli insegnanti infatti, se notano qualche difficoltà da parte di qualcuno sono subito disponibili ad aiutare e ad organizzare gruppi di recupero; è rassicurante per noi sentirci pienamente compresi compresi e seguiti nei problemi scolastici, e non solo in quelli! Siamo molto orgogliosi della nostra classe , anche se …., dobbiamo ammetterlo, qualche compagno non sempre educato c’è : a volte capita di sentire parole offensive, di assistere a scherzi un po’ pesanti o di mostrare antipatia ed intolleranza verso qualcuno, ma con la buona volontà di tutti anche questi screzi potranno essere superati ed i nostri rapporti potranno ancora migliorare. Gli alunni della Seconda L

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PERCHÈ VALE ANCORA LA PENA “INSEGNARE”.

Sembra che oggi nessuno voglia più fare l’insegnate: è un mestiere controcorrente, non ti dà potere né prestigio, non ti permette di fare carriera, tenta di trasformarti in odiato burocrate, soprattutto è poco remunerato, se si considerano l’impegno, le responsabilità ed il delicato compito educativo che comporta. Ho letto i risultati di un sondaggio proposto da un docente di Pisa su 150 studenti, da cui emerge che l’insegnante è percepito come un fantoccio, un frustrato, una figura triste, demotivata ed un po’ sorpassata. Spero che i miei alunni non mi vedano così, perché io non mi riconosco in questo ritratto.

Nonostante i risvolti negativi di cui sopra e la constatazione che la scuola non sta andando come vorrei, tenterò di difendere il mio mestiere, per quello che è, nella sua essenza, al di fuori delle contingenze storiche che lo rendono di volta in volta più o meno attraente. Decisi di fare l’insegnante fin da quando frequentavo la scuola media e rimasi calamitata dalla bravura e dalla carica umana della mia professoressa. Di questa scelta non mi sono mai pentita. Fare l’insegnante non ha significato per me solo trasmettere cultura (certo, anche questo, e non è cosa da poco), ma condividere con i ragazzi esperienze, sentimenti, problemi e conquiste, discutere insieme a loro le realtà del mondo ed imparare ad analizzare le cose anche dal loro punto di vista. Ogni loro fallimento mi ha costretta a mettermi in discussione, ogni loro successo o piccolo progresso mi ha incoraggiata e fortemente ripagata di una retribuzione quasi da fame. Così continua ad essere anche ora, a pochi anni dalla pensione, soprattutto con la mia attuale classe, la seconda L, a cui dedico questo scritto. Con i miei alunni riesco a

vivere e lavorare con grande serenità. Sono ragazzi in gamba, simpatici, educati, sensibili, rispettosi, disponibili ….. e potrei continuare con gli elogi, ma non vorrei si montassero troppo la testa! Insomma hanno tante qualità che oggi sembrano in via di estinzione. Sanno ancora fare salti di gioia per un bel voto e rattristarsi per un esito negativo; credono ancora che la scuola sia un momento importante della vita e possa contribuire a creare il loro futuro; vengono volentieri a scuola, anche se accolgono con euforia ogni avviso di vacanza, di sciopero o assemblea sindacale dei docenti. Sono quasi tutti volenterosi e diligenti (queste parole siano di stimolo a chi sa di doversi impegnare maggiormente). Sono sempre pronti ad accettare le mie proposte di lavoro o di altro genere: siamo riusciti ad organizzare in quattro e quattr’otto una festa di compleanno in classe, con tanto di regalo, per allietare una compagna che stava attraversando un momento difficile! Non manifestano grandi pretese, tranne quando mi assillano perché vogliono essere cambiati di posto, con la scusa che ciò serve ad accrescere la socializzazione (cosa a cui sanno io tengo moltissimo): in realtà sono convinta che la loro speranza sia quella di capitare prima o poi vicino all’amico o amica del cuore. Costituiscono un bel gruppo affiatato, sono pronti ad aiutarsi in ogni circostanza, sanno essere grandi amici, ma voglio approfittare di queste righe per chiedere loro di volersi ancora più bene e di porre fine a quelle scaramucce, a quegli scherzi a volte eccessivi o a quelle parole “ di troppo” che turbano, per fortuna di rado, l’armonia di questa bella classe. Potrei scrivere per ore di loro, chiudo con l’augurio che questi tre anni di scuola media li aiutino a crescere e a maturare e siano ricordati con tanta allegria e… perché no, con un po’ di nostalgia. La professoressa di Lettere della 2^L Gabriella Liberto

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PAGINE DI DIARIO

Per gli adolescenti è importante scrivere un diario: aiuta a far riflettere e a trovare un vero

“amico” con cui confidarsi, sfogarsi e parlare dei propri problemi. Noi abbiamo colto con piacere l’invito della nostra professoressa di lettere a scrivere pagine di diario, così avremmo potuto meglio esprimere noi stessi, confrontare le nostre opinioni con quelle dei compagni, evidenziare i lati positivi o negativi del nostro carattere, immaginare quello che pensano di noi le persone vicine. Leggeteci e potrete conoscerci sempre meglio. BUONA LETTURA!!!

Caro diario, da oggi ho deciso di iniziare a confidarmi con qualcuno che non siano i miei genitori ed ho scelto questi tuoi candidi, rassicuranti fogli. Sarai per me un amico fedele e sincero, in compenso, io, ogni giorno ti terrò informato sulle mie vicende personali. Questa mattina sono andato a scuola, ho passato una bella mattinata ed eccomi pronto a raccontarti il perché ho deciso di tenere un diario. Con te, potrò confidarmi e raccontarti i miei stati d’animo sia positivi che negativi, i miei pensieri; e poi ogni giorno ti terrò informato su ciò che succede a scuola , a calcio con gli allenatori e la mia squadra e con miei genitori. Certo non scrivo un diario per mancanza di amici o di confidenti, ma perché mi attira l’idea di mettere nero su bianco riguardo alla mia vita quotidiana in questa età della mia crescita, una specie di biografia, e chissà, fra qualche anno ti rileggerò e ricorderò con un briciolo di nostalgia questi anni spensierati e felici. Devo anche premettere che non sempre avrò molta voglia di scriverti, data la mia proverbiale pigrizia, ma mi impegnerò a farlo, perché penso che sfogarsi su un “pezzo di carta” sia abbastanza facile e ti aiuta a scaricarti. Adesso ti devo lasciare perché devo finire di studiare, ma ti prometto che domani ti riaprirò e ti scriverò quello che è successo.

P.S. Ti sistemo nel mio scaffale vicino ai miei libri scolastici ed ai miei giochi, così non sarai Mai solo. Non ho bisogno di nasconderti perché né mamma né papà sono dei ficcanaso. Mattia Rizzon

Dal diario di una figlia

Caro diario , oggi ho avuto una discussione con mia madre : lei diceva che ho un brutto carattere perché sono scontrosa , ribatto , insisto troppo, non mi va mai bene niente … Beh , a volte è vero , ma credo che esageri un po’ : secondo me , ogni suo “ mai ” potrebbe

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diventare un “ qualche volta ”, il suo “ scontrosa ”potrebbe significare “ ogni tanto risponde bruscamente ”. E poi, comunque, tutti hanno le loro giornate no….. Una cosa che non riesco a capire è quando, trovandosi in una stessa situazione, a volte mamma mi sgrida e si infuria, mentre altre volte mi dice appena “Cerca di fare più attenzione!”

O frasi simili,incoraggianti e affettuose. So che lei è sempre molto stanca , ma credo che non debba prendersela con me o con papà: in fondo noi cosa c’entriamo? Quando mamma è stanca si arrabbia facilmente, parla poco, non ha fame ….Quando invece siamo in vacanza, prende il sole, legge, chiacchiera e si arrabbia solo per le cose gravi. Spesso la mamma ha un carattere “variabile “: prima si arrabbia e mi sgrida, poi mi coccola, scherza, guarda la televisione con me, cose che non farebbe se fosse veramente arrabbiata. A parte questo, “LA MAMMA è SEMPRE LA MAMMA”: una persona che ti ascolta, ti capisce, ti sa aiutare ed è sempre al tuo fianco. So bene che tu, diario, non puoi provare le mie stesse sensazioni, perché non hai una mamma, ma so anche che accetterai i miei sfoghi ed i miei momenti di crisi, come hai già fatto tutte le altre volte e sono sicura che ce la farai, perché sei il mio diario e, anche se non materialmente, mi aiuterai a crescere, a vivere, a capirmi e a migliorarmi, e, soprattutto, mi sosterrai in ogni momento (proprio come la mamma). Gaia Taberna

Dal diario di un figlio

Caro diario oggi è uno di quei giorni in cui potevo stare zitto e continuare la mia vita quotidiana senza procurare un altro dispiacere a mamma. Tutto è accaduto a causa della mia testardaggine, questa mi porta a comportarmi come realmente non sono, insomma divento

antipatico, alle volte odioso se non dispotico…! Ti racconto il fatto: come al solito, quando arrivo a casa da scuola, pranzo e subito inizio a svolgere i compiti per l’indomani. Oggi pomeriggio dovevo studiare, anzi dovevo riassumere un testo oralmente; ho riassunto e poi a voce l’ ho ripetuto a mamma. Devo dire che mi sentivo un leone perché “La sapevo benissimo” ma mamma, dopo avermi ascoltato, con il suo solito tono pacato ha sentenziato “Così non va, non va, non è un riassunto, è un telegramma…”. In quel momento mi è ribollito il sangue, ho urlato, strillandole che si sentiva sempre al di sopra di tutti. Insomma mi ero proprio stancato dei suoi rimproveri… e, quasi senza considerarla, ho lasciato la scrivania e mi sono avvicinato al computer giocando con il nuovo gioco… Ho percepito un’ atmosfera stranamente gelida, ma il mio orgoglio era più forte di tutto ciò…! Mamma quasi non parlava, era ferita e si vedeva, era triste e a me dispiaceva averla trattata così male… Dopo un po’ non ho più resistito e…, finalmente ho chiesto scusa per il mio comportamento. Mamma, e solo mamma, sa perdonare in questo modo, dicendomi: “Bisogna riconoscere il proprio errore” e con queste parole mi mette di fronte a quelli che saranno i miei problemi futuri. Certo devo smussare il mio carattere, soprattutto nella testardaggine e nell’ orgoglio. Spero di migliorarmi perché lei cerca sempre di aiutarmi per il mio bene. Un passo avanti l’ ho già fatto scrivendoti ciò che è accaduto, ora ti lascio perché devo andare a calcio. Mattia Rizzon

Dal diario di una madre 29 ottobre 2004

Oggi ho ritrovato il diario che teneva Gaia quando aveva circa 12 anni; non sono riuscita a trattenermi, così l’ho letto e adesso sono qui che scrivo i miei ricordi di tutti i miei giorni passati con lei.

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Ogni giorno era sempre la stessa storia: al mattino, quando si svegliava, dovevo aspettare che lei si alzasse, se no si riaddormentava. Una volta finito di lavarsi, Gaia veniva in cucina a fare colazione: lei ha sempre odiato la colazione e, soprattutto, odia il latte, quindi puoi immaginare quanto impiegasse a bere una tazza di latte al cacao e mangiare due biscotti e un po’ di cornflakes. A volte mi chiedeva di provare a comprare per colazione delle brioches o dei biscotti diversi ma dopo poco si stufava anche di quelli e quindi ricominciava a prendere il solito latte con i soliti biscotti. Sapevo che se le avessi dato per colazione un panino, una pizza o un piatto di pastasciutta non si sarebbe più lamentata, ma non mi sembrava una colazione adatta. Una volta andata a scuola, i problemi finivano, per poi ricominciare alla sera, dopo cena. Quando arrivavo a casa dall’ufficio alle 4.30, Gaia stava studiando e facendo i compiti; della scuola proprio non mi posso lamentare: Gaia ha sempre fatto i compiti e studiato ed è sempre riuscita a cavarsela da sola e ad organizzarsi, mentre era a casa. Durante la settimana era sempre molto impegnata (allenamenti di pallavolo e di atletica e corso di pianoforte) eppure riusciva sempre a giocare, leggere e rilassarsi. Siccome gli allenamenti di pallavolo finivano la sera alle 8.15, cenavamo tutti verso le 9; penso che la cena fosse il pasto preferito di Gaia: mangiava fino a scoppiare! Come ho già detto, dopo cena cominciavano i problemi: io, spesso, stiravo i vestiti in cucina, mentre guardavo la televisione; Gaia mi chiedeva se, intanto che si metteva il pigiama, poteva tenermi compagnia e io, sapendo che poi avrebbe trovato un’altra scusa per restare a guardare la televisione, le rispondevo che sarebbe dovuta andare a letto presto; così Gaia, dopo aver continuato a protestare, peggiorando solo la situazione,

andava a letto con l’aria imbronciata e cadeva subito in un sonno profondo, anche se al mattino sosteneva di aver fatto fatica ad addormentarsi. Bisogna dire che Gaia ha sempre avuto l’abitudine di protestare per ogni cosa, diventando, a volte, irritante. Dopo poco tempo, Gaia trovò subito una soluzione al fatto di non poter guardare la televisione: incominciò a leggere libri che diceva la facessero sognare e, secondo me, anche migliorare nei testi di italiano. Finita la mezz’ora di lettura, spegneva la lampada sul comodino e si addormentava. Da quel che ho scritto potrebbe sembrare che Gaia fosse solo colma di difetti e priva di pregi; invece Gaia era responsabile, educata, sapeva essere seria o divertente nei momenti giusti…ed è così ancor… Uhm?! Qualcuno ha suonato alla porta; scusa, diario, ma mio marito è uscito e io sono sola in casa, quindi sta a me andare ad aprire la porta; comunque io non aspetto nessuno e Roberto ha appena preso la macchina per andare al supermercato; quindi, chi mai sarà?… Ma certo, me n’ero dimenticata! Oggi pomeriggio doveva passare a trovarci Gaia; sarà felice di riavere il suo caro diario e di poterlo rileggere, con inclusa questa mia pagina. Sentendo questo anche tu non dovresti più stare nella pelle: stai per ritornare in mano alla tua cara autrice! Ora non voglio più farti aspettare: adesso vado ad aprire la porta a Gaia e poi subito ti riconsegnerò a lei…. Mi raccomando: non ti emozionare troppo e non piangere, anche se sono passati così tanti anni! Grazie ancora per avermi ascoltato e per aver ascoltato, tanto tempo fa, anche la mia bambina. Con tanto affetto La mamma di Gaia (Gaia Taberna)

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Dal diario di una madre

Caro diario, quante volte ho detto a mio figlio di mettere posto i suoi giochi del computer. Stamattina stavo andando a fargli il letto quando, improvvisamente, sono inciampata su un suo disco e urlando a più non posso , neanche Pavarotti poteva fare meglio; ho iniziato a sgridarlo per il suo disordine; tra me e me ho pensato: “Ha preso tutto da suo padre…” gelandomi con la mitica frase: “Nel mio disordine trovo tutto”.

Dopo aver calpestato e quindi rotto il disco mi sono sentita dire che devo prestare più attenzione, perché quel disco era il suo gioco preferito. Non nascondo di aver contato fino ad un milione prima di ricordargli che tenere ordinate le proprie cose non richiede la laurea ad Oxford e continuando ho detto: “La prossima volta tu ordinerai i tuoi giochi così non avrai nulla da temere”. Un’altra volta non aveva studiato a fondo la lezione di Storia e io gli ho detto: ”Ripassa, studia meglio perché, se per caso, la professoressa ti interroga domani non avrai una buona valutazione”. Lui convinto mi ha risposto che io non ero la professoressa e che sapeva lui cosa fare! A quel punto ho lasciato perdere pensando che alla sua età forse, mi comportavo anch’io in quel modo. Ma come è vero che ogni giorno spunta il sole, così il giorno dopo è stato interrogato, neanche da dire: ”Poteva fare meglio”. Non è proprio un figlio degenere e devo riconoscergli diverse qualità come la tenacia e l’allegria, anzi per nessuna ragione al mondo lo cambierei con un altro, neanche il…” più perfetto” o più ordinato: dopo

l’iniziale goduria mi sembrerebbe un clone di noi adulti! Penso che bisogna vivere tutte le età con i suoi pregi e i suoi difetti; spero che il mio ragazzo migliori, ma in fondo dodici anni sono anche belli per tutto quello che ho raccontato. la mamma di Mattia (Mattia Rizzon)

Dal diario di una madre

Caro diario, oggi ti parlo di una persona per me molto speciale: mia figlia Ilenia. Si sa, i figli danno tante gioie, ma a volte ci fanno un po’ arrabbiare, per fortuna Ilenia mi dà più gioie che dispiaceri. Per esempio, qualche giorno fa è stato il suo compleanno ed io, come sai, sono malata da tempo e non potevo alzarmi dal letto; ho pensato e ripensato a come renderle quel giorno più bello possibile. Mi sono svegliata alle sei del mattino per contattare la radio e per farle gli auguri tramite il DJ , ho visto la sua espressione stupita quando li ha sentiti.

Non ero ancora soddisfatta, così le ho scritto una letterina e gliela ho fatta recapitare a scuola nel bel mezzo di una lezione; quando Ilenia è arrivata a casa mi ha raccontato che quasi tutti in classe, lei compresa, si sono commossi. A me è bastato vedere la sua espressione sorridente per capire che basta poco per renderle una giornata speciale, perché Ilenia è una ragazzina molto sensibile, che sa gioire anche delle piccole cose e sa essere grata per ciò che ha senza pretendere troppo.

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Non è certo perfetta, a volte si arrabbia e risponde male a tutti oppure perde la pazienza e vuole star da sola, ma anche in quei momenti io cerco di capirla, così come lei, nonostante la sua giovane età, cerca di capire me. Forse tutti i genitori sono fieri dei propri figli, ma io in particolare vedo in Ilenia una persona che, con i suoi pregi e con i suoi difetti, sa donare molto a me e agli altri. Ora smetto di scrivere altrimenti inonderò di lacrime il foglio… La mamma di Ilenia Ilenia Morra

DDaall ddiiaarriioo ddii uunn pprrooffeessssoorree Finalmente, mio caro diario, eccomi di nuovo a casa dopo un’altra lunga giornata di scuola. Avrei voglia di riposarmi, ma già li sento quegli spiritosi dei miei alunni:” Professore, aveva troppo da fare per correggere i nostri compiti?”.

Quindi, devo rinunciare al mio riposino per rimettermi subito al lavoro! Non sembra, ma la vita di un professore non è mica facile. L’altro giorno Edoardo, della 2L, mi ha quasi rimproverato:” Professore, è in ritardo!”. I ragazzi sono attenti a tutto, persino alle cose più banali, soprattutto se riguardano noi insegnanti. Per via del nostro ruolo non sempre siamo al corrente di quello che pensano di noi ( ma io preferisco non saperlo), sicuramente saranno spietati nei loro giudizi come lo sono tra di loro, in particolare con i ragazzi meno simpatici. A volte mi chiedo se faccio abbastanza per conoscere questi ragazzi o se mi limito a

trasferire loro delle nozioni; proprio quello che odiavo dei miei professori quand’ero ragazzo. Ho deciso, oggi correggerò questi compiti, ma domani, prima di consegnarli, parlerò con i miei alunni; chissà, forse così anche i voti negativi diventeranno un ‘occasione per confrontarsi e migliorare. Ora torno al lavoro. Il Prof. Fulvio Tomaino Ilenia Morra

DDaall ddiiaarriioo ddii uunn pprrooffeessssoorreessssaa

Caro diario, beh, anche se spesso i miei pensieri li affido alla mia mente e ripenso tra me e me ciò che mi accade durante la giornata, oggi, avendo un po’ più di tempo, mi siedo a tavolino e ti racconto la mia giornata nella seconda L. Come già ti avevo confidato, è una buona classe e sia io che i miei colleghi siamo molto contenti, perché con questi ragazzi possiamo organizzare gite culturali e discutere, senza problemi, di ogni argomento. Oggi ti voglio parlare di un mio allievo: Mattia; è un ragazzo simpatico, un po’ troppo esuberante e chiacchierone, ma attento alle lezioni e partecipe a tutto ciò che accade nella classe, é un ragazzo che nell’orale si spiega abbastanza bene, è bravi in storia e geografia, nelle verifiche di grammatica si difende, ma il suo “cruccio” (ed il mio) sono i testi scritti. Devo dire che lui ha una mente molto analitica, quindi per lui descrivere, affidarsi all’ immaginazione e prodigarsi nella stesura dei testi è molto difficile, ma con l’aiuto della mamma e stimolandolo sono riuscita a farlo migliorare. La sua gioia è esplosa quando stamane ho consegnato il tema sull’amicizia, quasi non credeva di aver avuto una così bella valutazione. La gioia devo dire era anche la mia, in quel momento mi sono detta: “Ecco, sono riuscita a comunicargli ciò che volevo da

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realizzato le mie aspettative e mi sento soddisfatta! Spero continui! Ora mi aspettano altri compiti da correggere. A presto. La Prof.ssa Canavotto Mattia Rizzon

Dal diario di una donna del neolitico

Cara lastra di pietra, a volte mi viene un tale disgusto di questa dannata caverna che potrei addirittura rigurgitare! Che vita mediocre !

Non c’è nemmeno una finestra e poi fa un freddo…. E come se non bastasse oggi tocca a me preparare la cena, verranno anche quegli smidollati dei miei vicini…che strazio sempre a parlare di caccia , armi e selvaggina… e poi ci sarà anche Hal, quel rompiscatole che si crede tanto bello … non voglio pensarci

Oggi è stata una giornata molto faticosa : ieri qualcuno si è intrufolato nella nostra caverna e ci ha rubato tutte le pelli di mammut per l’inverno, così questa mattina sono dovuta andare a barattare la mia collezione di canne… in cambio di nuove pelli …!

Tra due settimane inizieranno le vacanze e non andremo proprio da nessuna parte… saremo gli unici a rimanere in questo stupido villaggio …sarà una noia mortale … e pensare che affittavano delle stupende palafitte a sud…! Andrei perfino ad abitare con quel maledetto Hal, se questo mi permettesse di andare via, come Jenny Gray, e tutti i ragazzi farebbero a gara per farmi visitare le loro caverne…Sarebbe stupendo…! Ma di questi tempi è impossibile, più ci rifletto più capisco che questa non è un epoca in cui una ragazza può trascorrere serenamente i suoi giorni spensierati… come mi piacerebbe vivere nel futuro, in un mondo dove tutto è più comodo e dove per spostarsi da una valle all’altra non occorre camminare per intere giornate… Oh, non mi ero accorta che sì è fatto così tardi… devo correre a preparare la cena altrimenti chi li sente quei dannati dei miei vicini Chiara Grisaffi Cara lastra di pietra, a volte mi viene un tale disgusto di questa dannata caverna che potrei persino vomitare cacca di mammut. Il pavimento è così sporco che quando qualcuno entra nella caverna lascia le impronte, ci dev’essere almeno qualche spanna di lordura. Per non parlare di quando piove o nevica, soprattutto quando piove la caverna si allaga e diventa una palude, quando nevica e fa freddo, invece, sotto la pelle di mammut che uso da coperta ci sono o la brina o i ghiaccioli; non fa quasi mai caldo, solo quando erutta il vulcano che svetta sopra il nostro villaggio si sente una “leggerissima” calura. Non ne posso proprio più, ho dovuto cambiare caverna già cinque volte. Per non parlare di quando ci attaccano le tigri con i denti a sciabola, ogni volta che succede mi mangiano tutta la carne che tengo nella caverna. Una dimora peggiore di questa non si può proprio trovare, e pensare che mi è

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costata mille pezzi di legno, che mi sarebbero stati utilissimi quest’inverno nel fuoco.

Questo naturalmente solo per quanto riguarda la caverna, il panorama forse è peggiore, niente baratri, fiumi in piena o altre cose del genere, niente di tutto questo: per quello che vedo io non c’è proprio niente, è una coltre grigiastra impenetrabile, non ho ancora capito com’è il paesaggio intorno al villaggio. E’ meglio non parlare poi del mio vicino di caverna, è una delle peggiori disgrazie che poteva capitarmi. L’ho incontrato per la prima volta qualche tempo fa, in una capanna dove barattavano carne, stavo discutendo con il barattatore quando entrò questo individuo, sporco lurido quasi come il pavimento della mia caverna, puzzava come una mandria di mammut. Mi si avvicinò con aria strana, si mise seduto per terra senza dire una parola; uscii, tornai un paio di giorni dopo e lo vidi ancora lì seduto. “Un tipo piuttosto strano” pensai. Una volta per spiarmi abbatté la parete di roccia facendo crollare la caverna. Non so neanche se esiste una vita diversa da quella che conduco io, ho sentito parlare dai viaggiatori di enormi villaggi al di là del grande mare: sorgono in posti dove non fa freddo e vi sono animali stranissimi dai colori molto vivaci, grandi animali che volano, che si alzano in gruppi formando spettacoli senza eguali, fiumi che saltano dalle rupi e cadono con una forza sovraumana. Quanto mi piacerebbe andare in vacanza in quei luoghi, fare ciò che ho sempre sognato! Molto probabilmente quest’ estate, se noi possiamo chiamarla estate, visto che nei periodi più caldi si gela, tra poco ritornerà la stagione mite, andrò di nuovo sul fiume Zanna, a tirar sassi, sicuramente ritornerò a casa con qualche malanno, perché quello stupido del mio amico tirando massi in acqua riuscirà a bagnarmi, oppure facendo uno sbarramento allagherà tutta la zona.

Quanto mi piacerebbe vivere nel futuro, chissà quante comodità in più, soprattutto nei trasporti, niente mammut, scomodo e peloso, magari si potrà anche volare, oppure spostarsi da una valle all’altra senza metterci due giorni. Ora però devo smettere di fantasticare e di scrivere, perché devo riordinare la caverna. Matteo Fiorina

Dal diario di un gatto

Caro diario, hai presente la mia padrona, quella vecchietta con un sacco di manie che mi ha accolto in casa sua quando mi hanno abbandonato? Beh, a lei devo la vita, ma oggi ha proprio esagerato! Pensa, si è addirittura messa in testa che io debba diventare, o almeno comportarmi come un essere umano! No, non hai sentito male, proprio così; che era strana lo avevo capito, ma non potevo certo immaginare che arrivasse a tanto.

Tutto è cominciato questa mattina, mentre mi affilavo le unghie sul divano, la mia padrona si è avvicinata a me, mi ha preso le zampe anteriori e mi ha fatto alzare su due gambe! Voleva che riuscissi a camminare come lei, come un umano! Io sono un gatto e non vedo come potrei trasformarmi in un altro animale. In ogni caso, nonostante la mia visibile irritazione, la vecchietta continuava il suo esperimento usando me come cavia: dopo aver tentato di farmi camminare, voleva anche insegnarmi a usare il water, a mangiare con le posate, a pettinarmi e altre mille diavolerie da umani. Sinceramente non so quanto resisterò,

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speriamo che la mia padrona cambi idea, se così non sarà, sarò costretto a scappare via e ritrovarmi ancora una volta da solo. Ora ti devo proprio lasciare, mi aspetta una temibile lezione di cucina…spero di risentirti presto. 8/1/2004

Caro diario, ormai è già passata una settimana e sento che non riuscirò a resistere un giorno di più. Devo architettare la fuga per sentirmi di nuovo un vero gatto! Ti informerò se ci sarà qualche cambiamento di programma! 9/1/2004

Caro diario,

sono libero, finalmente, basta vestiti, cappelli, posate, finalmente non devo più comportarmi da umano! Scappare è stato molto semplice, quando la mia padrona mi ha portato in giardino per insegnarmi ad annaffiare i fiori io con un balzo felino, (credo che sia il termine più adatto) ho scavalcato la recinzione andando verso la libertà! Non so perché non ci ho pensato prima! Comunque l’importante è che ora posso finalmente comportarmi da ciò che sono: un gatto! MIAO Chiara Grisaffi

Dal diario di un cane

Parlamento canino europeo Oh mio Dio, scusate non mi sono presentato, sono dog Roberto Magno, presidente delle nazioni unite della comunità canina. Sto esaminando un caso alquanto strano: pare che gli uomini ci vogliano eliminare; si sa che noi

siamo i migliori amici dell’uomo da miliardi di anni, ma questa volta siamo in serio pericolo… Vi racconto tutto dall’inizio. Noi cani siamo gli esseri più intelligenti del pianeta, modestamente; eravamo felici di stare insieme agli uomini, noi stavamo loro accanto, li consolavamo, li facevamo divertire, e lo facciamo ancora, ma loro sono stufi di aiutarci e di raccogliere la nostra … beh avete capito, dicono che non possono mantenerci, che sporchiamo troppo e a volte ci lasciano lì, in mezzo alla strada. Così ti ritrovi solo come un cane, scusate l’eufemismo, ma è vero, non c’è più nessuno disposto ad aiutarti. Non puoi scegliere, davanti a te c’è un bivio: o muori spiaccicato sulla strada, come un verme, o vieni portato in un canile, un postaccio dove ti trattano da cani… scusate volevo dire malissimo.

Io chiedo, a nome di tutti i cani, a nome di tutti gli animali del mondo, di essere trattati amorevolmente e di non essere abbandonati, perché noi come gli umani proviamo dei sentimenti e siamo offesi per essere considerati bestie da voi, che come noi non siete altro che semplici animali. È per questo che noi animali ci ribelleremo se non ci tratterete come vostri simili, parlo a tutti gli uomini e concludo dicendo che avete dei doveri nei nostri confronti e dovete rispettarli. Tutti gli animalisti diranno questo, perché su questo si fondano le basi della comunità umana e animale. Grazi mille per la vostra disponibilità! Che vita da cani fare il presidente, ah siamo ancora in onda? Che figura! Silvio Lucà

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Dal diario di un gatto sconvolto

Caro diario,

sono sconvolto, stamattina, quando mi sono risvegliato, mi sono ritrovato in una casa sconosciuta. Ho trovato la porta d’uscita, sono corso fuori. Ho cercato la Nonna, ma invano. Non c’era più.

Dove mi trovo? Tornerà a prendermi? Sono tristissimo. Voglio tornare a casa. Qui c’è una strana signora. Mi prende in braccio, cerca di essere gentile, ma non sa di essenza di rose, né di mughetto. Non la conosco e non credo mi piaccia. Mi dice di non preoccuparmi, di stare buono, che nessuno mi farà del male. Mi rimette sulla sedia, mi dice di dormire, mi accarezza. Io però non riesco a prendere sonno e non voglio nemmeno le sue carezze, voglio solo tornare a casa dalla Nonna. Ora cerco di dormire un po’, ma è inutile. Scendo da questa sedia e vado un po’ in giro per la casa a vedere se la mia Nonna è arrivata! Questa casa non mi piace per niente, è piccola e qua non ho neanche la cuccia dove dormire, l’unico posto è la sedia. Scomodissima. Giro per la casa, ma la Nonna non è ancora arrivata, purtroppo sto pensando a una cosa brutta: la Nonna si è disfatta di me. Come farò tutta la vita senza di lei, ma perché l’ha fatto?! Possibile che fossi diventato un peso per lei? Eppure, da tanto tempo mi teneva con sé, non so cosa le sia preso! La domenica poi era uno spasso. Venivano sempre i nipotini, Luca, Marco, Andrea e Alessandro! Mi facevano giocare con la pallina, con i gomitoli, e uno per uno, ogni volta mi accarezzavano e mi dicevano tante cose belle! Mi mancano molto anche loro!

Oggi è domenica, ma nessuno è venuto a trovare questa strana signora! Non ha neanche il giardino e, ora che è estate, non posso neanche andare fuori a sdraiarmi al sole! Che noia! Sono molto triste, e se continuerò a stare qui, lo sarò per sempre! Ecco che arriva la signora (a portarmi da mangiare) Oh, finalmente qualcosa da mangiare!! Bleah, che schifo! Ma che razza di cibo è!? Sul contenitore è raffigurato un cane, ma io sono un gatto!! Certo che questa signora è proprio strana! Non ha ancora capito con chi ha a che fare… Vorrei scappare… ma dove posso andare?! La nonna mi diceva sempre che con questo musino non faccio paura a nessuno, neanche a un topolino… sono troppo dolce! In fondo, lei mi ha insegnato a dare solo amore e nient’altro! Caro diario, ti prego, aiutami! Ho tanta fame, ma soprattutto… voglio la Nonna! Ora ti lascio, ho tanto sonno, proverò a dormire A dopo Zuccherino Giulia Bartiromo

Diario di una lupa

Carissimo,

sono sempre io: Mamma Lupa. Mi fa effetto la parola “mamma” perché è da poco tempo che lo sono; quando vedo i miei lupacchiotti così piccoli, morbidi e teneri mi commuovo. Da quando sono nati i miei piccolini, la mattina mi sveglio presto e li osservo fino al loro risveglio, poi mi diverte vederli giocare fra di loro, senza escludere nessuno; infine si comincia a lavorare, io li controllo e cerco di proteggerli più che mai: è importante

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insegnare loro a procurarsi il cibo, a difendersi, ma non voglio che corrano gravi rischi perché ormai sono troppo affezionata a loro e non potrei resistere alla perdita di uno dei miei cari lupacchiotti. Oggi c’è l’allenamento per la difesa personale: dovranno correre per lungo tempo alla loro massima velocità, in modo che se qualcuno dovesse mai cercare di inseguirli, loro possano scappare e scomparire nel bosco. Per quanto riguarda l’approvvigionamento del cibo, essi non sono ancora in grado di farlo, quindi, per adesso, penso ancora io a sfamarli, ma presto si dovranno abituare all’ idea di diventare autosufficienti. Come ti ho già detto, non perdo mai di vista i miei piccini, neanche quando vado a cercare il cibo; stiamo sempre tutti in fila, così loro possono anche rendersi meglio conto di cosa significa trovarsi da mangiare. Forse posso sembrare una strana lupa, ma io voglio solo il bene per i cuccioli e quindi sono anche disposta a proteggerli e a sacrificarmi per loro. Un grave pericolo sono gli uomini. Io gli umani non riesco proprio a capirli: spesso, senti dei rumori sospetti e ti allarmi, fai mettere al riparo i piccoli, cerchi di avvistare da dietro i cespugli il pericolo e scopri che è un uomo; esci allo scoperto, ringhi, e lui cosa fa? Scappa! …che fifone!

C’è da dire, però, che non tutti gli uomini sono fatti allo stesso modo: ci sono i paurosi ma, purtroppo, ci sono anche quelli decisi e spietati, senza cuore; in questo caso non c’è nulla da fare: i cacciatori ti inseguono, anche col fiatone, e continuano a sparare, finché ti beccano…così è successo al mio povero marito e a tanti altri lupi che conoscevo ed ora, in questo bosco, c’è solo più un misero branco, che man mano diminuisce di numero e tende a scomparire. …Scusa, ma ora devo prepararmi: il sole è sorto da un pezzo e in più Lupin, il mio lupacchiotto mattutino, ha già aperto un occhio e pian piano si sveglierà completamente e poi sveglierà gli altri, o forse non ce ne sarà bisogno: sono tutti molto agitati ed emozionati per il loro primo addestramento per la difesa personale! Ora ti saluto e…alla prossima alba! La tua cara Mamma Lupa Gaia Taberna

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TTRRAA RREEAALLTTAA’’ EE FFAANNTTAASSIIAA LLAA BBEELLLLEEZZZZAA EE’’ NNEEGGLLII OOCCCCHHII DDII CCHHII GGUUAARRDDAA Tutte le mattine la stessa storia: apro il mio armadio già in preda alla disperazione, cerco di rovistare tra gli ammassi di vestiti stropicciati per trovare qualcosa di decente, ma la mia missione non ha mai buon esito. Quando finalmente il caso ha effettuato la sua scelta, giunge il momento più tragico e pericoloso: lo scontro con la mia nemica, sì, lei che mi si presenta spietata tutti i giorni, mi perseguita nelle vetrine dei negozi, sulle stoviglie lucidissime di mia madre,… e naturalmente nello specchio: la mia odiata immagine. Io non mi piaccio neanche un po’, detesto la mia altezza (o dovrei dire bassezza?) i miei fianchi troppo larghi, il mio seno inesistente, la mia pancetta, i miei capelli sfibrati e opachi… e potrei continuare così per ore, analizzandomi davanti allo specchio. L’unica cosa che adoro di me, che non scambierei per nessun “vitino da vespa”, è una piccola voglia a forma di cuore che ho sul polpaccio destro. Questo centimetro quadrato della mia pelle, scuro, nero pece è, a quanto dice mia madre, la sola eredità genetica di mio padre, (pelle nero pece), morto in un incidente prima di venire a conoscenza della sua futura paternità. Beh, l’impatto stamattina è stato insopportabile, è incredibile come lo specchio possa esaltare così tanto pregi e, nel mio caso, difetti. Certo che Michelle, la ragazza più bella della scuola, non ha di questi problemi: fisico perfetto, faccia da Barbie , capelli biondi sempre morbidi e ben acconciati (sensibilità di un elefante, però)! A volte provo a toccare lo specchio, per illudermi che quello che vedo non esiste. Anche stamattina l’ho fatto, ma la mia mano, anzichè scontrarsi con il vetro freddo, lo attraversa. All’inizio non riesco a crederci, queste cose si vedono solo nei film, ma poi mi faccio coraggio, proseguo lasciandomi alle spalle lo specchio; forse mi sono sognata tutto, torno indietro, per controllare e lì quasi non mi

riconosco: capelli lucidi e ricci, fermati da un foulard rosso, seno prosperoso che fa capolino da una microscopica camicetta nera, jeans a vita ultra-bassa che scendono lungo le mie longilinee gambe, finendo in scarpe a punta con tacchetto. Non ci credo, cosa mi è successo? Se la mamma mi vede, crederà che un’aliena abbia catturato sua figlia e ne abbia lasciato un clone in bella copia, per studiare gli umani. Esco di casa super felice e arrivo a scuola, qui sarei riuscita a prendermi la mia rivincita: dopo anni di bruttezza, in cui ho strisciato lungo i corridoi, sperando che nessuno mi notasse, avrei finalmente oscurato la ”star”, l’odiosa Michelle. Pensi al diavolo ed eccola, solo che è vestita con abiti trasandati e stinti, struccata, i capelli ispidi e arruffati, insomma, niente a che vedere con la Michelle mozzafiato, popolarissima fra i maschi della scuola. “Ti prego, Nina, non farmi niente, ti darò i soldi del pranzo, la mia bici e… , ti ho fatto tutti i compiti di questa settimana”. La guardo sbalordita, si sta rivolgendo a me? E’ lei a parlare? Lei che non esitava a farmi rinchiudere nello stanzino delle scope da una delle sue “servette”, solo perché mi rifiutavo di ”regalarle” i miei soldi del pranzo… Mi accorgo che ora ho io il coltello dalla parte del manico. Sta per iniziare il mio periodo “fantastico”, con feste e ragazzi a go-go……… Ormai mi sono trasformata in un’ arpia e la cosa strana è che, più lascio liberare la mia anima tiranna, più il cuore sul polpaccio sbiadisce. Non riesco più a comportarmi con giudizio, a

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distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. A scuola sono la ragazza più popolare e spietata, faccio strage di cuori maschili, a casa resto ore davanti allo specchio a contemplare la mia bellezza, questa è diventata l’attività più sublime del mondo… Ma qualcosa pian piano sta cambiando dentro di me, il mio aspetto esteriore quasi perfetto non mi gratifica più, mi sento sempre più sola, non ho neanche la macchia di papà a tenermi compagnia. Voglio che tutto torni come prima, ma non so come fare. Mi rifugio in soffitta e, rovistando tra le cose di mio padre, trovo uno specchio, sopra il quale c’è una scritta: ”La bellezza è negli occhi di chi

guarda”. Ora mi è tutto chiaro, mi vedo bella perché ho abbassato le difese, ho accettato il mio aspetto e ho compreso la mia interiorità, vedo l’animo delle persone, non solo il loro fisico… Mia mamma ha montato in bagno lo specchio di papà , la mia immagine mi saluta : occhi scintillanti, capelli non ordinatissimi ma mossi e sbarazzini, fisico non troppo malaccio, solo un po’ abbondante, statura nella media. E poi c’è il cuore di papà, il mio cuore , quello che vede la bellezza nell’animo e ne comprende lo splendore.

Ilaria Lucà

I misteriosi vicini

Capitolo I.

3 luglio 1939 Sono da poco arrivati i miei nuovi vicini e la cosa non mi piace per niente. In loro c’è più di quanto non colpisca la vista, un alone di terrore e innominabile oscurità li segue come un’inquietante ombra. Tutto è cominciato ai primi di giugno. Io abito in un minuscolo paesino di montagna, quindici case per trentadue anime. Tutto d’un tratto, però, sono incominciati ad arrivare i forestieri. Gente strana, alta e muta, che cominciò subito a costruire la nuova casa. Appena fuori dal paese e a meno di venti passi dalla mia. E poi incominciarono le sparizioni. Da trentadue che eravamo in paese, ne erano rimasti venticinque quando la casa fu ultimata. Dei corpi non si seppe più nulla, ma si trovò qualche schizzo di sangue vicino alla foresta intorno al villaggio. Molti erano miei amici. Ed infine arrivarono i vicini. Si fanno chiamare “Signori Lancister”, ma non ho dubbi sul fatto che siano nomi inventati. Nessuno sa i loro veri nomi. Le loro abitudini sono a dir poco inquietanti: nessuno li ha mai visti uscire di giorno ed ogni notte

partono in direzione della foresta per poi tornare, dopo diverse ore, carichi di pacchi e sacchi di tutte le dimensioni. Qui sono molto superstiziosi e cominciano a circolare strane voci. Inoltre le sparizioni continuano. Proprio stamattina è scomparso Mattia “il matto”, un macellaio molto antipatico ma bravo nel suo lavoro. Nessuno conta di rivederlo. 4 luglio 1939 Ormai siamo in venti e le cose sembrano destinate a peggiorare.

Capitolo II. Scoperte e Scomparse

5 luglio 1939 Le cose vanno sempre peggio. Hitler ha intenzioni bellicose e qui in Francia va tutto male: sono due giorni che non riceviamo né provviste né notizie. Come se non bastasse ormai siamo in sedici. Ho deciso: domani andrò a parlare con i nuovi vicini per dei chiarimenti. La cosa non mi spaventa più di

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tanto: sono un gioielliere e se le cose vanno male, ho sempre la mia cold calibro 45 6 luglio 1939 E’ incredibile, è veramente incredibile! Ma è meglio che vi spieghi tutto dall’inizio: oggi sono andato a parlare con il sig. Lancister, stavo per suonare il campanello quando ho sentito uno sparo, seguito dal tipico rumore di una pallottola che penetra in un tessuto molle: carne! Sono corso via a tutta velocità. Poi, a casa mia, al sicuro, mi sono fermato a riflettere. Sono quasi certo che a sparare è stato un revolver da 18 pollici, calibro 37. Ormai non c’è dubbio: sono stati i “cari vicini” ad uccidere quelle persone e domani andrò a cercare i corpi e i bossoli. 7 luglio 1939 Si! C’è lo fatta! Dopo immani fatiche ho trovato tutti i diciotto bossoli, perché intanto sono scomparse altre tre persone. Anzi non scomparse, morte. Perché oggi sono anche riuscito ad entrare nella casa dei Lancister. E’ stato abbastanza semplice: mi sono arrampicato fino al primo piano, ho aperto la finestra con un passe-partout e sono entrato. I vicini erano in una camera insonorizzata chiusa da una grossa porta d’acciaio, ma sono riuscito a sentire i colpi di pistola e non nascondo che ho avuto talmente paura, che me la sono fatta quasi addosso: stavano finendo una vittima o si stavano allenando per il prossimo omicidio? Non volevo restare lì a scoprirlo! La casa era molto grande, ma le stanze erano numerose e minuscole, piene di strani aggeggi tecnologici le cui funzioni erano un vero mistero. Non sapevo esattamente cosa cercare, ma speravo di trovare qualcosa di incriminante. Dovevo fare in fretta: i caricatori delle pistole dei vicini avevano dodici colpi, e contando almeno due caricatori che potevano tenere in tasca, tra trentasei colpi avrebbero dovuto uscire… e non avevo dubbi che si sarebbero accorti della mia presenza. Ebbi un colpo di fortuna: stavo camminando su un bellissimo tappeto persiano, quando inciampai e caddi a terra sbattendo sul pavimento di legno. Nella caduta la pistola mi scivolò di tasca, ma di un

tonfo sordo sentii una nota metallica. Spostai subito il tappeto e sotto di esso c’era una botola di metallo. Aprendola scoprii una scaletta che conduceva ad una stanza molto particolare: estremamente fredda, era interamente occupata da un grande tavolo sul quale erano distesi, coperti da un lungo lenzuolo, diciotto figure umane: tombola! Fotografai i corpi, poi corsi a rotta di collo fuori dalla stanza. D’un tratto, però, mi accorsi di un particolare: non sentivo più gli spari. La porta metallica della camera insonorizzata si stava lentamente aprendo. Corsi verso la finestra dalla quale ero entrato e che grazie al cielo avevo lasciato aperta. Non c’era tempo per calarsi lentamente, infatti non lo feci: imprecando, mi buttai dalla finestra, e dopo un volo di cinque metri atterrai sul morbido: un cumulo di foglie secche. Ora non dovevo fare altro che arrestare, o uccidere, i signori Lancister… ma da solo non riuscirei certo a farlo. Ho già un’ idea in testa…

Capitolo III . Rivelazioni

9 luglio 1939 Sono riuscito a convincere una decina di persone, ma prima di arrestare i Lancister devo ancora risolvere un mistero: cosa c’è nella foresta? Devo andare a scoprirlo! Se non altro, ci sono quattro persone che hanno deciso di aiutarmi: Benjamin Moore, un poliziotto; Luc Diderò, un bibliotecario; François Renè, un contadino, Mathieu, un mio collega. Stanotte sarà il momento della verità! 10 luglio 1939 E ti pareva! Ieri notte ci sono dovuto andare io da solo nella foresta: Benjamin è scappato con la scusa del funerale di suo nonno (è la quinta volta in quest’anno), Luc e Mathieu si sono ingessati per finta il polso e François, il solito scemo, si è rotto davvero il dito con l’aratro. Ovviamente da solo non sono riuscito a scoprire niente. La foresta è enorme e ne ho potuto esplorare solo una piccola parte. Domani seguirò i vicini. Porterò con me

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anche il diario, potrebbe essere utile avere un resoconto completo dei fatti a portata di mano. Inoltre se mi succedesse qualcosa… 11 luglio 1939 h 00:15 Ci siamo! I Lancister sono appena usciti. Devo stare attento a non fare rumore. h 00:30 Strano, molto strano! I vicini camminano avanti e indietro, setacciando la foresta palmo a palmo. Come se cercassero qualcosa… h 01:05 Forse ci siamo! La signora Lancister ha trovato qualcosa, fa segno al marito di avvicinarsi. Il marito guarda e si fa il segno della croce. Prende dal suo zaino un sacco metallizzato. Lo apre e ci mette dentro… un corpo umano?! Ma allora i Lancister sono innocenti! Devo… un attimo, cosa è stato?! Rumore di foglie calpestate! Non siamo soli! C’è qualcun altro…l’assassino ! Devo avvertire i signori Lancister! Corro verso di loro, ma … è troppo tardi. L’assassino spara e colpisce la signora Lancister alla spalla. In pochi secondi si scatena l’inferno. Il signor Lancister si ripara dietro un albero e comincia a sparare. I colpi sibilano dappertutto, ma per ora nessuno colpisce il bersaglio. Scivolo silenziosamente vicino all’assassino ed estraggo la pistola. Da dietro la figura ha un che di stranamente familiare. Prendo la canna in mano ed abbasso rapidamente il calcio della pistola contro l’assassino. Non abbastanza rapidamente, però. La figura mi sente, si gira. O mio Dio, lo conosco! È … bang! L’uomo mi ha sparato ! Sento il proiettile che dilagna pelle e muscoli, penetra in profondità, infrange le ossa,mozza le vene. Il cuore pompa uno schizzo di sangue alto quasi mezzo metro. Sento le gambe che mi si afflosciano, so che il dolore sta per arrivare ma ancora non lo sento per via dell’adrenalina nel sangue.

Sto per perdere i sensi, vedo immagini confuse, ombre e macchie che ridono di me. Nel poco tempo che mi resta faccio volteggiare la pistola con un gesto esperto e sparo un colpo a vuoto. Ormai quasi non ci vedo più, il mondo per me è solo una macchia rossa e pulsante. L’assassino si lascia sfuggire un’esclamazione di sorpresa. Miro in direzione del rumore e svuoto tutto il caricatore.Poi mi accascio a terra e chiudo gli occhi, conscio del fatto che potrei non riaprirli mai più. Epilogo

1 gennaio 1940 Si , sono io. Non ho aperto il diario per tutto questo tempo perché ero in coma; ora come ora non sto tanto male, ma è come se mi mancasse qualcosa . E in effetti è proprio così: il proiettile ha perforato la gamba bucando l’arteria, i medici me l’hanno dovuta tagliare. I Lancister erano in realtà due poliziotti in incognito che avevano seguito fino al nostro paesino le tracce di un pericoloso serial-killer. A quanto pare, le sue vittime ammontavano a 67. Il suo modo di agire era sempre lo stesso: andava ad abitare in un paesino isolato e incominciava a ucciderne gli abitanti, tutti, dal primo all’ultimo, metodicamente. I Lancister avevano saputo da un informatore che l’assassino aveva scelto il nostro paesino e avevano agito di conseguenza. A proposito dell’assassino, hai capito chi è? Esatto, proprio lui: Mattia “il matto”. Si era finto una vittima per sviare i sospetti, ma non ha fatto una bella fine : una delle mie pallottole lo ha colpito alla testa, spappolandogli gran parte del cervello. È sopravvissuto ma ora è ridotto allo stato vegetativo. Edoardo Gino

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LA NEVE In questo momento sto guardando fuori dalla finestra, incantata ad osservare la neve che scende lenta e infonde pace e tranquillità e fa fermare il tempo; a volte quando nevica mi sembra di trovarmi in una di quelle sfere che, capovolte, ne provocano l’effetto.

Mi capita di provare un senso di solitudine, malinconia oppure di gioia. Mi fa sorridere vedere bambini divertirsi nel creare un pupazzo di neve o tirarsela addosso

quasi fosse una battaglia; già… battaglia, la neve mi ricorda anche questo, lo so, è strano associare la neve, pura, alla guerra, ma purtroppo può voler dire anche: gelo, fame, isolamento, morte. Mille poesie parlano di lei, ne descrivono infiniti aspetti: la neve suscita varie emozioni in ognuno di noi. Essa copre con il suo candore il nero, il male di questo mondo, allontanandolo dagli occhi e dalla mente, avvolgendoci in una palla di vetro che può dare protezione, sì, ora ci sentiamo noi la cittadina capovolta nella sfera, ma CHI ci ha scossi? IlariaLucà

Una mattina di inverno

Quando quella mattina mi svegliai, ancora non sapevo ciò che la notte aveva portato con sé, così, ignara, mi affacciai alla finestra e quando guardai fuori rimasi abbagliata dal riverbero del sole sulla soffice neve. Il primo impulso fu quello di sorridere davanti a quel turbinio di fiocchi, ma poi, una volta uscita sul balcone, osservai più attentamente: tutti quei fiocchi danzavano sulle note del silenzio, tessendo, una volta caduti, una candida coperta per i campi seminati. Tutto quel silenzio… sembrava che il tempo stesse rallentando, fino a fermarsi come per magia… ciò mi diede un senso di solitudine, quasi d’ angoscia…

Improvvisamente, però, un soffio di vento scacciò dalla mia mente quei malinconici pensieri, spostando la mia attenzione verso un gruppo di bambini, le cui grida e schiamazzi mi riscaldavano il cuore. Intenti a fare un pupazzo di neve non si curavano affatto del freddo, del vento gelido o delle loro mani quasi congelate, continuavano imperterriti il loro gioco, entusiasti del regalo che la natura aveva fatto loro, felici di potersi divertire. Mi guardai intorno: che belli tutti quei tetti innevati, il cui biancore era interrotto solo dalle orme di qualche gatto solitario… Senza pensarci scagliai le braccia al cielo con la speranza di prendere un po’ di quell’ impalpabile meraviglia… ne rimasi però delusa:al contatto con la mia pelle quei grossi cristalli di neve scomparivano, lasciando solo dell’ acqua . Il vento si alzò e la neve continuava instancabilmente a precipitare in un turbinio continuo, non si fermava neanche un secondo … fino a quando quella magia finì, rimpiazzando la candida leggiadra neve con pesante distruttiva di pioggia. Chiara Grisaffi

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VERSEGGIANDO (LE NOSTRE POESIE)

La lunga marcia del sole E’ magnifico vedere Il sole freddo del mattino Far capolino all’orizzonte E’ magnifico vedere Il sole timido del giorno Salire verso il cielo E’ magnifico vedere Il sole camminare, avanzare, passo dopo passo attraverso un ponte invisibile sospeso nel cielo E’ magnifico vedere Il sole stanco Della sera, addormentarsi Dietro un monte Chiara Grisaffi Se tu fossi … Se tu fossi la pioggia, io sarei la terra per raccoglierti. Se tu fossi un aquilone, io sarei il vento per cullarti dolcemente. Se tu fossi un bambino, io sarei tua madre per vegliare su di te. Se tu fossi incatenata, correrei per liberarti. Se tu fossi la libertà, io sarei libero di essere me stesso. Silvio Lucà

UUoommoo,, due gambe sottili due bastoni torniti ricolmi di vita per cercare la via e sapere dove andare. Uomo, due gambe pesanti due macigni torniti ricolmi di stanchezza per capire la vita e sapersi fermare. Mattia Rizzon

Smetterò di piangere Smetterò di piangere e riderò quando la formica mangerà l’elefante quando giovedì sarà lunedì quando il mare diventerà nero e quando mi divertirò. Mattia Rizzon

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Se fossi… Se fossi un aquilone Volerei in cielo anche senza vento Se fossi un gattino Farei le fusa anche senza essere coccolato Se fossi una vite Crescerei anche senza essere piantata Se fossi un libro Mi farei leggere anche senza essere sfogliato Se fossi una voce Risponderei anche senza essere chiamata Ma sono io E ho bisogno di qualcuno al mio fianco Gaia Taberna

Vorrei tanto… Vorrei tanto trovare Qualcuno con cui giocare Vorrei tanto trovare Una cosa divertente da fare Vorrei tanto trovare La gioia perduta Vorrei trovare Un amico sincero. Vorrei tanto dimenticare L’orologio da guardare Mi vorrei tanto divertire Senza farmi scoprire Vorrei tanto cantare Ma senza stonare Vorrei tanto ballare Senza passo sbagliare Vorrei tanto sognare Senza dovermi addormentare Chiara Grisaffi

CCoorriiaannddoollii ddii ccrriissttaalllloo Guardo fuori dalla finestra. La neve sta scendendo, lieve ondeggiante, silenziosa spiritosa …… Mi sembra che dal cielo gli angeli lascino cadere dei coriandoli candidi e scintillanti. Ma ecco arriva il vento, la neve sposta rapidamente: scappa, cambia direzione, sembra uno sciame d’api spaventato da chissà chi. Ma un incanto sa creare la neve, splendido, il paesaggio! Sembra magico, come in una fiaba, la città mi sembra un Bosco incantato dove la pace e la tranquillità regnano sovrane. Mattia Rizzon

Magica neve Eccola. Come in autunno una foglia cade dall’albero, in inverno lei scende dal cielo e come una bianca gomma cancella ciò che ci circonda. Se un uomo la scorge lei timida si posa sulla sua nera giacca

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e come una fata con la sua bacchetta incanta allieta e ammutolisce ciò che lieve tocca. Può essere bella o brutta la neve: vita o morte. È il destino che la manda come riposo per le menti umane stanche o come salvezza eterna dalle angosce del mondo. Guardatela scendere soffice e calma e osservatela cadere con grazia. Godetevi questo momento memorabile, questo attimo di pace: la neve è l’unica a fermare il mondo e l’unica a far riflettere su ciò che accade tutt’intorno Gaia Taberna. Notte di neve Pace! Suona la campana, ma lontano fiocca. Là un marmoreo cimitero sorge, su cui l’ombra tace e ne sfuma il cielo nero un chiarore ampio e fugace. Scende, scende la neve nella bianca oscurità e per sempre scenderà. Bufera Nevica: l’aria brulica di bianco; la terra è deserta, la neve sulla neve, gemono gli alberi a un lungo mugolio stanco cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano con schianto

per le vie si scatena la bufera. Passano i bimbi: uno sgorgare di pianto, passa una madre: arriva una preghiera. Il vecchio e l’ombrello Un vento trascina la madre e il suo bambino Cade la neve ed un vecchio ride vicino seduto su una panchina lui sta e la neve a cadere continuerà, l’ombrello della madre volava e il vecchio ancora rideva. L’oggetto ormai sotterrato dal bianco caduto Si trova per terra vicino al vecchio seduto. Palla di neve. Silvio Lucà

Filastrocca bianca Neve nevina Come un viso di bambina Scendi leggerina. E ti posi su una panchina. Bianca come il paradiso Ci regali un sorriso, Non da tutti condiviso Per il freddo assai deciso. Soffice soffice, cadi lentamente E ci liberi la mente Dal passato e dal presente Silenziosamente…… Jessica Paterniti

Filastrocca della neve

Filastrocca della neve Brilla la falda lieve Brilla il piccolo cristallo Brilla insieme al giallo Brilla la stella polare Brilla l’aurora boreale. Filastrocca dell’imbiancatura Imbianca tutta la natura Imbianca quasi tutto il mondo Imbianca i numeri del mappamondo Imbianca quell’immenso mare Imbianca tutto quel remare .

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Filastrocca tutta bianca Scende la neve che mai si stanca. Scende un vento ghiacciato Scende il cielo annebbiato Scende l’ ultimo cristallo Scende il sole giallo . Filastrocca della neve Brilla la neve lieve Brilla il ghiaccio come il cristallo Brilla il diamante vicino al corallo Brilla la stella polare Brilla l’universo senza fiatare. Filastrocca della neve Brilla tutta lieve lieve Brilla il pino coperto di bianco Brilla il lago sotto il suo manto Brilla il mondo tutto ghiacciato Brilla il cielo stellato. Maddalena Infranca, Francesca Martino, Francesco Germano, Jessica Paterniti

Neve nevina Come un viso di bambina Scendi leggerina. E ti posi su una panchina. Bianca come il paradiso Ci regali un sorriso, Non da tutti condiviso Per il freddo assai deciso. Soffice soffice, cadi lentamente

E ci liberi la mente Dal passato e dal presente Silenziosamente…… Jessica Paternità Silvia Nota LA NEVE E’ TORNATA

Lieve scende la neve, lenta va e viene, molto soffice o gelata rende allegra la nostra giornata. Quando il sole la fa scomparire tutti noi torniamo a soffrire. Neve, neve, perché non torni? Io ti voglio tutti i giorni Tutti noi ti rivogliamo perché con te ci divertiamo. Finalmente sei tornata e la mia vita si è rasserenata. Valentina Ferroni

NEVE

Fiocco di neve cade cristallo di ghiaccio scende Un gelido proiettile lanciato un brivido di freddo al colpo ricevuto Fiocco di neve cade cristallo di ghiaccio scende Un manto si distende sulla città imbianca le strade precipita il silenzio Fiocco di neve cade cristallo di ghiaccio scende

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L’incantesimo infine si rompe un mare di fango diventa ma al prossimo inverno tornerà

Gino Edoardo

NEVE

Con il tempo, con il freddo la città diventa bianca, così lieve e leggera che dà un tocco alla sera. Beati quegli alberi che sono immersi nella neve, possono

stringerla forte per tanto tempo. I bambini con tanta gioia possono divertirsi e goderla, per pochi anniderò perché dopo il piacere svanirà nel nulla I momenti di questa gioia sono pochi perché è una gioia troppo modesta per distribuirla in tutti i giorni di questa vita complessa.

Francesco Germano

PPIICCCCOOLLII CCRRIISSTTAALLLLII Piccoli cristalli, piatti allungati, accompagnati da vento leggero; aghetti di ghiaccio di gelata farinosa. A larghe falde, cade la neve, leggera, soffice come tanti fiorellini bianchi, si posa sulla Terra e la riveste di un’armonia aggraziata. La neve impetuosa si riunisce in fiocchi freddi. Lassù, la vetta si è messa un cappellino candido. Vanessa Di Vincenzo, Alice Tudisco, Maddalena Infranca.

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MEDIOEVO: IL FASCINO DI QUELL’ETÀ DEL MEZZO

Studiando quest’anno il Romanticismo abbiamo scoperto come questo movimento culturale ponesse grande attenzione alla storia del passato, considerandola parte integrante dei popoli e delle Nazioni. Proprio per le loro radici i popoli si distinguevano e possedevano un’identità. Ma in che cosa consiste la tradizione di un popolo? Questo interrogativo appassionava i Romantici che andavano a cercarne le origini nel Medioevo, contrapponendosi agli Illuministi, per i quali l’antichità classica era l’epoca ideale. Incuriositi, abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti di questo affascinante e, per certi versi, misterioso periodo storico, su cui vertono gli scritti di questa sezione. AApppprreennddiissttii ssttrreeggoonnii?? Tra alambicchi e filtri l’alchimia gettò le basi della chimica.

Quello che cercavano, non lo trovarono mai. Non riuscirono né a tramutare i metalli vili in oro, con la pietra filosofale, né a prolungare l’esistenza umana, con l’elisir di lunga vita. Ma gli alchimisti del Medioevo ebbero comunque meriti importanti, perché con le loro ricerche svilupparono tecniche e acquisirono conoscenze scientifiche che formarono le basi della chimica moderna. Quello dell’alchimista non era un lavoro facile: significava avere a che fare con il fuoco e con gli acidi, con l’odore acre dello zolfo e le proibizioni e le persecuzioni della chiesa e dei regnanti. Anche per questo l’alchimia esigeva segretezza e mistero e le sue pratiche erano materia per pochi iniziati.

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L’alchimia affonda le sue radici nelle cognizione di chimica e metallurgia che arrivarono in Europa dall’antico Egitto, attraverso i Greci. Nell’antica Grecia era vissuto anche Aristotele. Secondo lui ogni corpo era composto in diverse proporzioni da quattro elementi: aria, acqua, fuoco e terra. Questo portava a ipotizzare che, modificando le proporzioni di tali costituenti, si potesse trasmutare un elemento in un altro. Secondo l’alchimista arabo Geber tutti i metalli erano costituiti da zolfo ( aria e fuoco ) e da mercurio ( terra e acqua ). Modificando i rapporti fra questi due elementi, si sarebbe potuto mutare un metallo in un altro.

Il fondatore dell’alchimia fu ritenuto dalla tradizione Ermete Trismegisto, contemporaneo di Mosè, ma egli non è mai esistito. Si tratta di una figura mitica, nata dalla fusione del dio greco Ermete con Thot, il dio egizio delle lettere, delle arti e delle scienze. Dopo la caduta dell’impero romano il sapere degli alchimisti si riversò nel mondo arabo, che tradusse i testi provenienti da Alessandria d’Egitto, dove c’era stata un’importante scuola alchemica. Il termine stesso “alchimia” deriva dall’arabo alkimiya (che indica la pietra filosofale). A seconda dei luoghi e dei periodi gli alchimisti ebbero fortune alterne. Nel 1319 Papa Giovanni XXII proibì le loro pratiche perché considerava gli alchimisti come dei falsari. Spesso, con i loro giochi gli alchimisti riuscivano ad ottenere se non l’oro, dei materiali simili all’oro. Teofilo Presbitero nel XII sec. elencava 4 tipi di oro, tra cui quello “spagnolo”, che si poteva ottenere dalla sapiente lavorazione di rame rosso, ossido di zinco, sangue umano e aceto. Gli alchimisti sostenevano che quello che producevano era un oro di qualità superiore. Solo verso la fine del ‘300 l’alchimia fu condannata anche con motivazioni teologiche, perché associata a pratiche demoniache; benché magia e alchimia avessero poco in

comune, L’Inquisizione le collocava entrambe nel sovrannaturale.

L’alchimista credeva che il raggiungimento del successo non fosse dovuto solo alle sostanze, ma anche alla propria predisposizione d’animo e agli influssi astrali, perciò non si scoraggiava se un esperimento non riusciva.

Dai ripetuti tentativi emersero anche risultati scientifici di rilievo: già nel 1150 in Italia si sapeva preparare l’acido nitrico, utilizzato per separare l’oro e l’argento dalle altre leghe.Un secolo dopo si imparò a distillare l’acido solforico e quello cloridrico, che vennero applicati nella metallurgia e nel settore tessile. Inoltre, il perfezionamento della distillazione, consentì di preparare per la prima volta l’alcol, chiamato “acqua di vita” perché cacciava il malumore e manteneva la giovinezza. La scienza medievale non si esaurì nell’alchimia. Nell’ambito dell’astronomia dominava ancora il pensiero aristotelico, con tutta la Terra al centro dell’universo e Sole, Luna, Pianeti e stelle appese a sfere concentriche di cristalli in rotazione. Ma verso la metà del XII secolo iniziò la traduzione di una grande quantità di testi scientifici, per esempio l’astronomo e matematico tedesco Johannes Muller portò a

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compimento la traduzione dell’Almagesto, il trattato di Tolomeo, anticipatore della teoria eliocentrica. Egli pubblicò il primo manuale

di trigonometria, le sue osservazioni degli oggetti celesti furono fondamentali per aiutare i navigatori a stabilire la posizione in mare.

A che gioco giochiamo

Nel Medioevo il tempo più importante era quello del lavoro e il riposo domenicale, obbligatorio per tutti, era destinato alla partecipazione al culto divino. Per l’uomo medievale il tempo della distrazione e del divertimento, inevitabilmente, si riduceva a quel poco che restava libero, tra il peso del lavoro e i divieti delle autorità, che spesso vedevano nelle varie forme di svago una minaccia per gli equilibri sociali.

La taverna divenne “il tempio del diavolo”, dove, malgrado restrizioni e divieti, spesso severi, si giocava d’azzardo: a dadi, a carte e le risse erano all’ordine del giorno. I nobili invece si svagavano giocando a scacchi e scommettendo denaro, vi erano, inoltre, bari e imbroglioni.

Roberto Riccio, Mattia Rizzon

I giochi delle bocce e delle biglie, nelle loro innumerevoli varianti locali, venivano praticati nelle campagne. La caccia era invece lo svago preferito dai signori, mentre la pesca, alla portata anche dei meno agiati, consentiva sia di divertirsi che di procurarsi del pesce, buono da mangiare quanto da vendere. E i bambini? Essi giocavano con bambole di legno, di osso o di terracotta, fischietti, palloni di fortuna e trottole. Vi erano poi tutti quei giochi che da sempre volano sulle ali della fantasia, che possono fare a meno del denaro degli adulti, ma non delle regole: anche per un bambino, giocare era una cosa seria.

. A volte erano le stesse autorità ad organizzare giochi collettivi. Nella “quintana”, i concorrenti armati di lancia correvano a cavallo contro una sagoma girevole, abbigliata da saraceno, cercando di colpirne lo scudo, senza farsi disarcionare dal colpo della mazza fissata all’altro braccio della sagoma: il popolo divertito faceva da spettatore. In Francia la soule, un gioco antenato del nostro

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calcio, si praticava anziché con i piedi con bastoni dalla punta ricurva, consisteva in sfide tra squadre di diversi paesi oppure tra scapoli o ammogliati; in Italia, nella sua versione con le mani, prese il nome di “pallacorda”. Vi erano poi i tornei: le prime fonti scritte riguardanti i tornei cavallereschi risalgono alla Francia settentrionale dell’XI secolo, ma ben presto queste manifestazioni si diffusero nei Paesi circostanti e poi in tutta Europa. All’inizio si trattava di combattimenti simulati, “allenamenti” per addestrarsi alla guerra, nel corso dei quali il ferimento o la morte rappresentavano solo sventurati… incidenti di gioco. Infatti, più che a uccidere l’avversario si mirava a prenderlo prigioniero per poi chiedere un riscatto. Gli scontri si svolgevano in aperta campagna, ed erano combattuti con lance ma anche con spade, mazze, scuri, pugnali e persino a mani nude. Nel 1130 la Chiesa proibì i tornei perché troppo violenti, scomunicando chi vi partecipava e negando una cristiana sepoltura ai disgraziati che vi morivano. Nel 1316 i tornei si erano però affermati come forma di spettacolo e di intrattenimento, la Chiesa ne prese atto e ritirò il divieto. I tornei erano scontri che mettevano in campo l’una contro l’altra due squadre, di membri legati tra loro da affinità politiche, regionali o etniche. Il risultato erano zuffe e mischie furibonde. Con il passare del tempo, le regole divennero più rigide e lo scontro si trasferì dalle campagne alle città, dove furono creati appositi recinti.

I combattimenti potevano svolgersi con armi “cortesi”, cioè di legno o con le punte smussate, o con armi vere. Crebbe rapidamente il successo delle giostre, che erano invece sfide tra due soli contendenti. Anche le giostre vennero regolamentate sempre più rigidamente: per esempio,fu introdotta al centro del campo di gara una transenna che impediva lo scontro frontale. I cavalieri galoppavano l’uno contro l’altro in corsie parallele, tentando di colpirsi per disarcionarsi. Il combattimento poteva proseguire a terra ma, nelle giostre più “pure”, chi cadeva da cavallo perdeva e il vincitore passava il turno.

Non erano validi i colpi all’elmo e le lance erano realizzate in modo de spezzarsi, allo scopo di rendere meno pericoloso il duello. Ma anche allora qualcuno cercava di barare, “avvitando“ l’armatura alla sella per non farsi disarcionare o utilizzando lance non regolamentari. I premi in palio erano i beni portati sul campo di gara dall’altro: armi, cavalli, tende, suppellettili varie, oggetti preziosi, e talvolta, il cuore di una bella principessa, alla quale dedicare l’auspicata vittoria. Alla fine del Medioevo i tornei rimasero in vita, trasformandosi nei caroselli, che rievocavano, con affascinanti coreografie, eroi e battaglie del passato: essi sopravvissero fino all’Ottocento. Ilaria Lucà, Caterina Colangelo

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CCoommee ssii ccuurraavvaannoo llee mmaallaattttiiee nneell mmeeddiiooeevvoo Immaginiamo un bambino malato,con la febbre altissima. Dopo avergli inutilmente somministrato i rimedi popolari ( polpa di frutta, uva bollita, idromele )ed essere ricorsa alle dovute pratiche scaramantiche, la mamma si rivolge al “dottore”.

Questi tasta il polso al malato e raccoglie le sue urine nella matula, un contenitore dal collo allungato, la cui forma ricorda quella della vescica.Un’ annusatina, un attento esame visivo e l’assaggio in punta di lingua completano la visita. Bisogna cercare un cerùsico ( o un barbiere ) per operare un salasso: il solo rimedio che, eliminando “ la materia peccante “, può ristabilire l’equilibro degli umori . Ma cosa sono questi “umori”? Per la medicina medioevale ai quattro elementi fondamentali dell’universo (acqua, aria, fuoco, terra ) corrispondevano quattro “umori” dell’organismo, con sede rispettivamente nel cervello, nel cuore, nel fegato e nella milza. A causare la malattia era uno squilibrio degli umori, che andava ricostruito con farmaci e alimenti adeguati. Ogni umore era anche legato ad una fase della vita, ad una stagione, ad un temperamento, che predisponevano a certe malattie.

Ammalarsi, nel medioevo, non era cosa da poco. Malattie, incidenti e avvelenamenti facevano sì che chi arrivava a superare i quarant’ anni doveva ritenersi fortunato. Un bambino su tre moriva prima dei cinque anni e le condizioni di salute delle donne erano rese ancora più complicate dalle gravidanze ripetute. Le carenze alimentari e le carestie debilitavano il corpo e preparavano la strada alle epidemie. A giudicare dalle liste dei rimedi proposti nei trattati, gli avvelenamenti da cibo, le punture di insetti e i morsi dei serpenti erano comuni nell’ area mediterranea. In questo periodo le farmacie disponevano di una gamma di antidoti che nel basso medioevo si arricchirono ulteriormente grazie alla traduzione dei testi arabi. Il più potente era la triaca , una preparazione che includeva oltre 50 componenti, il più importante dei quali era la carne tritata di vipera (secondo la tradizione, la triaca aveva reso immune al veleno di serpente Mitridate VI re del Ponto e nemico di Roma ); oltre che per gli avvelenamenti , essa era ritenuta capace di curare tutti i mali compresa la peste . Anche l ‘ergotismo, i cui sintomi furono associati alla possessione diabolica, era una forma di avvelenamento. A causarla era la sègale “cornuta“ , cioè contaminata dal fungo claviceps purpurea che produce una sostanza tossica (che – molti secoli dopo – sarà la base dell’ LSD ). Diffuso soprattutto in Germania e in Francia ( meno in Italia , dove la sègale era poco coltivata ), l‘ergotismo provocava tremori, allucinazioni .

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Temutissimo e terribile, l’ergotismo non era però contagioso, al contrario delle lebbra, malattia ritenuta di origine soprannaturale. La lebbra corrompeva , mutilava e deformava i corpi rendendoli animaleschi. I medici medievali dovevano saperla riconoscere per allontanare i malati e limitare il contagio. La malattia fa perdere la sensibilità, quindi per individuarla si infilava uno spillone nelle piaghe. Allontanati dal mondo, i malati iniziarono a organizzarsi in comunità, ai margini delle città. Nacquero così i lebbrosari: alla fine del XIII secolo, in Europa se ne contavano 19.000. Questo fenomeno segui di pari passo la trasformazione degli “infirmari” dei monasteri – in cui venivano ricoverati i monaci malati – in ospedali . In un tempo in cui la frattura di un osso, rendendo inabili al lavoro, era la porta d’ingresso nel mondo degli storpi e dei mendicanti, orde di poveracci e di malati affluivano nei monasteri, dove potevano ricevere un po’ di conforto. Le eredità più tangibili della medicina medievale sono alcune innovazioni della chirurgia, come per esempio l’ anestesia. Con gli anestetici (oppio, belladonna, mandràgora, cicuta ) si impregnava come una spugna che veniva fatta annusare al paziente. Controllare l’ anestesia però era difficile e non di rado da un’ operazione non ci si risvegliava più. Anche alcuni strumenti chirurgici o il loro perfezionamento, sono di origine medievale: sonde, bisturi, seghe, forbici, pinze, cateteri e cauteri . La chirurgia doveva intervenire quando un cambiamento dello stile di vita e le cure mediche meno cruente non avevano avuto effetto. Per aiutare i potenti a conservare la salute, nel tardo medioevo comparvero i regimina , veri e propri manualetti in versi che suggerivano di mangiare e bere con moderazione, dormire regolarmente, controllare l’ira e <svuotare i visceri a tempo e senza indugi> All’epoca erano davvero in pochi a potersi permettere un medico, di fronte alla malattia si ricorreva perciò alle donne delle erbe, che sapevano preparare unguenti e pozioni ( e che con le levatrici – accusate di rapire i bambini e di darli al diavolo – saranno le principali

vittime della caccia alle streghe ), oppure all’ esercito di guaritori ambulanti e medici improvvisati, per lo più analfabeti . Nell’Alto Medioevo, prima che la loro disciplina entrasse a far parte dei corsi universitari, erano di bassa estrazione anche i chirurghi, spesso assimilati a macellai, che ricomponevano le fratture , estraevano i denti ai malati, massaggiavano e operavano. La medicina che si studiava nelle università restava invece una disciplina staccata dalla pratica e incapace di modificare il corso di una malattia.

Viaggiando sulle navi provenienti dall’oriente , nel 1347 in Europa arrivò la peste. La malattia risparmiò il mondo arabo, dove l’igiene personale era più curata, ma seminò la morte in tutta Europa . In Italia entrò dal porto di Messina dove , sul finire dell’anno, approdarono 12 vascelli provenienti da Kaffa carichi di grano, topi, moribondi e cadaveri. In Francia, l’anno dopo, la peste sbarcò a Marsiglia. Seguendo le rotte commerciali giunse via mare anche in Spagna e in Inghilterra, mentre in Germania si propagò lungo il fiume Reno . Contro la peste non c’era scampo. La comparsa dei primi sintomi (spesso un bubbone) era indizio certo di futura morte. La morte sopraggiungeva puntuale tre giorni dopo. In tre anni il morbo sterminò un terzo della popolazione europea, che prima dell’ epidemia contava circa 100 milioni di abitanti. Alcuni medici incolparono una grande congiunzione astrale dei tre “corpi superiori” , cioè di Saturno, Giove e Marte, che si era verificata nel 1345. Nessuno invece sospettò dei topi e delle loro pulci (che erano il vettore del batterio Yersinia pestis, causa della malattia ) così comuni nel paesaggio dell’ Europa medievale. Si scavarono fosse comuni, in cui i morti venivano disposti a strati , <<come si facessero lasagne >> dice un cronista dell’epoca . La peste sconvolse la società medievale e la trasformò profondamente. Dal punto di vista della medicina, l’impotenza di fronte alla catastrofe gettò nel discredito la classe medica, ma al tempo stesso contribuì alla nascita di un sistema nuovo. I “ pubblici uffici

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“, istituiti per arginare l’epidemia e che in tempo di poste si erano occupati dell’organizzazione dei lazzaretti, delle quarantene e delle disinfezioni, in seguito presero a vigilare sulla nettezza urbana, sulla pulizia degli alberghi, sulle merci che giungevano nei porti. Era l’avvio del sistema sanitario moderno.

Fonte informativa: Giorgio Cosmacini, storico della medicina e docente universitario a Milano. Valentino Raffi, Marco Iarrusso,Gorge Picioraga

Il senso dell’estetica

Il volto ideale? Pallido, con la fronte bombata, le labbra sottili e senza sopracciglia. Per ottenerlo, le donne passavano ore al trucco. Oggi per rendere più carnose le labbra si ricorre al chirurgo estetico, fra l’ XI e il XII secolo invece andava di moda la bocca piccola e i denti piacevano neri. Per rendere il volto più affilato, alcune si facevano togliere i molari andando dal cavadenti. Le donne piacevano con occhi grandi e tondeggianti, le sopracciglia ad arco e una pelle bianchissima. Per rendere lo sguardo più seducente, esse si dipingevano le palpebre di blu e verde con prodotti argillosi di vario tipo, stemperati in acqua o con la saliva. La Chiesa, però, era contraria. San Cipriano consigliava alle giovani donne di non adornarsi con gioielli, di non cambiare il colore dei capelli e di non acconciarli; si pensava infatti che la cosmesi fosse un’opera del diavolo. Persino le parrucche non eran ben viste, si temeva che la benedizione non giungesse alla testa.

Erano giudicati male anche gli uomini che curavano troppo il loro aspetto; non erano apprezzati i bagni pubblici, che offrivano anche massaggi e depilazioni. Fu proprio la più importante impresa condotta per volontà della Chiesa, a reintrodurre in Occidente alcune fra le abitudini che il Cristianesimo condannava di più. Infatti, di ritorno dai Luoghi Santi, i crociati portarono belletti e profumi, il cui uso era decaduto nei primi secoli del Medioevo. Come le linee architettoniche si allungarono per accentuare l’idea della spiritualità, così nel periodo gotico cambiarono anche gli abiti femminili: il polsino svasato diventò uno strascico e la vita si alzò fin sotto il seno, meglio se piccolo.

La moda voleva un corpo adolescenziale e flessuoso, le mani allungate e il volto ovale. Le sopracciglia venivano rasate come la fronte, che in questo modo risultava più alta e un po’ bombata sotto la linea del copricapo, dal quale i capelli non dovevano fuoriuscire. Erano tre le parti che dovevano essere bianche in una donna: il volto, le mani e i denti, al contrario dell’Alto Medioevo. La signora di Forlì, Caterina Sforza, fece un libro di 510 capitoli con le sue ricette cosmetiche. I volti erano privi di quella intensità espressiva, che invece oggi viene ricercata attraverso ombretti e matite; così però era difficile risultare attraenti, per questo motivo

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a volte le donne usavano un velo di rosso sulle guance e le sopracciglia depilate venivano ripassate col nero. Nelle occasioni speciali, uomini e donne ingaggiavano pittori professionisti, che dipingevano i loro volti con colori a tempera e a olio. Col tempo, gli abiti si adornarono di pietre preziose, pelli di ermellini e tessuti pregiati; infatti, tra i mestieri più prestigiosi, c’erano quello delle filatrici d’oro e quello delle pavoniere (che maneggiavano le piume di pavone).

I copricapi bicorni, come quello usato dalla strega nella “ Bella Addormentata nel Bosco”, si fecero sempre più grandi: si dice che la regina di Francia Isabella di Baviera avesse fatto allargare le porte del castello di Vincennes per poterci passare.

Giulia Bartiromo, Silvia Nota

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DOSSIER: I DIRITTI NEGATI

Nel mondo ci sono 2 miliardi di bambini, che rappresentano circa il 35% della popolazione mondiale.

• 11 milioni di minori muoiono ogni anno, prima di avere compiuto i 5 anni, per malattie o problemi che potrebbero essere facilmente eliminati: malattie intestinali, polmoniti, e malattie prevenibili con le vaccinazioni come morbillo, pertosse, tetano, difterite, tubercolosi

• 150 milioni di bambini soffrono di malnutrizione • 123 milioni di bambini non hanno mai frequentato la scuola. Di questi, la maggioranza

sono bambine • 211 milioni di bambini lavorano • 600 milioni di bambini, cioè un quarto dei bambini di tutto il mondo, vivono in condizioni

di estrema povertà • 2 milioni di bambini sono morti, nel corso dello scorso decennio, a causa di conflitti armati • 20 milioni sono stati costretti a abbandonare le loro case • 300 mila bambini sono stati reclutati e combattono in diversi paesi africani, asiatici e del

Medio Oriente in eserciti regolari e gruppi armati di opposizione • 130 milioni di donne hanno subito, da bambine, mutilazioni sessuali e ogni anno altri due

milioni di bambine le subiscono • oltre 1 milione di bambini ogni anno sono vittime dei trafficanti, vengono “comprati” e

costretti a subire abusi e sfruttamento • 14 milioni di bambini hanno perso la madre, il padre o entrambi i genitori a causa dell'Aids

La maggiore parte di questi bambini vivono un’ infanzia priva di quei diritti, di cui noi invece godiamo: manca loro l’istruzione scolastica, il divertimento e il gioco. La loro situazione di vita è carente di igiene, acqua potabile e cibo. L’assistenza sanitaria nei loro paesi è assente: mancano gli ospedali, il personale sanitario necessario alle eventuali visite e vaccinazioni, utili a evitare le principali malattie, quali morbillo, tubercolosi… In tale situazione di disagio igienico, ambientale e culturale, la guerra peggiora la condizione, già critica, del bambino.

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2 milioni di bambini sono morti a causa di conflitti armati (300 mila minori sono stati reclutati e combattono in diversi Paesi; sono i cosiddetti bambini-soldato). STATISTICHE

Registrazione anagrafica

dei bambini

33%

67%

Registrati Non registrati

Vaccinazione

dei bambini

27%

73%

Vaccinati Non vaccinati

Malnutrizione

32%

68%

Adeguatamente nutriti Malnutriti

Disponibilità di

acqua potabile

18%

82%

Con acqua potabile Senza acqua potabile

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Alfabetizzazione

17%

83%

Bambini che sanno leggere e scrivere

Bambini analfabeti

Speranza di vita (anni)

5843

78

Paesi

industrializzati

Paesi colpiti da

AIDS

Paesi africani più

colpiti da AIDS

38

62

22

78

12

88

Africa Asia America Latina

Lavoro minorile

Bambini che lavorano Bambini che non lavorano

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I bambini-soldato La guerra rimane al giorno d’oggi una delle cause principali di sofferenza per l’infanzia. E’ ormai molto diffusa la strategia di distruggere sistematicamente le scuole e di eliminare gli insegnanti e la pratica di disseminare il territorio di mine e ordigni specificamente destinati ad attirare l’attenzione dei bambini. Il coinvolgimento dei più piccoli nella guerra non si limita tuttavia alla loro inclusione fra gli obbiettivi strategici. Adolescenti, ragazzi e persino bambini vengono spesso utilizzati nelle operazioni militari. Trasformare un ragazzino di 10 o 12 anni in una macchina bellica al servizio dell’odio etnico è l’ultima delle “invenzioni” della guerra moderna, che a tale scopo ha anche modificato e semplificato alcune delle sue armi (Kalashnikov, fucili leggeri da caricare e maneggiare). Mentre i bambini occidentali giocano alla guerra, sono più di 300.000 i minori impegnati in veri conflitti armati nei campi di battaglia. Sono molti i Paesi che arruolano minori di 15 anni; tra i quali: Afghanistan, Algeria, Cambogia, Colombia, Congo, Etiopia, Filippine, Iran, Iraq, Messico, Perù, Russia, Turchia, Uganda...

"Un ragazzo tentò di scappare (dai ribelli), ma fu preso… Le sue mani furono legate, poi essi costrinsero noi, i nuovi prigionieri, a ucciderlo con un bastone. Io mi sentivo male. Conoscevo quel ragazzo da prima, eravamo dello stesso villaggio. Io mi rifiutavo di ucciderlo ma essi mi dissero che mi avrebbero sparato. Puntarono un fucile contro di me, così io lo feci. Il ragazzo mi chiedeva: perché mi fai questo? Io rispondevo che non avevo scelta. Dopo che lo uccidemmo essi ci fecero bagnare col suo sangue le braccia… Ci dissero che noi dovevamo far questo così non avremmo avuto più paura della morte e non avremmo tentato di scappare… Io sogno ancora il ragazzo del mio villaggio che ho ucciso. Lo vedo nei miei sogni, egli mi parla e mi dice che l'ho ucciso per niente, e io grido." (Susan, 16 anni, rapita in Uganda)

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Da questa testimonianza possiamo capire che i bambini-soldato non hanno scelto loro stessi di

partecipare alle guerre, ma sono stati rapiti, addestrati e costretti a combattere e ad uccidere.

Per quale motivo scegliere proprio dei bambini? I bambini-soldato non chiedono paghe e possono comunque utilizzare armi leggere e maneggevoli; inoltre sono più facilmente controllabili rispetto agli adulti e affrontano il pericolo con maggiore incoscienza (attraversano campi minati o si introducono in territori nemici come spie). A causa della durata dei conflitti il numero delle vittime è assai cospicuo quindi occorre trovare nel minore tempo possibile nuove reclute per rimpiazzare le perdite…i bambini sono le persone più adatte a questo incarico. Alcuni ragazzi aderiscono come volontari: per lo più lo fanno per sopravvivere, perché c’è di mezzo la fame e il bisogno di protezione. Ad esempio, nella Repubblica Democratica del Congo, da 4.000 a 5.000 adolescenti hanno aderito all’invito di arruolarsi, trasmesso attraverso la radio: erano per la maggior parte “ragazzi di strada”. Per i ragazzi che sopravvivono alla guerre ci sono gravi conseguenze sul piano fisico: denutrizione, malattie della pelle, patologie respiratorie e dell’apparato sessuale, incluso l’AIDS. Ci sono inoltre ripercussioni sul piano psicologico: senso di panico e incubi continuano a perseguitare questi ragazzi anche dopo anni. Si aggiungono poi le conseguenze di carattere sociale: difficoltà ad inserirsi nuovamente in famiglia e a riprendere gli studi, spesso difficili da superare. I diritti internazionali

Alcuni dei principali organismi o documenti che affermano i diritti dei fanciulli sono: la Convenzione di Ginevra, che parla espressamente della tutela dei minori: la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, che enuncia che il fanciullo deve essere il primo a riceve protezione e soccorso la Dichiarazione sulla Protezione delle donne e dei bambini nelle emergenze e nei conflitti armati, che concentra la propria attenzione sull’impatto della guerra sull’infanzia. La Convenzione dei Diritti dell’infanzia, che a differenza dei testi precedenti, unisce tutte le situazioni e i rapporti rilevanti fra mondo adulto e universo infantile.

Il diritto umanitario internazionale e la Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia attualmente stabiliscono i 15 anni come età minima per il reclutamento militare e la partecipazione ai conflitti armati.

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E’ generalmente riconosciuto che questo limite è troppo basso e debba essere portato a 18 anni. I 18 anni infatti sono l'età minima per votare nelle legislazioni nazionali della stragrande maggioranza degli stati e segnano il momento formale di transizione tra l'adolescenza e l'età adulta. La Convenzione dei Diritti dell'Infanzia del 1989 ha definito come "minore" ogni essere umano inferiore ai 18 anni. La maggior parte dei Paesi non recluta minori e non permette che questi prendano parte ai conflitti armati. L'uso dei bambini-soldato deve essere considerato come uno sfruttamento illegale di minori per la natura pericolosa del lavoro in cui questi si trovano coinvolti. I 18 anni sono l'età minima stabilita dai trattati internazionali per accedere a lavori pericolosi.

OOrrggaanniizzzzaazziioonnii iinn ooppppoossiizziioonnee Nel mondo, accanto a chi utilizza i bambini nei conflitti vi è anche chi combatte tale pratica, con risultati modesti ma concreti. Si tratta della Coalizione italiana “Stop all’uso dei bambini soldato!”, un gruppo composto da 11 organizzatori (Amnesty International-Sezione italiana, Alisei, Bice-Italia, Cocis, Coopi-Cooperazione internazionale…). Un’altra importante organizzazione è l’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia) che provvede alla tutela dei minori. Il Programma Anti-bellico dell’UNICEF Nel 1996 l’UNICEF ha sintetizzato una sorta di decalogo degli obiettivi da perseguire nell’azione in difesa dei bambini coinvolti nelle guerre. Prevenzione Investire più risorse nella mediazione e nella risoluzione

dei conflitti. Bambine e donne Speciale attenzione per i loro bisogni, sia in tempo di

guerra (protezione dalla violenza sessuale) sia in tempo di pace (maggiore accesso all’istruzione e formazione professionale.

Bambini soldato Adozione di una convenzione che elevi da 15 a 18 anni l’età minima per l’arruolamento.

Mine antipersone Approvazione di una legge internazionale che bandisca la produzione, lo stoccaggio, la vendita e l’uso di mine antiuomo.

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Crimini di guerra Fine dell’impunità per chi commette atrocità contro i bambini in tempo di guerra, conferendo idonei poteri a un Tribunale Internazionale.

Zone di pace Principio ideale (“ogni bambino è una zona di pace”) che si traduce anche in concrete misure umanitarie (tregue per l’infanzia).

Sanzioni Valutazione accurata dell’impatto che le sanzioni economiche possono avere sulla popolazione civile e sui bambini in particolare

Soccorsi d’emergenza Nei conflitti di lunga durata, utilizzo dei soccorsi umanitari in maniera da iniziare a “ costruire” la pace e lo sviluppo anche prima che la guerra sia terminata.

Riabilitazione Reinserimento nella vita civile dei soldati (adulti e bambini) e terapie psico-sociali, in modo da favorire la transizione alla pace e la riconciliazione all’interno delle comunità.

Educazione alla pace Prevenzione del ciclo continuo dei conflitti e dell’odio attraverso un’istruzione che promuova messaggi di pace e di tolleranza.

AAiiuuttii

Uno dei fronti di maggiore impegno è quello igienico-sanitario: nessun campo di accoglienza dovrebbe essere aperto prima di avere un sistema di smaltimento dei rifiuti e una rete di distribuzione dell’acqua, ma spesso occorre agire nel momento stesso in cui lo spazio viene popolato. L’acqua potabile è ovunque una risorsa vitale, ma ancor più durante le emergenze: molte malattie sono connesse all’acqua infetta (colera, dissenteria…).

È anche indispensabile un adeguato supporto alimentare ai bambini e alle loro madri. Ai bambini in stato di malnutrizione vengono somministrati cibi altamente nutrienti; il regime alimentare dei più piccoli e delle donne in gravidanza è arricchito da sostanze micronutrienti: un’attenzione specifica è riservata all’allattamento al seno.

Probabilmente l’assistenza sanitaria rappresenta il maggiore impegno da fronteggiare in un’emergenza. Un discorso a parte meritano i vaccini, che in situazioni di crisi assumono il valore di farmaci salva-vita.

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Infine, bisogna contribuire ad allestire le strutture di accoglienza fornendo infrastrutture indispensabili quali tende da campo, coperte, teli antipioggia, zanzariere…

Nonostante le gravi limitazioni imposte dal conflitto, è possibile mettere in atto alcune attività che aiutino il bambino a superare le correnti difficoltà di ordine psicologico e gli consentano di intravedere la prospettiva di un futuro migliore. La ripresa dell’attività educativa è senza dubbio il metodo più fruttifero: ricostruisce un clima di normalità spezzando l’incubo dell’emergenza continua, permette ai bambini di socializzare i traumi vissuti e offre importanti occasioni formative per educare al dialogo e alla pace. Fermare questa vergogna, da un giorno all’altro, è impossibile. Ma forse dei risultati possono

essere raggiunti proprio incominciando a parlare dell’argomento, facendo circolare informazioni

e, soprattutto, non facendo finta di nulla. Chiara Grisaffi, Gaia Taberna, Ilaria Lucà

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Sos AMBIENTE

Una catastrofe da evitare

I “gas serra” continuano ad aumentare e gli ecosistemi non riescono ad assimilare l’anidride carbonica in eccesso; i raggi solari rimangono intrappolati in una rete di inquinamento, perciò si crea l’effetto serra, scatenatore di una serie di conseguenze, nel tempo disastrose: lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari e la sommersione di molte fasce costiere. Il carbonio ha aumentato del 2,4% la diffusione di malattie riguardanti il cibo. Sono 150.000 i morti per il caldo ed aumentano sempre di più i suicidi, del 13% precisamente. Questi e altri ancora sono i danni provocati dall’industrializzazione; con il suo avvento molte cose sono cambiate: prima su un milione di parti di atmosfera 280 erano di anidride carbonica, a fine 2002 sono diventate 373 e in questi anni il valore continua a crescere al ritmo di 1,5% parti di atmosfera all’anno. Senza accorgimenti le cose possono improvvisamente peggiorare come a Manua Loa, un’isola delle Hawaii che ha avuto un aumento di 2 e 2,5 parti per milione. Questa oscillazione non è importante per sé, ma per lo sfasamento ambientale che provocherebbe nell’insieme. La temperatura nel 2100 potrebbe aumentare di 5,8°, cioè un valore superiore da 2 a 10 volte quello di oggi; questo aumento incrementerà l’innalzamento dei mari tra 9 e 88 centimetri e la crisi di assorbimento dell’anidride carbonica. Gli esperti vorrebbero stabilizzarsi attorno alle 450 parti per milione d’atmosfera. L’unica possibilità: dimezzare le emissioni di carbonio.

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Nel 2003 l’alta pressione, il gran caldo e la forte insolazione avevano creato in Europa uno strato record d’ozono. L’ozono può essere un bene o un male. Dipende da dove si trova. Nell’ozonosfera è buono: fa da schermo ai raggi ultravioletti, ma nell’aria che respiriamo diventa un inquinante

“cattivo”.

L’ozono, per prodursi, ha bisogno di due inquinanti: i COV (Composti Organici Volatili) e gli ossidi di azoto. Quando il traffico è lento e le marmitte catalitiche sono fredde si creano grandi quantità di questi inquinanti. Interagendo con i raggi solari questi inquinanti danno origine all’ozono, un gas di tre atomi di ossigeno (O3) a un elevato potere ossidante. Finora l’ozono era considerato un irritante delle vie respiratorie, forse all’origine dell’asma e dell’aumento di allergie. Ma dal ’95 hanno iniziato ad accumularsi le prove che sia il responsabile di infarti e ictus e che nelle ondate di calore abbia un effetto aggravante sulla mortalità. Klea Katsouyanni fu il primo a notare l’effetto dell’ozono in Europa. Nella prima parte del suo studio analizzava i dati di 15 città europee, dimostrando che se la concentrazione di ozono aumenta di 50 ug/m3, la mortalità per cause naturali aumenta del 3,8% e quella per malattie cardiovascolari del 4,7%. Uno studio italiano dimostra che, se la concentrazione di ozono aumenta di 10 microgrammi per metro cubo d’aria, i decessi aumentano del 1,3%. I danni provocati dai mutamenti climatici, cioè riscaldamento globale, attenuazione della luce solare, declino delle risorse petrolifere stanno aumentando a dismisura e spaventano oltre che gli scienziati di tutto il mondo, anche capi di stato e primi ministri.

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Uno tra i numerosi allarmi è l’aumento della temperatura; uno studio condotto dalle università britanniche ha concluso che il riscaldamento globale avrà effetti più devastanti di quelli previsti. La temperatura media della Terra potrebbe aumentare di undici gradi a causa dell’effetto serra, una disastrosa e devastante calamità provocata dall’uomo. Secondo David Stainforth, dell’università di Oxford, la zona di pericolo non la raggiungeremo tra metà secolo, ci siamo già dentro. Gli anni più caldi si sono registrati dopo l’80. Nell’Antartico sono comparse chiazze d’erba e le nevi himalayane si stanno sciogliendo come quelle svizzere.

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È dal 1862 che non faceva cosi caldo, sia in Italia che nel resto del mondo, e la situazione non è destinata a migliorare. Se ne sono accorti anche gli scienziati che prevedono la scomparsa del polo nord entro una settantina d’anni. L’ha anche confermato un team di 250 ricercatori di assoluto prestigio che, dopo aver condotto la più approfondita ricerca mai sostenuta, è arrivato a queste catastrofiche conclusioni : nel 2070 il polo nord sarà scomparso e come diretta conseguenza i mari si alzeranno di un metro e la corrente del golfo, che ora riscalda buona parte dell’Europa settentrionale e il nord America, cesserà di esistere . Gli scienziati hanno lanciato allarmi dopo allarmi negli ultimi 20 anni, ma ormai non c’è più nulla da fare : il processo è irreversibile . Negli ultimi 30 anni lo spessore medio dei ghiacci si è dimezzato da 3 metri a quasi un metro e mezzo, mentre la loro estensione si è ristretta a meno di 6 milioni di chilometri quadrati , rispetto ai 7 di appena 20 anni fa , ed il processo continua ad accelerare . L’effetto serra dividerà la terra in un emisfero gelido ( il nord ) e in un altro torrido ( il sud ) , entrambi funestati da eventi di intensità crescente , ( alluvioni , siccità ….). Tuttavia , a parte gli immensi danni inferti ai territori , alle città , all’agricoltura, la scomparsa dei ghiacci spalanca due gigantesche opportunità per il business : l’apertura di nuove rotte polari per le flotte commerciali e lo sfruttamento di aree petrolifere e minerarie ancora vergini. Sarà un vero vantaggio?

Mattia Rizzon, Silvio Lucà, George Picioraga, Edoardo Gino

Sommersi dai rifiuti Ormai ne siamo circondati, li troviamo dappertutto. I rifiuti costituiscono ormai uno dei problemi ecologici più impellenti da risolvere. Secondo le statistiche ogni italiano produce in media 5°7 chilogrammi di immondizia l’anno. E se da una parte aumenta la raccolta differenziata, salita al 14,8% del totale, preoccupa però lo smaltimento dei beni durevoli, come frigoriferi e lavatrici, di cui solo il 13,48% è stato avviato alla raccolta differenziata. Inoltre, nonostante le direttive europee impongano la chiusura delle discariche a cielo aperto, nel nostro Paese solo il 9% dei rifiuti urbani viene incenerito. A questo proposito ci è sembrata significativa la situazione del Mezzogiorno. Il rinomato pane d’Altamura sembra sia diventato un pericolo,a causa di un’enorme discarica a cielo aperto situata a meno di un chilometro dalle coltivazioni di grano: oltre trecento ettari di terreno sono risultati inquinati dalla presenza di cromo, stagno, mercurio ed antimonio. In base alle deposizioni di alcuni testimoni per quattro anni, un paio di volte al giorno dei camion scaricavano

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nell’area anche rifiuti pericolosi, mescolati ai fanghi prodotti dagli impianti di depurazione delle concerie toscane. Sempre in Puglia è stato appena sequestrato dalla magistratura un mega impianto per la lavorazione dei rifiuti. A detta dei proprietari dovrebbe essere uno stabilimento all’avanguardia per la produzione di “compost”,utile come fertilizzante naturale; in realtà, con le sue 800 tonnellate al giorno di rifiuti, uniti magari alle plastiche ed ai fanghi al cromo che hanno già contaminato la zona, rischia di diventare una micidiale “bomba ecologica”, come denuncia il fronte ambientalista. Di mezzo sembra esserci l’”ecomafia”, che controlla il traffico clandestino dei rifiuti. In Campania ed in Puglia opera quella che “Lega Ambienta chiama la “Rifiuti S.p.A.”, una grande centrale, che tratta e smaltisce abusivamente i rifiuti pericolosi, inquinando così l’ambiente. Lungo le rotte dei traffici illeciti da nord a sud viaggiano rifiuti di ogni tipo e pericolosità e ciò che preoccupa ancor di più gli ambientalisti è la grande fantasia delle attività di smaltimento illegali: fanghi industriali contaminati sono utilizzati come fertilizzanti in aziende agricole, polveri per l’abbattimento dei fumi finiscono nelle fornaci in cui si producono laterizi o nei cementifici, rifiuti pericolosi vengono miscelati illegalmente o nascosti sul fondo di fusti che contengono sostanze apparentemente innocue. Il Sud pattumiera d’Italia, come se non bastassero la disoccupazione, la povertà, l’immigrazione clandestina, il contrabbando o quant’altro. Noi crediamo che debba essere ricostituita la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite connesse e speriamo che venga approvata la famosa legge sul “delitto ambientale”, che sappiamo è bloccata da anni in fase di discussione alle Camere. Quello sarebbe secondo noi il vero strumento per combattere questo problema. Al di là di questo carattere legato all’illegalità, la questione dello smaltimento dei rifiuti coinvolge tutti noi ed il nostro senso civico. Che cosa possiamo fare? La risposta è racchiusa in due parole: raccolta differenziata, per favorire il riciclaggio. La diffusione di questi trattamenti può favorire la risoluzione di un duplice problema: da un lato riduce la massa dei materiali e delle sostanze da smaltire, quindi la necessità di spazi e di impianti da destinare a questa funzione, dall’altro lato limita il prelievo di risorse dall’ambiente, strategia indispensabile in futuro per vincere la sfida ecologica. Mettiamo da parte dunque la pigrizia, impariamo a separare i nostri rifiuti riciclabili ed a metterli negli appositi contenitori, non disperdiamo nell’ ambiente quelli che contengono sostanze tossiche, come le pile scariche o i medicinali scaduti e, quando facciamo la spesa, cerchiamo anche prodotti con scarso materiale di confezionamento. Matteo Fiorina, Valentino Raffi e Luca Tomaiuolo

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ALLA SCOPERTA DI TORINO

Visita al museo del cinema

Finalmente,dopo decenni di attesa, la Mole

Antonelliana ha trovato una valida destinazione; infatti, da ormai qualche anno, è diventata la sede del prestigioso museo del cinema di Torino. Qui i visitatori possono ripercorrere le tappe più significative della storia del cinema a partire dalla sua nascita, con i primi esperimenti per tentare di riprodurre il movimento di un oggetto fino a riuscire a fissarlo su pellicola.

In questo museo si possono osservare antichi e preziosi strumenti “cinematografici”. Mi sono particolarmente piaciute le “scatole ottiche”, delle scatole, appunto, il cui interno può essere osservato attraverso un foro su cui è posta una lente. Avvicinando un occhio si può vedere un paesaggio che, grazie ad un gioco di luci e di vetrini colorati appare ora avvolto dal buio della notte, ora illuminato dalla radiosa luce del giorno. Queste scatole si possono considerare come le antenate degli spettacoli cinematografici e degli effetti speciali. Appena furono inventate piacquero molto e diventarono,presso i nobili, una delle più ricercate forme di divertimento. All’epoca, chi se lo poteva permettere, invitava nel proprio palazzo un particolare cantastorie che portava con sé alcune di queste scatole e narrava vicende avventurose,

mentre, contemporaneamente, il pubblico presente osservava attraverso la lente il paesaggio “nascosto all’interno della scatola e si meravigliava alle variazioni di luce che ogni volta lo rendevano diverso. Ovviamente nei 3000 metri quadrati di esposizione non ci sono soltanto scatole ottiche….

Mi è piaciuta la sezione dedicata alle ombre, una primitiva forma di cinema e ho trovato interessanti alcuni strumenti che azionati manualmente, attraverso una manovella girevole, consentivano di vedere alcuni fotogrammi che insieme formavano una breve scena di un film.

Mi è piaciuto osservare l’evoluzione delle tecniche di fotografia e i vari tentativi che hanno preceduto la prima proiezione cinematografica, avvenuta in Francia alla fine del 1800 . Furono i fratelli Lumière a riuscire nell’impresa; Louis e Auguste erano due

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intelligenti inventori, pionieri della cinematografia. Nel 1894 costruirono il primo apparecchio da ripresa e da proiezione e lo denominarono CINÉMATOGRAPHE. Essi si dedicarono anche allo studio della fotografia a colori. Mi sono resa conto che riuscire ad ottenere una pellicola che riprendesse immagini in movimento e poterle successivamente proiettare su uno schermo non è stato certo un impegno da poco. Si sono fatti infiniti esperimenti e anche oggi l’evoluzione non è finita: il cinema dinamico e tridimensionale ci darà emozioni ancora più forti quando, in futuro sostituirà l’attuale cinematografia. Noi che siamo nati alle soglie del 2000 e che siamo abituati a vedere e ad utilizzare i prodotti creati dalle moderne tecnologie a volte non ci rendiamo conto che dietro ad ogni invenzione ci sono tanti anni di ricerche e di esperimenti. Per questo è interessante visitare musei come questo.

Il museo del cinema è anche divertente. Sto pensando all’ Aula del Templio, l’ultima che abbiamo visitato. Al centro ci sono delle poltrone rosse sulle quali ci si può sdraiare per guardare comodamente i films che vengono proiettati; nel punto in cui si appoggia la testa ci sono delle casse acustiche che amplificano i suoni.

Se si è fortunati si può anche assistere ad una particolare proiezione sull’alto soffitto della Mole (e che avviene soltanto ogni 20 minuti) : si tratta di suggestive forme variopinte, accompagnate da una piacevole musica ! Sempre nella stessa sala ci sono anche alcuni divertenti scenari cinematografici: si può entrare in un frigorifero, per poi ritrovarsi in una stanza con le sedie a forma di water, oppure ci si può avventurare in un vero e proprio laboratorio scientifico…! Ogni stanza simboleggiava un diverso genere di film, ad esempio cosa c’è di meglio di una bara per rappresentare i film horror? E i film d’amore non possono certo essere meglio evocati che da un letto rosso a forma di cuore dal quale si possono osservare tranquillamente i film proiettati sul soffitto! L’ ambientazione più curiosa, è forse quella della cucina dove per vedere i film si deve guardare nel forno e sui fornelli! Poco più in là è un’ imponente statua egizia a indicare l’entrata di un’ altra sala, quella dei film storici. E alla fine del percorso si entra nell’ ultima stanza, in cui è stato ricostruito l’ antico “Caffè Torino” con sedie e tavolini ottocenteschi. Sono contenta di aver visitato questo museo perché oltre che istruttivo è anche emozionante. Chiara Grisaffi

In visita guidata al Palazzo Accorsi

“Che onore essere stati invitati da un nobile nel suo palazzo! E che splendore, quante ricchezze!

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Guarda la sala da pranzo: c’è un tavolo lunghissimo e un caminetto per riscaldare e su quella parete è appeso un arazzo per mantenere il calore. E tutti questi oggetti di rame appesi al muro cosa sono?” “Sai, qui, in questo palazzo, ricostruito grazie ai pezzi d’artigianato pregiati collezionati da Pietro Accorsi, puoi trovare molti oggetti tipici presenti nelle dimore dei nobili del Settecento. Queste, ad esempio, sono le tipiche pentole, caffettiere, teiere in rame utilizzate dai ricchi di un tempo; devi sapere che questi oggetti venivano puliti e lucidati a mano dai servi tutti i giorni.” “Davvero? Chissà che fatica, poverini!” “Eh sì… Ma adesso osserva tutte queste statuine e questi ornamenti: li troveremo in tutte le stanze del palazzo. E ora eccoci di fronte ad una credenza o piattaia: questo è un tipico mobile piemontese in legno, montato senza viti ma solo incastrando le varie parti; è un capolavoro molto resistente, a differenza dei mobili veneziani che sono invece più decorati ma più leggeri di quelli piemontesi.” “Questo mobile a cosa serve? È un comò?” “No, niente affatto! A noi potrebbe sembrare strano ma, a quell’epoca, i ricchi non possedevano il bagno. Questa è una comoda: serviva quando, durante le riunioni, il nobile doveva fare i suoi bisogni; un servo doveva essere sempre pronto a portare la comoda al suo signore che, una volta aperto il frontale del mobile, faceva i suoi bisogni mentre gli altri nobili erano voltati, per educazione. Ma questa è solo una delle strane cose che si possono trovare nel palazzo… Ora proseguiamo la visita.” “Credo che sia la cosa migliore da fare: questo palazzo è così ricco che se ci si ferma ad osservare ogni piccolo particolare, non si finisce più di visitarlo!”

“Infatti, ci sono ancora tutti i saloni e le camere da letto! … Qui siamo nello studio; come puoi ben vedere, c’è una grande scrivania, molti libri e due mappamondi, uno rappresenta le terre conosciute, l’altro rappresenta il firmamento: è un planetario, tipo di mappamondo oggi non più molto diffuso.” “Che bel pianoforte!” “Mi spiace deluderti, ma questo è un “fortepiano” e questa è la sala dei divertimenti; qui i nobili si radunavano e ascoltavano storie, canzoni e composizioni e a volte guardavano le immagini delle scatole ottiche.”

“E questo letto così corto serviva per le bambole?” “No. Questo letto era utilizzato proprio per dormirci: i nobili del Settecento pranzavano molto abbondantemente, perciò la notte preferivano dormire con la schiena dritta, appoggiata su molti cuscini, quindi la lunghezza dei letti poteva essere diminuita. E poi, sai, solo i morti si adagiavano supini, secondo loro!” “Come mai questa sala non è stata arredata? Scommetto che è perché avevano finito i soldi o non avevano più cose stravaganti da comperare!” “La risposta è ancora una volta no: questa sala è quasi completamente vuota perché è la sala da ballo!” “Ma che sbadato! Come ho fatto a non pensarci: il ballo è uno dei passatempi preferiti dei nobili!”

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“Questa volta hai proprio ragione! Ma non devi pensare che i nobili fossero così attivi e vivaci: i ricchi avevano anche i loro momenti di riposo! Vedi questa “chaise-longue”, questa poltrona allungata? Serviva per distendersi, rilassarsi e riposarsi. Inoltre, come puoi notare analizzando questo quadro, i nobili curavano molto il loro aspetto esteriore: le dame spesso si facevano raccogliere i capelli e li facevano decorare con vere e proprie statuette e sul viso applicavano dei nei, che, a seconda della loro posizione, indicavano un certo aspetto o modo di essere. Quando andavano a dormire, le signore dovevano tenere in testa un cartone,

in modo da mantenere la pettinatura, che costava loro molte ore dal parrucchiere. Per quanto riguarda i signori, essi, seguendo la moda di un re francese, iniziarono ad indossare una parrucca bianca, dapprima per coprire le teste calve o rosse, poi su ogni tipo di capelli, con lo scopo non più di riparare le cosiddette vergogne, ma come oggetto alla moda.” “Ma come mai siamo ritornati all’entrata?” “Mi dispiace, ma la nostra visita è finita. Spero tu ti sia sentita per un po’ una cortigiana! Ciao!” Gaia Taberna

Gli Impressionisti, la neve e…noi

Ad un anno dall’apertura dei Giochi

Olimpici Invernali del 2006, Torino è entrata nell’atmosfera anche con l’allestimento della mostra alla Promotrice delle belle Arti sul tema dell’inverno e della neve, elemento di straordinaria importanza nella pittura della seconda metà del XIX secolo e che ben si collega all’evento sportivo. Noi abbiamo visitato con la nostra classe la mostra, dove sono presentate circa centocinquanta opere, che mettono a confronto le caratteristiche pittoriche dell’Impressionismo con quelle precedenti del periodo romantico e quelle del post-impressionismo. Due ampie sezioni delineano la storia tematica della pittura di neve del secondo Ottocento, con le varianti che la contraddistinguono nei diversi paesi europei ed in Francia. Sono proprio gli Impressionisti francesi ad aver all’epoca suscitato scandalo, perché non rispettavano le regole delle Accademie. I loro quadri sono più piccoli degli altri, poiché, dipingendo essi “en plein air”, all’aria aperta, anziché in un atélier (dove non avrebbero rappresentato il paesaggio nella sua luce reale), non avrebbero potuto portarsi “sottobraccio”, insieme al cavalletto e ai colori, una tela di grandi dimensioni. Gli Impressionisti, a differenza dei Romantici, amavano dipingere di giorno ed utilizzavano una tecnica di pittura

“confusa”, con pennellate veloci, che non definiscono i contorni dei soggetti rappresentati, ma consentono agli artisti di catturare la luce e di riprodurre in poche ore le percezioni visive che il paesaggio comunica in una particolare ora del giorno ed in particolari condizioni di luce: ne sono un esempio “ I covoni effetto neve ” riprodotti più volte da Monet con luci ed effetti diversi.

Accanto a quadri assai suggestivi, come “Neve a Louveciennes” di Alfred Sisley , “Petit Montrouge” di Edouard Manet o “Effetto di neve a Eragny” di Camille Pissarro, è Claude Monet, e non solo per il numero di quadri esposti (circa quindici), l’artista che risalta con maggiore evidenza, con opere che ne delineano quasi l’intero suo

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percorso pittorico: dalla “Veduta di Argenteuil” degli anni Settanta, dove prevale il bianco della neve (ottenuto peraltro con l’uso dell’azzurro), ai successivi degli anni Ottanta, come “Il disgelo” e “Strada di Giverny”. Ma il tema della neve è significativamente illustrato anche nella “Parigi d’inverno” di Gaugin e nel “Giardino del presbiterio di Nuenen” di Van Gogh, pur con tratti pittorici più accentuati e contorni meglio delineati e contrasti di luci ed ombre più netti, quasi ad anticipare il futuro espressionismo. Da citare anche, tra i pochi quadri italiani, “Primavera sulle Alpi” di Giovanni Segantini e “Raccolta del fieno” di Giovanni Giacometti, dove l’interesse del pittore è incentrato sui soggetti umani, a simboleggiare la vittoria dell’uomo e del suo lavoro sull’inverno: qui non si vuole più rappresentare il paesaggio reale, ma esprimere le emozioni che esso suscita. La mostra si chiude con il più recente “Notte bianca” di Edvard Munch, scena notturna in cui gli

alberi scuri, che delimitano in primo piano un paesaggio di luci ed ombre, diventano “spettri”. Pochi giorni prima della nostra visita, su Torino era scesa una piacevole e fitta nevicata, dalla quale ci siamo lasciati affascinare ed ispirare anche noi: a differenza dei pittori dell’Ottocento, abbiamo espresso le sensazioni, gli stati d’animo e le immagini in alcuni scritti, di cui vi abbiamo proposto i più significativi nelle sezioni “Verseggiando” e “Tra realtà e fantasia”. Molti di noi non avevano mai visto una mostra pittorica di questa portata, l’abbiamo perciò molto apprezzata perché ci ha proiettati nel periodo artistico che stiamo studiando a scuola ed ha stimolato in noi la capacità di “leggere” ed interpretare la pittura come forma espressiva. I capolavori esposti sono davvero stupendi, affrettatevi perciò a visitarla prima che chiuda! Alessandra Oliverio, Luca Tomaiuolo

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