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80 - Avventure nel mondo 1 | 2020 Racconto e foto della coordinatrice Patrizia Crisolini Malatesta I l viaggio nell’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù è un viaggio senza dubbio di un grande fascino naturalistico. Un viaggio entusiasmante, bellissimo: probabilmente una delle ultime mete in un luogo ancora selvaggio, un viaggio per veri viaggiatori che non si spaventano per le difficoltà che un viaggio simile, inevitabilmente, procura. Un viaggio che prevede lunghe giornate in navigazione lungo i fiumi che attraversano l’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù. In questo viaggio la cosa che più mi ha entusiasto è stato l’incontro con le popolazioni locali dell’Amazzonia dell’Ecuador:gli Huaorani, che pure essendo ancora circa 3 / 4 mila individui sparsi nel parco nazionale Yasunì dell’Ecuador, come cultura stanno scomparendo. A conservare le abitudini di vita sono rimasti solo pochi individui che ormai hanno una certa età mentre i giovani tendono a occidentalizzarsi. Il popolo Huaorani è un popolo di guerrieri sopravvissuti con la caccia e la pesca; entrati in contatto con il resto del mondo solo recentemente, sono chiamati anche “Aucas”, che in lingua quechua significa “Persona della Foresta”. Attualmente si fanno chiamare Wuaorani o Huaorani, che nella lingua Huao significa “gente persona”. Fino agli anni ‘50 vivevano in un territorio di circa 20.000 chilometri quadrati che si estendeva al nord dal Rio Napo, fino ai fiumi Villano e Curaray al sud. Erano suddivisi in quattro gruppi: Guequetari, Piyemoiri, Baihuaorani e Huespeiri. Anche se erano uniti fra di loro da parentela le loro relazioni sfociavano spesso in ostilità. All’inizio degli anni ‘70 la popolazione Huaorani ha iniziato a disperdersi, spostandosi in aree esterne dalla zona protetta messa a disposizione dal Governo. Attualmente Da un Amazonas Gruppo Patrizia Crisolini Malatesta RACCONTI DI VIAGGIO | Equador Perù www.avventu.re/5525 ECUADOR PERU’ Dall’Ecuador al Perù viaggio in Amazzonia

RACCONTI DI VIAGGIO | Iran RACCONTI … · carne, frutta, verdura e a mangiare. Siamo gli unici europei. E dopo pranzo continuiamo il nostro giro salendo fino al Panecillo, dove si

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  • 80 - Avventure nel mondo 1 | 2020

    RACCONTI DI VIAGGIO | Iran

    Racconto e foto della coordinatrice Patrizia Crisolini Malatesta

    Il viaggio nell’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù è un viaggio senza dubbio di un grande fascino naturalistico. Un viaggio entusiasmante, bellissimo: probabilmente una delle ultime mete in un luogo ancora selvaggio, un viaggio per veri viaggiatori che non si spaventano per le difficoltà che un viaggio simile, inevitabilmente, procura. Un viaggio che prevede lunghe giornate in navigazione lungo i fiumi che attraversano l’Amazzonia dell’Ecuador e del Perù.In questo viaggio la cosa che più mi ha entusiasto è stato l’incontro con le popolazioni locali dell’Amazzonia dell’Ecuador:gli Huaorani, che pure essendo ancora circa 3 / 4 mila individui sparsi nel parco nazionale Yasunì dell’Ecuador, come cultura stanno scomparendo.A conservare le abitudini di vita sono rimasti solo pochi individui che ormai hanno una certa età mentre i giovani tendono a occidentalizzarsi.Il popolo Huaorani è un popolo di guerrieri sopravvissuti con la caccia e la pesca; entrati in contatto con il resto del mondo solo recentemente, sono chiamati anche “Aucas”, che in lingua quechua significa “Persona della Foresta”. Attualmente si fanno chiamare Wuaorani o Huaorani, che nella lingua Huao significa “gente persona”. Fino agli anni ‘50 vivevano in un territorio di circa 20.000 chilometri quadrati che si estendeva al nord dal Rio Napo, fino ai fiumi Villano e Curaray al sud. Erano suddivisi in quattro gruppi: Guequetari, Piyemoiri, Baihuaorani e Huespeiri. Anche se erano uniti fra di loro da parentela le loro relazioni sfociavano spesso in ostilità. All’inizio degli anni ‘70 la popolazione Huaorani ha iniziato a disperdersi, spostandosi in aree esterne dalla zona protetta messa a disposizione dal Governo. Attualmente

    Da un Amazonas Gruppo Patrizia Crisolini Malatesta

    RACCONTI DI VIAGGIO | Equador Perùwww.avventu.re/5525

    ECUADOR PERU’

    Dall’Ecuador al Perù viaggio in Amazzonia

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  • Avventure nel mondo 1 | 2020 - 81

    Racconto e foto della coordinatrice Patrizia Crisolini Malatesta

    RACCONTI DI VIAGGIO | Equador Perù

    Dall’Ecuador al Perù

    RACCONTI DI VIAGGIO | Equador Perù

    vivono in zone di protezione raggruppati in piccole comunità come Tona Empari, Dayuno, Cononaco e Yasuni; L’introduzione di alcuni prodotti come macheti, fucili, asce, ha spinto molti di loro a lavorare come salariati per poterseli procurare. Negli ultimi anni sono aumentati notevolmente le unioni tra le donne Huao con i Quechua. Nelle varie comunità non esistevano uomini che detenevano il potere; la donna ha un ruolo importante nella vita degli Huaorani. Sono considerati un modello eccezionale di adattamento all’ambiente amazzonico. Sono circa 2.500 persone, organizzate in comunità e vivono nelle province di Orellana, Napo e Pastaia, nella regione amazzonica situata tra i fiumi Napo e Curaray. Dividono il territorio con i popoli Tagaeri e Taromenane, di cui sono rimaste circa 400 persone che hanno deciso di evitare il contatto con altri gruppi umani. Per queste popolazioni indigene la foresta è un luogo sacro perché conserva lo spirito dei loro antenati, la loro storia e moltissime forme di vita. L’incontro del popolo Huaorani con il resto del mondo è stato, di fatto, segnato profondamente dalla presenza delle compagnie petrolifere. Questo legame ha comportato, nel corso dei decenni, una trasformazione dell’ambiente e del modo di vivere della comunità. Sono comparse nuove malattie come l’epatite B e C portando gravi conseguenze, sifilide, alcolismo, infezioni della pelle nei bambini e varie tipologie di cancro soprattutto tra le donne. Uno studio condotto da Acción Ecológica ha dimostrato, infatti, che il cancro è responsabile del 32% delle morti nelle zone petrolifere dell’Amazzonia ecuadoriana, un dato superiore alla media nazionale che è del 12%.Penti, il capo della tribù Bameno è un uomo che sta combattendo contro il governo dell’Ecuador per salvare la propria gente e la propria cultura. E’ grazie alla sua lotta, aiutato da un’avvocato americano e da Matthiew, un giovane volontario anch’egli americano, che il governo dell’Ecuador ha definito una parte dell’Amazzonia che sorge sul proprio territorio e all’interno del Parco Yasunì, zona intangibile, cioè una zona dove possono entrare solo gli indios, o persone il cui ingresso viene approvato dagli Indios, come i turisti per esempio, e dove il governo si è impegnato a non fare trivellazioni per la ricerca del petrolio.Mi ha detto Penti, la foresta è la mia casa, nella foresta troviamo tutto quello di cui abbiamo bisogno, se la foresta viene uccisa, noi stessi veniamo uccisi.La politica di Penti per salvare le proprie tradizioni e il proprio stile di vita è di cercare di far capire al Governo dell’Ecuador che salvaguardare le comunità di Indios può portare a una fonte di reddito turistico. E’ per questo che ha accettato di ospitare turisti nella comunità Bameno e i soldi che si pagano: $ 130 al giorno a persona oltre $ 200 di tassa di ingresso al parco vanno in gran parte proprio al Governo dell’Ecuador.Altrettanto affascinante l’ambiente della foresta che è molto selvaggio, con gli annessi pericoli e fastidi.L’incontro con questa popolazione è stato un incontro che mi ha dato tantissimo, in questo viaggio ho conosciuto persone di una sensibilità eccezionale, questo viaggio che mi ha profondamente toccato e

    ora che scrivo mi è presa una struggente nostalgia, vorrei essere lì in questo momento presso la comunità Bameno per abbracciare tutti gli abitanti del villaggio. Ci hanno accolto come se fossimo sempre vissuti con loro, ci hanno raccontato di chi erano figli o nipoti, di cosa vorrebbero fare nella loro vita, le mamme ci hanno mostrate orgogliose i loro bambini, nel villaggio c’era anche una bambina down coccolata da tutti, e i suoi occhi brillavano di felicità. Non scorderò mai più tutto ciò.

    1° giorno: Roma/Milano – Madrid - QuitoCon un volo Roma – Madrid arrivo a Madrid dove incontro i miei compagni di viaggio, da qui un altro volo ci porterà a Quito, capitale dell’Ecuador. Grazie al fuso orario arriviamo a Quito lo stesso giorno in cui siamo partiti! Una curiosità: arrivati all’aeroporto di Quito, una volta ritirati i bagagli, prima di lasciare l’aeroporto, si passa davanti a un semaforo dove un addetto spinge un tasto, se viene verde si passa senza alcun controllo, se viene rosso occorre far passare i bagagli nell’apposita macchina che ne visiona il contenuto.Arrivati in hotel prendiamo le stanze e usciamo a cena.

    2° giorno: QuitoOggi visitiamo San Francisco de Quito, o semplicemente Quito; la data della sua prima fondazione è incerta; i registri più antichi si trovano nell’hacienda del Inga; tuttavia si pone la sua nascita al 6 dicembre del 1534 con la conquista spagnola. Fu la prima città dichiarata, insieme a Cracovia, come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, il 18 settembre 1978. Nel 2008 è stata nominata sede dell’Unione delle Nazioni Sudamericane. La città si trova a 2.850 metri di altezza sul livello del mare, all’ombra del vulcano Pichincha, ed è la seconda capitale più alta del mondo. La città vecchia è la sua principale attrazione: un insieme di pittoresche plazas, chiese che mescolano elementi spagnoli, moreschi e indigeni, facciate seicentesche.Dal nostro hotel raggiungiamo il centro in autobus, è un susseguirsi di viuzze, antichi edifici coloniali perfettamente restaurati, chiese, monasteri e tanta, tanta gente: ambulanti che vendono la loro merce, donne che sventolano biglietti di chissà quale lotteria incitando le persone che passano a comprarli, lustrascarpe, persone che passeggiano, e

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    su tutto domina, quasi a proteggere la città, la Virgen de Quito, una statua raffigurante la Madonna con una corona di stelle e ali angeliche in piedi su un drago incatenato che sormonta il mondo.Andiamo a pranzo al mercato centrale: vogliamo assaggiare la famosa ceviche, piatto freddo di pesce e frutti di mare crudi, marinati nel limone e conditi con cipolle ed erbe. Il mercato è un luogo interessate, sicuramente non il tipico mercato all’aperto dei Paesi sud americani; è un mercato chiuso, ordinato, dove vi sono dei banchi che servono cibo e dove si trovano tavoli e sedie per sedersi a consumare il proprio pasto. E’ un mercato amato dagli abitanti della città che vengono qui a fare i loro acquisti di carne, frutta, verdura e a mangiare. Siamo gli unici europei. E dopo pranzo continuiamo il nostro giro salendo fino al Panecillo, dove si trova la statua della Vergine Maria e da dove si gode di un panorama su tutta la città. Anche qui tanti venditori ambulanti, e curiosi come siamo acquistiamo della strana frutta che risulterà essere buonissima.Arriviamo poi, con un taxi, alla stazione dei bus per acquistare i biglietti per andare, domani, a Coca (vero nome San Francisco de Orellana), da dove inizierà la nostra avventura alla scoperta dell’Amazzonia.La sera andiamo a cena a un famoso ristorante di Quito per mangiare il cuy, cioè il porcellino d’India.

    3° giorno: Quito - CocaUsciamo prestissimo dall’hotel, sono d’accordo con il tassista che ieri sera ci ha riportato in hotel che questa mattina verrà a prenderci, ma arrivata l’ora dell’appuntamento non si vede. Aspettiamo 5 minuti, ci siamo mossi in anticipo e ce lo possiamo permettere, poi rientro in hotel e chiedo alla reception di chiamare un taxi.....arrivati al terminal terrestre e caricati i bagagli nel bus ci mettiamo comodi, abbiamo 9 ore di viaggio davanti a noi: il paesaggio che attraversiamo è bellissimo.Arrivati a Coca prendiamo un taxi per l’hostal che è abbastanza lontano dal capolinea dei bus.

    In hostal ci stanno aspettando sia Penti, il capo tribù della comunità Bameno, presso la quale passeremo qualche giorno, che Fernando, che ci farà da guida nella “seconda parte” del viaggio; il primo per essere pagato, l’altro per avere un anticipo. Ceniamo con pochi dollari ai banchetti lungo la strada.Coca è una cittadina che non offre molto, ma è l’ultimo avanposto di “civiltà” prima che il rio Napo, lungo le cui sponde sorge, si inoltri nella foresta pluviale fino al Parque Nacional de Yasunì, e per questo il punto di partenza ottimale per visitare l’Amazzonia.

    4° giorno: Coca – Porto Rio Chiripuno (Notte)La mattina ci alziamo presto, dobbiamo fare gli ultimi acquisti per la nostra spedizione, anche Penti è andato a comprare le cose necessarie per il viaggio e il nostro soggiorno in comunità, comprando frutta, verdura etc..Andiamo a cercare gli stivali di gomma per le passeggiate che ci aspettano nella foresta, e i teli di plastica da mettere fra il terreno e la tenda per evitare il contatto con il terreno bagnato, e teli per coprire i bagagli.Lasciamo Coca alle 11:00, viaggiamo su un truck molto grande, con noi ci sono altri indios; ci fermiamo lungo la strada in un paesino per andare in bagno e uno spuntino veloce comprando degli spedini di carne alle bancarelle lungo la strada e ripartiamo per raggiungere il molo dove ci imbarcheremo per andare dalla comunità Bameno. C’è un posto di controllo, il Governo dell’Ecuador richiede delle vaccinazioni per entrare nella c.d. zona intangibile. Consegniamo a Penti la fotocopia del libretto giallo delle vaccinazioni internazionali che venie data a un militare che le controlla insieme al passaporto che ci è stato chiesto di mostrare e ci registra come visitatori idonei. In questo posto di controllo vivono anche degli impiegati del governo che danno supporto ai tour nella giungla in quanto sono in contatto radio con le guide 24 ore al giorno.

    Scarichiamo tutto dal truck e carichiamo tutto sulla barca a motore. E’ una canoa lunga circa 10 metri, ci stanno tutti i nostri bagagli, le provviste di cibo, le taniche di carburante e siamo in tutto 20 persone. L’unica nota negativa è che la canoa è senza tetto. Da domani ne avremo una con il tetto. Riusciamo a partire alle 15:45, un po’ tardi visto che alle 18:00 fa notte.Dopo 5 ore di navigazione, di cui una buona parte accompagnati solo dalla luce delle stelle, e da una torcia di un Indio seduto a prua della canoa che dava indicazioni al motorista su dove dirigersi per evitare i tronchi che invadono il rio, arriviamo al luogo dove passeremo la notte; scarichiamo bagagli e tende e mentre noi sistemiamo le tende ci viene preparata la cene (zuppa calda, ci sta benissimo!, un piatto di riso in bianco, cetrioli e un po’ di pollo). Finita la cena andiamo a dormire.

    5° giorno: Porto Rio Chiripuno - Comunità BamenoMi sveglio presto, sento un po’ di freddo, mi vesto e esco dalla tenda. Quello che vedo davanti a me è bellissimo: il fiume, la foresta, tutto è avvolto da una sottile nebbia. Mi siedo a godere di questo spettacolo. Sento del movimento dietro me, è Penti che sta preparando la colazione. Sveglio i miei compagni di viaggio che se la dormono beatamente, dobbiamo partire presto. Smontiamo la tenda, arriva la colazione: 1 piatto di frutta con banane, e mango, e poi pan cake e caffè. Inizia a piovere. Penti ha già iniziato a caricare la barca con i nostri bagagli.Oggi per fortuna abbiamo una barca coperta.Partiamo alle 8:15, navighiamo lungo questo magnifico fiume, godendo nonostante la pioggia del paesaggio. Rapido pranzo su una spiaggia e ricomincia la navigazione, arriviamo alla comunità alle 16:00.Tutta la comunità è in attesa del rientro di Penti, che ha approfittato del suo soggiorno a Coca per fare rifornimento di beni necessari anche per la comunità stessa. Tutti gli fanno una gran festa “Hola Penti, como estas?”. E Penti li saluta con un grandissimo sorriso.Il terreno su cui sorge il villaggio è rialzato rispetto alla riva del fiume, data la pioggia è fangoso e facciamo un po’ di fatica a salire, Penti ci indica dove possiamo montare le tende , aggiungendo che ceneremo verso le 19:00 e che siamo liberi di muoverci nel villaggio come meglio crediamo. I bambini ci hanno già circondato incuriositi, si avvicina a noi una ragazza, tiene in braccio un bambino, si presenta e dice di essere la nuora di Penti e quello che tiene in braccio è il nipote del capo tirbù, Le chiedo il nome del bambino e mi dice che non lo ha. “No tiene nombre?” chiedo incuriosita. Mi risponde che il nome ai bambini viene dato dopo diversi mesi dalla nascita. Dopo poco conosciamo già tutti. Cominciamo a montare le tende, i bambini, stanchi di starci a guardare, cominciano a giocare fra loro. Finiamo di montare le tende e iniziamo ad andare in giro per il villaggio, un insieme di case costruite con tronchi di albero e foglie di palme. I bambini ci corrono di nuovo incontro e ci accompagnano.

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    6° giorno: Attività in Comunità BamenoOggi sveglia con calma. Colazione alle 8:00. Dopo colazione chiediamo a Penti di parlarci ancora della sua lotta per salvaguardare la foresta; gli si illuminano gli occhi e ci mostrato con varie mappe come il Governo stia distruggendo la selva concedendo la trivellazione del territorio a compagnie petrolifere e relegando gli indigeni in aeree sempre più ristrette.Verso le 10:00 usciamo con Penti per andare a fare una passeggiata nella Selva, prendiamo la canoa per pochi metri e approdiamo. Scendiamo e iniziamo a camminare. Penti ci illustra e spiega le varie specie di piante che incontriamo, per lo più piante medicinali. Percorriamo un sentiero stretto e Penti ci porta a prendere una piccola canoa, ci sediamo su dei tronchetti che fanno da sedile e che sono incastrati fra i due lati della canoa, navighiamo in una laguna che ha un fascino tutto particolare. Già il fatto che non c’è il rumore del motore della barca fa sì che si sentano tutti i suoni degli animali che vivono nella laguna. Torniamo verso le 13:00, il pranzo è pronto (zuppa di cavolfiore, patate, carote; un secondo con carne, patate, verdure).Inizia a piovere, ma per fortuna dura poco. Yuri e Alessandro, finito di mangiare vanno a farsi trascinare con i giubbotti salvavita dalla corrente del fiume, ovviamente in compagnia di gran parte dei bambini del villaggio, è una cosa molto divertente. Nel pomeriggio andiamo in una capanna del villaggio a vedere la preparazione del curaro, il veleno con cui vengono bagnate le punte delle freccie, e dopo di nuovo in acqua, questa volta anche io. E poi si gioca con i bambini: girotondo, ma quante belle figlie madama Dorè, e tutti in di nuovo in acqua. Siamo tornati bambini anche noi!La sera: una magnifica passeggiata notturna nella foresta, sempre accompagnati da Penti. Certo non è come camminare di giorno, l’unica luce è data dalle nostre luci frontali, ma così la foresta è ancora più suggestiva, tutto è silenzio, ogni tanto un raggio di luna riesce a fare capolino fra le fitte fronde degli alberi.Oggi è arrivato Matthew, il volontario americano che aiuta Penti a tenere i rapporti con i turisti, con la sua fidanzata per passare una giornata in comunità e salutare Penti in quanto Matthew, dopo aver passato alcuni mesi a Coca, tornerà in Argentina per lavorare durante la stagione invernale come istruttore di hockey sul ghiaccio.

    7° giorno: : Attività in Comunità BamenoColazione alle 7:00, oggi è prevista una giornata di caccia, piove a dirotto, ma noi impavidi con le nostre mantelle e gli stivali di gomma saliamo sulla barca, facciamo un’ora di tragitto e attracchiamo. Ci issiamo su per le sponde fangose e scivolose e entriamo nella Selva, nonostante la pioggia che ci bagna come pulcini. Penti ci dà delle foglie enormi per coprirci la testa e così fanno gli altri Indios che ci accompagnano, la selva è bellissima! Non si può cacciare, gli animali sono tutti nascosti e così gli Indios ci fanno vedere come si abbatte un albero e come lo si lavora per preparare le lunghe cerbottane con cui gli Huaorani cacciano. Il processo di taglio

    dell’albero abbattuto è particolare e l’abilità degli Huaorani nel tagliarlo in parti uguali tali da essere utili per lo scopo è notevole. Li osserviamo per un po’, poi con Penti andiamo ancora a camminare nella Selva: quanto fango! Ci si affonda. Arriviamo, dopo aver guadato anche un paio di fiumiciattoli, abbastanza alti comunque da fare entrare l’acqua negli stivali e quindi da farci bagnare anche i piedi al Lago Salato, è uno spazio aperto, purtroppo anche questo pieno di fango, ma se ne capisce ugualmente la bellezza. In questo posto, nella stagione secca si riuniscono centinaia e centinaia di pappagalli ai quali c’è un monumento nella terra: un masso che sembra un pappagallo. Chiedo a Penti chi lo ha fatto e mi risponde che è stata la natura, lo trovo un po’ strano, ma non dico niente. Purtroppo continua a piovere a dirotto. Siamo veramente zuppi. Torniamo indietro dove abbiamo lasciato gli altri Indios a lavorare l’albero tagliato per costruire le cerbottane. Hanno fatto molti pezzi che porteranno al villaggio per terminare di lavorarli. Penti ha visto un palmito e ce lo taglia per farcelo mangiare. Che dire? Veramente ottimo. Ancora un tratto di strada e siamo al fiume, riprendiamo la barca, continua a piovere e abbiamo 1 ora di navigazione. Lungo il rio vediamo una canoa portata via dalla corrente da chissà quale villaggio, ci avviciniamo, la leghiamo alla nostra barca e la portiamo alla comunità Bameno.Torniamo al pueblo che sono ormai le 15:00. Ci cambiamo e pranziamo. Nel pomeriggio verso le 17:30 ci sarà una presentazione culturale. Uomini e donne sono con gli “abiti” tradizionali, cantano e ballano nella loro lingua, fra gli ospiti del villaggio vi è anche una coppia di turisti della Nuova Zelanda e gli Indios celebrano il loro matrimonio: gli sposi sono seduti su un’amaca e gli uomini sono tutti intorno a loro a cantare, e quello che dicono, ci dirà più tardi Penti è che se prima erano due persone ora sono una persona sola.Finita la cerimonia ci fermiamo a parlare con Penti e lo sciamano che ci racconta della prima volta che vide arrivare un aereo che portava il personale di una compagnia petrolifera che avrebbe fatto esplorazioni sul territorio. Lo sciamano pensava che fosse lo spirito del giaguaro. Penti, che all’epoca del contatto aveva 6 anni, ci racconta quello che ha saputo dai suoi genitori e dagli altri anziani del territorio: all’inizio i luoghi doveve vivevano gli Indios venivano sorvolati da aerei che gettavano del riso e altro cibo, sono andati avanti così per circa un anno, poi sono atterrati e vi erano soprattutto gesuiti che hanno convinto la popolazione a spostarsi in un’ altra zona. Questo, commenta Penti, per consentire le esplorazioni petrolifere. Questo fatto per gli Indios è stato devastante in quanto sono entrati in contatto con i bianchi e hanno contratto malattie a loro sconosciute, molti sono morti anche per una semplice febbre, Penti ci dice anche che il padre ha ucciso più di 20 uomini che lavoravano nelle compagnie petrolifere affinché lasciassero il territorio. E’ pronta la cena, lasciamo Penti con la sua famiglia e andiamo a mangiare. Siamo stanchi e dopo un po’ di chiacchiere andiamo a dormire.8° giorno: : Comunità Bameno – Rio Chiripuno

    Oggi si affronta il rientro. Prepariamo i bagagli, è previsto di partire per le 10:00, ma Penti è stato avvertito (tramite la radio trasmittente che hanno al villaggio) che in mattinata arriverà un politico che la comunità ha già da tempo contattato per dargli la delega per rappresentare la comunità stessa e i suoi problemi al Governo e quindi ci sarà una assemblea nel villaggio, assemblea presieduta da Penti stessi. A noi non dispiace affatto poter assistere ancora per un po’ a un pezzetto di vita di queste persone.Finita la colazione viene allestito un mercatino con artigianato locale, compriamo varie cose.Verso le 9.00 arriva questo politico, tutta la comunità è riunita in assemblea, Penti illustra i problemi che hanno, qualcuno fa domande al politico, alla fine a votazione, decidono di dargli la delega.Alle 12:15 partiamo, la barca è scoperta e……inizia a piovere forte, non facciamo neanche in tempo a coprirci adeguatamente. Pazienza. Alle 16.00 ci fermiamo in una area abitata da una sola famiglia Huaorani, ci ospiteranno in casa loro, il fuoco è già acceso. Fortunatamente ha smesso di piovere, ci cambiamo e andiamo a esplorare un altro tratto di questa magnifica Selva. Ceniamo presto, domani ci aspettano tante ore di navigazione.

    9° giorno: Rio Chiripuno - CocaPartiamo presto, dopo una abbondante colazione, abbiamo tanta strada da fare, continuiamo ad ammirare questo meraviglioso paesaggio, una coppia di pappagalli colorati ci passa sopra la testa, ne vediamo tanti sugli alberi, mariposas azzurre volano sull’acqua, scimmiette saltano da un albero all’altro, tutto sembra salutarci, guardo Penti, lui stesso che chissà quante volte ha fatto questo percorso, osserva con Amore la sua foresta, quella foresta per la quale sta tanto lottando. Facciamo una sosta di 30 minuti per il pranzo e riprendiamo la navigazione. Arriviamo al molo dopo 9 ore di navigazione, abbiamo fatto una velocissima sosta per il pranzo, al molo scarichiamo il bagagli, e li montiamo su un pick up. Partiamo alle 17:00, questa volta, dato che il mezzo che abbiamo è più veloce ci impieghiamo solo 1:40 per arrivare a Coca, medesimo hotel, dove per la notte si fermerà anche Penti. Ci salutiamo con le lacrime agli occhi.Fernando ci sta aspettando in albergo per accordarsi sull’ora di partenza di domani, parlo con lui e poi raggiungo i miei compagni di viaggio in stanza, tiriamo fuori dai bagagli tutti gli abiti bagnati, li appendiamo mettendo una corda lungo la stanza e accendiamo l’aria condizionata. Ci facciamo una doccia, ne abbiamo bisogno. Quindi usciamo per cena, andiamo lungo la strada di fronte al nostro hotel a mangiare ai banchetti che ci sono lungo la strada e dopo un buon pollo arrosto con riso e papaya andiamo anche a mangiare un gelato in una gelateria che si trova a metà strada fra i banchetti e il nostro hotel.

    10° giorno: Coca – Nueva RocafuerteAlle 7:00 viene a prenderci la moglie di Fernando, Leiza; Fernando ci sta aspettando in barca, a piedi andiamo verso il rio, lungo la strada ci fermiamo in un bar a fare colazione quindi andiamo al molo, la

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    barca è coperta e ha dei teli di plastica ai lati da tirare giù in caso di pioggia. Carichiamo i bagagli e partiamo. Siamo sul Rio Napo, immenso, guardiamo il paesaggio, comincia a piovere, tiriamo giù i teli, Alessandro ci propone dei giochini da risolvere per passare il tempo, facciamo una breve sosta per il pranzo e ripartiamo.La navigazione, a parte una volta in cui ci siamo arenati e Fernando è dovuto scendere a spostare la barca, è andata bene. A sera arriviamo a Nuevo Rocafuerte dove vive Fernando con sua moglie. Ci ha prenotato un hotel. Io non sto bene, tirati fuori tutti i panni dal bagaglio con la speranza che si asciughino un po’ e mi metto a letto, ho la febbre. Fernando verrà a prenderci con la moto per le 21:00 per potarci a cena a casa loro. Nonostante la febbre ho fame, buon segno, i miei compagni di viaggio decidono di andare a piedi, io accetto il passaggio in moto. Ceniamo, Leiza cucina molto bene; prima di sposarsi e decidere di aiutare il marito nel lavoro, lavorava come infermiera a Santa Clotide, sentito che ho la febbre mi fa una puntura affinché mi passi. Mi faccio riaccompagnare in hotel in moto.

    11° giorno: Nueva Rocafuerte – Parco Yasunì – Laguna Atun CochaAnche la colazione è a casa di Fernando che viene a prenderci alle 9:00, io vado di nuovo in moto. La febbre è passata. Rientriamo in hotel, io sempre in moto, ci ho preso gusto! e Fernando ci dice che verrà a chiamarci per partire in quanto deve disbrigare delle pratiche burocratiche in capitaneria. Nel frattempo io vado a pagare l’hotel e poi prepariamo i bagagli, è tutto irrimediabilmente umido! I panni erano stesi al coperto ma è piovuto tutta la notte e l’umidità è stata tanta.Alle 10:30 Fernando passa a chiamarci, prendiamo i bagagli, andiamo al molo, li carichiamo in barca e alle 10:40 partiamo. Dopo 50 minuti siamo al Parco Yasunì. Abbiamo percorso un tratto del Rio Napo vedendo anche un delfino rosado, poi abbiamo preso il Rio Yasunì e siamo arrivati al parco. Facciamo una bella passeggiata, vediamo molte specie di alberi, alcuni naturalmente già visti con Penti, c’è un albero in particolare che viene utilizzato per fare le canoe, è un albero che cresce lontano dal fiume, molto all’interno della selva e che una volta tagliato e fatta la canoa, per trasportarla fino al fiume viene fatta scorrere sulla corteccia di un albero il cui interno è molto liscio. Fra le cose che vediamo anche una pianta velenosa con cui gli indigeni pescano. E’ una pianta da cui si taglia un pezzo di ramo e si butta in acqua. Questa pianta toglie l’ossigeno che è nell’acqua e così i pesci non potendo più respirare muoiono, quindi non sono morti per via del veleno, ma per mancanza di ossigeno e pertanto si possono mangiare. Oggi l’uso di tale metodo di pesca è proibito, ma la pianta viene ugualmente tagliata ed esportata per produrre insetticidi.

    Ho visto dei funghi e chiedo a Fernando se nella Selva ci sono funghi commestibili, “si” mi risponde, “proprio quelli che indichi sul tronco dell’albero” ne raccoglie uno e lo mangia, noi facciamo la stessa cosa e gli chiedo se possiamo raccoglierne un po’ per cucinarli. Mi dice di si, e così ne raccoglieremo un bel po’ per mangiarli a pranzo. Inizia a piovigginare, rientriamo che è ormai l’una. Leiza e Fernando scaricano dalla barca il necessario per cucinare; per fortuna c’è un ampio spazio coperto da una tettoia. Ora piove proprio bene. Fernando ci dice che si deve assentare per circa un’ora per disbrigare delle pratiche burocratiche (Ancora? Non le aveva fatte

    questa mattina?) rientrerà alle 16:00. Per fortuna non piove più.Quando tornerà andremo con la barca alla laguna Jatun Cocha, raggiungibile anche a, ma in questo periodo di piogge non si può fare.In 30 minuti di navigazione siamo alla laguna Jatun Cocha che è semplicemente splendida, ne restiamo estasiati, ci sono delle isolette fatte di sola erba che non

    avendo le radici in profondità si muovono con le correnti. Dopo un po’ Fernando si infila in un anfratto e approdiamo al nostro accampamento: un luogo usato spesso in quanto c’è un tavolo di legno con delle panche, e una sorta di capanno fatto con teli di plastica sotto il quale montiamo le tende. Di nuovo il rito dei panni umidi stesi, con la vana speranza che si asciughino, vana perché la notte è umida e non potranno mai asciugarsi, ma almeno non ammuffiscono negli zaini. Fatto ciò andiamo a pesca di piranha. Io e Yuri abbiamo successo e ognuno di noi due ne pescherà uno. Torniamo all’accampamento, Leiza ci prepara degli ottimi spaghetti al tonno, e naturalmente i piranha cha abbiamo pescato, finito di cenare usciamo di nuovo con la barca per andare a vedere i caimani. Di notte i loro occhi sono rosso fuoco. Fernando riesce a prendere uno con le mani, non so come abbia fatto, così lo possiamo vedere da vicino. Torniamo all’accampamento e andiamo a dormire. Appuntamento alle 6:00 per finire il giro della laguna fino al piccolo Rio Quebrada che l’alimenta.Pioverà tutta la notte.

    12° giorno: Nueva Rocafuerte – Pantoja - TempestadAlle 6:00 ci muoviamo per finire di fare il giro della laguna, per fortuna non piove, vediamo tantissimi uccelli e scimmie. Alle 7:30 torniamo al campo, ottima colazione con pane, marmellata, formaggio, cioccolato/caffè/tea. Finita la colazione smontiamo le tende, sistemiamo i nostri panni, umidi, in un bustone, carichiamo la barca e alle 9:16 partiamo per Nueva Rocafuerte, dove dovranno mettere sul passaporto il timbro di uscita dall’Ecuador. L’addetto dell’ufficio non c’è, ci dicono che tornerà……..e tornerà dopo due ore. Finalmente alle 12:00 riusciamo a partire e dopo 1 ora siamo a Pantoja, in

    Perù, veloci le pratiche di immigrazione fatte in un ufficio dove ci accompagna Leiza, basta compilare il form che ti consegnano all’ufficio stesso. Vista l’ora Fernando ci porta a mangiare in un ristorantino locale, conosciamo altri turisti, tutti zaino in spallo che stanno visitando questa magnifica parte del Paese e ci scambiamo le impressioni e i consigli di viaggio. Partiamo alle 14:00 e finalmente arriviamo a Tempestad. Fernado ci fa montare le tende all’interno di un grande edificio, proprio davanti al fiume. Prima di montare le tende andiamo a farci un bagno, in acqua ci sono già dei bambini, il sole inizia a calare, è l’ora del tramonto e i colori sono bellissimi. Che pace. Ceniamo la cena preparataci da Leiza seduti su un tronco di un albero dopo di che andiamo a dormire.

    13° giorno: Tempestad – Santa ClotildeSveglia alle 5:00, alle 6:20 abbiamo sistemato tutti i nostri bagagli, facciamo colazione sullo stesso tronco dove ieri sera abbiamo cenato. Carichiamo i bagagli e alle 7:00 partiamo.Verso le 11:00 una sosta pipì in una zona dove c’è una sola casa Quecha, ci sono dei bambini che vedendoci avvicinare alla riva scappano dalla casa e vanno a nascondersi, Fernando ci dice che hanno paura di noi pensando che siamo dei pelacara, cioè degli uomini bianchi taglia teste. Dopo un pò però vincono la loro paura e piano piano con circospezione iniziano a farsi vedere, Fernando gli dice di stare tranquilli, che possono avvicinarsi, non siamo pelacara. Stiamo un poco con i bambini e poi ripartiamo. Pranziamo su una spiaggia lungo il Rio Napo, in un punto in cui vive una sola famiglia. Mentre Leiza cucina noi laviamo qualcuno dei nostri indumenti nel fiume approfittando del bel tempo. Il pranzo è stato ottimo: riso al sugo con cipolla e erbette, coscia di pollo, macambo (un frutto grande che va aperto e dentro contiene i frutti, tutti separati fra loro, vanno sbucciati e poi fritti) e banane fritte. Ripartiamo alle 13:35, la navigazione scorre senza

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  • Avventure nel mondo 1 | 2020 - 85

    RACCONTI DI VIAGGIO | Equador Perù

    intoppi fra questa natura rigogliosa. Arriviamo a Santa Clotilde alle 17:00. Fernando ci accompagna in un albergo appena costruito a pochi passi dal molo, alcune stanze non hanno finestre, ma visto che è vuoto abbiamo ampia scelta. Nella strada davanti all’albergo sta avendo luogo una partita di pallavvolo fra i ragazzi del posto. Con Leiza andiamo a registrarci al posto di polizia locale che oltre ad annotare il numero di passaporto prendono anche l’impronta del dito indice, anche Leiza e Fernando che vivono in Ecuador devono seguire la stessa procedura. Torniamo in albergo, doccia, passeggiata e alle 19:30 viene Fernando a prenderci per accompagnarci a cena. Dopo cena facciamo due passi in questo paesino e poi andiamo a dormire.

    14° giorno: Santa Clotilde – Mazxan – Iquitos – Nauta – Guerardo HereraSveglia alle 5:20, colazione sulla barca alle 6:00. I colori dell’alba sono veramente belli e il fiume è così placido e riflette tutta la bellezza del cielo, a un certo punto vediamo l’acqua incresparsi, del movimento: sono delfini, la giornata non poteva iniziare in modo

    migliore. Partenza alle 7:00, due soste per la pipì e alle 14 siamo a Mazan. Fernando lascia la barca davanti la casa di una famiglia chiedendogli se gliela guardano per qualche giorno. Usciamo, con i bagagli salendo dei gradini di legno, se così si possono chiamare, scivolosi, tanto che perdo l’equilibrio e cado, nulla di grave. Arrivati in strada prendiamo tre motocarri e in pochi minuti siamo al porto sul Rio delle Amazzoni. La barca veloce è già al molo i bagagli vengono caricati sul tetto della barca, che parte solo quando tutti i posti a sedere sono occupati. arriviamo dopo 45 minuti di navigazione al porto di Iquitos. Scaricati i bagagli dobbiamo passare attraverso un pantano profondo, la tavola su cui passare è infatti caduta in parte in acqua. Fernando si dà da fare per sistemarla, ci riesce e così evitiamo il pantano. Attraversiamo un coloratissimo mercato di frutta e verdura e siamo in strada dove fermiamo dei mototaxi per farci accompagnare al molo da dove parte la nave notturna per Jenaro Herera. E’ una bella nave, per chi vuole ci sono anche le cabine, noi, da veri avventurieri quali siamo, viaggiamo in ponte e dormiamo in amaca, circondati dalla gente locale: chi per passare il tempo suona la chitarra, bambini che giocano per terra, donne che chiacchierano.

    15° giorno: Arrivo a Jenaro Herrera - Barca per la comunità MayorunasMi sveglio al suono di una campana. Chiamano per la colazione, compresa nel prezzo del biglietto, pappa di avena e pane secco da spezzare dentro (vi dirò che è stata una buona colazione). Fernando ci comunica che l’orario previsto di arrivo non è più fra le 7 e le 9 , ma fra le 11 e le 12. Trascorriamo il tempo guardando il paesaggio che scorre davanti a noi. Alle 10:30 viene giù il diluvio.Arriviamo alle 12:00 a Jenaro Herrera, fortunatamente non piove, scendiamo dalla nave, Fernando si dà da fare per trovare una barca che ci porti alla comunità dei Mayorunas. Prima però compra, dalle donne e dai bambini che si accalcano

    al molo quando arriva la nave, del formaggio locale e del pane che mangeremo subito (data l’ora abbiamo fame). Jenaro Herrera è famoso per la produzione di questo formaggio veramente ottimo. Troviamo la barca e dopo circa un’ora di navigazione arriviamo al villaggio. Qui la “mano” del governo è stata pesantissima, è rimasta una piccola comunità, la maggior parte degli Indios si è rifugiata nella parte più interna della selva e non vuole contatti con il governo, nel villaggio c’è una scuola per i bambini, costruita a opera del governo stesso, ma il maestro va raramente, i bambini parlano poco la lingua dei loro genitori e pochissimo spagnolo. Il gruppo che vive in questa zona è sfruttato dal governo in modo spaventoso, la zona in cui vivono è molto pescosa, e quindi li sfruttano come pescatori, comprando a prezzo bassissimo il pesce pescato, pesce che è anche alla base della dieta di questo gruppo di Indios. Le acque del fiume sono infatti molto pescose, mentre arrivavamo abbiamo visto i pesci saltare vicino alla riva e uno ci è saltato dentro la barca. Fernando chiede se possiamo montare le tende dentro un luogo coperto, ci portano in una casa dove c’è un grande letto (vi dormiranno Fernando e Leiza) una “cucina” a legna e spazio per montare le tende e tanto altro, compresa una gallina che sta covando le uova. La casa è rialzata dal terreno, tipo palafitta, per entrare occorre salire una piccola scala, ha una porta. E’ chiusa su tre lati, quello dove sta la cucina a legna è aperto. Abbiamo del tempo a disposizione e andiamo a farci il bagno. Dal punto di vista paesaggistico il posto è molto bello. Ci siamo accordati con l’adulto del villaggio per una passeggiata notturna che ci piacerà molto, abbiamo camminato per due ore vedendo tantissimi insetti notturni.

    16° giorno: Comunità MayorunasPer oggi abbiamo concordato una passeggiata mattutina, che durerà 5 ore, è talmente bello qui che non abbiamo neanche voglia di rientrare per pranzo, ma rientriamo e Leiza ci ha preparato un ottimo piatto di pesce appena pescato, anche a colazione abbiamo mangiato pesce e lo mangeremo anche a cena, dopo pranzo andiamo a vedere come viene estratto il sapo, droga visionaria Mayorunas, usato come mezzo di divinazione per la caccia. Il sapo è un preparato ricavato da una grossa rana arborea, chiamata dai Mayorunas dav-kiet. I Mayorunas la catturano e la tengono prigioniera per tre giorni, durante i quali viene periodicamente raccolta la secrezione che si accumula sul dorso e sulle zampe. Questa secrezione, essiccata, è la parte ricercata ed è chiamata sapo. Al termine dei tre giorni la rana – che mai è maltrattata – viene liberata con celebrazioni festose.Quello a cui noi assistiamo è che questa rana viene legata stirandolo per le quatto zampe e le viene passato un bastoncino su tutto il corpo, sentendosi attaccata la rana reagisce emettendo questo liquido biancastro che viene raccolto in una ciotolina per poi essere preparato come su descritto. L’adulto della tribù ci dice che il sapo, non lavorato con la saliva, viene anche usato mettendolo sulla pelle dove è

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  • 86 - Avventure nel mondo 1 | 2020

    Nella remota regione del Tibet nepalese

    dove il tempo si e' fermato

    Alto Dolpo Trek

    RACCONTI DI VIAGGIO | Equador Perù

    stato precedentemente fatto un taglietto per poter pulire il corpo, come una sorta di purga quindi in quanto gli effetti che produce così usato sono vomito e diarrea, oppure viene usato sui bambini che non ubbidiscono ai genitori così il bambino sta male e temendo la stessa punizione in caso di una nuova disubbidienza, ubbidirà.Dopo aver assistito a questa estrazione del sapo andiamo a fare un giro nella laguna. E’ semplicemente un incanto.Finito il giro, ci facciamo un bagno e giochiamo con i bambini che sono già in acqua.Ceniamo presto, pesce appena pescato, cotto in una foglia di banane e tante altre cose ottime. E’ una serata di stelle, finita la cena ci mettiamo fuori ad ascotare i suoni della notte.

    17° giorno: Jenaro Herrera - IquitosCi alziamo verso le 7:00, smontiamo le tende, facciamo colazione, prepariamo i bagagli, siamo silenziosi, ci aspetta un’altra notte in barca e l’addio a questa natura bellissima che stiamo uccidendo.Andiamo a salutare i Mayorunas, è stato allestito un mercatino e compriamo qualcosa un po’ da ogni famiglia. La barca che ci deve portare a Jenaro Herrera viene alle 9:00, ancora un giretto nella laguna, poi andiamo decisamente verso Jenaro Herrera. Arriviamo che sono le 10:30, giretto per il paesino, verso le 12:00 andiamo a pranzo con il pensiero fisso: “arriverà la nave?”; arriva verso le 14:00, è piena di gente e riusciamo a mala pena a trovare un posto dove attaccare le amache; arriviamo a Iquitos la mattina del 6 maggio verso le 7:00.

    18° giorno: Arrivo a Iquitos – Visita alla cittàIl tempo è bello. Sbarcati prendiamo tre moto taxi per andare all’hotel Amazonas, Fernando viene con noi, gli saldiamo il dovuto e salutiamo sia lui che Leiza; prendiamo possesso della nostra stanza, ci facciamo una bella doccia, tiriamo fuori dai sacchi tutti gli abiti, diamo una pulita agli stivali di gomma che abbiamo decido di riportarci a casa e poi andiamo a fare colazione in un bar dal lato opposto all’albergo. Dedicheremo la giornata alla visita di questa città che è la più grande città della terra non raggiungibile per strada, prima tappa, la casa de Fierro progettata da Gustave Eiffel, eh, si, l’architetto della torre Eiffel, quindi il suo mercato così pittoresco, il museo della civiltà e visto che fa molto caldo nel pomeriggio

    arriviamo in autobus fino alla laguna Quistacocha, un’oasi di pace con una bella spiaggia e...ci scappa un bel bagno!Rientrati in città passiamo in albergo per una doccia e quindi andiamo a cena, e poi subito a dormire visto che domani, prima di partire, vogliamo fare un’altra visita.

    19° giorno: Iquitos - LimaLa mattina ci alziamo molto presto per andare a fare il giro in barca per vedere la bidonville di Belem e per arrivare alla confluenza del Rio Ucayali con il Rio delle Amazzoni. E’ una visita molto interessante, Belem è una baraccopoli galleggiante formata da un gran numero di capanne poggiate su zattere i cui abitanti si spostano sulla propria canoa, vediamo persone che si lavano nel fiume, donne che lavano i panni nel fiume......e quando andiamo alla confluenza dei due fiumi vediamo anche tanti delfini rosados!

    Finito il nostro tour torniamo di corsa in hotel dove facciamo colazione e andiamo in stanza a prendere i bagagli, abbiamo il volo per Lima! Davanti all’hotel prendiamo dei mototaxi per andare in aeroporto, prima di salire in aereo pranziamo.Il volo è regolare e atterrati a Lima, usciti dall’aeroporto prendiamo un taxì per andare in hotel A Iquitos era una giornata bellissima, arriviamo a Lima e troviamo un cielo grigio…, ma Lima è questa, da aprile a ottobre è avvolta da una perenne nebbia, conosciuta con il

    termine di garùa che rende il cielo plumbeo. Una curiosità letteraria: molti scrittori hanno trovato fonte di ispirazione in questa caratteristica della città, anche Herman Melville nel suo Moby Dick parla del “velo bianco” che avvolge Lima.La città sorge sulle sabbiose colline ai piedi delle Ande, è vastissima con i suoi trenta quartieri così diversi fra loro.Alle 16:00 siamo in hotel, io ero già stata a Lima e quindi decidiamo di non perdere tempo e di farci un giro ai quartieri di Barranco e Miraflores, centro moderno della città e fulcro della vita notturna, e visto che la cassa sta bene decidiamo di concederci dell’ottimo cibo in una bellissima location, la scelta ricade su la Rosa Nautica, un ristorante caro, ma stupendo; finita la cena rientriamo in hotel in taxi.

    20° giorno: Lima – Visita cittàCi alziamo presto, vogliamo vedere il più possibile,

    facciamo una buona colazione e usciamo. L’hostal in cui alloggiamo è in centro, facciamo prima una passeggiata lungo il rio Rìmac, il fiume che attraversa Lima, quindi andiamo a visitare la Cattedrale, il Convento di santo Domingo, il Monastero di San Francesco, la Chiesa de la Merced, ci fermiamo poi in un bar per una seconda colazione, quindi prendiamo un taxi A/R per il Cerro san Cristobal, il mirador della città da cui si arriva a vedere l’Oceano Pacifico. In cima a questa collina vi è una croce, illuminata di notte, che rappresenta un punto di riferimento per gli abitanti di Lima che vi si recano in pellegrinaggio duranta la Settima Santa; tornati in centro rapido spuntino per pranzo, e poi andiamo a visitare il museo del sito di Pachacamac. Yuri e Alessandro non sono mai stati in questa parte del mondo e li ho visti molto interessati non solo alla natura, ma anche all’aspetto storico del Paese, quindi gli ho proposto di visitare questo sito che certo non è niente rispetto ai tanti siti che ci sono in Perù, ma la spiegazione della guida è stata molto bella e interessante. E per raggiungerlo: mezzi pubblici, per stare a contatto con i peruviani, non è stato facile arrivare al sito che dista 31 km dalla città, ma ci siamo arrivati, e siamo rientrati a Lima sempre con i mezzi pubblici. Questa sera abbiamo in programma di cenare nuovamente in un ristorante del quartiere Miraflores, dopo aver girovagato un po’ scegliamo il cafè de la Paz, che si trova in una stradina tranquilla proprio dietro al Parque de la Reserva dove andiamo dopo cena per vedere il Magic Water Circuit, impressionate circuito dell’acqua che conta 13 bellissime fontane; per le quali è il complesso più grande al mondo del suo genere.. La fontana principale che si chiama semplicemente fuente lancia un getto d’acqua con una altezza di oltre 80 metri e poi la fuente de la fantasia una fontana cibernetica di 120 metri di lunghezza, che crea curiose immagini della natura riflessa in tonalità di verde e circondata da fiori acquatici molto belli e poi: la fonte dell’armonia, la fonte dell’arcobaleno, il tunnell delle sorprese con una lunghezza di 35 metri, la fonte del bambino, la fonte della vita, la fonte del tradimento,la fonte dei desideri lunga ben 110 metri; segue la fonte del labirinto formato da pareti d’acqua molto suggestivi e che cambiano di tonalità e dulcis in fundo lo spettacolo di suoni e luci laser presso la fuente de la fantasia, semplicemente stepitoso, se andate a Lima non perdetelo, è uno spettacolo incredibile che vi lascerà a bocca aperta.

    21°giorno: Lima – Roma/MilanoUltima mattinata a Lima, sveglia presto, colazione, portiamo i bagagli alla reception per metterli in uno sgabuzzino fino a quanto non rientriamo e in taxi andiamo al Museo de oro y de armas, che abbiamo trovato molto interessante. Rientriamo in hotel in taxi, prendiamo i nostri bagagli, ci facciamo chiamare un taxi dalla sig.ra alla reception e andiamo in aeroporto.La fine di un bel viaggio è sempre un po’ triste, sia quando la vivi, sia quando la “rivivi” scrivendo un racconto del viaggio, ma la meravigliosa esperienza fatta resterà per sempre con me.Appassionatamente!

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