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PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA DIOCESI DI RAGUSA APRILE 2019 ANNO XXXV - N. 637 Redenzione, la vita nuova in Cristo In Diocesi Monsignor Angelo Rizzo per sempre a Ragusa Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (cov. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCBRagusa Pubbl. inf. 45% CAMPIONE GRATUITO La mappa dell’Agesci Una presenza capillare 800 ragazzi e 180 capi

Redenzione, la vita nuova in Cristo

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Page 1: Redenzione, la vita nuova in Cristo

PERIODICO D’INFORMAZIONEDELLA DIOCESI DI RAGUSA

APRILE 2019ANNO XXXV - N. 637

Redenzione, la vita nuova in CristoIn Diocesi

Monsignor Angelo Rizzoper sempre a Ragusa

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CAMPIONE GRAT

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La mappa dell’Agesci Una presenza capillare800 ragazzi e 180 capi

Page 2: Redenzione, la vita nuova in Cristo

Pasqua e Redenzione3 Impariamo a guardare Gesù

+ Carmelo Cuttitta5 In volo verso l’immenso e l’eternità

Mario Cascone6 Tre aiuti divini per la nostra redenzione

Luca Farruggio7 Ecco la Pasqua che dona la vita!

Raffaella Refano8 Il primo annuncio del Risorto dono alle donne

Carmelo Ferraro10 La Via Crucis di Giovanni Scalambrieri

Nicola Tomasi13 Il triduo pasquale a Monterosso Almo

Alessia Giaquinta

In Diocesi14 Monsignor Rizzo per sempre a Ragusa16 Il ricordo di padre Giorgio Guastella17 I nostri seminaristi: Giuseppe Cascone18 Alla scoperta del mondo Agesci a Ragusa

Saro Distefano19 Rinnovato il direttivo del Consultorio familiare

Angelo Battaglia

Chiesa e società25 Intervista al professore Giuseppe Savagnone

Alessandro Bongiorno26 Il successo del Certamen Ragusiense

Gianluca Vindigni27 Il ruolo della Fuci nell’Università

Enrico La Rosa

Attualità28 Il limite della serricoltura iblea

Federico Dipasquale29 I nostri emigranti e la crisi del Venezuela30 Il regionalismo e i rischi per il Sud

Vito Piruzza31 Un impegno per la tutela dell’ambiente

Rosuccia Agnello32 I figli nell’era del “posso tutto”

Tonino Solarino e Rosaria Perricone

IN LIBRERIA33 I libri di Luciano Nicastro e Daniele Scollo

Reg. Trib. RG n.71 del 6.12.1977ROC n. 1954

Direttore ResponsabileMario Cascone

CondirettoreAlessandro Bongiorno

In redazione, segreteria e amministrazione Gabriella Chessari

Via Roma, 109 RagusaTel. 0932646419

[email protected]

StampaNonsololibriSrls

Tel. e Fax 0932621130Impaginazione a cura di Gabriella Chessari

Numero chiuso il1 Aprile 2019

Page 3: Redenzione, la vita nuova in Cristo

Carissimi, la Quaresima è tempoforte di conversione e di rinno-

vamento spirituale che ci è offertoper rinnovare la nostra adesione aCristo crocifisso e risorto, lascian-doci illuminare dal suo splendore.La nostra Chiesa, come tutte leChiese sparse nel mondo, entranonel clima austero della Quaresima la-sciandosi condurre a crescere nellacomunione proprio attraverso la ri-scoperta della centralità del misterodi Cristo. Vogliamo tutti quanti in-sieme, ad imparare a guardare Gesùper poter guardare con Gesù e arri-vare ad amare come Gesù.

Siamo anzitutto chiamati a guar-dare Gesù.

I nostri sguardi, colmi di stupore edi amore, devono convergere versoil Volto di Gesù, che contemple-remo sfigurato dal dolore nell’oradella passione e della morte, maanche trasfigurato dalla luce della ri-surrezione al mattino di Pasqua.

Durante la Quaresima, le nostreComunità parrocchiali avranno tanteoccasioni di incontro con il Signore,a cominciare dallo stesso itinerarioliturgico delle domeniche, che ciaiuterà a riconoscere che Gesù è ilvero Tempio di Dio nel quale è pos-sibile ricevere la salvezza, grazie aldono della sua vita offerta sullaCroce. È opportuno valorizzare almeglio la proposta formativa che laliturgia ci offre settimanalmente. Laprima scuola di educazione alla vitacristiana – non dimentichiamolo – èl’Anno liturgico, che ci introduce

gradualmente e sempre più in pro-fondità nel mistero di Cristo. Sia laliturgia domenicale sia quella ferialevengano perciò particolarmente cu-rate in questo tempo.

Non mancheranno certamente glialtri appuntamenti che caratteriz-zano questo Tempo di grazia nellenostre comunità, quali la Via Crucis,la lectio divina, l’Adorazione eucari-stica, i ritiri spirituali, le celebrazionipenitenziali. Mi piacerebbe moltoche i Pii esercizi siano rivitalizzati eriproposti come propedeutici al per-corso che la liturgia quaresimale cioffre.

Alla luce di questo itinerario, guar-dare Gesù, deve significare anzituttoaprirsi all’ascolto di Lui, rimettendoal centro del cammino di fede deisingoli e delle comunità la Parolaeterna di Dio. Dobbiamo semprepiù lasciarci illuminare e guidaredalle Scritture! Il progetto di Diosull’uomo e sulla storia, che la rive-lazione biblica ci dona, va cono-sciuto e attuato nelle scelte pastoraliche la Chiesa è chiamata a compieree questo perché si realizzi quanto laLiturgia delle Ore ci fa dire in unasplendida antifona: “fare di Cristo ilcuore del mondo”.

Invito ciascuna Comunità a pro-porre iniziative per conoscere e ac-costare le Scritture con rinnovatostupore. Trasmettendo la Parola eaiutando a leggerla nella fede dellaChiesa, essa potrà farsi carne nellavita delle nostre comunità, delle no-stre famiglie e dei singoli credenti.

Carissimi, educhiamoci al dialogoorante con Gesù, non stanchiamocidi aprire la mente e il cuore per ac-cogliere il seme divino della Parola,che vuol trovare in noi il terrenobuono per produrre i suoi frutti.

Guardare Gesù, ci da la possibilitàdi accogliere il volto della misericor-dia del Padre. Quanto bisogno di mi-sericordia ha oggi il mondo!

Blocchiamo il male, che a voltesembra avere la meglio in tante situa-zioni, facendo rifluire il fiume co-pioso della misericordia di Dio tra lepieghe della storia. Invocare e otte-nere misericordia, significa irroraredi rugiada divina la terra inaridita acausa della cattiveria degli uomini.Ogni effusione di misericordia è faresplodere la primavera con tutti isuoi profumi e colori nella vita delmondo. Segnalo l’esperienza che civiene proposta, delle “24 ore per ilSignore”, nelle giornate del 29-30marzo. Sarà importante utilizzarequesto momento non solo per risco-prire e celebrare il Sacramento dellaRiconciliazione, luogo privilegiatoper fare esperienza della misericor-dia, ma anche per gustare, nel con-testo di una prolungata Adorazioneeucaristica, quanto sia bello contem-plare il volto di Gesù, nascostonell’Eucarestia, e lasciarsi fissare daLui, il Vivente, conquistati dallaforza del Suo amore.

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in 3Impariamo a guardare Gesù,

brilleremo della luce pasqualedi Cristo morto e risorto

“Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza”

Continua a pag. 4

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Guardare Gesù deve significare in-fine ritrovarci come discepoli checrescono nella comunione e cammi-nano insieme, guidati dal Maestro,con il bastone del pellegrino tra lemani e avendo nella bisaccia il panefragrante della Parola, unica vera ric-chezza che la Chiesa possiede. Guar-dando Gesù, potremo così guardarecon Gesù!

La Quaresima è infatti l’occasionepropizia per intensificare le nostreazioni concrete di carità, con unostile di autentica condivisione. Sol-lecitati dalla Sua Parola, perdonatidalla Sua misericordia, resi da Luifratelli, Gesù ci insegna a guardare ilmondo con i suoi occhi e ad amarlocon il Suo cuore. Stando con Gesù,conoscendolo e amandolo, noi en-triamo nel cuore di Dio e veniamocoinvolti nelle dinamiche del suoamore. È sempre in agguato il ri-schio che il cuore si raffreddi e ilfuoco della carità sia spento dalle oc-cupazioni mondane che lo soffo-cano. Questo avviene soprattuttoquando ci lasciamo ammaliare daitanti “incantatori di serpenti” e daitanti “ciarlatani” che si affaccianonella nostra vita. E qui penso adesempio ai tanti che si lasciano cat-turare dalla tentazione del facile gua-dagno, che si crede di ottenere con igiochi d’azzardo, purtroppo così dif-fusi nel nostro territorio, che por-tano invece molte famiglie non soloalla perdita della serenità familiarema anche degli stessi beni, faticosa-mente messi insieme dopo anni diduro lavoro! Per non dire della faci-lità di cadere, in queste circostanze,nelle mani degli usurai-strozzini,veri seminatori di morte!

Carissimi, è necessario dare unasvolta alla nostra vita. Per tutti c’è lapossibilità di risorgere! Se permet-tiamo a Gesù di fare irruzione e disconvolgerci interiormente, è certoche Egli riesce a rimettere tutto inordine, riaccendendo in noi il fuoco

della carità. Ciò ci donerà quegliocchi nuovi che ci permetteranno diincrociare gli sguardi di chi ci sta difronte con tenerezza e misericordia.

Riappropriamoci in questa Quare-sima della pratica dell’elemosina, in-tesa non tanto come l’obolo daoffrire per tacitare la coscienza difronte alle situazioni di povertà,quanto piuttosto la scoperta che“l’altro è mio fratello e ciò che honon è mai solo mio”. E se l’altro è unfratello, ne deriva che in ogni richie-sta di aiuto, in ogni mano tesa, noiscorgiamo un appello della divinaProvvidenza, cosicché l’elemosina èl’occasione per prendere parte allaProvvidenza di Dio verso i suoi figli.Questo approccio teologale all’ele-mosina ci permette di dare al gesto

del condividere un valore sopranna-turale. Dio si serve di noi per darevita al mondo!

Carissimi, guardando Gesù e im-parando a guardare con Lui noistessi, gli altri e il creato, “saremoraggianti” (Sal 33,6). Brilleremo cosìdella luce pasquale di Cristo morto erisorto.

La Vergine Maria, che ha guardatoGesù sotto la Croce e con Lui guardanoi con occhi e cuore di Madre, in-terceda per la nostra Chiesa Ragu-sana e per il nostro camminoquaresimale.

Vi benedico di cuore, augurandoviun fruttuoso cammino quaresimale

+ Carmelo, vescovo

Continua dalla pagina precedente

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in 5La Pasqua festa del nostro essere

in volo verso l’immenso e l’eternitàNell’antichità cristiana circolava

questa leggenda: c’erano unavolta diverse centinaia di uccelli, cheerano costretti a vivere in una situa-zione veramente paradossale perloro. Si trovavano infatti sottoun’enorme rete, stesa a pochi metridal suolo. I poveri uccelli tendevano,ovviamente, a salire in alto, ma nonpotevano perché, ogni volta che ten-tavano si slanciarsi verso il cielo, an-davano a sbattere inesorabilmentecontro la rete. Ormai si erano rasse-gnati a vivere in quella specie di pri-gione e quindi a venir meno alla loronatura, che invece li spingeva a vo-lare in alto. Un giorno però un uc-cello, più caparbio degli altri, uscìfuori dal mucchio e si slanciò forte-mente contro la rete. Ne venne fuoricon la testolina pesta e sanguinante,ma eroicamente non desistette daisuoi tentativi e altre volte volleschiantarsi contro la rete finché nonriuscì ad aprire un varco, attraverso

il quale egli poté passare e final-mente volare verso il cielo, sia purecol capo sanguinante. Immediata-mente tutti gli altri uccelli lo segui-rono attraverso quel buco che si eraaperto e poterono volare nel cieloimmenso.

Non è difficile comprendere il si-gnificato di questa parabola. Que-st’uccello che ci ha aperto ilpassaggio verso la libertà è Cristo.Versando il suo sangue sulla Croce,Egli ci ha aperto il varco. Non siamopiù nella prigione dei nostri vizi e deinostri peccati, ma siamo in grado dislanciarci liberamente verso legrandi mete che egli stesso ci ha pro-spettato nel Vangelo. In questomodo realizziamo pienamente la no-stra natura, che è fatta non per lecose mediocri, ma per le realtà piùalte. «Se siete risorti con Cristo, cer-cate le cose di lassù, dove si trovaCristo assiso alla destra di Dio; pen-sate alle cose di lassù, non a quelle

della terra » (Col 3,1-2): così ci am-monisce San Paolo, ricordandoci ap-punto qual è la nostra veravocazione.

La Pasqua è allora la festa del no-stro essere, il trionfo della libertà, lapossibilità permanente di guardarein alto, verso il cielo, che è la nostravera patria. Cristo, col sacrificiodella croce, trionfa sulla forza schia-vizzante del peccato e ci apre il varcoverso la libertà e l’eternità beata. Enoi siamo chiamati a seguirlo su que-sta strada, proprio perché non siamofatti per le cose mediocri, ma per lerealtà più alte. Prendendo ognigiorno la nostra croce, per andaredietro di Lui, noi mortificheremoquella parte di noi che è ancoratroppo legata alle passioni carnali eacquisteremo gradualmente verso lalibertà dello Spirito che ci permet-terà di fare nostra la resurrezione diGesù.

Mario Cascone

Cristo, con il sacrificio della croce, trionfa sulla forza schiavizzante del peccatoe noi siamo chiamati a fare nostra la resurrezione di Gesù con la libertà dello Spirito

Page 6: Redenzione, la vita nuova in Cristo

Il tema della redenzione, per noicristiani, sembra essere scontato.

Ma la lettura dei testi biblici ci mo-stra un grande lavoro divino percompiere la redenzione. Il puntofondamentale in cui sembra emer-gere un certo umanissimo pessimi-smo è il concetto di “frattura”. Unafrattura tra il Creatore e la creatura.Nella Bibbia tra Dio e le sue creatureemerge sempre quello che, nella tra-dizione giudaico-cristiana, vienechiamato il Divisore. Questo perchéDio ha dato a noi e a tutti gli esseriuna certa libertà di poter sceglieretra il bene e il male. Tra l’uomo e Dionon è mai un tutt’uno, perché cisono forti potenze che hanno creatoun abisso. Tuttavia, come si dice inun Salmo, “l’abisso grida all’abisso”.L’uomo e Dio non smettono di cer-carsi. A non farci cadere in un pessi-mismo totale c’è sempre il tentativodi Dio di cercare l’uomo, di redi-merlo, di riportarlo al suo progettodi vita. Come si cerca di colmarequesto abisso nella Scritture? Po-

tremmo dire in tre modi.Attraverso la Legge. Dio consegna

all’uomo i suoi comandamenti, lesue parole di salvezza. Oggi moltiprendono con distacco i comanda-menti perché si percepisce che limi-tano la nostra libertà. In realtà icomandamenti sono “parole”. Pa-role che Dio consegna al suo popoloper farlo camminare nell’integrità.Tuttavia seguire i comandamenti intotale armonia è quasi impossibile.Potremmo dire: “chi è senza peccatoscagli la prima pietra”. I comanda-menti sono fondamentali, ma li sen-tiamo duri, lontani. Spesso cimostrano i nostri peccati e non la mi-sericordia di Dio.

Il secondo dono di Dio per col-mare l’abisso è quello di inviare ilproprio Figlio, Gesù, in mezzo agliuomini. Gesù porta a compimento laLegge, è l’uomo che ci racconta Dio.Ci mostra la sua misericordia, ci ri-corda che è venuto per redimere ipeccati, a consolare gli ultimi. Egli èpassato tra gli uomini facendo del

Bene. Si è fatto “ponte” tra Dio e gliuomini. Ma la paura del Getsemani eil grido sulla croce “Dio mio, Diomio perché mi hai abbandonato?”,non risuonano in ogni credente incerte ore della sua vita?

Il terzo modo con cui Dio cerca dicolmare l’abisso è lo Spirito Santo.Questo, secondo la teologia, portapace e consolazione. È ciò che ci la-scia Gesù come eredità del suo mes-saggio. Ma è qualcosa/qualcuno dimolto misterioso… non si può com-prendere, non lo si può vedere congli occhi umani.

Perciò la vita cristiana è una vitadifficile (negando la tesi di coloroche vedono nella religione facili so-luzioni!), ma ha questi tre “aiuti” perportare a compimento la vita in Dio.Infatti, con la Legge, con Cristo econ lo Spirito non possiamo più par-lare di un totale pessimismo. Non acaso, nell’oriente cristiano, per col-mare il grande abisso si afferma condecisione: “Dio si è fatto uomo, af-finché l’uomo diventasse Dio”.Arduo ma necessario cammino diogni vero credente!

Luca Farruggio

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Dio non si stanca di cercare l’uomoper indirizzarlo verso il fine ultimo della vita

La Legge, il Figlio, lo Spirito SantoTre aiuti divini per la nostra redenzione

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in 7Stupore, meraviglia e guarigione

Ecco la Pasqua che dona la vita!Epoi ti ritrovi in cantoria a fare le

prove di canto e non riesci più acantare perché ti imbatti nella frase:“Non c’è amore più grande, di chidona la sua vita, o Croce tu doni lavita…”, e pensi la croce simbolo disofferenza, che dona la vita!

Questo pensiero ha riportato allamente tutte le volte che sono stataoggetto di cattiverie altrui, invidia,sterili critiche, a tutti gli schiaffi mo-rali e materiali ricevuti, alle delu-sioni, alle lacrime di sconforto chehanno rigato il mio viso, a tutto ciòche mi ha portato sul punto di ce-dere, di mollare. Poi ho accompa-gnato questo pensiero all’attimosuccessivo quando queste situazionisi sono risolte, e soprattutto all’eu-forica gioia che ha trasformato il mioumore e mi ha ridonato il sorriso. Misono chiesta perché questa esalta-zione? Perché questa gioia esageratarispetto alla situazione risolta?

Ho capito che questa gioia non è ilfrutto di una situazione che si si-stema, ma è il frutto di una soffe-renza attraversata, letta, studiata epoi superata.

La vera gioia nasce dalla pace, nonperché tutto va bene, ma perchéquando le cose vanno male si riescea crescere lo stesso, a conoscere leproprie fragilità e si comprendequanto grande è l’amore di chi ci hacreato.

Non esiste Pasqua nel mondosenza Passione e Morte, non esistegiorno senza la notte e non esisteamore senza sofferenza.

Carissimi amici, non chiediamoper questa Pasqua una vita senza sof-ferenza, perché essa c’è e ci sarà sem-pre, ma possiamo chiedere la forza ditrasformare le nostre “croci” in sor-riso fresco e genuino perché è lo stu-

pore per le piccole cose che ci sem-plifica il cammino, in ansia comuni-cativa perché è nella meraviglia delracconto che riscopriamo la bellezzadella vita, in gesti di perdono fraternoperché è nella guarigione delle no-stre ferite che impariamo ad amare.

Quest’anno per ritrovare il sorrisonon comprerò un uovo di cioccolatagigante, ma passeggerò per le viedella mia città per stupirmi della bel-lezza delle persone e del creato chemi circonda.

Per ritrovare il senso del racconto

non mangerò le “mpanate” prepa-rate dalla mia 90enne nonna, maandrò a casa sua e le prepareremo in-sieme e riscoprirò la meraviglia deisuoi racconti legati alla tradizione, alpassato, alle mie origini.

Per ritrovare Te, che continui adamarmi nonostante tutto, non spe-dirò un ramoscello d’ulivo anonimoad un amico con cui non parlo ormaida troppo tempo, ma andrò a portar-glielo personalmente.

Buona Pasqua a tutti!Raffaella Refano

Non chiediamo una vita senza sofferenza ma la forzadi trasformare le nostre “croci” in sorriso

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Nella chiesa madre di Giarratana,è custodita un’opera del 1871

del sacerdote Gaetano Distefano cheritrae la Vergine Desolata attorniatadalle donne. È la Madre che ha la-sciato il corpo martoriato del Figlionel sepolcro e che tornata a casaguarda con dolore composto la co-rona di spine adagiata su un biancovelo. Le donne hanno lo sguardo ri-volto a lei, nell’atto di consolarla,mentre altre hanno l’espressione at-tonita per quanto hanno vissuto.

Quali siano stati i pensieri di que-ste donne non lo sappiamo, i vangelinon ne parlano. Degli amici di Gesùci viene raccontata la fuga, il rinne-gamento di Pietro, l’impiccagionedell’Iscariota. Delle donne ci vienedetto che erano con Maria suamadre sotto la croce. Ad eccezionedi Giovanni, nessuno degli amici delMaestro è presente perché impau-riti, se non addirittura delusi perquanto successo. Ed ancora; con lasola eccezione di due discepoli (Giu-seppe d’Arimatea e Nicodemo) edun solo apostolo, Giovanni, la sepol-tura è eseguita alla presenza delledonne. Sono esse a condividernecon la Madre il dolore nella “notteoscura” del Sabato Santo.

Nella società giudaica del tempo,la donna era emarginata, esclusadall’istruzione e la sua testimo-nianza non valeva in giudizio, era og-getto di proprietà materiale degliuomini al pari del bestiame. In que-

sto contesto, socio-culturale, Dioama il “paradosso” così che la venutadel Verbo trova il suo inizio con ilservirsi delle donne, mandando infrantumi il pensare secondo le regolestabilite dagli uomini. Le donne,come è successo con l’Annuncia-zione e con la visita di Maria alla cu-gina Elisabetta, sono le primedestinatarie e protagoniste della“Buona Novella” che, accogliendolanel cuore, le consacra già donne cre-denti. In Maria, questo miracolo simanifesta in maniera eminente:Maria, custodisce “più la Verità nellasua mente, che la carne nel suogrembo”, poiché “Cristo è veritànella mente di Maria, Cristo è carnenel grembo di Maria. Conta di piùciò che è nella mente di ciò che èportato nel grembo” (Discorsi , disc.25 S. Agostino). Il “paradosso” diDio si manifesta nuovamente nel-l’annuncio della Resurrezione. ANazareth, Gabriele viene inviato aMaria; a Gerusalemme gli Angelisono inviati alle donne. Irrompe Dionella quotidianità dei gesti a Naza-reth, irrompe la potenza del Risortodavanti alla fragilità fisica delledonne che pensavano a chi avrebberotolato l’enorme masso per entrarenel sepolcro e terminare il rito dellasepoltura.

Le donne, durante la vita pubblica,avevano seguito il Maestro con di-screzione. A volte, però, come nel-l’episodio della resurrezione di

Lazzaro, questa discrezione era statarotta, così che Marta ebbe a pronun-ciare parole di professione di fede“Sì, o Signore, io credo che tu sei ilCristo il Figlio del Dio che deve ve-nire nel mondo” (Gv 11, 27).

Dunque niente di straordinario seil Signore abbia voluto che la Resur-rezione avvenisse in primo luogo nelcuore delle donne perché esse non sierano staccate da Lui; in un certosenso erano rimaste inchiodate alMaestro e sorretto la Madre chiamataa generare sul Golgota ciascuno dinoi. Come nella notte di Betlemme,anche la Resurrezione aveva bisognodi “incarnarsi” cioè di diventare vita,

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toin 8 Il primo annuncio del Risorto dono alle donne rimaste fedeli anche nella“notte oscura”

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presenza, realtà . E le donne eranole più adatte. Oso dire che, conMaria, le donne sono state chiamatead accogliere, ricordare e dunqueportare l’annuncio: “Davvero il Si-gnore è risorto!” (Lc.24,34).

Queste donne, private di dare te-stimonianza in tribunale dove la cuiparola non era credibile se non c’eraun testimone maschio che la sup-portava, venivano scelte dal Signoreper annunciare l’evento straordina-rio della sconfitta della morte e iltrionfo della vita. “Senza quelledonne la salvezza di Cristo sarebbecaduta nel nulla “( D. Marzotto -“Pietro e Maddalena .

Il vangelo corre a due voci”). L’an-nuncio di Maria di Magdala dellapietra ribaltata, fa correre i due apo-stoli (Pietro e Giovanni) al sepolcroche credono, non perché detto daMaria, ma per le bende e il sudarioprivi del corpo del Signore e tor-nano a casa nell’ordinarietà perchécon semplicità Giovanni afferma chenon “avevano infatti compreso laScrittura che Egli cioè doveva risu-scitare dai morti (GV20, 9). EMaria? Maria rimane, piange non sidà pace e viene fatta partecipe del-l’apparizione del Maestro. “Maria”( Gv 20,16) è la sola parola del Ri-sorto; “Rabbuni” (Gv 20,16) è lasola parola della discepola che rico-nosce il Maestro. Quel “voltarsi”rappresenta il cambiamento imme-diato dal dolore alla gioia, quasi una“incarnazione” della resurrezionenel cuore di Maria di Magdala chevede il Signore nella sua gloria e vor-rebbe trattenerlo, lo vorrebbe tuttoper sé. È il premio del Signore a chiè rimasto fedele ai piedi della croce,che ha accolto lo Spirito del Croci-fisso morente, e dunque è chiamataad essere “apostola apostolorum”(S. Gregorio Magno) cioè figura cheevangelizza coloro che hanno, sì se-guito Gesù, ma sono fuggiti nellanotte del Getsemani e ora stentano

a credere. Alle donne è stata dato ilcompito di capire il mistero dellapassione, morte e resurrezione diGesù. Per questo sono le più adattead aprire le porte alla missione, adallargare i confini. Spetterà al Ri-sorto andare incontro ai suoi disce-poli ma nell’intimità. Presto, Egliapparirà nel luogo dove sono riunitimostrando i segni gloriosi della suapassione, lungo la via di Emmausspezzando il pane, Tommaso potràtoccare le sue piaghe, Giovanni lo ri-conoscerà sul lago ascoltando la suavoce, “È il Signore” (Gv 21,7) cuifarà seguito il tuffo di Pietro in acquae il silenzioso pasto di tutti sulla riva,ma sono atti intimi del Maestro coni suoi, mentre alle donne è spettatol’atto più grande: il primo annuncioche il Maestro era tornato in Vita.

Nella vita della mistica Teresad’Avila, Gesù fa partecipe la santafacendole conoscere il dolore di suaMadre, delle sue sofferenze e diquanto Lui, il Risorto, ha dovuto“intrattenersi con la Madre” perconsolarla nella mattina di Pasqua.Anche questo è un segno di Gesù,lungo la storia in cui ha preferitoconfessare solo al “genio” femmi-nile quello che i Vangeli hanno forsevolutamente tenuto nascosto.

Carmelo Ferraro

Così come è successo con l’Annunciazione e con la visita di Maria alla cugina Elisabettasono le donne le prime destinatarie e protagonistedella “Buona Novella”

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Page 10: Redenzione, la vita nuova in Cristo

Prima di mettere mano ed un po’di intelletto a questo scritto, ho

implorato su tutti i fronti una buonadose d’innocenza, perché credo chesolo i piccoli, privi di filtri e ceppi ra-zionali, possono restituirci, in imme-diata sintesi, il senso abissaledell’insegnamento della passione delSignore, tesoro per tutti i cristiani.

Lo è di certo per l’autore della ViaCrucis bronzea, installata ad anfitea-tro, dentro la chiesa parrocchialeSanti Apostoli di Comiso, lavoro ar-tistico di squisita fattura e di medi-tata esplorazione interiore delloscultore locale, professore GiovanniScalambrieri, noto qui a tutti.

La sua personalissima interpreta-zione del fondale evangelico nasce

da un difficile parto produttivo in se-guito ad un itinerario faticoso, matu-rato nel travaglio doloroso esperanzoso di uomo e naufrago, ac-quietatosi dentro i ritrovati perimetridella fede cattolica, riscoperta qualeautentica risorsa di umanesimo,quello vero e squillante !

La scommessa sull’uomo, l’ab-braccio alla carne stimmatizzata damille fragilità, al corpo nella sua eti-mologia biblica, non ha catapultatoquest’amico apprezzato nell'areamaterialistica greve e riduttiva diun’antropologia asfittica e suicida.

Nell’umiltà che lo contraddistin-gue, nella ricerca sincera che loanima, ha compreso che il tentativomaldestro di estirpare Cristo e la sua

croce – emblema unico della sal-vezza umana – dalla storia e dagli am-biti della cultura si ridurrebbe ad unatto catastrofico contro l’uomo e lasua sete perenne di felicità e di au-tenticità!

Inebriato dai fiori di Bellezza neicodici rinascimentali, ben illustratanell’impasto minerale delle colate dibronzo fuso, Scalambrieri ridise-gnale classiche “stazioni” alla lucedel mistero dell’Incarnazione, perciòevidenzia l’uomo dove molti hannointuito solo il divino puro.

Siamo, altresì, ben lontani, in que-sta lezione di arte e di fede orto-dossa, dagli schemi di chiostinatamente vuole inscriverel’evento mirabile della redenzionefra le geometrie della storia o dellamatematica del transeunte.

Questa Croce, nella quale si esaltail destino della creatura amata daDio, vista in tutte le sfaccettaturepossibili, rimanda al Calvario comecondizione non ultimativa e defini-tiva di Cristo nell’uomo e dell’uomoin Cristo. Di là già si percepisconole prime luci della Resurrezione edella Pasqua compiuta, nel cui alveotutto trova risposta, senso e respiro!

Nicola Tomasi

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Nella chiesa Santi Apostoli di Comisola Via Crucis di Giovanni Scalambrieri

Lo scultore ridisegna le “stazioni”alla luce del mistero dell’Incarnazione

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Tutto tace. Alle 15 del Venerdì Santo si sente solo ilvocio di uomini, donne e bambini che – rispettato

il digiuno – si recano in chiesa per le celebrazioni. Il crocifisso è coperto da tre teli che vengono, via via,

spostati fino a mostrare quel simbolo di dolore, e sal-vezza al tempo stesso, che è la croce di Cristo.

In silenzio, accompagnato da marce funebri, da la-menti in siciliano e dal Miserere, il ligneo crocifissoviene portato, a spalla dai fedeli, per le vie del paese finoa sera.

I bambini osservano curiosi, mai spaventati, perché aMonterosso Almo sin dalla tenera età ci si abitua a viverela fede anche nella dimensione folcloristica e tradizio-nale.

Il Venerdì Santo, in particolare, rappresenta per la cit-tadina iblea, un momento molto forte da vivere intensa-mente fino all’ultimo quando, deposto Gesù dalla croce,lo sia adagia sul cataletto (un’urna arricchita con veli edeleganti decori).

Ancora una volta, il Cristo nel cataletto attraversa levie principali di Monterosso fino al momento in cuiviene deposto ai piedi della Madre, l’Addolorata, perl’occasione coperta con un manto nero.

In questo momento conclusivo del Venerdì Santo, siritorna a casa in atteggiamento pio e contemplativo me-ditando le Sette Parole di Cristo in Croce ampiamentecommentate da un predicatore tra una processione el’altra.

Il sabato è il tempo dell’attesa, dei preparativi, dellasperanza.

Saranno le campane a festa della Domenica di Pasquaa dare compimento, senso alla croce, al dolore dellamorte.

Ancora una processione, quella del “Re da’ Loria”,percorre le stesse vie che, qualche giorno prima avevapercorso la Croce.

La gente è in festa. Ci si veste elegantemente. I bam-bini corrono per le strade e mimano i suoni della bandamusicale che esegue marce trionfanti.

Le case profumano di buono: agnello pasquale, impa-nate di carne, cassate, dolci e pietanze varie non pos-sono mancare a tavola.

È Pasqua e anche la tradizione, nelle sue innumerevoliforme, aiuta a riscoprire il meraviglioso Mistero d’amoredi Dio che ha illuminato le tenebre donandoci la vivasperanza di Risorgere anche noi, un giorno, comeLui!Alleluja!

Alessia Giaquinta

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Triduo pasquale a MonterossoTradizione e fede attorno alla Croce

Anche i riti che si tramandano da generazioniaiutano a vivere i momenti forti della Quaresima

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Monsignor Angelo Rizzo riposa oranella cattedrale di San Giovanni

Battista. La salma è stata tumulata aipiedi dell’altare del Cristo alla Colonna.Sul feretro, traslato dal cimitero diMontedoro, una semplice targhetta conil nome e un’immagine della Divina Mi-sericordia.

La Diocesi di Ragusa ha colto il mo-mento della traslazione e della tumula-zione per ricordare il vescovo che, per28 lunghi anni, ha guidato la comunitàiblea. Lo ha fatto dando alle stampe unapubblicazione (“Monsignor AngeloRizzo padre e pastore dal cuoregrande”) che raccoglie una serie di te-stimonianze sull’azione pastorale, cari-tativa, sociale di monsignor AngeloRizzo ma anche rinfrescando ricordi ememorie che non sono state solo la cor-nice del suo episcopato. «In queste pa-gine – ha ben sintetizzato il vescovomonsignor Carmelo Cuttitta – è scrittociò che è solito raccontarsi a parolequando si ha l’occasione di stringersi

attorno ad una persona che abbiamo vo-luto bene: naturale riaffiorino allamente momenti indimenticabili condi-visi, incisi a caratteri cubitali nei nostricuori». Il volumetto raccoglie le testi-monianze di uomini e donne che«hanno risposto positivamente e pron-tamente alla chiamata a servire questanostra Chiesa locale e – aggiunge il ve-scovo – hanno calato insieme, a monsi-gnor Rizzo, il Vangelo nellaquotidianità di una diocesi in espan-sione e alla ricerca di un’identità forte,del tutto nuova ed autentica».

A curare il volumetto è stato don An-tonio Cascone. «Questa piccola pubbli-cazione in occasione della traslazionedelle sue spoglie mortali nella Catte-drale di Ragusa, lungi dal voler essereuna biografia o un racconto di tuttol’agire pastorale e umano di monsignorRizzo, vuole semplicemente sottoli-neare – ha sottolineato don AntonioCascone – alcuni e brevissimi aspetti diquella che è stata la figura del vescovoAngelo».

La pubblicazione raccoglie le testi-monianze di Franco Antoci (“Vescovoinfaticabile”), Luciano Nicastro (“Unvescovo per le strade della città”), Ema-nuele Occhipinti (“La preoccupazionedi annunciare sempre il Vangelo”),Alfio Di Pietro (“L’impegno sociale ecaritativo”), Concetta Scribano (“Padree mastro di carità”), Paolo La Terra(“La convocazione del primo sinododiocesano”).

L’affresco che emerge è di un vescovoimpegnato a dare attuazione al Conci-lio, in un momento di grandi fermentiper la vita della Chiesa. Un impegnoche ha portato avanti senza mai rinun-

ciare alla dottrina ma con uno stile tuttosuo, caratterizzato da una paterna at-tenzione verso tutti e da una grande fi-ducia nei confronti di un laicato che haformato e visto crescere. Con questostile ha affrontato le sfide delle vecchiee nuove povertà e impostato una Chiesacapace di essere presente anche lungole frontiere della nuova evangelizza-zione.

Significative e piene di umanità le te-stimonianze raccolte nel volumetto.«Monsignor Rizzo non ha deluso le at-tese, ha mantenuto i propositi ed è statoper tutti non solo il Pastore, ma anche– evidenzia Franco Antoci – il padre eil fratello che, con tanta attenzione, riu-sciva a seguire anche i più piccoli pro-blemi di ciascuno». Per LucianoNicastro, monsignor Rizzo «ha presie-duto tanti anni di idee, progetti, sacri-fici, preghiere e testimonianze digenerosa carità. Si è mosso per primo.Non ha aspettato nel suo Vescovado lavenuta della Città e della Chiesa, ma èstato un Vescovo in mezzo alla città».).La preoccupazione di annunciare sem-pre il Vangelo è invece la chiave di let-tura che Emanuele Occhipinti dà

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“Padre e pastore dal cuore grande”Monsignor Rizzo per sempre a Ragusa

La salma traslata in cattedrale e tumulata ai piedi dell’altare del Cristo alla Colonna

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dell’episcopato di monsignorRizzo, pennellando «più che lafigura istituzionale del vescovo,tutto il suo amore di padre emaestro nella fede» che ne rive-lerà «un’inedita veste di comu-nicatore dal linguaggio vero,giovane, concreto, immediato».Alfio Di Pietro scrive di «unuomo, un sacerdote, un ve-scovo, un protagonista della vitasociale ed ecclesiale di Ragusadella seconda metà del 1900» e,riportando alla memoria l’atti-vità del centro di promozionesociale “Giovanni XXIII” e letante opere caritative che viderola luce in quegli anni, parla di«pagine edificanti della storiadella giovane chiesa iblea, sem-pre distintasi nella capacità dicogliere i segni dei tempi». Se-condo Concetta Scribano, «tre

sono le caratteristiche» che siaddicono di più a monsignorAngelo Rizzo: «accoglienza,ascolto, attenzione ai pro-blemi».

Soffermandosi sul primo Si-nodo diocesano, don Paolo LaTerra non esita a sostenere chesia «stato una scossa che ha in-dotto una discontinuità nellavita della diocesi, attivando ri-flessione, impegno, interesse eproiezione verso il futuro».Epoi un’altra considerazione sulSinodo che aiuta anche a evi-denziare una delle eredità chemonsignor Rizzo ha lasciato allaDiocesi di Ragusa: «Il Sinododiocesano ha fatto emergere –conclude don Paolo La Terra –un laicato che, formato in que-sta impegnativa palestra, haconseguito un alto livello diconsapevolezza del proprioruolo all’interno della Diocesi edella Chiesa, maturando ungrande senso di corresponsabi-lità e di servizio. Ne è prova ilfatto che molti dei laici chehanno – a vario titolo - parteci-pato al Sinodo, sono stati moltopresenti, attivi e coinvolti neglianni successivi in ruoli eccle-siali di responsabilità».

Alessandro Bongiorno

DIOCESI

C’erano quattro vescovi, tantissimi sacerdoti e lagente iblea a salutare il ritorno di monsignor An-gelo Rizzo che ora riposa nella cattedrale di SanGiovanni Battista. «Oggi – ha detto il direttoredell’ufficio Comunicazioni sociali Emanuele Oc-chipinti aprendo la cerimonia commemorativa –è quasi una festa».È toccato a monsignor Carmelo Cuttitta presie-dere la concelebrazione e benedire la tomba, da-vanti alla quale in tanti hanno sostato in silenzio. A sintetizzare la figura e la missione episcopale dimonsignor Rizzo è stato il vescovo Cuttitta. Lo haricordato come un vescovo «fiero, deciso, corag-gioso», come «infaticabile oratore e padre appas-sionato», ma anche come «uomo di azione e dipreghiera». Monsignor Cuttitta ha sottolineatocome monsignor Rizzo durante i 28 anni del suoepiscopato non si sia mai sottratto all’incontropersonale con la sua gente, mostrando sempre«grande amore per il suo popolo».Ad ascoltarlo anche il vescovo di Caltanissetta,monsignor Mario Russotto, che fu ordinato sa-cerdote da monsignor Rizzo, il vescovo emeritodi Ragusa, monsignor Paolo Urso, che succedettea Rizzo nella guida della Diocesi, e l’arcivescovoemerito di Patti e Agrigento, monsignor Car-melo Ferraro. Il ricordo, la gratitudine e un pizzico di emozionehanno reso più intensa la concelebrazione allaquale hanno partecipato i nipoti e i familiari dimonsignor Rizzo. Non a caso la commemora-zione si è tenuta il 30 marzo. Fu, infatti, proprioil 30 marzo del 1974 che monsignor AngeloRizzo fece in-gresso in Diocesi. Il 30 marzo 2019Ragusa ha riaccolto monsignor Angelo Rizzo“padre e pastore dal cuore grande”.

Cerimonia tra ricordiemozione e gratitudine

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Padre Giorgio Guastella, canonicopenitenziere del Capitolo della Cat-

tedrale, è tornato alla casa del Padre.Nato a Ragusa il 23 febbraio del 1928, èstato ordinato presbitero il 5 luglio1953.

Con lui se ne va uno degli ultimi te-stimoni della nascita della Diocesi diRagusa, avvenuta nelle due tappe suc-cessive del 1950 e del 1955, anno in cuifu definitivamente separata da quella diSiracusa.

Don Giorgio ha iniziato il suo lun-ghissimo ministero presbiterale a Vit-toria, come vicario nelle parrocchieSacro Cuore di Gesù, San DomenicoSavio, Santissimo Rosario e San Gio-vanni Bosco. Di quest’ultima parroc-chia sarebbe diventato dopo qualchetempo parroco, portando una ventata dinovità nella pastorale, grazie anche allarealizzazione – per quei tempi vera-mente avveniristica – della radio par-rocchiale.

Nel 1974, monsignor Angelo Rizzo,appena insediato sulla cattedra episco-pale, lo chiama a Ragusa affidandogli ildelicato ufficio di Cancelliere dellaCuria diocesana; ruolo che rivestiràininterrottamente fino al 2010.

Gli anni della Cancelleria lo hannovisto impegnato nell’organizzazionedei flussi di lavoro e dell’archivio, del-l’informatizzazione del quale è stato unantesignano, essendo stato il primo inassoluto, in diocesi, a dotarsi – già nel1986 – di uno dei primi modelli di per-sonal computer.

Al servizio della Cancelleria, che hacomportato un inserimento pressochécontinuo nel Consiglio presbiterale enel Collegio dei Consultori, don Gior-gio ha affiancato un prezioso serviziopastorale, che ha avuto la sua punta didiamante nella cura della rettoria di SanMichele, specialmente in occasionedelle quindici visite alla Madonna diLourdes e nella istituzione e gestionedi Radio Antenna Ave Maria.

Molta e sensibile attenzione ha anchededicato all’espletamento dell’incaricodi canonico penitenziere, che lo vedevapresente nel suo confessionale dellacattedrale, ad ascoltare le confessioni ea rimettere i peccati riservati, da cui

solo lui, oltre al vescovo, poteva assol-vere; un grande zelo ha anche dedicatoalla cura pastorale, prevalentementeestiva, della parrocchia San FrancescoSaverio di Marina di Ragusa, della qualeè stato parroco.

Tutti questi uffici don Giorgio li hasvolti senza risparmiarsi, fino a quandole sue forze glielo hanno permesso.

Anche il progressivo venir meno dellesue forze, che da dicembre si è acuito,non gli ha fatto mai perdere la serenità:negli ultimi mesi era solito dire a chi loandava a trovare, con un sorriso sereno,che attendeva «l’arrivo della sua“grande amica”». E, nella prima matti-nata di lunedì 25 marzo, la sua «grandeamica» è venuta a prenderlo, per ac-compagnarlo al cospetto di Dio e ren-derlo definitivamente partecipedell’eterna liturgia del Cielo.

Per 36 anni ha diretto la Cancelleria della CuriaFu anche pioniere delle Comunicazioni sociali

Il ricordo di padre Giorgio GuastellaSacerdote zelante dal sorriso sereno

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Un paziente lavoro di discernimento iniziatoNella parrocchia di San Pier Giuliano Eymard

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I nostri seminaristi: Giuseppe Cascone«Così ho capito dov’era il mio posto»Sono Giuseppe ho 22 anni, sono un

seminarista al primo anno e studioa Palermo. La mia famiglia è composta,oltre che dai miei genitori, da altri duefratelli. Sono originario della parroc-chia di San Pier Giuliano Eymard di Ra-gusa, dove sono cresciuto ed ho vissutoi primi segni della mia vocazione.

Ho frequentato l’istituto magistrale,diplomandomi nel 2016 nell’indirizzo diScienze Umane. Proprio dopo il conse-guimento del diploma, è iniziato il miolavoro interiore di discernimento. Dopoaver attraversato un periodo di lotta conme stesso, ho deciso di parlare con ilmio padre spirituale il quale, ascoltandoalcuni desideri nascosti del mio cuore,mi ha consigliato di impegnarmi attiva-mente in parrocchia e di prendere unanno sabbatico dallo studio.

Inizialmente rimasi un po’ deluso.Vedevo che tutti i miei amici iniziavanoa studiare, a lavorare ed io non avevoancora preso una scelta certa. Succes-sivamente, su invito del mio parroco,iniziai ad impegnarmi attivamente inparrocchia, curando un gruppetto del

catechismo, il gruppo dei ministranti,la corale parrocchiale e i lavori di co-struzione del nuovo organo e, tra i tanticompiti che svolgevo in parrocchia,quello che più mi ha edificato è statoquello svolto con il gruppo Caritas. Hocosì avuto modo di ascoltare tante sto-rie di sofferenze, di custodirle, di por-tare in certi casi una parola di speranzae di conforto. Mi sono anche messo adisposizione dei miei genitori, collabo-rando nell’ufficio amministrativo dellanostra piccola attività di famiglia.

Proprio durante quest’anno ho capitoche il mio posto non era tra le carte e inumeri di un’attività ma era là dove lasofferenza sposava la quotidianità dellavita delle persone, era lì dove speranzapiù non c’era, lì dove la felicità sem-brava solo un ricordo lontano, sentivodentro di me che ero chiamato a farealtro della mia vita. La sera, finiti i mieiimpegni, trovavo rifugio nella letturadella Sacra Scrittura e in alcuni libri dispiritualità come “Storia di un anima”di santa Teresa di Gesù Bambino o “Ilracconto di un pellegrino russo”, met-

tendomi in adorazione nella chiesetta diSan Vito, anche trascorrendo l’interanotte.

Dopo diverse lotte interiori, ma inco-raggiato costantemente dalla mia fami-glia e della mia comunità parrocchiale,nel giugno del 2017 ho chiesto al ve-scovo di aiutarmi a fare discernimentoin modo più approfondito, frequen-tando l’anno propedeutico del semina-rio. Nell’anno propedeutico, horafforzato il mio rapporto con la pre-ghiera e con la Sacra Scrittura, dedican-domi anche alla carità, pressoun’associazione per ragazzi diversa-mente abili. Così iniziai a realizzare ilprogetto che Dio da diverso tempoaveva disegnato su di me ma che iospesso rigettavo.

Nel salutarvi, vi chiedo di pregare perme e non è una frase di circostanza, mauna richiesta, al fine di sentirvi vicinidurante il cammino di formazione; ioassicuro la mia preghiera per ciascunodi voi e per tutti quei ragazzi che ancoracercano la felicità e non riescono a tro-varla.

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Sono circa ottocento ragazzi guidati da circa 180 capi.Molto significativi i numeri che profilano il mondoscoutistico nella Diocesi di Ragusa. Da gruppi “sto-

rici” e molto ampi (per esempio il Ragusa 2, con sedepresso la parrocchia di San Luigi Gonzaga, con 124 ragazzie 14 capi) a gruppi di più recente formazione con pochi ra-gazzi in camicia azzurra (Scoglitti, con 27 scout e 5 capi).Gli scout cattolici della nostra Diocesi confermano laormai quasi secolare presenza dell’Agesci, anche se finoal 1974 i gruppi erano due, divisi per sesso: gli scout (lu-petti ed esploratori) e le guide (coccinelle e scolte).

L’Agesci in territorio ibleo rappresenta quindi una pre-cisa e riconosciuta agenzia didattica e pedagogica secondoi criteri impostati, ora sono 112 anni, da Sir Robert Baden-Powell, il militare inglese che organizzò per la prima voltai giovani fissando precise regole e valori. Perpetuati adoltre un secolo di distanza da milioni di ragazzi e ragazzein tutto il mondo.

L’Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani)è presente a Ragusa con lo storico gruppo del Ragusa 1(con sede nella parrocchia dell’Ecce Homo) che attual-mente conta 94 scout e 12 capi, il già citato Ragusa 2, ilmaggiore della compagine diocesana, e il Ragusa 7, consede presso la parrocchia di San Paolo e che dopo un bien-nio di inattività è tornato proprio quest’anno a formarenuovamente le sestiglie dei lupetti riuniti nel cosiddetto“branco”, e le squadriglie degli scout, riuniti nel “re-parto”.

Circa Alla

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Nella nostra Diocesi una presenza capillare che aiuta a crescere nella vita e nella fede

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In territorio ragusano anche il Marinadi Ragusa, rinato tre anni fa e adessocon 30 tra scout e guide e 9 capi. ASanta Croce Camerina i 26 capi gesti-scono oltre quaranta ragazzi. Nella zonaipparina, oltre al già citato gruppo diScoglitti, ben quattro gruppi a Vittoria:il Vittoria 1 con 80 ragazzi e 13 capi, ilVittoria 2 con 115 ragazzi e 16 capi, e ilVittoria 3 con 100 ragazzi e 25 capi.Due gruppi a Comiso: il Comiso 1 con81 ragazzi e 13 capi e il Comiso 2 con 71ragazzi e 14 capi.

Come si vede, numeri importanti. Edire che non tutte le richieste che per-vengono ai vari gruppi possono essereesaudite. Spesso per motivi di spazi. Èil caso, per esempio, del Ragusa 2 chea San Luigi Gonzaga può utilizzare ilcortile alle spalle del tempio che fuchiesetta di campagna al momento dellasua costruzione (nel 1932) e le casettecostruite dagli stessi scout negli anniscorsi. Il tutto assolutamente insuffi-ciente per accogliere tutti i ragazzi (esoprattutto i bambini che chiedono didiventare lupetti e lupette). In attesa

della realizzazione della nuova chiesadedicata al gesuita santo, patrono mon-diale della Gioventù, con il progetto giàapprovato e un ampio terreno indivi-duato nella via Almirante, quando glispazi saranno certamente molto piùampi e funzionali.

In altri casi, le tante richieste nonpossono essere soddisfatte per l’insuf-ficiente numero dei capi. Non deve ap-parire un fatto strano. Nella gran partedei casi i capi scout sono uomini edonne che, seguito l’iter classico delloscoutismo (Branco, Reparto, Clan, Co-munità Capi) decidono di rimanere inservizio col ruolo di capo attivo. Ma ilruolo di capo, nel moderno scoutismocattolico regolato dall’Agesci, è un im-pegno molto coinvolgente, con fre-quenti corsi di aggiornamento, contantissime ore spese con gli altri capiper la gestione del gruppo e la pianifi-

cazione delle attività, e con ancora piùore insieme ai ragazzi nelle riunioni set-timanali, negli appuntamenti canonicidell’anno scoutistico, con il “campoestivo” e quello invernale, la grandefesta del San Giorgio e ogni 22 febbraio(giorno della nascita, nel 1857, di Ro-bert Baden-Powell, a Londra) il “WorldThinking Day”, il giorno del pensiero,quando tutti gli scout del mondo riflet-tono su un tema assegnato e raccolgonofondi destinati alla diffusione delloscoutismo nei paesi dove è più difficile.

Insomma, un vero e proprio servizio,a favore della collettività tutta e dei ra-gazzi in particolare che coinvolge ilcapo in maniera tale da non permetteredi servire a chi, per i motivi più vari, dallavoro allo studio alla famiglia, non hala possibilità di stare con gli scout.

Saro Distefano

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ottocento ragazzi e 180 capi scoperta del mondo Agesci

DIOCESI

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A Ragusa rinnovati il consiglio direttivo e l’impegno a proseguire nel servizio

Il Consultorio pronto a sostenereuna famiglia in fase di trasformazioneSi è insediato mercoledì 13 febbraio

il 15. consiglio direttivo del Consul-torio familiare di ispirazione cristianadi Ragusa. Sono stati nominati AgataPisana (presidente), Emma Occhipinti(vice presidente), Maria Pina Cascone(segretaria), Angelo Battaglia (teso-riere), Maria D’Angelo e GiovannaChessari (consiglieri), Emanuele Man-nile (direttore), don Romolo Taddei(direttore emerito).

Lo scorso novembre il Consultorio diRagusa ha festeggiato il suo 40. anni-versario ed ha, nello stesso tempo, riaf-fermato la necessità di proseguire connuovo entusiasmo nel servizio offertoin questi lunghi anni alla città e al terri-torio ibleo. In tutti questi anni il Con-sultorio di Ragusa ha rivolto ogni suaattenzione alla famiglia, alla coppia, ead ogni persona. Gli operatori volontariche hanno messo a disposizione il lorotempo e le loro competenze, hannofatto ogni sforzo per imparare ad ascol-tare e a sostenere ogni persona chehanno incontrato con lo scopo di aiu-tarla a comprendere il proprio pro-

blema e a trovare il modo di gestirlo erisolverlo. Numerosi sono stati e sonogli operatori volontari impegnati nel-l’attività di consulenza e sostegno a chisi rivolge al consultorio. Tra di loro èpresente lo psicoterapeuta, il gineco-logo, lo psichiatra, il pedagogista, il le-gale, l’assistente sociale, il consulentemorale, il pediatra, il counsellor, l’inse-gnante dei metodi naturali.

Ma oggi il Consultorio vuole e deveandare oltre. È consapevole che la fami-glia affronta una fase di trasformazioneprofonda, che il contesto socio-cultu-rale della società contemporanea è inrapido cambiamento, che le difficoltàeconomiche ne condizionano gli equi-libri, che i giovani devono affrontare unfuturo sempre più problematico che ge-nera spesso in loro un profondo sensodi smarrimento. In questi momenti è vi-tale stare insieme, tenersi per mano,scalare in cordata.

Perciò, dice don Edoardo Algeri, pre-sidente della Confederazione nazionaledei Consultori familiari di IspirazioneCristiana, il Consultorio vuole essere

“prossimo”, vuole essere “buon sama-ritano” che fascia le ferite di chi è statolasciato ai margini della strada e se neprende cura accompagnandolo nell’al-bergo della fraternità. Sostiene ancoradon Algeri che «l’obiettivo oggi è soste-nere nell’educazione le famiglie alleprese con genitori sempre più vecchi,lavori precari, pochi bambini, adole-scenze infinite, coppie instabili, mo-delli familiari diversi e multiculturali».

Per questo motivo oggi diventa parti-colarmente importante fare rete, pro-porsi come Consultorio in uscita,intensificando la collaborazione con ilterritorio (scuole, parrocchie, enti, as-sociazioni), ma soprattutto trovando ilmodo di collaborare meglio e di più conla quotidianità delle famiglie. Affinchéquesti propositi possano concretiz-zarsi, l’auspicio è che il Consultorio siasempre pronto a servire e che la comu-nità nella quale opera sia sempre dispo-nibile a sostenerlo.

Angelo Battaglia

Nella foto da sinistra verso destra:Gianna Chessari (consigliere), Angelo Battaglia (tesoriere), Emanuele Mannile (direttore), Romolo Taddei (direttore emerito),

Agata Pisana (presidente), Emma Occhipinti (vice presidente), Maria D'angelo (Centro Aiuto alla Vita), Maria Pina Cascone (segretaria)

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Numerosissime coppie di fidanzati hanno partecipato all’incontrocon il vescovo in cattedrale. Si è vissuto un clima di riflessione

e preghiera, di festa e gioia, un momento di preghiera semplice edintenso. Nella sua riflessione, monsignor Carmelo Cuttitta, partendodalla lettura di un brano del libro di Ruth, ha parlato dell’importanzadella parola e della promessa; ha sottolineato che nella relazione dicoppia occorre la prudenza, l’onestà del cuore, il rispetto. Il vescovosi è rivolto ai fidanzati dicendo che sono chiamati a celebrare il Mi-stero che unisce Cristo alla Chiesa. Nessuno è obbligato a sposarsiin chiesa, ma chi lo vuole fare deve avere la consapevolezza nella fededi questo grande mistero, altrimenti si può scegliere il matrimoniocivile. Ha continuato dicendo che l’amore uomo-donna realizza ilprogetto di Dio. Il matrimonio è il punto di partenza di un camminoin cui continuare ad amarsi ed accogliersi, anche andando incontroa difficoltà, ma nell’amore vero, nel rispetto reciproco. È un’avven-tura di vita in cui non si è solo in due ma si ha la presenza di Dio nellarelazione degli sposi. Il vescovo Carmelo ha benedetto una ad unale coppie presenti cui è stato inoltre consegnato un segno ricordodella bella ed emozionante esperienza vissuta.

Festa grande sabato 2 marzo nellaparrocchia S. Giuseppe Artigiano a

Ragusa per l’apertura dell’oratorio gio-vanile nei locali dell’ex chiesa in via En-tella, voluto dal consiglio pastorale,insieme a don Gianni Mezzasalma,padre Giovanni Filesi e padre SalvatoreGiaquinta. L’oratorio vuole essere unluogo di incontro e di crescita per i ra-gazzi del catechismo e per i giovanidella parrocchia. Vi si svolgono varie at-tività ludico-ricreative e manifestazionisportive di calcetto, basket, bigliardino,ping-pong. Accoglie settimanalmente iragazzi per fasce di età, stabiliti daglieducatori, i quali si prendono cura diloro in modo che sia garantita semprela loro presenza e si incontrano per ar-ricchire e raggiungere insieme l’unico

scopo che è la maturità dei ragazzi.Quando il tempo lo permette, è a dispo-sizione anche lo spazio esterno, adia-cente alla vecchia chiesa, con un campoda calcio a 5, campo da basket, palla-volo e un ampio cortile. La parrocchiaha messo a disposizione dei ragazzi

ampi locali e uno staff di animatori perrealizzare laboratori artistici di teatro edanza, di musica, di animazione alla let-tura, di cucina, di canto e attività spor-tive. È già in programma per l’estatel’organizzazione del Grest.

Salvatore Gurrieri

Il vescovo ha benedettole coppie di fidanzati

Nasce un nuovo oratorio a San Giuseppe Artigiano

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Magia e pratiche occulteL’allarme dei vescovi sicilianiC’è anche l’allarme per «l’espandersi di pratiche magiche edesoteriche da parte di presunti maghi, falsi profeti e operatoridell’occultismo, finalizzati soltanto ad estorcere denaro a chivi ricorre» nel documento finale della sessione primaverile dellaConferenza episcopale siciliana che si è riunita nei giorni scorsia Palermo. I vescovi siciliani hanno ascoltato la relazione di fra’Benigno Palilla, direttore del centro “Giovanni Paolo II” per laFormazione degli Esorcisti di Sicilia. Fra’ Benigno ha sottoli-neato la necessità, da parte dei sacerdoti, di mettere in guardiai fedeli «dal ricorrere a queste pratiche che, oltre ad opporsialla fede, provocano conseguenze negative sia a livello psico-logico che spirituale». Il direttore del centro ha poi auspicatoche nelle diocesi vengano costituite delle equipe, composte dalaici ben formati, da affiancare al ministero dell’esorcista, chepossano prendersi cura di coloro che, in maniera sempre piùfrequente, vi ricorrono; che i candidati al sacerdozio siano for-mati anche sull’angelologia e sulla demonologia e che si in-stauri una più intrinseca collaborazione tra la Pastorale degliesorcisti e la Pastorale della salute.

Addio alla signora Giusi Vargettocollaboratrice fidata e discretaLa signora Giusi Vargetto ci ha lasciato più soli. Collaboratricefidata, discreta e competente della Cancelleria, lascia, in tutticoloro che prestano il loro servizio presso la Diocesi di Ragusa,il ricordo indelebile della sua affabile disponibilità, insieme allapuntuale precisione con cui svolgeva il suo lavoro, tanto pre-

zioso quanto nascosto. Aisuoi figli, Nicola e Maria, e atutti gli altri parenti l’UfficioComunicazioni Sociali e laredazione Insieme espri-mono il cordoglio per la di-partita della signora Giusi,assicurando loro la vicinanzanell’amicizia e nella pre-ghiera.

Il carmelitano padre Teresio dell’Immacolata, al secoloSalvatore Iudice, vive ora nella luce di Dio. Nato a Ragusail 15 giugno 1935, è figlio di Giovanni Iudice e Maria Gua-stella. Apprendendo della sua scomparsa, don Gianni Ia-cono non ha esitato a definirlo «la storia del Carmelo diSicilia». Sacerdote dalla spiritualità semplice e profonda,ha sempre manifestato una grande devozione mariana, ac-quisita dalla mamma che tanto pregò per la sua vocazione,ma anche per San Giuseppe e per l’Angelo Custode. Dasacerdote sviluppò un’attenzione particolare per la pasto-rale familiare. Dopo gli studi ginnasiali e il noviziato a Bre-scia, dove nel 1956 emise la professione solenne, ricevettea Venezia, dal cardinale Angelo Roncalli, futuro papa Gio-vanni XXIII, gli ultimi due ordini minori. Padre Teresiodell’Immacolata fu infine ordinato sacerdote il 18 marzo1961 nella basilica di San Marco a Venezia dal patriarcacardinale Giovanni Urbani. Padre Teresio fu, insieme adaltri tre confratelli, tra i fondatori di Monte Carmelo, unacasa di preghiera, vita apostolica e lavoro nei pressi di Vil-lasmundo poi divenuta sede di noviziato per la Sicilia. Im-parò a suonare l’organo da autodidatta, soddisfacendo lasua passione per la musica sacra. Ora riposa nella cappelladell’Ecce Homo (ex Cappella Rizza), al cimitero di Ra-gusa. È stato tumulato alla presenza dei padri carmelitani,di alcuni componenti della famiglia e del parroco dell’EcceHomo, don Giovanni Bruno Battaglia. «Ha sorpreso tuttii presenti – ha rivelato quest’ultimo – il vedere sull’alta-rino della cappella una statuina della Madonna del Car-melo, come una conferma del cielo... che la Madreattendeva proprio qui questo suo figlio devoto».

Padre Teresio dell’Immacolatarisplende nella luce

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in 23BREVI DALLA DIOCESI

Si potrà visitare sino al 21 aprile lamostra “Mater Dolorosa - L’icono-grafia dell’Addolorata nell’arteiblea”, promossa dall’ufficio dioce-sano per i Beni Culturali, diretto dadon Giuseppe Antoci, e curata daStefano Vaccaro e Alessandra Ro-vetto. L’esposizione, ospitata nellesale del Museo della Cattedrale di Ra-gusa, si potrà visitare dal martedì alsabato dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19e la domenica dalle 10 alle 13.Sono esposte dodici opere prove-nienti da Comiso, Giarratana, Chia-ramonte Gulfi, Monterosso Almo eRagusa e risalenti al periodo tra il Seie l’Ottocento. Tra le opere presen-tate anche la tela raffigurante l’Addo-lorata, realizzata dai fratelli Vaccaronel 1862. «Questa mostra – afferma

l’ufficio diocesano Beni culturali – èun viaggio storico-artistico, ma anchereligioso ed emozionale, che inte-ressa il momento più drammaticodella vita di Cristo e di Maria suamadre».

Al Museo della Cattedrale in mostra 12 opere dedicate all’Addolorata

Servizio di Pastorale giovanile, Adriano e Federica nuovi responsabiliIl vescovo monsignor Carmelo Cuttitta ha nominato Adriano Longo e Fede-rica Lucifora responsabili del servizio di Pastorale dei Giovani. Succedono aFrancesco Graziano ed Elisabetta Migliore cui sono andati i ringraziamentidel vescovo per il servizio prestato in questi ultimi anni. Adriano Longo studiaScienze religiose e appartiene alla parrocchia Maria SS. Annunziata e San Giu-seppe di Giarratana. Dal 2017 è presidente dell’Avis comunale di Giarratana.Federica Lucifora è membro della comunità parrocchiale di San Pier GiulianoEymard di Ragusa e dal 2009 è socia dell’Azione Cattolica. Nel 2017 ha con-seguito la laurea magistrale in Biologia cellulare e molecolare e l’abilitazionealla professione di biologo. Adriano Longo e Federica Lucifora svolgerannoil loro mandato di responsabili del servizio di Pastorale per i giovani in solidocon don Graziano Martorana.

Con “civicamente” al viala formazione alla politicaSono aperte le iscrizioni a “Civicamente”,ovvero i percorsi di formazione politica esociale, promossi dalla Diocesi di Ragusaattraverso l’Ufficio per la Pastorale socialee il Lavoro, la Caritas e l’Ufficio per la cul-tura. Per informazioni indirizzo mail:[email protected]. L’iniziativa partirà il prossimo ottobre main questa primavera si terranno alcuni in-contri propedeutici. Il prossimo 11 maggiosi parlerà di “Mafia e amministrazioni lo-cali” con le relazioni del professore Fran-cesco Raniolo, direttore del Dipartimentodi Scienze Politiche e Sociali dell’Universitàdella Calabria, e del professore Ercole GiapParini, docente di Sociologia Universitàdella Calabria); il 24 maggio con un labora-torio di approfondimento sul tema “Parte-cipazione e comunicazione responsabili inpolitica”. Entro il 20 maggio, e durantequesti tre incontri, si potranno perfezionalele iscrizioni a “Civicamente. «Desideriamo– spiega Renato Meli, direttore dell’Ufficiodiocesano per la Pastorale sociale e il La-voro – mettere questo strumento a disposi-zione di tutti per contribuire allacostruzione della casa comune. I percorsi,dal nome “Civicamente”, intendono pro-muovere la cittadinanza attiva e sono intesicome momenti di formazione e di confrontosui valori fondamentali della vita pubblica,ispirandosi ai principi del cristianesimo eall’insegnamento sociale della Chiesa,primi fra tutti la solidarietà, l’onestà, la le-galità. L’obiettivo è creare in chi ha a cuoreil bene pubblico e i valori democratici laconsapevolezza di una formazione che siapropedeutica ad un impegno concreto e siadi sostegno e arricchimento in chi operacome membro della comunità sociale e po-litica». propedeutica ad un impegno con-creto, arricchendo anche chi opera comemembro della comunità sociale e politica».

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Icattolici oggi rischiano l’irrilevanzasia in campo culturale che politico.

Un rischio reale, come sottolinea Giu-seppe Savagnone, direttore dell’ufficioper la Pastorale della Cultura della Dio-cesi di Palermo, docente di storia e fi-losofia nei licei statali e della scuola diformazione politica “Pedro Arrupe”,nonché della scuola superiore di spe-cializzazione in bioetica e sessuologiadell’Istituto teologico San Tommaso diMessina e di Dottrina sociale dellaChiesa al Dipartimento di Giurispru-denza della Lumsa di Palermo. Lo ab-biamo incontrato a margine di unincontro regionale sulle Comunica-zioni sociali.

Perché i cattolici rischiano oggi lamarginalità o addirittura l’irrile-vanza?«I cattolici – risponde – hanno per-

duto la relazione tra vita di fede e impe-

gno culturale. Non si coglie più lo slan-cio culturale e intellettuale, come se lafede fosse un fatto a parte rispetto allevicende umane. Nel Medioevo, i grandisanti erano grandi pensatori. Oggi av-viene il contrario. C’è una divaricazionetra vita di fede e pensiero che è insoste-nibile. Non si elaborano più idee, non sidelineano prospettive nuove».

Da dove ripartire?«Ripartirei da un’educazione capil-

lare che veda protagoniste anche le par-rocchie che devono essere anche scuoledi pensiero e di fede. I riti non bastanopiù. La fede non può essere abitudine.Serve prestare più attenzione alla for-mazione dei laici. Un po’ lo fannogruppi e movimenti ma non tutti rie-scono a coniugare insieme vita spiri-tuale e culturale. Per una fedeconsapevole serve però una vita inte-riore e oggi invece assistiamo a una

sorta di bancarotta spirituale».Come guarire la società da questa

bancarotta spirituale?«Oggi la comunità cristiana, deposi-

taria di una tradizione di spiritualità bi-millenaria, ha una enorme potenzialitànei confronti della crisi del nostrotempo. E non solo accogliendo l’invitodi Cristo a riconoscerlo nei poveri e negliemarginati, come giustamente sta cer-cando di fare, ma anche ricostituendo –a livello di gruppi, di movimenti, soprat-tutto di parrocchie – i percorsi di unaformazione spirituale dei propri membriche possa irradiarsi e contribuire a risa-nare, a livello privato e pubblico, le fe-rite provocate da questa bancarottaspirituale».

I cattolici possono ancora avere unruolo nel dibattito e nell’azione po-litica?«Oggi la base dei cattolici è inerte cul-

turalmente. La Dc aveva alle spallel’Azione Cattolica, un associazionismocattolico forte e radicato, capace di for-nire stimoli spirituali e culturali insieme.Oggi la situazione è diversa ma la poli-tica ha sempre bisogno di grandi pro-spettive, di visioni globali relative allepersone e ai loro diritti, alla società, albene comune, che solo la tradizione cat-tolica, in Italia, può offrire. È però indi-spensabile che i cattolici recuperino unacultura comune che esprima delle lineedi pensiero capaci di tradurre la fede ela stessa dottrina sociale della Chiesa intermini adeguati al nostro tempo. Nonabbiamo bisogno solo di singole figure,serve una presa di coscienza e una ma-turazione da parte della gente, dei cat-tolici in particolare, che dia luogo a unnuovo senso di cittadinanza».

Alessandro Bongiorno

in 25CHIEA E SOCIETÀ

«Senza pensiero e spiritualitàcattolici a rischio irrilevanza»

Intervista al professore Giuseppe Savagnone

Professore Giuseppe Savagnone

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Un successo enorme, inaspettato, laconferenza dal titolo “Agostino e

la comunità dei suoi amici” che si è te-nuta lo scorso 23 marzo nella salaFondo antico della Biblioteca diocesana“Monsignor Pennisi” di Ragusa, al ter-mine della quale ha avuto luogo la pre-miazione degli studenti vincitori dellaprima edizione del Certamen Augusti-nianum Ragusiense.

L’evento è stato moderato da Gian-luca Vindigni, coordinatore del Certa-men Augustinianum Ragusiense epresidente della commissione di valuta-zione, il quale dopo le dovute presenta-zioni d’apertura ha ceduto la parola aldirettore della Biblioteca don GiuseppeDi Corrado, dottore in Teologia eScienze Patristiche, che ha deliziatol’uditorio con una conferenza sull’ami-cizia nel vissuto reale di S. Agostino, ap-punto il tema del Certamen. Il direttoresi è cimentato nell’esporre le amicizieche hanno caratterizzato tutta la vita del-l’Ipponate e i suoi rapporti con figure il-lustri come quella di Ambrogio oGirolamo, interessando e rendendo

partecipi tutti i presenti. Il contributoscientifico del direttore ha toccatoanche le amicizie problematiche di Ago-stino o, addirittura, quelle amicizie chesi sono trasformate in deludenti inimi-cizie, come nel caso del vescovo ereticoGiuliano d’Eclano o del vescovo Anto-nino di Fussala, ladro e arrivista. Tra ipresenti all’evento, oltre ai vincitori delCertamen, anche numerosi studentipartecipanti, alcuni docenti del liceoclassico “Umberto I” di Ragusa e altridel liceo classico “G. Mazzini” di Vitto-ria, i dirigenti scolastici dei suddettilicei (rispettivamente la professoressaBarone e la professoressa Barrera), e undocente del liceo classico “Carducci” diComiso per rappresentare l’istituto.

Al termine della conferenza, sonostate consegnate le targhe e i rispettivipremi in denaro agli studenti vincitoridi questa prima edizione del Certamen,nonché due menzioni di merito ad al-trettanti studenti che si sono distintinell’elaborazione del commento reto-rico-letterario. I vincitori sono stati i se-guenti: primo posto a Giulia Bracchitta

(liceo classico “Umberto I” di Ragusa),secondo posto ex aequo a Giulia Gueli(liceo classico “G. Mazzini” di Vittoria),secondo posto ex aequo a VerdianaCilia (liceo Classico “Umberto I” di Ra-gusa); le menzioni di merito sono statedate a Luca Martorana e a FedericaAdamo, entrambi studenti del liceoClassico “Umberto I” di Ragusa.

Le premiazioni si sono concluse conun omaggio simbolico ai due docentimembri della commissione di valuta-zione, ovvero il professore Gaetano Co-sentini di Ragusa e la professoressaMaria Teresa Millefiori di Vittoria. In-fine, sono stati consegnati gli attestatidi partecipazione agli studenti presenti,che si erano cimentati nel lavoro di tra-duzione lo scorso 25 febbraio.

Per l’orizzonte futuro, si spera nonsoltanto di continuare il Certamen Au-gustinianum Ragusiense, bensì di ren-derla un’esperienza regionale,estendendola ai licei classici dell’interaisola e diffondendo sempre più la cono-scenza del santo vescovo africano delquinto secolo. (G. V.)

La comunità degli amici di Agostinoe il successo del Certamen Ragusiense

in 26 CHIEA E SOCIETÀ Apprezzamenti dal mondo culturale e scientifico

all’iniziativa della Biblioteca diocesana

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in 27CHIEA E SOCIETÀ

Oggetto di riflessione dell’ultimo congresso nazionaledella Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci),

svoltosi a Reggio Calabria è stato il significato ed il ruolo at-tribuito dai giovani all’Università. Rispetto a non tanti de-cenni fa la situazione è certamente cambiata e l’Universitànon è un più un fenomeno elitario ma piuttosto si potrebbeparlare di “Università di massa”, con un costante aumentodelle immatricolazioni, fino allo scoppio della crisi econo-mica. Dall’anno accademico 2017-2018 il numero degli im-matricolati è tornato a crescere, facendo registrare nuovirecord. Nonostante questo, il numero di laureati in Italia èfra i più bassi d’Europa a causa, principalmente, dell’altotasso di abbandono della carriera universitaria e del bassotasso di iscrizioni di giovani sopra i venticinque anni.

Spesso tutto ciò è dovuto alla concezione di “esamificio”data all’Università: luogo di transito per il superamentodell’esame, considerando il percorso universitario come unagara ad ostacoli, assolutizzando lo studio. Questo probabil-mente spiega anche perché gli anni universitari siano soventeaccompagnati da stress, ansia o depressione.

In questo contesto, noi fucini, giovani universitari cattolici,ci siamo interrogati sul nostro ruolo. Rappresentiamo cer-tamente una minoranza ma sentiamo la necessità di trasmet-tere un cambio di paradigma, ricercando il senso dellameraviglia che permetta di riscoprire l’Università. Questopuò avvenire relazionandoci con l’altro, con la presenza nelleaule studio, nelle biblioteche e partecipando agli eventi cul-turali proposti; con la creazione di gruppi di confronto perla conoscenza della propria e dell’altrui identità; offrendo uncontributo per il miglioramento reciproco, con attività di ac-compagnamento e ausilio alla didattica. Miriamo a creare re-lazioni autentiche: lo sviluppo di un dialogo, frutto di un

incrocio di sguardi, non tramite uno schermo, e con la di-sponibilità all’ascolto.

L’Università rappresenta un’importante fase della vita incui ricercare il proprio posto nel mondo, incrociandosi conla propria vocazione; riteniamo dunque di essere chiamatialla collaborazione, testimoniando la riscoperta della pas-sione per lo studio e la cultura.

Enrico La Rosa

Riscoprire la passione per lo studio e la culturadando un nuovo senso a questa fase della vita

Da esamificio a luogo di incontroIl ruolo della Fuci nell’università

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Se da un lato la serricoltura locale hacompiuto passi da gigante in ter-

mini di qualità delle coltivazioni, deiprodotti e delle tecniche, forse non al-trettanto può dirsi per l’organizzazionecommerciale che paga un sistema che siè poco evoluto nei decenni a fronte diuna realtà ben diversa negli altri Paesidel Mediterraneo. Spagna soprattutto,ma anche Francia, Belgio, Inghilterra,Marocco vantano una organizzazionedella commercializzazione molto piùavanzata della nostra.

L’esempio più eclatante è la Spagna.A fronte di una superficie serricolaquasi sei volte la nostra, l’immissionesui mercati europei della merce (pomo-doro, zucchine, melenzane, peperone)è affidata solo a poche cooperative delladimensione da mille a duemila soci-produttori ciascuna. Il risultato in que-sta realtà iberica è un forte potere nellavendita del prodotto e una continuità dirichieste da parte dei mercati europei,sebbene questa organizzazione èanch’essa soggetta alle fluttuazioni dei

prezzi di mercato, come è normale cheaccada.

Nella provincia di Ragusa invece l’or-ganizzazione della commercializza-zione è affidata, in maggior parte, aimercati generali alla produzione di Vit-toria, Santa Croce Camerina e Donna-lucata, così come avviene da 50 anni aquesta parte. Il sistema è quello delconferimento da parte di piccoli e mediproduttori – pochi sono i grossi pro-duttori che hanno una organizzazionedi commercializzazione autonoma e di-retta – e quindi ad una offerta moltoframmentata e una determinazione delprezzo di mercato assoggettato allegrosse catene di supermercati del NordItalia e dell’estero. Le esperienze di as-sociazionismo, invero, attuate ad ini-ziare dai primi albori della produzioneorticola in serra, sono naufragate in mi-serevoli risultati.

Un ventennio fa era emersa la ten-denza ad una organizzazione della com-mercializzazione che prevedeva ilconferimento della merce ad un cosid-

detto “centro di condizionamento” al-l’interno del quale la merce veniva lavo-rata e che consentiva anche diconcentrare l’offerta del prodotto cosìda avere più forza commerciale. Il cen-tro di condizionamento venne alla lucea Vittoria ma non è entrato mai in fun-zione. Anche a Santa Croce si portòavanti un progetto per la costruzione diun centro di condizionamento ma,anche qui, il progetto è naufragato.

Risultato: dopo tanti anni l’organiz-zazione della commercializzazione nelsettore ortofrutticolo è ancora all’anno“zero” e la crisi in agricoltura si è ac-centuata anche e (forse soprattutto) perquesta situazione. Eccesso di indivi-dualismo, scarsa fiducia negli altri,mancanza di lungimiranza, assenza dispirito associazionistico stanno allabase di questa mancata evoluzione nellacommercializzazione. E il declino lentodel comparto non accenna a interrom-persi. Chi salverà la serricoltura loca-le?

Federico Dipasquale

in 28 ATTUALITÀ

Commercializzazione con metodi arcaiciSerricoltura iblea sempre più in declino

Dovremmo imparare dalla Spagnache ha saputo organizzare la sua rete

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in 29ATTUALITÀ

Sono tanti i siciliani che hanno var-cato l’Oceano costruendosi una vita

in Venezuela. Tra loro anche tanti ra-gusani. A Caracas o a Maracay (dove èmolto folta la comunità di modicani)non è raro imbattersi in cognomi che sitrovano anche sul nostro elenco telefo-nico. Sono soprattutto i figli e i nipotidi chi, dopo la Seconda guerra mon-diale, ha cercato fortuna lontano dallasua terra. «E il Venezuela – afferma Se-bastiano D’Angelo dell’associazioneRagusani nel mondo e direttore del-l’omonimo premio che quest’anno rag-giunge i 25 anni di vita – è stata unaterra molto generosa. Gli italiani sonostati attratti dal petrolio e hanno fattofortuna, mettendo a frutto le propriecapacità imprenditoriali, facendosivoler bene dalla popolazione locale eintegrandosi al meglio».

Oggi la situazione è ben diversa.Anche per i ragusani che sono rimastiin Venezuela. «Stiamo attraversando –ci chatta Salvatore Pluchino da Caracasin un momento in cui l’elettricità e lelinee telefoniche lo permettono – uncaos generale. Acqua, elettricità, tele-

fono e internet funzionano a sin-ghiozzo».

Pluchino è rimasto in Venezuela doveha percorso una brillantissima carrieraaccademica e professionale come do-cente di farmacologia all’Università diCaracas e come autore di tantissime ri-cerche e pubblicazioni. È stato anchetra gli artefici della nascita del CentroItalo-Venezuelano di Caracas di cui perdieci anni è stato presidente.

Chi ha potuto è già rientrato a Ra-gusa, magari lasciando in Venezuelafigli e nipoti.C’è chi è tornato per cu-rarsi, perché in Venezuela scarseg-giano i farmaci, chi per una scelta divita, chi ancora per fuggire da quelloche ormai tutti definiscono un inferno.«Eppure – ci dice uno di loro che pre-ferisce rimanere anonimo avendo inVenezuela alcuni familiari – si tratta diuna terra ricca. Petrolio, oro, bauxiteche fanno gola a russi, americani, ci-nesi, cubani. Abbiamo vissuto felici pertanti anni. Ora c’è solo disperazione».

Le materie prime di cui è ricco il Ve-nezuela non danno più la felicità ma ri-schiano di trasformarsi nella tomba di

questo Paese. Chi è potuto rientrareracconta di un Paese allo stremo, digente in fila sin dalle 4 del mattino perricevere il pacco con il cibo, della man-canza di luce e acqua, delle squadraccedi soldati cubani infiltrati nell’esercito,nella tv e in ogni punto vitale dell’am-ministrazione. La numerosa comunitàitaliana si ritrova attorno alla parrocchiadella Madonna di Pompei di Caracasche prova a venire incontro come puòalle tante esigenze dei nostri connazio-nali.

L’Unione Europea e gli Stati Uniti,ma un po’ tutta la diplomazia interna-zionale, si sono espressi per il ritornoalle elezioni, sposando così la posizionedi Guaido. Il Governo italiano ha inveceassunto una posizione interlocutoria.Come i ragusani che vivono in Vene-zuela hanno accolto questa posizione?«Vorrei solo sperare – ci dicono quasisottovoce – che sia solo per tutelare itanti italiani che siamo rimasti qua. Lenostre piccole imprese rischierebberol’esproprio da Maduro e noi stessi sa-remmo nel mirino delle squadre para-militari cubane». Al. Bon.

La crisi che sta soffocando il Venezuela nel racconto degli emigrati ragusani

Come un Paese ricco di petrolio e materie primeè passato dal benessere al baratro della povertà

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La richiesta di Lombardia, Veneto ed Emilia

può aumentare le disparità con il resto del Paese

Più autonomia alle Regioni ricche?I rischi per un Sud lasciato alla deriva

in 30 ATTUALITÀ

La richiesta di tre tra le maggiori Re-gioni italiane (Lombardia, Veneto

ed Emilia Romagna) di atti-vare il pro-cesso di incremento delle materie dicompetenza sta alimentando un dibat-tito serrato.

Di cosa parliamo? La riforma costitu-zionale del 2001 prevede che le regionipossano richiedere un incremento dipotestà legislativa su ben 23 materieche sono di competenza statale o con-corrente e indica il percorso per otte-nere questi maggiori poteri.

Il percorso prevede una prima fase dinegoziazione con il governo e poi ilvoto del Parlamento sull’accordo rag-giunto e finora le richieste su singolematerie da parte di alcune regioni sierano stoppate proprio nella fase ini-ziale per la scarsa disponibilità dei go-verni ad accondiscendere a que-sterichieste.

Nel 2014 addirittura si era cercato diriformare la materia con una nuova ri-forma costituzionale che, di fatto, ridu-ceva se non eliminava le criticitàderivanti da questa normativa, ma comesappiamo il voto sulla riforma costitu-

zionale ha lasciato invariato il titoloquinto della Costituzione.

Dopo la mancata riforma della Costi-tuzione quindi le istanze di attivazionedel processo di incremento delle auto-nomie regionali hanno ripreso quota.

I problemi relativi a questa problema-tica sono diversi. Da una parte esiste,infatti, la possibilità di divergenze nellagestione delle materie affidate alle re-gioni: è pensabile per esempio che inuna nazione vi siano diversi sistemi sco-lastici, o sistemi sanitari o politiche dellavoro?

Ma in tutta evidenza la corsa delle piùgrandi regioni all’incremento delle au-tonomie ha come motivazione quella diottenere, assieme al trasferimento dellecompetenze, anche il trasferimentodelle risorse finanziarie per gestire iservizi in autonomia e questo costitui-sce il punto con maggiore criticità per-ché la quantificazione dei trasferimentiverrà stabilita in relazione “al gettito deitributi maturato nel territorio regio-nale”. È facile intuire che, se questoprocesso si sviluppa nei territori checontribuiscono per il 40 per cento al Pil

nazionale, il rischio di un incrementodelle disparità tra zone economica-mente forti del Paese e zone social-mente più fragili.

Il processo non è ancora completatoed ancora si dibatte sui reali poteri delParlamento, se avrà la possibilità di mo-dificare l’intesa raggiunta tra Governoe Regione o potrà solo accoglierla obocciarla in blocco, come per la veritàsembrerebbe dall’analisi del teso dilegge, e aspettiamo con ansia gli svi-luppi, ma stupisce la rassegnazione concui l’opinione pubblica meridionale su-bisce questi processi.

Dopo una consultazione elettorale incui, soprattutto nel Mezzogiorno, contutta evidenza si è voluto dare un se-gnale forte di disagio e di protesta versol’aumento delle disparità economiche,in cui l’istanza di maggiore giustizia so-ciale sembrava fortissima, possibile cheil processo di maggiore regionalizza-zione che rischia di aumentare le diffe-renze sociali ed economiche nonalimenti un dibattito diffuso?

Vito Piruzza

Page 31: Redenzione, la vita nuova in Cristo

La salvaguardia e la tutela dell’ambienteun impegno che riguarda ogni cittadino

in 31ATTUALITÀ

Il laboratorio Verde Fare AmbienteSanta Croce Camerina è un’associa-

zione ambientalista che dal 2012 è pre-sente sul territorio e si occupa delmonitoraggio e della tutela, salvaguar-dia e valorizzazione dell’ambiente e deirelativi processi ecologici a garanziadell’equilibrio naturale.

«Ed è solo grazie all’associazionismoe, di conseguenza, al volontariato, ov-vero ai tanti volontari che impiegano illoro tempo per il bene comune, qua-lunque sia lo scopo solidaristico –spiega Rosuccia Agnello, coordinatricelocale Fare ambiente Santa Croce Ca-merina – che è possibile la crescita diun’intera comunità civile. Senza andarea citare tutti i vari decreti e leggi sul-l’ambiente, già l’Assemblea costituentenel 1947 inseriva tra i principi fonda-mentali della Costituzione italiana, l’ar-ticolo 9 che disciplina al secondo

comma la tutela del paesaggio e il pa-trimonio storico e artistico della Na-zione. Un principio generale cheracchiude in se l’importanza dell’am-biente che ci circonda, del ruolo cheesplica e del rispetto che ne dobbiamoavere, partendo dalle istituzioni e fi-nendo nel vivere quotidiano di ogni cit-tadino. C’è bisogno di una piccolacrescita personale che porti pian pianoad una rivoluzione culturale che mettacome priorità il rispetto, nel suo sensopiù ampio, nei confronti dello spazio edelle persone che ci circondano. Per-ché la tutela e la valorizzazione dell’am-biente costituiscono un obbligoindividuale e sociale, di valenza univer-sale e di carattere squisitamente costi-tuzionale. Il Paese, le piazzette, le areeverdi, appartengono ad ogni singolocittadino ed è obbligo di ciascun citta-dino rispettarle, mantenerle e salva-

guardarle. Penso sia doveroso nei con-fronti di un Paese che appartiene atutti, in egual modo. Occorre un’atti-vità di sensibilizzazione che parta inprimis dalle scuole che sono luoghi diformazione didattica e culturale, passiper le associazioni tramite i servizisvolti dai volontari nelle varie attivitàesplicate e finisca in strada, nei com-portamenti di ogni giorno».

Josè Ortega Y Gasset, filosofo e sag-gista spagnolo di inizio novecento evincitore del Premio Nobel per la lette-ratura affermava: «Io sono me più il mioambiente e se non preservo quest’ul-timo, non preservo me stesso».

Una frase che fa riflettere sull’impor-tanza del rapporto uomo-ambiente e diquanto sia importante tramandare allegenerazioni future principi fondati sulrispetto dei luoghi che ci circondano,per consentire così, la crescita di unasocietà civile dedita al perseguimentodi valori riguardanti la tutela dell’am-biente.

L’esperienza di volontariato del laboratorioFare Verde di Santa Croce Camerina

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La fatica e la bellezza dell’educare consistono, tra le altrecose, nell’aiutare i figli a diventare consapevoli dei pro-

pri bisogni, delle proprie potenzialità e dei propri limiti per-sonali e sociali.

La cultura dominante è all’insegna del “tutto è possibile”.Ciò che ieri era ritenuto, non solo impossibile ma anche im-pensabile, oggi è diventato pensabile e possibile. Se è fisio-logico che alcune norme e alcuni divieti siano, storicamente,destinati a trasformarsi, é un dato di fatto che il modo in cuiqueste norme e questi divieti si trasformano possono miglio-rare o peggiorare la società. Oggi nei confronti dei limiti edelle regole c’è un rifiuto a priori.

“Posso tutto” è oggi l’idolo offerto all’adorazione di gio-vani e meno giovani. Spazza via regole e limiti: quando sivuole qualcosa bisogna solo ottenerla, con mezzi leciti o il-leciti. Nel caso in cui i mezzi siano illeciti l’unica cosa cheveramente conta é non farsi scoprire. “Posso tutto” crea lepre-messe per un mondo ingiusto dove i forti e i potenti nonsono limitati nei loro eccessi, nelle loro pretese, nelle loroprepotenze. Una comunità che rende possibile tutto hacreato le premesse per un percorso autodistruttivo.

La consapevolezza di non essere onnipotenti costituisceper ciascuno di noi, e in particolare per i bambini e gli ado-lescenti, la possibilità di uno sviluppo umano.

In questo contesto gli educatori siamo posti di fronte adun bivio. Una strada é fare nostro il “comandamento del

posso tutto” ed educare i ragazzi a buttarsi senza sensi dicolpa in un feroce combattimento per ottenere ciò che sioffre al loro desiderio e alle loro voglie. Se scegliamo questastrada l’obiettivo sarà educarli ad essere forti, a biasimare ladebolezza propria e altrui, a trasformarsi in predatori per-formanti, ad avere il dominio sugli altri e sull’ambiente.

La strada opposta è testimoniare e proporre esperienzedove é possibile vivere le vulnerabilità e il limite come pos-sibilità di condivisione e di crescita. La strada che nega le no-stre fragilità ci rende alla lunga più impotenti e ci mette inuna condizione di schiavitù.

La strada che educa a farsi carico dei limiti ci aiuta ad esserenoi stessi, senza finzioni.

Il nostro tempo, con il sopraggiungere di una pesante crisieconomica, sta scoprendo i limiti della grande illusione diuna umanità che ha provato a vivere all’insegna del “possotutto”.

In questo contesto cresce la responsabilità degli educatorinel promuovere le opportunità e accogliere le difficoltà; nelcondividere le vittorie e accompagnare le sconfitte; nel ga-rantire diritti ed esigere doveri.

Il grande filosofo Aristotele ha lasciato scritto che l’uomolibero è quello che sente di avere dei doveri verso se stesso,verso gli altri, verso la comunità. L’uomo libero aggiungiamonoi non é quello del “posso tutto”!

Tonino Solarino e Rosaria Perricone

Quali scelte educative per i nostri figlinell’era dove tutto sembra possibile?

in 32 ATTUALITÀ

Testimoniare e proporre esperienze dove è possibile scoprire il limite

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«Uomo Migliore/Fratello Universale» (edizioni G.A.Roma, 2018, pp. 240) è l’ultimo lavoro, in ordine di

tempo, firmato dal filosofo e sociologo ragusano Luciano Ni-castro. Lo stesso la definisce «una ricerca epistemologica difilosofia e sociologia della politica» che completa il trattatodi filosofia politica di ispirazione cristiana (“La Buona Poli-tica e la Casa comune”, Book Sprint Edizioni, Salerno pp.414) e apre una prospettiva ideale e concreta «a partire dauna metacritica dell’antropologia della prepotenza e nella di-rezione della fraternità» come categoria fondamentale dellapolitica. «Non è – spiega l’autore – una ulteriore e ripetutapetizione di un atteso dover essere, ma ha l’ambizione percoerenza spirituale e organica di indicare una via, illustrareun percorso convincente e sperimentale per una strategia diricostruzione effettiva e relazionale della politica come arsboni nella città dell’Uomo e della Pace. Questo mio saggioaggiunge al libro precedente (“Terza Via come prassi –nuovo paradigma di socializzazione politica” – Rubbettino

2009) e alla svolta sistemica e maieutica del mio “FratelloImmigrato” – verso una sociologia della integrazione”(EdiArgo Ragusa 2006) un orizzonte di temi, problemi e so-luzioni concrete per una politica più ricca di umanità e dipietà, e in fondo più intimamente fraterna, migliore e vera,nel solco del personalismo comunitario di Mounier, Mari-tain, Sturzo. Di fronte al populismo settario, il popolarismodei cristiani indica la via della Rivoluzione non violenta, per-sonalistica e comunitaria, una direzione “laica” e autentica-mente spirituale e comunionale che costruisce un mondonuovo sul radicamento della civiltà umana e cristiana.Aspetto – conclude Nicastro – un dialogo nella direzione daparte degli illustri studiosi e degli onesti ricercatori delle viedi concretezza e di possibilità. In fondo è questa la storiamaestra della filosofia vera e della politica sognata nelle uto-pie, non certo l’illusione e l’inganno delle ideologie che nehanno determinato il fallimento storico».

in 33IN LIBRERIA

La fraternità in politicain un saggio di Nicastro

L’Occidente si presenta semprepiù come il paradiso delle nostre

libertà individuali, tollerante verso ognitipo di credenza e minoranza. La liber-tà di ciascuno viene difesa come un di-ritto inalienabile, che appare ormaiconquistato in quella che è consideratala parte nobile del mondo. Ma se invecequesta libertà avesse un lato oscuro? Seinvece anche questo mondo fosse op-presso da leggi morali che determinanoi nostri comportamenti e ci precludonouna reale possibilità di esprimere noistessi?

Questa la provocazione che sta allabase de “L’ateo virtuoso”, libro di Da-niele Scollo, venticinquenne comisano,pubblicato dalla casa editrice “Il Prato”.Una riflessione lucida e a tratti fasti-diosa, che attraversa religiosità tradi-zionale e progresso occidentale per

approdare alla descrizione di una mo-rale nuova, che si è diffusa fino ad im-porsi su tutti noi. Leggendo si rifletteràsu quanta parte del nostro destino ab-biamo ceduto alla tecnologia e agli og-getti che ci circondano, e su come lenostre comunità siano destinate a fran-tumarsi in una miriade di individui, tuttiuguali eppure tutti assoluti, separati,soli.

Ma non manca, infine, la speranza:forse esiste una via – solitaria ed eretica– per la quale si può trovare una nuovadimensione della nostra anima, un’in-terezza che sembrava perduta. È un in-vito a fare una valutazione del mondoche ci circonda, riflettere sul ruolo dellereligioni tradizionali, ricordare che esi-ste ancora la necessità per ciascuno diessere responsabile della propria di-mensione morale.

L’Occidente si specchia nel libro di Daniele Scollo

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GIANNI MANIASi avvicina al mondo della fotografia neglianni 80, facendo di una passione il propriolavoro.Approfondisce le proprie conoscenze negliStati Uniti dove ha frequentato stage di foto-grafia pubblicitaria e industriale.Nonostante l‘impegno professionale, non hamai tralasciato la ricerca personale, proiet-tando il suo sguardo oltre che nella sua Sici-lia anche oltre, dal medio Oriente al NordAfrica, riuscendo negli anni a formare unricco archivio di immagini .Dal 1993 ha partecipato a varie mostre collet-tive e personali, in Italia e all’estero.In Francia ha esposto accanto ai grandi nomi

della fotografia internazionale, come Ronis,Koudelka, Biasucci, e Berengo Gardin. InItalia ultima in ordine la personale a Romapresso l’Istituto di Cultura Francese “Versol’infinito” , le collettive “Orme” presso le Ci-miniere a Catania , “Artisti di Sicilia” a curadi Vittorio Sgarbi a Favignana e Catania, Lesue ultime pubblicazioni fotografiche sono“Viaggio in Sicilia” con testo di ArmandoMasserenti, i “Planeta”, con testo di OscarGiannino, “Vista Mare” Editoriale GiorgioMondadori, con testo di Alessia Locatelli -Elisa Mandarà e Andrew Wordsworth.Collabora da anni con la Ricercatrice YukoOkuma nella realizzazione dì reportage foto-grafici sull’agroalimentare in tutto il bacino

del mediterraneo Vive e lavora a Scicli, dovegestisce uno studio fotografico e uno spazioespositivo aperto ai fotografi.

Scicli, corso Mazzini 10. www.giannimania.it

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