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REPUBBLICA ITALIANA 581/2009 A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI Sezione Prima Giurisdizionale Centrale - composta dai Magistrati: Dott. GIUSEPPE DAVID PRESIDENTE Dott. DAVIDE MORGANTE CONSIGLIERE REL Dott. CRISTINA ZUCCHERETTI CONSIGLIERE Dott. MARIA FRATOCCHI CONSIGLIERE Dott. PIERGIORGIO DELLA VENTURA CONSIGLIERE ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio d’appello in materia di responsabilità, iscritto al n. 26172 del Registro di Segreteria, proposto da Gianni Magnan avverso la sentenza n. 67/06 in data 21 settembre 2005 – 9 febbraio 2006 della Sezione Giurisdizionale Regionale per il Veneto e nei confronti dei Procuratori Regionale. Visti l’atto d’appello, le conclusioni del Procuratore Generale, nonché gli altri atti e documenti della causa; Uditi, alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009, il Consigliere relatore Dott. Davide Morgante, l'Avv. Angelo Rao per la parte appellante, nonché il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale Dott. Antonio Ciaramella; Ritenuto in FATTO Con sentenza n. 67/2006 la Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei conti per il Veneto ha disposto la condanna del Dott. Gianni Magnan, Presidente nel periodo dall'11 novembre 1998 al 23 luglio 2001 della Società Consortile Eurobic

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REPUBBLICA ITALIANA 581/2009 A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

Sezione Prima Giurisdizionale Centrale - composta dai Magistrati:

Dott. GIUSEPPE DAVID PRESIDENTE

Dott. DAVIDE MORGANTE CONSIGLIERE REL

Dott. CRISTINA ZUCCHERETTI CONSIGLIERE

Dott. MARIA FRATOCCHI CONSIGLIERE

Dott. PIERGIORGIO DELLA VENTURA CONSIGLIERE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio d’appello in materia di responsabilità, iscritto al n. 26172 del Registro di

Segreteria, proposto da Gianni Magnan avverso la sentenza n. 67/06 in data 21

settembre 2005 – 9 febbraio 2006 della Sezione Giurisdizionale Regionale per il

Veneto e nei confronti dei Procuratori Regionale.

Visti l’atto d’appello, le conclusioni del Procuratore Generale, nonché gli altri

atti e documenti della causa;

Uditi, alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009, il Consigliere relatore Dott.

Davide Morgante, l'Avv. Angelo Rao per la parte appellante, nonché il Pubblico

Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale Dott. Antonio Ciaramella;

Ritenuto in

FATTO

Con sentenza n. 67/2006 la Sezione Giurisdizionale Regionale della Corte dei

conti per il Veneto ha disposto la condanna del Dott. Gianni Magnan, Presidente nel

periodo dall'11 novembre 1998 al 23 luglio 2001 della Società Consortile Eurobic

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Adige Po (S.r.l.), destinataria di fondi comunitari, al pagamento dell'importo di

Euro 1.100.000/00 quale danno erariale causato dall'avvenuta appropriazione da parte

del Magnan di parte dei fondi medesimi, nonché per la mala gestio dei finanziamenti

regionali, attuati con gli indicati fondi, senza svolgere l'attività dovuta.

Con la medesima sentenza il convenuto è stato, altresì, condannato al

pagamento dell'importo di Euro 50.000/00 per il grave discredito arrecato

all'immagine della Regione Veneto in ragione delle indicate appropriazioni e

dell'illecita gestione di risorse pubbliche, determinato, in via equitativa, ex art. 1226

cod. civ.

In particolare, le imputazioni lesive contestate dal Requirente Contabile e

riconosciute fondate dalla Corte Territoriale attengono all'appropriazione e

distrazione, da parte del Magnan, quale presidente di Eurobic S.r.l., di somme

apparentemente destinate a consulenze nell'ambito di progetti finanziati con fondi

comunitari (contratti: Precisvalle, Conser, Project scard, Turcato, Faccioli, Bertoli, De

Stefani, Ideal Look), nonché all'improduttività, in ragione della descritta mala gestio

dell'attività finanziata dalla Regione, con conseguente discredito della sua immagine.

Emerge dagli atti di causa che la Eurobic con puntuali delibere regionali era

stata designata quale soggetto attuatore degli interventi comunitari e che, in forza della

Convenzione sottoscritta con la Regione in data 24.6.1999, aveva il compito di

realizzare alcuni interventi strutturali comunitari nella Regione Veneto, nell'ambito

dell'obiettivo 2-1997/1999-Asse 5 Polesine, tramite la misura 5.3 (volta a promuovere

lo sviluppo dell'imprenditorialità nell'area meridionale del Veneto) e la misura 5.4,

complementare alla 5.3 (destinata a svolgere azioni di formazione professionale

integrata aula-stage).

Tra il novembre 1999 e l'aprile 2000 in Eurobic erano entrati a far parte nuovi

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soci, alcuni costituenti società a prevalente partecipazione pubblica, altri

costituenti società private, di cui alcune collegate con il convenuto.

La società Eurobic veniva, poi, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di

Rovigo del 17 dicembre 2003.

In relazione alle menzionate consulenze ed alle somme erogate, al riguardo,

dalla Regione Veneto il Magnan è stato rinviato a giudizio in sede penale, anche in

concorso con altri soggetti, per vari reati, nonché per associazione a delinquere allo

scopo di commettere più delitti di truffa aggravata e continuata per il conseguimento

di erogazioni pubbliche, malversazioni a danno dello Stato, frodi fiscali attraverso

l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e l’ utilizzo delle stesse nelle

dichiarazioni dei redditi, falsi in bilancio, mendacio e falso interno bancario, false

comunicazioni agli organi di vigilanza bancaria, appropriazioni indebite, falsi in

scrittura privata, riciclaggio di denaro, usura, concussione, nonché bancarotte

fraudolente relative alla Società Marlow S.p.a. e Invenitalia S.r.l. (società poi fallite).

I procedimenti penali sono tuttora pendenti.

In ragione del descritto evolversi della vicenda lesiva è intervenuta la revoca del

contributo da parte della Regione Veneto, l’intervento della stessa nel fallimento di

Eurobic e la sua costituzione in giudizio del processo penale azionato nei confronti del

Magnan.

Avverso la sentenza della Corte Veneta ha interposto appello il Magnan,

rappresentato e difeso dagli Avvocati Beatrice Aureli ed Angelo Rao i quali ne hanno

dedotto l'illegittimità ed erroneità, formulando le seguenti doglianze:

- difetto di giurisdizione per essere stato il proprio assistito amministratore di

una società avente natura privata ed in quanto tale assoggettata a procedura

fallimentare. La giurisdizione sarebbe carente, anche ove si ritenesse la natura

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pubblica della società, in ragione dell'attività imprenditoriale dalla stessa svolta,

alla stregua degli orientamenti in tal senso espressi dalla Cassazione in tema di

aziende municipalizzate.

Inoltre, l'impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto della distinzione fra

attività di indirizzo (spettante agli organi di vertice politico-amministrativo) ed attività

dirigenziale, nel caso di pertinenza del Magnan al quale potrebbe essere imputata la

sola responsabilità dirigenziale, ma non una responsabilità amministrativo-contabile,

né la qualifica di agente contabile di fatto, in quanto il medesimo non era legato da

rapporto di impiego con la Pubblica Amministrazione;

- inammissibilità dell'azione contabile, per pendenza di un giudizio penale sui

medesimi fatti, con intervenuta costituzione nello stesso della Regione Veneto quale

parte civile; donde, secondo la giurisprudenza cassatoria risulterebbe prevalente la

giurisdizione ordinaria (cfr. Cassaz. Sez. unite civili: sent. n 22277, del 26 nov. 2004),

con, altrimenti, violazione dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost.;

- erroneità della non riconosciuta esigenza di sospensione ex art. 3 cod. proc.

civ. del giudizio d'appello in attesa della conclusione dei processi penali instaurati a

carico del Magnan per gli stessi fatti, sia per accertare l'esistenza di altri soggetti

responsabili, anche essi imputati del processo penale, sia per vagliare la legittimità

delle prove poste a base della condanna contabile;

- omessa acquisizione, da parte del Primo Giudice, dell'integrale

documentazioni in originale, derivante dalle vicende penali in cui è rimasto coinvolto

il Magnan e, più genericamente, degli atti della Guardia di Finanza, ai fini di una

compiuta istruttoria;

- insussistenza nel merito della responsabilità, poiché nessuna delle motivazioni

della sentenza impugnata troverebbe riscontro nelle carte processuali, con riferimento

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ai poteri straordinari detenuti dal proprio assistito in seno al Consiglio di

Amministrazione, all’asserita distrazione di fondi comunitari regolarmente

rendicontati ed approvati dalla Regione Veneto, al coinvolgimento nel reato di

bancarotta (essendo stato annullato il capo d'imputazione) e non essendo addebitabile

al Magnan la revoca del contributo in ragione del suo comportamento e risultando i

conferimenti di incarichi ai consulenti, nonché i pagamenti, approvati e seguiti con ed

a regolari delibere del Consiglio di amministrazione.

Inoltre, la società Eurobic non era soggetto attuatore del programma

comunitario, ma mero soggetto di animazione economica in relazione al quale

l’ elevato numero di consulenze conferite non costituivano uno strumento, ma lo

svolgimento stesso della missione affidata;

- illogicità della sentenza impugnata, poiché le contestazioni della Regione

Veneto vennero formulate in epoca (2002) successiva alla cessazione dalla carica del

Magnan e lo stesso fallimento di Eurobic avvenne nel 2003, mentre le perdite anteriori

erano state ripianate già nel 2001.

Quanto alle specifiche vicende contestate, oppone la difesa, che le stesse si

riferiscono solo ad otto contratti su quarantotto e la somma relativa ammonta ad Euro

365.945/865 e non all’importo richiesto in citazione, non potendo le considerazioni

relative alle singole vicende estendersi all'intero finanziamento e non essendo emersa

alcuna mala gestio al riguardo;

- insussistenza di responsabilità e mancanza di prova con riguardo ai singoli

contratti contestati;

- insussistenza del danno all'immagine, in quanto la produzione degli articoli di

stampa non proverebbe il danno patrimoniale conseguente e la Parte Pubblica, avrebbe

dovuto accertare in concreto, al pari del Giudice, che il costo delle operazioni illecite

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sia ricaduto sull’Ente pubblico e che la lesione d’immagine abbia comportato

maggiori oneri economici per la Regione Veneto.

Conclude, pertanto, la difesa per l’accoglimento delle eccezioni preliminari di

rito e nel merito per la riforma della sentenza impugnata con assoluzione del proprio

assistito ed, in subordine, con la riduzione della pretesa attorea a solo otto e non

quarantotto contratti con condanna del medesimo al pagamento di soli Euro

365.945/865 e disattendendo la richiesta risarcitoria del danno all'immagine.

Nelle proprie conclusioni, depositate in data 10 ottobre 2006, il Procuratore

Generale ha come appresso dedotto in ordine alle doglianze della parte appellante:

- sussistenza della giurisdizione contabile, dappoichè, alla stregua della più

recente giurisprudenza cassatoria il discrimen jurisdictionis si fonda sull'esistenza di

un danno a risorse finanziarie pubbliche, a prescindere dall'utilizzazione di tali risorse

con strumenti del diritto pubblico (jure autoritatis) o del diritto privato (jure

privatorum) (cfr, Cass.SS.UU. ord. n. 19667 del 22.12.2003; n. 335/2004; n.

3899/2004).

Peraltro, nella specie la Società consortile presieduta dal Magnan, pure

rientrando formalmente nell'ambito dello schema societario privatistico, aveva una

natura sostanzialmente pubblica per essere prevalentemente pubblico il capitale

sociale, come, peraltro, ammesso dallo stesso appellante che richiama, a propria

difesa, il regime delle imprese municipalizzate (ed, in proposito andrebbe, in modo

pertinente, citata Cass. SS.UU. civili n. 3351 del 19 febbraio 2004 relativamente ai

componenti la commissione amministratrice dell'Azienda municipalizzata pubblici

servizi di Parma).

Inoltre, nella specie si discute del non corretto utilizzo di risorse interamente

pubbliche, di origine comunitaria, in ordine alle quali è stata più volte affermata la

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giurisdizione contabile (Cass. SS.UU. civili, sent. n. 8143/2002 del 12 ottobre

2001).

Va, altresì, dichiarata in capo al Magnan la qualificazione di agente contabile di

fatto, assunta in ragione della materiale apprensione, al di fuori di legittime procedure

contabili, delle risorse pubbliche contestate, nonché del maneggio, in via di fatto, del

denaro pubblico che prescinde da qualsiasi rapporto di impiego con l’ente pubblico,

come riconosciuto dalla Cassazione in vicende relative proprio all'utilizzo di fondi

comunitari (Cass., SS.UU. civ. sent. n. 14473 del 10 ottobre 2002);

- infondatezza dell'eccezione di inammissibilità dell'azione contabile per

pendenza del giudizio penale sui medesimi fatti e della relativa istanza di sospensione

del giudizio contabile, in ragione della diversità delle situazioni soggettive che, al

riguardo, fanno capo all'Ente danneggiato ed al Pubblico Ministero Contabile, anche

quando in sede penale vi sia costituzione di parte civile dell’Amministrazione.

Ciò, in ragione della complementarità e non alternatività delle due azioni,

nonché dell'obbligo informativo del P.M. penale nei confronti di quello contabile

previsto dall'art. 129 disp. att. cod. proc. pen. e ribadito dall’art. 7 della più recente L.

n. 97/2001; di modo che la coesistenza dei due giudizi pone eventualmente un

problema di promovibilità dell'azione contabile, ma non di giurisdizione.

Tale costrutto è in linea con il principio di autonomia e di separatezza dei due

giudizi affermato dalla Corte di Cassazione inequivocamente (cfr., in termini, Cass.: 3

febbr. 1989, n. 664; ord. 21 magg. 1991, n. 369; ord. 23 nov. 1999, n.822 S.U.); donde

non appare sostenibile la lamentata lesione dei principi costituzionali in tema di giusto

processo ex art. 111 Cost., nonché la rappresentata esigenza sospensiva del giudizio

contabile.

Nel caso di specie, poi, ad avviso del Procuratore Generale, non si

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ravviserebbero ragioni di sospensione neppure facoltativa, risultando le

acquisizioni probatorie raggiunte nelle indagini penali e quelle della polizia

giudiziaria, sufficienti onde pervenire al convincimento del Giudice Contabile;

- conseguenziale non condivisibilità dell'istanza della difesa volta

all'acquisizione di tutti i documenti del processo penale, anche in originale;

- quanto al merito della responsabilità la Parte Pubblica contrasta le doglianze

della difesa sia in ordine ai singoli episodi di appropriazione per cui è stata condanna,

sia in ordine all'addebito relativo alla complessiva scorretta gestione del finanziamento

comunitario da cui è, poi, scaturita la revoca del contributo comunitario.

In ordine ai singoli fatti appropriativi, evidenzia il Procuratore Generale

l’ indicazione, da parte del Primo Giudice, di plurimi elementi di riscontro dei fatti

medesimi, consistenti in primo luogo nelle dichiarazioni rese dagli stessi soggetti

interessati ed a vario titolo imputati in sede penale, compreso lo stesso Magnan, per le

quali le ritrattazioni avvenute successivamente non possono elidere la loro incidenza

probatoria in quanto esplicative di un sistema ripetuto di comportamenti illeciti che

faceva perno proprio sul Magnan.

Tali condotte risulterebbero, inoltre, confermate dagli accertamenti sui titoli di

pagamento che fornirebbero un quadro convincente delle modalità di gestione posta in

essere dal Magnan, risultando, peraltro, ininfluenti i richiami a pretese inesattezze

della sentenza (i due contratti alla Bertoli, la non formulazione dell'imputazione di

bancarotta al Magnan).

Per quanto riguarda l’addebito relativo alla complessiva scorretta gestione,

l'Organo Requirente ne conferma la validità, risultando la stessa posta in essere con

inosservanza della convenzione, da cui è conseguita la revoca del contributo

comunitario alla Società Eurobic.

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Tale revoca si è tradotta in un danno diretto per i soggetti componenti la

comunità destinataria dei finanziamenti e non potrebbe negarsi che sia stata la

conseguenza dei fatti posti in essere dal Magnan.

Al riguardo, il Procuratore Generale pone l'accento sui seguenti fatti:

- nel decreto che dispone il rinvio a giudizio avanti al Tribunale di Rovigo al

Magnan è stato contestato il reato di associazione a delinquere (ex art. 416 cod. pen.)

con altri concorrenti e Renato Maghini per essersi associati fra loro e con persone non

identificate allo scopo di commettere più delitti di truffa aggravata e continuata per il

conseguimento di erogazioni pubbliche, malversazioni ai danni dello Stato, frodi

fiscali, falsi in bilancio, mendacio, falso interno bancario, false comunicazioni agli

organi di vigilanza bancaria, appropriazioni indebite, falsi in scrittura privata,

riciclaggio di denaro, usura, concussione, nonché bancarotte fraudolente;

- il ruolo del Magnan all'interno di organismi chiave nella realtà economica e

politica della Regione Veneto e della Provincia di Rovigo, nonché agganci a livello

politico ed economico centrale;

- la congruità della quantificazione del danno operata dalla Procura Regionale,

pari ad Euro 1.392.474/8, corrispondente ai contributi erogati dalla Regione

(maggiorati di interessi);

- l'attribuzione, da parte della Comunità Europea, di fondi comunitari alla

Regione Veneto, funzionale alla realizzazione di una finalità pubblica (sviluppo di

un'area meno sviluppata del Veneto: il Polesine);

- la mancata realizzazione di alcuno degli obiettivi pubblici; di tal che dalle

evidenze penali emergerebbe che tutta l'attività di Eurobic potrebbe essere definita una

grande impostura.

Infatti, dall'istruttoria della Procura Regionale emergerebbe che la scelta dei

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consulenti da parte del Magnan, sia avvenuta non in base alla loro competenza

professionale ma in forza della colleganza politica con il Magnan od all’enturage dello

stesso;

- molte delle somme (Euro 365.945/865) che avrebbero dovuto essere versate ai

consulenti per le pretese prestazioni, risultano per dichiarazioni dello stesso

convenuto, nonché dalle indagini di polizia giudiziaria, incassate dal convenuto, senza

obiezioni dei consulenti; donde alcun rapporto di consulenza esisteva, quanto piuttosto

un pactum sceleris fra il Magnan ed i consulenti per locupletarsi sui finanziamenti

regionali senza svolgere l’attività dovuta;

- dall'indicato quadro emergerebbe, pertanto, che tutta l'attività di Eurobic è

stata resa improduttiva e sviata rispetto al fine pubblico istituzionalmente perseguito;

donde la Società non meritava alcuna parte del finanziamento pubblico ricevuto e

correttamente la Corte Territoriale ha statuito la responsabilità amministrativa,

quantomeno a titolo di colpa grave del convenuto nello sperpero dei finanziamenti

pubblici erogati dalla Regione Veneto e nella mala gestio di Eurobic;

- correttezza della sentenza impugnata ove, ai fini della determinazione del

quantum dovuto dal Magnan per la mala gestio di Eurobic, ha tenuto conto del

generico comportamento omissivo dei componenti il Consiglio di Amministrazione

della Società, che ha dato completa libertà al convenuto nel gestire (male) i

finanziamenti, come se fosse dominus assoluto di Eurobic, riconoscendone il ruolo

autorevole e indiscusso quale proponente e risolutore delle questioni di strategia e di

operatività nella gestione della stessa (cfr. relazione dell’ispettore giudiziale del

Tribunale di Rovigo).

Quanto al danno all’immagine, reputa il Procuratore Generale che l’an dello

stesso sia provato dai numerosi articoli di stampa sullo scandalo Eurobic e richiama la

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giurisprudenza contabile che ascrive tale danno alla categoria del danno

esistenziale, riconducibile all’ambito dei danni non patrimoniali, configurabile come

danno-evento, risarcibile indipendentemente dall’esistenza di una fattispecie di reato.

Tale lesione, secondo l’Organo Requirente ed il Primo Giudice, comporterebbe

un pregiudizio al patrimonio pubblico che sarebbe comprensivo anche del diritto

dell’ente alla propria identità ed onorabilità e va liquidata in via equitativa ex art. 1226

cod. civ., tenuto conto delle indicate conseguenze negative che, per dato di comune

esperienza, sono riferibili al comportamento lesivo dell’immagine e che, in ragione del

discredito arrecato alla immagine della Regione dalla mala gestio posta in essere dal

convenuto, il Primo Giudice ha ritenuto di determinare in Euro 50.000/00.

Contesta, pertanto, il Procuratore Generale la progettazione della difesa secondo

cui il Procuratore Regionale Contabile ed il Primo Giudice avrebbero dovuto accertare

in concreto che il costo delle operazioni asseritamene illecite sia ricaduto sull’Ente

pubblico e che la lesione all’immagine abbia comportato maggiori oneri economici

per la Regione Veneto.

Conclude, pertanto, il Procuratore Generale per la reiezione dell’appello con

condanna dell’appellante alle spese del secondo grado di giudizio.

Venuta in discussione la causa all’udienza dell’8 aprile 2008, il Pubblico

Ministero ha chiesto un rinvio onde poter acquisire copia integrale della sentenza

penale in data 22 gennaio 2008 del Tribunale di Rovigo, attinente ai fatti di causa,

della quale l’Avv. Angelo Rao, difensore dell’appellante ha depositato all’udienza

medesima solo un estratto del dispositivo.

La causa è stata, pertanto, rinviata alle successive udienze del 21 ottobre 2008 e

del 10 febbraio 2009 per l’acquisizione del testo integrale della sentenza penale e per

consentirne l’appropriato esame.

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Allo stato figura versata al fascicolo processuale, in esecuzione del commesso

adempimento, copia autentica della sentenza n. 47/08 in data 22 gennaio – 18 luglio

2008 del Tribunale di Rovigo.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2009, l'Avv. Angelo Rao per la parte

appellante ed il Pubblico Ministero hanno confermato le considerazioni e le richieste

conclusionali rese nei rispettivi atti scritti.

Considerato in

DIRITTO

Osservano i Giudicanti che l’appellata sentenza ha pronunciato la condanna del

convenuto Gianni Magnan, Presidente nel periodo dal novembre 1998 al luglio 2001

della Società Consortile Eurobic Adige Po, destinataria di fondi comunitari per lo

sviluppo dell’imprenditorialità nell’area meridionale veneta, al pagamento

dell’importo di Euro 1.100.000/00 per l’appropriazione e distrazione di somme

all’apparenza collegate al pagamento di consulenze strumentali alla realizzazione

degli obbiettivi comunitari, nonché per la mala gestio, in ragione degli indicati e di

altri fatti appropriativi, nonché di varie operazioni irregolari, dei finanziamenti

pubblici ottenuti dalla Società.

Il Magnan è stato, altresì, condannato al pagamento della somma di Euro

50,000/00 per il danno arrecato all'immagine della Regione Veneto in ragione del

cattivo e distorto uso dei finanziamenti comunitari.

Per tali illiceità gestorie di pecunia publica risulta celebrato a carico del

convenuto e di altri soggetti procedimento penale per una molteplicità di reati (truffa

aggravata, malversazioni a danno dello Stato, frodi fiscali, falsi in bilancio, mendacio

e falso interno bancario, false comunicazioni agli organi di vigilanza bancaria, falsi in

scrittura privata, appropriazioni indebite, concussione, usura, riciclaggio di danaro,

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nonché bancarotta fraudolenta) definito dal Tribunale di Rovigo con sent. n.

47/2008 che, per quanto ne occupa ed in relazione a fattispecie lesive introdotte nel

presente giudizio, hanno riconosciuto la penale responsabilità del Magnan per il reato

di truffa aggravata, in talune ipotesi assorbita nell'imputazione di bancarotta

fraudolenta.

Avverso la sentenza della Corte Territoriale Contabile ha interposto appello il

Magnan, censurandone l'illegittimità, erroneità e ingiustizia, opponendo oltrechè una

serie di doglianze a carattere pregiudiziale e preliminare, l'assenza di elementi

probatori in ordine ai fattori costitutivi della responsabilità amministrativa, anche in

ordine al danno all'immagine, chiedendo pronuncia assolutoria e comunque riduttiva

dell'addebito.

Poiché talune eccezioni pregiudiziali e preliminari hanno incidenza sulla

legittima introduzione del giudizio di responsabilità e sono rilevabili d'ufficio, il

Collegio, in ragione dell'ordine logico-giuridico di trattazione, reputa di dover dare

prevalenza all'esame delle stesse, la cui fondatezza, ove riconosciuta, precluderebbe

l'ulteriore esame dell'atto d'appello,

Prioritaria è, al riguardo, l'indagine sulla dedotta eccezione di giurisdizione del

Giudice Contabile, argomentata dalla difesa appellante sotto il duplice profilo

dell'intervenuta costituzione dell'Amministrazione quale parte civile nel parallelo

processo penale e dell'assenza di una rapporto d'impiego tra il proprio assistito e

l'Amministrazione Pubblica che escluderebbe in radice il trascinamento del medesimo

in un giudizio di responsabilità anche di natura contabile, tenuto conto, altresì, che il

Magnan era amministratore di una Società avente natura privatistica, tanto è vero che

la stessa è stata assoggettata a procedura fallimentare.

L'eccezione, nell'evidenziata duplice prospettazione, si appalesa infondata.

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Al riguardo, reputa il Collegio di dover chiarire che, avuto riguardo al titolo di

responsabilità, di natura sostanzialmente contabile, per la quale il Magnan è stato

evocato in giudizio, il proposto libello si appalesa perfettamente in linea con la

disciplina legislativa e con l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di

settore.

Costituisce, invero, giurisprudenza pacifica che, alla stregua del vigente

ordinamento, la qualificazione di agente contabile risulta meramente correlata al c.d.

“maneggio” di denaro, beni mobili, materie e/o valori di “pertinenza pubblica”, inteso

quale disponibilità materiale, concreta ed effettiva degli stessi, nel senso che l'attuato

maneggio genera ex se l'imprescindibile obbligo dell’agente a rendere “giudiziale”

ragione della gestione, attraverso la presentazione di un documento contabile che dia

contezza della stessa e delle sue risultanze e che l’ attuata gestione, ove ne ricorrano i

presupposti, si rende suscettibile di valutazione, da parte del Requirente Contabile, per

una sottoposizione dell’agente al giudizio di responsabilità.

In tale ottica, è proprio l’attuata gestione di denaro e valori pubblici che è

idonea all'instaurazione, con automatismo giuridico, di un “rapporto di servizio” tra

l'autore della gestione ed il soggetto pubblico alla cui “pertinenza” (Stato od altro

Organismo pubblico) quel denaro e/o valori sono riconducibili.

Proprio in relazione alla gestione anche di fatto di pecunia pubblica, la

giurisprudenza ha unanimamente esteso alle risorse comunitarie entrate nella

disponibilità dello Stato italiano, la giurisdizione contabile, anche nei confronti dei

soggetti privati, sia persone fisiche che giuridiche, attuatori dei previsti programmi ed

indipendentemente dalla connessione dell'attività gestoria con fenomeni di frode,

appropriazione o distrazione di fondi.

Ciò, dovendosi applicare ai soggetti gestori di principi giuridici relativi agli

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agenti contabili, anche di fatto, in relazione al maneggio comunque attuato di

denaro pubblico, nonché tenuto conto che il baricentro per il discrimen tra la

giurisdizione ordinaria e quella contabile va spostato, in favore di quest'ultima, dallo

stretto riferimento alla qualità del soggetto attuatore della gestione, che ben può essere

un privato od un ente pubblico economico o meno, alla natura dei beni oggetto di

gestione e degli scopi perseguiti, sotto il profilo ordinamentale, per l'utilizzo di tale

denaro e/o valori; di modo che, ove l'operatore (pubblico o privato) affidatario, anche

di fatto, della pecunia pubblica, se ne appropri o svii dalle finalità a cui l'utilizzo della

stessa è destinato, realizza un danno all'ente pubblico affidante e/o affidatorio di quelle

risorse, del quale deve rispondere avanti al Giudice Contabile (cfr,, al riguardo, per

tutte, Cass. Sez. uu. civ. sentt.: n. 8143/2002; n. 14473/2002; n.8450/1998; n.

926/1999; n. 11309/1995).

Va, altresì, rigettata per infondatezza la proposta eccezione di difetto del potere

cognitorio contabile, argomentata dalla difesa appellante con la pendenza, in ordine ai

medesimi fatti di causa, di un giudizio penale nel quale è intervenuta la costituzione,

quale parte civile, della Regione Veneto; di talchè la contemporanea permanenza delle

giudizio contabile costituirebbe un inammissibile e non giustificato duplicato, che

consiglierebbe, quanto meno la sospensione di quest'ultimo giudizio.

Invero, va confermata sul punto l’altrettanto consolidata giurisprudenza della

Corte dei conti, dalla quale il Collegio reputa non sussistono presupposti per

discostarsi, secondo cui il processo contabile si sviluppa ordinariamente in modo

autonomo rispetto al procedimento penale eventualmente pendente per fattispecie,

quale quella l'esame, correlate alla frode comunitaria od altre ipotesi criminose

(concussive, corruttive, di bancarotta fraudolenta, etc.) per le quali sia intervenuta, da

parte dell'Amministrazione assertivamente danneggiata, costituzione di parte civile e

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non subisce, del pari, nemmeno gli effetti sospensivi che si realizzano, con

riguardo ai procedimenti amministrativi, per effetto degli stessi procedimenti penali.

Invero, come correttamente rimarcato dal Procuratore Generale, ostano al

riguardo la diversità delle situazioni soggettive che fanno capo, rispettivamente al

Pubblico Ministero Contabile ed all'Ente danneggiato, nonché l'evidente e mera

“complementarità” e” non alternatività” delle due azioni; di modo che l'avvio

dell'azione contabile potrebbe trovare un plausibile arresto solo nella verificata

realizzazione, da parte del Requirente e del Giudice Contabili, della pretesa erariale,

con una formazione di un giudicato sull'an e sul quantum e conseguente liquidazione e

reintegrazione del patrimonio erariale (cfr., in termini, di questa Sezione Centrale:

sentt. n.109/2002 e n.210/2003): il che non è dato constatare nella fattispecie l'esame.

Per tali motivi l’exceptio jurisdictionis, nella proposta triplice prospettazione,

viene rigettata.

Il superamento delle eccezioni pregiudiziali e consente un'ora al Collegio di

discendere all'esame delle censure afferenti al merito della contestata responsabilità.

Alle riguardo, lamenta la difesa appellante che la condanna del proprio assistito

è stata disposta dalla Corte Territoriale nell'assenza degli elementi costitutivi della

responsabilità amministrativo-contabile, non avendo il Requirente fornito adeguata

dimostrazione dell’asserita distrazione dei fondi comunitari, regolarmente rendicontati

ed approvati dalla Regione Veneto, non essendo al medesimo riconducibile la revoca

del contributo comunitario e dovendo essere limitata l'eventuale contestazione a solo

otto contratti di consulenza, a suo dire, legittimamente posti in essere e non potendosi

le contestazioni, anche di natura penale al massimo rivolte, estendersi all'intero

finanziamento, sì da configurare una “mala gestio” dello stesso.

La doglianza si appalesa del tutto destituita di plausibile fondamento.

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Emerge, invero, inequivocamente dal fascicolo processuale e trova conferma

nella sentenza penale resa sulla vicenda dal Tribunale di Rovigo (cfr.,sent. n. 47/08 del

22.1 - 18.7.2003), per quanto attiene all'addebito lesivo conseguente all'affidamento,

da parte del Magnan, di consulenze necessarie alla realizzazione del progetto affidato

all'Eurobic dalla Regione Veneto, l'attività truffaldina svolta dal medesimo, in modo

da far assegnare ad amici e soggetti della sua cerchia una serie di consulenze

apparentemente rientranti nell'oggetto della relativa convenzione e, quindi,

potenzialmente ammissibili al contributo regionale, ma che, nella sostanza,

costituivano solo uno schermo formale per nascondere un continuo drenaggio di

denaro da Eurobic e dalla Regione a vantaggio del Magnan e dei consulenti.

Emergono, altresì, dal celebrato processo penale gli artifici e raggiri posti in

essere dal Magnan, al fine di trarre in inganno gli Organi Societari ed il Collegio dei

revisori, ed impedirne i poteri di controllo e vigilanza, giustificando i trasferimenti di

denaro comunitario ai consulenti, quale compenso per l'attività professionale resa che,

in realtà non era stata realizzata e/o di valore inferiore all'esborso sostenuto dall'Ente,

quand'anche, in talune ipotesi, tale trasferimento non fosse mai avvenuto, rimanendo

le somme trattenute, in tutto od in parte, dal Magnan che compensava i consulenti con

altri favori (cfr., infra pagg. 380, 385, 386, 409 e 431 o della menzionata sentenza

penale).

Risulta, infine, il ruolo determinante avuto dal convenuto nella gestione delle

consulenze de quibus, rispondente piuttosto a suoi tornaconti personali che alla

realizzazione dei fini pubblici posti a base della programmazione regionale di

riferimento, per i quali la contribuzione comunitaria veniva dalla Regione Veneto

assegnata alla Società alla quale il Magnan era preposto.

Siffatta personalistica gestione delle consulenze, condotta in palese dispregio

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della normativa contabile (assegni tratti sui conti personali del Magnan,

quietanze datate con riferimento al momento dell'uscita delle somme dalle casse

dell'Eurobic S.r.l. e non dell'effettiva consegna del denaro ai consulenti, scelta del

privato contraente al di fuori dell’espletamento di una pubblica gara e con compensi

estranei ai tariffari di categoria e non in proporzione all'opera professionale resa,

vistose differenze tra valore reale e pattuito delle consulenze, falsità, irregolarità e

carenza documentale della rendicontazione contabile: cfr. pagg. 379, 380, 395, 4 09,

431, 432 e 449 della citata sent. del Tribunale penale di Rovigo), induce il Collegio ad

escludere in radice che alla stessa possa riconnettersi qualsivoglia utilitas per l'Ente

regionale erogatore della contribuzione comunitaria.

Ne segue che in fattispecie l'impiego della pecunia pubblica quale attuata dal

Magnan si è nella sostanza tradotta in danno per l'indicato Ente, secondo la nota

conformazione della responsabilità contabile, non avendo il convenuto fornito alcuna

valida prova in ordine all'insussistenza del danno ed alla non imputabilità al

medesimo del fatto lesivo (cfr. art. 194 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827).

Per quanto attiene, poi, all'imprescindibile profilo soggettivo dell’ascritta

responsabilità (che quanto ad elementi costitutivi, espunta ormai ogni responsabilità di

tipo formale, si modella sullo stesso paradigma della responsabilità amministrativa:

cfr., per tutte, Corte Cost., sent. n. 371/1998) è innegabile la connotazione, per la gran

parte dolosa, o quantomeno, per talune ipotesi, gravemente colposa tenuta nella

vicenda dal convenuto, ben consapevole della perpetrata finalizzazione delle

consulenze in discorso a propri scopi e non della Società, degradata a suo strumento

nella realizzazione dell'illecita attività truffaldina ed appropriativa dei contributi

comunitari; donde, per tale capo di imputazione lesiva la sentenza di condanna,

assunta dal Primo Giudice, merita di essere confermata.

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Del pari, condivisibile e suffragata dalle risultanze penali, si appalesa

l'imputazione mossa dal Requirente Contabile e confermata dalla Corte Territoriale,

secondo cui, anche al di là delle enucleate ipotesi di consulenza, la generalità

dell'attività finanziata all'Eurobic dalla Regione con contribuzioni comunitarie si è

concretata in una mala gestio per la mancata realizzazione e sviamento degli obiettivi

prefigurati nell’apposita Convenzione stipulata con quell'Ente Territoriale e per il

cattivo uso di quei finanziamenti: tanto è vero che la stessa Regione, con decreti della

Direzione Industria nn. 60/2003 e 131/2003, ha disposto l'intera revoca, pur se allo

stato non attuata, dei contributi, per la mancata realizzazione degli obiettivi posti dalla

Convenzione regionale ed il cattivo uso dei finanziamenti comunitari.

È innegabile, invero, che la mancata realizzazione di quegli obiettivi costituisce

danno per la Regione pari all'intero importo finanziato, tenuto, altresì, conto del

pregiudizio patrimoniale diretto recato ai soggetti componenti la comunità destinataria

dei finanziamenti.

Sotto il profilo soggettivo l’ascrivibilità della mala gestio di risorse pubbliche al

Magnan, anche al di fuori delle enucleate ipotesi di consulenza, traspare evidente dalla

menzionata sentenza penale.

Invero, in tema di consulenze, diverse dalle otto oggetto della specifica

contestazione contabile, il pronunciato penale dà contezza, al riguardo, di una serie di

imputazioni (truffa aggravata, consumata e tentata ai danni di Eurobic S.r.l., talora

assorbite nel reato di bancarotta fraudolenta documentale) per le quali è stata

dichiarata la penale responsabilità del convenuto (cfr. infra pagg. 459-460 della

sentenza penale).

Al di là delle ipotesi consulenziali, il pronunciato penale dà contezza di

un'intensa attività di falsificazioni e di irregolare tenuta delle scritture contabili, tale da

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non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli

affari della Società, agli Organi societari e di controllo, anche a mezzo di

scritturazione di crediti non realizzabili, di rapporti fittizi e false rappresentazioni

contabili (cfr. pag. 461 della sent. pen.).

La falsità e l’erroneità delle scritture e delle sottese operazioni contabili risulta,

altresì, quasi sempre condotta dal Magnan onde celare, anche agli Organi fallimentari

a cui la Società venne sottoposta, e con strumentalità delle omissioni, l’illeceità delle

operazioni, nell'ottica del poi ascritto reato di bancarotta fraudolenta (cfr. pagg. 466 e

467 della sent. pen.).

Emerge, infine, dal pronunciato penale, la commissione, da parte del Magnan,

nell'ambito della gestione Eurobic, involgente la contribuzione comunitaria che ne

occupa, di una serie di reati (taluni appropriativi, sottrattivi e distrattivi del

patrimonio) in buona parte, anche qui assorbiti nel reato di bancarotta (cfr. infra pagg.

552, 553 e 539, 540 della sent. pen.); di tal che l'attuata gestione non può essere

ritenuta utile al soddisfacimento e perseguimento degli scopi cui quella contribuzione

era finalizzata e, come tale, secondo quanto anche ritenuto dal Giudice penale,

causativa di danno per la Regione.

Alla stregua delle estese considerazioni, anche per tale posta di danno, questi

Giudici, avuto, altresì, riguardo al ruolo avuto nella vicenda da altri soggetti, non ben

evidenziati ed evocati in responsabilità, non può che concordare con la pronuncia di

condanna e la quantificazione lesiva operata dalla Corte Territoriale che resta,

pertanto, confermata.

Per quanto riguarda, poi, l'ascritto danno da compromissione d'immagine

cagionato dal convenuto alla Regione Veneto in ragione della descritta condotta e per

la diffusione data dalla stampa giornalistica al c.d. scandalo Eurobic, pur non potendo

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convenire il Collegio con la costruzione del danno-evento operata dal Primo

Giudice e rimanendo, pertanto, ancorato sul punto alla tradizionale costruzione del c.d.

danno-conseguenza elaborata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Riunite nella nota

sentenza n. 5668/1997, concorda comunque, sul rilievo dato dalla Corte Regionale,

onde sostenere la pretesa erariale, ai gravi fatti delittuosi, penalmente accertati a carico

dell'attuale appellante che, in quanto lesivi del decoro dell'Amministrazione regionale

alla quale il medesimo era legato da rapporto gestorio contabile, ha comportato, anche

in prospettiva, l'assunzione di costi ai fini della reductio ad integrum della propria

immagine, decoro e prestigio lesi, in violazione e dispregio di precisi obblighi di

servizio.

Invero, anche per il richiamo operato dal Primo Giudice alla nota sentenza n.

10/S.R./Q.M./2003 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti (cfr. infra pag. 43 della

sentenza impugnata) è intuitivo il riferimento all'onere finanziario ed ai costi

aggiuntivi approntandi dalla Regione per il chiarito ripristino, nonché per correggere

gli effetti distorsivi e la diminuzione di potenzialità organizzativa ed operativa indotta

dalla condotta del convenuto.

L’ intuitivo riferimento del Primo Giudice agli indicati costi, oltrechè alle

conseguenze negative in termini di immagine riconducibili alla illecita condotta del

convenuto, appare, poi, sufficiente, ai fini quantificatori del corrispondente danno

onde giustificare il ricorso all'art. 1226 cod. civ. ed a soddisfare l'onere probatorio ivi

imposto con riguardo ad elementi parametrali di una quantificazione equitativa.

Ne segue, anche sotto l'indicato profilo, la conferma della sentenza impugnata,

anche per quanto attiene alla statuizione delle spese del giudizio.

Le spese del presente grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.

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La Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale - definitivamente

pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, respinge l'appello e

conferma la sentenza impugnata in epigrafe.

Le spese del grado seguono con la soccombenza e si liquidano in Euro 337,65

(trecentotrentasette/65)

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10

febbraio 2009.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Davide Morgante f.to Giuseppe David

Depositata in Segreteria il 15/10/2009

LA DIRIGENTE LA SEGRETERIA

f.to Dott.ssa Maria FIORAMONTI