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INTERVISTE Terzo Settore, un soggetto ancora troppo subordinato Intervista a Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna SPECIALE CONVEGNO ROMA - 9 LUGLIO 2012 La tecnologia solidale va in Parlamento Idee, storie, provocazioni dal mondo Profit e Non Profit. Perchè anche la politica può fare la sua parte TESTIMONIANZE a pagina 4 a pagina 7 a pagina 9 Periodico del banco informatico tecnologico e biomedico & Responsabilità Sociale Tecnologia Solidale Anno 1 - Numero 4/5 - periodico - Luglio/agosto 2012 Responsabilità Sociale & Tecnologia Solidale – anno 1 - numero 1 – periodico - Aprile 2012 - Registrazione al Tribunale di Milano al n.124 del 2 marzo 2012 - Direttore Responsabile: Bruno Calchera - Redazione: Ida Cappiello, Marco Taverna - Editore: BITeB Onlus, via Carducci 32 - 20123 Milano, - Stampa: Italgrafica Novara - Presidente: Stefano Sala - Sede operativa: BITeB Onlus, via Tobagi 30 – 20060 Peschiera Borromeo (MI) Siti internet: www.biteb.org, www.tecnologiasolidale.eu , www.techsoup.it - Contatti: [email protected] - Telefono: 02-5530.0873 - Telefax: 02-5530.6025 - Webmaster: Arvea s.r.l., [email protected] Dall’economia del benessere a quella della felicità Intervista a Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica all’Università di Roma Tor Vergata a pagina 5 Sostenibilità è immaginare il futuro Si chiama Vodafone Angel, il telefonino antiviolenza per le donne. E’ già partita la sperimentazione a Roma. Parla Maria Cristina Ferradini, Head of Sustainability & Foundation di Vodafone Italia NOTIZIE DALLA PRATERIA Il Welfare che cambia. Centralità della persona o centralità della famiglia a pagina 9 I regali di Natale si possono fare tutto l’anno L’intervento di Giorgio Bernardini, direttore generale di Experidia Quanta “Gioia” in Madadascar ESPERIENZE Da pagina 15 a pagina 18 Contribuire a colmare il divario digitale Marco Riboli, Vice President e General Manager di Symantec EMEA Southern Region TESTIMONIANZE a pagina 20 www.tespi.net a pagina 12 Dieci PC alla nuova scuola per infermieri di Ambanja. Frequentata da 150 studenti

Responsabilita' sociale e tecnologia solidale n.4-5, anno I, Luglio-Agosto 2012

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Periodico del Banco Informartico Tecnolgogico e Biomedico

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INTERVISTETerzo Settore, un soggetto ancora troppo subordinatoIntervista a Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna

SPECIALE CONVEGNO ROMA - 9 LUGLIO 2012

La tecnologia solidale va

in ParlamentoIdee, storie, provocazioni

dal mondo Profit e Non Profit. Perchè anche la politica può fare la sua parte

TESTIMONIANZE

a pagina 4

a pagina 7

a pagina 9

Periodico del banco informatico tecnologico e biomedico

&Responsabilità Sociale Tecnologia Solidale

Anno 1 - Numero 4/5 - periodico - Luglio/agosto 2012

Responsabilità Sociale & Tecnologia Solidale – anno 1 - numero 1 – periodico - Aprile 2012 - Registrazione al Tribunale di Milano al n.124 del 2 marzo 2012 - Direttore Responsabile: Bruno Calchera - Redazione: Ida Cappiello, Marco Taverna - Editore: BITeB Onlus, via Carducci 32 - 20123 Milano, - Stampa: Italgrafica Novara - Presidente: Stefano Sala - Sede operativa: BITeB Onlus, via Tobagi 30 – 20060 Peschiera Borromeo (MI)

Siti internet: www.biteb.org, www.tecnologiasolidale.eu , www.techsoup.it - Contatti: [email protected] - Telefono: 02-5530.0873 - Telefax: 02-5530.6025 - Webmaster: Arvea s.r.l., [email protected]

Dall’economia del benessere a quella della felicitàIntervista a Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica all’Università di Roma Tor Vergata

a pagina 5

Sostenibilità è immaginare il futuroSi chiama Vodafone Angel, il telefonino antiviolenza per le donne. E’ già partita la sperimentazione a Roma. Parla Maria Cristina Ferradini, Head of Sustainability & Foundation di Vodafone Italia

NOTIZIE DALLA PRATERIA

Il Welfare che cambia. Centralità della persona o centralità

della famigliaa pagina 9

I regali di Natale si possono fare tutto l’annoL’intervento di Giorgio Bernardini, direttore generale di Experidia

Quanta “Gioia” in Madadascar

ESPERIENZE

Da pagina 15 a pagina 18

Contribuire a colmare il divario digitaleMarco Riboli, Vice President e General Manager di Symantec EMEA Southern Region

TESTIMONIANZE a pagina 20

www.tespi.net

a pagina 12

Dieci PC alla nuova scuola per infermieri di Ambanja. Frequentata da 150 studenti

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EDITORIALE

Welfare in caduta libera...Il paracadute della realtà

Bruno Calchera

Responsabilità Sociale & Tecnologia Solidale anno 1 - numero 4/5 – periodico – Luglio/Agosto 2012Registrazione al Tribunale di Milano al n.124 del 2 marzo 2012Stampa: Italgrafica Novara

Direttore Responsabile: Bruno CalcheraRedazione: Ida Cappiello, Marco TavernaHanno collaborato: Leonardo Becchetti, Francesco Benvenuto, Giorgio Bernardini, Antonio Castaldello, Carlo Corti, Paolo Del Poggio, Maria Fasulo, Maria Cristina Ferradini, Chiara Ferrari, Maddalena Frigerio, Paolo Galandra, Pietro Gamba, Elisa Kalaj, Massimo Lorenzi, Massimo Maderna, Agnese Maurizio, Davide Minelli, Marta Pieri, Marco Riboli, Stefano Sala, Angelo Villani, Stefano Zamagni.

Impaginazione, progetto grafico: Edizioni Turbo by Tespi MediagroupWebmaster: Arvea s.r.l., [email protected]: BITeB Onlus, via Carducci 32 - 20123 MilanoPresidente: Stefano SalaSede operativa: BITeB Onlus, via Tobagi 22 – 20068 Peschiera Borromeo (MI)Siti internet: www.biteb.org, www.tecnologiasolidale.eu , www.techsoup.itContatti: [email protected] - Telefono: 02-5530.0873 Telefax: 02- 8715.2909

Questo numero è stato chiuso in redazione il 26 Luglio 2012

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I fatti spiegano sempre meglio come vanno le cose.

E’ inutile fare la filosofia del Welfare sostenibile se poi i fatti tradiscono le grandi intenzioni.

I fatti non sono solo quelli che devono venire, sono quelli che indicano una evidenza.

Qualcosa che c’è. Vi saranno cose imperfette, ma se

non si parte da una verifica dei fatti non è possibile costruire qualche cosa di nuovo che si innesti sul presente. Dai fatti non nasce solo l’ analisi – che sembra carpire le attenzioni di tutti e dare uno spunto di conoscenza del reale – ma emerge l’evi-denza di fattori importanti che fondano anche un positivo da valorizzare. L’ana-lisi si traduce in statistica, l’evidenza di positività in prospettiva di emulazione, di allargamento, di realismo possibile.

I fatti o si guardano, prima di analizzarli per ciò che sono o si perdono per strada, magari proprio nello spezzatino dell’ana-lisi.

LA PRIMA QUESTIONE È: LA SUSSIDIARIETÀ SERVE O NO? Il metodo della vicinanza, della libera

scelta, della cittadinanza che si associa ed interviene per soccorrere al bisogno ha ancora cittadinanza?

Il Terzo Settore sembra voler resiste-re, nonostante la crisi. Il Non Profit però cammina se riconosciuto, se visto come risorsa. L’assistenza sociale e sanitaria, la cura dell’ambiente, l’educazione dei più piccoli sono, per fare alcuni esempi, i terreni fertili in cui la sussidiarietà ha dimostrato di poter essere ciò di cui ha bisogno la società. Anzi ha dato svilup-po al volontariato e ha suscitato azioni che vengono giustamente additate come “buone prassi”.

Ma il principio di sussidiarietà si abbe-vera nella libertà di scelta: libertà di chi opera, libertà di chi sceglie. E’ ampia-mente dimostrato che i suoi costi sono inferiori a quelli della pubblica ammini-strazione e del mercato for profit. Eppure c’è ancora qualcuno, che nostalgico del

controllo sulle azioni della società, pretende di annacquare la bon-

tà della iniziativa dei cittadini. Anzi più tale iniziativa è libera, efficace, più va controllata e supervisionata per essere stru-

mentalizzata a fini di bassa ma-celleria politica.Vi sono esperienze grandi e pic-

cole che fanno cose importanti.Il fatto più eclatante è la presenza di mi-

gliaia di Associazioni scritte sui registri della P.A.: Cooperative O.N.L.U.S, Asso-ciazioni, Fondazioni, ONG che operano all’estero.

Immaginiamo di togliere queste risor-se, cosa resta nella realtà? Non solo un grande bisogno insoddisfatto, ma un senso di vuoto umano che rende la vita irrespirabile.

Vi sono iniziative nate dal solidarismo cristiano e quelle dall’umanesimo socia-lista. Che per lo più cooperano insieme. Sono attività che intervengono sulle fra-gilità umane, sulla famiglia, sull’ambien-te, sulla educazione, sul bene sociale e comune. Quel che si può vedere di que-sto mondo è la testimonianza di bene. Oggi chiamate “buone prassi”.

Il cuore dell’azione è sempre la libertà di operare, pur nel quadro legislativo che deve favorire l’incremento della operosi-tà del Non Profit oltre che regolare.

Alcuni non rinunciano alla libertà tota-le, pur con i vincoli dati dalle leggi con le Linee Guida o di Indirizzo e normalmente vengono emarginati dalla attenzione per un qualsivoglia sostegno finanziario, al-tri invece preferiscono una posizione più cortigiana verso la Pubblica Amministra-zione, divenendo una seconda mano alle dipendenze del potere.

Questi ultimi spesso si capiscono così tanto, e diventano l’uno servo dell’al-tro al punto che rinunciando alla libertà possono garantire servizi ed attività che surrogano palesi assenze nella offerta di servizi pubblici.

Ma come si muove la relazione Ter-zo Settore – Pubblica Amministrazione? Con quali strumenti?

Si sta infiltrando in questi tempi un rin-novato sistema di Centralismo Statale, anche con la scusa della crisi, che dopo aver dimostrato il suo potente fallimento nelle economie dell’Est europeo, si rin-nova, con il volto perbenista, buonista di poteri forti. Dalla Municipalità locale, al Comune, alla Regione. Tutti a fare ban-di e progetti, con tematiche ben chiare e assegnate. Tutti a scrivere progetti e a sperare.

Normalmente si finanziano il 25% dei proponenti.

Non stupiscono più le parole dell’As-sessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano Majorino che in più occasioni e pubblicamente ha mostrato diffidenza per il sistema dell’Accreditamento, in cui il Pubblico riconosce l’utilità sociale di alcune realtà Non Profit dopo averne esaminati i requisiti di base, gli obietti-vi, i servizi e controllato la qualità delle azioni in essere. E’ una battaglia di re-troguardia ideologica la sua che non fa bene a nessuno.

E’ una concezione tipicamente ideolo-gica quella del Centralismo alla Majorino maturata nelle scuole di partito, e adotta-ta acriticamente.

La sussidiarietà senza accreditamento infatti diventa una parola cui è stata tolta l’anima attiva: via la libertà, via il prota-

• Il Progettificio non valorizza la li-bertà, ma la dipendenza verso chi co-manda: è il sistema con cui si veico-lano risorse economiche pubbliche o private.

• Regimi fiscali rigidi: sono lo stru-mento di controllo per impedire fu-ghe in avanti della iniziativa solidale ( es. l’impresa sociale non decolla … chissà perché?).

• La Coprogettazione: è il modello per far fare alla Non Profit quello che l’Ente pubblico ha bisogno e non può fare per problemi suoi.

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gonismo dei cittadini, resta solo un decen-tramento di compiti che un Ente superiore impone a quello inferiore.

Anche il Governo Monti eccelle in pau-ra delle libertà per il Terzo Settore. Infatti la parola sussidiarietà non compare quasi mai nelle politiche di welfare. Di più: non compare, se non marginalmente, nemme-no il Terzo Settore.

Ci sono i volontari … quelli che non co-stano nulla e basta!

LA SECONDA QUESTIONE È: QUALE SVILUPPO?La centralità di riferimento dello svilup-

po va ben identificata. E’ la persona? E’ la famiglia? E’ lo Stato? Se si deve sviluppa-re l’economia allora essa è a servizio della Persona, della Famiglia, dei corpi sociali liberi, degli artigiani, delle imprese, ecc ...

Dalla politica è ben difficile che giunga una risposta complessa, che tenga conto di tutti i fattori in gioco. Il welfare resta imbrigliato nella esigenza di bilancio da una parte e nella contrattazione sindaca-le dall’altra (qui il Non Profit è assente in modo assoluto!).

E’ come se si “cercasse un rinnovamen-to senza una idea chiara di cosa importa di più”, di “cosa viene prima e che cosa è necessario”.

E’ la paradossale antinomia ad esempio tra l’esigenza abitativa della popolazione, di quartieri rimessi a nuovo, di case po-polari, di mattone insomma e di verde, o il rispetto dell’ambiente, con esigenza di strade e le città ferme vuote e tutti in bici … Antinomia tra strade e ferrovie e intan-gibilità di territori. Energia a basso costo e basso costo ambientale.

Ma la contradditorietà delle esigenze è proprio la sfida dello sviluppo. L’elenco delle priorità non può che essere di senso, di approccio, di qualità degli investimenti per una idea sociale a misura d’uomo e di sacrifici per tale obiettivo.

Così affermare che la priorità è il creare una società aperta, viva per le nuove gene-razioni, significa che si ha una chiara con-sapevolezza del senso della parola educa-zione. Che il welfare centrato sulla persona vive innanzi tutto di libertà, che è la carat-teristica originale che fa scaturire ogni al-tra spinta alla novità e al cambiamento.

Ne discende che il modello di sviluppo non è un affare di strategie e di strutture.

Aiutare le fragilità ad esempio, prima che un problema di struttura, è uno sguardo, una azione che privilegia la spinta di condi-visione della realtà che ogni persona, edu-cata al vivere sociale e positivo, riconosce come urgente. Il welfare non si abbevera nel consumismo, e tanto meno nello strut-turalismo. Lo Stato non è chi provvede. Ma chi offre alla società il terreno di aiuto.

Questo non è un tema etico, ma morale.

Quindi, il BITeB che fa?Il Banco Informatico opera contro lo spreco. Non è una grande idea origina-le. Lo diventa in una società dimentica del valore delle cose. Suscita riflessione la Responsabilità Sociale quando questa non è solo una buona teaoria/pratica per dare aiuti “una tantum”, un po’ come il 5x1000. E’ invece una consapevole decisione che il bene aziendale, che la ricchezza ha va-lore perché incrementa l’umano sapere, l’umano vivere, di tutti. E’ un valore so-ciale non inquadrabile nel bilancio, ma che è il terreno che fa capire lo sviluppo del bilancio di anno in anno.E’ la stessa realtà che mostra le con-traddizioni nella programmazione dello sviluppo, quando vuole domare la con-tradditorietà sopra citata, mentre essa è insita nel problema. Si opera perché ogni esigenza di realizzazione della persona sia sostenuta. Non l’una a scapito dell’al-tra. Più che consulenti specialistici, oc-corre una visione, una mentalità che trae le mosse dalla spinta ideale che viene da fuori, da altro.Gli ospedali non sono venuti fuori come funghi, o dalla idea di qualche creativo. E’ stato il cristianesimo e la attenzione all’uomo che hanno generato come cosa necessaria l’apertura di un ospedale per la cura delle persone. La malattia non si poteva curare a casa, mentre un uso diffuso delle scoperte che si facevano, un uso per tutti coloro che avevano bisogno, ha reso la scienza pa-trimonio sociale, e il luogo, l’ospedale appunto, luogo deputato a curare i ma-lanni fisici della persona.Oggi ad esempio il Non Profit intervie-ne per sostenere i bisogni. Interviene nella Sanità, nella Assistenza Sociale, nell’Educazione, e lo fa leggendo situa-zioni e dando soluzioni.Trattandosi di azioni che nascono dalla libera iniziativa di persone dovrebbero suscitare almeno curiosità. Eppure i solo-ni dell’economia non lo considerano. Che Madre Teresa in India sia intervenuta nel sostegno a poveri bisognosi, non anima lo Stato ad incoraggiare altre esperienze analoghe. Che Il Banco offra una seconda vita alle cose tecnologiche sembra quasi un cattivo servizio nella corsa ai consumi, che misurano, nelle statistiche ufficiali, il benessere diffuso.Potrebbe esserci un’altra analisi, che tie-ne conto di cosa e di quanto si salva dallo spreco e che questo fa crescere la società. Ma chi farà una analisi così complessa? Certo lo stato non sembra interessato ad approfondire l’argomento, e il mercato è orientato al nuovo, sempre più nuovo.Come se il telefono dell’ultima genera-zione potesse migliorare la vita. Certo qualche cosa di buono lo fa, ma ciò che si butta è così tanto inutile?

Ma Il BITeB è una proposta culturale nella società che cresce.Prima di essere una proposta di vantaggi economici il BITeB avanza una idea, che in molti settori dell’economia solidale ha preso piede nella attuale situazione di crisi, ma che diventa immediatamen-te culturale perché vale sempre. Anche quando le cose vanno bene.Si tratta di dare una seconda vita alle cose che funzionano. Non buttare via senza aver verificato la bontà del prodotto, e in modo particola-re ciò vale per il prodotto tecnologico. E’ una mentalità che può rinnovarsi ricono-scendo l’utilità di beni che prima di esse-re dismessi possono essere utili in situa-zioni nuove.Non si tratta soltanto di contrastare lo spreco da qualunque parte esso viene, ma di porre in essere una realtà organiz-zata che curi la Responsabilità Sociale di ogni azienda, di ogni Ente pubblico e pri-vato. Sembra ridicolo un pensiero sulle cose da non buttare, davanti al grande dibat-tito sull’Euro, sui cambiamenti dell’Euro-pa, sulla strategia dello sviluppo econo-mico in un clima di recessione generale. Ma è in questo clima che il BITeB avanza una proposta che è fatta di volontariato attivo, di reti solidali, di sviluppo sosteni-bile, di inclusione e condivisione, di cura del bene comune.Non serve un mercato libero senza sus-sidiarietà, senza solidale condivisione, senza attenzione alla persona, al mondo associativo.Il progetto TechSoup Global è lì a dimo-strare che le multinazionali un po’ illumi-nate, attente ai bisogni, possono essere anche creative immaginando un soste-gno al Non Profit in modo perfettamente sussidiario. Aiutando, nella libertà, chi opera con uno slancio sociale.Lo sviluppo per il Terzo Settore è tutto racchiuso nella parola opportunità e pos-sibilità.Non si inventano la sussidiarietà e lo svi-luppo: occorre che i soggetti attivi offra-no possibilità differenziate, leggano la realtà, vero paracadute delle riforme, e determinino vie diverse per soggetti di-versi. Può essere faticoso. Come è più fatico-so ridurre la spesa non attraverso tagli lineari. Ma la personalizzazione richiede una attenzione non solo clusterizzabile in macro categoria, e una flessibilità tale da giungere all’individuo. Sarebbe il massi-mo che ciascuno potesse riconoscere di essere stato capito, tutelato e valorizzato nella propria situazione personale. E’ la centralità della persona, soggetti associati che richiede questo sacrificio e questa fatica di lettura. E’ la centralità che da principio si fa realtà.

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Bruno Calchera

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012INTERVISTA

Terzo Settore, un soggetto ancora troppo subordinato

Intervista a Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna

Stefano Zamagni è uno dei massimi esperti italiani di Non Profit, ha pubblicato moltissimi libri sul tema ed è stato Presiden-te dell’Agenzia per le Onlus. A lui poniamo alcune domande sullo stato dell’arte del “Not For Profit” italiano.

Come vede il futuro del Terzo Settore?

Penso che si trovi a un bivio: o continuare a essere, per così dire, una stampella del settore pubbli-co, erogando in sua vece i servi-zi alla persona tipici del welfare state, oppure smarcarsi da questo stato di subordinazione e diven-tare un soggetto economico au-tonomo, sia dallo Stato che dalle grandi imprese profit. Ovvio che io auspico la seconda ipotesi.

Perché parla di subordinazione? Non è un po’ penalizzante defini-re così il ruolo svolto da tante im-prese sociali in questi anni?

Il Non Profit ha lavorato con grande impegno e ottimi risul-tati in sostituzione dello Stato. Ma è stata, nella maggior parte dei casi, una gestione sottomes-sa, senza progettualità e senza un’anima critica nei confronti del modello che veniva imposto. Ha notato che in questi anni di crisi il Terzo Settore non ha elaborato un’analisi critica, una proposta di soluzione? Non lo ha fatto perché essendo rimasto un soggetto su-bordinato, non ha avuto l’occa-sione di sviluppare un suo pro-prio pensiero pensante.

A chi fa comodo questa situa-zione?

Al pubblico evidentemente fa comodo, non c’è da spiegarlo: un esecutore sottomesso è molto più gestibile di un partner autonomo e propositivo. Però fa comodo an-che al Non Profit, salvo poche ec-cezioni: la libertà, l’indipendenza, tutti la chiedono, pochi l’amano davvero. In tutti i campi, rischiare in proprio, rinunciare alle sicurez-ze, fa paura.

Secondo Lei come si potrebbe cambiare questa cultura che ap-piattisce?

Ad esempio bisogna cambiare la legge sugli appalti pubblici. Oggi le gare premiano il prezzo più basso per una qualità data, un criterio che se certamente vale per le merci standardizzate non può certo esserlo per i servizi alla persona. Bisogna allora pas-sare alle gare al massimo rialzo: per un costo dato, l’ente pubblico affida la gestione del servizio al soggetto che dimostra di assicu-rare la massima qualità tacita. E’ così che si incentiva la creatività

e l’innovazione. In questo modo si troverebbero molte più risorse finanziarie al di fuori del pubbli-co, che ormai non ”paga” più.

Quindi l’impresa sociale dovrà imparare a sostenersi da sola, stando sul mercato? Sarà possi-bile?

Sì, penso che la via dell’indi-pendenza non abbia alternative. Naturalmente questo sarà possi-bile se nasceranno anche in Ita-lia strumenti finanziari specifici per lo sviluppo del Terzo Settore, come le obbligazioni a impatto sociale, già esistenti nel mondo anglosassone e il social equity. Non è vero che in Italia mancano le risorse finanziarie per il Terzo settore: mancano piuttosto gli strumenti per mobilitarle. Aspet-tiamo che il governo ci pensi e faccia qualcosa, come già avreb-be dovuto fare.

Parliamo dell’Agenzia per le On-lus. Come vede il suo nuovo as-setto all’interno del Ministero del Welfare?

Ritengo che la chiusura dell’Agenzia sia stata un erro-re, seppure commesso in buona fede, con l’intento di risparmiare. Innanzitutto, non si risparmia nul-la come ho potuto dimostrare. Si tratta solo di un trasferimento di spesa pubblica dal livello locale a quello centrale. In secondo luogo, il Consiglio dell’Agenzia – compo-sto dai massimi esperti del setto-re – ha lavorato indefessamente in modo gratuito negli ultimi due anni e avrebbe continuato a farlo. Ma il fatto veramente grave è il segnale che in questo modo è ar-rivato al mondo Non Profit: l’idea che esso non si meriti un’agenzia indipendente, un soggetto “ter-zo” rispetto alla pubblica ammi-nistrazione. L’Agenzia ha sempre

svolto un ruolo di mediazione ri-spetto alle controversie pubblico-privato, chi lo svolgerà adesso? Una delle parti in causa? Io sono certo che l’Agenzia sarà ricostitu-ita, ma rafforzata, entro un anno, e parecchi membri del Governo la pensano come me.

Che cosa dovrà cambiare nella nuova Agenzia, ovunque sarà col-locata?

Le cose più importanti sono due: primo, dovrà avere poteri di ispezione. Questi poteri li ha oggi la Guardia di Finanza, ma solo per i controlli fiscali, non per control-lare la governance e la gestione, punti questi di straordinaria im-portanza: basti pensare alla verifi-ca del requisito di democraticità. Secondo, i poteri di sanzione am-ministrativa, senza i quali, in ogni campo, i controlli diventano facile retorica.

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Stefano Zamagni

www.biteb.org

Il Non Profit ha lavorato con grande impegno e ottimi risultati in

sostituzione dello Stato.Ma è stata,

nella maggior parte dei casi, una gestione

sottomessa, senza progettualità e senza

un’anima critica nei confronti del modello

che veniva imposto. E’ rimasto un soggetto

subordinato, non ha avuto l’occasione di sviluppare

un proprio pensiero pensante.

Non è vero che in Italia mancano le risorse

finanziarie per il Terzo Settore. Mancano piuttosto

gli strumenti per mobilitarle.

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012 INTERVISTA

Leonardo Becchetti si occupa, da molto tempo, di economia sociale ed è considerato il teorico italiano di quella che viene definita: “economia della felicità”. La prima domanda è quindi d’obbligo.

Come è nato in Lei l’interesse per l’econo-mia della felicità?

Deriva dalle mie convinzioni sul ruolo dell’economia nella società. Secondo me, l’economista non è un freddo osservatore del-la realtà, ma è come un medico, chiamato a impegnarsi perché le persone vivano meglio, consigliando i governi sulle misure da prende-re per risolvere i problemi sociali, ma anche promuovendo tra i cittadini comportamenti che cambino la società in meglio.

Il suo ultimo libro, “Il mercato siamo noi”, esprime questa convinzione? Ce ne parli.

Sì, il titolo è certamente illuminante. I cit-tadini - consumatori e risparmiatori - devono prendere coscienza di poter influenzare le im-prese con i propri comportamenti, se sono in tanti. In questo senso, tra l’altro, la condivi-sione sul web è di grande aiuto. Se si sceglie un prodotto anche in base al suo contenuto etico non si fa solo bene a se stessi e ai propri familiari, ma anche alla collettività, perché le aziende, o le banche, tenderanno a modificare i propri prodotti e servizi nella stessa direzione virtuosa.

Spesso però questi prodotti sono più costo-si.

Innanzitutto, non é sempre così. Nel caso del caffè e delle banane, ad esempio, i prodotti del commercio equo e solidale hanno un prezzo quasi uguale a quelli standard, la differenza è veramente minima. Nel Regno Unito le bana-ne hanno raggiuto una quota di mercato del 30 per cento. Nei fondi di investimento, poi, i costi dei prodotti sono allineati alla media e spesso i rendimenti sono addirittura più ele-vati, soprattutto nei periodi di instabilità fi-nanziaria, perché questi fondi investono in aziende meno rischiose e hanno quindi subito minori perdite. In ogni caso, recenti indagini ci dicono che molti consumatori sono disposti a spendere qualcosa in più, perché sono soldi che tornano in salute, basta pensare al rispet-to dell’ambiente.

Parlando di finanza, i disastri sono venuti proprio da lì. Nel suo libro dà indicazioni per cambiare rotta?

Certo, propongo una riforma della finanza che la riporti al suo ruolo originario, al servizio dell’economia reale. I paletti sono tre: primo, la tassa sulle transazioni finanziarie, sulla qua-le ha una proposta forte l’Unione Europea. Tas-sando le transazioni, si metterebbe un freno alle migliaia di operazioni cosiddette“cieche” fatte in automatico, nel giro di pochi secon-di, oggi diffusissime, che sono speculazione pura e non hanno nessun collegamento con l’attività economica. Secondo, la separazione tra banche commerciali e speculative; terzo, la regolamentazione dei derivati, vietando la compravendita senza il sottostante, cioè sen-za un reale scambio di merci. I derivati infatti erano nati per assicurarsi contro i rischi legati alle oscillazioni dei prezzi delle merci (prodotti agricoli ad esempio), o dei cambi, nei contratti internazionali. Oggi invece sono soltanto spe-

culazione. Spero che sarà l’Europa comunita-ria a prendere l’iniziativa, i segnali ci sono già.

Torniamo alle aziende. Secondo lei quindi la spinta alla responsabilità sociale deve venire dal basso?

Certo, le aziende devono “comportarsi bene” perché il mercato lo richiede, altrimenti sono operazioni di facciata.

Dunque alla fine la CSR ha senso solo se por-ta all’impresa un vantaggio economico misu-rabile?

Attenzione se intendiamo il profitto agli azio-nisti, magari di breve periodo, non è così. Ma se intendiamo lo sviluppo equilibrato dell’im-presa, la sua solidità, allora il legame c’è, ma è anche garantito, perché un’impresa responsa-bile acquisisce una buona reputazione e quindi sarà scelta da un mercato sempre più ampio. Sui costi può addirittura risparmiare: in minori cause legali, ad esempio, oppure per il mag-giore entusiasmo dei lavoratori, che diventano più produttivi, o ancora risparmiando energia.

Non pensa che si potrebbe fare di più per in-formare i cittadini-consumatori sul comporta-mento delle imprese responsabili? Campagne di comunicazione, ad esempio?

Certo, la comunicazione è fondamentale. Le voglio citare il progetto Geofairtrade promos-so dall’Unione Europea: svilupperà un’appli-cazione web per gli smartphone che permet-terà ai consumatori di informarsi sull’eticità di un prodotto mentre sono in giro a fare la spesa o gli acquisti.

Domanda finale: come vede il futuro delle economie industrializzate?

Penso che la crisi si supererà con la coope-razione, le relazioni, le reti. Dalla condivisione dell’automobile alle reti tra imprese, su tutti i piani bisognerà lavorare sulle relazioni, cre-ando valore e benessere per le persone. La “mano invisibile”, che dovrebbe creare be-nessere a partire da comportamenti egoistici, secondo me non esiste.

Dall’economia del benessere a quella della felicità

Intervista a Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica all’Università di Roma Tor Vergata

Leonardo Becchetti

I cittadini-consumatori e risparmiatori

devono prendere coscienza

di poter influenzare le imprese con i propri

comportamenti, se sono in tanti. Dalla condivisione

dell’automobile alle reti tra imprese,

su tutti i piani bisognerà lavorare

sulle relazioni, creando valore e benessere

per le persone. La “mano

invisibile”, che dovrebbe creare benessere

a partire da comportamenti egoistici,

secondo me non esiste.

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012

Chi lo avrebbe mai detto nel 2003 quando nac-que l’idea del BITeB che, a meno di dieci anni dalla nascita, questa idea sarebbe diventata un punto di riferimento per le aziende italiane nel-la dismissione di apparecchiature tecnologiche e, per il mondo del Non Profit, la possibilità ac-cedere a tecnologie altrimenti impensabili per l’elevato costo?

Quali sono stati i fattori che hanno permesso ad uno spunto di “carità” di diventare un’ope-ra Non Profit con oltre 20 collaboratori, 200 volontari, 1.500 Non Profit accreditate, 3000 associazioni che hanno ricevuto tecnologia e oltre 20.000 apparecchiature donate in questi dieci anni con un risparmio di oltre 10 Milioni di Euro?

La risposta è semplice: abbiamo semplice-mente seguito l’intuizione iniziale e abbiamo accettato la sfida delle circostanze; abbiamo anche accettato la sfida che un’opera di carità, perché possa veramente rispondere ai bisogni, debba acquisire un metodo di gestione profes-sionale, proprio come un’azienda Profit! Sen-za professionalità nella gestione infatti anche la spinta generosa iniziale tende a spegnersi e, soprattutto, non si danno risposte adeguate ai nostri clienti: ebbene sì ci piace chiamarle così le nostre associazioni, anche se ricevono gratu-itamente i beni dismessi del BITeB.

Ma cosa vuol dire veramente per noi e per le associazioni che serviamo organizzarsi in modo professionale?

Ecco alcuni spunti che stanno rendendo grande il BITeB e, secondo me, possono con-tribuire a far crescere anche le opere Non Profit che serviamo tutti i giorni:

a) Una governance chiara: di chi è un’opera di carità? chi sono i soci? chi invece la gesti-sce? Queste sono solo alcune delle domande fondamentali che una qualunque organizzazio-ne, Profit o Non Profit (ma per il Non Profit è più spesso ambiguo) deve porsi. Altrimenti presto o tardi i nodi vengono al pettine. Finché le cose vanno bene infatti, tutto fila liscio ma quando, ad esempio, occorre immettere nuovo capitale nell’associazione per coprire passivi di bilancio oppure occorre rilasciare una fideiussione per accedere ad un finanziamento pubblico, è diffi-cile trovare chi si prende le sue responsabilità. E questo dipende appunto dalla non chiarezza sui rispettivi ruoli all’interno dell’organizzazio-ne.

b) Un’organizzazione professionale: quando l’opera di carità assume le dimensioni tali da avere necessità di dotarsi di una struttura or-ganizzativa, inevitabilmente occorre seguire le “regole” aziendali: obiettivi chiari ed esplicitati, mansioni dettagliate, obiettivi quantificabili da raggiungere, parti variabili di remunerazione legati agli obiettivi, procedure e processi orga-nizzativi sistematici. Attenzione: organizzazio-ne non è sinonimo di burocrazia, i veri nemici

di un’organizzazione Non Profit sono frasi del tipo: “faccio io che faccio prima”, “io i report non li faccio”, “sono qui gratis e devo anche seguire una procedura?”. Io credo che il mon-do del Non Profit italiano se vuole veramente crescere deve cominciare ad affrontare seria-mente questi temi e non deve scandalizzarsi di “copiare” qualche “best practise” dal mondo Profit.

c) Focus sui clienti: il BITeB “dona” ogni gior-no alle organizzazioni Non Profit attrezzature e beni dismessi dalle aziende Profit. Il fatto che i beni vengano donati non significa che il BITeB non risponda ad un bisogno ben identificato. Quindi le associazioni che noi serviamo sono clienti: e come tali vanno trattati. Campagne di marketing ben segmentate, orientamento alla soddisfazione dei clienti, risposte telefoniche pronte e professionali, tempi di consegna ben monitorati, service level agreement da rag-giungere, customer satisfaction da misurare.. etc.. Se si vuole capire come si sta lavorando c’è qualcuno che spesso è ansioso di dircelo: il nostro cliente. Ma dobbiamo chiederglielo e non aver paura delle sue risposte: ci aiuterà a migliorare!

d) Investimenti in tecnologia: è forse il pun-to più dolente del Non Profit italiano. Ancora troppo in Italia Non Profit è sinonimo solo di puro volontariato quasi come se la tecnologia disturbasse questa attività. La nostra esperien-za di tutti i giorni, invece, mostra come l’utilizzo della tecnologia è spesso un fattore di crescita non solo per l‘opera in sé ma anche per tutti i volontari che nelle stesse unità di tempo che mettono a disposizione possono fare molte più attività o concentrarsi su quelle a maggior va-lore aggiunto. Constatiamo tutti i giorni come le opere Non Profit che accettano la sfida del-la tecnologia riescono, ad esempio, a costruire dei file condivisi fra più sedi locali dove poter condividere informazioni sull’andamento dei progetti oppure possono impostare un CRM (data base di marketing) dove poter “schedare” i propri clienti o i propri beneficiari ed imposta-re così serie ed economiche politiche di fund raising. Per non parlare poi di quanto l’utilizzo della tecnologia possa ad esempio cambiare le modalità di lavoro dei volontari permettendo loro di imparare qualcosa di nuovo, magari a settant’anni!

È vero c’è tanta strada da fare. Ma percor-rerla è veramente interessante e non mancano anche centinaia di esempi di opere, piccole e grandi che attraverso l’utilizzo della tecnologia hanno fatto un salto di qualità. Vi propongo un viaggio interessante: www.biteb.org e trovere-te esempi e testimonianze di come migliorare la gestione della Vostra opera Non Profit. E ve-drete anche come questa piccola realtà è sbar-cata anche alla Camera dei Deputati!

Buon viaggio!

EDITORIALE

Il BITeB oggi: quali prospettive?Governance chiara, organizzazione professionale, focus sui clienti, investimenti in tecnologia: sono i quattro “pilastri” sui quali deve poggiare lo sviluppo di un’attività Non Profit.Quando diventa sistematica. E supera l’iniziale provvisorietà

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Stefano Sala, 45 anni sposato con tre figli, è Presidente del BITeB fin dalla sua fondazione, oltre a essere uno dei soci e Amministratore Delegato del gruppo Per spa, società leader in Italia nel settore della bonifica e del recupero di beni e fabbricati dopo disastri naturali con oltre 15 M di fattu-rato e 120 collaboratori. Dal giugno 2012 è anche Vice Presidente della Compagnia delle Opere di Milano.

www.biteb.org

Stefano Sala

Stefano Sala

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Vodafone Italia avverte una re-sponsabilità che va oltre l’essere semplicemente impresa: sosteni-bilità è capacità di immaginare e costruire il futuro.

Coerentemente con la propria fi-losofia e con i valori di Gruppo, at-tua iniziative volte ad affrontare le emergenze sociali e a supportare le categorie più deboli o svantaggia-te mettendo la propria tecnologia al servizio di importanti progetti di intervento sociale promossi da Onlus, Fondazioni e Associazioni Non Profit. Nel 2002 l’azienda ha costituito la Fondazione Vodafo-ne, allo scopo di dedicare energie e risorse per contribuire a ridurre le disuguaglianze e le sofferenze in risposta alla crisi del welfare. A partire dal 2010 l’azienda ha rivisto la propria strategia di sostenibilità, creando il dipartimento di Sosteni-bilità e Fondazione.

Il percorso ha portato all’identifi-cazione di alcune aree considerate rilevanti per l’azienda e gli stake-holder di riferimento: l’evoluzione della tecnologia, le nuove frontie-re della comunicazione digitale e l’aumentato interesse sul tema dell’uso responsabile e consape-vole delle tecnologie, hanno porta-to l’azienda a decidere per i pros-simi anni di focalizzarsi sul Digital Divide, sia culturale che geografi-co.

La Sostenibilità e la Fondazione Vodafone si muovono in questa direzione, verso l’inclusione tec-nologica, per superare il digital di-vide intrinseco nei disagi sociali ( mobile for good e mobile for social ), in particolare mediante tecnolo-gie rivolte ai minori, agli anziani e apps destinate a cambiare il modo di vivere dell’intera comunità.

Nell’ultimo anno la Fondazione Vodafone Italia ha interagito più strettamente che in passato con l’azienda e il suo business uti-lizzando la tecnologia mobile al servizio del sociale e delle realtà da essa finanziate. Un esempio, per noi molto importante, e’ dato da Vodafone Angel: il dispositivo che permette di allertare le forze dell’ordine e, tramite geolocalizza-zione, di intervenire in modo tem-pestivo in aiuto alle vittime di stal-king. Fondazione Vodafone Italia e il Ministero dell’Interno mettono a disposizione questo strumento per dare aiuto alle donne vittime di violenza, in modo da poter rag-giungere una potenziale diffusione per 2.000 casi in Italia. E’ in corso la fase di sperimentazione di Vodafo-ne Angel a Roma su un campione

di donne ad alto rischio di violenza segnalate da Fondazione Pangea, in collaborazione con la Questu-ra di Roma per l’azione di pronto intervento. Vodafone Angel, e’ un servizio fornito attraverso un sem-plice telefono cellulare, per garan-tire il massimo della riservatezza. Il dispositivo attiva, contestualmen-te all’allerta, una registrazione au-dio dell’aggressione, in modo da poter costituire materiale probato-rio per eventuali successive inda-gini. Andiamo molto fieri di questo progetto di riconosciuto successo, che ha anche recentemente vinto il premio Bellisario per il Germoglio d’oro. Vodafone Angel è un esem-pio emblematico ed apprezzato delle potenzialità sociali della tele-fonia mobile che fa parte di un più ampio impegno nella ricerca, nel-la sperimentazione e nell’applica-zione dei più moderni sistemi per migliorare la vita delle persone. La Fondazione Vodafone Italia, che quest’anno giunge al suo decimo anno di attività, negli anni 2002-2012 ha finanziato 352 progetti, per un totale di 60,7 milioni di euro (al 31 marzo 2012). Il coinvolgimento dei clienti nelle attività della Fon-dazione e’ stato raggiunto grazie al nuovo programma “Ricarica In-sieme”: il primo esempio concreto di come l’azienda e la Fondazione possano lavorare insieme in modo sinergico e fruttuoso, di come sia possibile coinvolgere i clienti nel-le scelte più strategiche e di come questi contribuiscano volontaria-mente ai progetti. In concreto, si tratta di un nuovo taglio di ricari-ca da 20, di cui 19€ di traffico e 1€ di donazione a favore di un pro-getto per la cura dei giovani e dei bambini. In un’ottica di “matching grant”, per ogni euro donato dai clienti, la Fondazione ne aggiun-ge un altro, raddoppiando così il valore della donazione effettuata dal cliente. Per favorire la parte-cipazione e il coinvolgimento, a distanza di un mese dall’acquisto della ricarica, ogni cliente riceve un aggiornamento sullo stato della raccolta fondi. In meno di un anno sono stati raccolti oltre 4 milioni di euro per la cura dei bambini con il matching grant di Fondazione e puntiamo ad arrivare a 5 milio-ni per la conclusione della prima fase. Intanto, grazie al grande suc-cesso dell’iniziativa, che ha supe-rato di gran lunga le nostre aspet-tative, la raccolta fondi continua e il programma ripartirà ad ottobre con nuove realtà associative finan-ziate.

Sostenibilità è immaginare il futuro

TESTIMONIANZE

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Si chiama Vodafone Angel, il telefonino antiviolenza per le donne. E’ già partita la sperimentazione a Roma. Parla Maria Cristina Ferradini, Head of Sustainability & Foundation di Vodafone Italia

www.biteb.org

Maria Cristina Ferradini

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Experidia è una società di consulenza e assistenza informatica di Milano fondata nel 2003 ed è composta di una decina di profes-sionisti specializzati in vari ambiti dell’Infor-mation Technology. La squadra di “Experidia-ni”, come amiamo chiamarci a testimonianza della forte coesione tra di noi, si occupa sotto la mia guida di progettazione, assistenza e messa in opera di sistemi informativi, suppor-tando le aziende nella formazione e gestione dei reparti IT - dall’help desk Management alla consulenza di direzione - affiancando le aziende nella pianificazione delle attività IT, fornendo consulenza e assistenza diretta dalla progettazione del cablaggio strutturato alla messa in sicurezza dei sistemi informativi passando per la pianificazione dei budget IT.

Ogni anno, tra ottobre e dicembre, ci sono due scadenze ricorrenti che impegnano i pensieri miei e dei miei collaboratori: aiuta-re i clienti a pianificare la dismissione degli asset IT che dovranno essere sostituiti nel corso dell’anno successivo è il primo dei ‘mal di testa’. Lo scorso Dicembre coincideva con un periodo particolarmente denso di attivi-tà in tal senso. Una delle nostre squadre in particolare si stava proprio occupando di una massiva sostituzione di PC presso un cliente internazionale: una trentina di computer da sostituire e oltre cento da installare ex-novo. “Ma i computer sostituiti dove vanno butta-ti?” o “Chi possiamo chiamare per smaltirli?” sono le domande che spesso vengono rivolte a me e ai miei collaboratori.

La dismissione di computer, come di altre apparecchiature elettroniche, è uno degli in-cubi ricorrenti delle grandi aziende. Dover spendere soldi ed energie per smaltire qual-cosa è un concetto che si fa fatica a digeri-re, si sa, a maggior ragione quando queste macchine sono ancora funzionanti. I PC rotti sono spesso cannibalizzati dai tecnici per re-cuperarne i pezzi di ricambio e per ripararne altri ma la maggior parte delle volte si usa la strada più semplice che consiste nello stipa-re i vecchi computer in polverose cantine. E’ noto, infatti, che i computer, come i monitor e le altre apparecchiature debbano essere smaltiti con trattamento speciale, con tutto ciò che questo comporta dal punto di vista burocratico, organizzativo ed economico. Una vera seccatura per i CIO e gli IT Manager Italiani, che, di fatto, preferiscono rimandare il problema.

L’altro impegno di Experidia tipico di quel periodo dell’anno, come per tante altre azien-de aduse a questa pratica, è il pensiero dei re-gali di Natale a collaboratori, clienti e partner. Per diversi anni abbiamo contribuito a soste-nere le cause di questa o quella Onlus, con scelte per lo più casuali o dettate dall’istinto, appagando il desiderio mio e dei miei soci nel contribuire all’impegno sociale ma senza un coinvolgimento diretto. Ed è proprio grazie a questo curioso binomio regali di Natale / Smaltimento PC che siamo venuti a contatto con il BITeB e la loro opera. Tutto nasce da un’idea regalo: perché non regalare ai nostri clienti il modo per non dover smaltire i com-puter ancora funzionanti che rischiano di oc-cupare scaffali polverosi nelle cantine, per di più con quello che costa lo spazio?

Cercando sul web gli unici risultati erano “Ritiri computer usati”, “Rigenerazioni com-

puter” e varianti sul tema: piccole aziende o trovarobe tecnologici che non fanno altro che farsi pagare per ritirare i computer ma non era però questo quello che cercavamo. La vera quadratura del cerchio c’è stata quando ci siamo imbattuti sul sito del Banco Informa-tico, Tecnologico e Biomedico e già leggendo i primi titoli e gli articoli, avevamo capito di aver trovato il giusto partner per questa im-presa. Dopo una prima telefonata conoscitiva ho fissato un appuntamento con il responsa-bile per i rapporti con le aziende del BITeB, il dott. Paolo Galandra, che ci è venuto a trova-re e con il quale abbiamo entusiasticamente condiviso e affinato la nostra idea. In un pri-mo momento abbiamo anticipato il progetto con gli auguri Natalizi, destando da subito l’attenzione dei nostri clienti.

Nei mesi successivi, insieme a tutti i con-sulenti di Experidia abbiamo fatto attività di “evangelizzazione” del progetto ai referenti presso i vari clienti. Il riscontro è stato fin da subito positivo. Due importanti multinaziona-li hanno aderito immediatamente mettendo a disposizione tra le due una cinquantina di computer funzionanti. Dopo una breve piani-ficazione con i reparti IT interni ai clienti, stila-te le procedure che potessero soddisfare i re-quisiti di sicurezza in materia di cancellazione dei dati presenti su i vari PC, gli Experidiani hanno dato il proprio contributo al progetto gestendo presso la sede dei clienti tutte le attività di verifica e di funzionamento, occu-pandosi della cancellazione dati, della dece-spitazione e infine della consegna, liberando i propri clienti da questa incombenza - “una manna dal cielo, altro che regalo!” - è stato il commento dell’AD di una delle due aziende clienti coinvolte. Una bella soddisfazione, c’è da credermi sulla parola. Nel contempo i re-sponsabili del BITeB sono stati direttamente presentati ai clienti che hanno aderito, dando a tutto il progetto una forma istituzionale e coinvolgente per tutti gli attori partecipi.

Eravamo davvero felici quando abbiamo consegnato i primi computer. Tanto più se si pensa che quelle macchine fossero destinate a prendere polvere in qualche cantina o “al macero”. Con un piccolo contributo di tutti gli interessati si è potuto ottenere tantissimo. Noi abbiamo fatto un regalo vero, in linea con il nostro mondo, con la nostra missione e con i nostri principi. Il Banco gli ha distribuiti se-condo le necessità dei progetti in essere i no-stri clienti erano entusiasti nel poter riportare ai propri capi di aver potuto prendere due pic-cioni con una fava: liberare i propri scaffali e nel contempo aver contribuito al processo di alfabetizzazione informatica dei meno fortu-nati.

Come si suole dire: se sono tutti contenti è un buon affare! Vorremmo poter fare di più, lavorando per allargare le adesioni, coinvol-gendo anche le aziende amiche con cui col-laboriamo, nella speranza che diventino an-che loro “ambasciatori” di questa idea nella coscienza che non si deve necessariamente spendere del denaro per far del bene, basta solo un po’ di buona volontà. I regali di Natale si possono fare tutto l’anno.

Giorgio Bernardini, Direttore Generale e socio fondatore di Experidia Srl

I regali di Natale si possono fare tutto l’anno

TESTIMONIANZE

L’intervento di Giorgio Bernardini , direttore generale di Experidia

Al forum del Terzo Settore lombardo si è discus-so del passaggio da “centralità della famiglia” nel nuovo welfare e”centralità della persona”.

E’ un passo deciso verso la smobilitazione della famiglia come nucleo della prima socialità umana.

La crisi della famiglia, della natalità, il boom dei divorzi, l’incapacità di unità delle famiglie civili o religiose a restare unite per più di qualche anno, spinge politici e professionisti del sociale ad azze-rare ogni tendenza di ricostruzione della famiglia naturale.

Si privilegia un uso dettato dalla moda della libertà del singolo di fare ciò che gli pare e piace.

Una assenza di cultura sulla famiglia, ha prima sciolto i vincoli di unità matrimoniale con il divor-zio – i casi pietosi hanno generato la prima scuola della pietà sentimentale – poi con l’aborto altri casi pietosi hanno imposto a tutti un secondo livello di utilitarismo individuale e ci sono andati di mezzo i bambini.

I cattolici, spingendo sulla famiglia, nucleo di bene comune, hanno valorizzato nel tempo la persona, l’educazione e la tradizione buona che si tramanda. I figli, considerati una “benedizione” hanno trovato persone che nel sacrificio si sono impegnate ad allevarli e guidarli. E là dove non giungevano loro, c’era una rete sussidiaria che li ha sostenuti. Pure con errori e tante incongruenze.

Ma ora gli errori non sono diventati orrori?Senza famiglia, o con una famiglia improvvisa-

ta dalla istintività: nascono coppie di gay con la pretesa di educare in modo sano, coppie di fatto che temono il matrimonio e la certezza del legame diffidenti verso il matrimonio temuto per un pes-simismo verso l’uomo, l’amore e la responsabilità davanti al sacrificio.

Ci aggiungiamo la tecnologia: social network meglio che i consigli paterni o materni; internet per porgere domande nel nulla del mare della rete. Apparenza. Virtualità delle relazioni. Infine assenza e solitudine.

La persona al centro di cosa? Di tutto il deside-rabile e l’impossibile. Preda del grande gestore: lo Stato.

Una persona senza legami ricorda le immagini delle scuole di Pol Pot. La polverizzazione dell’io e la virtualità. Quale società di persone può nascere?

Eppure è nel DNA di ogni persona cercare lega-mi umani stabili.

Ma proprio da questo DNA iscritto nell’animo umano risorgerà un bisogno irrinunciabile, una esigenza fortissima di impegnare la libertà umana nella viva relazione con altre persone.

Finirà il tempo della apparenza e della moda. Finiranno gli atti dello Stato Padrone che attra-

verso un malsano principio di libertà, se da una parte scioglie i vincoli, dall’altra uccide il senso della libertà umana, tesa al destino anche con sacrificio. Finirà la forza della lobby gay di imporre modelli culturali .

Finirà perché è l’io di ogni uomo che chiede di corrispondere alla natura della sua identità origi-nale.

Ora in un paese di vecchi, emarginati, che sembrano disturbare la società dei gaudenti e degli evergreen, risorgerà la ragione umana, che interrogandosi sul destino, deciderà che il cambia-mento dall’apparenza al reale è urgente. E’ anche l’unica possibilità di gusto di vivere, corrispon-denza del cuore umano, grande promessa di una mondo che cambia.

NOTIZIE DALLA

PRATERIA

Il Welfare che cambia.Centralità della persona

o della famiglia?

www.biteb.org

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Agire per la cura e la riabilita-zione integrale della persona con disabilità anche al di fuori dei con-fini nazionali è stata una costante all’interno della Fondazione Don Carlo Gnocchi, ente Non Profit istituito nel secondo dopoguerra per l’assistenza ai mutilatini, oggi impegnato in Italia al servizio dei più fragili (disabili, anziani non autosufficienti, malati terminali, pazienti in stato vegetativo ecc.), con 28 Centri raggruppati in otto Poli territoriali attivi in nove re-gioni, con quasi 4 mila posti-letto ed oltre 5 mila operatori.

Nel 2001 la Fondazione ottiene il riconoscimento ufficiale quale Organizzazione Non Governativa (ONG) da parte della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Af-fari Esteri, acquisendo l’idoneità per realizzare programmi a breve e medio periodo nei Paesi in Via di Sviluppo e per svolgere attività di formazione in loco a cittadini.

La Fondazione mette al servizio delle popolazioni più svantaggia-te le proprie conoscenze, compe-tenze ed esperienze acquisite in sessant’anni di attività, operando quindi in particolare nei contesti delle mutilazioni di guerra e del-le disabilità congenite o acquisite secondo tre direttrici principali:

• miglioramento delle condizio-ni sanitarie della popolazione, in particolare dei bambini

• maggiore dignità e qualità di vita per le persone con disabilità

• formazione del personale sani-

tario e parasanitario locale. Gli interventi di cooperazione

internazionale sono caratterizzati dal focus posto sulla riabilitazio-ne intesa non solo in senso cli-nico ma globale, nei suoi aspetti riguardanti quindi anche l’ambito formativo, sociale e di inclusione all’interno della comunità.

Attualmente la Fondazione è impegnata a consolidare e perfe-zionare i propri interventi di tipo formativo in ambito sociale, sani-tario e assistenziale a Siroki Brijeg (Bosnia-Erzegovina), San Lorenzo (Ecuador), Rilima (Rwanda) e Ma-keni (Sierra Leone) ed analizzare contemporaneamente l’avvio di nuovi progetti in altri Paesi in Via di Sviluppo (PVS).

In Italia la Fondazione realizza dal 2003 il Programma Ospitalità, che accoglie per cure chirurgiche e riabilitative bambini cardiopati-ci provenienti da PVS. Inoltre nei Centri della Fondazione si svol-gono attività di sensibilizzazione alla dimensione della coopera-zione allo sviluppo, collaborando in questo ambito con istituzioni accademiche, ecclesiali e della società civile nazionali ed interna-zionali.

In quasi sessant’anni di attivi-tà, la Fondazione Don Gnocchi ha accumulato un bagaglio di espe-rienze, know-how ed innovazioni tecniche tale da accreditarla come ente leader nel settore sul territo-rio italiano. Da questo background peculiare prende forza e qualità l’attività dell’ONG nei PVS. Ogni

anno più di 2.100 persone disa-bili beneficiano dei servizi offerti dalla Fondazione nei paesi in via di sviluppo e circa 120 tecnici e professionisti dell’area sanitaria e socio-assistenziale ricevono for-mazione specializzata. L’attività di cooperazione internazionale della Fondazione Don Gnocchi viene portata avanti soprattutto perché sussiste la generosa collaborazio-ne di tanti amici della baracca. Un esempio di collaborazione è quel-la in corso con Biteb nell’ambito della realizzazione di un progetto di gemellaggio cofinanziato dalla Regione Lombardia in supporto all’Holy Spirit Hospital di Makeni, Sierra Leone. Il progetto “Soste-gno e rafforzamento delle attività di diagnostica, e telemedicina e relativa formazione degli opera-tori di riferimento” si propone di fornire apparecchiature per la dia-gnosi, anche di malattie cardiova-scolari; attivazione di teleconfe-renze/sessioni di apprendimento a distanza; aumentare la capacità operativa nella diagnostica per immagini, di laboratorio ed elet-trofisiologiche e della telemedici-na.

ESPERIENZE

All’interno di questo quadro complessivo si inserisce la fornitura di cinque computer por-tatili inviati in Sierra Leone – Makeni tramite i volontari dipendenti della Fondazione Don Gnocchi.

La loro destinazione è:

1. Reparto di chirurgia – in particolare per in-ventari di attrezzature, materiali e consumabili di riferimento

2. Laboratorio di analisi

3. Radiologia

4. Accettazione e registrazione pazienti

5. Guest house Fonda-zione Don Carlo Gnoc-chi a disposizione per le missioni chirurgiche e formative nell’ambito dei progetti della Fon-dazione stessa in sup-porto all’Holy Spirit Hospital

I progetti di Cooperazione Internazionale sono caratterizzati dal focus sulla riabilitazione. Non solo in senso clinico

La Fondazione Don Gnocchi nel Mondo

11www.biteb.org

Il sostegno del BITeB

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012

L’Associazione Hafaliana – La Gioia Onlus, che prende il nome dalla omo-nima Associazione Hafaliana (che si-gnifica appunto “Gioia” in malgascio) fondata da padre Stefano Scaringella in Madagascar, nasce il 3 giugno 2010 a seguito dell’incontro, e dalla amici-zia che ne è poi nata, tra il padre e un gruppo di amici cattolici italiani, tra i quali vi è un medico.

L’Associazione ha lo scopo di aiuta-re il padre in un’ amicizia operativa: da un lato si sta sviluppando un’atti-vità di raccolta dei fondi necessari per co-sostenere la sua opera, e dall’altro si sta creando un gruppo di medici che lo aiuteranno nella creazione di un nuovo reparto di otorinolaringoia-tria e di cardiochirurgia.

Padre Stefano Scaringella nasce a Roma nel 1948. Entra in seminario presso l’Ordine dei Frati Cappuccini all’età di 13 anni. Il 30 aprile 1973 di-venta sacerdote.

Il suo desiderio è di diventare mis-sionario. Per questo scopo intrapren-de gli studi di medicina presso l’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore di Roma e nel 1980 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia. Nel 1983 vie-ne inviato al lebbrosario che l’Ordine ha in Madagascar ad Ambanja, citta-dina situata nel nord dell’isola.

Da allora e sino a oggi Padre Stefa-no esercita lì la sua missione di sacer-dote e medico.

Il lebbrosario viene chiuso pochi anni dopo e padre Stefano continua a curare i malati presso l’ambulatorio di prima accoglienza e pronto soccor-so Clinique Saint Damien, da lui stes-so fondato.

Nel 1988 padre Stefano trasforma l’ambulatorio nel Centre Medico – Chirurgical Saint Damien, che offre servizi gratuiti ai malati provenienti dall’area nord del Madagascar su di un territorio che si sviluppa per 250 km a nord di Ambanja sino alla città di Diego Suarez (Antsiranana) e per 200 km a sud sino alla città di Antso-hihy.

Il Centro Medico, che opera in

un bacino d’utenza di circa 500.000 persone, tratta circa 60.000 pazienti l’anno, con 15.000 ospedalizzazioni, 30.000 esami di laboratorio, 3.000 in-terventi chirurgici di cui il 10% sono interventi cesarei. All’interno della struttura, oltre a padre Stefano, lavo-rano 9 medici (2 generici, 4 chirurghi, 2 dentisti e 1 pediatra) e 3 anestesisti di origine malgascia, 28 infermieri, 7 persone amministrative e 66 di sup-porto.

Secondo il Ministero della Sanità della salute del Madagascar si calco-la che se nella regione venisse meno l’attività del centro si avrebbero cir-ca 1.000 morti in più ogni anno nella zona di riferimento del Centro Medi-co.

Il 21 febbraio 1994 Padre Stefano Scaringella fonda l’Associazione Ha-faliana di Ambanja con lo scopo di supportare l’attività di educazione e assistenza medico-sanitaria alla po-polazione locale, di formazione di personale locale alle attività sanitarie e di sostegno all’infanzia abbandona-ta.

Padre Stefano ha riaperto nel 2003, grazie ad un finanziamento della C.E.I., una scuola per infermieri, fre-quentata da 150 studenti malgasci. Gli studenti conseguono un diploma statale. E’ proprio per questo proget-to che Hafaliana ha richiesto i PC al BITeB.

Lo Stato Malgascio si fa carico unicamente del pagamento degli sti-pendi dei docenti. Tutto il resto, libri, quaderni, penne e matite, banchi e at-trezzatura scolastica in genere, sono finanziate da padre Stefano.

E’ desiderio del padre, per rimane-re al passo con i tempi, di dotare la scuola di un numero di un computer sufficienti a soddisfare le esigenze di studio e di connessione a internet de-gli studenti. I primi 10 computer sono arrivati il mese scorso ad Ambanja e si sta procedendo alla loro istalla-zione. E’ possibile immaginare quale gioia abbiano provato gli studenti al ricevimento dei computer!

ESPERIENZE

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Quanta “Gioia” in MadadascarDieci PC alla nuova scuola per infermieridi Ambanja. Frequentata da 150 studenti

www.biteb.org

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Angelo Villani è coordinatore di un importante progetto per il rilan-cio di un quartiere disagiato della periferia di Bari: il San Paolo. Un progetto innovativo e “inatteso”.

Si dibatte ormai da tempo in Ita-lia sul tema della responsabilità so-ciale delle imprese: come valuta la relazione tra profit e Non Profit da questo punto di vista?

Il tema della responsabilità socia-le delle imprese (CSR) è di difficile decifrazione in Italia. Forse anche a causa della crisi economica e del-le difficoltà che le imprese stan-no vivendo ormai da diversi anni, sembra che negli ultimi tempi sia in qualche modo retrocesso sullo sfondo. La ragione è che forse in Italia il concetto è stato declinato più sotto forma di aiuto solidari-stico delle imprese alle persone in difficoltà che mettendo in luce la sua vera natura di strumento per promuovere lo sviluppo armonico e complessivo delle comunità in cui le stesse imprese operano. La CSR, in sostanza, è stata vista più come una forma sui generis di “ripara-zione” che come un “investimento” lungimirante nella collettività di cui anche l’impresa fa parte. Le teorie economiche, però, dimostrano che le imprese che superano meglio le fasi negative di mercato sono quelle che conservano la propria capacità di investire nell’innovazio-ne e nello sviluppo. Nel caso della CSR, l’investimento di cui parliamo è nell’innovazione sociale, nella ricerca di modelli di partecipazio-ne, di inclusione, di superamento delle barriere che non permettono a gruppi o a singoli cittadini di go-dere dei propri diritti, manifestare e coltivare il proprio talento, raggiun-gere gradi di istruzione superiore o beneficiare di servizi di qualità più elevata. Un luogo con una colletti-vità più coesa, con migliori servizi e istruzione, con più elevato tasso di legalità, è tendenzialmente un po-sto in cui anche le imprese lavorano meglio e più proficuamente. In que-sto scenario - parlo in termini ge-nerali - il Non Profit italiano sconta spesso una scarsa organizzazione dovuta a mezzi economici limitati e a una visione parziale del proprio ruolo. Abbiamo inseguito in Italia - per varie ragioni, anche culturali - una rappresentazione “pauperi-stica” e scarsamente manageria-le del Non Profit. Anche la visione generale ne ha risentito: le imprese sono spesso percepite (e si percepi-scono) come finanziatori, piuttosto che come soggetti partecipi di un cambiamento che resta possibile solo se condiviso. Si pone più at-tenzione sul fatto di dare e di rice-vere che sulla ideazione di strategie comuni per progredire insieme. Le eccezioni più significative sono rap-

presentate da quei casi in cui le im-prese non si limitano a finanziare, ma si offrono come soggetti attivi per promuovere attraverso le pro-prie competenze, risorse umane, idealità, un cambiamento generale del contesto in cui operano.

Il progetto San Paolo Social Net-work (SPSN) è attivo da circa un anno. Qual è il suo significato e la sua potenzialità per una città come Bari?

SPSN è un laboratorio urbano di grande interesse, che si sta propo-nendo come qualcosa di innovativo e - in una certa misura - di inatte-so. E’ un insieme integrato di 54 diverse azioni rivolte alla comuni-tà del quartiere San Paolo di Bari, uno dei più complessi della città, finanziato dalla Fondazione con il Sud con l’intento di promuovere lo sviluppo locale in alcune specifiche aree dell’Italia meridionale. Il pro-getto agisce integrando le azioni di welfare più tradizionali con attività più innovative, che puntano deci-samente sulle nuove tecnologie e sulla comunicazione come vettore di inclusione e di emancipazione dal bisogno. L’idea è quella di non replicare all’infinito servizi che già esistono, ma di promuovere l’au-to-organizzazione dei cittadini per raggiungere migliori livelli di ag-gregazione, istruzione, educazione, occupazione e benessere. Il proget-to nasce da una partnership molto estesa di 31 soggetti pubblici e pri-vati, cosa di per sé già abbastanza rara per il nostro contesto. In questi mesi, però, SPSN sta dimostrando una forza di attrazione e inclusione non comune: grazie alla partecipa-zione dei cittadini e al confronto con il Terzo Settore, dal progetto stanno gemmando in continuazio-ne iniziative e collaborazioni non previste, attività nuove e ulteriori che rappresentano una dimostra-zione di come basti poco ad una

comunità viva per trovare strade autonome di crescita e di risposta ai bisogni comuni. Quando abbia-mo progettato questo intervento ci siamo chiesti più volte se non era-vamo forse un po’ troppo ambizio-si: oltre 50 azioni per 5.000 utenti ci sembravano un traguardo difficile da raggiungere. Siamo stati fortu-natamente smentiti dai fatti. Cito un solo dato esemplificativo, per spiegarmi: il progetto prevedeva la creazione del primo orto sociale del quartiere, per promuovere l’aggre-gazione di bambini, famiglie, anzia-ni e per porre il tema dell’alimenta-zione e del rispetto dell’ambiente e della legalità. Lo abbiamo inaugu-rato lo scorso 22 maggio, con una bella giornata di festa. Quello che non ci aspettavamo era di riceve-re numerose richieste da cittadini, parrocchie, interi condominii, che ci hanno proposto di diventare promotori di altri orti: alla fine, ne abbiamo messi in cantiere altri tre entro la fine dell’anno e dall’orto sociale siamo passati a concepire un progetto diverso, quello dell’or-to diffuso da affidare all’organiz-zazione e alle cure di gruppi di cit-tadini che vogliono contribuire in prima persona a migliorare la vivi-bilità del proprio quartiere.

Qual è il ruolo della tecnologia in un progetto come il vostro?

Tra le collaborazioni più felici e rilevanti, maturate quando il pro-getto era già stato avviato, c’è quel-la con il Banco Informatico, con il quale abbiamo stabilito un rappor-to stabile e straordinariamente co-struttivo: quasi tutta la dotazione tecnologica della sede del nostro progetto è fornita dal BITeB. Inoltre, lo scorso febbraio abbiamo ospita-to un incontro di promozione del-le attività del Banco, per la prima volta in Puglia. La tecnologia è per noi un fondamentale strumento di inclusione, poiché essa permette di

comunicare, di affacciarsi al mon-do, di comprenderlo un po’ meglio. Permette anche a tutti di partecipa-re al progetto valutandone i risulta-ti, di esercitare il diritto di critica e di controllo sul nostro operato. Non c’è sviluppo possibile senza demo-crazia e partecipazione. Non c’è de-mocrazia senza controllo e senza trasparenza. La tecnologia ci aiuta anche in questo: nell’essere traspa-renti e nel porci nelle condizioni di essere giudicati e valutati da tutti coloro che vogliono farlo.

Quali sono le prossime tappe del progetto e quale evoluzione avete in mente?

Il progetto è ormai a regime e sta seguendo pienamente la tabella di marcia. Sappiamo che la sfida più importante che ci aspetta è quella di non sparire alla sua conclusione, ma di trovare idee e risorse per la sua prosecuzione. Per farlo, abbia-mo la necessità di confrontarci con un contesto sociale ed economico che mette i Comuni nella sostanzia-le impossibilità di investire risorse: siamo in una fase in cui intravedia-mo una forma di “welfare senza Stato” abbastanza preoccupante. Senza rinunciare all’esercizio di cri-tica rispetto a questo tipo di scelte politiche, dobbiamo però nel frat-tempo immaginare in fretta forme nuove e creative che vengano dal basso. Una di esse, quella che ci sembra la più ragionevole ed at-tuabile nel breve periodo, è di cre-are una o più imprese sociali che finanzino le attività di SPSN con i loro proventi e la creazione di una fondazione di comunità. La fonda-zione finanzierebbe e gestirebbe le attività sociali e sarebbe finanziata dai proventi delle attività imprendi-toriali. Stiamo discutendo di questa possibilità con i cittadini del quar-tiere e prevediamo di arrivare ad una sua compiuta definizione entro l’estate.

TESTIMONIANZE

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Intervista ad Angelo Villani, coordinatore del progetto “San Paolo Social Network”

Bari: un “quartiere”in movimento

www.biteb.org

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Lunedì 9 luglio, presso la Sala Mappamondo della Camera dei Deputati a Roma, si è svolto un convegno dal titolo “La Tecnolo-gia Solidale”.

Organizzato dal deputato An-tonio Palmieri, dal Banco Infor-matico Tecnologico e Biomedico e da Techsoup, in collaborazione con l’associazione culturale “Il cortile”, il club “L’inguaribile vo-glìa di vivere” e Techeconomy.it, il convegno ha visto la parteci-pazione di numerosi operatori del settore. Nel corso della pri-ma sessione “Non Profit e im-prese tecnologiche: un’alleanza che fa crescere tutti” sono inter-venuti: Stefano Sala, Presidente BITeB; Roberta Cocco, Direttore CSR Microsoft; Dara Wrestling, Vice President Development Te-chSoup Global; Angelo Villani, Responsabile Progetto San Pao-lo Social Network; Maria Cristi-na Farioli, Director Business and Innovation Development IBM e Saverio Tridico, Direttore Affari Pubblici e Legali Vodafone Italia.

In seguito, ha aperto la se-conda sessione “La tecnologia solidale possibile: esperienze e iniziative che migliorano la vita”, Mario Calderini, Consigliere del ministro dell’Istruzione, Coor-dinatore del gruppo di lavoro Smart Communities nella cabi-na di regia per l’Agenda Digitale.

A cui sono seguite le relazio-ni di: Roberto Scano, Interna-tional Webmasters Association, Consorzio W3C; Stefano Epifani, Fondatore e Chief Editor Teche-conomy.it; Gian Battista Parigi, Presidente Centro per la Coope-razione Internazionale dell’Uni-versità di Pavia; Roberto Bonu, Presidente Web Italia onlus; Ivan Venturi, Presidente Ticonblu; Roberto Vitali, Villagefood.it, Roberto Basso e Fabrizio Tren-tin, Fondatori Shinynote.com.

I lavori si sono conclusi con l’intervento di Antonio Tajani, Vicepresidente della Commis-sione europea e commissario europeo per l’industria e l’im-prenditoria.

SPECIALE CONVEGNO ROMA - 9 LUGLIO 2012

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Idee, storie, provocazioni dal mondo Profit e Non Profit. Perchè anche la politica può fare la sua parte

La tecnologia solidaleva in Parlamento

www.biteb.org

Il BITeB e TechSoup, un incontro che ha dato ottimi fruttiIl racconto di come è nato il Banco Informatico Tec-

nologico e Biomedico affascina sempre l’ascoltatore della prima ora e – confesso – un po’ di emozione la regala anche a chi lo conosce quasi a memoria. L’in-tervento post calamità della società diretta da Stefano Sala presso un grosso cliente, il salvataggio dati da migliaia di pc, il dono dell’hardware ormai non più in uso; poi l’incontro di Sala con un missionario in Perù e la scintilla: posso mandare questi pc ai giovani che studiano in quel Paese. Tutto è cominciato così e oggi il BITeB può dire, non senza un pizzico d’orgoglio, di aver risposto a un bisogno di migliaia e migliaia di organizzazioni. E di averlo fatto puntando sempre all’eccellenza, perché “il lavoro nel Non Profit deve tendere alla perfezione come nel Profit, dando prodot-ti che lascino a bocca aperta che li riceve”. Che cosa chiede il BITeB alla politica? “Siamo in tempi di crisi e ci sono poche risorse finanziarie” ha detto Sala. Lo Stato spesso non riesce a comprare i pc nuovi alle scuole. Perché allora non rifornirle con i computer ri-condizionati dal BITeB, risparmiando così risorse da destinare ad altri scopi? La solidarietà non è fatta solo di denaro, ma anche di beni e servizi.

Nel 2010 il BITeB ha lanciato in Italia il programma di donazione TechSoup che consente di ottenere har-dware e software di Cisco, Microsoft, Symantec e Sap solamente con un rimborso spese pari al 4% del valo-re commerciale dei prodotti .

Il mondo di TechSoup è stato descritto con grande efficacia da Mrs. Dara Westling, Vice President di Te-chSoup Global, che ha reso l’idea di come le nuove

tecnologie, soprattutto di comunicazione, stiano cam-biando velocemente (in meglio) la vita di tutti, anche delle persone più povere che erano rimaste escluse da innovazioni precedenti: un esempio per tutti è il telefono cellulare, che diversamente dal fisso è oggi accessibile davvero a tutti gli strati di popolazione, an-che nei Paesi meno sviluppati.

Nel mondo ci sono 10 milioni di organizzazioni Non Profit, ha spiegato la Westling, che contribuiscono al prodotto interno lordo mondiale per il 5% circa, una cifra davvero rilevante. Ben 175mila di queste orga-nizzazioni hanno beneficiato dei prodotti tecnologici offerti da TechSoup in 39 Paesi, attraverso 70 partner donatori. Particolare impulso hanno dato Microsoft e Cisco, ma tutte le aziende più importanti del settore IT sono partner, anche se non in tutti i Paesi dove Tech-Soup è presente.

In Europa, TechSoup è cresciuta molto negli ultimi anni, arrivando a presidiare 17 Paesi attraverso part-ners locali, e con 2 uffici di rappresentanza in Polonia e nel Regno Unito. Tutti gli operatori si confrontano costantemente attraverso incontri mensili, natural-mente…virtuali.

Il 2013 sarà per TechSoup l’anno decisivo per testa-re le potenzialità del cloud computing nell’universo Non Profit. E’ già in corso una ricerca i cui risultati sa-ranno diffusi a breve, ma per l’Italia, ha anticipato la Westling, si è rilevata una predisposizione superiore alla media europea. Il nostro Paese che conta già 500 beneficiari di prodotti e 1500 realtà accreditate a ri-cevere. SEGUE

Com’ è nato il convegnoIl Convegno “Tecnologia Solidale” di Roma nasce, come ha premesso lo stesso On.Palmieri, dalla casualità e da una amicizia. Non è infrequente che amici si incontrino sotto casa e si dicano i fatti personali che accadono nella propria professione. Anche in questa occasione due amici, anzi, due amici e vicini di casa, raccontandosi della pro-pria vita professionale, hanno immaginato una possibile azione comune. Entrambi appassionati di tecnologia, hanno pensato che fosse giunto il momento di porre il tema della “tecnologia soli-dale” in modo più adeguato alle attuali cicostan-ze. Si parla di crisi, si dicono tante cose su come superarla. In quella occasione l’avventura del Banco Informatico (BITeB) e l’azione di Palmieri nella commissione parlamentare che si occupa di Agenda Digitale potevano risvegliare un dibatti-to. E ancora: mostrare una diversa opportunità presente nel nostro mercato, che poteva da subi-to trovare ampia utilità alla vita del Terzo Settore. Il Non Profit fatica a vivere con tanti tagli di bilan-cio nella Pubblica Amministrazione. Poteva però attraverso una testimonianza, o un complesso di iniziative dall’Italia e dall’estero verificare che ci sono opportunità inesplorate. Ad esempio il Net-work Techsoup, o siti dedicati alla raccolta fondi. Ed infine le molte inziative di Responsabilità So-ciale di Aziende multinazionali.Così, da una semplice constatazione, si è passati alla verifica della fattibilità. Il Convegno di Roma nasce in questo modo.

Bruno Calchera

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012SPECIALE CONVEGNO ROMA - 9 LUGLIO 2012Il messaggio di Maurizio Lupi, Vice Presidente della Camera dei Deputati.

“Desidero ringraziare il collega ed amico on. Antonio Palmeri e BITeB per aver organizzato questo convegno. Un impegno imprevisto mi impedisce di essere presente ad aprire i vostri lavori, ma ho voluto ugualmente inviare un mio breve saluto.

A dire li vero, più che di un saluto si tratta di un plauso e di un ringraziamento. Se penso a quanto della nostra vita quotidiana sia cam-biato da quando ho iniziato assieme ad An-tonio Palmieri la mia avventura Parlamentare nel 2001 rimango incredulo. Le nuove tecno-logie, la rapidità dello sviluppo cui abbiamo assistito lascia davvero senza fiato.

Al contempo, specie oggi sperimentando in prima persona alcuni strumenti come i social network, mi accordo di quanto e quanti subi-scano la tecnologia rimanendone schiavi, o peggio percorrendo una deriva che porta ad una paradossale perdita di libertà ed aumento della omologazione.

L’assenza di giudizio, di capacità critica sono spesso descritti come originalità e sincerità di fondo. Ma non lo sono.

La tecnologia è uno strumento e come tale va presa. Non rappresenta certo uno scopo!

Ciò che da tempo memorabile sta facendo l’on. Palmieri è quindi ancor più prezioso, sia nello studio sia nell’applicazione delle nuove tecnologie alla vita politica, senza mai perdere la capacita di giudizio, di critica e consapevole dei tanti pregi, ma anche dei limiti che le nuo-ve tecnologie fanno registrare.

Con il convegno di oggi compite un ulterio-re passo, che ha elementi paradigmatici di ciò che la politica deve svolgere. La presentazione di esperienze, di casi, di modelli nei quali pos-sa emergere il “lato B” dell’Agenda Digitale deve esse letto come la più importante azione sia di informazione sia di vera politica.

Evidenziare che attraverso la tecnologia so-lidale sia possibile rendere migliore la vita di persone in difficoltà non è quindi un “affare privato”, ma rappresenta il primo e principale compito della politica.

La ricchezza di esperienza, di cittadini che si adoperano per risponde in prima persona ad un bisogno che incontrano è qualche cosa di cui chi ha la responsabilità della cosa pubblica non può non tenere conto.

Mi auguro che davvero quella di oggi sia una tappa di un percorso che, se pur ricco di osta-coli, possa essere senza sosta.”

Non Profit e imprese tecnologiche: un’alleanza che fa crescere tutti

Roberta Cocco, Direttore CSR di Mi-crosoft Italia, ha spiegato come l’attività di Responsabilità Sociale d’Impresa di Microsoft è strettamente connessa al business: aiutare attraverso la tecnolo-gia. Microsoft fa il suo mestiere, pro-porre tecnologia utile; per far sì che la tecnologia stessa diventi attivatore di progetti sociali, chiede aiuto a organiz-zazioni partner sul territorio, sia Profit e Non Profit. Dopo la grande occasione dell’NGO DAY Microsoft ha dimostrato la sua profonda attenzione al tema della Responsabilità Sociale attraverso la do-nazione di software alle Non Profit. Un programma ambizioso che trova già te-stimonianze.Un esempio per tutti: la for-mazione per il reinserimento al lavoro di persone escluse.

Secondo Maria Cristina Farioli, Direc-tor Business and Innovation Develop-ment IBM Italia, è importante dare non solo la tecnologia, ma anche le compe-tenze necessarie a usare la tech ricevuta in dono. In proposito, per il centenario di IBM, nel 2011, a ogni dipendente nel mondo è stato chiesto di donare ore di volontariato a iniziative Non Profit, rac-cogliendo 3 milioni e 200 ore. “Mi sta molto a cuore citare un’iniziativa par-ticolare, il “world community grid” ha raccontato la Farioli. “I pc degli uffici aziendali sono inutilizzati nel momento in cui ogni dipendente è in pausa per bere il caffè o per il pranzo. La capacità di calcolo inutilizzata è stata catturata, trasformata in un’unica capacità e mes-sa al servizio di progetti Non Profit (ad esempio la ricerca su neuroblastoma in-fantile) che necessitano di molti calcoli. Un milione e 700mila pc sono stati col-legati a questa community”.

Secondo Saverio Tridico, Direttore Af-fari Pubblici e Legali di Vodafone Italia, “mettere la sostenibilità al centro della politica industriale significa sempre di più attingere alle risorse professionali dell’impresa. Per Vodafone, a 10 anni dalla nascita della Fondazione Vodafo-

ne Italia, e con oltre 60 milioni di euro investiti a favore dell’inclusione sociale, questo significa mettere la nostra tecno-logia e la nostra esperienza al servizio dei bisogni sociali. Come nel caso del progetto Vodafone Angel che garanti-sce soccorso immediato alle donne vit-time di stalking. L’Agenda Digitale – ha concluso Tridico - rappresenta un’op-portunità di far confluire le esperienze delle imprese con un più ampio interes-se collettivo, con uno sguardo di lungo periodo, per dotare il Paese di un’infra-struttura di telecomunicazioni moderna e per superare il divario digitale, anche culturale”.

Tutte d’accordo le tre aziende Profit intervenute, sul fatto che nel sociale non bisogna essere concorrenti ma alleati. E alla politica le aziende chiedono soprat-tutto una cosa: aiutare il Terzo Settore a convogliare le buone pratiche locali in iniziative comuni e condivise. Un esem-pio? Un programma di recupero attrez-zature informatiche a livello nazionale, che faccia convergere le iniziative locali fornendo standard operativi comuni.

Angelo Villani, responsabile del pro-getto San Paolo Social Network, ha fat-to ben comprendere come una risposta attuale ai bisogni delle persone in dif-ficoltà non possa prescindere dall’uso dell’ informatica, sia per insegnare competenze (dalla grafica 3d alla radio digitale), sia per rendere trasparenti tutte le iniziative, utilizzando il web. Da un anno e mezzo il progetto San Paolo Social Network è attivo in un quartiere difficile di Bari, dove ha coinvolto 31 realtà, pubbliche e private. E’ il riscatto di un territorio che trova nella coesione di realtà non lucrative lo strumento nel quale la popolazione troverà spazio per rinnovare fatti e situazioni di umanizza-zione di cui il popolo sente il bisogno. Si tratta di scolarizzazione, di formazione e di ricerca di occupazione. Ma anche di attività commerciale e di socializzazione di spazi comuni.SEGUE

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Agenda digitale e solidarietà, come la tecnologia migliora la vita delle persone

Il Governo è stato rappresentato all’incontro da Mario Calderini, consi-gliere del Ministro dell’Istruzione e co-ordinatore del gruppo di lavoro Smart Communities nella cabina di regia per l’Agenda Digitale, il programma che all’interno delle linee guida europee dovrà potenziare le risorse tecnologi-che italiane, soprattutto di comunica-zione. Il Governo, ha spiegato Calderi-ni, ha scelto di concentrare quasi tutte le risorse sul progetto “smart cities”, ovvero città intelligenti, con l’obiettivo di mettere i cittadini in condizione di muoversi e utilizzare al meglio i servi-zi del territorio, grazie all’informazione sulla loro esistenza, sul loro funziona-mento ed accessibilità. L’obiettivo sarà perseguito innanzitutto con due bandi di ricerca dedicati alle imprese, alle pubbliche amministrazioni, ma anche a persone singole, che finanzieranno progetti di innovazione sociale.

Gli spunti su cui lavorare non sono mancati nella seconda sessione dell’in-contro, che ha visto “sfilare” numero-se proposte da parte degli esponenti della società civile. Roberto Scano, rappresentante dell’ International Web-masters Association e del Consorzio W3C, nonché tra i pionieri dell’accessi-bilità sul web, ha fatto notare che pur in presenza di tante belle iniziative in giro per l’Italia, magari premiate e plu-ripremiate, manca un soggetto che le renda visibili a tutti permettendo così di replicarle e innescare progetti di cambiamento generalizzati: e questo soggetto non può essere che la politi-ca. La pubblica amministrazione, anco-ra oggi, usa troppo la carta, il telefono e troppo poco il web per comunicare con i cittadini: forse perché non è an-cora evidente quale beneficio derivi dal cambiare strumento.

Stefano Epifani, docente universita-rio e fondatore di Techeconomy.it, ha parlato provocatoriamente di “sociale per la tecnologia, anziché tecnologia per il sociale” nel senso che in Italia la tecnologia è ancora troppo poco diffu-sa per poter diventare strumento di so-lidarietà. Prima di tutto, dunque, biso-gna diffondere la tecnologia in sé, ma con in mente un’idea precisa di quale Italia vogliamo per i nostri figli. La ge-nerazione oggi adulta è l’unica a poter capire le potenzialità della tecnologia, perché ha vissuto senza; i nostri figli, “nativi digitali”, ne sono utenti abili, ma spesso inconsapevoli”.

Anche il Terzo Settore, pur meritevole ed entusiasta nel proprio agire, fatica a lasciarsi pervadere dalla conoscenza, dall’innovazione, ha fatto notare Ro-berto Basso, fondatore di Shinynote.com, sito di crowd funding, ovvero di raccolta fondi popolare attraverso il web. “Con la nostra iniziativa provia-mo a portare nel Terzo Settore le lo-giche partecipative del web 2.0 e a far capire quanto siano utili: su Shinynote, infatti, ogni progetto sociale meritevo-le può conquistarsi prima l’interesse, poi la fiducia delle persone, fino a con-vincerle a investire il proprio denaro per sostenerlo. E perché non raccoglie-re, oltre che soldi, pc ricondizionati o software, attraverso il BITeB?”

Un altro esempio interessante di come l’innovazione possa servire una buona causa sono i videogiochi co-siddetti “seri”, ideati da Ivan Ventu-ri, presidente della società Ticonblu.

Sono videogiochi divertenti ma a tema etico: invece del calcio o delle corse in moto, simulano situazioni educative: cittadinanza stradale, commercio equo e solidale, trattamento della dislessia, quest’ultimo destinato agli insegnan-ti. Roberto Vitali, persona disabile egli stesso, ha presentato il sito Village-ForAll.it, ovvero il turismo accessibi-le controllato e verificato di persona:. Non solo per chi è in carrozzina, se-condo uno stereotipo troppo diffuso, ma anche per gli anziani e le famiglie con bimbi piccoli. Un tema sempre sot-taciuto e che rivela un tipo di cultura innovativa.

La verifica è fondamentale: ad esem-pio, gli scivoli per disabili non sono tutti uguali: quelli corti e ripidi come un passo carraio valgono molto meno. “Noi non valutiamo solo un albergo, ma un contesto di vacanza: trasporti, spiaggia, ristoranti e così via” ha pre-cisato Vitali. “Essere veramente acces-sibili aprirebbe alle strutture turistiche un grande mercato: 27 milioni sono i clienti potenziali in Europa. Dunque in questo caso la responsabilità sociale porterebbe anche business”.

Ultima testimonianza della sessio-ne, il racconto di Gian Battista Parigi, presidente del Centro per la Coopera-zione Internazionale dell’università di Pavia, nonché chirurgo pediatrico di grande esperienza, forte fruitore di at-trezzature informatiche e biomediche del BITeB. La cooperazione, nel futuro dell’Europa, dovrà essere intelligente, sostenibile e inclusiva: sostenibile, so-prattutto, significa donare attrezzature gestibili in contesti molto diversi dal nostro, ad esempio, dove spesso man-ca l’energia elettrica o quella che è di-sponibile non è sufficiente ad alimen-tare apparecchiature troppo potenti. Fondamentale, seguire gli interventi in loco, fino a rendere completamente au-tonomi i beneficiari. “A Bukavu in Con-go – ha raccontato Parigi - avevamo donato 40 pc all’università 4 anni fa: ebbene, 34 sono ancora in efficienza, un risultato entusiasmante per l’Africa. Questo grazie all’intensa formazione che abbiamo organizzato per gli stu-denti”.

Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012SPECIALE CONVEGNO ROMA - 9 LUGLIO 2012La conclusione di Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea

Dopo i ringraziamenti all’on. Antonio Palmieri per aver organizzato l’evento, l’intervento di Tajani è ini-ziato rispondendo alla domanda posta dal prof. Epi-fani, “che tipo di società vogliamo?” prendendo a riferimento gli obiettivi dell’Europa per l’economia sociale. “Il mercato in questa visione è un mezzo per promuovere la persona, uno strumento per fare politica sociale a favore dei cittadini. Qual è la stra-tegia europea? Siamo in presenza di una nuova ri-voluzione industriale, i cui assi portanti sono tre: lo spazio, la green economy, il turismo. Galileo, il siste-ma satellitare europeo, dal 2014 comincerà a offrire servizi concreti alle persone. Entro il 2020 saranno operativi 30 satelliti. La tecnologia solidale è parte di questa rivoluzione e non dimentichiamo l’impat-to che ha sull’occupazione, perché si traduce in beni e servizi prodotti da imprese. Pensiamo ad esempio all’innovazione sociale legata all’invecchiamento, o al turismo accessibile, per ricollegarmi a un tema che è stato trattato oggi. O ancora il settore delle cosid-dette tecnologie abilitanti, dedicate in altre parole al benessere delle persone, come i sistemi diagnostici sempre meno invasivi o le terapie sempre più mirate. Tutte queste innovazioni devono essere valorizzate tenendo sempre presente, come riferimento impre-scindibile, la centralità della persona umana”.

In chiusura, l’on. Palmieri ha ricordato il forte impe-gno per raggiungere al più presto una normativa che assicuri lo svolgimento del programma dell’Agenda Digitale, dando appuntamento a tutti gli intervenuti alla seconda edizione del convegno “Tecnologia So-lidale” prevista per il mese di febbraio del prossimo anno per raccogliere i risultati del lavoro svolto da ciascuno per aumentare la diffusione del lato “B”, vale a dire il lato buono, dell’Agenda Digitale .

FINE

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Le soluzioni Cisco costituiscono la base per un’ infrastruttura di rete sicura ed elastica. Abbiamo voluto chiedere a Francesco Benvenuto la concezione ed i progetti di Cisco nel-la CSR.

Come potreste definire la Respon-sabilità Sociale d’impresa?

CSR per noi di Cisco e’ restituire attenzione al territorio che ci ospita sotto forma di solidarietà, volonta-riato, condivisione delle competenze e rispetto dell’ ambiente.

Qual è il valore della Responsabili-

tà Sociale d’impresa per CISCO?E’ una delle priorità di Cisco. La

rete di persone può moltiplicare l’im-patto di ogni singola azione positiva a favore degli altri. Ci impegniamo nella CSR a favore della comunità con la stessa passione e impegno che dedichiamo ai nostri clienti e mettiamo a disposizione del terzo settore la nostra rete di competenze e relazioni.

Quali sono i progetti che ritene-te particolarmente interessanti nel campo della CSR?

In Cisco Italia e’ attivo un Civic Council composto da circa 40 volon-tari, su una popolazione di circa 700 colleghi. Il Civic Council coordina attività di solidarietà e volontariato e promuove la cultura digitale, coin-volgendo molti dei nostri colleghi e condividendo molte proposte che ar-rivano da loro stessi. Abbiamo adot-tato circa 20 Onlus che ospitiamo nella nostra casa digitale della CSR www.donationbay.it dove tutti pos-sono registrarsi. Il sito funziona come una banca del tempo, dove gli utenti registrati possono offrire un servi-zio, la cui remunerazione diventera’ una donazione per una delle Onlus presenti nel sito o dove e’ possibile effettuare anche una semplice dona-zione. Nei confronti del terzo settore operiamo come volontari offrendo del tempo ma anche mettendo a disposizione le nostre competenze tecnologiche per migliorare le loro infrastrutture e supportarli nell’ado-zione di soluzioni di collaborazione. Ci sta molto a cuore la promozione della cultura digitale. Oltre 100 col-leghi, in due anni scolastici, hanno incontrato più di 15.000 bambini del-le classi IV, V elementare e I media, oltre 1200 genitori e 500 insegnanti, per dialogare sull’uso sicuro di In-ternet e dei Social Media. Abbiamo esteso gli incontri educativi anche ai ragazzi delle ultime classi delle scuo-le superiori, ne abbiamo ospitati in un anno oltre 500 presso la nostra sede di Vimercate con l’obiettivo di far conoscere l’azienda e rispondere a loro domande sulle professioni del futuro. Abbiamo inoltre una partner-ship, di cui siamo molto orgogliosi, con il Museo Nazionale della Scien-

za e della Tecnologia di Milano per la promozione della divulgazione scientifica. Un altro ambito in cui siamo particolarmente attivi è la promozione della sostenibilità am-bientale, in particolare condividen-do pratiche che riducano l’impatto delle nostre attività quotidiane. In questo la tecnologia è di grande aiuto, consentendoci ad esempio di limitare gli spostamenti di lavoro grazie a strumenti di collaborazione che permettono di lavorare insieme rimanendo nei propri uffici o anche a casa. Coinvolgiamo in questa filo-sofia anche i nostri clienti e i partner. Quest’anno, per l’Ora della Terra del WWF, abbiamo promosso una setti-mana “libera da viaggi di lavoro”, in cui noi, il nostro cliente Amplifon e i nostri partner Dimension Data Italia ed Elmec ci siamo impegnati a usare al massimo la collaborazione online: in cinque giorni lavorativi abbiamo evitato 468 spostamenti nazionali e internazionali, evitando 99,6 tonnel-late di emissioni di Co2. Abbiamo in-fine una Rock Band, la Donation Bay Band, formata da colleghi che suo-

nano per beneficenza in occasione di feste presso le nostre Onlus oppure in eventi privati il cui incasso viene devoluto in beneficenza, sempre ad una delle Onlus che conosciamo bene.

CSR e profitto sono compatibili? Le aziende che producono profit-

to hanno il dovere di generare pro-grammi validi di CSR. Quando la CSR e’ voluta dalla comunita’ dei col-leghi per realizzare obiettivi concreti e tangibili, proposti dai colleghi stes-si, e’ anche un piacere. Lavorare per un’azienda che da’ gli strumenti e la flessibilita’ per organizzarsi nel fare del bene, ci fa sentire piu’ coinvolti e protagonisti e dunque piu’ responsa-bili nella gestione del business.

Come giudicate la partnership con TechSoup Italia?

Siamo molto contenti di lavora-re in partnership con TechSoup per orientare le Associazioni del Terzo Settore che seguiamo nel dotarsi di strumenti idonei per aumentare la loro produttività.

TESTIMONIANZE

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A scuola di Internet

Donation bay band

Volontariato a Villa Paradiso

Intervista a Francesco Benvenuto, Responsabile Relazioni Istituzionali e Civic Council Leader di Cisco Italia.

Sempre più protagonisti con la Responsabilità Sociale d’Impresa

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012TESTIMONIANZE

Contribuire a colmare il divario digitaleL’intervento di Marco Riboli, Vice President e General Manager di Symantec EMEA Southern Region

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Marco Riboli

In tutto il mondo, scuole, biblioteche e le organizzazioni senza scopo di lucro di ogni tipo affrontano la sfida conti-nua di favorire il massimo impatto sociale con minimi costi. E mentre questa realtà ha dato vita ad una creatività e ad una innovazione senza precedenti tra gli imprenditori sociali, rende anche difficile il processo decisionale quando i budget sono ristretti.

Di fronte alle sfide economiche, una delle carenze più dif-fuse per le ONG sono quelle tecnologie indispensabili per gestire le proprie operazioni. Le licenze software, in parti-colare, possono risultare inaccessibili per organizzazioni in crescita ma ancora sotto-finanziate che devono quindi rinun-ciare all’efficienza e ad una sicurezza adeguata. Ad esempio, un’organizzazione potrebbe avere più utenti che condividono un numero limitato di postazioni di lavoro come alternativa all’acquisto di licenze aggiuntive, limitando in tal modo la produttività e l’efficacia.

Per questo motivo, Symantec è molto attiva nella donazione di software per portare benefici su larga scala per gli stake-holder di tutto il mondo Non Profit. Infatti, in qualità di unico canale principale di Symantec di donazioni filantropiche, le donazioni di software hanno rappresentato quasi 20 milioni di dollari nell’anno fiscale 2012, ovvero circa l’83% dei contri-buti di beneficenza della società.

Gran parte di questo successo è attribuibile alla crescen-te collaborazione dell’azienda con TechSoup Global, il part-ner di Symantec per le donazioni di software Non Profit. Dal 1987, TechSoup si è dedicata a mettere in collegamento le organizzazioni benefiche di tutto il mondo con la tecnologia, le risorse e le conoscenze necessarie a queste organizza-zioni per operare al massimo delle loro potenzialità. Grazie alla propria rete di donatori, TechSoup ha sostenuto più di 175.000 organizzazioni non governative con oltre 8,7 milioni di donazioni di prodotti di tecnologia.

Molti dei partner Non Profit di TechSoup sono aziende technology-oriented che stanno contribuendo a colmare il “divario digitale “ che spesso accompagna la disuguaglianza economica. Questo lavoro rafforza il pool globale di talenti IT disponibili per il reclutamento.

Nell’anno fiscale 2012, il programma di donazioni di Syman-tec ha raggiunto e sostenuto le esigenze tecnologiche delle quasi 20.000 organizzazioni non governative in 23 Paesi. I de-stinatari del software hanno potuto scegliere due programmi necessari, con un massimo di 100 licenze all’anno. Symantec Endpoint Protection e Norton Antivirus sono stati quelli più richiesti, con un margine significativo.

Inoltre, nel corso dell’ultimo anno fiscale, Symantec ha dato il suo quarto contributo annuale di 50.000 dollari direttamen-te a TechSoup per la capacity-building, la ricerca del prodotto e le attività di formazione. Guardando all’ anno fiscale 2013, Symantec prevede di espandere il suo programma di dona-zione di software in cinque nuovi paesi a sostegno continuo di TechSoup Global e dei principi di uguaglianza digitale.

La collaborazione di Symantec con TechSoup è attiva anche in Italia e anche nel nostro Paese è possibile ac-quistare, per le organizzazioni Non Profit i prodotti Sy-mantec (www.techsoup.it).

Alcuni esempi di attività senza scopo di lucro sostenu-te da TechSoup e Symantec, includono:

• Opportunità sociali ed educative per i giovani a ri-schio.

• Ricerca di lavoro e stesura di curriculum per i membri delle comunità svantaggiate.

• Corsi di formazione su tecnologia e sicurezza nel web per gli anziani.

• Disaster-response e sforzi di ricostruzione.• Lezioni di informatica e di programmazione per con-

tribuire a sviluppare la prossima generazione di profes-sionisti della tecnologia.

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Oxfam è una delle più importanti organizzazioni non governative a li-vello mondiale. Finalità e obiettivi in una intervista a Marta Pieri, Corpo-rate Partnership manager della filiale italiana.

Di cosa si occupa la vostra realtà? Oxfam è una delle più importan-

ti confederazioni internazionali nel mondo specializzata in Programmi di sviluppo: lavoriamo per aiutare le persone a migliorare le loro condizio-ni di vita, fornendo loro sostegno e ri-sorse adeguati, favorendo processi di sviluppo sostenibili nel lungo perio-do; interventi di emergenza: portiamo acqua, servizi igienico-sanitari e rifugi alle popolazioni vittime di conflitti e disastri naturali. E quando l’emergen-za è finita, sosteniamo la ricostruzio-ne fino al ritorno alla normalità. Cam-pagne di opinione e sensibilizzazione: pubblichiamo analisi e organizziamo eventi di informazione per influenzare le politiche che causano la povertà e l’ingiustizia globale.

Quali sono i principi che ispirano Oxfam?

Oxfam oggi collabora con 3.000 partner locali in 98 paesi per indivi-duare soluzioni durature alla pover-tà e all’ingiustizia. Oxfam Italia, che ha aderito nel 2010 alla confedera-zione internazionale Oxfam, nasce dall’esperienza di Ucodep, organiz-zazione non governativa italiana da oltre 30 anni impegnata con passio-ne e professionalità per migliorare le condizioni di vita di migliaia di per-sone povere nel mondo e dare loro

il potere e l’energia di costruirsi un proprio futuro, di controllare e orien-tare la propria vita, di esercitare i pro-pri diritti. Crediamo infatti che la più grande risorsa del nostro pianeta sia l’energia umana. Ed è questa energia che cerchiamo, liberiamo e sostenia-mo. Per trasformarla in cibo, salute, acqua, istruzione, diritti concreti e dignità della persona. Come Oxfam Italia lavoriamo direttamente in 20 paesi del mondo per contribuire a ga-rantire mezzi di vita sostenibili, il di-ritto all’acqua, la salute e l’istruzione, il rispetto dei diritti umani nelle crisi umanitarie, il diritto alla partecipazio-ne, all’ascolto e la solidarietà. Voglia-mo un mondo in cui tutte le persone abbiano accesso ad una sana alimen-tazione, ad un’abitazione, un lavoro e un degno compenso per le loro fati-che. Un mondo in cui scuole, ospe-dali e acquedotti funzionino e siano accessibili a tutti. Un mondo in cui tutti, possano godere della necessa-ria protezione e assistenza in caso di

conflitti e disastri naturali. Un mondo in cui ogni persona partecipa in modo attivo alla vita sociale, economica e culturale della propria comunità. Un mondo in cui cittadini, istituzioni, im-prese e organizzazioni internazionali lavorano insieme, ciascuno secondo le proprie possibilità, per il bene del-le proprie comunità e per un pianeta sano da consegnare ai propri figli.

Quali sono stati i vantaggi che ave-te riscontrato dalla tecnologia ottenu-ta attraverso il programma di dona-zione TechSoup?

Attraverso il programma di dona-zione TechSoup per il momento ab-biamo ricevuto licenze per sistema operativo Windows a prezzi assolu-tamente non comparabili con il re-ale valore di mercato. Stiamo però collaborando con Microsoft per un progetto molto ambizioso, attraverso l’utilizzazione di Office 365 e quindi di Sharepoint per la gestione di tutte le nostre attività. Il supporto di Techsoup

ci permetterà di mettere le postazioni dei nostri 180 operatori, nelle condi-zioni migliori per operare anche con sistemi avanzati come appunto Office 365. Senza la donazione di TechSoup, l’investimento da parte nostra sareb-be veramente difficile.

Può fare un esempio di un progetto concreto reso possibile dalla donazio-ne di TechSoup?

Grazie alla collaborazione con Mi-crosoft e TechSoup, Oxfam Italia sta sviluppando un sistema di gestione dei documenti e dei processi interni che permetterà grande risparmio di tempo e risorse. Questo avrà un forte impatto nella nostra efficacia e potre-mo per esempio rendere conto ai no-stri donatori in modo più completo e rapido dell’utilizzo dei fondi. Non solo potrà aumentare l’effettiva quota dei fondi destinati al singolo progetto, ma sarà più semplice raccontare cosa stiamo facendo e i risultati che stia-mo ottenendo, rendendo il donatore sempre più partecipe ed informato.

Quale è il vostro augurio per il no-stro lavoro?

TechSoup svolge un ruolo impor-tante nel contesto del Non Profit, spesso ancora poco conosciuto. Ci piacerebbe che grazie al vostro sup-porto molte realtà, anche piccole, possano continuare a crescere e a migliorare le proprie attività. Vi augu-riamo che possiate individuare biso-gni sempre più specifici da diventare il punto di riferimento del settore … Insomma, vi auguriamo di avere così tanto successo che … Babbo Natale vi manderà il suo curriculum!

TESTIMONIANZE

“La più grande risorsa del pianeta? L’energia umana”3.000 partner locali in 98 paesi per individuare soluzioni durature alla povertà e all’ingiustizia. É la filosofia di Oxfam

Marta Pieri

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012TESTIMONIANZE

Emergency, per una cultura di pace

Intervista ad Alberto Almagioni, responsabile Sistemi Informativi della organizzazione umanitaria

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Di cosa si occupa la vostra realtà? EMERGENCY è un’organizzazione umani-

taria fondata in Italia nel 1994 per portare cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. In questi 18 anni, siamo intervenuti in 16 Paesi dove abbiamo costruito, equipaggiato e gestito 7 ospedali, 4 centri di riabilitazione, 5 centri pediatrici, 66 posti di primo soccorso e centri sanitari, un centro di maternità, un centro di cardio-chirurgia. Attualmente lavoriamo in Afghani-stan, Iraq, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone e Sudan e siamo presenti anche in Ita-lia con due poliambulatori a Palermo e Mar-ghera e due ambulatori mobili per garantire cure gratuite a migranti, stranieri e poveri.

Quali sono i principi che ispirano Emergen-cy?

Emergency promuove una cultura di pace e l’affermazione dei diritti umani. Emergency interviene con iniziative umanitarie a favore delle vittime civili dei conflitti e delle con-seguenze sociali come fame malnutrizione, malattie, assenza di cure mediche e istruzio-ne. Gli interventi di Emergency sono mirati alla costruzione e alla gestione di strutture sanitarie come ospedali, cliniche, centri di riabilitazione e di primo soccorso. La forma-zione del personale in loco, per rendere le strutture funzionalmente autosufficienti, è al contempo una delle attività più importanti nell’intervento di Emergency

Quali sono stati i vantaggi che avete ri-scontrato dalla tecnologia ottenuta attraver-so il programma di donazione TechSoup?

La tecnologia è per Emergency uno stru-mento che concorre al perseguimento delle finalità dell’associazione. Emergency utilizza almeno il 90% delle proprie risorse economi-che direttamente sul campo. Nel 2010 l’inci-

denza dei costi amministrativi e di gestione è stata del 6,19% del budget: questo vuol dire che le risorse economiche disponibili per la crescita tecnologica dell’associazione sono molto limitate. La possibilità di accedere con un budget limitato a software e tecnologie altrimenti troppo onerose ha come ulteriore conseguenza la possibilità di semplificare e rendere più efficienti le risorse IT dell’asso-ciazione.

Può fare un esempio di un progetto con-creto reso possibile dalla donazione di Tech-Soup?

Grazie al software di Microsoft messo a disposizione da TechSoup abbiamo effettua-to la migrazione del nostro sistema di po-sta elettronica e collaborazione. Il sistema precedentemente era basato su un singolo server Zimbra. Il progetto ci ha permesso di implementare una struttura Microsoft Ex-change 2010 in alta affidabilità con due ser-ver clusterizzati. Oltre a costituire un netto risparmio sui costi di gestione e manuten-zione, questa soluzione garantisce un ottimo livello di integrazione e di affidabilità che nel contesto del lavoro quotidiano di Emergen-cy.

Quale è il vostro augurio per il nostro la-voro?

Abbiamo trovato in TechSoup un partner importante per lo sviluppo tecnologico della nostra associazione, per questo ci auguria-mo che il vostro lavoro permetta a un nume-ro sempre maggiore di realtà del Non Profit di approfittare di questa occasione di cresci-ta e di “aggiornamento”. Speriamo anche che questo tipo di esperienza possa convin-cere molte altre aziende che si occupano di tecnologia a partecipare al programma di Te-chSoup mettendo i propri prodotti al servizio del Terzo Settore.

www.biteb.org

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012

Un po’ fredda la sala – climatiz-zata all’americana -, molto caldi, invece, i temi sul tappeto. La scar-sità di risorse pubbliche per il Non Profit, ma allo stesso tempo la con-sapevolezza che bisogna percor-rere strade nuove con idee nuove, perché la presenza dello Stato, in tutti i settori dell’economia e del-la società, sarà ridimensionata in modo strutturale. Il messaggio video del Ministro per la Coopera-zione, Andrea Riccardi, ha invitato a riscoprire la solidarietà all’inse-gna dell’innovazione, conferman-do in sostanza il concetto appena espresso. Riccardi ha sottolineato un aspetto molto importante della tecnologia al servizio della solida-rietà: la trasparenza. “Le tecnologie informatiche stanno cambiando anche il modo di fare cooperazio-ne” ha detto il professor Riccardi. “La Rete e i social network favori-scono il controllo cittadino sulle iniziative di cooperazione, rendono visibili i giudizi dei beneficiari de-gli interventi e le intenzioni dei do-natori, diffondono rapidamente le nuove idee”.

Roberta Cocco, da gennaio 2012 direttore responsabilità sociale di Microsoft Italia, ha condiviso le esperienze di digitalizzazione che portato avanti in questi mesi, in una tavola rotonda con cinque re-altà significative del Terzo settore: Oxfam, Ciessevi Milano, Coopera-tiva Solidarietà e Servizi, Fonda-zione Francesca Rava, Emergency. Di queste, Ciessevi, Solidarietà e Servizi e Fondazione Rava han-no ricevuto tecnologia attraverso TechSoup Italia. In generale, dal confronto di esperienze è emerso

uno spiccato interesse delle orga-nizzazioni verso i programmi che permettono di condividere risorse in sicurezza, anche nei contesti ge-ograficamente dispersi come nel caso delle Ong. Un caso interes-sante è l’uso di Sharepoint, appli-cazione contenuta nella suite Office Professional Plus di Microsoft, uno dei prodotti di punta veicolati da TechSoup Italia.

La cooperativa Solidarietà e Ser-vizi, attiva da 30 anni nei servizi so-cioassistenziali a disabili e persone svantaggiate, ha sviluppato grazie a Sharepoint il progetto “Piattafor-ma”, uno spazio di condivisione di informazioni e risorse, riservato per ora ad alcuni operatori, ma che sarà esteso a tutti, in futuro anche a soggetti esterni (es. ASL), con le dovute tutele della privacy degli utenti.

Emergency, la nota organizzazio-ne umanitaria che offre cure me-diche gratuite nelle zone di guer-ra, ha invece ottimizzato la posta elettronica attraverso Microsoft Exchange 2010, con una soluzione ibrida, in parte residente, in parte “cloud”, ospitata su infrastruttura esterna, per gestire al meglio l’ope-ratività in tutte le aree geografiche (attualmente, 6 Paesi) nei quali

Emergency è presente. L’interesse per le soluzioni di cloud computing era molto alto nel pubblico, ma l’incontro non ha soddisfatto ap-pieno il bisogno di capire che cosa sia veramente questa “nuvola tec-nologica”, ancora per molti un og-getto misterioso.

Nella seconda parte della mat-tinata Stefano Sala, fondatore e presidente del BITeB, ha raccontato una storia lunga ormai nove anni, che ha visto il Banco Informatico crescere da semplice “piattaforma” di raccolta e donazione di computer usati a ciò che è oggi, una struttura al servizio del Non Profit con ser-vizi articolati: hardware e software nuovi, tecnologie ricondizionate sia informatiche sia biomediche, consulenza e formazione agli uten-ti, fino alla divulgazione culturale con la nuova rivista “Responsabi-lità Sociale & Tecnologia Solidale”.

Il tema della cooperazione Pro-fit-Non Profit è stato oggetto di un’altra tavola rotonda tra impre-se, istituzioni e associazioni, con il contributo di Artsana, Pubblicità Progresso, L’Orèal Italia, Comune di Milano, Università Bocconi, Co-ordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza. Molto stimolante il dibattito su quale debba essere

oggi il ruolo del settore pubblico, chiamato a orientare più che a ge-stire i servizi. L’orientamento però non deve diventare, a nostro pa-rere, pianificazione dall’alto delle attività svolte dalle organizzazioni Non Profit: queste devono restare libere di incontrare i bisogni che in-tercettano, dando corso a una spin-ta ideale di grande valore, anche se si esprime su un piccolo territorio.

A conclusione della giornata, gli esperti Microsoft si sono messi a disposizione dei partecipanti per informare, chiarire dubbi, discute-re questioni aperte. Un momento importante anche per il Banco In-formatico, per capire quali sono le esigenze più sentite dai nostri be-neficiari e progettare nuove inizia-tive di supporto al loro lavoro.

EVENTO

Solidarietà e innovazione

NGO Day: è l’incontro annuale di Microsoft con il mondo del Terzo Settore. Organizzato

in collaborazione con BITeB e TechSoup Italia,raccoglie centinaia di organizzazioni

Non Profit.

23www.biteb.org

Roberta Cocco

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Un ponte tra l’Italia e la Palestina per dare una speranza di guarigione a tanti malati e disabili che vivono in una terra dove l’assistenza sani-taria è ancora un miraggio per la maggior parte della popolazione.

A lanciarlo è stato il centro di riabilitazione di Betlemme Basr (Bethlehem Arab Society for Reha-bilitation) insieme a CBM, l’organiz-zazione internazionale che da più di un secolo opera per sconfiggere le forme evitabili di cecità e di disabi-lità fisica e mentale nei Paesi in Via di Sviluppo.

Il BASR offre servizi alla popola-zione palestinese nei territori occu-pati e nella regione di Gaza, oltre che nei campi profughi. Nel 2004 sono stati intrapresi i primi passi verso la realizzazione di una clinica per curare e assistere le persone af-fette da ipovisione.

Dal 2005 CBM ha sviluppato con il BASR un piano quinquennale per sostenere i servizi di oftalmologia e audiologia e fornire servizi di scree-ning, terapia e chirurgia per vari tipi di disabilità. Il progetto ha anche favorito dal 2009 il gemellaggio tra i Dipartimenti di audiologia e otori-nolaringoiatria e quello di oftalmo-logia del BASR con l’Ospedale di Varese Fondazione Macchi, grazie al sostegno della Regione Lombar-dia.

Il gemellaggio prevede da una parte periodi di formazione a Bet-

lemme da parte dello staff di Varese al personale del BASR, dall’altra pe-riodi di lavoro dei medici palestine-si presso l’Ospedale di Varese.

Grazie all’esperienza maturata al fianco dei medici italiani, il BASR oggi sta diventando il primo e unico ospedale di tutta la Palestina a trat-tare alcune patologie - soprattutto dell’orecchio medio ed esterno - che colpiscono ampie percentuali sia di bambini che di adulti. Una notizia promettente se si considera che la maggior parte dei pazienti palestinesi, non avendo la possibi-lità di spostarsi in Israele, Egitto o Giordania, rischia la sordità o pro-blemi irreversibili al naso in quanto la malattia, se non curata, si croni-cizza.

Non è stato così per il giovane Suhaib, 12 anni, che un paio di anni fa è stato il primo bambino opera-to di timpanoplastica in tutta la Pa-lestina. L’eccezionale intervento è stato eseguito dal dottor Guglielmo Romano, dell’ospedale Macchi di Varese, proprio nelle strutture del Basr di Betlemme. Il gemellaggio è importante anche per la formazione dei medici palestinesi, come testi-monia il primario Otorino del Basr, dottor Jamil Qumsieh. “Dal 1997 – ci ha raccontatao – non avevo più avuto occasione di aggiornarmi, per questo l’esperienza a fianco dei colleghi di Varese mi è stata estre-mamente utile”.

Lombardia – Palestina: un gemellaggio di speranza

COOPERAZIONE

BITeB e CBM Italia: Onlus insiemeLa collaborazione fra il BITeB e CBM Ita-lia Onlus è nata nel 2010 con l’invio del primo microscopio operatorio al Basr. Fin dall’inizio si è trattato di un’attività importante all’interno del progetto di gemellaggio tra la Fondazione Macchi di Varese e l’ospedale Basr. L’obiettivo del gemellaggio, infatti, non è solo quello di migliorare la qualità dei servizi resi ai pazienti palestinesi nel campo delle disabilità dell’udito, del naso e della gola, ma è anche quello di migliorare le attrezzature necessarie per le operazioni chirurgiche. Il proget-to tra il Basr e l’ospedale Macchi, tutto-ra in corso, è promosso dalla Regione Lombardia e, grazie all’iniziativa re-gionale “Dall’ospedale agli ospedali”, la struttura palestinese ha ricevuto un microscopio operatorio che viene utiliz-zato dal team medico del dipartimento di otorinolaringoiatria per operare e cu-rare i pazienti del Basr.Con il microscopio operatorio, supervi-sionato dagli otorini di Varese che pe-riodicamente visitano il Basr nell’am-bito del progetto di gemellaggio, il dipartimento è ora in grado di rispon-dere alle numerose richieste di cura dei pazienti dall’area. Solo nel 2011, sono stati 52 i pazienti operati dal team me-

dico italiano e palestinese insieme (v. nelle fotografie allegate immagini di bambini operati)La collaborazione tra queste realtà è un esempio di eccellenza della cooperazio-ne sanitaria lombarda. Il circolo virtuo-so che si è creato è infatti un esempio di efficienza: il Policlinico di Milano ha dismesso il microscopio, CBM Italia in-sieme alla Regione Lombardia e il BI-TeB si sono occupati del suo trasferi-mento in Palestina e infine, l’ospedale Basr di Betlemme ha potuto valorizzare al massimo lo strumento utilizzandolo all’interno di un progetto già avviato con l’ospedale di Varese.Oggi CBM Italia sta continuando ad uti-lizzare il servizio offerto dal BITeB per equipaggiare le strutture sanitarie dei suoi progetti di cooperazione interna-zionale. Attualmente è in corso la dismissio-ne di alcune attrezzature e mobilio da ospedali lombardi, che saranno indi-rizzate a due progetti: nella Repubblica Democratica del Congo, presso la Clini-ca oculistica dell’Università di Graben (Butembo) e in Uganda, presso l’ospe-dale CoRSU di Kampala, l’ospedale or-topedico pediatrico per la cura delle di-sabilità fisiche.

L’impegno di CBM Italiaper sconfiggere la cecità

www.biteb.org

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“Dall’Ospedale agli Ospedali”

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COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Fino al 2007 la Regione, per facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta dei beni dismessi dalle aziende sanitarie lombarde - ma ancora funzionanti -, ha fornito attraverso un sito dedicato lo strumento ideale per consentire la richiesta dei beni e la loro assegnazione.

Il sito “beni dismessi” ha reso disponibili, a fa-vore dei soggetti (beneficiari) individuati dalla L.r. 10/2001, ovvero Croce Rossa Italiana, Caritas, ONG, quei beni dismessi dalle aziende sanitarie (esposi-tori) come attrezzature, apparecchiature elettrome-dicali, arredi sanitari, che, attraverso un progetto di cooperazione dedicato, potessero raggiungere i Pa-esi in Via di Sviluppo (PVS).

Il sito è stato disattivato alla fine del 2007.

Dal 2001 al 2007

Regione Lombardia ha ritenuto sin dal 2001 che il patrimonio mobiliare dismesso dalle aziende sanitarie lombarde, qualora funzionante potesse essere riutilizzato a fini umanitari, con priorità verso i paesi in via di sviluppo e per tale motivo con la legge regionale 10/2001 ne organizza la gestione, attraverso un percorso di attuazione che si è evoluto nel tempo.

Il progetto e la sua realizzazione

Il progetto di Regione Lombardia che consente di riutilizzare, per fini umanitari, il patrimonio dismesso dalle aziende sanitarie

www.biteb.org

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012

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Dal 2001 al 2007Nel 2008 la Regione ha voluto innovare la gestione dei beni

dismessi non solo fornendo un sito dedicato, ma anche un ser-vizio aggiuntivo agli espositori e ai beneficiari. Attraverso un soggetto terzo - il Banco Informatico tecnologico e Biomedico (BITeB) - con esperienza nel settore dell’assistenza a progetti di cooperazione nei PVS, Regione Lombardia ha permesso di raggiungere diversi obiettivi molto utili ai beneficiari quali: l’esame delle reali necessità e la rispondenza delle richieste ai bisogni; l’effettiva opportunità di trasferimento dei beni in un’ottica costi benefici e di gestione con particolare riguardo all’installazione, all’alimentazione elettrica, alla manutenzio-ne e alla reperibilità delle parti di ricambio e del materiale di consumo; la gestione logistica per imballaggi, spedizioni e sdoganamenti in loco; gli interventi di ripristino funzionale se opportuni e la raccolta di informazioni sulle apparecchiature volte a garantire l’utilizzo e la manutenzione delle stesse; la ricerca di beni non ancora esposti sul sito ma in fase di di-smissione dalle aziende ospedaliere.

Anche gli espositori hanno potuto raggiungere, grazie all’attività svolta dal personale qualificato del BITeB, diversi obiettivi quali la sicurezza di donare beni con una funzionalità residua; l’estrazione di parti di ricambio per i beni non per-fettamente funzionanti; il supporto tecnico per la corretta e omogenea identificazione e classificazione dei beni sul sito; la pianificazione delle dismissioni e del conseguente invio ai beneficiari richiedenti minimizzando i tempi di giacenza pres-so le strutture e i conseguenti costi; gli interventi di manu-tenzione conservativa, se necessari, nelle more di una futura richiesta dei beni.

Regione Lombardia ha selezionato il BITeB, che opera con le due divisioni - Informatica e Biomedica - per la gestione dei beni dismessi, inizialmente per il periodo luglio 2008-giu-gno 2010, successivamente prorogato fino al 31dicembre 2010 (DDG Sanità n. 4493 del 5.5.2008 e DGR n. 293 del 14.07.2010), attraverso la pubblicazione di un bando di cofinanziamento per la selezione di un progetto “pilota” dal titolo “Dall’Ospe-dale agli Ospedali”, per consentire alle strutture sanitarie e assistenziali dei PVS l’accesso a tecnologie e beni dismessi dalle aziende sanitarie lombarde. (Delibera di Giunta Regiona-le n. VIII/5975 del 5.12.2007 e Decreto del Direttore Generale Sanità n. 16863 del 31.12.2007).

L’ampia adesione al progetto, dovuta ad un’attività costante di promozione dello stesso sia nei confronti degli espositori sia dei beneficiari, ha portato nel periodo di attuazione a do-nare più di 6.570 beni sanitari tra arredi, apparecchiature e strumentazione/accessori, per un valore di € 1.957.663,00, de-stinati a 32 PVS appartenenti all’ Africa, Europa dell’Est, Me-dio Oriente, Sud America e Caraibi.

Dal 2008 al 2010

Regione Lombardia attraverso un nuovo bando per la gestione dei beni dismessi nel triennio 2011-2013, ha aggiudicato ancora al BITeB l’esecu-zione del progetto (DGR n. IX/990 del 15.12.2010 e DDG Sanità n. 13627 del 24.12.2010 - DDG Sanità n. 3876 del 2.05.2011).

Oltre al mantenimento del livello di assegnazione dei beni dismessi ai beneficiari richiedenti va segnalato come nel primo anno del nuovo bando il sito dei beni dismessi www.benidismessi.it sia stato notevolmente poten-ziato ed innovato, anche nella veste grafica, diventando operativo in rete da gennaio 2012. Il nuovo sito semplificato e reso molto più agevole nell’uti-lizzo sia per gli espositori sia per i beneficiari sta permettendo il raggiungi-mento di obiettivi ancora migliori rispetto a quelli raggiunti nel periodo di durata del vecchio bando.

Da un’intervista rilasciata dal Dr. Carlo Corti, responsabile dei progetti in-ternazionali della Direzione Generale Sanità di Regione Lombardia, si evince come lo scopo principale del progetto, studiato ad hoc per garantire siste-maticità e persistenza nel tempo, fosse quello di permettere e facilitare la nascita o la crescita di strutture ospedaliere operanti in contesti di povertà con costi nulli o molto limitati attingendo alla tecnologia, dismessa ma fun-zionante, delle Aziende Ospedaliere lombarde.

Il Dr. Corti si è detto soddisfatto dei risultati raggiunti nel primo biennio considerato il trend in crescita delle dismissioni solidali e con il nuovo ban-do Regione Lombardia ha inteso dare continuità al progetto e soprattutto permettere un’intensificazione delle attività legata anche all’imminente tra-sferimento dell’Ospedale di Bergamo che renderà disponibile una notevole quantità di beni.

Viene anche rimarcato come le difficoltà iniziali del progetto, legate a meccanismi da armonizzare, siano ormai superati grazie alla percezione del “messaggio” da parte del management e delle Ingegnerie cliniche delle Aziende Ospedaliere lombarde. Un esempio del successo di questo “mes-saggio regionale” sono le dismissioni degli ospedali di Vimercate, Como e Legnano che, causa il trasferimento di sede, hanno permesso il recupero di una serie di attrezzature destinate all’allestimento di un’unità di terapia intensiva coronarica presso l’ospedale di Malindi in Kenya.

Concludendo Corti si augura un progressivo aumento della fluidità nelle attività di cooperazione internazionale nonché un incremento della comu-nicazione relativa all’esito delle donazioni nei Paesi in via di Sviluppo, che possa ulteriormente motivare e incentivare gli ospedali lombardi a valoriz-zare in chiave solidale le apparecchiature da dismettere.

Un’analisi dell’attività relativa al nuovo bando per il periodo aprile 2011 – febbraio 2012 indica una sostanziale costanza della cooperazione inter-nazionale con quasi 800.000 € di beni donati e 12 nuovi progetti in fase di esecuzione.

Dal 2011 ad oggi

4/2011 - 2/2012 beni dismessi e riutilizzati (euro per area)

4/2011 - 2/2012 beni dismessi e riutilizzati (euro per genere)

229.700,00;29%

642.360,00;81%

13.200,00;2%

551.620,0069%

Africa

Abbigliamento ospedaliero

Arredo

Europa est

Accessorio/strumentazione

Dispositivo medico

Sud America e Caraibi

Apparecchiatura

Strumento

113.660,00;14%

100,00;0%

450,00;0% 1.000,00;

0% 36.950,00;5%

www.biteb.org

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Anno 1Numero 4/5

Luglio/agosto 2012ESPERIENZE

Un ospedale proprioin “Gamba”L’associazione Amici di Pietro Gamba, operaio diventato medico per un desiderio insopprimibile di aiutare i bisognosi, ha costruito un ospedale moderno ed efficiente a tremila metri di altezza. In una delle zone più povere ed emarginate della Bolivia

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Dopo un buona parte della vita qui in Bolivia, costruendo e abbel-lendo sempre meglio l’ospedale e il suo funzionamento con la ricerca di attrezzature che ci aggiornano, sento che si costruisce anche in questo senso una storia da raccon-tare.

La prima difficoltà identificata restando sul posto è stata la man-canza di luce e acqua, giunte in se-quenza dopo tre e cinque anni .

Con l’arrivo della corrente elettri-ca si è potuto pensare alle pompe per pompare acqua e migliorare il rifornimento di acqua potabile ad ogni casa.

Questo ha significato per me pen-sare all’Ospedale, alla possibilità di poter vedere una radiografia fat-ta sul posto che è stata realizzata nell’89 con un portatile donatomi dall’Ospedale di Bergamo. Con la radiografia si è sviluppata una pic-cola improvvisata sala chirurgica, accanto all’attuale nostra cucina che al tempo era la sala per riunire le infermiere .

Al tempo (1990) quando qui si è eseguito il primo intervento chi-rurgico che era un’ernia inguinale strozzata, seguita poi da un volvolo intestinale per Chagas e da una ce-sarea, ricordo che dall’Italia erano partiti i primi container con mate-riale che serviva per l’installazione idraulica, con scaldabagni per ri-scaldare l’acqua fredda delle nostre altitudini e un motogeneratore per non lasciarci al lume di candela nelle emergenze notturne.

Iniziammo così ad organizzare il laboratorio, la sala parto e l’emer-genza tenendo alcuni letti di de-genza. Dopo l’arrivo della corrente elettrica, arrivò un’ antica macchina portatile per i raggi X, e un antico elettro bisturi dismesso e ancora funzionante con un tavolo operato-rio e vario materiale per il labora-torio. Che strane coincidenze; una suora dell’Ospedale di Faido (Sviz-zera ) dove ero stato per la mia pri-ma pratica ospedaliera, (ora sman-tellato), prima della mia partenza mi regaló un microscopio già usato dicendomi “vedrai che ti servirà“. E ha avuto ragione! Mia moglie è biochimica e devo dire che l’appog-gio del laboratorio è sempre stato una forte spalla di sostegno per le nostre diagnosi mediche. Siamo partiti con l’emoglobinometro di Shali, che misurava l’emoglobi-na senza bisogno d corrente o di spettrofotometro per calcolare le anemie.

Oggi in laboratorio usiamo il Coulter che è un conta- cellule so-fisticato. Il progresso porta anche inconvenienti con nuove attrezzatu-re sempre più sofisticate e costose con apparecchiature che funzio-nano con una targhetta magneti-

ca che calcola il numero di esami senza tener conto del consumo dei reattivi. Lo stesso si è rivelato in al-tre macchine, come anestesia, che usano un Cd che avvia il program-ma. Rovinato il Cd la macchina è ferma.

Inconvenienti tecnici di questo tipo ne abbiamo avuti e risolti pa-recchi. A volte ritrovare la soluzione o riparare i difetti con mezzi poveri e con persone che non conoscono le sofisticate invenzioni, diventa una vera sfida. Una sfida che porta qui il progresso tecnologico e che migliora la prestazione per quanti vogliamo servire .

Come l’autoclave che abbiamo ritirato dal BITeB, per migliorare la nostra sterilizzazione che per anni ha funzionato ma ora, necessaria-mente, la mettiamo anche noi fuo-ri uso per l’insicurezza e i disguidi che ci arreca ogni giorno. Dicevo l’ultima autoclave arrivata dal BI-TeB, è veramente un gioiellino, con un cervello elettronico sofisticato che fa il programma e stampa ogni fase ed ogni passaggio che ese-gue la sterilizzatrice. Prima di ca-pire perché non andava, abbiamo dovuto metterci molto impegno,

tempo e passione per giungere con soddisfazione al risultato. Non riu-scivamo a vedere il ciclo terminato perché nell’ultima fase si interrom-peva nell’aereazione. Non abbiamo trovato tecnici specifici della stes-sa ditta dell’autoclave che siano venuti in aiuto, ma tanti ci hanno dato una mano per la risoluzione dei problemi. Abbiamo capito che la nostra pressione atmosferica, per i tremila metri d’altura, fa va-riare il normale funzionamento della macchina, tarata per la pianu-ra. E abbiamo trovato accorgimenti e adattazioni , anche se con fatica, per giungere allo stesso risultato dell’autoclave come è stata conce-pita.

Dopo aver letto la recente notizia del primo intervento di Palermo re-alizzato unicamente dal robot Le-onardo da Vinci, costato quindici anni di esperienza e prove, penso a quando arriverà il tempo della dismissione del robot per il sop-pravvento di nuove tecnologie e a qualcuno toccherà la donazione del Leonardo. Forse a quel tempo, per le dismissioni occorrerrà pensa-re, oltre alle attrezzature non più a norma o superate, anche al tecnico

specifico che accompagni l’appro-priata installazione e funzionamen-to. Non credo ritorneremo indietro all’emoglobinometro di Shali e non ci abitueremo a vivere ancora con la candela e senza la corrente elettrica!

Dai raggi, siamo passati alla Tac e risonanza, per avere migliori im-magini con più precise diagnosi. In questi posti anche una radiografia può salvare una vita e fare il mira-colo!

Il mondo progredisce sempre meglio lasciando indietro quanto i primi hanno usato come nuovo e come novità. Nella mia famiglia sono il primo di nove figli, di cui tre fratelli sei sorelle. Subito dopo me, viene mio fratello meno fortunato, minore di un anno e tre mesi al qua-le sono sono toccati scarpe e vestiti già usati da me. In questi posti po-veri, mi sento a volte come il secon-do fratello che attende l’arrivo di quanto precedentemente usato dl primo fratello, con la speranza che non sia troppo consumato.

Un sentito ringraziamento e saluto per ben continuare .

Dott. Pietro Gamba

Ringrazio il BITeB di esistere e di essersi organizzato per

l’invio di materiali dismessi da ospedali

ancora in buona condizione di funzionamento.

E’ una buona iniziativa per attrezzare e mantenere

l’aggiornamento delle attrezzature degli ospedali che ,

con un po` di pazienza e con molta passione possono vedere

questo appoggio, trasformarsi in possibili grandi miracoli

nell’aiutare gli altri nel bisogno e risolversi.

Dott. Pietro Gamba

www.biteb.org

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Una Buena Esperanzain Ecuador

Pietre Vive è una fondazione nata grazie all´assistenza sanitaria di base prestata gra-tuitamente da alcuni medici presso i locali della parrocchia diventati ambulatori e di-spensario farmaceutico.Per mezzo della consulenza specialistica e della collaborazione del personale medico e paramedico dell´Ospedale di Treviglio (Ber-gamo) che si reca periodicamente in Ecuador per seguire i programmi ed indirizzarne gli aiuti, la Fondazione ha iniziato ad estendere la sua attività, in particolar modo nelle zone rurali integrandosi con il progetto AEDI.Oltre ai programmi iniziati 6 anni fa per il controllo dei parassiti intestinali che sono una delle maggiori cause di morte infantile, per garantire l´assistenza sanitaria di base da 6 anni nelle vaste zone rurali si è attivata una rete di agenti di salute che, opportunamente formati e guidati dai medici della Fondazio-ne, sono diventati il riferimento sanitario in ogni villaggio. Per i casi più complessi esi-stono dei subcentri di salute dislocati nel ter-ritorio.Pietre Vive contribuisce al reperimento di far-maci ed apparecchiature mediche.Con lo scopo di ridurre le tragiche percentua-li di mortalità neonatale e materna dal 2006 si intende promuovere una gravidanza sicura e prevenire le complicazioni durante il parto formando e dotando di attrezzature adeguate le levatrici locali e organizzando un sistema di trasporto per le urgenze ostetriche e Pe-diatriche all’Ospedale più vicino.Il progetto, gestito dalla Fondazione e finan-ziato in parte dalla Regione Lombardia, vede coinvolti Pietre Vive e l´ospedale di Treviglio, l’ONG “Nuovi spazi al servire” nonché la di-rezione provinciale di Manabì del Ministero di Salute. Fra le iniziative delll’associazione va ricordata la costruzione del dispensario di Pascules (Ecuador).

Il Club Lyons di Lovere, in partnership con l’Associazione Pietre Vive, ha realizzato un importante intervento sanitario nella città di

Guayaquil, la più popolosa città dell’Ecuador.Nel paese sudamericano l’assistenza sanita-ria pubblica è gravemente carente per cui la Chiesa locale ed altre organizzazioni non go-vernative suppliscono questa mancanza for-nendo, tramite propri presidi ambulatoriali, prestazioni sanitarie a basso costo o gratuite.Guayaquil è la città economicamente più importante in Ecuador e come tutte le città sudamericane, ha un centro moderno (sul modello delle città americane ed europee) ma anche una periferia degradata, costituita da quartieri poveri e sovraffollati. Per venire incontro alle esigenze sanitarie della popo-lazione più bisognose di queste aree l’Arci-diocesi ha costruito una rete di sessanta di-spensari, un ospedale ed una clinica per day hospital. Un popoloso quartiere (Pascuales, 50.000 abitanti) risultava però scoperto e per que-sto motivo Mons. Maggi, arcivescovo ausi-liario della Diocesi di Guayaquil, ha chiesto aiuto alla Associazione Pietre Vive ed agli amici del Club Lyons di Lovere. La richiesta era di costruire un dispensario medico anche in questo quartiere, dove la popolazione era costretta a rivolgersi a medici privati o a sob-barcarsi lunghi trasferimenti all’interno della città.I Lyons di Lovere hanno accettato la sfida organizzando, nel corso del 2008 e del 2009, una raccolta fondi a livello provinciale con l’iniziativa “Stampe per l’Ecuador”, un’asta di litografie d’autore che ha consentito di ri-cavare circa 45.000 € che sono stati utilizzati per la costruzione del dispensario. Contem-poraneamente Pietre Vive ha provveduto a fornire le attrezzature sanitarie necessarie, richiedendo l’assegnazione di apparecchia-ture dismesse da cliniche e ospedali tramite l’Associazione BITeB. Il BITeB è una organiz-zazione autorizzata dalla Regione Lombardia che raccoglie le attrezzature dismesse dagli ospedali lombardi, le cataloga, le controlla e le mette a disposizione delle organizzazioni

che ne fanno richiesta per la successiva do-nazione ai Paesi in via di sviluppo. La costruzione del dispensario è stata ulti-mata nel Giugno 2010 e la struttura è subi-to entrata in funzione. Il Presidente del Club Lyons Lovere (Dr. Tino Consoli) e il Presiden-te di Pietre Vive onlus (Dr. Paolo Del Poggio), accompagnati dalla Dr.ssa Gloria Pianon del reparto ostetricia dell’ Ospedale di Treviglio, si sono recati in Ecuador per inaugurarla. La cerimonia è avvenuta davanti alla Chiesa di Pascuales, ubicata accanto al nuovo dispen-sario ed in presenza delle autorità locali.

Il dispensario consiste in una serie di ambu-latori specialistici (Medicina generale, Chi-rurgia, Ostetricia-ginecologia, Pediatria, Or-topedia, ORL, Traumatologia ed Oculistica), un laboratorio analisi ed un mini-servizio di Radiologia. É stato inoltre dotato di una pic-cola sala operatoria per gli interventi di chi-rurgia minore e di una farmacia nella quale i pazienti possono acquistare a basso costo i farmaci prescritti durante le visite.Le prestazioni saranno gratuite solo per i più indigenti mentre gli altri pazienti dovranno pagare un ticket di 2 $ per visita, cifra molto inferiore rispetto a quanto dovrebbero paga-re se si rivolgessero a medici privati (circa 20 $).L’attività è iniziata a luglio con un “open day” nel quale le prestazioni sono state eseguite gratuitamente. A settembre è previsto l’ar-rivo dall’Italia di altre attrezzature sanitarie, tra le quali un ecografo ed un mammografo, che consentirà di iniziare anche in Pascuales lo screening per la diagnosi precoce del car-cinoma mammario.

Pietre Vive Onlus si occupa di solidarietà internazionale dal 2003. Tutti i progetti hanno il loro fondamento nell’opera missionaria di Monsignor Dario Maggi, che vive nel Paese sudamericano dal 1992 ed è oggi vescovo di Ibarra

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Luglio/agosto 2012CSR SUL WEB

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Anno 1Numero 4/5Luglio/agosto 2012 ESPERIENZE

www.biteb.org

AutogrillPer il dopo-caffè andiamo tutti al Giardino BotanicoI punti vendita HMSHost, presenti nell’aeroporto internazionale di Tampa in Florida, hanno stabilito una partnership con il Giardino Botanico della University of South Florida per il recupero dei fondi di caffè, da destinare al compostaggio. Saranno circa 45mila i pounds di fondi di caffè che quest’anno, grazie alla collaborazione con la University of South Florida, eviteranno di essere trasportati in disca-rica.

Nutrizionisti in azienda per la formazione dei dipendentiA inizio 2011, presso la sede italiana di Autogrill (Milano), è stato avviato il progetto benessere “Buon per me”, una campagna di educazione alimentare strutturata in incontri con esperti, rubriche online sulla intranet aziendale e programmi personalizzati con la possibilità di richiedere una visita presso la sede in orario di lavoro con la nutrizionista. Questo percorso ha avuto un’applicazione concreta con la realizzazione nel ristorante aziendale di menu bilanciati combinati ad hoc per le diverse esigenze, in linea con le indicazioni della piramide alimentare italiana.

BayerBere consapevole e guida responsabile: realizzato il film “Asfalto Rosso”Un progetto di comunicazione che ha il Patrocinio della Regione Lombardia. Partner dell`iniziativa: Fondazione Umberto Veronesi, Virgin Radio, Comunità di San Patrignano, As-sociazione Familiari e Vittime della Strada, UCI Cinemas. L’Onu stima più vittime sulla strada che per l’Aids e ha indetto il decennio di iniziative per la sicurezza stradale. “Con Asfalto Rosso intendiamo stimolare il senso di responsabilità e autonomia decisionale nei giovani, allo sco-po di prevenire gli incidenti stradali, principale causa di morte tra gli under 40, promuovendo una guida sicura e un bere corretto e consapevole”, ha dichiarato Daniele Rosa, direttore Corporate Communications del Gruppo Bayer in Italia e co-autore del soggetto.

I bambini e il Pianeta. I bambini del mondo disegnano l’ambienteL’impegno del Gruppo per l’ambiente si concretizza sia in nuove tecnologie produttive volte a ridurre le emissioni di gas serra delle proprie attività e in prodotti innovativi in grado di dare un contributo diretto al risparmio e alla conservazione delle risorse naturali, sia in ini-ziative tese a sensibilizzare bambini e adulti sulle tematiche ambientali. Per coinvolgere le future generazioni Bayer in Italia organizza mostre itineranti sul territorio nazionale dei disegni provenienti dalla International Children’s Painting Competition on the Environment, iniziativa promossa a livello globale dalla casa madre in collaborazione con UNEP.

Gruppo Credito ValtellineseInternet Saloon, una scuola dedicata ai senjor per imparare a navigare in internet e a usare il computerNato in forma sperimentale nel 2000, negli anni Internet Saloon si è configurato come una grande e innovativa esperienza nel campo socio-culturale in qualità di scuola stabile di Internet e di infor-matica per la fascia di età ultra-cinquantenne; nel 2010, undicesimo anno di attività, erano attivi sette Internet Saloon con circa 10.500 posti-corso e oltre 16.000 posti per le esercitazioni successi-ve nelle apposite “palestre”. Per l’anno 2011-2012 le sedi attive sono 3: Milano, Sondrio e Catania.

Gruppo HERAFilonido: A Bologna il quarto asilo nido interaziendale del Gruppo HeraFilonido è frutto di un percorso realizzato dalla Regione Emilia-Romagna con il Comune di Bolo-gna e alcuni enti/imprese tra cui il Gruppo Hera. Con l’asilo nido di Bologna, dopo Cesena, Imola e Ravenna, prosegue l’impegno di Hera per favorire la conciliazione degli impegni familiari con quelli di lavoro dei propri lavoratori: 58 i posti complessivamente disponibili. 5 i figli dei dipendenti del Gruppo Hera ospitati dall’asilo.

“Mi Muovo elettrico”. L’Hera della mobilità elettrica in Emilia RomagnaDopo la sigla, a dicembre 2010, del protocollo d’intesa con Enel e i Comuni di Bologna, Reggio Emilia e Rimini, la Regione Emilia-Romagna a marzo 2011 ha siglato un patto con Hera S.p.A. am-pliando la rete dei Comuni coinvolti nel piano “Mi Muovo elettrico”. I progetti pilota previsti dal programma “L’Hera della mobilità elettrica in Emilia-Romagna”, hanno visto l’installazione delle prime “colonnine” di ricarica per auto elettriche a Bologna, Imola e Modena a settembre 2011. 40 le infrastrutture innovative previste per la ricarica dei veicoli elettrici destinati al trasporto di perso-ne e di merci, da installare in sede sia pubblica sia privata.

TernaIl sole per l’acqua: progetto di RECOSOL in NigerL’associazione ReCoSol - Rete dei Comuni Solidali del Piemonte ha avviato in Niger il progetto “Il sole per l’acqua”: l’obiettivo è quello di sviluppare l’orticoltura al femminile grazie a sistemi di pompaggio dell’acqua irrigua alimentati con pannelli solari. L’attività è stata coordinata da dipen-denti di Terna che ha contribuito all’iniziativa anche mettendo a disposizione di ReCoSol proprio materiale dismesso.

Premio Terna per l’Arte Contemporanea. Un esempio di successo imprenditoriale e culturale. Il Premio Terna per l’Arte Contemporanea è giunto quest’anno alla sua quarta edizione, rinnovan-do il Protocollo d’Intesa triennale con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali finalizzato alla promozione e alla valorizzazione dell’arte contemporanea italiana e con l’obiettivo di far emergere l’eccellenza e la creatività degli artisti, con particolare attenzione ai giovani. Un grosso sostegno all’arte da parte di Terna, in un periodo in cui il settore culturale e artistico italiano ha bisogno di partnership tra operatori pubblici e privati per condividere l’impegno nella crescita del Paese.Per iscriversi basta cliccare www.premioterna.com entro lunedì 1 ottobre 2012.

Donazioni alle Onlus: si può detrarre di piùE’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale la leg-ge 6 luglio 2012 n. 96: dall’attuale 19% si passa al 24% per l’anno 2013 e al 26% a decorrere dall’anno 2014, quote equiparate a quelle per le erogazioni liberali ai partiti.

Sulla Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 2012 n. 158 ap-pare la Legge 6 luglio 2012 n. 96 “Norme in mate-ria di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l’adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finan-ziamento dei partiti e dei movimenti politici e per l’armonizzazione del regime relativo alle detrazio-ni fiscali”. L’entrata in vigore del provvedimento è fissata per il prossimo 24 luglio 2012

È dunque ufficiale: a partire dal 2013 le donazioni alle onlus saranno detraibili in una quota più alta di oggi ed equiparata a quella per le erogazioni liberali ai partiti.

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