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Periodico di informazione e cultura Canosa di Puglia - Anno XVII n. 1 - Gennaio/Febbraio 2009 METTI UNA SERA … IN CONSIGLIO COMUNALE LA MEMORIA E LA SPERANZA di Mario Mangione Pag. 15 Continua a pag. 5 Continua a pag. 2 di Enzo Azzellino ‘PORTIAMO DIO NEL CYBERSPAZIO’ di don Felice BACCO Pag. 7 Liberata Gerusalemme da Goffredo di Buglione, i Latini costituirono Na- zareth Metropoli. Ma in seguito la Palestina fu ripresa dai Saraceni e il 2 ottobre 1187 il sul- tano d’Egitto Saladino entrò trionfante nella città, dopo che il suo difensore Baliano di Ibelin negoziò una resa onorevole, in cambio dell’evacuazione di circa 16.000 abitanti cristiani, i quali vennero fatti uscire e imbarcare senza subire perdite. Affresco nella cappella di Santa Maria di Nazareth a Vaglio della Basilicata San Sabino patrono di Gravina? Se la forma è la ma- schera della sostanza, per dimostrarlo riportiamo in modo esemplificativo la cronaca - si spera puntuale anche se sommaria - di quanto accaduto lunedì 18 gennaio nella Sala consi- liare del nostro Comune.

San Sabino patrono di Gravina? - diocesiandria.org · soggette.Anoi sono pervenute salve solo le immagini nella chiesa di san Donato a Va-glio, nella Basilica Cattedrale di Gravina

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Periodico di informazione e cultura Canosa di Puglia - Anno XVII n. 1 - Gennaio/Febbraio 2009

METTI UNA SERA …

IN CONSIGLIO

COMUNALE

LA MEMORIA

E LA SPERANZA

di Mario Mangione

Pag. 15Continua a pag. 5

Continua a pag. 2

di Enzo Azzellino

‘PORTIAMO DIO

NEL CYBERSPAZIO’

di don Felice BACCO

Pag. 7

Liberata Gerusalemme da Goffredodi Buglione, i Latini costituirono Na-zareth Metropoli.

Ma in seguito la Palestina fu ripresadai Saraceni e il 2 ottobre 1187 il sul-tano d’Egitto Saladino entrò trionfantenella città, dopo che il suo difensoreBaliano di Ibelin negoziò una resaonorevole, in cambio dell’evacuazionedi circa 16.000 abitanti cristiani, iquali vennero fatti uscire e imbarcaresenza subire perdite.Affresco nella cappella di Santa Maria di Nazareth

a Vaglio della Basilicata

San Sabino

patrono di Gravina?

Se la forma è la ma-schera della sostanza, perdimostrarlo riportiamo inmodo esemplificativo lacronaca - si spera puntualeanche se sommaria - diquanto accaduto lunedì 18gennaio nella Sala consi-liare del nostro Comune.

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il Campanile 1/2010/2FEDE

Fuggito dalla Galilea, l’Arcivescovo diNazareth trovò scampo in Puglia stabilendola sua residenza a Barletta dove, sin dagliinizi del XII secolo, era stata costituita lachiesa extra moenia Bardoli di Santa Maria

di Nazareth nel borgo di sant’Antonio e alui fu concesso l’uso liturgico del Pallio edella Croce, nonché la piena giurisdizioneepiscopale sulla città, mantenendo i diritti ei privilegi su chiese e beni ad essa perti-nenti.

Subito dopo la nomina a papa di CallistoIII, il vescovo di Canne Iacopo de Auriliafu nominato Arcivescovo di Nazareth e nel1455 la unì alla sede di Barletta, estendendola giurisdizione a quelle città ricadenti in di-verse diocesi e arcidiocesi pugliesi, cam-pane, calabre e lucane, in particolare, allecittà di Oppido, Padula, Potenza e Vagliodella Basilicata.

Vari rettori si alternarono nel corso deltempo nella gestione della lontana chiesa pu-gliese e dei beni di appartenenza del vescovodi Nazareth, tra cui, quindi, c’era anche lachiesa lucana di san Donato (Fig. 1).

L’edificio, risalente al XIV secolo, è ca-ratterizzato da forme semplici ed essenziali,a cui una certa suggestione è conferita dallecortine murarie in pietra; ha copertura aspioventi con campanile a vela e l’aula in-terna è impostata su due navatelle, affian-cate e divise da un unico arco, ognunaterminante in una piccola abside semicirco-lare (quella con la cappella di san Donatoe l’altra di Santa Maria di Nazareth), a cui

si può accedere mediante due portali sim-metrici con finestra soprastante.

L’interno è arredato con la statua dellaMadonna costruita con malta e pietre chepuò essere datata tra la fine del secolo XVe gli inizi del XVI secolo, epoca a cui sem-brano risalire anche le statue di San Donato(Fig. 2) e di Santa Maria di Nazareth (Fig.

3), della stessa fattura, pur tra rifacimenti eridipinture di periodi diversi tra cui, ultimi,quelli di fine Ottocento, inizi del Nove-cento.

Una delle pareti è arricchita da una lastramarmorea percorsa da un’epigrafe, il cuicontenuto ricorda la presenza nella chiesadella Confraternita di Santa Maria di Naza-reth ed i restauri di cui i suoi membri si fe-cero promotori alla metà del ‘500: “Hocopus fecit venerabiles Confratres SanctaeMariae Nazarenae 1553”.

Sulle pareti interne della chiesa di sanDonato si dispiega un interessante ciclo diaffreschi e di quelli presenti sull’emiciclodell’abside sono rimasti soltanto due voltidi santi aureolati, che volgono in direzioneopposta sullo sfondo di un drappo rosso esembrano fiancheggiati da qualche altra fi-

gura. I modi pittorici rinviano ad una ese-cuzione che è possibile datare tra la fine delXV e gli inizi del XVI secolo.

Fra le varie scene si scorge, presente sullaparte sinistra dell’arco divisorio interno, laraffigurazione di San Sabino come identifi-cato dalla scritta che scorre sulla corniceche raffigura “SANCTUS SABINUS”, pa-trono della città di Gravina.

Egli si mostra leggermente ruotato e au-reolato, ha barba bianca e canuta a sottoli-neare la sua veneranda età (così come èraccontato da san Gregorio Magno papa neisuoi Dialoghi), benedice rivolto agli astanti

con sguardo suadente e penetrante, indossail piviale di colore rosso fermato sul pettoda uno spillone dorato; infine, regge il pa-storale i cui contorni pian piano dileguanotra lo scialbo.

È compito facile spiegare il “patronatogravinese” di san Sabino Vescovo di Ca-nosa.

Ricordiamo che il re Carlo I d’Angiòconcesse Canosa a Carlo di Lagonessa “mi-lite e senescalco” del Regno di Napoli. Nel1457 il re Alfonso, per morte di AntonuccioOrsini, figlio primogenito di Francescoconte di Gravina e di Cupersano (Conver-sano) e Prefetto di Roma, investì suo fra-tello Alessandro Orsini delle città diGravina, Terlizzi e Canosa.

Francesco Orsini, a seguito di una clamo-rosa vittoria sullo Sforza, dalla Regina Gio-vanna II fu nominato Conte di Gravina eSignore di Campagna e Conversano, non-ché dei feudi di Terlizzi, Monteverde, Gua-ragnone, Spinazzola e Vaglio dellaBasilicata.

San Sabino patrono di Gravina?Affresco nella cappella di Santa Maria di Nazareth a Vaglio della Basilicata

di Pasquale Ieva*

Fig. 1 - Chiesa di san Donato,Vaglio della Basilicata (Pz).

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Fig. 3 - Statua di santa Maria di Nazareth,Chiesa di san Donato.

Liberata Gerusalemme da Goffredo di Buglione, i Latini costituirono Naza-reth Metropoli.

Ma in seguito la Palestina fu ripresa dai Saraceni e il 2 ottobre 1187 il sultanod’Egitto Saladino entrò trionfante nella città, dopo che il suo difensore Balianodi Ibelin negoziò una resa onorevole, in cambio dell’evacuazione di circa 16.000abitanti cristiani, i quali vennero fatti uscire e imbarcare senza subire perdite.

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il Campanile3/1/2010 FEDE

Essendo, quindi, Canosa e Vaglio posse-dimenti degli Orsini e riconoscendosi tuttala famiglia devota di san Sabino, lo elesseroPatrono della loro città facendolo raffigu-rare nelle chiese dei territori ad essi sotto-messi, per la venerazione delle popolazionisoggette. A noi sono pervenute salve solo leimmagini nella chiesa di san Donato a Va-glio, nella Basilica Cattedrale di Gravina(Fig. 4) e nella Basilica Cattedrale di Ca-nosa.

Divisa in tre navate da due ordini di co-lonne in numero di 14 (sette per lato), nel1700 la Basilica Cattedrale di Gravina fucoperta da nobile soffitto di legno intagliatoe dorato, di stile barocco. In esso si vedonocinque enormi quadri: il primo rappresentaun gruppo di 19 santi usciti tutti dalla fami-glia Orsini; il secondo l’apparizione a sanFilippo Neri del tetto della Vallicella (la co-siddetta Chiesa Nuova a Roma) sorrettodalla Madonna; il centrale con l’Assunzionedi Maria Vergine al cielo; il quarto la batta-glia di san Michele Arcangelo contro gliAngeli ribelli; il quinto ed ultimo con unaltro gruppo dei Santi Protettori del Regnodi Napoli, della Provincia di Bari e secon-dari della stessa città di Gravina (Fig. 5).

Sono identificabili chiaramente in primopiano al centro san Nicola di Mira in attobenedicente alla maniera bizantina (manodestra aperta con il pollice piegato e so-vrapposto all’anulare) e riconoscibileanche con l’attributo iconografico del put-tino che sorregge tre sfere di oro, alla suadestra san Sabino e al lato opposto san Gen-naro che porta la palma del martirio.

A riconferma della devozione persistentee durevole della famiglia Orsini nei con-fronti di san Sabino, nel 1476 un GiacomoOrsini commissionò una pala per l’altaremaggiore della Cattedrale di Canosa, for-mata da sette tavole con le figure della:Beata Vergine Maria con Bambino, i santiPietro, Felice, Giacomo, Sabino e i martiriGiovanni e Paolo (Fig. 6).

Delle originarie tavole, solo quattro sonostate recuperate dopo un lungo periodo du-

rante il quale si erano perse le tracce; ora,finalmente, le tavole superstiti sono ritor-nate nel luogo originario qui a Canosa, inattesa di essere esposte e ammirate nelMuseo della stessa Basilica Cattedrale.

Il prevosto Angelo Andrea Tortora, nellasua prestigiosa opera in cui racconta condovizia di particolari e con rigorosa docu-mentazione la “Storia della Chiesa di Ca-nosa”, narra del fallito tentativodell’arcivescovo di Nazareth di unire laChiesa di Canosa alla sua.

Era di questi tempi che in Canosa si ce-lebrava nel 1755 la festa del 9 febbraio de-dicata al dies natalis di san Sabino, quando“tra i tantissimi convenuti per la circo-stanza, erano presenti parecchi addetti allaservitù ella chiesa di Nazareth. Questi dif-fusero ad arte in mezzo al popolo la voceche la Chiesa di Canosa era stata unitaallo loro chiesa e sprizzavano tanta gioiadai loro volti da sembrare proprio quelli dicui parla Isaia «Essi si rallegrano davantia te, come all’epoca delle messe, come vin-citori presi dalla gioia nello spartire il bot-tino». Questa voce, divulgatasi in unbaleno in tutta le città, come di solito ac-

cade, mise il timore in corpo a tutti i Ca-nosini ed il pallore sul loro volto”.Continua il Tortora.

Le dignità ed i canonici dell’insigne Ca-pitolo decisero di indirizzare alla procuraun esposto che fu vergato il 15 febbraiosuccessivo e di mandare un procuratore aRoma con l’incarico di supplicare ilSommo Pontefice di dare benevoloascolto.

In pratica l’arcivescovo di Nazarethchiedeva al Papa di poter rinunziare allaChiesa di Monteverde che era unita aquella di Canne, per assorbire la prevo-stura di Canosa, ordinandone l’annessioneall’episcopato di Canne. Il tutto perché,scriveva, che era molto difficoltoso rag-giungere le varie sedi citate per le notevolidistanze tra loro.

Mentre avvenivano queste cose, i clamoridei Canosini giunsero alle orecchie del reCarlo II di Borbone, il quale, però, congrande equità e giustizia, dispose un servi-zio di stretta vigilanza atto ad assicurare so-prattutto la protezione della Chiesa diCanosa.

Non si era ancora placata la pretesa di fa-gocitare la predetta Chiesa a quella di Naza-reth, che una nuova querelle videprotagonisti gli arcivescovi di Trani, di Barie del vescovo di Minervino contrapposti traloro perché, contemporaneamente, tutti bra-mosi anch’essi di incorporare l’antica e pre-stigiosa Chiesa canosina, tanto che non

disdegnarono di presentare al Ponteficeanaloghe suppliche in tal senso.

L’accorpamento con l’una o l’altra Chiesanon avvenne in favore di nessuna di esse e aCanosa rimase autonoma e affrancata qualeSede Nullius con a capo un Prevosto.

Erano secoli che, oramai, a Canosa erastata scippata la sede vescovile e depaupe-rata della sua antica importanza e del presti-gio che godeva in tutta la Puglia e in quellache una volta era definita come Calabria.

Erano secoli che, oramai, da Canosaerano stati portati via tesori, suppellettili, ar-redi sacri, opere d’arte, reliquie.

Erano secoli che, oramai, alla Chiesa diCanosa nessuno offriva più preziosi “segni”della devozione sua e della propria famigliae non godeva più dei privilegi concessi daregnanti e signori.

Rimangono per fortuna poche testimo-nianze dell’originaria magnificenza, comela sedia vescovile, l’ambone e le monoliti-che colonne di verde antico che per poconon furono rimosse e vendute.

Ma questa è un’altra storia che racconte-remo in altra circostanza.

Ci rimane anche l’esultanza per la vene-razione e l’ammirazione della grande figuradi san Sabino di Canosa da parte di moltidevoti di altri luoghi così lontani che loelessero a loro Patrono, consapevoli che il“NOSTRO SANTO” al quale abbiamo dasempre rivolto suppliche, sia stato e sia an-cora anche il “LORO SANTO” al quale in-dirizzano preghiere e invocazioni.

Noi tutti, così, accomunati in un identico,corale, unanime desiderio, ci riconosciamouniti nella Sua fede in un atto di consacra-zione alla Sua santità inneggiando così:“…IN PIENA FEDE IO VENGO A TE,

O SAN SABINO PREGA PER ME!”.

*Presidente Società di Storia Patria perla Puglia - Sezione di Canosa

Fig. 4 - Basilica Cattedrale di Gravina in Puglia.

Fig. 5 - Quadro con san Nicola, san Sabino,san Gennaro.

Fig. 6 - Polittico di Canosa.

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il Campanile 1/2010/4POLITICA

Cogliamo l’assunto iniziale non perproporre ai nostri lettori una lezionesul consenso, che altri terrebbero conmaggiore efficacia e più sicura padro-nanza argomentativa, ma per piegarloverso una riflessione, personale e col-lettiva, all’interno del nostro territorio,nel momento in cui ci prepariamo aduna nuova consultazione elettorale,questa volta per la scelta del Presi-dente della Regione e per il rinnovodel Consiglio regionale. Insieme aglielettori della Puglia, a fine marzo icittadini di altre dodici regioni do-vranno esprimere il proprio consensoad un partito o ad una coalizione, adun candidato.

E’ un momento fondamentale per lavita pubblica di ogni regione coin-volta, perché ogni cittadino, sulla basedella propria esperienza quotidiana,comprende quanto siano importanti lescelte politiche regionali, tenuto contodelle materie ad esse affidate in viaesclusiva, concomitante o applicativadelle leggi dettate dal parlamento na-zionale o espresse dalle normative co-munitarie europee, che si riverberanoa cascata sulle Enti locali minori. Am-biti come la sanità, l’ambiente, lascuola, le infrastrutture, il lavoro, il si-stema complessivo di interventi per lefasce più deboli di popolazione, di-pendono in buona parte dalla virtuo-sità e dalla capacità gestionale deigoverni regionali. Per tali ragioni, sipresume che il momento del voto siapreceduto da un’ampia e circostan-

ziata informazione, che i partiti fac-ciano tutto il possibile per far giun-gere in ogni casa, ad ogni elettore, inmodo chiaro e veritiero, i propri pro-grammi, e i candidati si presentino,spieghino la loro idea del bene co-mune e attraverso quali azioni inten-dono affermarlo.

E’ vero anche che il territorio èvasto e che inevitabilmente i candidatidebbano servirsi di strutture e refe-renti locali in ogni comune, i quali do-

vrebbero agire con le medesimefinalità, ma spesso lo fanno secondoprocedure e comportamenti riprove-voli. Purtroppo, in un passato più omeno recente così è stato e gli episodidi corruzione, di malversazione, dicattiva e bassa politica, hanno confer-mato che in molti casi e per diversipersonaggi il consenso ottenuto e ilrapporto con l’elettorato sono stati vi-ziati da strumenti persuasivi dirom-penti e perniciosi, destinati arafforzare lo spirito di rassegnazionenei più anziani e a produrre effetti de-vastanti sulle generazioni più giovani.

Ci si chiede allora quali potrebberoessere le “istruzioni per l’uso” ancheper gli elettori meno preparati, quelleche bisognerebbe osservare prima e aprescindere dalla scelta politica, e con

un’attenta riflessione non dovrebbeessere difficile verificarle.

Si voti a sinistra, a destra o al centro,per conservatori o riformatori, biso-gnerebbe diffidare di chi promette unposto di lavoro, una casa, un sussidio(lo starà garantendo ad ogni suo po-tenziale elettore) trasformando dei di-ritti in privati e “disinteressati” quanto“amorevoli” favori, di chi trova nellapolitica la soluzione al proprio futuro,a quello dei parenti e degli accoliti, dichi si ricorda che l’elettore esiste soloin determinati frangenti e gli si fingeamico per carpire il voto, di chi in pas-sato è stato sanzionato per comporta-menti pubblici illeciti, di chi abusadella propria posizione sociale e pro-fessionale per pretendere il consenso,di chi organizza una vera e propriabanca del voto, arrivando a farne unaillecita compravendita.

Si parla spesso dell’intreccio perico-loso tra politica insana, economiamalsana e società civile debole, chedall’unità d’Italia ad oggi continua asegnare pesantemente la vita pubblicanazionale e delle regioni meridionaliin particolare. Sarà retorico, allora, inun tempo in cui l’appello al popolo èdiventato una sorta di slogan utile inogni situazione, proporre il sogno diun Paese, di una regione, di una città,in cui ogni elettore rivendichi respon-sabilmente e liberamente la dignitàdel proprio ruolo e i candidati ricono-scano al “popolo” il valore della cit-tadinanza?

IL CONSENSODi Mario Mangione

Sul consenso – l’etimologia latina del ‘sentire insieme’ è rimasta intattanel nostro vocabolario – sono stati spesi fiumi d’inchiostro nella elabo-razione di teorie capaci di individuarne i fondamenti, le ragioni, gli scopi,i modi, i mezzi, che consentono la sua realizzazione. Sul consenso in po-litica, il laboratorio di ricerca è altrettanto vasto e, in questa nostra so-cietà dominata dalla persuasione massiva dei grandi mezzi dicomunicazione e verificata continuamente attraverso indagini demosco-piche, sta raggiungendo risultati che potremmo definire scientifici nellaloro esattezza se non dovessero fare i conti con la libertà decisionale in-dividuale, che è propria delle democrazie più mature, capace, presto otardi, di scompaginare i risultati di ogni campagna elettorale.

... i partiti facciano tutto il possi-bile per far giungere in ogni casa,ad ogni elettore, in modo chiaro everitiero, i propri programmi ...

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il Campanile5/1/2010 SOCIETA’

Breve appello per la verifica del nu-mero legale, qualche battuta prelimi-nare di chiarimento circa alcunespese, poi inizia il dibattito mentrel’usciere si premura di distribuirecopia dell’ordine del giorno a tuttii consiglieri presenti, evidente-mente perché ognuno possa leg-gerlo e prendere atto deicontenuti. Prima riflessione: se cisi prepara ad affrontare un argo-mento, non sarebbe opportuno es-serne edotti in tempo utile percapirne le ragioni e valutarne lecriticità? Meglio tardi che mai,ma sono pochi a farlo, alcuni per-ché impegnati al cellulare, altri perchéimmediatamente escono ed entrano,altri ancora infervorati in colloqui pri-vati con il collega seduto accanto oaddirittura in scanni più lontani.

Il primo a prendere la parola è il Ca-pogruppo dei consiglieri di mino-ranza, il quale introduce l’argomentocon una serie di dati numerici volti adelineare i contorni del problema, leforme dei disagi e la gravità con cuiessi si manifestano. Terminato l’inter-vento, si susseguono di volta in voltaquelli di un paio di consiglieri di mag-gioranza, di due altri consiglieri di mi-noranza, intervallati dalle precisazionidi due assessori, ribattute da altre re-pliche, più o meno brevi, quasi tuttedi merito; le valutazioni, diversa-mente prospettate da una parte e dal-l’altra, lasciano capire che tutti (per“tutti” intendiamo quella parte mu-tante di coloro che seguono i lavori)concordano sulla gravità del momento

e delle situazioni, ma si dividono sullacapacità di progettazione, sulla ge-stione delle risorse, sulla volontà di

interazione tra le figure impegnate.La scena non cambia: andirivieni,

battute, telefonini in azione, chiamatea distanza, risatine individuali e digruppo, posizioni di sfinimento, pic-cole anticipazioni del pasto serale.

Il capogruppo di minoranza, in vistadel voto finale, viene invitato a leg-gere l’ordine del giorno; il titolo è di-verso da quello con cui la seduta èstata introdotta: “Ordine del giornosulle iniziative da intraprendere perfavorire un miglioramento effettivodelle condizioni sociali ed economi-che della popolazione di Canosa diPuglia”; le proposte elencate all’in-terno del documento sembrano for-malmente bene articolate.

La scena cambia: si chiedono preci-sazioni, si ottengono pareri, ci si di-vide sulle interpretazioni da dare alregolamento circa il sospetto di un or-dine del giorno piuttosto generico, sirecrimina su precedenti e difformi

comportamenti, si ribadisce la sovra-nità delle decisioni consigliari, sicerca una revisione condivisibile deltesto, si offre timidamente una for-mula di mediazione, si richiamano iconsiglieri al voto, qualcuno è già an-dato via, la formula di compromessoviene ritirata. Ore 21.15: il Presidenteannuncia che la pregiudiziale proce-durale avanzata da un consigliere dimaggioranza impedisce la votazione.Per dirla con Shakespeare: molto ru-more per nulla.

Per quelle misteriose alchimie chela mente continuamente rime-scola, associando antiche espe-rienze a quella presente, miviene da pensare ad una personache casualmente abbia la possi-bilità di assistere a quanto po-trebbe avvenire, findall’ingresso, in un’aula scola-stica. Suona la campanella, unaparte degli alunni è al proprioposto, l’insegnante si accingealla lezione. Alla spicciolata en-trano i ritardatari, per niente sen-

sibili al fatto di non essere puntuali;trascorrono altri minuti, l’insegnantecerca di dare un senso alla propriapresenza; nel frattempo i ritardatarichiacchierano con i compagni, qual-cuno più sfacciato esce dall’aula, usail telefonino, posticipa la colazione oanticipa la merenda, l’insegnanteteme di essere fuori posto, l’osserva-tore assiste allibito. Suona la finedell’ora. E’ evidente che a scuola cisono delle regole da osservare equanto è stato descritto non dovrebbeaccadere!

Qualcuno, leggendo questo articolo,avrà pensato che sia stato dato ecces-sivo risalto ad aspetti secondari di“galateo” a fronte di fatti, situazioni eproblemi che riguardano la vita dellepersone più deboli della nostra città, eche non sia stato scritto un pezzo “po-litico”. Invitiamo a rileggerlo attenta-mente, sicuramente potrà giovare atutti.

Di Mario Mangione

METTI UNA SERA … IN CONSIGLIO COMUNALE

Se la forma è la maschera della sostanza, per dimostrarlo riportiamo inmodo esemplificativo la cronaca - si spera puntuale anche se sommaria - diquanto accaduto lunedì 18 gennaio nella Sala consiliare del nostro Comune.

Non saranno note di merito circa il valore delle proposte, quanto osserva-zioni di comportamento che qualsiasi cittadino presente in aula avrebbe po-tuto cogliere e registrare.

Annunciata dall’Ufficio stampa del Comune su Canosaweb la riunionedel Consiglio alle ore 17.00 per discutere il seguente ordine del giorno: “Riunione del Consiglio comunale su richiesta di sei Consiglieri comunaliper discutere del disagio sociale ed economico della nostra città.”, lo stessoinizia quasi alle ore 18.30.

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il Campanile 1/2010/6CITTA’

Effettivamente, i lavori fognarisulla ormai ex 167 annunciati nell’oc-casione sono partiti, nonostante unasospensione dovuta ad un tragicoevento (la morte di un operaio), ma idisagi alla circolazione restano inevi-tabili in quel settore. Altri cantieriverranno sicuramente aperti in futuroe, da qui a breve, il riassetto del rioneCastello dovrebbe avere ulteriori con-ferme. Insomma, ci vorrà ancora deltempo per vedere le strade “lisce escorrevoli”, ma questi sacrifici porte-ranno solo pregi, estetici e pratici. Chivivrà, vedrà.

Le problematiche, invece, si apronotirando in ballo le segnaletiche.L’unico semaforo funzionante atempo pieno è quello dell’incrocio travia Corsica e via Europa, gli altri lam-peggiano quasi continuamente o sonoaddirittura spenti. Stessa cosa vale per

i due dissuasori mobili di via F. Gioiae corso San Sabino. Conseguenze? A

dispetto del divieto di transito, laprima strada, completamente lastri-cata e con edifici puntellati, è nuova-mente sede di passaggio di vetture dinon residenti. Il classico còrs, durantele ore di traffico limitato, viene bloc-cato con una triste e anonima tran-senna. Non sarebbe meglio utilizzare,dunque, quei pochi mezzi tecnologicidisponibili?

Le buche sull’asfalto permangono,così come i dossi artificiali saltati. Inattesa di scavi e tubature da metterein sesto, riparare le superfici potrebbeessere, effettivamente, uno spreco.Rovesciando la medaglia, l’automo-bilista costretto a svolgere commis-sioni, dividendosi (ad esempio) tracorso Garibaldi è a via Barletta, nonsarà contento di far scaricare gli am-mortizzatori del proprio veicolo per isuccessivi 365 giorni.

D’altro canto, pure con il patrociniodella neonata Provincia, per iniziare,

si potrebbe costruire l’annunciata ro-tonda tra la SP 231, accesso a Canosa,complanare che conduce al Ponte Ro-mano e Salinella, che sale versoCanne e Barletta, evitando così nuovetragedie pari a quelle verificatesi inpassato (“ricordato” al Presidente

/Sindaco Ventola nell’intervista pub-blicata su “Il Campanile” n° 3/09).Modifiche potrebbero essere conside-rate pure lungo la circonvallazionedella ex SS 98, che presenta cartellidi pericolo, disposti lungo le corsie,da tempo immemore. Un buon risul-tato si è viceversa ottenuto con l’aper-tura (per quanto parziale alla lucedell’incompletezza dello svincolo au-

tostradale) della SR 6, che riduce iltraffico dei mezzi pesanti nel paese,permettendo globalmente un più fa-cile prosieguo verso le Murge.

Tornando virtualmente nel centroabitato, la già citata pista ciclabilelangue quasi in uno stato di abban-dono, almeno da parte delle dueruote: l’opera è, in concreto, abbon-dantemente compiuta da un anno.Ma, praticamente, nessuno la utilizzaa dovere (è un dato di fatto). Anzi,sfortunatamente, continua ad esseresfruttata come comodo parcheggioper le auto. In poche parole, poco ècambiato dal febbraio 2009 ad oggi.Un vero peccato: quella “lunga linearossa” su in cima serviva principal-mente per riqualificare l’area “nuova”della città, assieme allo stadio e ilparco Almirante.

di Leonardo Mangini

Le strade di Canosa

Foto di Francesco Casamassima – Parco Almirante

“... per iniziare, si potrebbe co-struire l’annunciata rotonda trala SP 231e via Salinella...”

Come si evince dal titolo, che ricalca un po’ quello della fiction con Mi-chael Douglas protagonista (in quel caso, però, la località era San Fran-cisco), un anno fa il sottoscritto analizzò, nel limite del possibile, lo statodelle strade di Canosa, partendo dalla discussa pista ciclabile sita nellazona “Alta” del paese. Il pezzo, pubblicato il 5 febbraio 2009 suCanosaweb (http://www.canosaweb.it/canosa/informa/3587.html), si con-clude con dei chiarimenti espressi dal Sindaco della nostra realtà: chimeglio di lui avrebbe potuto meglio illustrare piani e relative previsioniinerenti alla viabilità?

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il Campanile7/1/2010 SOCIETA’

Grande risalto èstato dato suimedia al messag-

gio del Papa su internet e imoderni strumenti della co-municazione: la Chiesa èaperta alle nuove tecnologiemediatiche ed esorta i sa-cerdoti a non avere timoriad entrare nel mondo digi-tale. Il Signore ha pieno ‘di-ritto di cittadinanza’ inquesto nuovo mondo, cheha bisogno di testimoni cheaiutino gli uomini d’oggi ascoprire il vero volto di Cri-sto e la sua vicinanza allanostra vita. ‘La pastoralenel mondo digitale - scriveil Papa - deve mostrare agliuomini del nostro tempo, eall’umanità smarrita dioggi, che Dio è vicino e chein Cristo tutti ci apparte-niamo a vicenda’. Il Papaintravede nel web la possi-bilità di incontrare coloroper i quali Dio è ancora sco-nosciuto e che quindi la retedigitale possa diventare ‘ilcortile dei gentili’, cosìcome avveniva nelle adia-cenze del tempio di Gerusa-lemme; un luogo cioè, fuoridel tempio, dove è possibileincontrare i lontani e pro-

porre un dialogo che favo-risca la conoscenza dellanostra fede e della Parola diDio, che salva e favorisce losviluppo umano integrale.Occorre essere dentro que-sto mondo digitale, ma conla nostra identità, senzaconfonderci o mossi sem-plicemente dalla volontà dioccupare degli spazi. LaChiesa considera un servi-zio questa presenza nelmondo digitale, ‘una diaco-nia della cultura’, un servi-zio presso quanti ‘si trovanoin una condizione di ricerca,non credono o sono sfidu-

ciati ehanno nelcuore desideri di assoluto edi verità non caduche’.

Sicuramente la Chiesaconosce i limiti e i rischi diquesto mondo, come quellodi chiudersi alle relazioniinterpersonali dirette, perpreferire quelle mediali,spesso solo ‘virtuali’, ma ilpotenziale che questi nuovimezzi racchiudono, ren-dono accettabile la sfida,con l’impegno ad usarli conresponsabilità.

Altro che una Chiesachiusa in se stessa o arroc-

cata sulle sue tradizioni!Emerge da questo messag-gio del Papa piuttosto unachiesa aperta, che si mettein gioco e accetta la sfidadel ‘nuovo’, senza demo-nizzarlo o ignorandolo.Del resto, sono tanti i pre-suli e i sacerdoti, a comin-ciare dal cardinale diNapoli o dal cardinaleemerito di Milano, mons.Martini, che hanno apertoun loro sito sul quale in-trattengono una corrispon-denza quotidiana concentinaia di interlocutori,soprattutto giovani. Ormaila televisione è snobbatadai giovani, non ne condi-vidono più né i messagginé il suo linguaggio, prefe-riscono viaggiare in rete,dove decidono cosa vederee come intrattenersi. Sulgrande mercato del webc’è di tutto, per cui dob-biamo porci il problemadel come lo usano i gio-vani, da cosa sono attratti,cosa cercano. Quindi sipone il problema dell’usoresponsabile di questimezzi: sono i nostri ra-gazzi educati ad usarli cor-rettamente?

‘PORTIAMO DIO NEL CYBERSPAZIO’di don Felice BACCO

Alcune foto recenti pubblicate suFacebook, però, dimostrano che lastessa villa è vittima di incuria e di-sdicevoli vandalismi. Ogni sforzodelle Pubbliche Amministrazioni si èrivelato, in questo frangente, pocoutile.

Forse anche per questo sono man-cate le selezioni di nuovi percorsiadatti ai ciclisti, previste in passato (si

pensava al Pozzillo). Il tracciato diCanosa Alta non è il più agevole, trasaliscendi, curve e rallentamenti. Peròesiste ed è vittima di un’inciviltà dicui non è in primis responsabile il Co-mune. Con questo scenario, chiunquesi sentirebbe sconfortato a spendereun patrimonio (specie in tempo dicrisi) per strutture utilizzate in modonon adeguato.

L’attenzione degli Enti Pubblici

deve, in ogni caso, mantenersi altaanche su questi temi (oltre ad altri al-trettanto importanti: San Giorgio Vil-lage, Museo Nazionale e salvaguardiaambientale ed archeologica su tutti).La collaborazione maggiore deve ve-nire, però, dal cittadino. Il “canosinomedio” tende a lamentarsi di quanto“se putéve féje”. Tuttavia, dovrebbetutelare in prima persona ciò che gliviene fornito.

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il Campanile 1/2010/8SOCIETA’

Problema che, sbandierato all’atten-zione di tutti come priorità assolutanei vari programmi di ogni partito po-litico, ha prodotto sino ad ora il clas-sico “parto del topolino dallamontagna”, sino al punto di poter af-fermare che l’Italia non è un Paese digiovani, nè per i giovani.

La lunga attesa per un ampio pro-getto che li faccia sentire protagonistidelle proprie scelte è una storia vec-chia, che affonda le sue radici in pro-blemi demografici, comportamentisociali e orientamenti culturali.

Certamente il primo problema èquello demografico, perché da unostudio fatto da alcuni esperti demo-grafi italiani, si è scoperto che mentreall’inizio del secolo sorso un italianosu quattro aveva tra i 15 e 30 anni, nel2008 siamo passati ad un italiano susei e nel 2020 saremo un italiano susette.

A questa scarsa presenza di giovaninella società, si aggiunge il fatto chenon hanno potere. Infatti, lavorareprecariamente a 35 anni e sposarsi traquesta età e i 40anni non li mettein condizione diassumere le pro-prie responsabi-lità, riducendocosì la loro auto-nomia e il loro peso economico.

Inoltre la spesa per l’istruzione è di-minuita parecchio in questi ultimianni, per cui la precarietà e la prospet-tiva di una pensione molto risicata de-termina una situazione d’incertezza edi disagio, che rimanda senz’altro

all’immagine di un Paese e di una so-cietà, che stanno investendo poco suigiovani e sulla loro formazione.

Basti pensare che sono 4 milioni emezzo i lavoratori precari, subordi-nati o inseriti in altre forme di con-tratto di lavoro, che aspettano di avereun lavoro stabile, sul quale finalmenteavviare un concreto e sereno progettodi vita.

Vogliamo prendere in considera-zione quanti giovani attualmente oc-cupano unaposiz ioneimportantesia nel pub-blico chenel privato?R i m a n g oscandalizzato da uno studio effettuatoda un docente di sociologia, che ha ri-levato che su di una platea di 25 miladirigenti, soltanto il 3,8% ha meno di40 anni.

Allora mi chiedo come è possibilel’innovazione, oggi ritenuta fonda-mentale per lo sviluppo di ogni so-

cietà civile, se adecidere è unaclasse dirigenteavanti nell’età,bloccata da co-noscenze, amici-zie o interessi

particolari, al posto di giovani prepa-rati ed autonomi che, con il loro slan-cio e creatività, potrebbero daresenz’altro un contributo maggiore pervincere le sfide importanti, imposteda un futuro sempre più esaltante.

Invece siamo di fronte ad un Paese

che non dà alcuno spazio ai giovanicon il rischio, se non la conferma, chesi sentano esclusi da ogni processo dirinnovamento, per cui vivono lo stu-

dio con meno intensitàe, soprattutto, scel-gono la strada più fa-cile di rimanere il piùa lungo possibile nelguscio rassicurante delproprio alveo fami-liare .

Quindi possiamo senz’altro soste-nere che le energie giovanili fannobene alla Nazione, se debitamente va-lorizzate, e che occorre affermare unmodello, per cui un giovane possa di-pendere dalle proprie capacità e me-riti e non da amicizie politiche efamiliari, o convenienze sociali.

Affermare la logica del merito sem-pre invocata ma quasi mai applicata,rafforza in me il convincimento chesia arrivato il momento in cui, o sitende ad un cambiamento radicale, inmodo da non tenere un’intera genera-zione di giovani in perenne attesa diun rafforzamento del proprio ruolonella società, oppure rischiamo seria-mente che il nostro Paese continueràa navigare in acque procellose, senzala speranza di un approdo in un portosicuro.

Giovani in attesadi Umberto Coppola

“I giovani sono il lievito di una società moderna”.“I giovani sono la speranza in un futuro migliore”“Occorre attuare una politica, che sia vicina ai giovani per dar loro la

possibilità di soddisfare le proprie apirazioni con autonomia e libertà “Diciamoci la verità: quante volte abbiamo sentito queste espressioni di

volontà, che puntualmente si sono mostrate più degli slogan per propa-gandare prodotti commerciali che intenzioni serie, intese ad affrontare ilproblema giovanile?

“... sino al punto di poter affer-mare che l’Italia non è un Paesedi giovani, nè per i giovani.”

“Affermare la logica del meritosempre invocata ma quasi mai ap-plicata ...”

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PROGRAMMA

Sala Convegno “Oasi Mons. Minerva”

Venerdi 12 febbraio, ore 9,30

(segue a pag.12)

Venerdi 12- Sabato 13

febbraio 2010

Sala convegni

“Oasi Mons. Minerva”

Via Muzio Scevola, 18

CANOSA DI PUGLIA

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Sala Convegni “Oasi Minerva”, Sabato 13 febbraio, ore 16.00Sezione Restauri Cattedrale 1999-2009

Presiede: Arch. Giuseppe Matarrese

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il Campanile13/1/2010 SOCIETA’

Sui giovani si è dettotanto: si sono risentiti i falsi“ B A M B O C C I O N I ” ,hanno nicchiato i veri. Lerisoluzioni? Ai posteri l’ar-dua sentenza! C’è tantotempo per loro! TEMPORARUUNT per gli anziani!

Quando si parla di “terza

età” che, in modo più chicchiamerei “età degli anta”dando così la possibilità adognuno di utilizzare il pre-fisso numerico più conge-niale, tutto fila liscio intesoche la persona sia autosuf-ficiente, motivata, caricatadalla voglia di dare e rice-vere; ma se la persona non èautosufficiente, se l’anziano

presenta grave handicap,cosa fare?

Si presenta così una pro-blematica sottovalutata, mada molti utilizzata.

I più fortunati riescono acompletare il loro ciclo vi-tale nel calore e nel con-forto famigliare, oppure

presso case di riposo assi-stiti dalle amorevoli cure digente professionalmentequalificata.

Molti “nonnini e non-nine”, consapevoli dei lorolimiti, dignitosi, soli, nonvogliono sradicarsi dallaloro quotidianità, dalla lorocasa, dalle loro cose, si af-fidano a delle cooperative

oppure al “welfare fai-da-te” per ottenere l’assistenzadomiciliare.

Le badanti, nella maggiorparte, provengono dai paesidell’est e si rivelano subitoduttili nel prendere dimesti-chezza con la nostra lingua,e a comprendere le neces-sità dell’assistito. Bisognaessere amorevoli e accondi-scendenti verso l’anziano:lavarlo, aiutarlo nei minimimovimenti, seguirlo nellaterapia medica, dargli de-coro.

Finora l’assunzione dellebadanti avveniva col si-stema del “fai-da-te” .

Con le proposte di Gio-vanardi, le contestazionidi Maroni, le precisazionidi Sacconi, si è passatialla “regolarizzazionecontributiva” che forma-lizza il rapporto di lavorocon il pagamento di con-tributi, ferie, e tutte lealtre voci previste dalcontratto di categoria, piùuna “tassa di emersione”di 500 euro. Quello dellebadanti è un vero esercitoche lo Stato ha lasciatocrescere caricando sulle

spalle delle famiglie ognionere; inoltre, evitando difar assistere gli anziani incase di cura, lo Stato harisparmiato ben sette mi-lioni di euro.

Va tutto bene per la “re-golarizzazione contribu-tiva”, ma perché quei 500euro? Pensate che rappre-sentano per lo Stato un te-soretto di ben 150 milionidi euro!

Non sarebbe meglio chequesto tesoretto venisse in-vestito per assicurare un di-gnitoso posto di asilo perl’anziano? È mai possibileche si debbano sempre“toccare le corde” della ge-nerosità di coloro che inmodo spontaneo e caritate-vole offrono del proprio?Un esempio è OASI SUAECCELLENZA ARCIVE-SCOVO MONSIGNORFRANCESCO MINERVAin Canosa la quale, nei li-miti della disponibilità deiposti e sorretta da spirito dibontà e carità del direttivo,assicura una dignitosa ospi-talità ai nostri nonnetti.

VOX CLAMANTIS INDESERTO!

LUCI E OMBRE

SUL MONDO DEGLI ANZIANI

La distrazione e l’indifferenza non dovranno mai of-fuscare la nostra coscienza dinanzi a toccanti proble-matiche. Osservando, con mente scevra da pregiudizi,la realtà canosina, si tocca con mano come la nostrasocietà stia cambiando.

In particolari ore del giorno emerge una parte di gio-ventù speranzosa, pigra, annoiata a cui fa da contrastoun congruo numero di anziani tesi a trovare quella ca-rica che permetta loro di trovare quel mitico filod’Arianna per uscire dal labirinto della solitudine edell’indifferenza.

di Linda Lacidogna

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il Campanile 1/2010/14STORIA

Qualcuno, in base ai “corsi e ri-corsi storici”, sosteneva che la Storiafosse destinata a ripetersi come unciclo continuo. In parte vero. Ma laStoria insegna maggiormente ad evi-tare errori commessi in passato: sefosse un circolo vizioso, ora, magari,saremmo nel bel mezzo di una guerranucleare. Nei discorsi di rito, spessosi pronunciano commossi “Maipiù!”. Difficile risolvere tutti i con-flitti con appena due parole. Geno-cidi silenziosi avvengono ancora e diquesti sappiamo ben poco. Inorri-diamo quando si scoprono le fossecomuni nell’ex Jugoslavia e nel ve-dere immagini del massacro etnicotra Ruanda e Burundi. Quest’ultimorisale appena ad undici anni fa.

Sono passati 618 anni dalla fine delMedioevo. Nonostante tutto si parlaancora di crociati e jihadisti. E traIsraele e Hamas (attenzione: Hamas,non Palestina) va avanti un conflittosubdolo da 23 anni; ma è dal 1948

che i Paesi Arabi confinanti nonhanno accolto di buon grado la “con-fisca” di una grossa fetta della stessaPalestina. Ecco uno dei fulcri mon-diali dov’è centrata la questione.

L’organizzazione fondamentalistaislamica nega la Shoah, soprattuttoper motivi di principio conseguenti a

diatribe centenarie. Altri Paesi ope-rano con i medesimi mezzi (su tuttil’Iran). In breve, le future genera-zioni che seguono questi “credo” nonsapranno di persone arse e ossa inta-gliate.

Il 10 febbraio si rimembra un altrogiorno della memoria. Più corretta-mente, il “Giorno del ricordo”,troppe volte snobbato dai media. Ilprecedente, come detto, è accompa-gnato da varie manifestazioni e rap-presentazioni, ovviamente ben curateda giornali e TV, anche (logica-mente) per le proporzioni che quellatragedia ha avuto.

Statistiche inferiori quelle delle“foibe”, paragonate a quelle del co-siddetto Olocausto, ma non per que-sto meno importanti. Veniva uccisagente per l’unica colpa di essere “Ita-liana” secondo il regime comunistadi Tito, intenzionato a guadagnare, altermine della Seconda Guerra Mon-diale, vantaggi economici e strategicidai territori di Istria e Dalmazia (orain Croazia, una volta in territorio ita-liano).

Persone ancora vive, assieme acorpi trucidati o torturati, venivanogettate dai partigiani del regime incavità naturali profonde decine dimetri. La cifra delle vittime è tuttorasconosciuta; alcune stime parlano di10-15.000 tra profughi jugoslavi,prelati, politici (senza distinguo) esemplici popolani divisi tra VeneziaGiulia e le fiordate coste Dalmate.

Una tragedia immane per l’Italia,finita per troppi anni in secondopiano. Altrettanto spesso (forse per-ché poco descritta) posta in mano airevisionisti, sempre a prescinderedalla esposizione politica. Pure inquesto caso taluni nostalgici, attual-mente, sarebbero capaci di non con-fermare l’accaduto. Risultato deitotalitarismi, accomunati da un solocolore: né rosso, neppure nero. Pro-babilmente andrebbe meglio ilbianco. Un colore neutro, anonimo.Come quello delle ossa dei martiri.

Tali sono, in quanto rimasti fedelial vero ideale, alla propria fede, finoall’ultimo istante della vita.

Giorni memorabilidi Leonardo Mangini

Il 27 gennaio è stato il “Giorno della Memoria”. Anche Canosa lo haricordato con un incontro all’Oasi Minerva e una “tre giorni” alC.R.S.E.C., a partire dal 25, organizzata dall’Associazione Libera...mente.Questa data fu scelta perché l’Armata Rossa (l‘esercito sovietico), nel1945, aveva varcato i cancelli di Auschwitz e circa 7.000 persone furonotratte in salvo. Oltre 1.200.000, invece, rimaserò lì senza possibilità di su-perare da vivi i cancelli. Flebile la speranza nell’“Arbeit macht frei” daparte di questi ultimi. Una grande illusione, più realisticamente una beffa.

“Veniva uccisa gente per l’unicacolpa di essere “Italiana” secondoil regime comunista di Tito, inten-zionato a guadagnare, al terminedella Seconda Guerra Mondiale,vantaggi economici e strategici daiterritori di Istria e Dalmazia...”.

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il Campanile15/1/2010 STORIA

Ilsecolo trascorso daappena un decennio

è stato complice e testi-mone di un’ immane trage-dia: la SHOAH oOLOCAUSTO, che rispet-tivamente in ebraico e ingreco significano tempestache tutto distrugge e fuocoche tutto brucia. Era proprioquesto l’intento del regimetotalitario nazista: bruciarein una tempesta tutto il po-polo ebraico, radici incluse.Milioni di persone, uominie donne, vecchi e giovani,bambini e neonati, furonoperseguitati e deportati per-ché appartenenti alla razzaebraica. Dinanzi a tale bar-barie, nessuno può rima-nere ignaro, tantomeno laChiesa che con il popolo diDavide condivide le stesseradici. Non è una questionedi ritorno al passato, è lastoria stessa che esige chenoi ricordiamo poiché “nonc’è futuro senza memoria”.Però, spesso la memoria dasola non è garanzia di di-fesa, poiché c’è una proba-bilità che la storia potrebberipetersi , malgrado i nostrifutili tentativi di indirizzarlasu altre strade.

Forse la disumanità concui il popolo ebraico fu trat-tato va oltre la capacità

stessa dell’uomo di argo-mentare e supera la capacitàed il potere delle parole.Poiché tragedia senza defi-nizione, solo alcune testi-

monianze dirette di qualcheinternato possono darciqualche sprazzo di lucidaverità nelle tenebre dellabarbarie umana. Una poesiadi un’internata a Dakaudice così:“Vita sciupata, che infamiache i giorni scorrano senza

alcun sensoche anziché il riso, conosca

solo lacrime.Sono avvilita, angosciata,per aver perduto ognisperanza da così

tanto tempo.……………..son giovane,vita sciupata che infamia” .

Da questo scritto emergeuno dei più grandi delittiche i nazisti compivanosulla persona umana: laperdita della speranza. Per

noi cristiani, la spe-ranza è un atto gra-tuito e totaledell’amore di Dio,quindi la speranzanon nasce e né puòessere controllata dal-

l’uomo, tantomeno da unregime totalitario. Scri-veva il filosofo Kierkega-ard, che anche il suicidaspera in una vita migliore,

che nessuno gli potrà sot-trarre. La speranza nonsorge nel momento del bi-sogno o della sofferenza,poiché se fosse così non sidistinguerebbe dal deside-rio di aggrapparsi a qual-cosa per evitare il male. Lasperanza ha come compa-gne di viaggio la fede e lacarità; essa sorge dallafede e si nutre dell’amore(cfr. lettere di San PaoloApostolo).

Per questo, la Chiesaconsapevole di ciò, con-danna le persecuzioni e de-plora gli odi, come afferma

nello stesso Concilio Vati-cano II, e condanna cosìogni forma di genocidio.Volgendo lo sguardo al se-colo scorso, siamo incon-sapevolmente addoloratidalla violenza alimentatacontro interi gruppi di per-sone. Ricordiamo il geno-cidio degli armeni, deglizingari o le innumerevolistragi avvenute in Africa,Cambogia, Unione Sovie-tica e Cina. Guardando alfuturo, noi cristiani dob-biamo rinnovare la consa-pevolezza di un passato

comune, “la Chiesa traesostentamento dalle radicidi quel buon ulivo selva-tico dei gentili” (cfr Let-tera di San Paolo Apostoloai Romani). Ma il secondopunto, quello fondamen-tale con un velo di profe-zia, è impedire che ciòabbia l’opportunità di ripe-tersi. Bertold Brecht cilancia un monito: ”I popolispensero Hitler, ma noncantiamo vittoria troppopresto, poiché il gremboda cui egli nacque è ancorafecondo!”. Così le vittimee i sopravvissuti sono edevono diventare un fortegrido che deve richiamarel’attenzione dell’interaumanità. Come ha dettonell’ultimo 27 gennaio ilPremio Nobel per la Pace1986 ed ex-internato ElieWieser, questa dev’essereun’esperienza carica di va-lori e di sentimenti che ser-virà ai vivi. Così ricordarediventa “salutare”, poichésignifica prendere co-scienza: a questi semi in-fatti non si deve piùconsentire di porre radicinel cuore dell’uomo.

LA MEMORIA E LA SPERANZAdi Enzo Azzellino

“... le vittime e i sopravvissutisono e devono diventare un fortegrido che deve richiamare l’at-tenzione dell’intera umanità.”

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il Campanile 1/2010/16CITTA’

Il corpo dei Vigili Urbani diCanosa di Puglia ha festeg-giato la ricorrenza il 20 gen-naio 2010 con la celebrazionedella Santa Messa nella Par-rocchia di Santa Teresa con ilCappellano don Vito Zinfol-lino, che ha rievocato l’attua-lità della figura del testimonecristiano nel servizio della co-munità civile. I Vigili Urbaniin divisa storica hanno presen-ziato con il Gonfalone del Co-mune, con la presenza epartecipazione del SindacoFrancesco Ventola, del Vice-sindaco Gennaro Caracciolo,del Consigliere Delegato Fe-dele Lovino.

In un momento di acco-glienza successivo il Viceco-mandante dott. FrancescoCapogna ha rivolto un messag-gio augurale congiuntamenteal Sindaco, ringraziando il por-tale di Canosaweb per gli au-guri della festività.

Ma entrando nella sede della

Polizia Muncipale con alcuniVigili ci accostiamo all’imma-gine di San Sebastiano, risco-prendo una storia di valorimorali, educativi e artistici. Laricerca nasce dall’indicazione

del Vigile Giovanni Lenoci: “è

una pittura su un vecchio

portone!”.

Si può osservare infatti che sitratta di una pittura sul legno diun antico portone, la cui storiaci viene proposta da un’inter-vista al già Comandate dott.Giuseppe Loiodice nel 2003.

“Lungo le strade periferichedella città giaceva come rifiutoil legno abbandonato di un an-tico portone. Il legno fu recu-perato e portato a Corato conl’idea di un recupero artisticoinsieme all’Assessore FedeleLovino, che fece omaggio per-sonale al Comando. L’artistaRino Sgarra di Corato, espertoin icone su legno, trasformò illegno antico abbandonato, di-pingendo la figura di San Se-bastiano. Nella sede delComando il 20 gennaio del2003 fu esposta l’icona in-sieme ad una mostra di operepregevoli dell’autore”.

Contattando direttamentel’artista, il maestro Rino Sgarraci interpreta l’opera:

“Si tratta di un olio su legnocon una rivisitazione della fi-gura del Mantegna e con la va-lorizzazione della interiorità ecompostezza del Martire. Perme ha valore recuperare legniantichi, che hanno una storia,un vissuto anche nelle cica-trici. Quello di San Sebastianodi Canosa, proposto da Giu-seppe Loiodice è un legno cheti parla da solo e che sul retrosvela le sue origini”.

L’artista Rino Sgarra espertoin iconografia, si appresta aduna mostra in Sicilia in un mo-nastero di Siracusa e valorizzal’Arte Sacra delle icone, dovel’arte diffonde “valori, concetti

universali e messaggi educa-tivi”. L’artista auspica di poteresporre senza scopo di lucrotali opere di icone di arte sacraanche nelle Scuole o nella Cat-tedrale di Canosa.

Il dott. Giuseppe Loiodice,Vicecomandante della PoliziaMunicipale a Corato, che hasvolto il suo ruolo con meritonella nostra Canosa, ci parlaanche della celebrazione a Co-rato nella Chiesa di San Dome-nico e del momento offertorialecon l’offerta di un segnale stradale per i portatori di handicap,con l’offerta del Vangelo in-

sieme al Codice Stradale fina-lizzati alla convivenza civile,con l’offerta di una zolla diterra con fiori per la valorizza-zione dell’ambiente.

Ringraziamo l’artista di Co-rato, il dott. Loiodice, il Vice-comandante di Canosa, i Vigiliche incontriamo nella sede delComando, che accogliendotutti i cittadini, presenta edoffre nel corridoio dell’in-gresso il legno di un anticoportone che parla ancora dellasua storia, insignito d’arte nellafigura di San Sebastiano.

Nel nostro territorio fra lecolline della Murgia Pugliese,san Sabastiano viene veneratocome patrono della città di

Spinazzola, nella Chiesaomonima dalla liberazionedella città di Spinazzola daiSaraceni. Quest’anno il nomedi San Sebastiano nel contestodi una mia ricerca storica, pa-trocinata dal Comune e dalSindaco, dott.. GiuseppeScelzi, è stato esposto instampe di documenti ed epi-grafi alla mostra europea aMadrid promossa dall’Amba-sciata Italiana a Madrid, cheha trasmesso il proprio com-piacimento nella personadell’Ambasciatore, dott. Pa-squale Terracciano.

Erano le Idi di Gennaio (13gennaio) del 1735 quando ilgrande Re Carlo III di Borboneconferiva il titolo di città a Spi-nazzola (Cognomen UrbisNobis); era ospite dello storicoPalazzo Pignatelli e nei giorniseguenti il 20 gennaio festeg-giava il suo diciannovesimocompleanno ed il suo onoma-stico (don Carlo Sebastiàn): unesempio di cultura cristiana discegliere il nome del santo delgiorno della nascita unendo ilbattito della terra ed il nomedel cielo fra i Santi.

Auguri nella memoria e nellagloria di questo Santo Martire!

San Sebastiano a CanosaUn legno antico abbandonato divenuto opera d’arte

di Peppino Di NunnoIl 20 Gennaio ricorre la memoria liturgica di San Se-

bastiano Martire, flagellato dopo la trafittura delle frecceal tempo dell’Imperatore Diocleziano, del cui esercito im-periale era Ufficiale.

E come Ufficiale è divenuto Patrono dei Vigili Urbani.

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il Campanile17/1/2010 TRADIZIONI

Il malati ottenevano la guarigioneper intercessione dei Santi, sia nei luo-ghi di culto che nella propria casa.

Furono indicati al popolo Santi pro-tettori specialisti in specifiche malat-tie. La grazia veniva concessa neiluoghi di culto.

Sono ancora ricordati quali guaritoridelle patologie più diffuse nell’epoca:San Rocco e San Sebastiano per lalebbra, San Sabino per i morsi dei ser-penti, Santa Lucia per le patologiedegli occhi, Santa Rita per i casi im-possibili, e così via.

I Santi sostituivano gli Dei e colla-boravano con i sacerdoti dotati di atti-vità taumaturgica. Dichiaravano diessere in grado di combattere vittorio-samente il male, operare guarigioni,cacciare i demoni, praticando esorci-smi, incutevano paure e speranze. Ladivinità oltre alla speranza incutevaterrore per tutti coloro che non segui-vano i precetti sacerdotali. Come ele-mento positivo il malato veniva posto

al centro della sua azione pastorale.I libri di medicina erano dettati con

specifica indicazione nella premessa,dallo Spirito Santo e la sapienza erafrutto della Rivelazione Divina.

La chiesa dava certezze, nella incer-tezza del quotidiano,specie negli stratisociali più umili.

Per vincere la paura ci si appropriadi simboli magico-religiosi, la meda-

glia da portare al collo, il crocifissoinchiodato sulla porta di casa, ecc…

La porta è il punto più debole dellacasa; all’esterno sull’architrave veni-vano apposte corna di toro o nicchiecon l’immagine scolpita dell’avo pro-tettore.

All’interno crocifissi, reticelle, unsacchettino con immagini religiose,chiodi, forbici aperte… ecc…

Le forze del male atterrite dalla pre-senza delle corna del toro, se entra-vano in casa venivano fermate dallapresenza protettrice del crocifisso, fe-rite dalle forbici e imbrigliate nella re-ticella.

Al centro della casa, invece, sul lettoveniva posta una bambola. Nessunopoteva avvicinarsi. Il letto di giorno èil luogo in cui presiede la divinitàfemminile della casa. É una figura po-tente e rassicurante.“Casa nuova, anima vuole…”. La di-

vinità della casa vuole che venga sa-crificata un’anima e che il suo sanguevenga sparso in tutte le stanze; inmancanza del sacrificio la Divinitàdella casa prenderà l’anima dell’in-quilino.

In conclusione riportiamo, ancorauna volta la frase di Plinio il Giovane:“stravagante specie di superstizioneche avvilisce la basilare finalità del-l’uomo: la razionalità”.

Iniziamo con que-sto numero la pub-blicazione di una

rubrica dal titolo ”FRAMMENTI DI CULTURA POPO-LARE”.

Gli articoli che saranno publicati fanno parte di un la-voro di ricerca sulla cultura popolare del nostro sud e inmodo particolare del nostro territorio. Tradizioni popolari

vive oltre il tempo parlano di una cultura sommersa masempre presente.

Il bianco delle case unifamiliari dei quartieri antichi so-pravvive all’inscatolamento policromo contemporaneo. Ilcoinvolgimento di più voci è stato utile per sormontarevarie difficoltà e ognuno, meridionale per genetica, hacontribuito affinché l’uccello, migratore nel tempo, possaritrovare il suo nido.

FRAMMENTI DI CULTURA POPOLARE

La cultura popolare nell’alto medioevo e …

nei giorni nostri

Il fascino della cultura sommersadi Amedeo Di Chio

Nell’alto medioevo l’assetto politico dell’Impero era minacciato dallapresenza destabilizzante di una setta di fanatici denominati Cristiani,dalla pressione sui confini di popolazioni barbariche e da una situazioneeconomica precaria legata alla presenza di pestilenze quali malaria, va-iolo, tubercolosi, peste.

Il Cristianesimo definito da Plinio il Giovane “una stravagante speciedi superstizione”, ottenne la legittimazione in epoca Costantiniana.

I Cristiani elessero Cristo a guaritore di ogni male che affliggeva il ge-nere umano.

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il Campanile 1/2010/18CITTA’Comunicato Stampa

“57a Giornata Mondiale dei malati di lebbra”Oltre 5mila volontari distribuiranno il “Miele della Solidarietà” per informare sulla curabilità della malattia e sen-sibilizzare sull’importanza delle donazioni. Dal 30 gennaio al 13 Febbraio, con un SMS al numero 48582 si potrà do-nare un euro per la cura dei malati di lebbra in India.Dal 30 gennaio al 13 febbraio sarà possibile sostenere i progetti AIFO contro la lebbra in India donando 1 euro conun sms al numero 48582, oppure 2 euro chiamando dai telefoni di rete fissa. L’iniziativa è in collaborazione conTelecom Italia, Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia.

La Giornata gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, del Patrocinio del Segretariato Sociale RAIe dell’adesione di Lega Calcio, Associazione Italiana Allenatori di Calcio, Gioventù Francescana (GiFra), AGESCI,Banca Popolare Etica.

La Giornata Mondiale dei malati di lebbra è un appuntamento annuale internazionale, istituito da Raoul Follereau

nel 1954 e riconosciuto ufficialmente dall’ONU.

L’AIFO E LE SUE ATTIVITA’

Nei Paesi in via di sviluppo, AIFO opera in concreto per prevenire e curare la lebbra (detta anche Morbo di Hanseno Hanseniasi) e per la riabilitazione e il reinserimento sociale dei malati e delle persone con disabilità attraverso pro-grammi di sanità di base e di sviluppo comunitario. L’Associazione rivolge particolare attenzione ai bambini costrettia vivere in condizioni di estremo disagio ed interviene a tutela delle etnie minacciate di estinzione.

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Le giornate di Guido Guerrieri trascorrono in equilibrioinstabile fra il suo lavoro di avvocato – un nuovo ele-gante studio, nuovi collaboratori, una carriera di successo– e la solitudine venata di malinconia delle sue ore pri-vate. Antidoti a questa malinconia : il consueto senso del-l’umorismo, la musica, i libri e le surreali conversazionicon il sacco della boxe, nel soggiorno di casa. Tutto ini-zia quando un collega gli propone un incarico insolito :cercare gli elementi per dare nuovo impulso a un’inchie-sta di cui la procura si accinge a chiedere l’archiviazione.Manuela, studentessa universitaria a Roma, figlia di unaBari opulenta, è scomparsa in una stazione ferroviaria,inghiottita nel nulla dopo un fine settimana trascorso in

campagna con amici. Inizialmente Guerrieri esita ad ac-cettare l’incarico, più adatto a un detective che a un le-gale. Poi, scettico e curioso a un tempo, inizia a studiarele carte e a incontrare i personaggi coinvolti nell’inchie-sta. Tra questi, la migliore amica di Manuela, Caterina.Una ragazza dei suoi tempi giovane, bella, immediata allimite della sfrontatezza. L’avvocato, diviso fra imba-razzo e attrazione, si lascia accompagnare da lei nel rico-struire il mondo segreto di Manuela e le ragioni della suascomparsa. In parallelo con l’indagine, nasce e si svi-luppa – in lunghe conversazioni notturne e inattese con-fessioni – l’amicizia con Nadia, ex cliente di Guido,donna singolare e affascinante, dal passato burrascoso.Se Caterina è la normalità inquietante e indecifrabile,Nadia con la sua storia irregolare ma il suo animo lim-pido, è quasi un simbolo della possibilità di cambiare ilproprio destino.

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Fai una donazione per sostenere i progetti di AIFO:Versamento con bollettino postale ccp 7484 intestato AIFO

Cc Banca Etica IBAN: IT89 B050 1802 4000 0000 0505 050

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il Campanile19/1/2010 CITTA’

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Il crocifissoSimbolo di cultura d’avorio, di legno, di tufo, di ferro

da Canosa di Puglia sottoterra alle sommità repubblicane di RomaCrocifisso d’avo-

rio del XII secolodi Canosa di P.

E’ esposto in Gigantografianella Sala del Con-siglioComunale tra i Beni Culturalidella storica Città.

Crocifisso in tufo

(mt.1,80) dell’800scolpito sottoterranel buio delle cavitàtufacee di Canosa,

riportato in una Tesi di Laurea all’Uni-versità di Strasburgo.

Croce in ferro bat-tuto sull’apice delTorrino del Pa-lazzo del Quiri-

nale, opera delMDCCXXIII su pregevole orologio con “quadrante alla romana”.

Croce in ferro

battuto con clessidraalata sull’ apicedell’ altana del Palazzo di Monteci-

torio del 1600.(Foto concessadall’Ufficio BeniArchitettonici diMontecitorio)

La Croce d.C. suObelischi egizi diRoma datati a.C..

Dalla som-mità delGòlgota,duemilaanni di sto-ria e di cul-tura dellanostra ci-viltà.

Ricerche storiche a cura dell’ins. Peppino Di Nunno di Canosa di Puglia (A. D. 2009)

Stemma del Co-mune di Canosa diPugliacon gigli angioini ecroci bizantine.

“Crocefisso

con figurain legno -cm. 60”,presentenelle Scuole

elementari di Canosa.E’ un manufatto del 900 dell’artigianatodi Pisogne (Brescia)con legno dei boschidella Val Camonica.“Ha contribuito allacrescita educativa dimolte generazioni”.

La musica sembra lontana anni-luce dall’acca-nimento della scienza sulle verità assolute, sidirebbe quasi che il pragmatismo peculiare

della nostra epoca porti anche a rinnegare la rilevanzadelle emozioni che essa suscita in coloro che si appa-gano con l’arte: l’artista è colui che dal niente crea unsignificato attraverso la propria esperienza. L’artista èun profano che fa della propria sapienza, saggezza.

Non importa quanto difficile sia associare un suonoad un’espressione perché in quella espressione vi è labeltà del cosmo intero e non lo si può scorgere conrammarico, lo si celebra.

E’ l’ispirazione che brucia dentro a condurre la manodell’artista, si aggrappa ad un’idea, persegue una via

che conduce alla bellezza.

Ciascuno di noi serba un’opinione che lascia respi-rare senza paura.

Non bisogna aver paura, la paura che insedia dubbipuò migliorarci, ma si tratta di una stanza senza monu-menti perché l’orgoglio è come un monumento che sierge in una stanza vuota senza pubblico, c’è il silenziointorno e fa un grande fragore ogni parola.

Facendo sentire la voce non avra’ sofferenza la mu-sica, che salva, eleva, è per tutti e non costa a nessuno.Proteggendo quel che rimane di un’epoca sorda, par-liamo di qualcosa che non abbia rivendicazioni suc-cessive, cantiamo dell’arte i peggiori difetti.

Non ci agitiamo se vogliamo davvero fare qualcosa.Non perseveriamo nella cronaca nera, sentiamo quelloche in noi non ha spazio. Sentiamo qualche difetto.

La magia della musicadi Gabriella Inguscio

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Cattedrale di Canosa di Puglia

Suppl. alla R.D.A. reg. al n. 160

Registro Stampa del Tribunale di Trani

anno XVII n.1

Direttore Responsabile:

Giuseppe Ruotolo

Grafica:

Gohar Aslanyan

Redattori Capo:

Mario Mangione, Donato Metta, Felice Bacco

Redattori:

Linda Lacidogna, Vincenzo Fortunato, Peppino Balice,

Umberto Coppola, Fabio Mangini, Anna Maria Fiore,

Giuseppe Di Nunno, Rosalia Gala, Vincenzo Caruso,

Angela Cataleta, Gina Sisti, Leonardo Mangini, Giovanni Di Nunno.

Stampa: Grafiche Guglielmi s.n.c. - Andria

Hanno collaborato:

Pasquale Ieva, Sabino Silvestri, Liana Bertoldi Lenoci,

Enzo Azzellino, Amedeo Di Chio, Gabriella Inguscio

Del numero precedente sono state stampate 1.300, spedite 160

e-mail: [email protected] / [email protected] leggere il Campanile su:

www.canosaweb.it/canosa/associazioni/21.html

www.diocesiandria.org

il Campanile

MARTEDI’ 9 FEBBRAIO

FESTA PATRONALE

Memoria della nascita al cielo di San Sabino avvenuta il 9

febbraio 566

Orario delle Celebrazioni Eucaristiche:7.00; 8.30; 9.30

11.00: Celebrazione Eucaristica presiedutadal Vescovo e concelebrata dai Sacerdotidella città. Saranno presenti le autorità civilie militari.

12.30: il Simulacro di San Sabino viene por-tato nella chiesa di Gesù Liberatore, da doveuscirà la processione

17.00: processione con il Simulacro di sanSabino, partendo dalla chiesa di Gesù Libe-ratore.

19.00: Celebrazione Eucaristica in cattedrale

20.30: Spettacolo pirotecnico, a cura di Co-simo Serra, nella zona mercatale.

AGENDA COMUNITARIA

Appuntamenti cittadini

- 11 febbraio, giovedi: Giornata dell’am-malato; ore 19.30, fiaccolata che partendodalla Chiesa del Carmine, raggiungeràl’ospedale.

- 27 febbraio, sabato: Festa dei popoli,dalle ore 16.00 alle 18.30 , presso la Chiesadi Santa Teresa.

- 11 marzo, giovedi: Adorazione Eucari-stica nella Chiesa di San Giovanni Battista,alle ore 19.30.

- 12 marzo, venerdì: alle ore 19.30, in Cat-tedrale, Liturgia Penitenziale Comunitaria.Saremo tutti a disposizione per le Confes-sioni.

- 14 marzo, domenica: Giornata del Semi-nario.

- 19 marzo, venerdì: Via Crucis cittadinalungo le strade della ‘zona castello’.Partenza alle ore 20.00, davanti allaChiesa del Carmine.

Corso San Sabino, 2 – 70053 Canosa di Puglia

tel. - fax 0883/617767