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Sapere è prevenire il CIBO e la SALUTE a cura di Raffaele Leuzzi ledonnescelgono.org

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Sapere è prevenireil CIBO e laSALUTEa cura di Raffaele Leuzzi

ledonnescelgono.org

“Mangiare è un atto agricolo, la gente èalimentata dall’industria alimentare chenon si interessa della salute ed è curatadall’industria farmaceutica che non si in-teressa dell’alimentazione”.

Wendell Berry

Parliamo troppo di cucina, poco di cibo,ancor meno di agricoltura sana e sostenibile,per nulla di semi.

La globalizzazione ha sostituito la cucinatradizionale povera (povera per le tasche maricca per la salute), con una omologazionedel gusto facendoci perdere sapori, memoria,identità e sostenibilità. Ci troviamo di frontea delle proposte commerciali che ci attraggonosul piano del gusto ma negative e discutibilisul piano della salute. Troppa carne, troppigrassi saturi, troppi cereali raffinati, troppilatticini, troppo poca frutta, troppo pocaverdura e legumi, troppo poco pesce azzurro.Abbiamo dimenticato la cucina delle donnee delle nonne, abbiamo dimenticato che lacucina è sostantivo femminile.

Il cibo sta perdendo il suo valore simbolicodi socializzazione, di festa, di incontro diamicizia per ridursi a merce industriale da

vendere o avanspettacolo televisivo. L’industriaagroalimentare è una fabbrica di cibo checon una catena di montaggio controlla tuttodal seme al supermercato. Il cibo, vettore dimolti diritti, tra cui il diritto alla salute, è di-ventato soltanto merce.

Ci sono sempre di più prove e studi checonfermano che uno stile alimentare e divita più sano consentirebbe di prevenire ecurare più malattie di quanto non potrà farela medicina tecnologica e la medicalizzazionemassiva della vita.

Siamo quello che mangiamo, quello chebeviamo e quello che respiriamo!

IL CIBO COME VETTORE DI SALUTEIl cibo ha valenza preventiva e terapeutica.

Dall’alimentazione e dal nostro stile di vitadipende quanto possiamo aspettarci di viveree come. In particolare, gli studi disegnanoun quadro in cui il tipo di alimenti che assu-miamo influenza non solo il nostro peso maanche il nostro benessere. Questo modo dimangiare globalizzato sempre più “ricco” dicalorie, di zuccheri, di grassi saturi e diproteine animali, ma in realtà “povero” dialimenti naturalmente completi ha significato:obesità, diabete, malattie cardiovascolari, tu-

Cibo e salute

SAPERE È PREVENIREIL CIBO E LA SALUTE

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mori, morbo di Alzheimer. Il cibo sulle nostretavole può voler dire salute, oppure no.

Si stima che il 42% di tutti i casi di tumorie quasi la metà di tutti i decessi per cancronegli Stati Uniti siano attribuibili a fattori dirischio valutati, molti dei quali potrebberoessere stati mitigati da efficaci strategie pre-ventive. Oltre il 50% della popolazione europeaè in sovrappeso o è affetta da obesità, con-dizioni che sono la causa del 77% delle ma-lattie non trasmissibili.

I fattori alimentari che più incidono sullasalute sono la carente assunzione di cerealiintegrali, di legumi, la scarsità di frutta, diomega-3, di fibre vegetali, l'alto consumo di

sodio, il consumo di carne rossa e processata,le bevande zuccherate, i grassi animali.

NOI E IL CIBOIl nostro rapporto con il cibo è cambiato, a

differenza del passato la paura dell’eccessoha sostituito la paura della fame. Siamovittime della religione del corpo. L’attenzionecompulsiva al girovita bilancia il culto del-l’abbondanza alimentare. Questo ha scatenatodei veri e propri “integralismi alimentari”con fedeli disciplinati al seguito dei vari gurudella magrezza e con una inversione di si-gnificato e di contenuti a cui è andatasoggetta la parola “dieta”. In greco stava adesignare uno stile di vita, un modo d’essere,il regime quotidiano di alimentazione (ma,più in generale, di vita) che ogni individuodoveva costruire sulle proprie personali esi-genze e caratteristiche, adattandole ad un

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paniere variegato di cibo locale. Oggi, dietaè costrizione, designa la limitazione, la pri-vazione di cibo.

Per molti, cibo e vita, diventano girovita,riduzione di calorie, peso e misure, con il ri-schio di disordini alimentari: eccessivo usodi proteine, depressioni, frustrazioni, conuna disciplina ferrea fatta di cibo proteico,che definiscono “leggero”, di molta palestra,fitness, anfetamine; vivono da malati permorire sani. Abbiamo poi i gourmet del cibo,seguaci della gastromania, estasiati dallacucina stellata, solo gusto e comunicazione,seguono i dettami dei tanti masterchef diturno, rigorosamente maschi, che dilaganonel teatro del cibo televisivo, urlando, negandola convivialità, cancellando quindi il valoresociale e simbolico del cibo. Salvo qualche

rara eccezione lo chef stellato deve stupirticon la rivisitazione del piatto con la fusionmodaiola, con la cucina d’avanspettacolo, eil cibo senza alcun riferimento alla sua pro-venienza, si svuota dalla sostanza per di-ventare forma e solo merce. Il piatto è pre-sentazione, impiattamento.

Per i seguaci del porno-food il cibo diventasinonimo di fashion e di design l’esteticadella tavola è il requisito fondamentale perla scelta di un locale già dall’arrivo comunicanosui social mediante un post il locale presceltoa cui fanno seguiti altri post su menù e piatticromatici, tra di loro molti sono gli aspiranticritici enogastronomici con recensioni daleoni di tastiera su tripadvisor.

Si parla solo di ricette, di quello che c’èsul piatto, intorno al piatto per nulla di quello

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SOVRAPPESO E OBESITÀNEI BAMBINI ITALIANIDI 8-9 ANNI PER REGIONEOKkio alla SALUTE, Italia 2014

MAPPA. La rivelazione del 2014 diOKkio alla SALUTE conferma la fortevariabilità geografica nelleprevalenze di eccesso ponderale(sovrappeso+obesità) nei bambini:23,8% al Nord, 29,4% al Centro e38,0% nel Sud Italia. Valori piùelevati si riscontrano nei figli digenitori con titolo di studio basso.Per ridurre il fenomeno delledisuguaglianze in salute, ènecessario tener conto delledifferenze socioeconomiche eculturali nella pianificazione diinterventi.

che c’è dentro il piatto. Basta pensare chesu Instagram l’hastag FoodDesign compare350mila volte. Quindi cibo bello, instagram-mabile, con chef che possano creare unpiatto che stupisca che possa essere condiviso,fotografato in un’atmosfera glamour... “Manon basta il piatto deve essere coerente conluci e musica il piatto diventa un tutt’uno, ilservizio e il tavolo entrano in simbiosi conl’aspetto visivo del cibo, il tutto verso unamodalità progettativa che si muove beyondthe plate”... si ma il cibo?

Vi sono poi quelli che ingurgitano tutto,mangiano così tanto fino al punto che nonpossono più mangiare nulla. Ed infine cisono gli ultimi per condizioni socio-economichea cui è destinato solo il cibo spazzatura, conalto tasso di obesità.

In Italia vi sono oggi quattro milioni diadulti obesi, erano tre milioni negli anni no-vanta e quelli in sovrappeso sono oltre 15milioni. Tra i bambini abbiamo uno su tre insovrappeso e uno su otto francamente obesocon punte di uno su cinque in Campania eMolise, e uno su sei in Calabria.

Il cibo industriale è trasformato, “proces-sato” è il noncibo destinato al consumo dimassa, viene confezionato e viaggia per tuttoil mondo, ha una lunga vita da scaffale o dafrigorifero e contiene additivi che lo man-tengono emulsionato, additivi presenti so-prattutto nelle salse, nelle caramelle e inmolti gelati o creme industriali. Gli emulsionantifanno sì che la parte acquosa e quella grassadi si leghino in modo stabile, ma allo stessotempo, una volta ingeriti, possono attaccareparte del muco che riveste e protegge lecellule intestinali (in modo che la parte grassae quella acquosa non si separino).

Il noncibo è pieno di additivi, farmaci, pe-sticidi, fitofarmaci e chimici. Il cibo pronto

eccessivamente condito, salato, dolcificatoche si ingurgita senza immaginazione nonha il significato simbolico e culturale delsapore di un olio di oliva o del profumo di unfritto di cipolle o di un ribollire di fagioli ingrado di risvegliare in noi piaceri e saporireconditi.

COSA SIGNIFICA OGGI MANGIARE IN MA-NIERA CONSAPEVOLE?

L’attenzione al mangiar sano e al mangiarmeno non deve essere liquidata come lamania salutistica di chi vuole perdere qualchechilo prima dell’estate. Stiamo parlando disalute e di una scelta vitale per la sopravvi-venza di intere fasce di popolazione e per lasalute dei nostri figli.

Bisognerebbe riflettere ed essere consa-pevoli su come nutrirci, con quale conseguenzesulla salute, sui consumi energetici, sull’am-biente e sulla biodiversità. L’educazione delcittadino ad una alimentazione sana, pulitae giusta nel prezzo è anche educazione alrispetto dell’ambiente, delle risorse dellaterra e della vita intera.

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L’educazione alimentare e con essa il con-sumo consapevole sono alla base della pre-venzione delle malattie croniche. Un investi-mento e non uno spreco. Il cibo è un diritto eha un valore, non esiste soltanto l’economiaesiste anche la tutela della salute, esisteanche l’etica pubblica, esiste la tutela delterritorio, l’agricoltura sana e quindi dovrebbeesistere per prima la consapevolezza. Ladieta mediterranea tanto sbandierata mapoco praticata non deve essere un brandcommerciale per le strategie di marketingdell’industria alimentare allo scopo di venderebanale cibo raffinato e devitalizzato.

Sono frutto della consapevolezza i modellialimentari che hanno un basso impatto am-bientale e contribuiscono alla sicurezza ali-mentare e ad uno stile di vita sano. L’alimen-tazione consapevole rispetta la biodiversità egli ecosistemi, e culturalmente accettabile eaccessibile, economicamente sostenibile, ade-guata dal punto di vista nutrizionale e contribuiscead ottimizzare le risorse naturali e umane.

Attualmente, i semi che piantiamo nellaterra provengono tutti da tre grandi multina-

zionali. Ci sono movimenti per il recuperodei semi, delle biodiversità tradizionali e del-l’agricoltura di sussistenza, per ridare all’uomola possibilità di coltivare il suo terreno. Laconsapevolezza è il grande obiettivo di oggi.

La produzione del cibo e passata da untrattamento agricolo naturale a uno chimi-co-industriale in terreni agricoli sempre piucementificati e a contatto con rifiuti tossici.La produzione alimentare e diventata semprepiu intensiva e piu lontana dai suoi punti diconsumo. La “filiera lunga” dei prodottiagricoli e fatta di passaggi inutili, mediazioniestorsive e caporalato. Un’economia dell’as-surdo i cui costi sono pagati dagli anelli piudeboli, i lavoratori stranieri e i consumatorifinali. Negli ultimi 70 anni l’uso di fertilizzantia base di azoto, potassio e fosforo, e au-mentato di ben 12 volte per aumentare lerese dei terreni agricoli, sempre piu ridotti acausa dell’estensione di aree urbane e indu-striali. Il suolo e la terra che ospita la vita eci da il cibo.

L’agricoltura industriale non rispetta laterra le strappa via moltissime delle specie

selvatiche che lei ospita, lainonda di chimica, intossicale sue acque, la trafigge conarature profonde, ne spingei ritmi con prodotti di sinte-si… e noi mangiamo il risul-tato di tutto questo. Si e ini-ziato a fare massiccio impiegodi concimi chimici per assi-curare la massima resa pro-duttiva, a fare uso dei diser-banti e degli antiparassitari.In definitiva il cibo industrialedalla sua origine, dalla suaproduzione, al suo trasportoe alla sua vendita non tiene

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conto della nostra salute e dell'integrità del-l'ambiente. Ma l’importante, per l’agrobusi-ness, non e che noi mangiamo e che noicompriamo.

La sostenibilità in agricoltura non va mi-surata sulle rese ma sulla capacita di au-mentare la sostanza organica e la fertilitàbiologica dei suoli, di conservare la biodiversità,di ridurre l’uso di prodotti agrochimici.

u Una corretta alimentazione e una condi-zione essenziale per la salute umana euna tutela per la vita del Pianeta, maquesto principio non ha ricevuto la do-vuta attenzione negli ultimi decenni.

Prova ne e la recente e dilagante diffu-sione di patologie dovute ad eccesso dialimentazione (dall’obesità alle malattiecardiovascolari, passando per il diabete)e alla concomitante riduzione dell’attivitàfisica in tutte le fasce d’età, compresequelle giovanili (Must et al., 1999; Burtonet al., 1985).

u Le diete sostenibili sono diete a bassoimpatto ambientale che contribuisconoalla sicurezza alimentare e nutrizionalenonché a una vita sana per le generazionipresenti e future. Le diete sostenibili con-corrono alla protezione e al rispetto dellabiodiversità e degli ecosistemi, sono ac-cettabili culturalmente, economicamenteeque e accessibili, adeguate, sicure esane sotto il profilo nutrizionale e, con-temporaneamente, ottimizzano le risorsenaturali e umane (FAO, 2010).

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Il tumore della mammella è il tumore piùfrequente nella popolazione femminile e laprincipale causa di morte nelle donne occi-dentali tra i 40 ed i 50 anni. In Italia ognianno si ammalano di tumore al seno circa52.000 donne.

Mediamente una donna su otto sviluppaun tumore mammario nel corso della vita.

La mortalità si attesta su 12.300 donnel’anno (ultimo dato Istat) con un calo annualestimato nel 2% a partire dalla fine degli anni90.

La malattia presenta un’ampia variabilitàgeografica, con tassi più alti, fino a 10 volte,nei Paesi occidentali.

Il cancro è come un insieme di circa 200malattie, caratterizzate da abnorme crescitacellulare, svincolata dai normali meccanismidi controllo dell’organismo. Un tumore ingenere origina quando i danni a carico delDNA determinano una moltiplicazione incon-trollata delle cellule.

COS’È LA PREVENZIONE PRIMARIA?La prevenzione primaria ha come obiettivo

la riduzione dell’incidenza dei tumori interve-nendo sulla rimozione delle cause determinantiil tumore. La maggior parte dei fattori conosciutiche modulano il rischio di tumore della mam-mella (familiarità, aspetti legati alla storia ri-produttiva e personale) appaiono del tutto osostanzialmente non modificabili. Sarebbe op-portuno impegnarsi promuovendo la ricercasulla prevenzione primaria, quella che perònon attira i grandi capitali delle multinazionalidella sanità. Attualmente alla prevenzione pri-maria vi sono dedicate solo le briciole.

L’aria che respiriamo, l’acqua che beviamoe il cibo che mangiamo sono tutti abbon-dantemente ricchi di sostanze tossiche o

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Alimentazionee tumore al seno

SAPERE È PREVENIREIL CIBO E LA SALUTE

addirittura cancerogene: non esiste più uncibo sano, ma tra tutti i cibi, a causa diquello che in linguaggio tecnico si chiama“bioaccumulo”, i prodotti animali (latte, carnee derivati) sono sicuramente i peggiori perla loro capacità di essere promotori dellepatologie metaboliche e del cancro.

La ricerca epidemiologica ha identificatoalcuni fattori legati all’alimentazione e allostile di vita che appaiono potenzialmentemodificabili rendendo quindi possibili interventidi prevenzione primaria. L’alimentazioneerrata, la sindrome metabolica e la vita se-dentaria hanno un nesso causale con l’inci-denza del tumore al seno.

L’alimentazione può influenzare l’insorgenzadel tumore modificando l’ambiente internodell’organismo che promuove e attiva sostanzeod ormoni che favoriscono il tumore e la suaprogressione. C’è da ritenere che il cibo fa-vorisca l’insorgenza di alcuni tumori sia at-traverso l’uso di conservanti, additivi e l’in-troduzione dei cancerogeni come le amineeterocicliche che si formano nella cotturadella carne, sia attraverso l’influenza delladieta nel modificare il quadro ormonale e ilmetabolismo degli estrogeni circolanti, deltestosterone e dei fattori di crescita legatiall’insulina (Igf-1).

Meccanismi con cui l’alimentazione puòinfluenzare l’insorgenza dei tumori:u i vari processi industriali di produzionedel cibo modificano le caratteristiche nu-trizionali degli alimenti;

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u esposizione a cancerogeni presenti neicibi o formatisi durante la cottura o nellaconservazione degli alimenti;

u modulando in continuazione i nostri geni(epigenetica);

u intervenendo sul microbiota umano, i mi-crorganismi che ci popolano ed hannoun ruolo importante nel mantenerci insalute dal punto di vista immunitario;

u capacità di fornire sostanze che favori-scono la formazione dei radicali liberi re-sponsabili di danni cellulari (sostanzepro o antiossidanti) o al contrario forni-scano sostanze che riparano i danni delDNA;

u attivazione di meccanismi di morte cel-lulare programmata.

La composizione della flora intestinaleche vive nel nostro intestino è il microbiotaintestinale. La qualità e la diversità dei cibiche consumiamo modificano e diversificanoi tipi di batteri che vivono nel nostro intestino,influenzando il rischio di sviluppare il tumoremammario. Il tipo di cibo che mangiamoinfluenza velocemente e drasticamente ilmicrobiota, ed il consumo di una dieta occi-dentale ne riduce la biodiversità (RampelliS et al., Curr Biol 2015).

Questi microrganismi svolgono un ruoloimportante nel trasformare i cibi che con-sumiamo giornalmente. Alcuni metabolitiprodotti dalla digestione microbica di deter-minati cibi svolgono un ruolo chiave nel re-golare il metabolismo, i livelli d’infiammazione,

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e quindi la nostra salute (Clemente JC etal., Cell 2012; Thorburn AN et al., Immunity2014).

È quindi importante diversificare la nostradieta consumando cibo agricolo, verdure va-riegate e stagionali, cereali integrali, legumi,semi, noci e frutta.

Le analisi geografiche di incidenza deitumori e studi su animali dimostrano che ladieta ipercalorica e iperlipidica con grassisaturi e zuccheri sono fattori di alto rischio.Il sempre maggiore quantitativo di carboidratiraffinati nella dieta aumenta i livelli diinsulina, spingendo le cellule adipose adaumentare la loro attività di immagazzina-mento dei zuccheri e favorendo le rispostebiologiche che promuovono l’obesità in ungran numero di persone. I cibi processati e

ad alto indice glicemico - patatine, crackers,bevande zuccherate, cereali per la colazionee anche pane e riso bianchi e quindi pizza,lasciano in bocca un gusto dolce che derivadalla scomposizione degli zuccheri dell’amido:questa sensazione stimola a consumarneancora e causa sbalzi dei valori glicemicinel sangue.

Il meccanismo con cui la glicemia elevataaumenta il rischio è probabilmente duplice:da un lato perché le cellule tumorali, pervivere, hanno bisogno di circa 20 volte piùglucosio delle cellule normali, dall’altro perchéglicemia alta implica insulina alta, che a suavolta aumenta la disponibilità di ormoni ses-suali e dei fattori di crescita che stimolanola proliferazione delle cellule tumorali e lacrescita del tumore.

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Il consumo consapevole:il costo della carne

IL COSTO DELLA CARNEu La prima alla cassa;u La seconda con gli enormi finanziamentinecessari a sostenere la zootecnia pre-visti in ambito europeo dalla PoliticaAgricola Comunitaria;

u La terza con la spesa imposta dagli in-terventi per rimediare all’inquinamentoambientale causato dagli allevamentistessi;

u La quarta: costi per il consumo di suolo,aria, acqua e deforestazione;

u La quinta sulla salute.

La carne e i grassi saturi sono sostanzeossidanti che attaccano la membrana cellu-lare aumentando il rischio che il DNA dellecellule muti. L’eccessivo consumo di carne,di carni conservate e di grassi animali è dan-noso per la salute aumentando l’incidenzadel cancro dell’intestino e della mammella. Igrassi saturi producono una grande quantitàdi radicali liberi danneggiando le cellule. Unadieta iperproteica inoltre è associata ad altilivelli di IGF1 (fattore di crescita).

La carne che noi mangiamo, di solito pro-viene da animali di allevamento che sonostati alimentati con mangimi di scarsa qualità

e quindi hanno un contenuto molto basso diacidi grassi polinsaturi.

L’ingestione prolungata di carne comportaun aumentato stimolo proinfiammatorio cro-nico e questo è un dato che non dobbiamosottovalutare, perché sappiamo che l’infiam-mazione è il primo processo attraverso il qualesi attivano molte patologie organiche croni-che. L’infiammazione sembra essere attivatadalle endotossine batteriche prodotte dai bat-teri veicolati con la carne e incrementati daiprocessi di putrefazione che iniziano pocodopo la morte dell’animale e anche se lacarne è conservata in frigo, le basse tempe-rature rallentano enormemente la putrefa-zione, ma non la impediscono; inoltre, la cot-

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tura uccide i batteri, ma non le loro endotos-sine. Il consumo di carne è correlato con unaumentato rischio cancerogeno: la carne èserbatoio di diversi cancerogeni, come le am-mine eterocicliche, gli idrocarburi aromaticipoliciclici (due gruppi di composti che si for-mano durante la cottura della carne ad altatemperatura), ma anche i famosi nitrocom-posti, presenti negli insaccati.

Gli animali vengono trattati come macchineper la produzione di cibo e spesso allevati inisolamento. L’allevamento intensivo dipende,inoltre, da grandi quantità di risorse preziosecome mangimi a base di grano, acqua, ener-gia e medicinali (antibiotici). Il 71% degli an-tibiotici prodotti vengono destinati in Italiaagli allevamenti intensivi alimentando l’anti-biotico-resistenza di cui il nostro Paese de-tiene il triste primato di mortalità in Europa.

Anche la produzione di latte è soggetta aquesta logica: una volta le mucche produce-vano 7 litri di latte al giorno, oggi si arriva a50 e anche oltre, specialmente negli U.S.A.Sono mucche malate, trattate con antibiotici,

supermangimi e ormoni della crescita, checonsumano le proprie proteine perché nonce la fanno a mangiarne abbastanza per pro-durre tanto latte.

La maggior parte della carne che com-priamo proviene da allevamenti intensivi dovegli animali sono ridotti a macchine per pro-duzione di cibo. Nutriti con soia, sottoprodottiindustriali (etanolo, fruttosio e derivati dellosciroppo di mais), cereali, integratori e anti-biotici al posto di erba e fieno. Allevamentisempre più grandi e affollati, condizioni divita innaturali, stress, sofferenze, mutilazio-nimangimi di bassa qualità, monocolture, de-forestazione ed enormi quantitativi di acqua.Questo è il prezzo dell’industrializzazione dellazootecnia. Tutto questo ha gravi conseguenzeper l’ambiente, la salute umana, il benessereanimale e l’equità sociale. Scegliendo meglio,si possono cambiare le cose.

“Continuare a mangiare carne con i li-velli di consumo a cui si è abituato l’Occi-dente è insostenibile”.

L’ALLEVAMENTO INTENSIVO ACCELERA IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E SPRECAMOLTE RISORSE, TRA CUI L’ACQUA.

u Disuguaglianza alimentareL’allevamento intensivo sottrae risorse preziose a quanti ne hanno più bisogno.

u Perdita delle biodiversitàL’allevamento intensivo minaccia la sopravvivenza di numerose specie animali e vegetali.

u InquinamentoL’allevamento intensivo inquina terre, acque e mari, contaminando la natura con tossine.

u Minaccia per la salute pubblicaLa nostra salute è in pericolo. Gli allevamenti intensivi favoriscono la trasmissione di malattiee le mutazioni degli agenti patogeni in ceppi più pericolosi… antibioticoresistenza.

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Il consumo consapevole:il grano

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MA TU SAI COSA MANGI?Quello che si trova sulle tavole degli italiani

non è un cibo genuino, ma la sua trasforma-zione industriale, e la differenza si sente e sivede. Il pane, la pizza ad esempio, oggi sonofatte con farine raffinate, da cui sono state

tolte gran parte delle sostanze nutritive eprotettive tipiche del grano, come fibre, mi-nerali, vitamine, polifenoli...

Per grani antichi si intendono quelle speciedel genere Triticum che erano consumatenell’antichità. Il Farro monococco è il più an-

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tico di tutti, Il farro dicocco era il vero “granodell’antichità”, consumato in gran quantitàdai Romani.

Alcune mutazioni genetiche porteranno poial grano duro (Triticum durum) che usiamoprincipalmente per la pasta, mentre un’ulte-riore fusione genetica con geni provenientida un’altra graminacea spontanea porterà,al Farro spelta e al Grano tenero (Triticumaestivum).

Di tutte le specie del genere Triticum checoltiviamo è il grano tenero quello più diffuso,rappresentando il 95% dei grani coltivati. Aseguire il grano duro.

Tra essi ricordiamo i più diffusi: Il Saragolla,o Saragodda, un grano duro coltivato in variezone del sud, affine al Kamut, che non è ungrano, è solo un marchio commercializzatoda una multinazionale, il grano è il khorasan,un turanico prerivoluzione verde.

Il Carosello, diffuso in quasi tutto il Centroe in parte del Sud, capace di crescere in col-lina e perfino in montagna. In Sicilia si pro-

duceva il Timilia. Nel ragusano si producevaun pane dal gusto squisito con il Russello; ilSolina e il Verna sono invece dei grani teneri.

Il passaggio dagli antichi grani alle mo-derne varietà ebbe inizio negli anni venticon le moderne tecniche di selezione, intesea trovare un tipo di grano con una maggioreresa.

PANE 100g kcal Acqua (g) Proteine (g) Carboidrati (g) Lipidi (g) Fibre (g)

di tipo 00 289 29 8,6 66,9 0,4 3,2

integrale 224 36,6 7,5 48,5 1,3 6,5

di semola* 244 – 8,3 53,4 1,2 3,7

di segale 219 37 8,3 45,4 1,7 4,6

azzimo 377 4,5 10,7 87,1 0,8 2,7

al malto 267 26 8,3 56,6 2,4 –

di farro** 272 10,4 11,3 56,3 1,2 8,1

Fonte dati INRAN - *Dati di riferimento al pane di Matera - **Fonti non pervenute

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Venne selezionato allora il Senatore Cap-pelli: capace di una resa di 18 quintali perettaro, dominava i campi con il suo metro e70 di altezza e le sue spighe scure. Ma lespighe alte tendevano ad allettare facilmente(cioé a sdraiarsi) con vento e pioggia, perciòdiventava anche difficile la mietitura. Eccoperché si cominciò ad abbassarle gradual-mente, finché nel 1974 non comparve la va-rietà Creso, ottenuta con l’impiego di raggigamma del cobalto presso il CNEN di Anguil-lara derivato dall’incrocio tra il Senatore Cap-pelli irradiato ai raggi e un grano mutato.

Bastarono pochi anni perché il Creso sidiffondesse, soppiantando le varietà esistenti.

Sino a 50 anni fa avevamo molti grani conla capacità di crescere su terreni poveri e diadattarsi alle condizioni locali; a secondadelle esigenze c’erano poi grani da seminarein primavera o in autunno, c’erano grani piùresistenti alla ruggine e che, nel complesso,richiedevano un minor impiego di concimiazotati e di acqua. indispensabili alle varietàindustriali per crescere. La coltivazione con-venzionale dei grani moderni necessita del-l’utilizzo di pesticidi che si accumulano al-l’esterno del chicco e nel germe.

LE DIFFERENZE TRA I GRANI ANTICHIE QUELLI MODERNI SONO:u La forza e il contenuto del glutine. Si partiva

da grani che hanno un valore W di forzadel glutine di 10-50 e si arriva ai moderniche hanno una forza intorno ai 300-400. Èevidente che la struttura del glutine siacambiata per le necessità dell’industrializ-zazione degli alimenti. Un minor contenutodi glutine, 10 per cento contro il 14 percento del Creso e addirittura il 17 per centodel canadese Manitoba. Nei grani antichial contrario delle nuove ed economica-

mente più vantaggiose varietà. L’aumentodel glutine ha un duplice scopo: da unaparte facilitare la preparazione degli impastidel pane e agevolare la lievitazione; dal-l’altra, facilitare la tenuta degli impasti perla pasta fresca e secca. Peccato che questoha comportato anche un aumento della fra-zione di glutine tossica per i celiaci.

u Le varietà locali avevano un maggior te-nore proteico (fino al 18 per cento, controil 12 del grano attuale). I grani antichi sonopiù alti e a minor resa rispetto ai granimoderni. Aumenta di molto nei modernigrani a fronte però dell’aumento di azotoattraverso la concimazione.

u La maggiore variabilità genetica, i graniantichi erano un insieme di genotipi conuna biodiversità elevata, mentre negli annisi è andati verso la selezione di grani tuttigeneticamente identici, con una perditanetta di biodiversità. Una variabilità gene-tica ampia è in grado di adattarsi ai muta-menti ambientali, una variabilità geneticaridotta richiede un maggior interventodell’uomo, attraverso l’utilizzo della chi-mica nel tentativo di meglio adattare ilcampo al tipo di grano coltivato.

u Le poche varietà di grano sul nostro terri-torio sono legate tra loro: ciò significa chese si ammalassero resteremmo senzagrano.

Il pane, quasi sempre di grano tenero 00,che si trova oggi in commercio contiene so-stanze destinate a migliorare il sapore di fa-rine non sempre di ottima qualità. Spesso,poi, quello integrale è realizzato con lievitodi birra invece che con lievito madre. A questosi aggiunge il fatto che non viene più usato ilforno a legna. Il risultato è che non si hannoquelle reazioni chimiche fra zuccheri e pro-

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teine che danno un prodotto valido dal puntodi vista organolettico. Un pane raffinato è an-che privo di fibre e questo può avere comeconseguenza un cattivo funzionamento del-l’intestino, con la possibilità che venga com-promesso il sistema immunitario e che simanifestino patologie anche gravi. La farinadi grano duro contiene più fibre rispetto allafarina di grano tenero, inoltre, la farina digrano duro assorbe più acqua e nel com-plesso presenta un maggiore potere saziante.La semola di grano duro ha un indice glice-mico inferiore ed è ricca di carotenoidi, pig-menti organici capaci di legare ed eliminarei radicali liberi (antiossidanti).

Le farine raffinate non hanno il germe e ilrivestimento esterno per cui sono meno sog-gette a contenere i pesticidi, questo sarebbeforse un vantaggio quando il grano non è bio...

Le farine raffinate hanno alti indici glice-mici, cioé sono molto veloci a rendere dispo-nibile il glucosio. Le farine raffinate e i granimoderni hanno un più alto potere infiamma-torio, sia di tipo diretto (causato dagli zuccheriamidacei) che indiretto (causato dai micror-ganismi che si nutrono degli zuccheri). Lefibre delle farine integrali aumentano il tran-sito intestinale e rendono i carboidrati menobiodisponibili all’assorbimento intestinale.

La macinatura a pietra naturale consenti-rebbe di non scaldare la farina e quindi man-tenere vivi i principi nutritivi contenuti nelgerme. Più una farina è integrale e più con-tiene fibre e sostanze nutritive, specie se èmacinata a pietra.

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LE FARINEu Farina 00 la più raffinata, assolutamente

priva di crusca e germe di grano (50%tasso di estrazione), contiene circa il 14%di carboidrati in più rispetto ad una inte-grale e 400% di fibre in meno.

u Farina 0 un po’ meno raffinata della pre-cedente, infatti contiene piccole quantitàdi crusca.

u Farina 1 e Farina 2 sono le farine cosid-dette semintegrali, perché hanno subitouna raffinazione minore, infatti contengonouna buona quantità di crusca (la tipo 2quella che ne contiene di più).

u Farina integrale quella che non ha subitoalcun procedimento di raffinazione, quindicontiene tutta la crusca e il germe di granoche erano presenti nel chicco intero (100%tasso di estrazione).

Più si assumono zuccheri più si va in ipo-glicemia, per questo gli zuccheri causanoobesità. Bisognerebbe cambiare le colazioni,attualmente troppo ricche di zuccheri assuntitramite biscotti e merendine.

Pane bianco, patatine, pizza, zuccheri ebevande zuccherate sono responsabili disbalzi glicemici e principale causa di sovrap-peso e obesità infantile, insieme ai grassisaturi e alla scarsa assunzione di fibre. Per-ché ingrassiamo con i carboidrati provenientida cereali raffinati? Sappiamo che un ec-cesso di somministrazione di insulina neldiabete causa aumento di peso e la carenzadi insulina causa dimagrimento. E fra tuttociò che mangiamo, i carboidrati raffinati erapidamente digeribili sono quelli che fannoprodurre la maggiore quantità di insulina pro-vocando l’aumento di peso della popolazione.

La pizza, come testimonia il passato do-vrebbe essere quella da farina macinata apietra da grani italiani, possibilmente antichida agricoltura integrata, e lieviti di pasta ma-dre; con tutte le ore di maturazione e lievita-zione necessarie per renderla gustosa, nu-triente e digeribile. Non andiamo meglio conla pasta di produzione industriale da grani nonitaliani che non viene fatta seccare come do-vrebbe, piano e a basse temperature. Così siha una gelificazione degli amidi, la pasta non

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scuoce né si rompe in cottura, ma risultanodifficoltose la digestione, l’assorbimento dinutrienti e con picchi glicemici. La pasta è unprodotto che è entrato nella nostra alimenta-zione in epoca relativamente recente. La pasta,fornisce circa il 55-60% del fabbisogno ener-getico totale giornaliero grazie ai carboidratiche non sovraccaricano fegato e reni, a diffe-renza delle proteine, i suoi carboidrati com-plessi a lento assorbimento, evita all’organi-smo bruschi e picchi glicemici e, rispetto adaltri alimenti ricchi di zuccheri, garantisce unquasi immediato e prolungato senso di sazietàgrazie alla presenza dell’amido. I grani antichisi coltivano prevalentemente in modo biolo-

gico, sono macinati a pietra e vengono essic-cati a basse temperature.

Oggi il 30% del grano duro che mangiamonella pasta è di origine nordamericana o ca-nadese o dell’Est e in questi paesi il clima èpiù umido e freddo rispetto al nostro meri-dione ed il glifosato è ampiamente utilizzatoanche nella preraccolta.

In commercio di paste ne esistono di pre-gevoli perché prodotte utilizzando farine difrumento di qualità ed essiccate a bassa tem-peratura, ma ce ne sono anche molte cheper la scadente qualità della farina impiegatae per l’adozione di processi di essiccazionead elevata temperatura (superiore ai 100°)non possono soddisfare i bisogni nutrizionalidei consumatori. Una pasta così fatta non hasapore ed è poco digeribile perché ad elevatatemperatura l’amido cristallizza e diventa inat-taccabile dagli enzimi digestivi.

MA TU SAI COSA MANGI?“Non abboccare… scegli tu”

u Quali sono i nomi di questi pesci?u Da dove arrivano?u È stato pescato o è di allevamento?u Come è stato pescato o allevato?u È fresco o è stato congelato?

Quando scegliamo il pesce da acquistare,ci preoccupiamo anzitutto che sia fresco ecerchiamo di capire se quello che abbiamodavanti sia pescato dal mare o sia pesced’allevamento dimenticando spesso l’impor-tanza dei fattori stagionalità e provenienza.

I pesci di stagione sono quelli che non sitrovano in fase riproduttiva. Mangiare questespecie consente ad altre di crescere secondoi propri tempi. I pesci nostrani sono quelli dipassaggio nei nostri mari. Cercarli in pesche-ria evita di farne viaggiare altri, in aereo o sustrada, per migliaia di chilometri.

I pesci vivono in un ambiente naturaleche spesso è inquinato e quelli di tagliamaggiore tendono ad accumulare sostanzetossiche, primo fra tutti il metilmercurio, ecome dimostrano numerose ricerche anchele microplastiche. La presenza di frammenti

di plastica negli oceani e nei pesci è unproblema noto da tempo ma in crescitaesponenziale. Una volta in mare, gli oggettidi plastica possono frammentarsi in pezzimolto più piccoli, e diventare microplastica.Un caso a parte sono le microsfere: minu-scole sfere di plastica utilizzate in numerosiprodotti domestici, cosmetici e altri prodottiper l’igiene personale. Sempre più plasticaviene ingerita dagli organismi marini e può

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Il consumo consapevole:il pesce

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risalire la catena alimentare fino ad arrivarenei nostri piatti. Si stima che ogni anno ar-rivino in mare otto milioni di tonnellate diplastica, microsfere o frammenti dovuti alladegradazione di altri rifiuti (imballaggi, fibreo altro).

Il salmone, una volta un lusso che ci siconcedeva solo a Natale, oggi si trova inogni stagione, in gran quantità e a bassoprezzo perché negli ultimi anni si sono mol-tiplicati gli allevamenti intensivi, le cui pra-tiche non sono sostenibili. Gli stock del sal-mone selvaggio intanto restano molto al disotto della soglia di sicurezza: quello atlan-tico è in estinzione e quello del Pacifico è in

grave calo. Ma l’allevamento non costituiscecerto un’alternativa!

Negli allevamenti intensivi i reflui (deiezionidi pesci, scarti di mangimi, residui di anti-biotici) non vengono mai lavati via e si la-sciano semplicemente cadere attraverso lereti. Il risultato sono migliaia di tonnellate diescrementi e rifiuti che si depositano nel fon-dale e non vengono rimossi.

Il Mediterraneo è un mare ricchissimo dipesce azzurro (alici, sardine, aguglie, sgom-bro, lampuga, ricciola…) varietà più ricca diomega 3 e acidi grassi, che hanno effetti be-nefici sul funzionamento del cuore e del si-stema circolatorio e nella prevenzione onco-logica. Per essere veramente sostenibilisarebbe opportuno preferire dei pesci a ciclovitale breve e di piccola taglia (che tra l’altrosono meno inquinati da metalli, come il mer-curio e dalle microplastiche).

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Un elemento centrale della risposta euro-pea nella strategia globale di lotta al tumoredella mammella è il Codice europeo controil cancro, che riporta un chiaro messaggio:adottando alimentazione e stili di vita piùsalutari è possibile evitare alcune neoplasiee migliorare lo stato di salute. La dieta me-diterranea è cibo locale, del territorio, in cuisi svolge l’intero ciclo di filiera, è biodiversità,

è tutela del paesaggio rurale, è ecocompa-tibile, è la traccia di una cultura antica legataal cibo e trae la sua origine dalla storia, dallacultura e dalla tradizione della Magna Grecia.Dovremmo seguire l’insegnamento di Ippo-crate: “Fa’ che il cibo sia la tua medicina eche la medicina sia il tuo cibo”.

Esistono solide evidenze e dati scientificia favore del ruolo favorevole di dieta medi-

terranea biologica e di stilidi vita salutari nella preven-zione dei tumori. Tenerebassi i fattori di crescita, li-mitare o evitare i cibi moltoricchi di grassi saturi e diproteine animali; tenerebassi i livelli di infiamma-zione. Favoriscono l’infiam-mazione tutti i cibi animali,eccetto il pesce azzurro.Usare olio extravergined’oliva.

I biofenoli sono un’ampiafamiglia di composti natu-rali dotati di importanti pro-prietà biologiche. I biofenolisono i principali antiossi-danti presenti negli oli ex-

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La dieta mediterranea:il sano è buono

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travergini di oliva. Studi di ricerca sia in vivo(cioé sugli animali) che in vitro (cioé attra-verso test cellulari in laboratorio) hanno di-mostrato i benefici sulla salute umana deibiofenoli. Ai biofenoli sono state riconosciutenumerose funzioni, tra le quali: antiossi-dante, antinfiammatoria, antiallergica, anti-batterica e antivirale. Inoltre sembra che ibiofenoli possano essere utili, insieme adaltri pigmenti naturali e a composti vitami-nici, nella prevenzione di malattie cronico-degenerative, come quelle cardio-vascolarie alcune forme di cancro.

È innegabile che il consumo di olio extra-vergine d’oliva, unita ad una sana dieta ali-mentare ed ad un corretto stile di vita, ap-porta positivi effetti sulla salute umana.Purtroppo i signori dell’olio non spremonopiù, ma importano e trasformano: moltomeno costoso e più redditizio. Manipolano,deodorano, profumano. Un flusso ininterrottodi miscele di oli “comunitari” e “non comu-nitari” che viaggia ogni giorno da e versol’Italia, da sud a nord, a bordo di tir e navicisterna. Bisogna ostacolare l’importazionedi oli di scarsa qualità che poi, una volta inItalia, vengono spacciati come oli Evo e ven-duti a prezzi estremamente concorrenzialidanneggiando tutte le aziende olearie ita-liane, olivicoltori, frantoiani, commerciantionesti e consumatori.

La dieta mediterranea, insieme all’attivitàfisica, previene le malattie cardiovascolari,il diabete e alcuni tipi di tumore (colon retto,mammella, prostata, pancreas, endometrio).La dieta mediterranea promuove una mag-giore consapevolezza alimentare, la cono-scenza del territorio, della stagionalità, dellabiodiversità e della naturalità degli alimenti.La dieta mediterranea è espressione del pa-trimonio storico e culturale del Mediterra-

neo. È una tradizione alimentare millenariapromuovendo non solo la qualità degli ali-menti e il territorio, ma anche lo stare in-sieme e il dialogo tra le persone. È la naturastessa a indicarci che l’alternativa non èfatta di crescita che genera spreco e nonriesce a rispondere al diritto di tutti al cibosano.

La dieta mediterranea non è privazione: èmisura, è regola, è convivialità, identità, pri-vilegiando i prodotti della terra sana. È il ciboa filiera corta, è il cibo del territorio, è il ciboidentitario, è il cibo dei piccoli produttori.

Possiamo riuscire a ritrovare la saggezzadel corpo solo sentendo il gusto naturale delcibo vero, orientando la nostra alimentazioneverso il cibo di origine vegetale non indu-strialmente raffinato.

OBIETTIVI NUTRIZIONALIu Ridurre le calorie privilegiando alimenti

che saziano molto, come cereali non raf-finati, legumi e verdure.

u Ridurre i cibi ad alto indice glicemicoo insulinemico (farine raffinate, patate,riso bianco, fiocchi di mais, zucchero elatte) e consumare piuttosto cereali inte-grali (riso, orzo, miglio, avena, farro e inol-tre grano saraceno e quinoa), legumi (ognitipo, inclusi i prodotti tradizionali di soia),verdure, ortaggi.

u Limitare al minimo le fonti di grassi sa-turi (carni rosse e salumi, latte e latticini)e consumare piuttosto olio extravergine dioliva, semi oleaginosi, latti di cereali.

u Ridurre le proteine in particolare quelle diorigine animale (eccetto il pesce azzurro).

u Praticare quotidianamente attività fi-sica di moderata intensità per almeno 30minuti e diminuire le attività sedentariedi almeno 30 minuti al giorno.

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