18
Conservatorio di musica “N. Paganini” anno accademico 2010\2011 Semiografia Musicale Sonata per due pianoforti e percussioni Béla Bartòk Giacomo Lepri

Semiografia Musicale - files.spazioweb.itfiles.spazioweb.it/aruba35800/file/analisi_semiografica.pdf · Oltre oceano il musicista con la ... Questo fece sì che anche sul piano

Embed Size (px)

Citation preview

Conservatorio di musica “N. Paganini”anno accademico 2010\2011

Semiografia Musicale

Sonata per due pianoforti e percussioniBéla Bartòk

Giacomo Lepri

Cenni biografici sull'autore

Béla Bartòk nacque a Nagyszentmiklòs, Transilvania (oggi Sinnicolau Mare, Romania) nel 1881. Prese la sua prima lezione di musica dalla madre all'età di 5 anni e si esibì in pubblico per la prima volta a 11 anni eseguendo l'Allegro dell'op. 53 di Beethoven ed una propria composizione.Nel 1888 la madre, rimasta vedova, si trasferì col figlio a Bratislava dove Bartòk terminò le scuole medie. Nel'99 egli s'iscrisse all'Accademia Nazionale di Musica a Budapest dove incontrò Zoltàn Kodàly con il quale condividerà la ricerca etnomusicologica e compositiva negli anni a venire. In quanto pianista di talento, nella prima parte della sua vita, Bartòk si dedicò, oltre che alla composizione, all'attività concertistica. Ottenuta nel 1907 la cattedra di insegnante di pianoforte presso l'Accademia Nazionale di Musica si stabilì nella città di Budapest dove poté approfondire la sua ricerca etnomusicologica e compositiva. Influenzato dalle musiche di Strauss, Debussy e Brahms e orientato dalle sue indagini musicali, Bartòk intraprese un percorso che si discostava dalla composizioni di carattere lisztiano per orientarsi verso la creazione di nuovo linguaggio musicale.Il primo esempio di questo linguaggio si può trovare nel Primo Quartetto per Archi composto nel 1908. A partire da questa data, nell'opera di Bartòk, si percepisce che l'interiorizzazione profonda della tradizione popolare Ungherese si fonde con il pensiero musicale colto creando un gergo innovativo e spesso proiettato verso la contemporaneità.Bartòk si confronterà infatti con l'espressionismo e l'impressionismo, con le novità portate dal lavoro di Stravinskij e con i grandi classici (Beethoven e Liszt) e, pur mantenendo una sua autonomia, si lascerà contaminare dalle influenze stilistiche che caratterizzano queste musiche. Nel 1909 il compositore sposerà Márta Ziegler dalla quale avrà un figlio anche lui di nome Béla. Nel 1923 Bartok divorzierà per poi risposarsi con una sua allieva, Ditta Pásztory, che gli dette un secondo figlio. Fino all'anno dell'abbandono dell'Ungheria Bartòk divide il suo lavoro tra la composizione, la raccolta e la catalogazione di musiche popolari e l'attività concertistica (eseguendo principalmente sue composizioni). Nel 1940 dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale preoccupato dal peggioramento della situazione politica in Europa Bartòk decise ad emigrare negli Stati Uniti. Oltre oceano il musicista con la famiglia affrontò il difficile compito di rifarsi una vita. Inizialmente, oltre a non godere di particolare fama, Bartòk non si trovò a suo agio ed ebbe difficoltà a comporre. Questo fece sì che anche sul piano economico si trovò ad affrontare un periodo difficile. Fortunatamente nell'ultima parte della sua vita ricevette diverse commissioni ed incarichi universitari. Ciò oltre a risvegliare in lui l'interesse per la composizione gli

permisero di raggiungere una certa tranquillità economica. Bartòk morì nel 1945 a New York di leucemia. I suoi resti furono portati a Budapest dopo la caduta del regime comunista.

Analisi semiografica della “Sonata per due pianoforti e percussioni”

Introduzione

La scelta di sviluppare una tesi di carattere semiografico sulla “Sonata per due pianoforti e percussioni” di Bartòk è strettamente legata all'interesse di indagare quella parte di repertorio della musica “colta” che si potrebbe identificare come uno dei più importanti anelli di congiunzione tra la tradizione musicale di fine ottocento e primo novecento e la ricerca compositiva contemporanea. Per realizzare questa analisi si è scelto il compositore ungherese per diversi motivi. Il primo è legato al fatto che il periodo che lo vede attivo è esattamente quello di cui ci si vuole occupare. Il secondo motivo riguarda la capacità di Bartòk di esplorare, nel corso della sua opera, linguaggi musicali diversi, garantendo così una varietà stilistica che permette di considerarlo come uno dei più rappresentativi compositori di fine ottocento e primo novecento. Il terzo motivo è da cercarsi in quella qualità tipica degli ultimi lavori del compositore che viene definita da musicologi, storici della musica e musicisti come materica. Affermare che la musica di Bartòk sia materica significa sottolineare l'interesse del compositore ad indagare la musica attraverso una prospettiva extra tonale che mette in risalto l'indeterminatezza e le qualità “rumorose” del suono. La ricerca timbrica acquista un ruolo fondamentale: sonorità complesse, cluster e agglomerati energetici risaltano il dato fisico (appunto materico) e si impongono sul panorama musicale come un chiaro obbiettivo verso la quale è possibile indirizzare le future ricerche compositive. La “Sonata per due pianoforti e percussione” si presenta come uno dei più alti esempi di quella incredibile dote creativa che unisce la tradizione con l'innovazione e l'originalità. La scelta dell'organico è già di per sé una dichiarazione musicale. Il pianoforte, strumento classico e romantico per eccellenza, viene accostato alle “neonate” percussioni, le quali gradualmente si affermeranno come una delle famiglie strumentali più indagate dai compositori del XX sec. Inoltre, componendo per due pianoforti e per un set percussivo che comprende una quindicina di strumenti, Bartòk amplifica enormemente il potenziale timbrico, dinamico ed espressivo dell'opera offrendo un'ampia varietà di soluzioni musicali. La sonata infine si deve contestualizzare in un clima di profonda crisi della tonalità. Durante il primo novecento furono molti i tentativi di reazione di fronte al crollo di questo sistema. La “Sonata per due pianoforti e percussioni” e la “Musica per archi percussioni e celestia” rappresentano due delle più felici soluzioni sperimentate da Bartòk. In queste due composizioni infatti il

compositore fonde tra loro il dato etnomusicologico, quello materialista e quello della tradizione musicale “colta”. Da un punto di vista semiografico l'interesse è proprio quello di cercare di capire come il compositore sia riuscito a realizzare tramite il segno questa varietà che incessantemente oscilla tra la tradizione e la contemporaneità. La composizione si presenta quindi come un modello storicamente acquisito e interiorizzato dai musicisti successivi a Bartòk. Ecco quindi i motivi per i quali, tra le tante produzioni di Bartòk, si è scelto di concentrarsi proprio su questa sonata. Nelle prossime pagine si tenterà quindi un'analisi della partitura del brano in linea con le chiavi di lettura sopra citate. Prima si illustrerà un quadro generale delle più importanti caratteristiche dello spartito, in seguito si analizzeranno, dai tre movimenti della sonata, alcuni estratti della partitura che risultano musicalmente più significativi. Questo processo intende porsi l'obiettivo di utilizzare il dato scritto considerandolo come una sorta di lente d'ingrandimento che permetta di svelare, da un nuovo punto d'osservazione, i singoli episodi individuati.

La partitura

Lo spartito della “Sonata per due pianoforti e percussione” divide la parte per i due pianisti da quella per i due percussionisti. Per i due pianoforti, a fondo pagina, viene riportata una guida, che fornisce una traccia di riferimento delle parti dei due percussionisti. Per quanto riguarda le percussioni ad altezza non determinata Bartòk assegna allo strumento un rigo destinato quindi alla sola notazione ritmica. Da un punto di vista generale lo spartito non si discosta dalle convenzioni tipiche della tradizione classica. A questa tradizionale notazione però il compositore affianca un importante dato tecnico che lascia intuire un pensiero compositivo estremamente contemporaneo. All'inizio delle parti per pianoforte, Bartòk presenta una sorta di pianta del palco in cui viene specificata la posizione di buona parte degli strumenti che verranno utilizzati durante l'esecuzione. Queste precise informazioni (supportate anche da due brevi righe) indicano che in Bartòk è saldo il concetto di spazializzazione del suono. Collocare gli strumenti ed i musicisti nello spazio performativo è una pratica che nel corso della storia della musica è già stata utilizzata: l'esempio più citato è quello dei Gabrieli ma si potrebbe citare anche l'importante esperienza di Charles E. Ives che nel 1908 in “The unanswered question” indica di collocare una parte degli esecutori fuori dal palco. Nel nostro caso però siamo difronte alla situazione in cui il compositore ha interiorizzato l'idea della spazializzazione sonora a tal punto da renderla una precisa ed esplicita scelta. Nel corso di tutto il '900 (in particolare dagli anni cinquanta in poi con l'arrivo dell'elettronica) la spazializzazione sarà uno dei temi centrali del pensiero compositivo. Insieme alla pianta del palco il compositore presenta diverse note che forniscono le indicazioni delle differenti modalità d'esecuzione nei confronti di alcuni strumenti percussione. In particolare oltre a definire i diversi tipi di battenti da usare per la gran cassa, il triangolo, i piatti ed il rullante, vengono specificati quali siano i passaggi dinamici nei quali questi debbano essere utilizzati. Anche queste notazioni indicano che il parametro del timbro viene scrupolosamente indagato così da rendere Bartòk perfettamente cosciente del tipo di sonorità desiderata in relazione allo svolgersi della composizione. Proprio rispetto alla dimensione temporale un'ultima considerazione merita di essere sviluppata. Il compositore, spesso, inserisce delle indicazioni metronomiche (espresse in minuti e secondi) all'interno della partitura. Queste notazioni, che servono come riferimento temporale agli esecutori, denotano una attenzione scrupolosa alla forma. Attenzione che accentua quella profonda consapevolezza maturata da Bartòk nei confronti della organizzazione dei materiali sonori nel tempo.

Primo movimento

Del primo movimento della sonata risultano particolarmente interessanti due passaggi. Il primo è all'inizio del brano e introduce in maniera efficace quel clima di indagine timbrica e ricerca politonale a partire dal quale si svilupperà tutta l'opera. La composizione comincia con un fa diesis grave dei timpani pianissimo. Questa nota viene sostenuta con un trillo che introduce ad frase del piano suonata nella seconda e terza ottava sotto il do centrale, anch'essa pianissimo. La melodia che si ascolta ha una spiccata intenzione cromatica e non lascia percepire alcun tipo di riferimento tonale. Viene a crearsi così un cupo dialogo tra il piano e il timpano il quale si inserisce con il trillo nelle pause del piano. Alla quarta battuta entra il secondo strumento a tastiera enfatizzando il carattere oscuro della linea melodica. Improvvisamente alla sesta battuta i piatti vengono percossi violentemente. Questi vengono subito seguiti dal secondo pianoforte che suona una decimina di sessantaquattresimi che quasi cromaticamente si sviluppa verso l'acuto per poi tornare al registro più grave del piano. Contemporaneamente al colpo il primo pianoforte invece inizia un tremolo molto stretto sulle note di re, do diesis e mi bemolle che si estingue gradualmente nelle successive due battute. Con l'estinguersi del tremolo si può ascoltare una frase melodica suonata dal secondo piano che riprende le linee ascoltate nelle primissime battute preceduta da un colpo di rullante. Questo passaggio, che verrà ripetuto subito una seconda volta, appare carico di significato poiché sembra che il timbro dei piatti sia motore generatore per i due piani che vengono eccitati producendo uno l'arpeggio e l'altro il veloce cromatismo. Ecco quindi che lo strumento ad altezza indeterminata provoca quello tonale che però risuona mettendo in risalto le sue qualità timbriche piuttosto che quelle armoniche o melodiche.

Il secondo estratto si trova verso la fine del movimento e come il primo mette in relazione le qualità timbriche del piano con quello delle percussioni. In questo caso però il compositore utilizza l'espediente del cluster prodotto col piano abbinato al timbro del tam-tam. Introdotta da una intensa successione melodica, che ricorda quasi la tecnica contrappuntistica, alla battuta trecentoventisei, si può quindi ascoltare una riuscita interpolazione tra il suono scuro del secondo pianoforte e quello del tam-tam. Il magma sonoro generato dalle dense note gravi del piano e dal tam-tam percosso con dinamica pianissimo si protraggono per cinque battute creando un riuscito effetto paragonabile ad una nebulosa scia sonora che lentamente si estingue. Il l'altro pianoforte prima enfatizza il cluster con un do della terza ottava sotto quello centrale poi si inserisce sulla coda del tam-tam ribattendo un intervallo di quinta aumentata. Una rullata del tamburo militare, alla trecentotrentesima battuta, farà ripartire il secondo pianoforte con una vivace linea melodica che riprende proprio lo stesso intervallo di quinta aumentata.

Secondo movimento

Dal secondo movimento si decide di isolare un passaggio che recupera la tecnica del cluster incontrata in precedenza. Alla quarantottesima battuta il compositore assegna al primo pianoforte una successione di fitti e densi accordi che si fondono con la linea melodica suonata omoritmicamente dallo xilofono. Questa fusione genera una sorta di melodia di cluster che viene rinforzata con una sorta di effetto eco dal secondo pianoforte che entra alla quarantanovesima battuta. Dallo spartito si può notare come i complessi accordi suonati dal piano si traslino all'acuto al grave senza mutare la loro struttura. Le strutture accordali sembrano incastrarsi tra di loro creando una sorta di canone timbrico e ritmico. Creando una ambiguità tra melodia e timbro il compositore esplora la relazione tra i due parametri quasi a negare che possano esistere l'uno separato dall'altro. Dalla partitura si nota chiaramente che in questi “grappoli” di note vi è la presenza di intervalli semitonali. Spesso si viene quindi a creare una sovrapposizione di intervalli di terze maggiori e minori. Questo dato è un chiaro segnale: la precisa intenzione del compositore, in questo contesto, di abbandonare la concezione tonale della musica. Si inserisce in questa ambigua successione di accordi (di dinamica piano) una seconda linea melodica eseguita dal secondo pianoforte. Questa melodia (di dinamica mezzo forte) è costituita da semibrevi collocate sul movimento forte di ogni battuta. A differenza della prima, che si muove quasi cromaticamente, questa è caratterizzata da salti di quinta, aumentata salendo all'acuto e di quarta e quinta scendendo al grave. E' importante sottolineare che al fine di far emergere questa linea melodica il compositore inserisce un accorgimento di dinamica: due forcelle ad indicare prima un crescendo e poi un diminuendo. In questo caso è interessante notare come il compositore distribuisca il materiale sonoro sull'ampia area spettrale da lui utilizzata. Il primo percussionista ha invece il compito di accompagnare questa complesso momento musicale ripetendo sempre la stessa figura di semicrome al timpano.

Terzo movimento

La sezione del terzo movimento che si desidera analizzare consiste in un interessante processo di accumulazione realizzato grazie al combinazione di più elementi. Alla centoquindicesima battuta il primo pianoforte inizia con un pianissimo una figura melodica che procedendo per semicrome seguendo un moto prima discendente e poi ascendente.

Questa viene subito riproposta la battuta successiva ma con moto inverso.

Nella stessa battuta anche il secondo pianoforte inizia ad eseguire la stessa figurazione. Le due parti quindi creano una trama di quattro voci che si muovono a due a due per moto contrario.

In dodici battute con l'aumentare del tempo e della dinamica (che arriva a più forte) e con l'aiuto delle percussioni (gran cassa e tamburo militare) il

compositore riesce a creare una nuova dimensione timbrica in cui le singole note si incastrano e si sovrappongono tra loro. Pare che l'intenzione sia quella di sfibrare nel tempo quei tipici accordi densi e dissonanti che in tutta la composizione vengono ampiamente utilizzati. In questa parte della composizione si percepisce inoltre un forte senso di circolarità dovuto anche al crescere di intensità delle percussioni che ripetono la stessa figura ritmica. Alla centoventisettesima battuta improvvisamente le parti dei due pianoforti si combinano in modo diverso. Le prime due voci procedono ora per moto parallelo tra loro ma contrario rispetto alle seconde.

La contrapposizione tra le due coppie di voci diventa più netta. Con questa nuova figura ritmicamente più complessa della prima i due pianoforti procedono verso il termine della sezione. Con il supporto della gran cassa le quattro voci aumenteranno di dinamica fino al fortissimo delle ultime battute. Alla centotrentaquattresima battuta queste come se coinvolte in un processo di improvvisa rarefazione arrestano la fitta trama di sonorità appena ascoltate e nella battuta successiva due colpi di timpano terminano la sezione.

Conclusioni

Senza ombra di dubbio l'esperienza compositiva maturata da Bartòk nella “Sonata per due pianoforti e percussioni” è stata un'importante contributo nei confronti di quel pensiero compositivo che si muoverà, durante tutto il XX sec, alla ricerca di un nuovo linguaggio musicale. Si può quindi tracciare una immaginaria linea di congiunzione tra l'opera di Bartòk e quella di Edgar Varèse, di Cage, di Stockhausen, di Xenakis, di Kagel (solo per citarne alcuni). La natura timbrica delle percussioni viene infatti indagata da questi compositori proprio con lo stesso atteggiamento con cui Bartòk compone la sonata analizzata. Dagli estratti mostrati durante l'analisi emergono sicuramente l'impressionante competenza tecnica e il maestoso talento musicale propri del compositore. Durante l'analisi abbiamo incontrato però figure musicali che confermano il fatto che, ai fattori già citati si deve aggiungere la capacità, da parte di Bartòk, di unire il passato con il futuro, la tradizione con l'innovazione. La creazione di “canoni timbrici e ritmici”, il sapiente utilizzo dello spettro sonoro coperto dai registri degli strumenti, la forte ricerca impiegata nella creazione di interpolazioni timbriche e la consapevolezza della forte relazione tra la dimensione materica del suono e quella dinamica sono tutti elementi che confermano la tesi espressa all'inizio di questo scritto. E' interessante inoltre notare come dal punto di vista semiografico non vi siano grandi innovazioni rispetto alla portata delle novità introdotte nel linguaggio musicale. Le convenzioni semiografiche di dinamica o di abbellimento tipiche di una scrittura tardo-romantica però vengono caricate di un importante ruolo che va oltre all'ornamento, alle indicazioni d'espressione o all'effetto musicale in se. I trilli, i tremoli strettissimi, le legature d'espressione e le forcelle di dinamica diventano quindi degli strumenti utilizzati per raggiungere l'esatto timbro desiderato. Queste notazioni acquistano un valore aggiuntivo che le rendono essenziali per l'esecuzione dell'opera poiché portatrici delle importanti innovazioni del linguaggio musicale. Appare quindi che la scrittura tradizionale venga caricata di nuovi significati strettamente connessi all'evoluzione del pensiero compositivo. In quest'ottica non è difficile intravedere in Bartòk un embrione di quel nuovo linguaggio musicale che avrà nuove esigenze semiografiche. Esigenze che porteranno alla creazione di nuove convenzioni che allargheranno enormemente il campo dei codici musicali.