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INCONSCIO E SOCIETÀ SEZIONE II: POIETICA

SEZIONE II: POIETICA 8 - aracneeditrice.it · tra immaginario e simbolico nella genesi di un soggetto. I ... un enigma, un “absconditum”. Un Pathos di incompletezza, di nostalgia

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INCONSCIO E SOCIETÀSEZIONE II: POIETICA

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Direttore

Luciana L SPsicoanalista, psicologa, economista e filosofaMembro OPIFeR (Organizzazione di Psicoanalisti Italiani, Federazione eRegistro)Membro OPL (Ordine degli Psicologi della Lombardia)Milano

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INCONSCIO E SOCIETÀSEZIONE II: POIETICA

Poietica è la sezione della collana Inconscio e società cheraccoglie scritti ed espressioni creative, testimonianza piùo meno esplicita di un sapere di tipo scientifico. La collanaInconscio e società intende raccogliere i frutti dell’applica-zione della psicoanalisi alla vita contemporanea. Le parolechiave dei lavori che fanno parte della collana sono forma-zione e ricerca clinica: l’impostazione iniziale si proponevadi applicare la psicoanalisi freudiana, nell’orientamento da-tole da Jacques Lacan, al discorso universitario. Tuttavial’esigenza di scientificità, di cui l’Università non può nontener conto, non ha altro strumento che la formazionedell’analista. Lo psicoanalista ha il compito di curare, maallo stesso tempo è portatore della causa di promuovere ilreale della soggettività, come avveniva in un’altra epocaattraverso quelle pratiche dette “arti liberali”. Il lavoro chel’analista fa su di sé diventa quindi il nocciolo di una sog-gettività della scienza, possibile e non preclusa, il prototipodi un “saperci fare” per tutte quelle professioni che Freuddefinì Mestieri Impossibili perché hanno come loro oggettoil soggetto stesso.

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Tamara Landau

La nascita impossibileo il bambino “enclavé”

Fobie, nevrosi d’angosciae sentimento di esistere

a cura diLuciana La Stella

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I edizione: febbraio

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Indice

Prefazionedi Luciana La Stella

Introduzione

Parte IIl transfert

Capitolo IIl transfert, la percezione di se stessi e il sentimento diesistere

Capitolo IICostruzione dello schema dell’albero rovesciato, ossiala percezione di sé del bambino

Parte IIOntogenesi e schema dell’albero rovesciato

Capitolo IImpronta primordiale e costituzione del sentimento diesistere

Capitolo IINarcisismo primordiale e specchio primordiale

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Indice

Capitolo IIIParto e castrazione primitiva

Capitolo IVNarcisismo e specchio primario

Parte IIIRitorno al transfert

Capitolo IPermanenza o liquidazione del transfert primordiale

Per concludere

Glossario

Bibliografia

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Prefazionedi L L S

Inconscio e Società è lieta di accogliere nella sua sezionePoietica il risultato di oltre trent’anni di lavoro della psicoa-nalista Tamara Landau su casi da lei studiati e sulla fecondaformazione e ricerca radicata nel sapere di autori diversia partire da Sigmund Freud e attraversando il pensiero diJacques Lacan, di Françoise Dolto, di Otto Rank, di SándorFerenczi, di Donald W. Winnicott, di Jean–Marie Delassus,di Monique Bydlowski e tanti altri con una propria rivisi-tazione. Quest’opera, ben documentata anche in schemie immagini ci porta nel vivo della complessa tematica in-teriore dalla maternità ai primissimi anni di vita. La suafervida intuizione mostra come si riassuma sin qui il suopercorso personale di donna, di analista e di artista. La suaofficina di casi e di sculture assume un aspetto singolarecreativo nei suoi scritti già pubblicati da un decennio inFrancia. Le sue considerazioni ci sorprendono per la sin-golarità del tema trattato e per alcune aperture davveroinedite.

E dunque un libro stimolante per la ricchezza di mate-riale e di riferimenti bibliografici riportati nelle note da cuitraspare il suo percorso descrittivo e che mostra quasi untesto nel testo medesimo.

La cara Amica filosofa e psicoanalista Valeria Medda,dopo aver letto il suo libro appena uscito in francese nel, scriveva: “Il libro di Tamara Landau apre un discor-

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Prefazione

so di frontiera, sul bordo di una problematica che si stadelineando come tema epocale: il desiderio di maternitànell’intersezione con la questione di una scelta supposta“libera” da parte delle donne. Sul piano teoretico, l’audaciadell’Autrice si spinge fino all’ipotesi di arretrare struttu-ralmente la predisposizione soggettivante del bambino afasi precocissime. Praticamente, un ulteriore arretramen-to dell’Edipo, dopo quello che abbiamo conosciuto conMélanie Klein”.

Questo lo ritroviamo proprio nel filo rosso che ci con-duce dall’inizio alla fine del testo con una grande emo-zione e in un rinnovato apprendimento nei vari saperidegli autori suindicati. Dalla sua matrice filosofica Valeriaci spinge oltre l’infranto e prosegue scrivendo: “Il corpoerogeno della madre includerebbe il bambino–organo, tra-smettendo marche sensoriali (pensiamo ai “pathèmata” diAristotele) presignificanti che andrebbero organizzate inuna grammatica di ordine semiotico, piuttosto che sim-bolico. L’agente materno agita dunque i propri fantasmigenealogici e identificanti e agisce appunto inconsciamen-te predeterminando non la soggettività del figlio, ma larete simbolica, la culla intesa come uno spazio–bolla, incui il bambino sarà preso”.

Questo rammenta l’idea platonica di Chora, lo spaziomaterno ovvero uno spazio topologico “inclusivo” del-l’immaginario materno, la cui permanenza — nel sensodell’effettuarsi di una complicità incestuosa — potrebbeminacciare o danneggiare il bambino come amava direValeria “nel suo avvenire” come soggetto originale, cioèmarcato da distinzione.

Desidero qui di seguito riportare integralmente la ri-flessione di Valeria Medda che condivido con affetto nellamia prefazione a ricordo dei nostri incontri e desiderando

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Prefazione

sottolineare quando la nostra collega fosse lucida testimo-ne e attenta non solo verso il tema trattato dall’Autrice,altresì aperta con coraggio e determinazione su una lineadi pensiero multidisciplinare e di avanguardia verso ognistimolo e compenetrazione dalla filosofia alla psicoanali-si, dalla medicina alle neuroscienze. Riprendo qui la suamatrice filosofica per condurre qui il suo ragionamentoscritto il febbraio qualche anno prima della suaprematura dipartita per una inesorabile malattia:

“Gli antichi dicevano pre–destinare. Ciò presuppone una strut-tura logica di “anticipazione” sull’asse diacronico. Noi, conFreud (e il suo concetto di “après–coup”) possiamo piutto-sto, in accordo con un modello cibernetico, riconoscere nellarelazione della diade madre–bambino un effetto di retroazio-ne simbolica (di feedback) assai complesso. Tamara Landau,con la sua figura dell’albero rovesciato, avanza una straordi-naria metafora del rovesciamento genealogico che si producenel generare un figlio rispetto alla catena di senso incarnatadal succedersi delle madri e della messa in gioco del “corpodell’altra”, nell’intersezione col posizionamento degli ogget-ti “maschili” (il proprio padre, il compagno) e la struttura dinominazione.

Situazione di rischio anche psicotico, come segnala lucida-mente Lacan, se il soggetto madre entra “in opposizione a unpadre”. Allora, i sintomi: un’organizzazione psichica autistica,o la complicità incestuale con la madre o la dissociazione daltempo, dalle immagini simboliche, dal nome.

Appare il “genitore fusionale” e si produce l”enclave” in-fantile. E qui si può inaugurare una nuova clinica del materno.Questo rovesciamento, che include un doppio lavoro della pul-sione di eros e della pulsione di morte — la coppia linguisticavita/morte è sempre associata culturalmente alle “madri” —costituisce una prefigurazione del rovesciamento strutturaletra immaginario e simbolico nella genesi di un soggetto. I“simboli simbolizzanti” — come dice Lacan — che produco-no senso e linguaggio, introducono per l’essere umano una

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Prefazione

nuova realtà nella realtà animale. Psychische realität, dice Freud.Un nuovo ordine di esistenza, marcata dal fantasma (materno,paterno, infantile) e da ciò che viene desiderato o respinto,dunque pensato e detto all’interno della triade.

Un simbolo non ha nulla a che fare con la realtà: e il porsidel materno umano entro la significazione delle relazioni diparentela è propriamente simbolo. Significazione di altro, perl’altro. L’immagine inconscia del corpo va inscritta in questastruttura di rete complessa.

Il testo di Landau possiede inoltre un doppio fascino: quel-lo dello stile, marcato da un’enunciazione originale ed ele-gante, e quello di una finezza clinica, ormai rara a trovarsi,esplicitata nella narrazione dei casi ove emerge una concezio-ne originale di un tipo di transfert che potrei dire “incarnato”(con tutto quello che di simbolico comporta la metafora teolo-gica dell’Incarnazione, cui spesso allude lo stesso Lacan) e diuna straordinaria analitica della specularità in quanto funzionesintomale (analitica del mimetismo, del “doppio”, del visibilee dell’invisibile).

Riporto qui di seguito alcune considerazioni che avevoapprofondito sempre con Valeria e la ci ricchezza di spuntirichiama la lettura del testo di Tamara Landau nella ripresadi temi che richiamano alcune riflessioni sulla Melancholiae Allegoria legata ad esempio ai drammi barocchi tede-schi trattati da Walter Benjamin in cui è possibile calarsiin realtà profonde e ancestrali come il percorso di Faustnell’arcaicità del Regno delle Madri per ritrovare se stes-so, per salvarsi e rinascere al mondo nei versi di JohannWolfgang von Goethe.

Il dramma barocco tedesco si seppellisce per intero nella di-sperata desolazione della realtà terrena. Se esso conosce unavia di salvezza questa sarà nel cuore stesso dell’angoscia piùche nel compiersi di un piano provvidenziale.

W. B, Il dramma barocco tedesco, trad. it. F.Cunimberto, Einaudi, Torino, , p.

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Prefazione

E possibile qui evocare nella fine tessitura di TamaraLandau le parole con cui la stessa Hannah Arendt designa-va con il pescatore di perle Benjamin, filosofo non a casoebreo, con un’arguta capacità di trasfigurare e penetrarele cose tali – allo stesso modo dell’Autrice – da rendereinvisibili cose e oggetti nell’atto di una nominazione o diuna citazione, attribuendo loro come ne avrebbe dettola stessa Valeria Medda “in uno speciale scintillio nellasignificazione, uno splendore!”.

Ecco i versi con cui la Arendt evoca Benjamin, comeanche nella Tempesta di Shakespeare:

A cinque braccia dal fondoè sepolto tuo padre.Le ossa son fatte coralliDue perle son fatti i suoi occhi.Ma nulla di lui va dispersoPoiché un sortilegio del mareLo va tramutandoIn qualcosa di ricco e strano.

Questo Ur (origine) perduto, questa Archè, invocataspesso dall’Autrice, agisce, ma è introvabile.

Nel suo commento al testo Valeria rilevava come fossequesto una pura e allo stesso tempo essenziale referen-za, in senso letterale, a qualcosa che non esiste: non c’èorigine.

Un qualcosa che né sappiamo, né conosciamo, puressendo inconsapevolmente iscritta in noi.

E la sostanza della verità che è andata perduta, come perBenjamin la tradizione del pensiero ebraico: fu dunque unqualcosa di irreparabile.

Riprendo qui un commento sintetico di Valeria Meddae allo stesso tempo un richiamo a Vladimir Jankelevitch

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Prefazione

nella sua nozione Je–ne–sais–quoi e di Presque–rien, il “non–so–che”e il “quasi–nulla” che sembra proprio introdurreuna figura di questa referenza logica.

“Esiste il disagio di «una coscienza insoddisfatta» davan-ti a una «verità incompleta». Qualcosa di non evidente edi indimostrabile ci assedia con la sua presenza invisibile.Siamo nel paradosso di dipendere da “qualcosa che nonesista, o che esista in modo dubbio, anfibolico e discuti-bile, e che è tuttavia la cosa più importante per noi. Lacosa essenziale sarebbe un “non–so–che”, un enigma, un“absconditum”. Un Pathos di incompletezza, di nostalgiadi Altro, di inconfondibile sensazione che ci sia dell’altro.

Platone nel Convivio parla di “qualcosa d’altro” (allo ti)da cui sono attratte le anime degli amanti, e immaginauna sorta di “reminiscenza prenatale”, che non si può direcon parole, un oggetto memoriale che può soltanto esseresuggerito in forma di enigma: il nucleo indicibile, cioènel materno c’è dell’indicibile ben enucleato da TamaraLandau nel suo libro”.

Desidero anch’io concludere sul versante Simbolo eAllegoria, pur se in modo differente, proprio nell’opportu-nità di annodare l’analisi condotta dall’Autrice che ci rinviaa significati profondi e ancestrali:

a quell’inespresso che si cela sotto il velo ma che all’esperienzaè accessibile soltanto in quanto rimane essenzialmente velato.

(Cfr. Markus Ophälders, Costruire l’esperienza. Saggio su W.Benjamin, Cluebb, Bologna, pag.).

Con quest’ultima riflessione desidero invitare il lettorea un approccio senza remore e pregiudizi, al fine di po-tersi addentrare in quest’opera privilegiandone la naturacreativa e profonda: l’Autrice ha saputo sviscerare la sua

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Prefazione

lontana e lunga esperienza nella cura di pazienti affetti danevrosi di angoscia e di psicotici gravi, ma soprattutto ciha condotto magistralmente tra le righe della sua esperien-za personale di madre e di artista, che proprio nella suaesposizione riesce a superare le barriere e a schiudere gliorizzonti al di là del suo linguaggio chiaro e scorrevole,nella fervida espressione artistica della scultura in quell’in-confondibile suo stile e sapere silente che ci avvolge nelguardare le sue sculture e opere artistiche.