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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA’ DI FARMACIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE FARMACEUTICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE TESI DI LAUREA SINTESI DI INIBITORI DI CK2 RELATORE : CHIAR.MO PROF. GIUSEPPE ZAGOTTO LAUREANDA : ERICA TESCARI ANNO ACCADEMICO 2010-2011

Sintesi di inibitori di CK2 - Synthesis of CK2 inhibitors

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Graduation thesis - Padua University (Italy)

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTA’ DI FARMACIA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE FARMACEUTICHE

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN CHIMICA E TECNOLOGIA FARMACEUTICHE

TESI DI LAUREA

SINTESI DI INIBITORI DI CK2

RELATORE : CHIAR.MO PROF. GIUSEPPE ZAGOTTO

LAUREANDA : ERICA TESCARI

ANNO ACCADEMICO 2010-2011

II

III

Nulla si crea,

nulla si distrugge,

tutto si trasforma.

(A. Lavoisier)

IV

1

SOMMARIO

1. INTRODUZIONE ............................................................................................ 3

1.1. CHINASI ............................................................................................................ 5

1.2. CASEIN CHINASI ............................................................................................. 8

1.3. CASEIN CHINASI 2 ........................................................................................ 10

1.3.1. CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA CK2 ............................................. 10

1.3.1.1. STRUTTURA DELLE SUBUNITÀ CATALITICHE ( α/α′) ................................ 11

1.3.1.2. STRUTTURA DELLA SUBUNITÀ REGOLATORIA β ..................................... 12

1.4. RUOLO BIOLOGICO DELLA CK2 ................................................................ 13

1.4.1. SOPRAVVIVENZA DELLA CELLULA ................................................................... 14

1.4.2. CK2 E TUMORI ........................................................................................................... 15

1.4.3. CK2 E VIRUS ................................................................................................................ 16

1.5. SVILUPPO DI POTENZIALI INIBITORI DI CK2 ......................................... 17

1.5.1. ULTIMI SVILUPPI (2009-2010-2011) ........................................................................ 29

1.5.2. TRIALS CLINICI ......................................................................................................... 31

2. SCOPO DEL LAVORO E OBIETTIVI ........................................................... 33

2.1. SCOPO DEL LAVORO ................................................................................... 35

2.2. OBIETTIVI ...................................................................................................... 36

3. MATERIALI E METODI ............................................................................... 39

3.1. ABBREVIAZIONI ........................................................................................... 41

3.2. MATERIALI .................................................................................................... 43

4. DISCUSSIONE DEI RISULTATI .................................................................. 45

4.1. SCHEMA DI SINTESI 1 ................................................................................................... 47

4.1.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 1 ...................................................... 49

4.2. SCHEMA DI SINTESI 2 ................................................................................................... 54

4.2.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 2 ...................................................... 56

4.3. SCHEMA DI SINTESI 3 ................................................................................................... 58

4.3.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 3 ...................................................... 60

4.4. SCHEMA DI SINTESI 4 ................................................................................................... 64

4.4.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 4 ...................................................... 66

4.5. DISCUSSIONE DEI DATI BIOLOGICI .......................................................... 72

4.6. CONCLUSIONI ............................................................................................... 73

2

5. PROCEDURE SPERIMENTALI ................................................................... 75

5.1. SCHEMA 1 ....................................................................................................... 77

5.2. SCHEMA 2 ....................................................................................................... 85

5.3. SCHEMA 3 ....................................................................................................... 91

5.4. SCHEMA 4 ....................................................................................................... 99

BIBLIOGRAFIA.................................................................................................. 111

3

1. INTRODUZIONE

4

5

1.1. CHINASI

Le chinasi sono enzimi che catalizzano il trasferimento di un gruppo fosfato terminale

di una molecola di ATP, o più raramente di GTP, ad un substrato proteico (Schrenk &

Snaar Jagalska, 1999). La fosforilazione induce nella proteina delle modificazioni

strutturali, che si traducono in segnali di attivazione o di inibizione della stessa. Questo

processo è di natura reversibile e tale condizione è garantita dalla presenza di altri

enzimi, le fosfatasi, che catalizzano la reazione inversa (fig. 1).

Fig. 1. Rappresentazione schematica della reversibilità dell’azione chinasi-fosfatasi.

La fosforilazione proteica reversibile svolge un ruolo essenziale nella regolazione di

numerose funzioni cellulari comuni a tutti gli eucarioti come, ad esempio, il controllo

del ciclo cellulare (Pinna & Meggio, 1997), il trasporto intracellulare di proteine (Jans &

Hubner, 1996) e il metabolismo energetico (Ingebritsen & Cohen, 1983). Le protein

chinasi regolano tutti questi processi attraverso la fosforilazione di proteine substrato in

risposta a stimoli precisi, come quelli indotti da ormoni, fattori di crescita,

neurotrasmettitori ed antigeni (Beck, Weigel, & Edwards, 1992). Questi recettori

possono regolare l'attività di protein chinasi e fosfatasi attraverso la modulazione della

concentrazione citoplasmatica di secondi messaggeri, quali cAMP, che a sua volta

regola la protein chinasi A (PKA) (Walsh & Van Patten, 1994) e il sistema

Ca2+/diacilglicerolo, che attiva la protein chinasi C (PKC) (Nishizuka, 1995).

6

L’importanza dei processi di fosforilazione e defosforilazione nel controllo dei principali

processi cellulari si riflette nell’elevato grado di conservazione che è possibile

riscontrare nelle strutture delle protein chinasi e in quelle delle principali cascate

regolatorie.

Numerosi studi hanno posto in evidenza l'importanza dell'equilibrio dell'attività delle

chinasi e delle fosfatasi, per una corretta funzionalità cellulare; si è infatti verificato

come lo sbilanciamento di questi sistemi ricopra un ruolo nell’insorgenza di patologie.

Infatti, oltre 400 malattie umane, tra cui il diabete, alcune malattie neurodegenerative

come il morbo di Alzheimer (Selkoe, 1997) (Perez, Gil, & Martinez, 2010) e il morbo di

Parkinson (Guerra & Issinger, 2008), l’artrite reumatoide, molte neoplasie (leucemie e

linfomi) e malattie virali, sono imputabili a livelli anomali di fosforilazione (Cohen,

2001).

Nel genoma del lievito Saccharomyces cerevisiae (fig. 2), le chinasi rappresentano una

grande famiglia: 121 su 6144 geni di questo microorganismo (circa il 2%) codificano

per delle protein chinasi. Nel moscerino Drosophila melanogaster (fig. 3), 319 su 13338

geni codificano per protein chinasi; nel nematode Caenorhabditis elegans (fig. 4), sono

437 su 18366 i geni che codificano per queste proteine. Secondo una stima

approssimativa, circa un terzo delle proteine di mammifero contengono un gruppo

fosfato legato covalentemente.

Fig. 2-4. 2 - Saccharomyces cerevisiae; 3 - Drosophila melanogaster; 4 - Caenorhabditis elegans

(2) (3) (4)

7

Dagli studi riguardanti i genomi di lievito e di nematode, si ipotizzava che vi fossero non

meno di 1000 protein chinasi e 500 protein fosfatasi impegnate nella fosforilazione delle

proteine umane. Invece, state codificate in tutto circa 550 chinasi nel genoma umano,

divise in oltre 57 famiglie e corrispondenti al 2.8% del genoma (fig. 5) (Venter, et al.,

2001).

Fig. 5. Distribuzione delle funzioni molecolari dei geni umani.

Le protein chinasi si distinguono in tre grosse famiglie in base all’AA fosforilabile

(Hunter, 1991):

1. Serina/Treonina protein chinasi; utilizzano come accettore del fosfato il gruppo

alcolico della serina e/o della treonina.

2. Tirosina protein chinasi; catalizzano la fosforilazione del gruppo fenolico della

tirosina.

3. Dual-specificity protein chinasi; fosforilano i residui di Ser/Thr e di Tyr

Solo una piccola parte, tuttavia, delle interazioni funzionali di queste proteine è stato

scoperto (Venter, et al., 2001).

8

1.2. CASEIN CHINASI

In letteratura, il primo esempio di enzima riportante l’attività chinasica è stato riportato

nel 1954 da Burnett e Kennedy mediante esperimenti condotti su fegato di ratto

utilizzando la caseina come substrato fosforilabile (Burnett & Kennedy, 1954); in

seguito si dimostrò che quella stessa attività era presente in molti altri tessuti. Tale

attività fu attribuita a un enzima che venne indicato come “casein-chinasi” o “ fosvitin-

chinasi”, il quale si distinse per la sua preferenza in vitro verso substrati acidi (tra cui

appunto la caseina del latte e la fosvitina del tuorlo d’uovo), rispetto a quelli basici

quali istoni e protammine (Hutti, Jarrell, Chang, Abbott, Storz, & Toker, 2004).

Solo nel 1969 si scoprì che l’attività era attribuibile a due enzimi distinti (Pinna,

Baggio, Moret, & Siliprandi, 1969), che furono denominati Casein Chinasi 1 e Casein

Chinasi 2 (CK1 – CK 2). Nonostante la caseina, come la fosvitina, sia un substrato

ideale per saggiarne l’attività, essa non è tuttavia fisiologica. La caseina costituisce il

vero substrato fisiologico solamente nella protein chinasi denominata G-CK (Golgi

Casein Kinase) (Lasa, Marin, Meggio, & Pinna, 1996)

Il termine casein chinasi, quindi, indica tre diverse classi di protein chinasi, distinte per

struttura, localizzazione e funzione:

1. Casein Chinasi 1 (CK1).

2. Casein Chinasi 2 (CK2).

3. Casein Chinasi della ghiandola mammaria (G-CK: Golgi Casein Kinase).

La numerazione di CK1 e CK2 è una convenzione che deriva dai primi lavori su tali

enzimi, e fa riferimento all’ordine di eluizione da una colonna di dietilaminoetil-

cellulosa (DEAE-cellulosa) usata durante il loro processo di purificazione. (Baggio,

Pinna, Moret, & Siliprandi, 1970). Queste due chinasi sono state trovate essere

ubiquitarie e agiscono su un numero elevato di enzimi e proteine non catalitiche

coinvolte in moltissime funzioni cellulari (Lasa, Marin, & Pinna, 1997).

La casein chinasi (G-CK) è una chinasi tessuto specifica, localizzata a livello delle

membrane dell’apparato del Golgi nella ghiandola mammaria. La sua funzione è quella

di fosforilare le proteine del latte appena sintetizzate, delle quali la caseina è la

principale componente (Duncan, Wilkinson, & Burgoyne, 2000). Recentemente è stato

dimostrato che anche nell’apparato di Golgi del fegato, della milza, e, in minor grado,

9

del rene e del cervello di ratto, è presente una protein chinasi, biochimicamente

indistinguibile dalla G-CK di ghiandola mammaria, il cui ruolo fisiologico, tuttavia, è

ancora oggetto di importanti studi (Lasa, Marin, & Pinna, 1997).

Le principali caratteristiche dei tre enzimi sono riportate nella tabella 1. In particolare è

possibile osservare che:

1. CK1 e CK2 sono profondamente diverse: CK1 è un monomero di PM compreso

tra 34 e 55 KDa; CK2 è un tetramero costituito da due subunità catalitiche α/α’

e due subunità regolatorie β (questa struttura eterotetramerica è rara tra le

protein chinasi) (Litchfield, 2003). I due enzimi fosforilano le stesse proteine in

siti diversi. Tra i substrati fisiologici riconosciuti da entrambe ricordiamo la

RNA-polimerasi, l’acetil-CoA-carbossilasi, la glicogeno sintetasi e il

fibrinogeno.

2. CK1 e G-CK sono in grado di utilizzare come donatore di fosfato solo ATP,

mentre la CK2 può utilizzare quasi con la stessa efficienza sia ATP che GTP. La

CK2 richiede la presenza di cationi bivalenti (soprattutto magnesio, ma anche

manganese e cobalto). È stato osservato che, in presenza di ioni magnesio,

l’affinità è maggiore per l’ATP rispetto al GTP, mentre è vero il contrario in

presenza di ioni manganese. È possibile che i complessi di coordinazione ATP-

Mg2+ e GTP-Mn2+, rispetto alle altre combinazioni, assumano la conformazione

ottimale tale da occupare in maniera idonea il sito di legame del donatore di

fosfato.

3. CK2 è insensibile alla staurosporina (fig. 6), uno dei più potenti inibitori

competitivi per l’ATP delle protein chinasi (Meggio, et al., 1995).

Fig. 6. Struttura della staurosporina (Streptomyces staurosporeus)

10

PROPRIETÀ G-CK CK1 CK2

Distribuzione ghiandola mammaria

ubiquitaria ubiquitaria

Massa molecolare

400 25-60 120-150

Struttura monomero monomero oligomero

(eterotetramero)

Cosubstrato ATP ATP (Km=22

µM)

ATP (Km=4-15 µM)

GTP (Km=7-40 µM)

Residui fosforilati

Ser Ser Ser/Thr

Tab.1. Caratteristiche delle tre diverse casein chinasi a confronto

1.3. CASEIN CHINASI 2

La protein chinasi CK2 è un enzima pleiotropico ed ubiquitario individuato in tutti gli

organismi eucarioti finora esaminati (Pinna, 1997). È costitutivamente attiva e

indipendente da secondi messaggeri ed eventi fosforilativi (Meggio & Pinna, 2003).

1.3.1. CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA CK2

La CK2 è un oloenzima tetramerico (fig. 7) composto da due subunità catalitiche α e da

due subunità regolatorie β (di 26 kDa circa); sono state identificate due isoforme della

subunità catalitica, α e α’ rispettivamente di 44 e 38 kDa, quindi in vivo esistono i

complessi α2β2, αα’β2 e α’2β2. e le subunità possono esistere sia come aggregato oppure

isolate.

L’oloenzima è a forma di farfalla: la parte centrale, tra i monomeri catalitici, è occupata

dal dimero della subunità regolatoria; i monomeri β sono in contatto con i monomeri α i

quali, invece, non si toccano.

La specificità nei riguardi del GTP sembrerebbe in parte dovuta alla presenza dei due

residui Val166 e Ile174, che in altre chinasi risultano quasi invariabilmente sostituiti da

Ala e Phe. Il notevole ingombro di Val e Ile rispetto ad Ala e Phe, potrebbe spiegare

11

anche l’insensibilità della CK2 alla staurosporina, e la maggiore suscettibilità ai derivati

alogenati del benzimidazolo e del benzotriazolo (Meggio, Shugar, & Pinna, 1990)

(Ssyszka, Grakowski, Felczak, & Shugar, 1995).

Fig. 7. Struttura tetramerica dell’oloenzima della CK2, sono evidenziate le strutture α e β

1.3.1.1. STRUTTURA DELLE SUBUNITÀ CATALITICHE ( α/α′)

La descrizione dettagliata delle diverse regioni della subunità catalitica, è stata eseguita

per la prima volta con la definizione della struttura della subunità α della CK2 del

cereale Zea mays (il comune granturco) (fig. 8) (Niefind, Guerra, Pinna, Issinger, &

Schomburg, 1998).

Una caratteristica unica della CK2 è rappresentata dalla regione N-terminale (fig. 6);

questa porzione sembra avere un ruolo chiave nella stabilizzazione della conformazione

attraverso l’unione dei due lobi, formando così dei contatti ben definiti, principalmente

con il segmento di attivazione.

12

Fig 8. Struttura della subunità α di Zea mays

1.3.1.2. STRUTTURA DELLA SUBUNITÀ REGOLATORIA β

Diverse considerazioni devono essere prese per quanto riguarda la subunità β di CK2.

Questa regione è di per sé inattiva, ma riveste un ruolo assolutamente unico e

importante per la funzionalità del tetrametro enzimatico, il cui assemblaggio avviene a

partire dalla formazione di un suo dimero (Graham & Litchfield, 2000).

Il tetramero fosforila con più efficienza, rispetto alla singola subunità catalitica, la

maggior parte dei substrati e per alcuni di essi la presenza di CK2β è indispensabile.

Per altri substrati come la calmodulina ad esempio, invece, la presenza di CK2β ha un

effetto inibitorio (Marin, Meggio, & Pinna, 1999) (Ruzzene, Brunati, Sarno, Marin,

Donella, & Pinna, 2000)

. Il monomero della subunità β è costituito da 215 aminoacidi ed è organizzato in due

domini: dominio I e dominio II (Chantalat, et al., 1999). Il primo è interamente ad α-

elica e comprende la regione N-terminale; il secondo è costituito da foglietti β

antiparalleli nei quali uno ione Zn2+ viene coordinato tetraedricamente e comprende la

regione C-terminale, responsabile della dimerizzazione (fig. 9).

13

Fig. 9. Struttura del dimero CK2β. Si evidenziano gli atomi di Zn2+ coordinati dai residui glicinici.

1.4. RUOLO BIOLOGICO DELLA CK2

Abbiamo più volte ripetuto che la CK2 è una proteina pleiotropica, coinvolta in parecchi

e spesso fondamentali percorsi metabolici, nei quali ha, molte volte, un ruolo chiave (ciò

è evidenziato dal lungo elenco in espansione di substrati fosforilabili in vivo ed in vitro

(Meggio & Pinna, 2003)); spesso tali substrati sono degli enzimi, la cui regolazione

risulta cruciale in numerose vie metaboliche.

Molti studi hanno suggerito come questo enzima giochi un ruolo chiave in parecchie fasi

della regolazione cellulare; alcune ipotesi sostengono che CK2, sia fondamentale per la

sopravvivenza della cellula, nonché essere implicata fermamente in processi quali la

crescita di cellule sane e di cellule cancerose (Ahmed, Gerber, & Cochet, 2002). Tale

enzima inoltre sembra implicato in processi quali la sintesi di tRNA e rRNA (Ghavidel

& Schultz, 2001), l’apoptosi (Ahmad K. , Wang, Unger, Slaton, & Ahmedc, 2008), la

trasformazione cellulare (Ahmed, Gerber, & Cochet, 2002) e nella regolazione della

NADPH ossidasi (Kim, Jung, Niizuma, & Chan, 2009).

14

1.4.1. SOPRAVVIVENZA DELLA CELLULA

La produzione di entrambe le subunità (catalitica e regolatoria) della CK2 è essenziale

per la sopravvivenza cellulare: infatti, in Saccharomyces cerevisiae, l’interruzione dei

geni che codificano per la subunità catalitica della CK2, risulta letale (Padmnabha,

1990). CK2 α’ nel topo maschio è prodotta soprattutto nella fase finale della

spermatogenesi, e l’interruzione del gene che la codifica aumenta il numero di cellule

apoptotiche nei testicoli, causando l’infertilità dell’animale (Xu, Rich, & Seldin, 1998).

È evidente a questo punto la potenziale relazione tra CK2 e attività antiapoptotica e, di

conseguenza, tra elevata attività di CK2 e “anormale” proliferazione cellulare.

Tra tutti i numerosi substrati fosforilati da questa chinasi (tab. 2), tre meritano un cenno

particolare e sono: calmodulina, Rev ed il fattore eIF2β (Meggio & Pinna, 2003).

La calmodulina è una proteina chiave nella regolazione Ca2+-dipendente di molti enzimi

(tra cui varie protein chinasi). Essa rappresenta un substrato unico per la CK2, in quanto

la sua fosforilazione è strettamente legata alla struttura della chinasi: infatti, mentre la

subunità catalitica isolata è in grado di fosforilare la calmodulina, la CK2

eterotetramerica risulta del tutto incapace di farlo se non in presenza di composti di

natura policationica come la polilisina e gli istoni che inducono un’ottima attività

(Marin, Meggio, & Pinna, 1999) (Arrigoni, et al., 2004).

Rev è una delle proteine virali dell’HIV; al contrario della calmodulina, si è rivelato un

ottimo substrato solo per la forma oligomerica di CK2 suggerendo, per la prima volta,

che anche la subunità β di CK2 potesse essere coinvolta nelle fasi di riconoscimento del

substrato.

La terza proteina, il fattore eIF2β, è uno dei componenti dell’eIF2 che interviene nelle

fasi iniziali della sintesi proteica durante la formazione di complessi con il GTP e con il

Met-tRNA.

15

Enzimi coinvolti nella sintesi di acidi nucleici

RNA-polimerasi 1 e 2

DNA-polimerasi 1 e 2

Dna-ligasi

Enzimi chiave nelle vie metaboliche

Glicogeno sintetasi

Acetil CoA-carbossilasi

Ornitina decarbossilasi

Enzimi coinvolti nella traduzione del segnale

Calmodulina

Protein chinasi C

Recettore dell’insulina

Recettore di IGF-2

Recettore delle LDL

Sinaptogamina

Sintassina

Fattori della sintesi proteica

eIF-2

eIF-3

eIF-5

Fattori di trascrizione, oncogeni

e soppressori tumorali

c-Jun

c-Fos

c-Myc

p-53 Proteine del citoscheletro

Tubulina

Miosina

Spectrina

Troponina C

Proteine nucleari e nucleolari

Proteine nucleari di matrice

nucleolina

Tab.2. Alcuni substrati della CK2

1.4.2. CK2 E TUMORI

Da tempo è noto che la CK2 è coinvolta nel processo di divisione cellulare: la sua

concentrazione risulta essere particolarmente elevata nei tessuti in rapida proliferazione

come le cellule embrionali e la sua presenza è necessaria affinché il ciclo cellulare passi

dalla fase G1 alla fase S e dalla fase G2 alla fase M (Blanquet, 2000). Inoltre in molti

tumori umani esaminati la concentrazione e la attività di CK2 risultano essere aumentate

(Guerra & Issinger, 1999) (Pinna, 2002).

Il ruolo centrale della CK2 nella genesi dei tumori è confermato dall’osservazione che

l’introduzione del gene per la CK2α in topi transgenici, che porta alla sovraespressione

della subunità catalitica α induce l’insorgenza di leucemie (Pepperkok, Lorenz,

Ansonge, & Pyperin, 1994). Risulta evidente che l’evoluzione della neoplasia sia

direttamente proporzionale all’attività di CK2; per esempio l’attività di CK2 è elevata

nelle cellule leucemiche umane (Peña, Itarte, Domingo, & Cusso, 1983). Si ritiene,

quindi, che CK2 possa rappresentare un potenziale bersaglio per la ricerca di farmaci

anti-neoplastici (Ahmad K. , Wang, Slaton, Unger, & Ahmed, 2005) .

16

1.4.3. CK2 E VIRUS

La CK2 risulta anche essere coinvolta nella fosforilazione di proteine virali (tra le

proteine fosforilate fisiologicamente dalla CK2, almeno 40 sono di origine virale)

(Guerra & Issinger, 1999) (Ivanov, et al., 2003) (Meggio & Pinna, 2003). Il virus,

essendo privo di chinasi proprie, sfrutta la CK2 della cellula ospite per fosforilare le

proteine necessarie alla replicazione virale e alla progressione dell’infezione (Gurel, et

al., 2008).

Tra le proteine virali substrato della CK2 si possono annoverare la proteina Rev

espresse da HIV (Meggio, Marin, Boschett, Sarno, & Pinna, 2001), le proteine del

citomegalovirus (Alvisi, Jans, Guo, Pinna, & Ripalti, 2005), le oncoproteine E7 del

papilloma virus e Large T del virus SV40 (Allende & Allende, 1995), che possono

indurre la trasformazione neoplastica nell’ospite.

Tenendo conto di queste evidenze, si ritiene che la CK2 possa rappresentare un

importante bersaglio farmacologico, e che lo sviluppo di nuovi inibitori sempre più

efficaci e selettivi possa portare a nuovi farmaci utili nella terapia antitumorale e

antivirale (Sarno, et al., 2002).

17

1.5. SVILUPPO DI POTENZIALI INIBITORI DI CK2

La CK2 rappresenta una delle protein chinasi maggiormente studiate come bersaglio

molecolare; il sito di legame del nucleotide (ATP o GTP) presenta alcuni elementi di

peculiarità che in alcuni casi sono stati proposti come spiegazione razionale di marcata

selettività per alcune molecole attive (Cozza, Bortolato, & Moro, 2009).

Gli inibitori di CK2 possono essere schematicamente divisi in cinque diversi gruppi :

1. Inibitori ATP-competitivi

2. Inibitori che si legano in parte ad una tasca allosterica

3. Inibitori che si legano in modo specifico ad una tasca allosterica vicina al sito di

legame dell’ATP

4. Inibitori substrato-competitivi

5. Inibitori allosterici che si legano ad una tasca non correlata con i siti di legame

dell’ATP o del substrato

La maggiore parte degli inibitori appartiene al gruppo di tipo 1, mentre nessun inibitore

di tipo 2 e 3 è noto finora (Cozza, Meggio, & Moro, 2011).

Le più rappresentative classi del gruppo 1 sono (Sarno, et al., 2011):

o Derivati polifenolici (Antrachinoni, Flavonoidi, Cumarine)

o Derivati polialogenati dell’acido cinnamico e dell’acido benzoico

o Derivati polialogenati del benzotriazolo e del benzimidazolo

Punto di partenza per i derivati polifenolici condensati è stato l’emodina (principio attivo

estratto dal Rheum palmatum). Da uno studio computazionale su un modello umano

ottenuto per omologia dalla struttura cristallografica di CK2α di Zea mays (De Moliner,

et al., 2003), sono stati sviluppati nuovi inibitori quali l’MNA e l’MNX. Tali derivati

hanno dimostrato un interessante incremento dell’attività inibitoria; il composto

denominato DAA, infine, ha esibito l’attività inibitoria più alta fra questi (Meggio, et al.,

2004) (Chilin, Battistutta, Bortolato, Cozza, Zanatta, & Poletto, 2008) (tab. 3).

18

Struttura Nome IC50 µM su nCK2 a 20µM [ATP]

OH O OH

CH3OH

O

Emodina

(1,3,8-Triidroissi-6-metil-

antrachinone)

1,3

O

OH O OH

NO2

MNX

(1,8-Diidrossi-4-nitro-xanthen-9-

one)

0,4

O

O

OHOH

NO2

MNA

(4,5-Diidrossi-1-nitro-

antrachinone)

0,3

O

O

NH2OH

OH NH2

DAA

(1,4-Diamino-5,8-diidrossi-

antrachinone)

0,3

OOH

Br

CH3

Br

O

DBC

(3,8-dibromo-7-idrossi-4-

metilcromen-2-one)

0,1

O O

CH3

OH

NO2

NBC

(8-idrossi-4-metil-9-nitro-benzo[g]

cromen-2-one)

0,3

OH

O

Br

Br

Br

Br

TBCA

acido (E)-3-(2,3,4,5-Tetrabromo-

fenil)-cinnamico

0,11

Br

Br

Br

Br

OH

O

Acido 3,4,5-Tribromo-benzoico 0,64

Tab. 3. Inibitori di CK2

19

Struttura Nome IC 50 (µM) su nCK2

a 20 µM [ATP]

N

NHCl

Cl

OCH

2OH

OH OH

DRB

(dicloro-ribofuranosil-benzimidazolo)

23

N

N

Br

Br

Br

Br H

N

TBB

(4,5,6,7-Tetrabromo-1H-benzotriazolo)

0,60

NH

N

Br

Br

Br

Br

N

K25

Dimetil-(4,5,6,7-tetrabromo-1H-ben

zoimidazol-2-il)-ammina

0,14

NH

NS

Br

Br

Br

Br

K37

4,5,6,7-Tetrabromo-2-metilsulfanil

-1H-benzoimidazolo

0,25

N

Br

Br

Br

Br

NN

K44

5,6,7,8-Tetrabromo-1-metil-2,3-diidro-1H-

benzo[d]imidazo[1,2-a]imidazolo

0,74

NH

N

O

OH

O

IQA

acido (5-oxo-5,6-diidro-indolo

[1,2-a]chinazolin- 7-il) acetico

0,30

Tab. 4. Inibitori di CK2

20

Più recentemente sono stati individuati il DBC e alcuni suoi derivati (tab. 3) con

struttura cumarinica (Meggio, et al., 2004). Dall’apertura dell’estere ciclico della

cumarina è stata successivamente sviluppata una serie di acidi cinnamici E/Z

polibromurati, e fra questi il TBCA si è dimostrato essere il migliore (Pagano, et al.,

2007). Successivamente si è passati ad una semplificazione della struttura molecolare,

progettando una serie di acidi benzoici e derivati dell’acido salicilico polibromurati

(Pagano, et al., 2007).

Il gruppo di sintesi del professor Kazimierczuk (Università di Varsavia, Polonia),

apportando delle modifiche strutturali al DRB, ha ottenuto il TBB (Pagano, et al., 2004)

(tab. 4). Recentemente, le proprietà inibitorie del TBB sono state migliorate attraverso la

sintesi di nuovi derivati, alcuni dei quali mostrano selettività uguale al loro progenitore,

ma una maggiore efficacia. È il caso di K25, K37 e K44 (Battistutta, Mazzorana, Sarno,

Kazimierczuk, Zanotti, & Pinna, 2005) (Zawada, Wolniak, Kazimierczuk, & Wawer,

2009).

Utilizzando lo scaffold benzimidazolico come punto di partenza per tentare di

raggiungere anche l’esterno della tasca di legame per l’ATP, sono stati sintetizzati una

serie di nuovi inibitori. Lo scopo ultimo di questa strategia è stato quello di riuscire a

disegnare inibitori capaci di interagire contemporaneamente con la tasca dell’ATP e

con la zona di legame del substrato proteico. La TBB-propil-diammina e la TBB-etil-

diammina (fig. 10) possiedono un’ammina terziaria terminale facilmente sfruttabile per

legare catene carbossilate attraverso un legame ammidico (fig. 11). I risultati biochimici

ottenuti dai derivati GZ (tab. 5-6) dimostrano che questi composti mantengono una

discreta attività sulla CK2 che si attesta intorno a 0.2-0.3 µM (lavoro non pubblicato,

risultati preliminari da internato di tesi A. Bertamini, 2010)

. Fig. 10. (a) TBB-propil-diammina (IC50 = 0.12 µM, lavoro non pubblicato, risultati preliminari da

internato di tesi M. Fortuna, 2010). (b) TBB-etil-diammina.

NH

N

Br

Br

Br

Br

NH NH2

NH

N

Br

Br

Br

Br

NH NH2

(a) (b)

21

Fig. 11. Formazione legame ammidico con relativo allungamento della catena laterale.

Composto Struttura Nome IC50 µM su nCK2 a 20 µM [ATP]

GZ1

Acido 4-osso-4-[3[4,5,6,7-tetrabromo-1H-benzimidazol-2-

amino]propolamino]butanoico

0,22

GZ2

Br

Br

Br

Br

NH

NNH

HNOHOOC

Acido 4-osso-4-[3-[4,5,6,7-tetrabromo-1H-benzimidazol-2-

amino]propilamino]but-2-enoico

0,30

GZ3

Acido 5-osso-5-[3-[4,5,6,7-

tetrabromo-1H-benzimidazol-2-

amino]propilamino]pentanoico

0,21

GZ4

Br

Br

N

NH

NH

NH

O

OO

O

Br

Br

Acido 2-[2-osso-2-[3-[4,5,6,7-tetrabromo-1H-

benzimidazol-2-amino]propilamino]etossi]ac

etico

0,23

Tab. 5. test biologici in vitro per i derivati GZ a struttura TBB-propil-diammina.

Br

Br

N

NH

NH

NH

OO

O

Br

Br

Br

Br

N

NH

NH

NH

OO

O

Br

Br

22

Composto Struttura Nome IC50 µM su

nCK2 a 20 µM [ATP]

GZ5

Acido 4-osso-4-[3[4,5,6,7-tetrabromo-1H-benzimidazol-2-

amino]etilamino]butanoico

0,24

GZ6

Br

Br

Br

Br

NH

NNH

NH

O

O

HO

Acido 4-osso-4-[3-[4,5,6,7-tetrabromo-1H-benzimidazol-2-

amino]etilamin]but-2-enoicp

0,26

GZ7

Acido 5-osso-5-[3-[4,5,6,7-tetrabromo-1H-benzimidazol-2-

amino]etilamino]pentanoico

0,34

GZ8

Br

Br

Br

Br

NH

NNH

NHO

O

OHO

Acido 2-[2-osso-2-[3-[4,5,6,7-tetrabromo-1H-

benzimidazol-2-amino]etilamino]etossi]aceti

co

0,24

Tab. 6. test biologici in vitro per i derivati GZ a struttura TBB-etil-diammina.

Br

Br

Br

Br

NH

NNH

NHO

OOH

Br

Br

Br

Br

NH

NNH

NHO

OHO

Altri potenti inibitori di CK2 di origine naturale

(Cozza, et al., 2006)

competitivo dell’ATP che va

e C-teminale dell’enzima

polifenolici (Cozza, et al., 2006)

Fig. 12. Rappresentazione della CK2 eterotetramero con l’acido ellagico legato al sito attivo della ATP.

Fig. 13. Docking dell’acido ellagico legato al sito attivo della subunità

di CK2 di origine naturale sono l’acido ellagico e

(Ghosal, 1990) (tab. 7). L’ acido ellagico è

che va ad occupare una regione di “binding” tra lobo N

teminale dell’enzima (fig. 12-13), in modo simile a TBB e ad altri composti

(Cozza, et al., 2006).

. Rappresentazione della CK2 eterotetramero con l’acido ellagico legato al sito attivo della ATP.

dell’acido ellagico legato al sito attivo della subunità α di CK2

23

sono l’acido ellagico e i suoi derivati

L’ acido ellagico è un inibitore

” tra lobo N-terminale

, in modo simile a TBB e ad altri composti

. Rappresentazione della CK2 eterotetramero con l’acido ellagico legato al sito attivo della ATP.

di CK2 (Cozza, et al., 2006).

24

Struttura Nome IC50 µM su nCK2 a 20 µM [ATP]

OO

OH

OH

OH

O O

OH

Acido Ellagico 0,04

O

OO

O

OH

OH

OH

OH

OH

Acido Flavellagico 2

OO

OH

OH

OH

OH OH

Monolattone dell'acido ellagico

0,2

OO

OH

OH

OH

OH

OH

OH

Monolattone dell'acido

flavellagico 2,2

Tab. 7. Inibizione di protein chinasi da parte di acido ellagico e derivati

La peculiarità dell’acido ellagico risiede nella sua capacità di legare

contemporaneamente sia la regione “hinge” che la porzione legante il fosfato nel sito per

l’ATP, caratteristica per il momento unica (Cozza, et al., 2006). Secondo questa ipotesi,

infatti,l’ossidrile in posizione 4 (fig. 14) dell’acido ellagico interagisce con il gruppo

carbonilico del Glu114 nella “hinge region”; questa è la stessa regione che interagisce

con l’adenina quando l’ATP si lega al sito attivo di CK2. I gruppi ossidrilici nelle

posizioni 3’ e 4’ interagiscono con il gruppo carbossilico di Asp175 attraverso un

doppio legame ad idrogeno. Inoltre, le interazioni idrofobiche con Val53, Val66,

Phe113, Met163 e Ile174 contribuiscono significativamente a stabilizzare il complesso

acido ellagico-CK2 (Cozza, et al., 2006).

25

Fig.14. Acido Ellagico

Al contrario, il carbonile del gruppo lattonico dell’acido flavellagico si distribuisce nelle

vicinanze dell’ossigeno carbonilico di Glu 144. Questa posizione sfavorevole e la

perdita di un legame ad idrogeno tra Glu144 e gruppo ossidrilico spiegano la

diminuzione di attività (IC50=2 µM) rispetto all’ acido ellagico, che presenta in questa

regione 2 legami ad idrogeno di due gruppi OH con gruppi carbonilici di Glu144 e

Val66. Dal lato opposto i gruppi ossidrilici interagiscono con Asp175 e Lys68 (legame

intermolecolare ione-dipolo); in più una molecola d’acqua forma legami ad idrogeno

con due ossidrili.

Il monolattone dell’acido flavellagico presenta un ossidrile in più rispetto quello

dell’acido ellagico. La IC50 misurata per questo composto è inferiore rispetto quella della

del monolattone dell’acido flavellagico (in press, G.Cozza, Università di Padova).

L’urolitina è un dibenzopiranone e quindi un monolattone rispetto all’acido ellagico che

presenta però solo due gruppi ossidrilici. In letteratura sono riportate quattro isoforme

di urolitina (Bialonska, Kasimsetty, Khan, & Ferreira, 2009) (fig. 15).

Il docking (effettuato presso il laboratorio di modellistica molecolare del Prof. Stefano

Moro) mostra la posizione dell’urolitina A nella tasca catalitica di CK2 di Zea mays in

relazione al composto DBC (fig. 16). Tale composto aveva dimostrato un’ottima

attività e quindi può essere un utile confronto.

26

Fig. 15. Isoforme di urolitina

Fig.16. Docking dell’urolitina A (in giallo) sovrapposto al cristallo di DBC (in verde).

Si osserva che l’urolitina è in grado di formare un legame ad idrogeno anche all’altra

estremità, mentre il DBC è legato solo da un lato della tasca catalitica. È quindi capace

di “ancorarsi” anche alla “hinge region”, caratteristica della CK2. Poiché però la IC50

della DBC è 0.10 µM e quella dell’ urolitina A è 0.39 µM, deve essere persa qualche

interazione.

27

Il sito catalitico è una zona basica e polare e quindi favorevole alla presenza di gruppi

acidi o in grado di stabilire legami ad idrogeno; ad esempio l’IQA (tab. 4) posiziona

proprio in questa zona il proprio gruppo carbossilico. Nel caso dell’urolitina, invece,

l’ossigeno del gruppo fenolico si comporta da donatore di legami ad idrogeno come

accade anche nel caso della DBC. A questo punto si può dire che l’urolitina rappresenta

il derivato dell’acido ellagico con il minor numero di ossidrili che mantiene comunque

una buona attività.

È stata quindi valutata presso il laboratorio del prof. Meggio del Dipartimento di

Biochimica dell’ Università di Padova l’effettiva attività inibitoria nei confronti di CK2

dei derivati urolitinici sintetizzati precedentemente (tab. 8).

Molecola Nome IC50 µM su nCK2 a

20 µM [ATP]

0,39

UROLITINA A

3,8-diidrossi-6H-dibenzo[b,d]piran-6-one

3,47

UROLITINA A MONOMETILETERE

3-idrossi-8-metossi-6H-dibenzo[b,d]piran-6-

one

UROLITINA A DIMETILETERE

3,8-dimetossi-6H-dibenzo[b,d]piran-6-one >40

>40

2,4,7,9-TETRANITRO UROLITINA A

3-idrossi-8-metossi-2,4,7,9-tetranitro-6H-

dibenzo[b,d]piran-6-one

28

3,05

2,4-DINITRO UROLITINA A

MONOMETILETERE

3-idrossi-8-metossi-2,4-dinitro-6H-

dibenzo[b,d]piran-6-one

2,4-DINITRO UROLITINA A

3,8-diidrossi-2,4-dinitro-6H-

dibenzo[b,d]piran-6-one 0,6

2-NITRO UROLITINA A

MONOMETILETERE

3-idrossi-8-metossi-2-nitro-6-

Hdibenzo[b,d]piran-6-one

2

3-IDROSSI-4-NITRO-6H-

DIBENZO[B,D]PIRAN-6-ONE

0,3

4-NITRO UROLITINA A

MONOMETILETERE

3-idrossi-8-metossi-4-nitro-6-

Hdibenzo[b,d]piran-6-one

0,015

Tab. 8. IC50 di alucni derivati urolitinici

29

1.5.1. ULTIMI SVILUPPI (2009-2010-2011)

Sono di seguito elencati una serie di inibitori CK2 risultanti dai più recenti studi riportati

in letteratura; i seguenti composti sono stati sintetizzati da gruppi di ricerca diversi da

quelli dell’Università di Padova.

• Emateina (Hung, et al., 2009)

L’emateina (fig. 17) è un composto naturale presente in Caesalpinia sappan, un’erba

medicinale orientale. L’IC50 di questo composto risulta essere di 0.55 µM. Si tratta di

un inibitore ATP non competitivo il cui meccanismo d’azione non è ancora chiaro

(Cozza, Meggio, & Moro, 2011).

Fig. 17. Emateina.

• AMR (Ramos, et al., 2010)

Si tratta di un derivato del naftalene (fig. 18a) a cui sono stati aggiunti due anelli furanici

dotati entrambi di gruppi carbossilici (fig. 17c). Il derivato del naftalene in fig. 17b è,

invece, risultato inattivo. L’IC50 dell’AMR è risultata essere di 200 nM. Docking

molecolare in fig. 19.

Fig. 18. (a) 2,7-diidrossinaftalene; (b) 2,6-diidrossinaftalene; (c) AMR.

30

Fig.19. Docking dell’AMR legato al sito attivo della subunità α di CK2.

• Pirimido[4,5-c]quinolina derivati (Pierre, et al., 2011)

Sono stati sintetizzati una serie di composti derivanti dalla struttura riportata in fig. 20.

L’IC 50 media risulta essere di circa 10 nM. Questi composti hanno una struttura che

deriva dal CX-4945 (fig. 21), il primo inibitore di CK2 utilizzato in un trial clinico.

Fig.20. Scaffold dei pirimido[4,5-c]quinolina derivati.

31

1.5.2. TRIALS CLINICI

Recentemente un inibitore di CK2 ATP competitivo è stato sperimentato in fase clinica

I come antitumorale (Pierre, et al., 2011): Si tratta del CX-4945 (fig. 21), progettato da

Cylene Pharmaceuticals per il trattamento del mieloma multiplo, del tumore al seno,

della malattia di Castlaman e dei tumori solidi avanzati (clinicaltrials.gov).

Questo composto risulta avere una IC50 = 1 nM (Pierre, et al., 2011). Durante il trial in

fase I il 20% dei pazienti valutati hanno mostrato una stabilizzazione della malattia per

almeno 16 settimane, il 67% di questi pazienti sono rimasti in studio per almeno sei

mesi. Questi risultati stabiliscono che CX-4945, è un promettente agente terapeutico

(Cylene Pharmaceuticals).

La fase I del trial è iniziata nel Febbraio 2009 negli Stati Uniti (Arizona, Colorado e

Texas), la formulazione è di tipo orale e attualmente partecipano 55 pazienti; si stima

che questa fase dello studio terminerà del Dicembre 2011. (clinicaltrials.gov).

Fig. 21. (a) CX-4945 legato alla subunità α di CK2 (Ferguson, et al., 2011). (b) Struttura del CX-4945.

32

33

2. SCOPO DEL LAVORO E OBIETTIVI

34

35

2.1. SCOPO DEL LAVORO

Nell’introduzione è stato evidenziato il ruolo fondamentale che ricopre la CK2. È

importante ricordare come questo enzima sia coinvolto in reazioni chiave della

sopravvivenza cellulare (punto 1.4 del presente testo), per questo è protagonista

nell’insorgenza di patologie quali, ad esempio, i tumori.

È necessario inibire la CK2 in quanto esiste una stretta relazione tra un’elevata attività di

questo enzima e un’anormale proliferazione cellulare (Unger, Davis, Slaton, & Ahmed,

2004).

Questo lavoro è inserito in un contesto di sintesi di derivati il cui scopo è approfondire le

conoscenze riguardanti lo spazio sterico ed elettronico della cavità catalitica

dell’enzima. La ricerca è stata indirizzata verso la sintesi di potenziali inibitori

bifunzionali (questo termine sta ad indicare la capacità del presunto inibitore di

interagire contemporaneamente con la tasca dell’ATP e con la zona di legame del

substrato proteico) schematizzati in fig. 22:

.

Fig. 22. Bifunzionalità di un inibitore CK2.

36

2.2. OBIETTIVI

L’obiettivo ultimo di questo lavoro di tesi è stato la sintesi di nuovi inibitori di CK2.

Sono state progettate delle strategie di sintesi per i seguenti composti (tab. 9):

COMPOSTO STRUTTURA

a

b

c

Tab. 9. Composti obiettivo di questo lavoro di tesi.

37

Il composto a è un derivato dell’urolitina A; le strutture ad esso correlate hanno una IC50

di 4,5 µM (fig. 3a) e 0,026 µM (fig. 3b) sulla CK2 (lavoro non pubblicato, risultati

preliminari da internato di tesi A. Bertamini, 2010). La presenza di un alogeno permette

di esplorare lo spazio sterico ed elettronico della cavità catalitica in modo più

approfondito. Gli aspetti da considerare relativamente al bromo sono:

1. Aspetto elettronico; Br è un atomo tipicamente elettronegativo.

2. Aspetto sterico; la sua presenza comporta un notevole ingombro sterico.

3. Lipofilia; modifica la logP aumentando la lipofilia del composto a cui è legato,

può dare legami idrofobici.

Il composto in fig. 23a è risultato avere un’attività inferiore al suo derivato in fig. 23b;

questo è dovuto alla presenza di un metile in posizione 4 che difficilmente permette la

formazione di interazioni idrofobiche con il sito di legame per l’ATP. Al contrario, il

composto in fig. 23b, è risultato essere attivo grazie alla presenza del Br. Il composto a

(tab. 9) presenta in posizione 4 un bromometile. È stato ipotizzato che tale gruppo

impedisca il legame inibitore-enzima in quanto caratterizzato da un notevole ingombro

sterico. Il composto, quindi, dovrebbe risultare inattivo.

Fig.23.(a) 4-metil urolitina A; (b) 4-bromo urolitina A.

Il composto b è un derivato della TBB-propil-diammina consecutivo alla serie GZ1-4. Si

è voluto allungare ulteriormente la catena laterale inserendo due gruppi carbossilici

terminali in grado di favorire l’interazione inibitore-enzima: si è supposto che avvenga

un’interazione con l’Asp presente nel sito di legame per il substrato.

Il composto c è un N-derivato dell’urolitina A: all’azoto presente nella struttura triciclica

è legato un benzile. E’ stato ipotizzato che la presenza di tale sostituente impedisca

l’accesso al sito per il legame dell’ATP a causa di un elevato ingombro sterico. Il

composto, quindi, dovrebbe risultare inattivo.

(a) (b)

38

39

3. MATERIALI E METODI

40

41

3.1. ABBREVIAZIONI

°C gradi centigradi

Ac2O anidride acetica

AIBN azobisisobutirnitrile

AlCl 3 cloruro di alluminio

Ar aromatico

BBr3 tribromuro di boro

BPO perossido di benzoile Br bromo C carbonio

CCl4 tetracloruro di carbonio

CDCl3 cloroformio deuterato

CH3COOH acido acetico

CHCl3 cloroformio

Cu rame CuCl cloruro di rame CuI ioduro di rame

CuSO4 solfato di rame

Da dalton DCC N,N′-Dicicloesilcarbodiimmide DCM diclorometano DCU N,N’-Dicicloesilurea dd doppietto di doppietti δ chemical shift DIEA N,N-diisopropiletilamina DMAP 4-(dimetilamino) piridina DMF dimetilformammide Eq equivalenti

Et2O etere etilico

Et3N trietilammina

EtOAc etilacetato g grammi H idrogeno

H2O acqua

HCl acido cloridrico Hz Hertz J costante di accoppiamento

K2CO3 carbonato di potassio

42

KOH idrossido di potassio m multipletto Me metile MeOH metanolo mg milligrammi ml millilitri mmol millimoli

Na2SO4 solfato di sodio

NaCl cloruro di sodio

NaHCO3 bicarbonato di sodio

NaOAc acetato di sodio NaOH idrossido di sodio NBS N-bromosuccinimmide

NH3 ammoniaca

NH4OAc acetato di ammonio

NMR risonanza magnetica nucleare Nu nucleofilo Pd palladio

Pd(OAc)2 palladio acetato

PM peso molecolare

PPh3 trifenilfosfina

ppm parti per milione RF fattore di ritenzione s singoletto Sn stagno

SOCl2 cloruro di tionile

t tripletto T temperatura TBT tributilstagno THF tetraidrofurano TLC cromatografia su strato sottile

43

3.2. MATERIALI

Reagenti: Sono stati usati reagenti: Sigma Aldrich, Fluka senza ulteriori purificazioni.

Solventi: Sono stati usati solventi delle ditte Sigma Aldrich, Fluka.

Solventi deuterati: Sono stati utilizzati solventi deuterati della ditta Aldrich.

Fasi stazionarie per cromatografia su colonna: E’ stato utilizzato gel di silice Silica

Gel 60 (230-400 Mesh) della Fluka.

Lastre per TLC: Sono state usate lastre con supporto in vetro Silica Gel 60 F254

della Merck KGaA e lastre con supporto in alluminio Silica Gel.

METODI E STRUMENTAZIONE

Spettrometria di massa

Gli Spettri di Massa sono stati eseguiti utilizzando lo strumento Applied Biosystems

5220 basato sulla tecnica ESI-TOF.

Misure di Spettroscopia di Risonanza Magnetica Nucleare (NMR)

Gli spettri NMR 1H e 13C sono stati ottenuti alla temperatura T 298 K sciogliendo i

campioni in solventi deuterati anidri lavorando in atmosfera inerte di azoto al fine di

evitare contaminazioni da H2O.

Lo strumento utilizzato è lo spettrometro NMR Bruker Avance III, operante alle

frequenze-base di 400 MHz sul nucleo 1H e 100 MHz sul nucleo 13C. I valori di

chemical shift sono dati in unità δ riferiti alla posizione del segnale del tetrametilsilano

quale standard interno (δ=0).

44

45

4. DISCUSSIONE DEI RISULTATI

46

47

4.1. SCHEMA DI SINTESI 1

Sintesi di 4-(bromometil)-3,8-diidrossi-6H-benzo[c]cromen-6-one

Metodo A

(4-BROMOMETIL UROLITINA A)

NaOAc, Pd(OAc)2, PPh3, reflusso 130°C , atm N2

comp. 29, comp. 31, DCC,DMAP T ambiente

1. K2CO3, acetone, comp. 30 (benzilbromuro), reflusso 50°C Br2, CH3COOH

Reflusso 100°C

O

O OH

HO OH

HO O

O

O OH

Br

OO O

Br

O

27 28

29 31

32

48

1. Sblocco benzile: idrogenazione 2. Sblocco metile BBr3

Bromurazione con iniziatore radicalico BPO/AIBN

OO O

O

OO O

O

Br

OHO O

OH

Br

33

34

22

49

4.1.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 1

La procedura di sintesi è iniziata con la preparazione degli intermedi base per la

formazione dello scheletro dell’urolitina. L’acido 2-bromo-5-metossibenzoico

(composto 29) è stato sintetizzato tramite bromurazione in posizione orto al carbossile

dell’acido 3-metossibenzoico (composto 27). Per facilitare la successiva bromurazione

del composto 33 e, alla stesso tempo permettere l’esterificazione per la formazione del

composto 32, è stato benzilato un unico idrossile del 2-metilresorcinolo (composto 28)

tramite l’utilizzo di benzilbromuro.

Facendo reagire gli intermedi così ottenuti (composti 29 e 31) è stato sintetizzato il

composto 32: è stata effettuata un’attivazione dell’acido 2-bromo-5-metossibenzoico

con DCC (esterificazione di Steglich). Lo step successivo ha previsto la chiusura

dell’anello centrale con una reazione Pd-catalizzata avvenuta a 130°C e sotto atmosfera

di azoto (reazione di Heck).

La bromurazione del composto 33 è stata tentata con due diversi iniziatori radicalici:

BPO e AIBN in CCl4 e utilizzando un equivalente di NBS come “donatore di Br”.

Entrambe le reazioni non hanno dato esito positivo.

Pertanto non è stato possibile sintetizzare il composto 34 e il suo derivato finale

sbloccato (4-bromometil-urolitina A).

50

Lo schema di sintesi 1 è stato caratterizzato da due reazioni chiave:

• Esterificazione di Steglich (Neises & Steglich, 1978)

• Reazione di Heck (Beletskaya & Cheprakov, 2000)

L’esterificazione di Steglich prevede l’utilizzo di DCC come agente di coupling e la

DMAP come catalizzatore per la formazione di un estere a partire da un acido

carbossilico e un alcol. La DCC e l’acido carbossilico formano l’intermedio O-

acilisourea, questa reazione permette l’attivazione dell’acido con relativo aumento della

sua reattività (fig. 24).

Fig. 24. Formazione della O-acilisourea.

Con l’aggiunta dell’alcol all’acido carbossilico attivato, si ha la formazione dell’estere e

del sottoprodotto DCU (fig. 25). La presenza di DMAP è essenziale come catalizzatore

per promuovere efficientemente la formazione dell’estere.

Fig. 25. Formazione dell’estere (e DCU).

51

La reazione di Heck si colloca subito dopo la formazione dell’estere ed è responsabile

della chiusura dell’anello centrale dell’urolitina. In questa reazione si ha la sostituzione

del gruppo R di un alo-alchene (o di un alo-arene) con un H di un alchene (H vinilico)

(Brown, Foote, Iverson, & Anslyn, 2011). Si tratta di una reazione palladio-catalizzata:

la forma più comune di Pd utilizzata è il Pd(II)- acetato che viene complessato in situ da

PPh3. Il meccanismo di reazione è di tipo ossido-riduttivo, dove il Pd(II) viene ridotto a

Pd(0) formando un complesso con due molecole di ligando (PPh3) in questo modo

(fig.26):

Fig. 26. In alto: formazione del complesso del Pd(0) per riduzione del Pd(II). In basso: il complesso

Pd(0)PPh3 reagisce con un alo-arene.

Il fine di questa reazione consiste nella formazione di un legame C-C che, nella

reazione svolta in questo lavoro di tesi, ha permesso il coupling del composto con

l’ottenimento della classica struttura triciclica dell’urolitina.

52

Altre reazioni di formazione di legami C-C catalizzate da metalli di transizione sono la

reazione di Hurtley (Aalten, Koten, Riethorst, & Stamlc, 1989) e la reazione di Stille

(Stille, 1986).

In questo lavoro di tesi è stata utilizzata la reazione di Heck per i seguenti motivi:

o La reazione di Hurtley prevede l’utilizzo di Cu(II) e NaOH. Tale metodo ha

dimostrato avere una resa minore rispetto a quella di Heck: infatti il Pd(OAc)2 è

un catalizzatore più stabile termodinamicamente e il Pd2+ coordina in modo più

efficace la nuvola π dell’anello aromatico.

o La reazione di Stille prevede l’utilizzo di organo-stannici. Tali composti hanno

una preparazione complessa e sono tossici per l’ambiente; sono dannosi in

particolar modo per i molluschi (Haggera, Depledgeb, & Gallowaya, 2005) e si

depositano nei tessuti biologici di pesci e mammiferi (Harino, Fukushima, &

Kawai, 2000).

Per la strategia di sintesi della 4-bromometilurolitina A è stato necessario proteggere gli

ossidrili degli starting materials 27 e 28 in previsione della successiva reazione di

bromurazione del composto 33. La protezione è stata effettuata a monte delle reazioni

chiave: come prodotti sono stati ottenuti gli intermedi acido 2-bromo-5-

metossibenzoico (composto 29) e 3-metossibenzil-2-metilfenolo (composto 31). La

necessità di effettuare la protezione prima delle reazioni di esterificazione e di coupling

si spiega anche con l’esempio della mono-benzilazione del 2-metilresorcinolo: è stata

eseguita prima dell’esterificazione in quanto, a causa delle condizioni di reazione (la

presenza di K2CO3 porta ad un ambiente basico), l’estere si sarebbe potuto idrolizzare

(Bronsted, 1928).

53

Facendo un quadro generale dello schema di sintesi 1 si può dire che i suoi punti critici

sono stati:

o Benzilazione del 2-metilresorcinolo (resa 18%)

o Reazione di Heck (sensibile calo di resa che avrebbe potuto incidere sull’intero

processo di sintesi)

o Bromurazione del metile in posizione 4 (non riuscita)

Le motivazioni che possono spiegare la non riuscita bromurazione del metile in

posizione 4 sono probabilmente l’ingombro sterico e la densità elettronica dell’anello: a

causa della presenza del sostituente aromatico (benzile) diminuisce l’efficienza

dell’addizione radicalica di bromo (fig. 27).

Fig. 37. Raffigurazione schematica della zona ad alta densità elettronica.

La mancata bromurazione del composto 33 è avvalorata dal fatto che in entrambi i

tentativi con i due diversi iniziatori radicalici (BPO/AIBN), lo spettro NMR

evidenziava la presenza del picco a δ 2,45 ppm (s, 3H) caratteristico del metile in

posizione 4: l’eventuale bromurazione avrebbe comportato un segnale con chemical

shift più elevato.

54

4.2. SCHEMA DI SINTESI 2

Sintesi di 4-(bromometil)-3,8-diidrossi-6H-benzo[c]cromen-6-one

Metodo B

(4-BROMOMETIL UROLITINA A)

Deacetilazione Idrogenazione

Bromurazione con iniziatore radicalico AIBN

AIBN, NBS, CCl4, reflusso

1. NaOAc ,Ac2O, reflusso 2. NaHCO3

comp. 30, K2CO3 , acetone 50°C

28

O O

O O

O O

O O

O O

Br

O O

Br

HO OH

Br

HO OH

35 38

36 39

37

55

Come Metodo A

37

HO OH

Br

O OH

Br

O

HO

Br

O O

OH

29

22

56

4.2.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 2

Lo schema di sintesi 2 consiste in una strategia alternativa al precedente metodo di

sintesi della 4-bromometil urolitina A. Date le difficoltà incontrate nella bromurazione

del metile in posizione 4 del composto 33, è stata progettata una via di alogenazione per

modificare direttamente lo starting material 2-metiresorcinolo. L’obiettivo è stato

quello di anteporre la bromurazione alla reazione di esterificazione.

Il metodo A e il metodo B differiscono solamente nella parte iniziale del processo;

infatti, l’unica reazione della precedente strategia in cui sono state incontrate difficoltà

non aggirabili è stata la formazione del composto 34 (bromurazione).

Per facilitare tale bromurazione sono stati protetti entrambi gli ossidrili (fig. 28) del 2-

metilresorcinolo:

Fig. 28. Protezione OH.

Sono state utilizzate due tipologie di protezione:

o Acetilazione (fig. 29)

Fig.29. Protezione e bromurazione del 2-metilresorciolo

HO

CH3

OH O

CH3

O

O O

O O

O O

Br

28 35 36

57

L’acetilazione del 2-metilresorcinolo è stata effettuata con NaOAc e Ac2O a reflusso

per tutta la notte. Una volta purificato il composto di-acetilato è stata eseguita la

bromurazione del metile in posizione 2: la reazione ha previsto l’utilizzo dell’iniziatore

radicalico AIBN e del “donatore” di bromo NBS; è stato così ottenuto il composto 36.

Il successivo sblocco degli acetili è stato tentato con sette diverse procedure, ma in

nessun caso è stato ottenuto il composto 37. In generale, la deprotezione del composto

avrebbe previsto l’idrolisi dell’estere e la successiva acidificazione per la formazione

degli ossidrili.

o Benzilazione (fig. 30)

Fig. 30. Benzilazione del 2-metilresorcinolo.

La benzilazione del 2-metilresorcinolo è stata effettuata con benzilbromuro come per il

composto 31 ma ottenendo la doppia sostituzione degli ossidrili. La successiva

bromurazione del composto 38 ha avuto esito negativo: la causa di ciò è data dal

consistente ingombro sterico; infatti la presenza dei due benzili ha reso difficile

l’attacco del bromo (altro atomo con notevole ingombro sterico).

58

4.3. SCHEMA DI SINTESI 3

Sintesi di acido (S)-2-(4-osso-4-(3-(4,5,6,7-tetrabromo-1H-

benzo[d]imidazol-2-amino)propilamino)butanammido)pentandioico

O

O

NH2

O

O

O

O

O

O

O

NH

O

O

CH2

O

CH2

O OH

NH

N

Br

Br

Br

Br

NH NH2

40 41

1.DIEA, T ambiente 2. HCl

42

12

DCC, DIEA, comp. 12 T ambiente

59

1. NaOH 1M, T ambiente 2. HCl 10% v/v

NH

N

Br

Br

Br

Br

NHHN

O

O

HN

OO

CH2

CH2

O O

NH

N

Br

Br

Br

Br

NHHN

O

O

HN

OHO

CH2

CH2

O OH

43

23

60

4.3.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 3

La sintesi è iniziata con la reazione tra anidride succinica (composto 41) e acido

glutammico cloridrato (composto 40, i gruppi carbossilici in posizione 1 e 5 sono

protetti da etili). Il composto così ottenuto è stato fatto reagire con il composto 12 per la

formazione di un nuovo legame ammidico: in questo caso è stato necessario attivare

l’acido carbossilico del composto 42 con DCC e la reazione è avvenuta a temperatura

ambiente. Il successivo sblocco dei gruppi etilici avrebbe dovuto portare alla

formazione del composto 23, ma è stato possibile isolare solamente il mono-derivato

(composto 44 - GZ9) (fig. 31a-b).

Fig. 31. In alto: mono-sblocco tipo 1. Al centro: mono-sblocco tipo 2. In basso: sblocco totale.

61

La reazione tra composto 40 e 41 ha comportato l’apertura dell’anello dell’anidride ad

opera di un nucleofilo (fig. 32):

Fig. 32. Apertura anello anidride succinica.

In questo caso il nucleofilo è l’azoto dell’acido glutammico che possiede un doppietto

libero per l’attacco. La reazione è stata condotta in presenza di DIEA in quantità tale da

neutralizzare l’HCl liberatosi (fig. 33).

Fig. 33. Utilizzo della DIEA nella reazione.

La formazione del composto 43 è stata caratterizzata dall’attivazione l’acido

carbossilico con DCC (fig. 34-35). Il composto 42 reagisce con la DCC con lo stesso

meccanismo descritto per l’esterificazione di Steglich.

Fig. 34. N,N’-Dicicloesilcarbodiimide (DCC).

O

O

O

NuO

O

O

NuH

O

O

Nu

H

O

62

Fig. 35. Reazione tra R-NH2 e acido attivato da DCC.

La formazione del sottoprodotto DCU (fig. 36) non ha permesso l’isolamento del

prodotto puro e pertanto ha reso complicato il calcolo della resa; non è stato possibile,

anche per le esigue quantità di prodotto, purificare il residuo. La DCU viene in genere

rimossa tramite filtrazione, ma le sue tracce sono state difficili da eliminare. In questo

caso, il crudo di reazione è stato purificato mediante cromatografia flash, ma le tracce

non sono state rimosse.

Fig. 36. N,N’-Dicicloesilurea (DCU).

Per questo tipo di reazione non potevano essere utilizzate altre strategie di attivazione

dell’acido; l’uso di SOCl2 avrebbe potuto rendere troppo “violento” l’ambiente di

reazione portando all’idrolisi dell’estere formatosi nelle precedente fase di sintesi.

Lo sblocco del composto 43 ha previsto l’idrolisi dell’estere in ambiente alcalino; con

la successiva acidificazione è stato ottenuto il gruppo carbossilico.

63

Tramite successiva cristallizzazione con CHCl3/n-esano è stato possibile purificare il

composto 44. Dall’analisi di massa di tale composto è stata evidenziata la presenza del

solo composto monosbloccato, come già precedentemente menzionato. La motivazione

potrebbe risiedere nella quantità di NaOH utilizzata: le moli di NaOH (0,05 mmol)

sono minori di quelle necessarie (0,06 mmol); nonostante la presenza dell’83% delle

moli necessarie alla reazione, però, non è stata comunque evidenziata la formazione del

composto di-sbloccato.

Considerata la minima quantità di prodotto ottenuta (2,5 mg) si è optato per

l’immediato test biochimico senza ulteriori analisi di caratterizzazione. Per questo

motivo non è stato possibile determinare quale dei due esteri si sia sbloccato. È lecito

ipotizzare, quindi, come il prodotto sia una miscela di composti aventi il medesimo

peso molecolare, ma con la porzione carbossilica libera in diverse posizioni.

64

4.4. SCHEMA DI SINTESI 4

Sintesi di 5-benzil-3,8-diidrossifenantridin-6(5H)-one

K2CO3, Pd(OAc)2, PPh3 DMF, reflusso 200-250°C

1. SOCl2, reflusso 150°C 2. Et3N

Br

O

OH

O

NH2

Br

NH

O

O

N O

O

O

29 47

48

49

65

N O

OH

HO

24

1-dodecantiolo, AlCl3 T ambiente

66

4.4.1. RAZIONALE DELLO SCHEMA DI SINTESI 4

La procedura per la sintesi dell’N-derivato dell’urolitina A si è articolata in tre passaggi

per giungere al composto 24. Inizialmente si sono fatti reagire gli starting materials

(composto 29 e composto 47) per la formazione del legame ammidico: l’attivazione

dell’acido è stata effettuata con SOCl2 in ambiente anidro a 150°C. Tramite una

reazione domino, il composto 48 così ottenuto, è stato fatto reagire con Pd(OAc)2, PPh3

e K2CO3 in DMF a 200-250°C. Il prodotto di tale reazione è stato sbloccato a livello dei

metossili con AlCl3 in 1-dodecantiolo: è stata isolata e purificata l’urolitina N-benzilata.

L’acido 2-bromo-5-metossibenzoico e la benzilammina hanno partecipato alla

formazione dell’ammide: a differenza dei casi riportati nelle altre sintesi di questo

lavoro, è stato utilizzato SOCl2 (cloruro di tionile) per attivare l’acido. Questo

composto inorganico converte gli acidi carbossilici in cloruri acilici (fig. 37):

Fig. 37. Azione del cloruro di tionile.

La fig. 37 evidenzia la formazione di HCl come sottoprodotto a partire da SOCl2;

questa acidificazione è stata neutralizzata con Et3N. Il cloruro acilico ha un gruppo

uscente migliore dell’acido carbossilico: avviene quindi un attacco nucleofilo da parte

dell’azoto della benzilammina sul carbonio carbonilico. Si ottiene così il composto 48.

La fase critica di questa strategia di sintesi è stata la reazione domino necessaria per la

formazione del composto 49; è stato possibile utilizzare questo metodo in quanto il

composto che si voleva ottenere era un composto simmetrico. Per prodotti non

simmetrici si sarebbe dovuta utilizzare la strategia di sintesi riportata nello schema 1.

67

Una reazione domino è un processo che coinvolge due o più trasformazioni di legame

(solitamente C-C) che avvengono nelle stesse condizioni di reazione senza l’aggiunta di

ulteriori reagenti o catalizzatori, e in cui il risultato di reazioni concatenate è la

conseguenza del passaggio precedente (Tietze, 1996).

La classificazione delle reazioni domino si basa sull’intermedio generato nel primo step

di reazione. Sono stati riconosciuti vari tipi di reazioni domino (Atta-ur-Rahman, 2008)

(Tietze, 1996), i più significativi sono:

o Reazioni domino cationiche

o Reazioni domino anioniche

o Reazioni domino radicaliche

o Reazioni domino pericicliche

o Reazioni domino enzimatiche

o Reazioni domino catalizzate da metalli di transizione

La prima reazione domino di un prodotto presente in natura è stata eseguita da Schöpf e

Robinson (Robinson, 1917) (Schopf, Lehmann, & Arnold, 1937): da una miscela di

succindialdeide, metilamina e acido acetondicarbossilico è stato ottenuto il tripinone

biciclico (alcaloide precursore dell’atropina) (fig.38).

Fig. 38. Sintesi del tropi none.

La sintesi del composto 49 ha previsto una reazione domino di coupling Pd-catalizzata

in cui si sono formati in concomitanza legami C-C e legami C-N (si tratta quindi di una

reazione domino catalizzata da metalli di transizione).

O

O

H

HH2N-Me

OO

HO

O

OH

N

O

H3C

68

Il Pd(OAc)2 in presenza di PPh3 forma il complesso Pd(0)(PPh3)2 visto in fig. 27.

Attraverso la transmetallazione, il Pd si inserisce fra l’atomo di bromo e l’anello

aromatico dell’acido 2-bromo-5-metossibenzoico; ottenendo, quindi, l’unione di due

molecole di acido. Grazie all’ambiente basico (K2CO3) e all’alta temperatura si ottiene

il coupling: l’atomo di C aromatico diviene meno elettrondenso a causa della

dislocazione della carica, ciò permette la sostituzione nucleofila aromatica. In più, in

base alla temperatura, si ha la decomposizione dell’intermedio con liberazione di N-

benzilformammide. Questo meccanismo non è riportato in letteratura ed è stato

ipotizzato secondo la fig. 39.

Il vantaggio dell’utilizzo di una reazione domino sta nel fatto che questa è una reazione

one pot in cui il primo prodotto che si forma ha una struttura tale da subire, nelle stesse

condizioni di reazione, un’ulteriore reazione e così via. Il meccanismo che sta alla base

della reazione effettuata è lo stesso della reazione di Heck.

Dai vantaggi della reazione domino però nascono anche alcuni dei suoi problemi: la

consecutività delle reazioni non può essere controllata come in una normale reazione di

Heck e l’ambiente di reazione influenza l’andamento dell’intero processo e non di un

singolo step.

Proprio per quanto riguarda l’ambiente di reazione, sono stati incontrati dei problemi

nella definizione delle condizioni ideali in cui svolgere la domino.

La reazione in questione è stata tentata in due differenti condizioni: in THF a 150°C

(metodo A) e in DMF a 200-250°C (metodo B). Con il metodo A si sono potuti isolare

sia il composto 49 che il composto 50, quest’ultimo altro non è che l’intermedio non

decomposto della reazione domino. Con il metodo B, al contrario,si riporta la sola

presenza del composto 49 come prodotto. La spiegazione a questa differenza è data

dalla temperatura di reazione: il THF e la DMF sono solventi con temperatura di

ebollizione rispettivamente di 65-67°C e 153°C; la DMF, quindi, permette di

raggiungere temperature di reazione più alte del THF. La decomposizione spontanea

necessaria per la trasformazione del composto 50 nel composto 49 è, quindi,

temperatura-dipendente: con il metodo B tale reazione è avvenuta in modo completo.

69

Fig. 39. Meccanismo domino ipotetico.

O

Br

HN

O

Pd

PH

PH

O

HN

O

Pd2+ Br

(Ph3P)2

2

ON

O

H

H

ONH

O

O

H

R

ON

O

ONH

O

H2

ON

O

O

70

Con la determinazione della resa è stato possibile fare un ulteriore confronto tra i due

metodi: con il metodo A la resa è stata del 12%, mentre con il metodo B è stata ottenuta

una resa del 56% nettamente superiore alla precedente.

Ottenuto il composto 49 è stato necessario sbloccare gli ossidrili precedentemente

bloccati tramite etossilazione a livello dell’acido 2-bromo-5-metossibenzoico.

L’utilizzo di eteri per proteggere gli idrossili è una pratica molto utilizzata nelle sintesi

organiche. Il metodo più comune per sbloccare dei metossili consiste nell’utilizzo di

acidi di Lewis come BBr3 o AlCl3.

Sono state incontrate delle difficoltà in questa fase della strategia di sintesi; infatti sono

stati effettuati vari tentativi di sblocco per arrivare al composto 24. Un elenco generale

è di seguito riportato:

- BBr3 in benzene anidro (McOmie, Watts, & West, 1968)

- BBr3 in DCM anidro (Punna, Meunier, & Finn, 2004)

- AlCl 3 in etanditiolo (Inaba, Umezawa, Yusa, Mihashi, & H.Itokawa, 1987)

- AlCl 3 in 1-dodecantiolo (Kale, Shinde, Sonar, Shingate, Kumar, & Ghosh,

2010)

Tutti i tentativi di sblocco effettuati con BBr3 hanno dato esito negativo: infatti è stato

visto come il tribromuro di boro causi la debenzilazione di N-benzil e O-benzil gruppi

(Paliakov & Strekowski, 2004).

Nelle varie prove effettuate, ne è stata fatta una direttamente sull’ammide (composto

48) con AlCl3 in etanditiolo; quest’ultimo si prestava come solvente e reattivo. Questa

strategia ha dato esito positivo ed è quindi stata adattata allo sblocco del composto 49: è

stato utilizzato 1-dodecantiolo al posto dell’etanditiolo perché quest’ultimo era difficile

da manipolare dato il suo forte cattivo odore.

Relativamente al meccanismo di sblocco, il metile può diventare un buon gruppo

uscente tramite attivazione con un acido di Lewis (AlCl3); il gruppo uscente (fig.40) si

lega al nucleofilo (tiolo) e, successivamente con agitazione in H2O, si ha la

trasformazione del metossile in ossidrile.

71

Fig. 40. Sblocco metossile con AlCl3 ed etanditiolo.

72

4.5. DISCUSSIONE DEI DATI BIOLOGICI

Il composto 44 (GZ9) è stato testato presso il laboratorio di G. Cozza del Dipartimento

di Biochimica dell’Università di Padova; è stata valutata l’attività inibitoria dei

composti sintetizzati rispetto alla CK2. Il test ha mostrato la seguente attività espressa

come IC50 ([ATP]= 20 µM che corrisponde alla Km della CK2 nei confronti dell’ATP):

IC50 = 31 µM

Si ipotizza che l’attività molto più alta rispetto ai derivati GZ 1-8 (0.2-0.3 µM) sia

dovuta al fatto che questo composto è solo in parte sbloccato. Dagli esperimenti di

docking effettuati da G. Cozza (Università di Padova) su entrambe le varianti (fig. 31a-

b) si è visto che l’estere rimasto è troppo ingombrante e non agevola l’aggancio del

composto all’enzima. Tale osservazione è confermata dal comportamento analogo del

TBCA: questo è un composto molto attivo (0.11 µM), ma diventa inefficace se al posto

dell’acido è presente un estere (>40 µM) (Pagano, et al., 2007).

Il composto 24 è in fase di testing presso il laboratorio sopra citato. Non è pertanto

possibile fornire i dati della sua attività. Dai precedenti risultati ottenuti da composti

simili (caratterizzati da un elevato ingombro sterico) si ipotizza, come già esposto al

punto 2.2 del presente lavoro di tesi, che il composto risulterà inattivo: il sostituente

benzilico dovrebbe impedire l’accesso al sito per il legame dell’ATP.

73

4.6. CONCLUSIONI

Riassumendo i risultati ottenuti:

o Non è stata sintetizzata la 4-bromometilurolitina A. Sono state ideate due

diverse strategie di sintesi ma entrambe sono risultate essere inconcludenti; nel

metodo A non è stata portata a termine la bromurazione del metile in posizione

4 del composto 33, mentre nel metodo B alternativo non è stato ottenuto il 2-

bromometilrsorcinolo.

o Per quanto riguarda il derivato della TBB-propil-diammina, nella reazione di

sblocco per ottenere il composto finale è stato possibile isolare solamente il

mono-derivato GZ9 (composto 44). Tale composto è risultato avere una IC50 di

31 µM sulla CK2; la sua attività bassa è probabilmente dovuta alla presenza

dell’estere che crea ingombro sterico e non facilita l’interazione inibitore-

enzima.

o L’N-derivato benzilato dell’urolitina A (composto 24) è stato sintetizzato

tramite una reazione domino che ha permesso di aumentare la resa totale del

processo. Attualmente i test biochimici su tale composto sono ancora in corso.

Concludendo, le procedure di sintesi utilizzate in questo lavoro hanno portato

all’ottenimento di un solo composto dei tre prefissati, ma sono state utili per

l’ideazione di nuove strategie da utilizzare in lavori futuri. Infatti, visto l’interesse

generale sull’argomento trattato, si può ipotizzare che nel futuro prossimo saranno

continuate le attività di ricerca di nuovi inibitori di CK2. Con il metodo domino

testato in questo lavoro sarà possibile sintetizzare più facilmente nuovi derivati

urolitinici simmetrici; sarà inoltre possibile risolvere il problema di resa bassa che si

aveva con i metodi precedenti (reazione di Hurtley e reazione di Heck). È stato

anche possibile formulare una nuova strategia di sblocco di eteri (in presenza di N-

benzili).

Questo “bagaglio” di reazioni testate potrà essere uno strumento di sostegno e

confronto per chi dovrà sintetizzare composti simili.

74

75

5. PROCEDURE SPERIMENTALI

76

77

HO O

O

Br

5.1. SCHEMA 1

SINTESI DI ACIDO 2-BROMO-5-METOSSIBENZOICO

reagente PM MASSA

(mg) VOLUME

(ml) MOLI (mmol)

densità Eq.

27 152,15 687,00 4,50 1,00

Br2 159,81 72,00 0,23 4,50 3,11 1,00

CH3COOH 6,90

H2O 4,60

prodotto 29 231,05 625,00 2,70

PROCEDIMENTO:

Il composto 27 (687 mg) è stato posto in un pallone in presenza di 4,5 ml di CH3COOH

sotto agitazione. A parte è stata preparata una soluzione di Br2 (0,23 ml), H2O (4,6 ml)e

i rimanenti 2,4 ml di CH3COOH, la quale è stata aggiunta goccia a goccia alla prima

soluzione e portata a riflusso. A reazione terminata la soluzione è diventata limpida, è

stata posta in ghiaccio per ottenere un precipitato. Quest’ultimo è stato filtrato sotto

vuoto e lavato con H2O e metanolo, è stato poi posto in stufa.

Sono stati ottenuti 625 mg del composto 29 puro; resa 60%.

29

78

228 229 230 231 232 233

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C8H7O3Br - (H)228.9506 230.9486

229.9540 231.9520

228.13428 228.94926 229.76424 230.57923 231.39421 232.20919

Mass (m /z)

0

1.2E +4

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /3:4 (T /0.17:0.26) ASC[BP = 229.0, 11838]228.9485 230.9468

229.1440 231.1435229.9515 231.9465231.5154

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C8H7O3Br

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,59 (d, J = 9 Hz, 1H, H1), 7,51 (d, J = 3 Hz 1H, H3), 6,94

(dd, J = 3 Hz, J = 9 Hz, 1H, H2), 3,84 (s, 3H, OMe).

M/Z teorica (M-1, Br79) 228,9506 (M-1, Br81) 230,9486

M/Z trovata (M-1, Br79) 228,9485 (M-1, Br81) 230,9468

HO O

O

CH3

Br H3

H1

H2

79

SINTESI DI 3-METOSSIBENZIL-2-METILFENOLO

reagente PM MASSA

(g) VOLUME

(ml) MOLI (mmol)

densità Eq.

28 124,14 3,72 30,00 1,00

30 171,03 1,19 10,00 0,33

K2CO3 138,21 2,76 20,00 0,50

acetone 30,00

DMF 95,00

prodotto 31 214,26 1,41 5,33

PROCEDIMENTO:

(Suzuki, Okada, Arai, & Awaji, 2001)

Al composto 28 (3,72 g) posto in un pallone, è stato aggiunto K2CO3 (2,76 mg) e

acetone (30 ml) sotto agitazione; successivamente è stato aggiunto il composto 30 (1,19

ml) lasciando tutta la notte a riflusso a 50°C.

La reazione è stata monitorata tramite TLC n-esano/EtOAc 4:1, una volta terminata

sono stati aggiunti 30 ml di una soluzione 2N di NaOH ed è stata effettuata una

31

HO O

80

estrazione con EtOAc; la fase organica è stata lavata con H2O e con una soluzione

satura di NaCl, poi è stata anidrificata con Na2SO4 per poi filtrarla e portarla a secco.

La TLC sulla soluzione ottenuta dopo la filtrazione ha rivelato la presenza di due

macchie:

RFx1= 0,68 (monosostituito)

RFx2= 0,4 (disostituito)

E’ stata isolata la macchia X1 tramite colonna cromotografica n-esano/EtOAc 4:1; resa

18%.

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C14H14O2

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,51-7,33 (m, 6H, HAr), 7,05 (t, J= 8,2 Hz, 1H, H1), 6,54

(dd, J= 29,9 Hz, J= 8,0 Hz, 2H, HAr), 5,10 (s, 2H, CH2), 2,22 (s, 3H, CH3).

81

32

SINTESI DI 3-(BENZILOSSI)-2-METILFENIL 2-BROMO-5-

METOSSIBENZOATO

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

31 214,26 468,30

2,18

1,00

29 231,05 500,00

2,16

0,99

DCC

490,20

2,38

1,09

DMAP

52,80

0,43

0,20

DCM

22,00

prodotto 32 427,28 741,00

1,74

PROCEDIMENTO:

(Enkvist, et al., 2006)

A una sospensione del composto 31 (468,3 mg), DCC (490,2 mg) e DMAP (52,8 mg)

in DCM (11 ml) anidro è stata aggiunta una soluzione del composto 29 (500 mg) in

DCM (11 ml) e la reazione è stata posta sotto N2 e agitata a temperatura ambiente per

tutta la notte. L’eventuale precipitato (DCU) che si è formato viene filtrato e la

soluzione rimasta è stata purificata tramite colonna cromatografica toluene/EtOAc 9:1.

Sono stati ottenuti 741 mg del composto 32 puro; resa 81%.

O O O

Br

O

82

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C22H19O4Br

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,65 (d, J= 8,8 Hz, 1H, HAr), 7,62 (d, J= 3,1 Hz, 1H,

HAr), 7,52-7,35 (m, 5H, HAr), 7,25 (t, J= 8,1 Hz, 1H, HAr), 7,01 (dd, J= 8,8 Hz, J= 3,1

Hz, 1H, HAr), 6,90 (d, J= 8,2 Hz, 2H, HAr), 5,16 (s, 2H, CH2), 3,89 (s, 3H, OCH3),

2,26 (s, 3H, CH3-Ar).

O

CH3

O O

Br

O

CH3

H

H

H

H

H

H

H

H

H

H

H

83

33

SINTESI DI 3-(BENZILOSSI)-8-METOSSI-4-METIL-6H-

BENZO[C]CROMAN-6-ONE

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

32 427,28 741,00

1,74

1,00

Pd(OAc)2 224,51 39,00

0,17

0,10

PPh3 262,30 91,30

0,35

0,20

NaOAc 285,50 285,50

3,48

2,00

DMF

25,00

prodotto 33 346,12 189,00

0,55

PROCEDIMENTO:

(Enkvist, et al., 2006)

Ad una soluzione di Pd(OAc)2 (39 mg) e PPh3 (91,3 mg) in DMF anidra (10 ml) è stata

aggiunta una sospensione del composto 32 (741 mg) e NaOAc in DMF anidra (15 ml)

in un pallone a 3 colli. La reazione è stata posta sotto agitazione a 130°C per tutta la

notte sotto atmosfera di azoto. Successivamente è stata fatta un’estrazione con

EtOAc/H2O, si è anidrificato con Na2SO4 e il solvente è stato rimosso sotto vuoto. Il

composto è stato purificato mediante cristallizzazione con DCM/n-esano.

Sono stati ottenuti 189 mg del composto 33 puro; resa 31,6%.

O O O

O

84

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C22H18O4

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,96 (d, J= 8,9 Hz, 1H, HAr), 7,81-7,76 (m, 2H, HAr),

7,52-7,33 (m, 6H, HAr), 6,95 (d, J= 8,8 Hz, 1H, HAr), 5,21 (s, 2H, CH2), 3,96 (s, 3H,

OCH3), 2,45 (s, 3H, CH3-Ar).

O

CH3

O O

O

CH3

H

H

H

H

H

H

H

H

H

H

85

5.2. SCHEMA 2

SINTESI DI 2,6-DIACETOSSITOLUENE

reagente PM

MASSA (g)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

28 124,14 2,00

16,12

1,00

NaOAc 285,50 0,03

0,30

0,02

Ac2O 102,09

10,00

prodotto 35 208,00 2,81

13,50

PROCEDIMENTO:

(Peet, Dickerson, Abdallah, Daly, & Ukena, 1988)

Una soluzione del composto 28 (2 g), NaOAc (30 mg) e Ac2O (10 ml) è stata posta a

riflusso tutta la notte e monitorata con TLC toluene/EtOAc 4:1. A reazione completa è

stato inserito del ghiaccio nel pallone sotto agitazione fino al suo scioglimento

ottenendo una soluzione gialla, successivamente è stata fatta un’estrazione con Et2O (10

ml per 2 volte) e dei lavaggi con una soluzione di NaHCO3 fino a scomparsa

dell’effervescenza (eliminazione di eventuale Ac2O in eccesso). La soluzione è stata

anidrificata con Na2SO4, filtrata e fatta evaporare sotto vuoto fino ad ottenere un liquido

giallo-arancione; questo residuo è stato distillato sotto vuoto e poi lasciato a raffreddare

OO

OO

35

86

fino alla formazione dei cristalli, i quali sono stati lavati con H2O e messi in stufa ad

asciugare (bisogna fare attenzione a non eccedere con la temperatura in quanto i

cristalli rifondono a 42-43,°C, è stata mantenuta una temperatura minore di 30°C).

Sono stati ottenuti 2,81 g del composto 35 puro; resa 83,8%.

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C11H12O4

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,24 (t, J= 8,1 Hz, 1H, H2), 6,97 (d, J= 8,2 Hz, 2H, H1-2),

2,35 (s, 6H, COOCH3), 2,03 (s, 3H, ArCH3).

OO

OO

H1

H2

H3

87

SINTESI DI 3-(ACETILOSSI)-2-(BROMOMETIL)FENIL ACETATO

reagente PM

MASSA (g)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

35 208,00 1,74

8,36

1,00

NBS 178,00 1,58

8,88

1,06

CCl4

25,00

AIBN 164,21 0,14

0,85

0,10

prodotto 36 287,10 0,27

0,95

PROCEDIMENTO:

(Lawson, et al., 2009)

Il composto 35 (1,74 g), AIBN (140 mg) e NBS (1,58 g) sono stati posti in un pallone

con CCl4 (25 ml) e il tutto è stato lasciato a riflusso per circa 3 ore (TLC toluene/EtOAc

95:5) fino a reazione completa; è stato filtrato il precipitato formatosi (derivato della

NBS) ed estratto la soluzione con EtOAc/H2O (la fase organica è quella gialla

inferiore). Dopo anidrificazione con Na2SO4, filtrazione ed evaporazione del solvente,

il composto è stato cristallizzato con Et2O.

Sono stati ottenuti 0,27 g del composto 36 puro; resa 11%.

OO

OO

Br

36

88

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C11H11O4Br

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,39 (t, J= 8,1 Hz, 1H, H2), 7,08 (d, J= 8,2 Hz, 2H, H1-2),

4,40 (s, 2H, ArCH2Br), 2,40 (s, 6H, COOCH3).

OO

OO

Br

H1

H2

H3

89

SINTESI DI 1-((3-(BENZILOSSI)-2-ETILFENOSSI)METIL)BENZENE

reagente PM

MASSA (g)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

28 124,14 1,00

8,00

1,00

benzilbromuro 171,03

2,14 18,00

2,25

K2CO3 128,00 2,22

16,00

2,00

acetone

10,00

prodotto 38 304,38 1,78

5,86

PROCEDIMENTO:

(Suzuki, Okada, Arai, & Awaji, 2001)

In un pallone sono stati posti il composto 28 (1 g), K2CO3 (2,22 g), benzilbromuro

(2,14 ml) e acetone (10 ml) lasciando il tutto sotto agitazione a 50°C per tutta la notte.

Dopo raffreddamento ed eventuale filtrazione è stato evaporato il sovente,

successivamente è stata aggiunta acqua ed è stata fatta un’estrazione con Et2O; dopo

anidrificazione e filtrazione, il solvente è stato evaporato.

Sono stati ottenuti 1,78g del composto 38; resa 73,2%.

OO

38

90

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C21H20O2

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,51-7,33 (m, 10H, C6H5), 7,12 (t, J= 8,3 Hz, 1H, H2),

6.,65 (d, J= 8,3 Hz, 2H, H1-3), 5,12 (s, 4H, OCH2Ar), 2,28 (s, 3H, CH3).

OO

H1

H2

H3

91

5.3. SCHEMA 3

SINTESI DI ACIDO (S)-4-(1,5-DIETOSSI-1,5-

DIOSSOPENTAN-2-AMINO)-4-OSSOBUTANOICO

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

40 239,70 1000,00

4.17

1,00

41 100,07 425,00

4.17

1,00

DIEA 129,25 1887,50 2.50 14.58 0.755 3,50

THF

50,00

prodotto 42 303,00 605,00

1,99

PROCEDIMENTO:

(Jursic & Patel, 2005)

In un pallone è stato solubilizzato il composto 40 (1 g) in THF anidro (15 ml) e DIEA

(2,5 ml); a parte, in un altro pallone, è stata preparata una soluzione del composto 41

O

O

NH

O

O

CH2

O

CH2

O OH

42

92

(425 mg) in THF anidro (35 ml). Sotto agitazione e a temperatura ambiente la seconda

soluzione è stata aggiunta alla prima con un imbuto gocciolatore in 10-15 minuti; la

reazione è stata lasciata in agitazione per 18 ore e monitorata con TLC CHCl3/MeOH

8:2 in fosfomolibdato. Successivamente, il precipitato è stato eliminato per filtrazione e

il solvente è stato eliminato per evaporazione a pressione ridotta. Quindi, è stata

aggiunta H2O e acidificato con HCl 37% fino a raggiungere pH 1-2. Con un’estrazione

con EtOAc è stato eliminato l’eventuale glutammico non reagito, la fase organica è

stata anidrificata e portata a secco (si ottiene un liquido).

Sono stati ottenuti 0,605g del composto 42 puro; resa 46,28%.

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C13H21NO7

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 4,51 (t, J= 8,1 Hz, 1H, OCOCHNH), 4,27-4,09 (m, 4H,

HCHR), 2,72 (t, J= 7,1 Hz, 2H, HCHR), 2,41-2,28 (m, 6H, HCHR), 1,17 (t, J= 7,8 Hz,

6H, HCHR).

93

303.0 303.8 304.6 305.4 306.2 307.0

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C13H 21N O7 + (H )1304.1391

305.1423

306.1443

303.0 303.8 304.6 305.4 306.2 307.0

Mass (m /z)

0

9.7E+4

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /3:5 (T /0.18:0.36) ASC [BP = 304.2, 97257]304.1510

305.1558

304.6206306.1581304.3708 305.3706304.9489 305.6041

M/Z teorica (M+1) 304,1391

M/Z trovata (M+1) 304,1510

94

SINTESI DI (S)-DIETIL 2-(4-OSSO-4-(3-(4,5,6,7-

TETRABROMO-1H-BENZO[D]IMIDAZOL-2-

AMINO)PROPILAMINO)BUTANAMIDO)PENTANEDIOATO

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

12 505,88 100,00

1,98

1,00

42 304,00 66,21

0,22

1,00

DCC 206,33 45,39

0,22

1,10

DIEA 129,25 302,00 0,04 0,22 0.755 1,10

DCM

60,00

prodotto 43 791,12 20

0,025

PROCEDIMENTO:

Il composto 42 (66,21 mg), DCC (45,39 mg) e DCM anidro (20 ml) sono stati inseriti

in un pallone e posti a 0°C. A parte è stata preparata una soluzione del composto 12

(100 mg) in DCM anidro (40 ml) e DIEA (0,04 ml); questa soluzione è stata gocciolata

NH

N

Br

Br

Br

Br

NHHN

O

O

HN

OO

CH2

CH2

O O

43

95

nel pallone, sotto agitazione e a temperatura ambiente per tutta la notte (è stato lasciato

nel bagno di ghiaccio che si è riscaldato a temperatura ambiente durante la notte). La

reazione è stata monitorata con TLC CHCl3/MeOH 9:1.

Con filtro a pieghe è stata filtrata l’eventuale DCU formatasi e la soluzione rimasta è

stata portata a secco; il residuo è stato purificato attraverso colonna cromatografica

CHCl3/MeOH 9:1 – RF 0,49.

Sono stati ottenuti 20 mg di prodotto: questi comprendono il composto 43 e una parte di

DCU che non è stato possibile eliminare.

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C23H29Br4N5O6

Picco (M+1) 791,8678 composto 18

Picco (M+1) 225,1965 DCU

0 285.8 571.6 857.4 1143.2 1429.0

Mass (m /z)

0

2.1E+4

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /5:7 (T /0 .35:0.53) A SC [B P = 791.9, 21252]

791.8672

225.1965

793.8716

789.8710

449.3862

795.8702548.7744

158.0847 713.9750318.1650 588.7753 983.9564

96

787.0 789.2 791.4 793.6 795.8 798.0

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 23H 29B r4N5O6 + (H )1791.8886

793.8868789.8905

792.8914790.8934 795.8856794.8895787.8924

788.8954 796.8878

787.0 789.6 792.2 794.8 797.4 800.0

Mass (m /z)

0

2.1E +4

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /5:6 (T /0.35:0.44) A SC [BP = 791.9 , 21056]791.8678

793.8719789.8716

792.8656794.8695790.8757 795.8703787.8815 792.2864 794.2621793.2499 796.8758788.9005

M/Z teorica (M+1) 791,8886

M/Z trovata (M+1) 791,8678

97

SINTESI DI ACIDO (S)-5-ETOSSI-5-OSSO-4-(4-OSSO-4-(3-

(4,5,6,7-TETRABROMO-1H-BENZO[D]IMIDAZOL-2-

AMINO)PROPILAMINO)BUTANAMMIDO)PENTANOICO

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

43 791,12 20,00

0,03

1,00

MeOH

1,50

NaOH

0,05

prodotto 44 763,00 2,5

0,003

PROCEDIMENTO:

(Mondal, Ghosh, & Verma, 2010)

In un pallone sono stati posti i 20 mg (43 + DCU) ottenuti nello step precedente con

MeOH (1,5 ml) e NaOH 1M (0,05 ml): il tutto è stato lasciato sotto agitazione a

temperatura ambiente per 3 ore ottenendo una soluzione gialla. Questa è stata evaporata

per eliminare MeOH e sono poi stati aggiunti pochi ml di H2O; dopodiché la soluzione

è stata acidificata con HCl 10% v/v ed è stata fatta un’estrazione con DCM. La fase

organica è stata lavata con una soluzione satura di NaCl; dopo anidrificazione,

NH

N

Br

Br

Br

Br

NHHN

O

O

HN

O(CH2CH3)O

CH2

CH2

O O(H)44

98

filtrazione ed evaporazione del solvente, è stato ottenuto il composto 44 e DCU. Il

composto 44 è stato purificato solubilizzando il residuo in un minimo di CHCl3 e

versando un volume molto maggiore di n-esano, dopo circa 1 ora la formazione dei

cristalli è completa e questi vengono isolati per centrifugazione.

Sono stati ottenuti 2,5 mg del composto 44 puro.

Quantità iniziale di composto 12: 1,98mmol

Quantità ottenuta di composto 44: 0,0033 mmol

Resa 0,17%

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C21H25Br4N5O6

M/Z teorica (M+1) 763,8572

M/Z trovata (M+1) 763,8734

758.0 761.6 765.2 768.8 772.4 776.0

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 21H 25B r4N 5O6 + (H )1763.8572

761.8591 765.8554

764.8601767.8541762.8620759.8611 766.8581

760.8640 768.8564

758.0 761.6 765.2 768.8 772.4 776.0

Mass (m /z)

0

289.3

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /8:9 (T /0.60:0.69) ASC [B P = 322.0, 423]763.8734

765.8771761.8783

764.8759766.8573762.8747 767.8903764.6373759.8805 765.5083 768.7878763.3170760.9226 773.8806771.6576769.6543 774.8742772.9472

99

5.4. SCHEMA 4

SINTESI DI N-BENZIL-2-BROMO-5-METOSSIBENZAMMIDE

reagente PM

MASSA (g)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

27 239,00 2,00

8,66

1,00

SOCl2 118.97

0,95 13,00 1,63 1,50

47 107,15 0,93

0,38

Et3N 101,19 5,23 7,20 51,71 0,73 6,00

DCM

220,00

DMF

poche gocce

prodotto 48 320,18 0,60

1,87

Br

O

NH

O

48

100

PROCEDIMENTO:

(Furuta, Kitamura, Hashimoto, Fuji, Tanaka, & Kan, 2007)

• FASE 1: ATTIVAZIONE ACIDO

Il composto 27 (2 g) è stato posto in un pallone con DCM anidro (120 ml), SOCl2 (0,95

ml) e alcune gocce di DMF a 150°C per circa 3 ore fino a scomparsa del composto di

partenza (TLC DCM/MeOH 4:1, il campione è stato preparato con l’aggiunta di EtOH

che produceva un estere in situ). Il tutto è stato lasciato raffreddare a temperatura

ambiente e poi messo in bagno di ghiaccio, sono stati aggiunti 6 ml di Et3N sotto

agitazione ottenendo una soluzione marrone.

• FASE 2: FORMAZIONE AMMIDE

È stata preparata una soluzione del composto 47 in DCM anidro (100 ml) e Et3N (1,2

ml); questa è stata gocciolata con apposito imbuto nel pallone della fase 1 in bagno di

ghiaccio.

La reazione è stata lasciata sotto agitazione tutta la notte e monitorata con TLC

CHCl3/MeOH 8:2.

Successivamente, la soluzione è stata portata a secco e con colonna cromatografica è

stato isolato il composto con RF 0,82 (con altre 2 impurezze troppo vicine per

separarle); il residuo è stato cristallizzato con CHCl3/n-esano, filtrato con bukner e

lavato con n-esano e acqua.

Sono stati ottenuti 597 mg del composto 48 puro (cristalli giallo-marroni); resa 21,5%.

101

319.32218 320.38768 321.45317 322.51866 323.58415 324.64965

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 15H 14B rN O2 + (H )1320.0281 322.0262

321.0313 323.0293

324.0320

319.32218 320.38768 321.45317 322.51866 323.58415 324.64965

Mass (m /z)

0

3103.5

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /4 :4 (T /0.31:0.31) A SC [B P = 320.0 , 3104]320.0349

322.0291

321.0499 323.0444320.2724 322.2775 322.6160320.5258 324.0349323.5294321.6579

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C15H14BrNO2

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,48 (d, J= 9,2 Hz, 1H, H1), 7,44-7,33 (m, 5H, HAr), 7,17

(d, J= 3,1 Hz, 1H, H2), 6,85 (dd, J= 8,8 Hz, J= 3,1 Hz, 1H, H3), 6,34 (s, 1H, NH), 4,69

(d, J= 5,7 Hz, 2H, CH2), 3,83 (s, 3H, OMe).

M/Z teorica (M+1, Br79) 320,0281 (M+1, Br81) 322,0262

M/Z trovata (M+1, Br79) 320,0349 (M+1, Br81) 322,0291

102

SINTESI DI N-BENZIL-2-BROMO-5-

IDROSSIBENZAMMIDE

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

48 320,18 20,00

0,06

1,00

AlCl 3 133,34 316,68

2,38

38,00

etanditiolo 94,20 6720,00 6,00 0,07 1,12 1,10

prodotto 51 306,15 4,60

0,02

PROCEDIMENTO:

(Inaba, Umezawa, Yusa, Mihashi, & H.Itokawa, 1987)

Il composto 48 (20 mg) è stato posto in un pallone con AlCl3 (316,68 mg) ed

etanditiolo (6 ml); il tutto è stato lasciato sotto agitazione a temperatura ambiente. La

reazione è stata monitorata con TLC CHCl3/MeOH 9:1. A reazione completata è stata

inserita dell’acqua nel pallone e, dopo vigorosa agitazione, è stata fatta un’estrazione

con EtOAc; la fase organica è stata anidrificata e portata a secco sotto pressione ridotta.

Il residuo liquido ottenuto è stato purificato mediante colonna cromatografica

CHCl3/MeOH 9:1 – RF 0,54 e cristallizzato con CHCl3/n-esano.

Sono stati ottenuti 4,6 mg del composto 51 puro; resa 24%.

51

103

303.58627 304.88169 306.17711 307.47254 308.76796 310.06338

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 14H 12B rN O2 - (H )303.9979 305.9959

305.0011 306.9991

308.0018

303.58627 304.88169 306.17711 307.47254 308.76796 310.06338

Mass (m /z)

0

2.4E+4

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /3 :3 (T /0.17:0.17) A SC [B P = 306.0, 24031]305.9967

303.9977

307.0010305.0017 306.2072304.2189 308.0030

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C14H12BrNO2

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 7,46-7,31 (m, 6H, HAr), 7,23 (d, J= 3,1 Hz, 1H, H1), 6,81

(dd, J= 8,7 Hz, J= 3,1 Hz, 1H, H2), 6,44 (s, 1H, NH), 5,92 (s, 1H, OH), 4,68 (d, J= 5,6

Hz, 2H, CH2).

M/Z teorica (M-1, Br79) 303,9979 (M-1, Br81) 305,9959

M/Z trovata (M-1, Br79) 303,9977 (M-1, Br81) 305,9967

104

SINTESI DI 5-BENZIL-3,8-DIMETOSSIFENANTRIDIN-

6(5H)-ONE

PROCEDIMENTO A:

(Furuta, Kitamura, Hashimoto, Fuji, Tanaka, & Kan, 2007)

(Donati, Michel, Tillequin, & Porée, 2010)

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

48 320,18 111,00

0,35

1,00

K2CO3 138,21 144,00

1,04

3,00

Pd(OAc)2 224,50 3,87

0,02

0,05

PPh3 262,29 9,10

0,03

0,10

THF

20,00

prodotto 49 345,39 14,00

0,04

50 479 6

0,01

49 50

NO

O

O

C

HN

O

105

In un pallone sono stati inseriti il composto 48 (111 mg), K2CO3 (144 mg), Pd(OAc)2

(3,87 mg), PPh3 (9,10 mg) e THF anidro (20ml). E’ stato portato a riflusso a 150°C

sotto agitazione in atmosfera di azoto (TLC n-esano/EtOAc 7:3). Dopo circa 4 ore la

soluzione è stata portata a secco (nonostante la presenza del composto di partenza), è

stata fatta un’estrazione con DCM/H2O e lavaggi con una soluzione satura di NaCl. La

fase organica è stata anidrificata ed evaporata a pressione ridotta. Il residuo è stato

purificato tramite colonna cromatografica n-esano/EtOAc 7:3:

RF composto 21 – 0,34

RF composto 22 – 0,47

RF composto 23 – 0,16

Sono stati ottenuti 14 mg del composto 49 (resa 11,7%) e 6 mg del composto 50 (resa

3,61%).

Sono stati recuperati inoltre 66 mg del composto 48 non reagiti.

PROCEDIMENTO B:

(Donati, Michel, Tillequin, & Porée, 2010)

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

48 320,18 1000,00

3.13

1,00

K2CO3 138,21 1340,00

9.73

3,10

Pd(OAc)2 224,50 79,50

0.35

0,11

PPh3 262,29 185,50

0.71

0,22

DMF

40,00

prodotto 49 345,39 310,00

0,89

106

NO

H3C

O

CH3

H2C

O

H

H

H

H

H

H

H H

H

H

H

In un pallone a due colli sono stati sono stati introdotti il composto 48 (1,0 g), K2CO3

(1,34 g), Pd(OAc)2 (79,5·mg,), PPh3 (185,5·mg) e DMF anidro (40 ml) mantenendo il

tutto sotto agitazione e sotto atmosfera di N2. La miscela di reazione è stata quindi

riscaldata a 200-250°C per 4 ore e monitorata tramite TLC n-esano/EtOAc 7:3,

raffreddata a temperatura ambiente, estratta in DCM/H2O e lavata con una soluzione

satura di NaCl. La fase organica è stata anidrificata con Na2SO4, evaporata a pressione

ridotta ed il residuo è stato purificato via colonna cromatografia n-esano/EtOAc 7:3.

Sono stati ottenuti 310 mg del composto 49 puro (solido bianco); resa 56%.

CARATTERIZZAZIONE COMPOSTO 49:

Formula bruta: C22H19NO3

Spettro 1H-NMR δ (CDCl3): 8,13 (d, J= 8,8 Hz, 1H, HAr), 8,12 (d, J= 8,8 Hz, 1H,

HAr), 8,02 (d, J= 2,8 Hz, 1H, HAr), 7,4 (dd, J= 2,8, J= 8,8 Hz, 1H, HAr), 7,3-7,2 (m,

5H, HAr), 6,87 (dd, J= 2,4, J= 8,8 Hz, 1H, HAr), 6,83 (d, J= 2,4 Hz, 1H, HAr), 5,67 (s,

2H, CH2), 3,99 (s, 3H, OMe), 3,78 (s, 3H, OMe).

107

Spettro 13C-NMR δ (CDCl3): 162,18 (C=O), 159,84 (CH), 158,8 (CH), 137,66 (CH), 136,65 (CH), 128,83 (CH), 128,79 (C), 127,75 (C), 127,24 (CH), 126,62 (CH), 126,5 (C), 125,31 (C), 123,94 (C), 122,94 (CH), 122,81 (C), 113,24 (C), 109,39 (CH), 109,27 (CH), 101,13 (CH), 55,67 (CH3), 55,36 (CH2), 46,84 (CH3).

M/Z teorica (M+1) 346,1438

M/Z trovata (M+1) 346,1461

345.49229 346.01918 346.54608 347.07297 347.59987 348.12676

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 22H 19N O3 + (H )1346.1438

347.1471

345.49229 346.01918 346.54608 347.07297 347.59987 348.12676

Mass (m /z)

0

1299.2

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /8:9 (T /0.60:0.69) A SC [B P = 346.2, 1299]346.1461

347.1560346.3972 346.5930 347.3387 347.6674 347.8413

108

CARATTERIZZAZIONE COMPOSTO 50:

Formula bruta: C30H26N2O4

M/Z teorica (M+1) 479,1965

M/Z trovata (M+1) 479,2101

478.61980 479.79408 480.96836 482.14264 483.31692 484.49120

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 30H 26N 2O4 + (H )1479.1965

480.1998

481.2027

478.61980 479.79408 480.96836 482.14264 483.31692 484.49120

Mass (m /z)

0

749.8

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /4:4 (T /0.26:0 .26) A SC [B P = 320.0 , 1443]479.2101

481.2253

480.2176

482.2289479.5187481.5367480.5289 481.7612479.9466 482.4903 483.2207480.8297 484.0712482.8777 483.5012

109

SINTESI DI 5-BENZIL-3,8-DIIDROSSIFENANTRIDIN- 6(5H)-ONE

reagente PM

MASSA (mg)

VOLUME (ml)

MOLI (mmol)

densità Eq.

49 345,39 50,00

0,14

1,00

AlCl 3 133,34 733,00

5,50

39,00

1-dodecantiolo 202,40

2,00

prodotto 24 317,34 20,00

0,06

PROCEDIMENTO:

(Kale, Shinde, Sonar, Shingate, Kumar, & Ghosh, 2010)

Il composto 49 (50 mg) è stato posto in un pallone con AlCl3 (733,00 mg) ed 1-

dodecantiolo (2 ml); il tutto è stato lasciato sotto agitazione a temperatura ambiente. La

reazione è stata monitorata con TLC CHCl3/MeOH 9:1. A reazione completata è stata

inserita dell’acqua nel pallone e, dopo vigorosa agitazione, è stata fatta un’estrazione

con EtOAc; la fase organica è stata anidrificata e portata a secco sotto pressione ridotta.

Il residuo liquido ottenuto è stato purificato mediante colonna cromatografica

CHCl3/MeOH 9:1 e cristallizzato con CHCl3/n-esano.

Sono stati ottenuti 20 mg del composto 24 puro; resa 45%.

24

110

CARATTERIZZAZIONE:

Formula bruta: C20H15NO3

Spettro 1H-NMR δ (acetone): 8,88 (br, 2H, OH), 8,23 (d, J= 8,7 Hz, 1H, HAr), 8,16 (d,

J= 8,7 Hz, 1H, HAr), 7,97 (d, J= 3,0 Hz, 1H, HAr), 7,3-7,2 (m, 6H, HAr), 6,83 (d, J=

2,3 Hz, 1H, HAr), 6,79 (dd, J= 8,5 Hz, J= 2,3 Hz, 1H, HAr),5,62 (s, 2H, CH2).

M/Z teorica (M-1) 316,0881

M/Z trovata (M-1) 316,0979

315.0 315.8 316.6 317.4 318.2 319.0

Mass (m /z)

0

100

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

ISO:C 20H 15N O3 - (H )316.0979

317.1012

318.1040

315.47300 315.97840 316.48380 316.98920 317.49460 318.00000

Mass (m /z)

0

1.2E +4

0102030405060708090

100

% In

tens

ity

Mariner Spec /5:6 (T /0.35:0.44) A SC [B P = 633.2, 12448]316.0881

317.0938316.3173 316.5328 317.3245316.7370

111

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RINGRAZIAMENTI:

Un ringraziamento particolare al Prof. Zagotto, a Riccardo e a Francesca per aver fatto

di questo periodo di tesi un’esperienza unica, grazie per i vostri preziosi aiuti.

Grazie anche ai miei colleghi di laboratorio Martina, Giovanni, Arianna ed Alessandro:

ho passato momenti bellissimi, etanditiolo a parte, anche nelle fasi “buie” delle mie

sintesi (so che potete capirmi).

Un altro ringraziamento speciale ai miei genitori, che mi hanno sostenuta in questi

cinque anni, senza di voi forse non ce l’avrei fatta. Grazie anche ai miei nonni…grazie

a tutti quelli che hanno creduto in me.

“Ultimo ma non ultimo” grazie alle mie amiche nonché compagne di corso Elisa, Elena

ed Anna, per aver rallegrato mattine, pomeriggi e serate di questi ultimi cinque anni. Ed

ora…che la festa abbia inizio.