16
“ARRIVANO I NOSTRI” Distribuzione gratuita Bollettino periodico dei giovani da 8 a 98 anni S.Pio X - Balduina www.sanpiodecimo.it Numero 48 APRILE-MAGGIO 2012 Anno VI° La vergogna è nata in Paradiso Non vergognamoci della nostra Fede Un nemico di nome vergogna La vergogna di vivere senza virtù e senza coscienza Canzone della vergogna per Alì Dalla vergogna al rimorso, al pentimento, alla conversione La vergogna di una giovane maestra Non nominare il nome di Dio invano! Africa Express: Ben Bellà, il leone d’Algeria Aborto legale: la soluzione di chi non vuole vedere Il viaggio del Papa in Sud America 30 anni di sacerdozio per il nostro parroco! La vergogna

S.Pio X - Balduina I NOSTRI” - sanpiodecimo.it · spiegato ai giornalisti i significati profondi del suo ... bilità morale e smascherare il male, smascherare questa idolatria del

Embed Size (px)

Citation preview

“ARRIVANO I NOSTRI”

Distribuzione gratuitaBollettino periodico deigiovani da 8 a 98 anni

S.Pio X - Balduinawww.sanpiodecimo.it

Numero 48

APRILE-MAGGIO2012

A n n o V I °

La vergogna ènata in Paradiso

Non vergognamocidella nostra Fede

Un nemico di nomevergogna

La vergogna divivere senza virtùe senza coscienza

Canzone dellavergogna per Alì

Dalla vergogna al rimorso,

al pentimento,alla conversione

La vergogna diuna giovanemaestra

Non nominare ilnome di Dio

invano !

Africa Express:Ben Bellà,

il leone d’Algeria

Aborto legale:la soluzione di chinon vuole vedere

Il viaggio delPapa in SudAmerica

30 anni disacerdozio per ilnostro parroco !

La vergogna

- 2 -

STAZIONE SAN PIETROa cura di Sandro Morici

UN PELLEGRINODELLA CARITà CHE

SALUTA...COL SOMBRERO!

Il Papa ha recentemente fattovisita alle popolazioni delMessico e di Cuba, ove hatrascorso “giorni indimenti-cabili di gioia e di speranza” edove ha “voluto abbracciareidealmente l’intero continentedell’America Latina”. Un conti-nente ove permangono segni cruenti di violenze edi ingiustizie sociali, al quale, malgrado tutto, ilSanto Padre, sulle orme del beato Giovanni Paolo II,continua a rivolgere un augurio affinché si costruisca“nella comunione ecclesiale e con coraggio evangelicoun futuro di pace e di fraternità”.Giá, durante il volo di andata, Benedetto XVI avevaspiegato ai giornalisti i significati profondi del suopellegrinaggio: “…è grande responsabilità dellaChiesa educare le coscienze, educare alla responsa-bilità morale e smascherare il male, smascherarequesta idolatria del denaro, che schiavizza gliuomini solo per questa cosa; smascherare anche lefalse promesse, la menzogna, la truffa, che sta dietrola droga. Dobbiamo vedere che l’uomo ha bisognodell’infinito….”E il messaggio si é reso ancora piu’ esplicito attraversol’omelia rivolta ai vescovi del Messico e dell’AmericaLatina, tenuta il 25 marzo a León nella cattedraledella Madre Santissima della Luce: “…Attendevo congrande desiderio questo incontro con voi, Pastoridella Chiesa di Cristo che peregrina in Messico e neidiversi Paesi di questo grande Continente, comeun’occasione per guardare insieme Cristo, che vi haaffidato il prezioso compito di annunciare il Vangeloin questi Paesi di forte tradizione cattolica.La situazione attuale delle vostre diocesi presentacertamente sfide e difficoltà di origine molto diversa.Ma, sapendo che il Signore è risorto, possiamoproseguire fiduciosi, con la convinzione che il malenon ha l’ultima parola della storia, e che Dio ècapace di aprire nuovi spazi ad una speranza che nondelude (cfr Rm 5,5)”.Il Papa cosí ha proseguito: “… La fede cattolica hasegnato in modo significativo la vita, i costumi e lastoria di questo Continente, nel quale molte delle suenazioni stanno commemorando il bicentenario dellapropria indipendenza. È un momento storico nelquale ha continuato a splendere il nome di Cristo,arrivato qui per opera di insigni e generosi missionariche lo proclamarono con coraggio e con sapienza.Essi donarono tutto per Cristo, mostrando chel’uomo trova in Lui la propria consistenza e la forzanecessaria per vivere in pienezza ed edificare unasocietà degna dell’essere umano, come il suoCreatore l’ha voluto. L’ideale di non anteporre nullaal Signore e di far penetrare la Parola di Dio in tutti,servendosi delle caratteristiche proprie e dellemigliori tradizioni, continua ad essere un preziosoorientamento per i Pastori di oggi”.Benedetto XVI ha quindi richiamato, con puntuale eanalitica sequenza, le tante iniziative da sviluppare”nell’Anno della fede”, in termini di rinnovamento

ecclesiale, di attivitá pastorali, di opere di evangeliz-zazione, di vicinanza ai sacerdoti, di attenzione ailaici impegnati nella catechesi e negli ambiti sociali. Ed ecco la parte conclusiva dell’omelia: “Con questifervidi auspici, vi invito ad essere sentinelle cheproclamano giorno e notte la gloria di Dio, che è lavita dell’uomo. Siate dalla parte di coloro che sonoemarginati dalla violenza, dal potere o da unaricchezza che ignora coloro ai quali manca quasitutto. La Chiesa non può separare la lode a Dio dalservizio agli uomini. L’unico Dio Padre e Creatore èquello che ci ha costituiti fratelli: essere uomo èessere fratello e custode del prossimo. In questocammino, unita a tutta l’umanità, la Chiesa deverivivere ed attualizzare quello che è stato Gesù:il Buon Samaritano, che venendo da lontano si èinserito nella storia degli uomini, ci ha sollevati e siè prodigato per la nostra guarigione. Cari Fratellinell’Episcopato, la Chiesa in America Latina, chemolte volte si è unita a Gesù Cristo nella suapassione, deve continuare ad essere seme disperanza, che permetta a tutti di vedere come ifrutti della Risurrezione raggiungono ed arricchisconoqueste terre. Che la Madre di Dio, invocata con il titolo di MariaSantissima della Luce, dissipi le tenebre del nostromondo e illumini il nostro cammino, affinché possiamoconfermare nella fede il popolo latinoamericano nellesue fatiche e speranze, con fermezza, con coraggio econ fede ferma in Colui che tutto può e tutti ama finoall’estremo. Amen.”L’invito del Papa alla speranza non si é tuttaviafermato all’Episcopato di quella Regione, perchéincontrando i bambini nella piazza della Pace diGunajuato, cosí li salutava: “Sono felice di poterviincontrare e di vedere i vostri volti allegri cheriempiono questa bella piazza. Voi occupate un postomolto importante nel cuore del Papa. E in questomomento desidero che lo sappiano tutti i bambini delMessico, particolarmente quelli che sopportano ilpeso della sofferenza, l’abbandono, la violenza o lafame, che in questi mesi, a causa della siccità, si èfatta sentire fortemente in alcune regioni. Grazie perquesto incontro di fede, per la presenza festosa e lagioia, che avete espresso con i canti. Oggi siamopieni di giubilo, e questo è importante. Dio vuole chesiamo sempre felici. Egli ci conosce e ci ama. Selasciamo che l’amore di Cristo cambi il nostro cuore,allora noi potremo cambiare il mondo. Questo e’ ilsegreto della felicita’ autentica... Sono venutoperché sentiate il mio affetto. Ciascuno di voi è unregalo di Dio per il Messico e per il mondo. La vostrafamiglia, la Chiesa, la scuola e chi ha responsabilitànella società devono lavorare uniti perché voipossiate ricevere come eredità un mondo miglioresenza invidie ne’ divisioni... Voi, miei piccoli amici,non siete soli. Contate sull’aiuto di Cristo e della suaChiesa per condurre uno stile di vita cristiano.Partecipate alla Messa domenicale, alla catechesi, aqualche gruppo di apostolato, cercando luoghi dipreghiera, fraternità e carità.…Vi benedico di cuore e vi invito a portare l’affetto ela benedizione del Papa ai vostri genitori e fratelli,così come a tutti gli altri che vi sono cari. Che laVergine vi accompagni.”Cosa ci resta da commentare? Il nostro stupore nelvedere il Papa, grande teologo ma al tempo stessoumile pellegrino della caritá, che viene accolto dafolle immense, fa il giro col sombrero in testa e siintrattiene con centinaia di bambini festosi.

- 3 -

LA VERGOGNAÈ NATA INPARADISO

don Paolo Tammi

La vergogna è nata in Paradiso. Incredibile,ma vero. Dove tutto era di Dio e tuttoera dell’uomo. Con le dovute differenze, cimancherebbe! Dove tutto era comune, dove ilcomunismo, quello vero, se l’era inventatoDio prima che Marx e Engels riempissero lepagine di ideologia, ebbene proprio lì l’uomoe la donna hanno avvertito per la prima voltala vergogna. Dobbiamo dunque capire che èsuccesso. Si sono vergognati perché? E di checosa? Qualcuno pensa al costume adamitico– una bella fogliona di fico – che copriva levergognose nudità. Ecco la vergogna, sipensa. Manco per niente! Qualcuno pensaalla grande paura dell’imminente punizionedivina, che portava con sé la melma dellavergogna. Forse era così. La realtà è chel’uomo, il primo essere umano, si è vergognatodi se stesso. Di quanto era stato stupido.Aveva tutto e ha buttato tutto. Aveva potere,signoria, ricchezza, benessere, cibo e compa-gnia (quel gran bel tipo di Dio aveva capitoche non poteva stare solo e gli aveva costruitouna compagna). E cionondimeno perde tutto,per una sciocchezza. L’uomo si rovina quando comincia a dire: èmio! Comincia così già da bambino: mio,mamma! “Mio” significa non suo, non di altri.È l’affermazione più ovvia possibile ma anchela più egocentrica. E se esistono altri attornoa me, me ne accorgo in genere quando ne hobisogno, quando li uso, quando me ne soddi-sfo, in maniera anche molto lecita e sobria.Ma li “uso” per me. Gli altri sono miei, guai achi me li tocca! E quando non mi servono più,possono scomparire. Esisto io. Questo è più omeno ciò che ha fatto la persona umana inParadiso. Tutto a disposizione sua eppurequell’albero sembrava il più gradevole ditutti. Lo mangia e si accorge di essere nudo.Nudo di che? Nudo di Dio. Nudo dunque di sestesso. Il godimento aveva senso solo perchéera Dio la fonte di esso. Solo perché eragiusto e saggio godere insieme a Dio e,chissà poi, quanti altri sarebbero nati daquell’unione, che sarebbe cresciuta davanti aDio. Ma godere con un altro non si può,nemmeno con Dio. E l’uomo Lo perde.Comincia la vergogna. Dunque cosa è lavergogna secondo la Bibbia? È la lucidapercezione che tutto (o quasi) è crollato perun inesplicabile atto di appropriazione, diegoismo. È aver capito di avere sbagliatoopzione. Questa è la vergogna positiva. Cioèè quella che “sta” ancora davanti a Dio, che èancora visibile da Dio, offerta a Dio e chechiede con voce roca il perdono. Adamo e Evail perdono non l’hanno chiesto, anzi si sonoaccusati l’un l’altro. Non era ancora tempobiblico della richiesta di perdono. Ma inrealtà il Dio creatore li perdona. Tutti diconoche li punisce. Che sciocchezza! Li perdona,altro che! Li allontana da dove essi stessi sierano autoesclusi ma offre loro protezione.Dà loro per la prima volta il senso dellafatica, del lavoro, dello sforzo. Dà loroancora una terra. Non una giardino, ma unaterra da coltivare si. Non li distrugge, non liumilia nemmeno. Li perdona, in vista di quelperdono definitivo che avverrà attraversoGesù Cristo.Si vergognano gli uomini ancora? Si vergo-gnano quelli che hanno il senso del ridicolo.

Ma guarda un po’ dove mi sono andato ainfilare - dicono questi - per la mia sbadatag-gine, il mio orgoglio, la mia disobbedienza!Il mio tenere le orecchie tappate. Si vergo-gnano e chiedono scusa. Sono i figli e le figliedi Dio che hanno in sé non la perfezione, masicuramente la saggezza, quella minima chebasta a capire di avere sbagliato, a ritrattare,a ritornare sui propri passi. Il sacramentodella Confessione è stato istituito proprio perquesto. La sua icona evangelica più bella è ilpubblicano che entra al tempio. Fuori è unpersonaggio rispettato, temuto, forse ancheamato (da alcuni) e odiato (da molti altri).Però è uno che non ha bisogno di niente. Nonha risolto tuttavia il problema della felicità.Gli rimane ancora un po’ di lucida coscienzaper entrare dentro e dire: abbi pietà di me! Ecosì il Signore si inventa un sacramento, unsegno perenne ed efficace attraverso il qualel’uomo si può inginocchiare e dire: chiedoperdono! Quelli che dicono che fanno tutto dasoli non hanno capito un tubo. Perdonarsi dasoli – cioè compiere il male e poi autoassol-versi – è la sciocchezza colossale dell’uomomoderno. Dal suo ego viene il male, dal suoego si pretende venga anche la cancellazione del male. È davvero ridicolo!Vergognarsi fa bene. Quel che fa male èavere i sensi di colpa distruttivi, è dipendere.È lasciarsi tiranneggiare dai ricatti affettivi.Non lo è vergognarsi. Infatti c’è gente chenon si vergogna mai perché si è talmenteabituata al male e tiene il punto, convinta chesenza mai chiedere scusa si dia affermazionedi potenza e si appaia più rispettabili. Ilpoliziotto che ha sparato su Gabriele Sandri,nonostante una condanna passata in giudicatoper omicidio volontario, non ha mai fatto unatelefonata alla famiglia per chiedere scusa.Mai. Il diacono di Cagliari che ha diffamato ilsottoscritto – e al quale diverse ritrattazionierano state proposte con lo scopo di evitareun penoso processo - mai ha chiesto scusa.Vedremo nel futuro, se la condanna subita inprimo grado gli darà un sussulto di vergogna.Né mai hanno chiesto scusa quelli chel’hanno aiutato. Si vergognano questi? C’è dachiederselo seriamente. Chissà! La vera forza dell’uomo sta nell’umiltà. Solose si è davvero umili, si superano poi anche isensi di quell’inferiorità che può derivare daun’umiltà eccessiva e nevrotica. Il sensodella realtà purtroppo manca a molti. Equesto provoca tante infelicità.

ARRIVANO I NOSTRIAutorizzazione del Tribunale n°89

del 6 marzo 2008DIRETTORE RESPONSABILE

Giulia BondolfiTERZA PAGINA

don Paolo TammiDIRETTORE EDITORIALE

Marco Di Tillo

COLLABORATORI:Lùcia e Miriam Aiello, Bianca

Maria Alfieri, Renato Ammannati,Alessandra e Marco Angeli,

Paola Baroni, Giancarlo e FabrizioBianconi, Pier Luigi Blasi, Michele

Bovi, Leonardo Cancelli,Alessandra Chianese, MonicaChiantore, Cesare Catarinozzi,

Laura, Giuseppe Del Coiro,Gabriella Ambrosio De Luca,

Giorgio Lattanzio, Massimo Gatti,Paola Giorgetti, Pietro Gregori,

Giampiero Guadagni, Luigi Guidi,Lucio, Rosella e Silvia LauritaLongo, Lydia Longobardi, don

Nico Lugli, don Roberto Maccioni,Maria Pia Maglia, Luciano e LuigiMilani, Cristian Molella, AlfonsoMolinaro, Sandro Morici, AgneseOrtone, Alfredo Palieri, GregorioPaparatti, Camilla Paris, Maria

Rossi, Eugenia Rugolo,Alessandro e Maria Lucia

Saraceni, Elena Scurpa, AntonioStamegna, Francesco Tani,Stefano Valariano, Gabriele,Roberto e Valerio Vecchione,Celina e Giuseppe Zingale.

Numeri arretrati online suwww.sanpiodecimo.it

OFFERTEPer mantenere in vita ilnostro giornale lasciate

un’offerta libera in una bustanella nostra casella di postadella segreteria parrocchiale.

Chi vuole inviarearticoli, disegni,suggerimenti è

pregato di inviare mail:

[email protected]

(oppure lasciare una bustapresso la segreteria)

INSERZIONISTI

È richiesto un contributo di Euro30 per ogni numero,

da lasciare ad un nostro incaricato, oppure in una busta

in segreteria, nella cassettadella nostra posta, con unvostro biglietto da visita.

STAMPA TIPOGRAFIAMEDAGLIE D’ORO

SovranaViaggi

La tua agenzia!

- 4 -

“AFRICA EXPRESS”N O T I Z I E E C U R I O S I T à

D A L C O N T I N E N T E N E R O

a cura di Lucio Laurita Longo

BEN BELLà,IL LEONE D’ALGERIA

Lo scorso 11 aprile ad Algeri èmorto, all’età di 95 anni,Ahmed Ben Bellà.È stato il primo Presidentedella Repubblica Democratico-Popolare di Algeria. Questonome a molti giovani di oggidirà poco o niente ma per unaintera generazione, quelladegli odierni 50enni, rappresenta un mito, una veraicona assoluta della propria giovinezza, rievocandomolti ricordi, tutti cementati da un film cult: “LaBattaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo, girato nel1966, per celebrare la guerra di Algeria per l’indipen-denza del paese dalla dominazione della Francia, dicui era uno dei tanti “dipartimenti d’oltremare”.Il nome di Ben Bellà era, all’epoca, accomunato aquasi tutti i grandi personaggi rivoluzionari in auge inquel periodo, da Che Guevara a Fidel Castro, da Ho ChiMin a Mao Tse Tung, da Malcom X a M. Luther King maanche a miti pacifisti come Nelson Mandela o ilMahatma Ghandi. Ma chi era esattamente, e cosa harappresentato, Ben Bellà? Era nato il 25 dicembre 1916 in un piccolo villaggioal confine con il Marocco, Maghnia, da poverissimigenitori di origine marocchina entrati in Algeria comesemplici contadini. Il padre dopo alcuni anni riuscì amigliorare sensibilmente la propria posizione socialediventando commerciante e permettendo quindi, algiovane Ahmed di poter compiere anche gli studisuperiori.Subito dopo fece il servizio militare nell’esercitofrancese partecipando anche, nel 1944, alla battagliadi Monte Cassino. Tornò in patria alla fine della guerra e trovò, lui comemoltissimi altri soldati algerini arruolati nell’Arméede France, le proprie famiglie decimate dai massacridell’8 maggio 1945, conosciuti come i “fatti di Setif eKherrata”, in cui furono uccisi centinaia di migliaia dicivili che avevano osato protestare contro il governoper chiedere più diritti e più pane. Già da quell’anno i primi ribelli contro il regime cheallora governava la nazione, decisero di entrare inclandestinità fondando il Partito del Popolo Algerinoche cambiò nome più volte fino a diventare, nel 1949,il CRUA, Comitato Rivoluzionario per l’Unità el’Azione.Ben Bellà entrò in questo movimento nel 1949 madopo pochi mesi viene arrestato per le sue attività,considerate sovversive. Evase dal carcere nel 1952 fuggendo in Egitto percontinuare, da questo paese ed insieme ad altrilatitanti, la lotta per la libertà nel suo paese.Nel 1956 l’aereo sul quale volava insieme ad altrifuoriusciti per recarsi in Tunisia, con la complicità delpilota francese atterra in territorio algerino dove tuttivengono arrestati e trasferiti in carcere, prima inAlgeria poi in Francia. Lì egli rimane fino al 1962, anno in cui, finita laguerra di rivoluzione che ha sancito l’indipendenza

dell’Algeria, egli entra ad Algeri a capo dei combat-tenti per la liberazione ed appoggiato da parte delleforze armate regolari, capeggiate dal colonnelloBoumediène.Divenne prima vicepresidente poi presidente dellaRepubblica del nuovo stato e mai leader di questopaese fu più amato di lui.Per due anni Algeri e l’Algeria divennero la metaprediletta di tutti i giovani europei dell’epoca, inna-morati di questo paese e degli ideali, poi rivelatisiutopistici, che rappresentavano per loro.Il 19 giugno del 1965 il suo amico fidato Boumediènelo destituisce con un colpo di stato, incarcerandolonuovamente.Rimarrà in prigione per oltre 24 anni, subendo condi-zioni durissime, specialmente nei primi anni, finaliz-zate all’annientamento della sua personalità ed afarlo dimenticare da tutti.Le guardie carcerarie non potevano mai rivolgerglila parola e lui recitava il Corano, l’unico libro chepoteva tenere con sé, per poter sentire la sua voce.In pratica volevano costringerlo a suicidarsi cosa che,però, lui non fece mai.Solo nel 1980 egli, che era stato il primo Presidentedell’Algeria libera ed indipendente, venne graziato dalnuovo Presidente, il più pragmatico Chadli Benjedid,succeduto a Boumediène.Il vecchio leone d’Algeria, anche se ha solo 62 anni, èormai stremato da oltre 24 anni di carcere e decide di“auto esiliarsi” in Francia e Svizzera dove fonda ilMovimento per la Democrazia in Algeria che, però,non riuscirà mai ad avere un grosso peso politico. Nel 1990 decide di rientrare in patria cercando dirivitalizzare, con la sua carismatica presenza, ilproprio movimento, partecipando anche ad unatornata elettorale, senza, però, grande successo.Il popolo algerino, che tanto gli doveva per la suainfaticabile e dura lotta per la libertà e la democrazia,ormai non si ricordava quasi più di lui. Si ritira,quindi, dalla politica attiva per dedicarsi alle questioniinternazionali dell’area mediorientale, ed in particolarealla lotte per la liberazione della Palestina.Lo scorso 11 aprile è morto in solitudine, assistitosolo dalla figlia Mehdia da lui adottata insieme adun’altra bambina e ad un ragazzo tetraplegico. Unico riconoscimento ricevuto post-mortem è statoquello di essere sepolto nel cimitero monumentale diAlgeri, dove riposano tutti i personaggi che hannofatto grande l’Algeria.

Dr. Paolo GabrieliDottore Commercialista

Revisore dei conti

Viale Capitan Casella, 50Roma

Tel. 06.64671016 - Fax 06.56309567

e-mail: [email protected]

- 5 -

NON NOMINARE IL NOME DI DIO INVANO!

Alessandra Angeli

La mia casa affaccia su un parco: da quandoè stato attrezzato a verde pubblico, a parte ildegrado in cui viene mantenuto da chi didovere, ne subisce un altro. I giovani che la frequentato bestemmianocon molta facilità, come intercalare o durantefuriosi litigi. Lavorando spesso a casa, ogni tanto miarrivano queste staffilate: allora mi sentoavvampare, il calore mi sale dalle gote alleorecchie e ho un momento di gelo, rimangocome immobilizzata. Da una parte la vergogna dell’offesa recataal Signore; dall’altra la mia vergogna, dovutaal fatto di sapere di dover intervenire maavere timore. Allora, dopo una preghiera di riparazione,una volta sono uscita sul terrazzo e, gridandoper farmi sentire a sufficienza, ricordo diaver detto più o meno: “Non bestemmiate, non ce n’è bisogno; senon volete farlo per Lui, fatelo almeno pervoi...” Sarà stato l’esempio materno, perchémia madre è una che fa così, ma quella voltace l’ho fatta. Hanno smesso di litigare e se nesono andati a testa bassa, non mi hannonemmeno risposto. Spero in futuro di riuscire sempre a daretestimonianza, ad aiutare chi veramente“non sa quello che fa”, superando la vergo-gna, ma vergogna poi di che? La vera vergo-gna sta nel vedere la gioventù così abbrutita,senza rispetto nemmeno per il Creatore;forse nessuno gli ha mai parlato veramentebene di chi sia Gesù Cristo, della Madonna.Della lotta spirituale tra bene ed il male. Il degrado di parte della chiesa (altra vergo-gna), inaridisce e disperde le loro anime,squarcia loro il cuore; il marciume dei mass-media (altra vergogna), martellandoli senzatregua, li disorienta e li trascina via come ilpifferaio di Hamelin. E non sanno che ad ogni bestemmia ti siappiccica uno strano figuro che passandotiun braccio intorno alle spalle, ti porta versoil buio.Vergogna questo mondo occidentale, ammo-sciato dal benessere degli ultimi decenni, cheha tirato su dei giovani confusi e senzavalidi riferimenti. Che il Signore abbia mise-ricordia di loro, nati in tempi in cui la vita nonè mai stata così comoda, ma così difficile davivere.

SORRISIa cura di Gregorio Paparatti

Codice della strada: Non capisco cosa spinga imoscerini a prendere semprel'autostrada contromano.

Nomi fuorvianti:Perchè si chiama contagocce, se poi le gocce tele devi contare tu?

Dall'indovino:- Toc, Toc... - Chi è? –- Ah, cominciamo bene!

DIECI COSE CHE DIO TI CHIEDERà

Dio non ti chiederà che modello di auto usavi,ti chiederà a quanta gente hai dato un passaggioDio non ti chiederà i metri quadri della tua casa,

ti chiederà quanta gente hai ospitato.Dio non ti chiederà la marca dei vestiti nel tuo armadio,

ti chiederà quanta gente hai aiutato a vestirsi.Dio non ti chiederà quanto alto era il tuo stipendio,

ti chiederà se hai venduto la tua coscienza per ottenerlo.Dio non ti chiederà qual’era il tuo titolo di studio,

ti chiederà se hai fatto il tuo lavoro al megliodelle tue capacità.

Dio non ti chiederà quanti amici avevi,ti chiederà quanta gente ti considerava amico.

Dio non ti chiederà in che quartiere vivevi,ti chiederà come trattavi i tuoi vicini.

Dio non ti chiederà il colore della tua pelle,ti chiederà la purezza della tua anima.

Dio non ti chiederà perché hai tardato tantoa cercare la salvezza,

Dio ti porterà con amore alla Sua casa in Cieloe non alle porte dell’inferno.

Dio non ti chiederà a quante personehai mandato questo messaggio,

ti chiederà se ti sei vergognato di farlo.

Dio non accusa, ti chiede solo di predicare con l’esempio.

N.B. Trovata su Internet e inviataci da Alfredo Palieri

POWERPOINT s.a.s. Timbri - Targhe- IncisioniFotocopie B/N e ColoriPulsantiere CitofonicheStampa sublimazione

Via Duccio Galimberti 41-43 Romatel/fax 0639736980

[email protected]

- 6 -

MOMENTI DI VERGOGNA PER LE MIEAZIONI E PER QUELLE DELLA CHIESA

Luciano Milani

La Redazione della nostra rivista pare sia presa dalla vogliadi approfondire ed esplorare il mondo dei sentimenti. Il tema prescelto per l’ultimo numero infatti era sulsentimento dell’incontro: quel che un incontro può suscitarein noi o lasciare nella nostra memoria; la forza di un incon-tro, aspettato o inaspettato che sia; buono o cattivo. Pareinsomma che si voglia scandagliare l’uomo nel profondodella sua psiche. Anche il tema suggerito per il prossimonumero attiene ai sentimenti umani. La parola Vergogna deriva infatti dal latino Verecundia.Ricordo la forte invettiva di Cicerone nella Catilinaria,quando chiama Catilina Homo inverecundus: uomo che nonconosce vergogna. La vergogna infatti è un sentimento deldisonore che ci viene, o temiamo possa venirci, da nostreazioni o da fatti che comunque ci riguardano da vicino; cheinduce rammarico del male commesso o ritegno a commet-terlo. Io ho forte il ricordo di qualche azione che da piccolosuscitò in me un senso di vergogna di fronte ai miei genitorio ai miei maestri. Ricordo ancora con vivezza di particolarila grande vergogna provata per un piccolo furto commessoai danni di mia madre all’età di nove anni e subito scopertodai miei genitori. Ho ancora presente nella memoria lavergogna di fronte al maestro ed ai miei compagni peressere stato pubblicamente ripreso per un compito quasiinteramente copiato. Ma più di tutto ancora mi affiggequesto sentimento così negativo le molte volte che l’hoprovato di fronte al Signore, quando mi sono comportato inmodo sconveniente con Lui. Non sono poche le circostanze,nelle quali il mio atteggiamento non è stato del tutto confa-cente ai suoi precetti e dopo ho provato questo triste senti-mento. Ma di recente ho sperimentato la vergogna ancheper fatti che non riguardavano direttamente la mia persona,bensì gli organismi per così dire di appartenenza. Rileggendo la storia della Chiesa sono molti i fatti che in mehanno suscitato un senso vivissimo di vergogna. Ne menzio-nerò soltanto alcuni tra quelli più remoti. Ricordo appenaqualche figura di papi dissoluti. Per tutti il personaggio dipapa Borgia. La dissolutezza di questo papa spagnolo mi halasciato veramente un senso di vergogna disarmante. Soloil pensiero che in ultima analisi la barca della Chiesa èguidata da una mano superiore che imprime la manovra alnocchiero che materialmente la conduce, ha attenuato il mio

disagio ed il mio senso di vergogna di fronte a tanta disso-lutezza riscontrata in un Papa. La lotta condotta con tantoaccanimento da alcuni papi per affermare il potere incontra-stato della Chiesa nella società civile, in certi momenti, haprovocato in me oltre ad un senso di vergogna, anche uncerto disorientamento sull’intervento dello Spirito Santonella elezione del Vicario di Cristo in terra. Ma vergognahanno prodotto in me anche i gravi atteggiamenti della miaChiesa e dei suoi rappresentanti in tempi più recenti. Hovivissimo il senso di vergogna e quasi di smarrimento cheprodussero in me le forti parole del Card. Ratzinger, fattegridare nella Via Crucis del 2005 al Colosseo, sulla sporciziaannidata nella Chiesa. E chi di noi cattolici non prova atutt’oggi vergogna per i fatti gravissimi di pedofiliacommessi da sacerdoti e tollerati da qualche vescovo invarie parti del mondo? È verissimo che rapportati alla massaessi rappresentano una minoranza esigua, ma non ci vieneinsegnato fin dai banchi del Catechismo che la nostra Chiesaè santa e immacolata e come essa devono essere i suoipastori e rappresentanti? E che dire dell’atteggiamentotenuto dalla nostra Chiesa nei confronti dei nostri fratelliebrei. Viva è la vergogna che ha suscitato in me l’ostracismodella nostra Chiesa verso questi nostri fratelli. Un senso disollievo ha provocato in me il documento conciliare Nostraaetate, che finalmente dopo 19 secoli riesce a superarequesta cesura tra i nostri fratelli maggiori e la nostraChiesa. Certo, sono molti i fatti e i personaggi della miachiesa che provocano in me un senso di vergogna, mala somma algebrica che appena riesco a fare mi ripagaabbondantemente, considerando quanto più numerosi sonoi santi e i martiri che in ogni tempo la hanno popolata. Permia consolazione mi sfilano davanti gli innumerevolimissionari che hanno portato in tutto il mondo, oltre che laluce del Vangelo, anche la civiltà in generale.E ad attenuare ancor di più fino a farlo sparire definitiva-mente il sentimento della vergogna per gli uomini della miaChiesa è oggi la constatazione che i Papi degli ultimi duesecoli fino a quello sedente a tutt’oggi sulla sedia di Pietrosono tutti santi. Questa constatazione mi conferma laveridicità della mia fede, che tende ogni giorno a purificarsidalle scorie del mondo e a risplendere sempre più qualeunico faro di verità e di amore tra gli uomini. Abbiamo detto all’inizio che la vergogna è un sentimento.Ebbene, perché sia di utilità a chi lo prova, questo sentimentodeve essere seguito da un altro sentimento: quello delpentimento dell’azione compiuta od omessa, che ha datoluogo al primo. Solo allora la vergogna si arricchirà di fruttiper chi la prova.

QUANDO GIORGIOMANGANELLI

INTERVISTò DIO!Luigi Milani

È di nuovo disponibile,direttamente in formatoeBook (libro digitale),Intervista a Dio, untesto pressoché inedito,in quanto apparso disfuggita diversi anni fa,di Giorgio Manganelli,il grande narratore,critico, giornalista, sag-gista e traduttore scom-parso nel 1990. Sgombriamo subito il campo da pregiudizi otimori di sorta: l’opera del grande intellettuale milanese ècertamente singolare, e per certi versi provocatoria. Non acaso, fu l’unica, tra le sue celebri Interviste Impossibili, aincontrare difficoltà di pubblicazione, dipendenti peròsoprattutto dall’atteggiamento miope e poco coraggioso chea volte contraddistingue anche importanti editori, comequelli con i quali abitualmente pubblicava Manganelli. Manon è questa la sede per sterili polemiche dietrologiche.Quello che conta adesso è che questa Intervista non siacaduta nell’oblio, a dispetto della sua grande importanza sul

fronte letterario e contenutistico.Ma in sostanza di che si tratta, si staranno chiedendo gliamici lettori di Arrivano i Nostri?È presto detto: dopo aver intervistato nell’oltretombadodici celebri personaggi storici, Manganelli decise dicimentarsi nell’intervista forse più audace e suggestiva,quella a Dio appunto, utilizzando una forma e un approccioaltamente sperimentali, senza rinunciare dunque alle carat-teristiche innovative che segnano gran parte della sua pro-duzione. Da segnalare che l’opera ha conosciuto diversi adattamentiteatrali, anche in tempi recenti.L’opera si avvale inoltre della preziosa consulenza dellafiglia di Giorgio Manganelli, Lietta Manganelli, attentacustode della memoria e del vastissimo Corpus delle operepaterne; sua è anche anche la prefazione a questa nuovaedizione.Il libro digitale è in vendita al prezzo pressoché simbolico di1,99 € sul sito Kipple (www.kipple.it) e sui principali nego-zi digitali (Amazon, Simplicissimus, Bookrepublic, BOL,ecc.). Come accade per tutti gli ebook della casa editriceKipple, è rigorosamente privo dei “lucchetti digitali” DRM edè disponibile sia in formato ePub, che Mobi. In altre paroleè facilmente fruibile su qualunque lettore digitale, dagliereader specifici come il Kindle ai tablet come l’iPad, senzadimenticare gli ormai diffusissimi smartphone.

- 7 -

LA VERGOGNADI VIVERE SENZAVIRTù E SENZA

COSCIENZA

Roberto Vecchione

L’uomo che non ha virtùnon può essere buono ed èfondamentalmente unegotico. Tale condizionepuò essere evitata ove ci sicomporti secondo le virtù, con particolareriferimento a quelle cardinali ossia la temperanza,la fortezza, la prudenza e la giustizia. La prudenzainfatti aiuta la ragione ad operare un buon discer-nimento e ad individuare i mezzi opportuni perattuare il Bene. La giustizia ci spinge ad occuparcidei diritti degli altri per dare loro ciò che è dovuto.La fortezza poi ci è di supporto nelle difficoltà e ciaiuta a non abbandonare la strada del beneed infine la temperanza modera l’impeto dellepassioni e ci impedisce di usare male i Beni creatie messi a disposizione dell’uomo. San Tommaso sosteneva che l’uomo ha la capacitàdi riconoscere il Bene ed il Vero, il Male e il Falsoattraverso la coscienza, grazie alla quale, si distin-guono gli atti buoni da quelli cattivi.Sant’Agostino riteneva che la coscienza altronon fosse che la voce di Dio che parla al cuoredell’uomo. Il filosofo Josef Pieper (1904-1997)(nella foto, ndr.) nel suo saggio “La realtà e ilbene” sosteneva invece che l’uomo che vuolecompiere il bene, deve tenere conto oltre chedella coscienza anche della realtà e del propriointelletto e deve porre particolare attenzione alsentimento anche se spesso non è affidabile.Personalmente ritengo che colui che minimizza lacattiveria commessa, ne attribuisce la responsabi-lità alle circostanze ed è eccessivamente indulgentecon se stesso, distrugge la propria coscienza edunque “mette a tacere Dio” e di ciò dovrebbeavere vergogna.L’uomo virtuoso dunque sa usare bene la ragione,ha fede in Dio, sa amare ed è amato e sa distin-guere il bene dal male.

LA PORTA VERDEGianpiero Guadagni

Voci, musiche, musiche di voci. Sapeva di amicizia, una caldaamicizia complice e confidenziale, la vita che arrivava da quelposto: un giardino chissà, o forse una strada nascosta che luinon conosceva. Un posto che gli sarebbe davvero piaciuto fre-quentare, e che era lì, a due passi, dietro una porta verde,misteriosa e bellissima. Aveva 13 anni, la prima volta che la vide: era il giorno dell’ora-le degli esami di terza media, andava di fretta e pensò: laprossima volta mi fermo e busso. In realtà per un bel pezzo non gli capitò più di passare daquelle parti. E neppure di pensarci, a quella porta verde. Se la ritrovò di fronte qualche anno dopo, ebbe un tuffo alcuore, ma stava andando a scuola a vedere il voto dellaMaturità e pensò: ora proprio non posso, busserò la prossimavolta. Trascorse tempo.Iniziò l’Università: tanto studio impegnativo ma anche unsenso forte di libertà. Forte e spesso rumorosa, tanto rumorosache più volte lui passò di fretta davanti alla porta verde senzamai sentire né voci, né musiche, né musiche di voci. Il giorno della laurea, il solito passo svelto e questa voltaanche orgoglioso, neppure fece caso alla strada che percorreva. Trascorse altro tempo. Il primo giorno di lavoro: orgogliosoanche stavolta e impaziente di raccontare la sera quell’espe-rienza alla sua ragazza. Orgoglio e impazienza erano peròaccompagnate da una strana inquietudine affascinante.Quando passò davanti alla porta verde provò un sussultoantico e nuovo, percepito con altri sensi oltre l’udito. Ma nonpoteva fare tardi proprio quel giorno e pensò: la prossima voltami fermo e busso.Ricapitò lì un giorno di settembre luminoso, come la donna chestava per partire da casa sua e fermarsi, in un’altra, con lui.E quel giorno le voci, le musiche, le musiche di voci non lesentiva altrove ma dentro il suo cuore. Trascorse ancora molto altro tempo.Ebbe un nuovo, migliore incarico di lavoro: il giorno dell’inse-diamento preparò vestito e discorso e salì fiero in auto. Ma inun momento preciso e con forza crescente si impadronì di luila nostalgia della porta verde, fece marcia indietro ma perandare avanti, la cercò con ostinazione, finalmente la trovò,frenò bruscamente e dolcemente frenò anche il respiro.Abbassò infine il finestrino per mettersi in ascolto con ildesiderio incalzante di scendere e bussare ed entrare. Si sentìin quel momento davvero arrivato. Ma un sms al cellulare: “Faipresto, ti aspettano”, gli fece di nuovo alzare il finestrino,riprendere respiro, fare marcia indietro ma stavolta proprioper tornare indietro. Come un rapito dopo il pagamento delriscatto, fu riconsegnato scosso alla realtà. Almeno quella chedi solito noi definiamo realtà. Da quella volta si inventò ogni occasione per passare davantialla porta verde e ascoltare anche solo per qualche secondoquelle voci, quelle musiche, quelle musiche di voci. Un mondodel quale per tanti anni, in qualche modo, si era sentito parte;e del quale ora, all’improvviso, non si sentiva più degno.Troppe volte quella promessa a se stesso: la prossima volta mifermo e busso…Sarà mai entrato, alla fine? Avrà avuto proprio quel senso diindegnità il potere di farlo andare oltre? Me lo chiedo da anni.Da quando, giovane catechista, raccontai con altri termini piùo meno questa stessa storia (perché di storia si tratta, non difavola) per fare incuriosire e innamorare dell’Oltre queipiccoli, capienti cuori che stavano andando ad incontrare Gesùper la prima volta.Non so se qualcuno di loro si è mai ricordato della porta verde. So che io, dopo, ci sono passato davanti tantissime volte: levoci, le musiche, le musiche di voci sono la gioia di un Oltre chesento di dover condividere con chi fatica a sperarci. E per ognivolta che io non ho bussato è come se non l’avessi fatto mai. È questo il mio senso di vergogna, che oggi mi fa passare atesta bassa davanti a quel giovane catechista, alla sua gioiaper l’Oltre; a ruoli invertiti, ora è quella porta verde che bussaogni giorno alla mia vita.

CORSO PERSONALIZZATODI INFORMATICA A

DOMICILIO

sig. ENZO DALLA CHIESA

cell. 3483344983

[email protected]

- 8 -

SIAMO ALLE SOLITE,SANDRUCCIO!

Sandro Morici

Se “Telefono Azzurro”fosse stato istituito allafine degli anni ’40 delsecolo scorso, il bambinoSandruccio (cioe’ lo scrivente) ne avrebbe usufruito,presumibilmente a suo vantaggio. È vero, era unragazzino vivace, biricchino e amante della burla,ma, al tempo stesso, era piuttosto timido e, serimproverato o colto in flagrante, il suo viso sicolorava di rosso vermiglio.Come tanti bambini di quell’età era preso dallatentazione della trasgressione (infantile, beninteso)ma poi era colto dai sensi di colpa e, a modo suo econ un pizzico di orgoglio, si poneva una domandatroppo grande per lui: “Quanto e’ equa la giustiziaumana?”, alias “summum ius summa iniuria”(Cicerone, De officiis).Con queste premesse tentiamo allora di raccontarequalche marachella del nostro marmocchio e comelui l’abbia vissuta. A voi scoprire quale sia stato il suovero grado di vergogna...Siamo in paese e a quei tempi si giocava per strada:pochi pericoli e, in compenso, tanti ciotoli sparsi quae là. Verso l’imbrunire tra alcuni ragazzini si scatenauna accesa battaglia con l’uso delle fionde per isoliti motivi spontaneamente banali. Sandruccio èimpegnato in prima linea: scansa una pietra e nerilancia un’altra. Sbaglia la mira e colpisce in pieno lavetrina della farmacia posta all’angolo. Un fragoreenorme e, mentre i ragazzini si dileguano comesaette, mezzo paese accorre incuriosito. Il vecchio farmacista è inferocito e si preoccupa pocodelle cause e delle contingenze. Lui chiede subitonotizie dell’autore del misfatto perché, essendomolto tirchio, vuole sapere a chi deve rivolgersi peril risarcimento dei danni. Viene ben presto rassicuratoche la famiglia ”dell’irresponsabile” è solvibile. Il problema quindi si trasferisce in famiglia e quicomincia il processo a Sandruccio: “Com’è acca-duto?, perché non eri rientrato prima?, le sassaiolenon sono degne di ragazzi educati come dovrestiessere tu, dovrai consegnarci il tuo salvadanaio,pensa alla reputazione della famiglia, ecc.”. La “pecora nera” era cascata vittima del semprevigile e irremissibile “occhio della gente”: quest’ultimoera infatti uno dei tanti tabù della società rurale diquei tempi. Solo mio nonno, quando la sfuriata fuplacata, mi prese per mano e mi sussurrò: “Occorreredimersi. Domani mattina ce ne andiamo incampagna e tiriamo un pò con la fionda: vedrai, ètutta questione di esercizio”.Non passò molto tempo e Sandruccio ne combinòun’altra delle sue. Eravamo in casa dei nonni e si gio-cava a nascondino. A un certo momento con miocugino vediamo entrare in bagno la zia Lucilla.Sandruccio propone di interrompere il gioco prece-dente e di farne uno nuovo: accostare l’occhio sulbuco della serratura della porta del bagno per vede-re come erano fatti i mutandoni della vecchia zia. E così, un pò a vicenda e in atteggiamento spionistico,cominciamo a fare i “guardoni” scambiandocicommenti sarcastici e risolini maliziosi.

Non ci accorgiamo pero’ che dal fondo del corridoio,con le sue ciabatte di feltro, arrivava in silenzio lasorella della zia Lucilla, anch’essa anziana e per dipiù zitella, con l’aggravante dell’innata insofferenzanei riguardi dei bambini. Questa lancia un grido straziante, così forte cheanche il cane e il gatto di casa fanno un gran zompodalle rispettive cuccie. E lì, presi i due ragazzini perle orecchie e trascinati al cospetto dei nonni ècominciato il processo (beninteso, con diversi pub-blici ministeri e senza l’ombra di un avvocatodifensore, seppure d’ufficio). Ma ancora una volta il nonno, nella veste di giudicesupremo, dava prova di saggezza: condannandoaspramente il grave fatto, di cui bisognava vergo-gnarsi profondamente, tuttavia andava evidenziatal’attitudine degli imputati ad una voglia di conoscereil mondo e le sue creature. E aveva previsto bene,perché mio cugino nella vita ha esercitato la profes-sione di medico specialista mentre io ho fatto ilricercatore in un ente tecnico-scientifico.Tornando ora ai ricordi di quell’età gioiosa, mi vieneancora in mente il progetto architettato con un miocompagnetto di scuola, nipote di un sacerdote, cheaveva in custodia una chiesa del paese. Si trattava di approfittare della momentanea assenzadel prete per impadronirsi della chiave della torrecampanaria, entrare dentro e cominciare a tirare lecorde delle campane, in modo scomposto, così chesuonassero un pò “a morto” e un pò “a festa”. Con quel sistema avremmo fatto accorrere in chiesaun sacco di gente, sicuramente incuriosita o addirit-tura preoccupata per qualche evento imprevistoaccaduto in paese. In effetti il progetto della bravata non fu mai realiz-zato ma io, che avevo studiato tutti i particolari,sognavo spesso tutto il susseguirsi dell’operazionefino alle estreme conseguenze: mi svegliavo di nottee dal mio sogno vedevo ancora gli occhi puntaticontro di me di tutta quella gente arrivata di corsa inchiesa, che, con gesti minacciosi, condannava laburla e chiedeva pubblica ammenda. Ed io, nel dormiveglia, mi vedevo tutto rosso in visomentre il prete benevolo cercava di placare gli animicosi’: “Si’, hanno sbagliato e si devono vergognarechiedendo scusa, però dobbiamo riflettere. Ormai che siamo tutti qui, riuniti in chiesa, perchénon cogliamo l’occasione per pregare insieme? In fondo c’é stato uno scampato pericolo!”Con quel cenno diperdono il mio sonnoriprendeva tranquillo,ma al mattino dopo...la fantasia era dinuovo al lavoro... Poi il tempo e’ passa-to e passo passo l’exbambino Sandruccioveniva a conoscenzadi ben piu’ gravi ver-gogne del mondo,come le ingiustiziesociali e le violenzeinflitte a popolazioniintere.Ma questa è un’altrastoria, una storia dagrandi, che riguardatutti noi.

- 9 -

UN NEMICODI NOME

VERGOGNA

Marco Di Tillo

Q u a l c h egiorno fa unamico mi hadetto che, daquando inChiesa sonostate tolte legrate dai confessionali, si vergo-gna un po’ ad andare a confessarsi.Dice che preferiva il vecchio modocon l’inginocchiatoio esterno e,appunto, la grata divisoria, quandole labbra del confessore si intra-vedevano appena, senza distin-guersi troppo. Era una divisionesimbolica, in effetti, ma significativae più “soft” rispetto all’attualedritto per dritto, occhi negli occhi. È vero, direte voi, quando si èdavvero pronti a rendere testimo-nianza a Dio delle proprie azioni,questi dovrebbero essere problemigià superati. Ma non è così perché, ricordiamoci,sempre piccoli e deboli esseriumani restiamo, impregnati dellenostre angosce, delle nostre ansiee, infine, delle nostre vergogne.Appunto, la vergogna, il tema diquesto mese del nostro giornalino.Brutta bestia la vergogna. Inmolte parrocchie, ad esempio, cisono dei centri d’ascolto familiari,a disposizione di tutti. Potrebbeandarci chiunque a parlare deipropri problemi che, si sa, possonoessere davvero un elenco infinito:la tossicodipendenza del figlio, laperdita del lavoro del marito, lostadio di malattia terminale di unparente, l’alcoolismo, la solitudi-ne e chi più ne ha più nemetta.Una persona specializzata èlì a disposizione, in alcuni giornidella settimana, ad orari fissi.Eppure spesso sono troppo pochele persone che approfittano di taleservizio. Perché? Risposta facile:per la vergogna. La vergogna difarsi vedere da qualcuno che ticonosce, la vergogna di farpresente che nella propria fami-glia le cose non vanno così benecome sembra, la vergogna dispiattellare ad un estraneo unaverità a volte terribile, che è piùfacile lasciare dentro che tirarefuori. Così, a causa della vergo-gna, non ci si apre con qualcunoche invece potrebbe aiutaremoltissimo, potrebbe contribuiread un miglioramento personale esi preferisce mantenere le tristirealtà all’interno della propriatesta, del proprio cuore, con ilrisultato di vedere aumentarel’angoscia, giorno dopo giorno. Brutta bestia la vergogna...

MI VERGOGNO DI…Maria Rossi

Mi vergogno di non saper leggere uno spartitomusicale. Vero. A casa di papà una zia eradiplomata in pianoforte a Santa Cecilia, unasuonava bene il violino, la terza il violoncelloma siccome papà (il piccolo di casa) ricordavacome un incubo le lezioni di pianoforte cheun’amica di famiglia, maestra di pianoforte,veniva a dargli e ci raccontava del suo scappa-re a nascondersi, non volle che noi imparassi-mo. E mamma era d’accordo. Eppure il melo-mane di casa era lui. Da lui abbiamo imparatoa conoscere Beethoven e Bach, Mozart e Vivaldi, Smetana e Czaikowski.Lui aveva un orecchio eccezionale, lui fischiettava e canticchiava, luicomprava i dischi, e lui e mamma ebbero l’abbonamento a Santa Ceciliafinché poterono andare… Eppure noi, tutte intonate, chi più chi meno,non sappiamo leggere le note di uno spartito. Amare la musica non è que-sto. È vero. E quando da Fazio a Che tempo che fa ho sentito il giovanedirettore d’orchestra Andrea Battistoni affermare senza esitazioni chestudiare il flauto alle Medie fa odiare la musica, mentre sarebbe millevolte meglio far conoscere le biografie dei musicisti e far “ascoltare” laloro musica, ho pensato che avesse ragione, che anche papà avesseragione. È meglio amare la Patetica, sognare con la Pastorale, viaggiarecon la Moldava e ballare con il Bolero… anche se non si conosconole note!

Mi vergogno di quando ascoltai con gusto una compagna parlar maledella madre di un’altra. Vero anche questo. Andavo ancora a scuola dallesuore (la vecchia “S. Maria degli Angeli”), non ricordo se ero in Quintaelementare o in Prima media. Due compagne, amiche per la pelle (comesi diceva allora), litigarono e una delle due mi venne a raccontare coseorribili sulla madre dell’altra (orribili e grottesche, anche perché - poi loseppi – non vere). Ascoltai. Mi sembrava qualcosa di assurdo e il fattoche lo ricordi dopo quasi 50 anni è significativo! Le due fecero pace, fuimessa in mezzo. Ma non fu tanto questo a farmi vergognare, quantol’aver prestato ascolto… Da allora – grazie a Dio – rifuggo da chiacchiere e pettegolezzi. Sorrido,sdrammatizzo e svicolo. Mi brucia ancora quel ricordo.

Mi vergogno di quanto ero paurosa da bambina. Ragni, scarafaggi,scorpioni in campagna erano il mio incubo. Tra le risate di mia sorella chesul comò nella camera, che condividevamo, teneva sotto formalina unaserpe, per fortuna, morta… Lei si laureò in Scienze biologiche (ovvio!); iomi vergogno ancora un po’ delle mie paure di allora e dei pianti quandovolavo giù dalla bicicletta e avevo le ginocchia piene di graffi e buchi.Lei… rideva se si faceva male; ma era meno imbranata di me e cadevamolto meno. Però, alla fine, ho imparato ad andare molto bene in bici.E con il tempo, vergognandomi di…, imparai un minimo a nuotare, unminimo a reggermi sugli sci, un minimo a… fare altre cose.

Poi, finalmente, è arrivata l’età in cuinon ci si vergogna più. In cui ci si accetta con i propri pregie le proprie debolezze, in cui sisopportano i propri difetti e non si hapaura di dire quello che si pensa.Evviva!È l’età della maturità. Dovrebbe esse-re l’età della serenità.Oggi mi auguro di non vergognarmimai delle mie idee di Fede, di moralee di politica. Vorrei avere - oggi e nelfuturo - la capacità, senza arroganzané presunzione, ma con chiarezzae fermezza, di difendere sempre ivalori in cui credo le persone cheamo, anche se venissero attaccate ecriticate.Oggi mi vergognerei soltanto di nonavere il coraggio e la forza di affer-mare quello che penso; di non difen-dere quelli che ritengo vittime diingiustizia. Di qualunque ingiustiziasi tratti.

HOTEL MODIGLIANI

LA TUA CASA AL CENTRO DI ROMA!

Via della Purificazione 42(piazza Barberini)

tel.0642815226 - fax 0642814791

[email protected]

- 10 -

DAL DIARIO DI UNA VOLONTARIAElena Scurpa

Nella mia trentennale esperienza di volontariato nelPoliclinico Gemelli di Roma, riaffiorano nella miamente figure, situazioni, stati d’animo di tantipazienti che hanno colpito la mia sensibilità e chedifficilmente dimenticherò. Bastiano, un contadinociociaro, precisamente di un paesino vicino a Cassino,è un paziente umile che suscita particolare tenerezza.L’aspetto fisico denota una dura vita di stenti permigliorare una condizione di miseria. È piuttostorestio a parlare per eccesso di timidezza e perché siesprime solo in dialetto a volte poco comprensibile,anche per difficoltà di parola che gli procura unafastidiosa protuberanza alla gola. Ricoverato persospetto tumore alla tiroide, è docile nel letto e cercadi capire, dall’espressione di chi lo circonda, la naturadel suo male. La sua meraviglia è grande quando perincoraggiarlo a parlare, gli dico che sono ciociaraanch’io. Il suo viso si illumina e da quel momentodivento la sua protettrice e confidente. Mi raccontacon nostalgia della sua casetta in campagna, dell’om-bra di una quercia secolare, al cui tronco era solitolegare due pecore, che per lui rappresentano uncapitale accumulato con grandi sacrifici. Si rammaricache anche la moglie non può più accudire allefaccende domestiche sistematicamente, perché sireca spesso a trovarlo. Quanta pietà desta questasituazione! Anche la moglie è una donnetta semplice,spaurita, che sosta per molte ore nel salottino dellacorsia, in attesa che i medici terminino le visite, perparlare con il marito e ripartire in serata per il paese,non avendo possibilità di pernottare a Roma. Anchelei mi dimostra tanta simpatia, incoraggiata dalla miadisponibilità, si raccomanda di seguire e confortare ilmarito. Bastiano si sente ormai protetto e aspetta conansia la mia visita. È diventato più spigliato, piùsocievole ed ai compagni di corsia chiede spesso se èvenuta la sua compaesana. Quanta gioia prova unamattina quando, dovendo sottoporsi ad un’analisipiuttosto dolorosa, mi offro di accompagnarlo;attraversando le corsie, sostenuto dal mio braccio,gioisce dell’attenzione che gli è rivolta. PoveroBastiano! La sua umile condizione di contadino, forseancora condizionato da residua mentalità medievale,non gli aveva mai consentito di essere trattato confraterna sollecitudine. Un altro giorno lo trovo moltopreoccupato, quasi piangente. Gli chiedo il motivoe mi risponde in dialetto ciociaro “chisti me vonnoaccide” indicando il personale dell’ospedale. È vera-mente spaventato perché, a causa di una analisi piùapprofondita, ha provato la sensazione di soffocarsi.La caposala mi spiega che, nonostante i ripetuti ten-tativi, non sono riusciti a completare la terapia e per-tanto, essendo per il momento migliorata la difficoltàrespiratoria, può tornarsene a casa, come è suogrande desiderio, in attesa di un successivo controllo.Bastiano mi dà questa notizia con immensa euforia enel salutarmi si fa promettere che, se durante l’estatefossi tornata al mio paese, sarei andata a trovarlo; gliavrei portato tanta gioia.

L e N. de Liguori s.r. l .Agenzia GeneraleHDI

Assicurazioni00195 Roma- Via Timavo, 3

Tel. 063759141 (r.a.) - Fax [email protected]

welldi Nicoletta Palmieri

CENTRO ESTETICA & BENESSEREVia Lattanzio 1/a - 00136- Romatel. 06 39751438 - Cell. 3384724534

[email protected]

GUARDA, SOLO LA VERGOGNA !Giancarlo Bianconi

«Guarda! solo la vergogna di...». Quando ero piccolo questa era larituale formula con cui i miei genitori erano soliti dare avvio alcommento di un qualsiasi evento men che limpido o, tanto più,disonesto e immorale di cui si veniva a conoscenza dai notiziari diffusidai mezzi d’informazione di allora: stampa quotidiana e radio. «Maadesso con che occhi potrà continuare a guardare i propri figli?- proseguivano. Con quale coscienza, mi domando io? E i figli? I figli,come pensi tu che potranno guardare il proprio genitore sorpreso acompiere o comunque resosi colpevole di un’azione indegna?». Eccoli ivocaboli nodali del “bel tempo andato”: “vergogna” e “coscienza”.

Oggi, mi domando io, questi due termini hanno ancora un significato,un senso, meglio: hanno ancora una propria concreta effettivitànell’odierna vita sociale? Esiste veramente qualcuno che provi ancora ildisagioso sentimento della vergogna o crisi seria di coscienza? Ho piùdi qualche dubbio in proposito. Mi verrebbe perciò spontaneo - dico laverità - rispondermi di “no”. Tali e tanti sono gli scandali di ognigenere compiuti da soggetti di ogni ceto, ordine e grado che, giornodopo giorno, vengono alla luce in ogni settore della vita sociale, daquello della politica a quello della finanza, da quello della sanità aquello dell’amministrazione pubblica e privata, da quello artistico aquello sessuale a quello sportivo e persino a quello religioso, che,francamente, mi riesce alquanto difficile immaginare che questi sipossa ancora provare tal genere di sentimenti. E a questo proposito miviene in mente un simpatico episodio (che, poi tanto simpatico in fondoin fondo non è, come si vedrà alla fine) avvenuto un giorno mentre eroin fila a mensa. Ad un certo punto un nostro spiritoso collega (questosì, veramente spiritoso) uscito dalla fila con un sorrisetto sulle labbrasi era messo a contare ciascuno di noi. Chiaramente, tutti lo stavamoosservando incuriositi, e anche un po’ divertiti conoscendo il soggetto.Mi parve naturale a quel punto domandargli cosa stesse facendo. E lui:“sto contando quanti ladri, stupratori, falsari, truffatori... quanti mal-fattori, insomma, ci stanno adesso qui fra di noi in attesa di sedersi atavola. Ho letto sul giornale, infatti, che da una indagine compiuta dauno dei tanti istituti di ricerca che adesso vanno così di moda, risultache in Italia esiste un ladro ogni sette cittadini, uno stupratore ognicinque, un omicida ogni venti, e così via; per cui vedi, lui (indicando unaltro collega) è un ladro, lei è una stu... no, lei no, lei non può esserema lui sì (indicando il collega che le stava accanto), lui sì che è unostupratore...”.

L’episodio, come è ovvio, si concluse con una risata generale.Benché veramente spiritoso il modo con cui era stato condotto, l’episo-dio in sé stesso tuttavia rivelava in fondo in fondo una verità tutt’altroche simpatica, anzi alquanto sconcertante e, soprattutto, preoccupan-te. Ed è questa la ragione di tanti miei dubbi nel dare una rispostaaffermativa al dubbio rappresentato poc’anzi. Un tempo si provava ver-gogna pure per il solo fatto di aver potuto “anche solo concepire” l’ideadi compiere un’azione appena-appena biasimevole. E ci si andava dicorsa a confessare: “padre, ho fatto un brutto pensiero, ho ...”. Maoggi? Oggi direi che la vergogna o la coscienza la si prova e la si sentesolo quando il vantaggio ricavato dal compimento di un’azione riprove-vole è decisamente inferiore, o addirittura nullo, rispetto a quello spe-rato.

“Vergogna”, in particolare, è un’espressione che di tanto in tanto micapita di udire solo da qualche mamma che l’impiega per rimpro-verare il proprio figlioletto macchiatosi di qualche piccolo capriccio, oper qualche disobbedienza o per qualche altro banale fatterello tipicodella tenera età. E tutto ciò ha un comune denominatore?Personalmente ritengo di sì: l’avidità. L’avidità di denaro in particolare,a mio parere, generata dall’infinito egoismo di ciascun individuo. Seinfatti ci si interessasse meno di sé stessi e un po’ più del prossimo,delle sue tribolazioni e dei suoi bisogni e se ci si attivasse seriamentee fattivamente per alleviare situazioni di disagio di ogni genere, se sifosse meno egoisti in altri termini, gli scandali di cui ci giungononotizie tutti i santi giorni farebbero registrare una più che decisivaflessione. È un’utopia questa mia? Chissà!

- 11 -

NONVERGOGNAMOCI

DELLANOSTRA FEDE

CesareCatarinozzi

La vergogna emergenei nostri momentidi maggiore vulnera-bilità. Più mi aproall’altro e più ho lapossibilità di esserecompreso, ma anchedi essere ferito. Lesituazioni di vergogna comportano sempre l’espo-sizione allo sguardo altrui. Uno dei sogni tipicilegati alla vergogna è l’imbarazzo per la proprianudità. In questo tipo di sogno non sono gli altri afarci notare la nostra nudità, sembrano invece nonaccorgersene. Quasi sempre le persone davantialle quali ci si vergogna sono persone estranee.Secondo Freud i sogni di nudità sono sogni diesibizione, mentre per Fromm il corpo nudorappresenta il nostro vero Io e gli abiti il nostro Iosociale. Il desiderio che si nasconde dietro questosogno è quello di essere veramente se stessi,mentre l’imbarazzo provato potrebbe riflettere iltimore di essere disapprovati dagli altri, se si vuoleessere apertamente se stessi. Sognare di esserenudi in pubblico, tra l’indifferenza della gente, puòindicare la necessità di abbandonare le nostrepaure di essere rifiutati. Viviamo in una societàlaicista e ampiamente secolarizzata: gli abiti socialisono il conformismo, l’agnosticismo, il disinteresseper il senso della vita. Ma se il nostro vero Iosi pone le domande: “Chi siamo?” – “Da doveveniamo?” – “Dove andiamo?”, si interroga sulmistero della vita e della morte, allora la vergognanon può più essere un alibi, dobbiamo testimoniarecon forza il nostro modo di essere. Può veramenteessere nato tutto dal caso? Penso che anche l’ateopiù impenitente tremi difronte a questa domanda.Spetta a noi testimoniare con forza e senzavergogna alcuna il nostro punto di vista. In veritàanche all’occhio più miope appare difficile negarequella che Tiziano Terzani chiama “una mentepensante”. Ma Terzani, rivolgendosi al figlio,sostiene che a questa mente pensante chi vuolepuò mettere la barba e chiamarla Dio. Un concettomolto astratto. Come non credere piuttosto in unDio – Persona, si chiami Allah, Zoroastro… Maquale Dio è più persona di quello cristiano, fattosiuomo per la nostra redenzione, nato nel grembo diuna donna? Se crediamo questo, dobbiamotestimoniarlo senza vergogna alcuna. “Chi sivergognerà di me – dice Gesù – il Padre mio sivergognerà di lui”. Occorre svestirsi di quelli cheFromm chiama gli abiti sociali e mettere alloscoperto il nostro vero Io. L’esempio più bello civiene forse da S. Francesco. Il poverello d’Assisimai si vergognò di essere considerato un pazzo oalmeno uno stolto, ma andò avanti fino in fondoper la sua strada, affrontando le umiliazioni conserena letizia. Per questo fu chiamato “alterCristus”. Quando S. Paolo parlò all’Areopago diAtene non si vergognò di proclamare laResurrezione, nonostante i presenti gli ridesseroin faccia.

CANZONE PER ALìItalo Spada

Non aver visto in quelle rughe le fauci dell’onda

che ha ingoiato i tuoi sogni

non aver capito che la tua manoera àncora di zatterain cerca di salvezza

non aver sentito nella tua voce la malinconia del griot

che narrava antiche leggende

non aver dipinto sulla tua pelle d’ebano lucente

i mille colori dell’arcobaleno

non aver diviso con te all’ombra d’una palma

il pane della mia bisaccia

non aver tolto la sabbiache il ghibli del deserto

ammassa sul tuo cuore berbero

non aver pensato al tuo e mio fratello

che sconfinò in Egittoduemila anni or sono

è questa, Alìla pioggia di piccoli sassi

che s’è fatta macignoe impasta la mia Vergogna!

LA VERGOGNA È UNMURO DIETRO AL

QUALE NASCONDIAMONOI STESSI

Monica Chiantore

Partiamo da questo presup-posto: l’essere umano ha laragione, strumento conosciti-vo che lo differenzia daglialtri animali del mondo in cuivive. La vergogna è un senti-mento che nasce dal cuore,si, ma che proviene anche dalnostro cervello. É l’avverti-mento di qualcosa che ci stascomodo, entro il quale cisentiamo a disagio. É un muro che alziamo edietro al quale nascondiamonoi stessi. Pensiamoci: uncane non si vergogna, nonprova pudore a fare i suoibisogni per strada, a “pro-varci”, se è ammesso usaretale verbo per un animale,con qualche cagnolina con laquale ha avuto un colpo difulmine. Noi genere umano siamomolto complicati. Tendiamoun po’ a perdere quella natu-ralità dei nostri sentimenti,delle nostre emozioni e dellenostre necessità. Superare la vergogna di ungesto, di una situazione, diuna qualsivoglia cosa, vuoldire iniziare a fare le cose inmaniera più spontanea. Vuoldire essere più noi stessi.Attenzione però, bisognatener conto che tra vergognae pudore vi è una lineaabbastanza spessa che dividedue modi di essere moltodiversi tra loro. Essere vergo-gnosi non vuol dire non esserespudorati! Una buone dosedi pudore è sempre buonomantenerla e conservarla.

Ma la vergogna è bene iniziaread affrontarla, a guardarla infaccia e con un bel sorrisoconvincerla a farsi da parte.Prendiamo per esempio chi sivergogna di credere. Chi tiene in un cassetto delproprio cuore i pensieri e leproprie profonde convinzioni,la propria fede i propri talenti.E non li tira fuori per ché sivergogna e ha paura. Se dauna parte abbiamo una dosedi pudore, forza e coraggiocon una dose di sana e giusta“sfacciataggine”! In senso buono, ovviamente.Parlo di un bicchiere pieno dienergia e forza d’animo, perfar sentire la voce dei propripensieri, del proprio cuore. É giusto che ognuno di noiliberi in un volo alto e leggerole proprie idee. Le idee non hanno gambe,hanno ali, altrimenti nonriuscirebbero mai a scavalcarequel muro che ogni tanto ciblocca, che a volte ci impedi-sce di mostrare ciò che inostri occhi nascondono,che spesso ci fa arrossire.Quel muro appunto chiamatovergogna.

- 12 -

RENÉ GIRARD: MIMETISMO E

VERGOGNARenato Ammannati

René Girard è oggi uno dei piùcelebrati pensatori cristiani. Nato ad Avignone il giorno diNatale del 1923, si trasferisce dopola guerra negli Stati Uniti e nel1981 approda all’Università diStanford, dove ha insegnato finoalla fine della sua carriera universi-taria. Nel 1961 Girard pubblica unsaggio dal titolo Menzogna romantica e verità romanzesca.Tema centrale è l’indagine intorno al desiderio dell’uomo,che per lo studioso francese è sempre mimetico, cioèimitativo. In questa prima opera ed in una seconda pubbli-cata due anni dopo (Dostoevskij. Dal doppio all’unità),Girard pone le basi per l’individuazione del rapporto frapsicologia e religione, fondato sull’assolutizzazione deldesiderio umano. È tuttavia con La violenza e il sacro,pubblicato nel 1972, che si ha un notevole avanzamentonella formulazione della teoria mimetica. Da questomomento, infatti, la ricerca girardiana viene proiettata nelladimensione antropologica. Ispirato a quanto pare da alcunisuoi colleghi, Girard studia la letteratura etnologica che loporta a formulare tre ipotesi fondamentali fra loro collegate:un certo tipo di desiderio conduce alla violenza e questaviolenza, nella dimensione comunitaria, è risolta attraversoil meccanismo del capro espiatorio (o meccanismo vittima-rio). Esso è radicato a tal punto nel comportamento umanoche è individuabile nei miti e nei riti religiosi delle culture diqualsiasi epoca e di qualsiasi parte del pianeta. Il capro espiatorio, una volta ucciso, crea il «sacro», in altritermini il religioso arcaico. Da queste incursioni nel terrenoantropologico, Girard riporta risultati di incalcolabile valore.Essi conducono alla formulazione di un’ipotesi che diventeràil fondamento della sua teoria generale: tutte le formeculturali umane, più o meno complesse, hanno all’origine unavvenimento tremendo da cui l’uomo, in una qualchemaniera, cerca di tenersi lontano. Tale avvenimento non è posto tuttavia solo all’origine ditutte le forme culturali ma si situa addirittura a fondamentodell’intera storia umana. Sulle idee elaborate in La violenza e il sacro nasce il suosecondo capolavoro letterario e scientifico, Delle cosenascoste sin dalla fondazione del mondo. Con quest’operaGirard amplia ulteriormente il campo di ricerca, poichéfinisce per confrontarsi con la Scrittura biblica, con lo scopodi dimostrare la validità della sua teoria anche per l’inter-pretazione dei testi giudaico-cristiani. Qui però l’indaginegiunge ad un punto di svolta. La figura di Gesù Cristo,

particolarmente nel momento della Passione, costituisceil centro dell’antropologia apocalittica girardiana: Cristo èvenuto a rivelare ciò che era posto alla fondazione delmondo, cioè il sacrificio della vittima innocente a causa deldesiderio perverso dell’uomo. Per meglio capire il ruolosvolto dal desiderio nella nostra storia, personale e collettiva,spiega Girard, occorre innanzitutto «partire dalla distinzionefondamentale tra desiderio e appetito. Appetiti quali quelloper il cibo o il sesso hanno carattere fisiologico e non sononecessariamente legati al desiderio. Però non appenaappare un modello da imitare, qualsiasi appetito può venirecontaminato dal desiderio mimetico. La presenza del modelloè l’elemento chiave della mia teoria». La legge universaledel comportamento umano, secondo Girard, consiste nelcarattere mimetico (nel senso di imitativo) del desiderio. In altre parole, noi imitiamo gli altri (rendendoli nostrimodelli), i loro desideri, le loro opinioni, il loro stile di vita.Imitare è una cosa giusta o sbagliata? L’imitazione non deveessere considerata una cosa negativa; anzi, essa è alla basedella nostra capacità di apprendimento. Senza imitazione,infatti, non sarebbero ad esempio possibili la trasmissionedi modelli culturali e l’apprendimento delle forme di linguag-gio. Noi, pertanto, siamo ciò che siamo proprio perchéimitiamo. Perché imitiamo? Perché l’immagine di felicità e di sicurezza degli altri suscitain noi (che ne siamo coscienti o meno) il desiderio di fareciò che essi fanno al fine di ottenere quella stessa felicità equella stessa alta considerazione di sé. In altre parole, scegliamo alcune persone e le eleviamo anostri modelli. Tipici modelli nella nostra vita sono i genitori,il leader del gruppo, gli amici, le figure carismatiche nellapolitica, nello spettacolo, negli sport, nell’economia e cosìvia. Imitando ciò che gli altri fanno, riveliamo così l’intentoreale del nostro imitare: vogliamo essere ciò che i nostrimodelli sono. Per questo René Girard parla di desideriometafisico: «ogni desiderio è desiderio d’essere», cioèdesiderio di ottenere quella “pienezza di essere” di cui,pensiamo, il nostro modello sia in possesso. Tutti noi imitiamo perché tutti noi abbiamo modelli, e imitiamoa qualsiasi età. C’è tuttavia una notevole differenza fra l’imitazione suscitatadal desiderio infantile e quella suscitata dal desiderio degliadulti. Mentre un giovane non avrà problemi a manifestareil desiderio di possedere un’auto tanto bella quanto quelladel suo amico, e rivelare così l’origine del suo desiderio,l’adulto, al contrario, sarà meno incline ad ammettere che ilsuo desiderio sia stato suggerito da un altro. Gli adulti,infatti, si vergognano, a differenza dei giovani, di ammetteredi avere modelli da imitare perché a loro dà fastidio rivelare,per motivi di orgoglio, la mancanza di essere. Così accadeche il sentimento della vergogna finisca per nascondere allacoscienza adulta lo svolgersi di questa importante attività.La vergogna, pertanto, compie negli adulti un’importanteopera di mascheramento dei reali motivi per cui certedecisioni vengono prese.

IL VALORE DELLA VERGOGNA

Alessandra Chianese

Il dizionario della lingua italiana recita: “Vergogna– Turbamento dello spirito di chi ha commesso o sta percommettere un atto disdicevole”,A dirla tutta, c’è anche un altro significato che i timidi comeme conoscono molto bene: è quell”imbarazzo che impedi-sce, a vari livelli, di esprimere sentimenti, di parlare inpubblico, di far valere le proprie ragioni, che arrossa leguance o blocca le parole. Ho impiegato una vita a tirar fuori un po’ di spavalderia e asuperare la frase tipica “No, non lo dico. Mi vergogno!”.Non è a questo, però che mi riferisco. Voglio tornare al primosignificato, a quel turbamento della coscienza che sembraaver perso diritto di cittadinanza nei giorni in cui stiamovivendo l’apice di una crisi che non è solo economica, maanche e soprattutto morale. Siamo in una situazione un po’paradossale in cui, a volte, si potrebbe pensare di trovarsisul set di qualche commedia italiana degli anni ’70, quelle unpo’ “trash” che piacciono tanto a Quentin Tarantino.

Non siamo, però, in una fiction e i protagonisti mettono inmostra un repertorio completo di comportamenti discutibili,a volte esibiti con ostentazione, a volte negati anche difronte all’evidenza. In questo 2012 sembriamo esserciaccorti che non c’è più vergogna, né turbamento, neanchedavanti alle cose più turpi, ma solo coscienze anestetizzate,pronte a giustificare qualsiasi azione in nome di un senti-mento distorto di autoaffermazione. Tutto è lecito, i casi dicoscienza sono “roba da sfigati”.Purtroppo non è solo un fenomeno isolato, ma è pervasivo.Eduardo de Filippo chiudeva la sua commedia “NapoliMilionaria” in cui aveva descritto in maniera emblematica ildegrado di una famiglia e il desiderio finale di riscatto, conla celebre battuta “Ha da passà a nuttata”.Ma qui la nottata non passa mai! Il tarlo della disonestà edella corruzione si è insinuato a tal punto nella societàcivile, da coinvolgere anche la gente comune, conquistatadalla mentalità della scappatoia facile che consente disuperare gli altri senza meriti particolari che non sianoquell’abusata furbizia che contraddistingue tanti.E se è vero che vogliamo riscattarci ed uscire dal buio, anchel’ammissione della propria vergogna può diventare un segnodi responsabilità.

- 13 -

ABORTO LEGALE: LA SOLUZIONE DI CHINON VUOLE VEDERE

Delle centinaia di morti in disastri naturalisi parla tanto, come è giusto che sia.

Delle migliaia di morti a causa dei conflitti civiliin corso in varie zone del mondo si dice molto meno:

è una delle tante conferme che il principiodi uguaglianza non vale per i mass media.

Anche in Italia tante sono state le vittime della legge n. 194del 22 maggio 1978, che da più di trent’anni disciplina lapratica dell’aborto “legale”.Si legge nei rapporti periodici del ministero competente chevi sono state un certo numero di IVG. “IVG” — come moltisanno — sono le iniziali di “interruzione volontaria dellagravidanza”, che è una elegante circonlocuzione adoperataper non pronunciare il più impegnativo e traumatico termine“aborto”; il grado di asetticità è più elevato se si pronuncianole sole iniziali. Ma di chi stiamo parlando?I difensori a oltranza dell’aborto “legale” continuano a evitareimbarazzate risposte riguardo l’identità del nascituro: se,cioè fin dal momento del concepimento ci si trovi davanti aun essere umano, dotato di patrimonio genetico completo,unico e irripetibile, nel quale è scritto se sarà uomo o donnae quale sarà il colore dei suoi capelli, o meno. A questopunto, giova a poco constatare che dopo la legge vi è statoun lieve decremento.Nel 1978 la legge si proponeva di azzerare gli aborti tera-peutici; di ridurre gli aborti spontanei; di assistere quelliclandestini, nonché di favorire la procreazione cosciente, diaiutare la maternità, di tutelare la vita umana dal suo inizio.È stato raggiunto questo scopo?La legge è diventata semplicemente uno strumento dicontrollo delle nascite. Oggi chi pratica con maggior frequenzal’aborto sta operando un’opzione culturale, favorita, avallatae sostenuta finanziariamente dallo Stato. Oggi lo stessoStato da un lato elimina progressivamente l’assistenzasanitaria e la gratuità dei farmaci anche a chi ne ha realenecessità, con “strette” finanziarie sempre più pesanti,dall’altro non rinuncia a stanziare i fondi per il genocidiosistematico in atto da oltre tre decenni.

E gli altri obiettivi enunciati a suo tempo? È fallito il propo-sito dell’aiuto alla maternità e della tutela della vita umana,perché la legge n. 194 ha conferito il “diritto” di sopprimereciò che fa diventare madre, e quindi di violare irreparabil-mente la vita umana.

Ma non basta. Un profilo preoccupante della banalizzazionedel ricorso all’aborto è l’assenza della fase della dissuasione,che pure la legge prevede: secondo quest’ultima, quando lagestante si rivolge al consultorio, o a una struttura sociosa-nitaria, o al proprio medico di fiducia, costoro dovrebberoindurla a riflettere, prospettando le possibili alternativeall’aborto.Il non funzionamento delle strutture pubbliche, che dovreb-

bero aiutare e sostenere le situazioni di effettiva difficoltà, èun ulteriore fallimento della norma.

PROSPETTIVEIn un contesto in cui questa legge non offre aiuti reali econcreti, vediamo che le migliori prospettive sono offertedalle persone di buona volontà, che hanno sperimentatol’amore e la misericordia di Dio e sono spinte proprio daquesta esperienza verso il prossimo.Così sono emerse tante associazioni di volontariato chesostengono la vita e le persone in difficoltà. Le persone, igenitori o, quando succede, la donna che resta da sola.In Parrocchia annualmente sosteniamo il SegretariatoSociale per la Vita, nel cui sito (www.segretariatoperlavita.it)si legge: “nel solco dell´esperienza storica dei Centri di Aiutoalla Vita da sempre abbiamo voluto condividere uno deimomenti più significativi dell´esistenza umana: l´attesa diun figlio ma soprattutto la problematicità che accompagnaquanti, donne e coppie, sono alle prese con una gravidanzadifficile o inattesa.

Grazie alle migliaia di persone conosciute in questi anniabbiamo imparato a vivere insieme a loro questi momenti, acapire cosa significa trovarsi di fronte ad una decisione cosìimportante come quella di portare o no alla luce un figlio...A condividere, in particolare con le donne, lacrime esentimenti: di abbandono, paura, solitudine; di delusione,impotenza, rabbia verso chi in un momento come questoanziché proteggerti ti volta la faccia.

Per questo e tanti altri motivi ancora abbiamo fattodell´accoglienza e dell´ascolto, del rispetto per ogni personaumana i tratti caratteristici del nostro agire.

“Insieme” è la nostra parola chiave, un messaggio chetradotto significa: noi ci siamo.

Sia nel momento della massima criticità per unadecisione da prendere che cambierà la propria vita; sia peraffrontare i problemi, valutare risorse, trovare aiuti e oppor-tunità perché a tutti, anche a chi è in difficoltà, sia data lapossibilità di accogliere un figlio.

Sia per andare fino in fondo accompagnando ognidonna durante la gravidanza nel suo percorso personalissimoche la porterà a diventare mamma.

Cosí pure per ogni coppia sposata e non, alle prese conl´arrivo di un figlio e i problemi del convivere quotidiano.

In particolare ci siamo per quei giovani e giovanissimealle prese con qualcosa di più grande di loro e che hannobisogno più di altri di trovare persone e un luogo accoglientee sicuro dove esprimersi liberamente, senza condizionamentie paure.

Ci siamo anche per accogliere la sofferenza profonda enascosta per una vita mancata”.Allora se la descrizione della realtà sociale, così come si èandata realizzando negli anni, può farci vergognare comeesseri umani e come cristiani fratelli, questa prospettivarealizzata da semplici persone di buona volontà ci indica unastrada di riscatto per la vita. Cambiamo il nostro modo di essere nei confronti del mondo,come ci ha chiesto Gesù, e avviciniamo il prossimo con ilcuore, come nostro fratello, cosicché si realizzi una culturaper la vita, che porti ad affermare il rispetto per ogni personaumana, dal concepimento alla morte naturale.

LA RUBRICA DELLA VITA

a cura diGiuseppe del Coiro

- 14 -

RIGUARDOALLA

VERGOGNA

Lydia Longobardi

La vergogna è unsentimento che moltiprovano quando com-piono un’azione chenon avrebbero volutocompiere e ne provanorimorso. Purtroppo alcuni que-sto sentimento non loprovano mai!Io ricordo un piccoloepisodio per cui ho provato molta vergogna.Era una giovanissima insegnante nel primo giornodi scuola in una prima media. Entravano in classetanti ragazzini, tutti ben vestiti, con cravattine daicolori sgargianti ed il sorriso sulle labbra. Spiccava tra gli altri un ragazzino vestito modesta-mente con una cravatta nera. Lo guardai e, impul-sivamente in tono di leggero rimprovero, gli chiesi:“E tu, perché ti sei messo la cravattina nera? Nonsei contento di venire a scuola, non è un bel giornoper te?”Il ragazzino chinò timido e confuso il capo, poialzandosi in miedi mormorò a voce bassa: “Pochigiorni fa è morta mia mamma, con la sorellina cheaspettava”.Io rimasi impietrita dalla vergogna, sarei volutascomparire dalla classe. Dopo un attimo di silenziogenerale, lo chiamai alla cattedra, lo abbracciai ebaciai chiedendogli scusa più volte. Col passar dei giorni divenne un po’ il mio “cocco”per tutti e tre gli anni di scuola. Ora, qualche volta,lo incontro più che cinquantenne per via de Carolis.È molto affettuoso con me. Ma io ancora mivergogno… Il campo della vergogna è vasto. Alcune volte, leggendo sui giornali azioni assairiprovevoli di persone di cui si aveva fiducia, pensoche esse si dovrebbero vergognare. Attualmente in questo paese il senso della vergo-gna si è perso perché si è perso il senso del peccato.Tutto è permesso per poter raggiungere successo ericchezza. Chi ha potere si sente al sicuro da tuttoe non prova vergogna neanche nei riguardi di Dio,di cui per interesse gli è comodo anche ignorarel’esistenza. A volte penso che anche noi cristianipraticanti, spesso dovremmo vergognarci perquanto poco ricambiamo col nostro comportamentol’amore infinito che Dio ci dona, quanto poco cisiamo capaci di rinnegare noi stessi per seguirlo. Meditando su queste realtà, forse riusciremo adamare di più Gesù e vergognarci di meno.

DALLA VERGOGNA,AL RIMORSO.

DAL PENTIMENTOALLA CONVERSIONE.

Alfredo Palieri

Nel romanzo di Luigi Capuanail marchese di Roccaverdina èresponsabile di un omicidio maha talmente rigirato le carte dafar finire in prigione un povero innocente. Una nottesente un enorme vergogna per il suo comportamento edè spinto a cercare un sacerdote al quale confessa tutto,aggiungendo infine:“Adesso, padre, come penitenza mi obblighi pure aversare tutte le somme che crede alle orfanelle e alleopere di carità!”.“No.”, gli risponde il sacerdote” Adesso devi andare dalgiudice, dirgli come stanno le cose e far uscire di prigionequel povero innocente. Tu devi avere il coraggio di essereprocessato.”Ma il marchese tentenna. La vergogna gli aveva datouna spinta salutare ma lui ha ipnotizzato la propriacoscienza ed è rimasto al semplice ed inefficace stadiodel rimorso. Anche noi spesso siamo tentati di ipnotizzarela nostra coscienza molte volte e ci sembra che ilsemplice rimorso sia sufficiente a recuperare. “Si, vabene. Sono stato io a causare quel danno con la miamacchina. Ma nessuno se n’è accorto che la colpa eramia”. Ben diverso l’esempio di Zaccheo, l’esattore delleimposte. Per riscuotere dal contribuente cento sesterzise ne fa dare duecento: cento per l’agenzia delle entratedell’Impero Romano e cento come suo aggio elettorale,incurante delle lamentele e dei pianti del poveraccio chenon sa come tirare avanti con la famiglia. Zaccheo sentevergogna quando vede la folla che si addensa intorno a“qualcuno” che lui non sa ancora bene chi sia. Il nostrodon Gianni, in una sua omelia, ha illustrato che, mentregli altri si accontentavano soltanto di vedere, inveceZaccheo vuole incontrare quel qualcuno e sale su unalbero per facilitare l’incontro. E, come ha spiegatoanche bene ad Ostia nella chiesa dei paraplegici DonFranco, quel qualcuno e cioè Gesù, non disse “voglio”ma “devo venire a casa tua, Zaccheo!”. Perché Gesùsente che lui deve compiere la volontà del padre.Zaccheo dalla vergogna non passa attraverso il rimorsoma giunge subito al pentimento e alla conversione. Epadre Insolera, da buon siciliano, commentava ridendo:“Però a Zaccheo cara gli costò quella conversione!”Un semplice calcolo, infatti. Dare la metà del propriopatrimonio ai poveri, poi restituire quattro volte tantoagli aggi elettorali. Comunque Zaccheo doveva avereproprio un bel patrimonio, visto che, dopo la conversione,gli restò ancora qual cosina per lui.Infine un bel concetto ascoltato durante una messa ecioè quante volte nel Vangelo ricorre in modo fonda-mentale la parola “oggi”. Oggi è nato il Salvatore(Natale). Oggi sarai con me in Paradiso (al buon ladrone).Oggi la salvezza è entrata in questa casa (a Zaccheo).

- 15 -

L e t t e r e VITE CHE SI

INCONTRANO, DESTINI CHE SI

INCROCIANO

Elena Gionta

Un Venerdì pomeriggioseguo la via Crucisnella nostra parrocchiadi S.Pio X e, ad unaStazione, mi inginoc-chio ad un banco. Leggo una delle latarghette d’ottone offerte dai parenti inricordo dei defunti e il cuore mi fa unbalzo. C’è scritto: “Venerando Torrisi!”Cerco di non distrarmi ma, inevitabilmen-te, il pensiero corre indietro, molto indie-tro, nel tempo. È il luglio del 1948,precisamente il quattordici luglio. Devoaffrontare la prova scritta d’Italiano pergli esami di Maturità classica presso diLiceo Pitagora di Crotone. Succede un fatto grave: per la primavolta un esame di Stato viene rimandatoper l’attentato all’onorevole PalmiroTogliatti. Si comincia qualche giornodopo. Noi studenti conosciamo i membridella commissione che ci esamineranno.Il presidente esterno è un preside diCatania, il professor Venerando Torrisi.Una figura indimenticabile ! Passano glianni. Io mi avvio agli studi universitari diMatematica e Fisica all’Università diRoma. Per le vacanze natalizie torno al miopaese in Calabria: Fuscaldo, così chiamatoper le vicine terme sulfuree. E faccio unincontro che mi cambierà la vita. Ungiovane, nato a Syracusa in America eresidente a Roma, viene a far visita adun suo zio sacerdote, padre passionista,che vive in un convento del mio paese emi conosce. Le nostre vite, la mia e quella del giovane,si incontrano così occasionalmente, esarà per sempre. Sarà lo stesso zio sacer-dote ad unirci in matrimonio a Pompei.Ci stabiliamo a Roma, ma molto spessosoggiorniamo a Formia da dove ha originela famiglia di mio marito e dove abbiamouna casa. Ed è in questa località che, per la secondavolta, incontro il prof. Venerando Tossisiche, capitato a Formia per motivi scola-stici, se n’era innamorato.Passano ancora degli anni. Noi ci spostiamo dal quartiere Prati allaBalduina e qui, per la terza volta, ho ilpiacere di imbattermi nel prof. Torrisi,trasferitosi nel frattempo a Roma nel miostesso quartiere. Ora ritrovo il suo nome su un banco dellamia Chiesa ed il mio pensiero va a ritroso,agli anni della mia gioventù, al ricordonostalgico di questo carissimo professoreche ho avuto il privilegio di incrociare piùvolte nella mia vita e alle tante sorpreseche il destino ci riserva.

LA VERGOGNA, QUESTA SCONOSCIUTA

Luigi Guidi

Il dizionario della lingua italiana dice che la vergogna è:1) Sentimento di colpa o di umiliante mortificazione che si provaper atti o comportamenti, propri o altrui, sentiti come disonesti,sconvenienti, indecenti; 2) Senso di impaccio, di timore dovuto a timidezza o ritrosia;3) Disonore, infamia.Pensando a queste definizioni, soprattutto la prima, mi sento unpo’ come don Abbondio quando si chiedeva: “Carneade. Chi eracostui?” e mi viene da dire “La vergogna. Chi era costei?”. Viviamo infatti in un’epoca in cui il comune senso della vergognaè totalmente stravolto, ammesso che ancora sussista. Alcuniesempi. Si processano dopo vent’anni i presunti colpevoli di ieri mentre igrandi (e certissimi) ladri di oggi girano indisturbati. La stragedegli innocenti è contrabbandata come conquista di civiltà e diautonomia sociale. Si ruba a piene mani e si chiamano ladri gli altri. Si pagano profumatamente le persone affinché appaiano menogiovani di quanto in realtà sono. Si cambia partner quasi con lastessa facilità con la quale si mette da parte un vestito che non vapiù di moda o che comunque non piace più. Eccetera, eccetera,eccetera. Si assiste dunque – probabilmente a causa di un processoperverso di scristianizzazione, di laicizzazione della vita – ad unostravolgimento, o meglio ancora ad un rovesciamento di valori, inforza del quale ciò che è bene agli occhi di Dio è visto come male,e ciò che è male agli occhi di Dio è visto come bene. Restando intema, si può dire che ci si vergogna del bene e non ci si vergognadel male. Si cade cioè in una condizione tremenda, nella quale, nonriconoscendo più il male ed il peccato come tali, si perde il timoredi Dio e, con esso, la possibilità di chiedere ed ottenere il perdonodelle colpe. Disse Gesù a S. Brigida (v. “Ciò che disse Cristo aSanta Brigida”, Ed. San Paolo, con prefazione del Card. CamilloRuini): “Perciò il timore è come un’introduzione al cielo; moltiinfatti caddero nel baratro della propria morte, perché avevanoallontanato da sé il timore di Dio e si vergognarono di confessaredavanti a Dio. Perciò mi rifiuterò di sollevare dal peccato chitrascura di chiedere perdono.” (Opera citata, Libro III, capitolo 19).E poco più oltre: “Dio infatti sopporta l’uomo fino all’ultimo easpetta, semmai il peccatore voglia rimuovere totalmente la sualibera volontà dall’affetto al peccato. Ma quando la volontà non sicorregge, l’anima è avvinta quasi invincibilmente, perché il diavolosa che ognuno sarà giudicato secondo la coscienza e la volontà efa ogni sforzo in quel punto, affinché l’anima prenda la cosa allaleggera e s’allontani dalla retta intenzione. E Dio lo permette,perché l’anima, quando doveva, non volle vigilare.” Vergognarsi diconfessare davanti a Dio i propri peccati conduce dunque allamorte. Questo tipo di vergogna è da evitare nel modo più assoluto.Che cosa può fare, allora, chi, per caso, si trovasse con l’animaavvinta quasi invincibilmente al peccato? Ci viene in soccorso,come sempre, la SS. Vergine che dice a S. Brigida (op. cit. libro I,capitolo 22): “Allora la Vergine Maria disse: …pensa alla miseri-cordia di Dio, poiché nessun uomo è tanto peccatore che ilsuo peccato non sia perdonato, se lo chiederà col proposito diemendarsi e con contrizione.”

- 16 -

NOTIZ IE , NOTIZ IE , NOTIZ IE

IL NOSTROGIORNALE SI PRENDEUNA PAUSA

“Arrivano i Nostri” vanta un gran numero di appas-sionati lettori ed una folta schiera di collaboratori cheda più di sei anni inviano regolarmente articoli,disegni, poesie, lettere e contributi vari. Il giornale viene realizzato graficamente da una solapersona attraverso il programma professionaleQuark X Press. È un lavoro piuttosto lungo. Si tratta di assemblare gli articoli arrivati via mail,riscrivere da capo al computer quelli giunti inredazione per lettera e scritti a mano con calligrafianon sempre chiarissima, scannerizzare immagini elavorarle al photoshop, trovare sul web foto e disegnida utilizzare. Poi si impagina, via via che arrivano icontributi e spesso rimontando di nuovo tavole chesembravano già finite, fino all’ultimo giorno offerto aicollaboratori per l’invio dei materiali. Quindi si confe-ziona il cd da portare in tipografia, passando subitodopo alla lettura delle bozze e alla stampa. Infine c’èla consegna. Alcune copie vanno in parrocchia, altreportate sempre dalla stessa persona e dalla gentile

signora Alessandra Angeli ad edicole e negozi vari delquartiere. Da quando si è aggiunta poi la possibilitàdi inserire spazi pubblicitari, dopo un iniziale entusia-smo e offerta d’aiuto da parte di alcuni, la stessapersona ha l’onere di andare a chiedere un’offerta aivari negozianti, non sempre disponibili a contributi“alla parrocchia”. Le offerte ricevute servono a coprirecirca la metà dei costi mensili. Insomma un po’ difatica che, questa persona e cioè il sottoscritto, anchea causa di un momento di sovraccarico familiare elavorativo, desidera rallentare per un po’. L’ho fattofinora sempre con grande entusiasmo ed amore,ricevendo in cambio stima e solidarietà da partedi moltissime persone, la prima delle quali è il mioparroco che ha sempre collaborato e sostenutol’iniziativa. Sono convinto che in questa grande parrocchia lapresenza di un giornale sia importante e anchenecessaria ma, probabilmente, dovrà nel prossimofuturo essere ripensato e riorganizzato, in modo chel’impegno possa essere distribuito tra più persone.Spero molto che i nostri giovani, prima o poi, possanoessere interessati a riprendere questo discorso,magari in modo diverso e, forse, “ridisegnato”completamente da loro stessi. Io sarò sempre qui perdare una mano, consigli ed aiuto pratico.

Un saluto a tutti,

Marco Di Tillo

30 ANNI DI SACERDOZIO PER DON PAOLO!

Il nostro parroco don Paolo Tammi hafatto 30! È stato ordinato sacerdote,infatti, il 24 aprile 1982 dal cardinal

Poletti, Vicario di Roma. Lunedì 23 aprilealle ore 19 ha voluto festeggiare

celebrando la S.Messa davanti ai suoiparrocchiani. È proprio il caso di dire:

EVVIVA PAOLO!

(foto di Maurizio Degol)

STAMPA A RILIEVO - OFFSET - DIGITALE

dal 1966 alla Balduina