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Studio Critico Della Lingua Latina

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Copyright 2013 Massimiliano Zupi

Questa copia è stata concessa

a Miguel Ramírez Arévalo

Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

Se si desidera condividere questo libro con un’altra persona,

occorre richiedere all’autore una copia aggiuntiva

per ogni persona con cui la si condivida.

Grazie per aver rispettato il lavoro dell'autore.

Grazie di cuore

a tutti i miei studenti della Gregoriana

e ai miei lettori,

perché solo grazie

alla partecipazione attiva alle lezioni da parte degli uni

e alla lettura attenta da parte degli altri

le parole pronunciate e le lettere scritte

hanno speranza di arrivare a acquistare vita;

solo grazie alla relazione

la parola può raggiungere il suo obiettivo:

diventare carne e contatto.

Roma 2013

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Prefazione

Dopo undici anni di lezioni, dopo tanto materiale a uso degli studenti

inserito nel mio ufficio virtuale, dopo due files pdf fatti circolare negli ultimi

due anni, vede finalmente la luce, in un unico volume, questo manuale di

latino, presso l’editrice dell’Università Gregoriana di Roma, la più connaturale

a un testo nato a partire da un corso tenuto presso la facoltà di filosofia del

prestigioso Ateneo romano. «Finalmente» sta a dire senz’altro che è un punto

d’arrivo, dopo una lunga gestazione. Ma sta a dire anche, spero, che possa

essere un punto d’inizio: l’auspicio con il quale prendo congedo da codesta

fatica è che questo libro possa essere uno strumento utile per molti, e non solo

per gli studenti della Gregoriana, per essere introdotti allo studium, ossia allo

studio e all’amore della lingua latina.

Com’era prevedibile, rispetto ai due volumi fatti circolare negli ultimi

due anni, ho apportato molte correzioni. A volte si è trattato di banali refusi1

o di piccoli miglioramenti di stile, altre volte, in maniera più significativa, si è

riparato a veri e propri errori o sono state colmate importanti lacune. Sono

consapevole che l’opera di perfezionamento è lontana dall’essere completata.

Uno studente, per esempio, mi ha detto che in più punti sarebbe utile inserire

un maggior numero di esempi per rendere ancora più chiari i tanti argomenti

spiegati. Presumibilmente ha ragione e magari il prossimo anno uscirà una

seconda edizione arricchita soprattutto di esempi esplicativi. Il fatto è che con

1 In gergo tipografico, per refuso si intende un errore di stampa consistente nello scambio di lettere

o di segni.

Prefazione

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Roma 2013

ogni probabilità anche nella stesura di un manuale di latino vale quanto san

Benedetto afferma al termine della sua Regola2: che cioè paradossalmente,

sebbene scritto con la massima serietà possibile, è destinato a restare pur

sempre allo stadio di principianti.

M.Z.

Roma, 25 marzo 2013

lunedì santo, festa dell’Annunciazione

2 Scrive Benedetto all’inizio del capitolo conclusivo della sua Regola, il settantatreesimo: «Regulam

autem hanc descripsimus, ut hanc observantes in monasteriis aliquatenus vel honestatem morum aut

initium conversationis nos demonstremus habere», «Ma abbiamo tracciato questa Regola affinché

mostrassimo che noi, osservandola nei monasteri, abbiamo almeno fino a un certo grado o onestà

di costumi o inizio di conversione»; e più avanti definisce la propria Regola appena tracciata «hanc

minimam inchoationis regulam», «questa Regola minima per cominciare».

Roma 2013

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Introduzione

uesto manuale nasce da una pluriennale esperienza di

insegnamento del latino presso la Pontificia Università

Gregoriana di Roma. Quando, undici anni fa, mi venne

proposta la docenza, accettai avendo ben presente la sfida da

affrontare: che senso dare a un corso obbligatorio annuale di

latino in un’università pontificia? In via preliminare, la

stessa domanda, in forma ancora più radicale e fondamentale, deve rivolgersi

il lettore: perché studiare latino oggi?

Una lingua antica può essere studiata come strumento di lavoro da

parte di uno studioso: con ogni probabilità però non è questo il caso né dei

miei studenti di Roma né tanto meno dei lettori di codesto libro. Il latino può

essere studiato anche al fine di essere parlato: questa volta una simile

competenza, oltre a non essere certamente l’obiettivo né degli studenti né dei

lettori, non rientra nemmeno tra quelle possedute dall’autore3. Perché

dunque un corso e un manuale di latino?

3 Con ciò non si intende certo misconoscere che il latino possa ancora oggi essere parlato. Si

consulti ad esempio la pagina http://ephemeris.alcuinus.net/ : si tratta di un sito di news in latino!

Ephemeris (calco latino del termine greco con cui si indicava il libro nel quale si annotavano

faccende, avvenimenti, spese, ecc. di ogni giorno; «ephemerís», da «heméra», «giorno», si potrebbe

letteralmente tradurre appunto con «giornale») è un quotidiano on line, con aggiornamenti

settimanali delle notizie, creato a Varsavia su iniziativa di un gruppo di specialisti, con

collaboratori e esperti di tutto il mondo, la cui particolarità è di essere scritto interamente in lingua

latina. Particolarmente noto è anche il notiziario in lingua latina trasmesso dalla radio finlandese, e

pronunciato ovviamente con accento finlandese, a partire dal settembre del 1989 e scaricabile al

seguente indirizzo: http://yle.fi/radio1/tiede/nuntii_latini/ .

Q perché studiare latino oggi?

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

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Alle due possibili finalità appena enunciate corrispondono le due

opposte vie che possono venire seguite nell’insegnamento/apprendimento di

una lingua. Da una parte, l’insegnamento del

latino come lingua morta. È la forma di studio

più adottata in Italia presso gli indirizzi di

istruzione che contemplano il latino nel loro curriculum: si comincia dalla

prima declinazione e via via si studia l’intera grammatica, affiancando la

teoria a esercizi calibrati sugli argomenti di volta in volta affrontati; la

competenza che si mira a acquisire è senz’altro quella di saper tradurre un

testo latino con l’ausilio del vocabolario, la cosiddetta versione. Ora, corsi di

latino di tal genere, in due o più volumi, esistono numerosi e sempre

aggiornati, per tutti i gusti: non occorre certo aggiungere un altro testo ai

tanti già esistenti. Per quanto riguarda poi gli studenti delle università

pontificie, pensare di raggiungere quella competenza in due ore settimanali

nel giro di un anno, con poco tempo a disposizione per lo studio a casa, è

pura utopia; sottoporre gli studenti a un simile tirocinio rischia di essere

addirittura controproducente: si richiederebbe comunque tanta fatica per

ottenere alla fine pochi risultati, ovverosia diventare in grado di tradurre

semplicissimi e banalissimi testi in latino; forse ci si convincerebbe che il

gioco non valga la candela. Non a caso, negli ultimi quindici anni, alcune voci

si sono alzate all’interno del mondo accademico pontificio per proporre di

non rendere più obbligatorio lo studio di un’annualità di latino e di greco per

gli aspiranti al baccellierato filosofico e teologico4.

4 Ricordo che il corso di studi in filosofia e teologia nelle università pontificie prevede ancora oggi

un baccellierato in filosofia, fino a oggi biennale e da quest’anno triennale, e uno in teologia, da

l’insegnamento del latino come lingua morta

Introduzione

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Roma

2013

Dall’altra parte, è possibile proporre il latino come lingua viva. È la

forma più comune di apprendimento delle lingue moderne: si comincia con

semplici comunicazioni relative alle più banali

situazioni di vita, procedendo via via a livelli di

difficoltà sempre maggiore e studiando

parallelamente la grammatica essenziale da conoscere per poter comunicare;

la competenza che si mira a raggiungere in questo caso è la capacità di

comprensione e produzione di una lingua, orale prima che scritta. Ora, esiste

già qualche manuale di latino di tal genere5: tuttavia non è assolutamente

questo lo scopo del presente volume. Del resto, per quanto riguarda gli

studenti delle università pontificie, è molto improbabile che il loro desiderio

sia di parlare latino come si parla l’inglese e, ancora prima, che questo sia lo

scopo dell’insegnamento del latino nelle intenzioni dell’istituzione. In ogni

caso, infine, ancora una volta due ore settimanali per due semestri non

sarebbero probabilmente comunque sufficienti per imparare a parlare latino.

Ricapitolando: l’intento di questo libro, nelle intenzioni di chi scrive,

non è di insegnare a parlare il latino come una lingua moderna; né d’altra

parte di insegnare a tradurre dal latino con l’ausilio di un dizionario, quale

sempre triennale, al quale possono seguire diverse licenze, ovvero specializzazioni, di norma

biennali, e infine il dottorato. 5 Normativo in tal senso resta il cosiddetto «metodo Ørberg» (dal nome del professore danese

Hans H. Ørberg, che lo ideò nel corso degli anni Cinquanta), ovvero il manuale Lingua latina per se

illustrata. Si tratta del cosiddetto «metodo diretto», che non prevede l'uso di altra lingua se non il

latino: i testi delle lezioni sono immediatamente comprensibili per l’allievo, in quanto sono

composti in maniera tale che il senso delle parole e la morfologia sono resi evidenti grazie alle

illustrazioni, al contesto e alle note marginali (esse pure in latino). Bisogna tuttavia specificare che

propriamente è un metodo vivo per l'insegnamento del latino, e non un metodo d'insegnamento del

latino vivo, in quanto tutti i temi trattati sono assolutamente classici, senza alcun riferimento

all’epoca moderna.

l’insegnamento del latino come lingua viva

Studio Critico della Lingua Latina

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Roma 2013

solitamente è l’obiettivo dei tanti manuali scolastici italiani di latino in

circolazione. Ecco i due corni

dell’opposizione, entrambi respinti: né il

latino quale lingua per comunicare né il

latino quale lingua di studio. Di fronte a una

simile impasse è necessario un salto

prospettico che, con un colpo d’ali, utilizzando creativamente modalità e

strumenti delle due opposte vie scartate, sia capace di costruire una via altra,

mediana, inedita, di studio del latino.

La proposta sarà dunque la seguente: come nell’insegnamento delle

lingue vive, si comincerà proponendo fin da subito la lettura di un testo

integrale di san Tommaso; certamente quello di Tommaso è un latino

semplice, ciò nondimeno un latino vero, scritto

non per chi deve imparare il latino, come avviene

nei tradizionali corsi scolastici di lingua latina nei

quali si comincia da semplicissime frasi di prima declinazione per arrivare

alla fine dell’anno a proporre brevi versioni per lo più semplificate rispetto

all’originale. No, qui cominceremo fin dall’inizio con il proporre niente meno

che un testo della Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino, il quale

presuppone grosso modo la conoscenza dell’intera grammatica e sintassi

latina. Nel lettore a questo punto sorgerà ovviamente una perplessità: per chi

comincia da zero, come è possibile leggere fin da subito Tommaso?

La risposta è semplice: si proporrà, sì, Tommaso, ma con una

traduzione interlineare in lingua italiana. Dunque, allo studente non sarà

richiesta la fatica del tradurre; egli piuttosto sarà guidato nella decifrazione

occorre un salto prospettico, una via mediana, inedita

testo integrale di san Tommaso …

Introduzione

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Roma

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graduale di un testo già tradotto. Tuttavia la decifrazione alla quale il lettore

sarà guidato risponderà alle esigenze non più dello studio di una lingua viva,

bensì a quelle di una lingua di studio: si procederà

infatti essenzialmente alle analisi del periodo, logica e

grammaticale dei testi studiati. Perché questo? Per rispondere a una simile

domanda occorre chiarire i frutti che si vorrebbe che chi usi questo manuale

raggiunga.

Per chi legga e studi questo libro, un primo frutto dovrebbe essere

quello di arrivare a poter orientarsi in un testo latino di cui si disponga una

traduzione nella propria lingua. Non

dunque, come si diceva, saper parlare il

latino come una lingua viva, né però d’altro

canto saper leggere e tradurre più o meno

all’impronta un testo latino; diciamo piuttosto una prima base per arrivare a

conseguire, qualora interessi, quest’ultimo obiettivo; fermo restando, ed è

questo l’importante, che anche chi non fosse interessato a utilizzare il latino

come lingua di studio, chi dunque si arrestasse al livello raggiungibile grazie

al presente manuale, avrebbe comunque ottenuto un guadagno di una certa

utilità: quella di poter leggere, per esempio, per il resto della propria vita la

Bibbia nella versione latina della Vulgata, potendo confrontare il testo latino,

molto fedele in genere all’originale greco o ebraico, con la versione nella

propria lingua corrente. È questo senz’altro, si diceva, un obiettivo utile

spiritualmente per la stragrande maggioranza degli studenti delle Università

Pontificie (e, perché no, degli studenti cristiani in genere), che con ogni

probabilità saranno chiamati a avere un rapporto significativo con il testo

… con traduzione interlineare

primo obiettivo: decifrare un testo

latino tradotto

Studio Critico della Lingua Latina

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Roma 2013

sacro. Del resto, una lettura quotidiana della Vulgata con versione a fronte o

interlineare nella propria lingua sarebbe per il futuro, dopo lo studio di

questo manuale, un ottimo metodo per progredire nella conoscenza della

lingua latina.

Ma questo, si diceva, è soltanto un primo frutto. Un secondo, a mio

avviso ancora più importante, dovrebbe essere il seguente: arrivare a avere

una buona competenza nelle tre analisi. Tale obiettivo evidentemente non è

legato in modo specifico all’appren-

dimento della lingua latina; al

contrario, è lo studio del latino che

diventa funzionale al raggiungimento di quell’obiettivo. Ma qual è l’utilità di

saper fare bene le analisi del periodo, logica e grammaticale nella propria

lingua e in ogni lingua? Esattamente questa: sviluppare un’intelligenza

logico-sintattica, che è capacità di ascoltare e decifrare, come pure di

produrre e pensare. Il latino, come si diceva, in tal senso è solamente

funzionale, un mezzo per arrivare a un obiettivo altro; ma un mezzo appunto

particolarmente adeguato e congeniale, perché è pur vero che per la sua

struttura il latino educa bene all’intelligenza logico-sintattica; appunto per

questo non è esagerato dire che chi conosce bene il latino lo si riconosce anche

solo da come parla e scrive nella propria lingua. Lo studio del latino, come

pure del greco, forgia in questo senso una vera forma mentis, che va molto

aldilà del latino in sé: sviluppa, si diceva, la capacità di organizzare un

discorso, orale o scritto che sia, in maniera rigorosa, chiara, sistematica, e farsi

capire quando si parla o si scrive non è certo di piccola utilità; ma, cosa forse

ancora più importante, potenzia la capacità di ascolto di un testo scritto come

secondo obiettivo: potenziare la capacità di ascolto e produzione

Introduzione

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pure di un discorso orale: e qui la ricaduta esistenziale è ancora più

significativa, se è vero che saper ascoltare è una competenza chiave per

vivere bene. Con ciò certo non si vuol dire che chi non conosca il latino non

sappia parlare bene o, ancora peggio, non sappia ascoltare; a tali scopi

subentra il concorso di altri fattori, quali ad esempio l’intelligenza emotiva;

ciò nondimeno, non si esagera dicendo che lo studio del latino,

indirettamente, aiuta molto la capacità di interpretazione e produzione di

testi. Soprattutto questo secondo frutto, nella convinzione di chi scrive, rende

lo studio del latino tanto importante ancora oggi, di contro a chi, per esempio,

auspicherebbe invece una sua riduzione nel mondo accademico pontificio.

Far studiare anche solo un’annualità di latino a tutti gli studenti delle

università pontificie è utilissimo: non solo perché consente a quegli studenti

di avvicinarsi al testo della Vulgata per il resto della propria vita, ma ancora

di più perché educa e forma la loro capacità di ascolto e di espressione – e

quanto queste due capacità sono importanti nell’attività pastorale di un

religioso o di una religiosa, come pure, del resto, nell’esistenza di ciascuno?!

Ricapitolando, perché studiare il latino oggi? Senz’altro, per quanti

fossero interessati a ciò, per poter accostarsi a testi in latino, quali la Vulgata e

la Summa Theologiae, dei quali è facilmente reperibile una versione nelle

lingue moderne. Ma soprattutto, per educare a intendere e interpretare

meglio i testi che incontriamo, e che siamo innanzitutto noi stessi e gli altri. In

questo senso, il presente manuale, pur nella sua modestia, negli obiettivi

limitatissimi che si propone, intende nondimeno concorrere al conseguimento

di una finalità, quella di ascoltare gli altri e esprimere sé stessi, assolutamente

alta e fondamentale nella vita degli uomini. Nella convinzione di chi scrive,

Studio Critico della Lingua Latina

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Roma 2013

infine, questa finalità si realizza attraverso una dialettica incessante tra logos e

carne, tra parola e contatto, dialettica che appunto nella traduzione e

interpretazione di un testo conosce la propria messa in opera esemplare, nella

consapevolezza che tutta intera la nostra esistenza

è opera di traduzione e interpretazione, affinché il

logos si faccia carne e la carne si faccia logos, in un

andirivieni che costituisce l’esperienza stessa dell’amore. Ma questo orizzonte

filosofico, all’interno del quale pure questo manuale rientra nelle intenzioni

dell’autore, basta qui averlo appena accennato, essendo possibile in altre

pagine seguenti richiamarlo e esplicitarlo un poco meglio, pur sempre nei

limiti di quello che è un manuale di latino e non un libro di filosofia.

A chi è rivolto questo manuale? Innanzitutto, a tutti gli studenti delle

università pontificie, per i quali esso è nato. Ma poi a

chiunque, di qualunque età e provenienza culturale, sia

interessato o a poter iniziare a decifrare testi latini con

traduzione a fronte, o a potenziare la propria capacità di espressione come

pure di ascolto. Alla luce di quest’ultima finalità si comprende infine il titolo

dato al libro: Studio critico della lingua latina. Critico allude senz’altro

all’approccio logico che si concretizza nell’assoluta centralità data alle

tre analisi, del periodo, logica e grammaticale; ma in senso più profondo

allude all’intento di educare a una maggiore capacità di ascolto,

all’apprezzamento del diverso, del differente, dell’altrimenti, attraverso

appunto l’iniziazione all’arte e al gusto di interpretare un testo6.

6 Da un punto di vista filosofico, qui la purezza, nel senso di universalità e astoricità, della critica in

senso kantiano, si trasmuta in impurità, in ermeneutica cioè di testi e mondi sempre storicamente

determinati.

orizzonte filosofico del manuale: la dialettica di lettera e spirito

destinatari del manuale

titolo

Introduzione

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Roma

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Il corso si svolge attraverso la lettura progressiva dell’articolo decimo

della prima questione della prima parte della Summa Theologiae di san

Tommaso. Ogni Lezione presenta grosso modo la

medesima struttura: all’inizio, in un riquadro in giallo è

anticipata la materia che verrà trattata; quindi, dopo aver

presentato il contenuto del periodo preso in esame, si procede a una

decifrazione del testo latino attraverso un’approfondita analisi, del periodo,

logica e grammaticale; contestualmente, man mano che se ne offra

l’occasione, si presentano i diversi aspetti della grammatica e sintassi latina; si

conclude aggiungendo alcuni rilievi etimologici relativi ai vocaboli incontrati:

filosoficamente, la pratica etimologica è emblematica infatti di quella

forzatura della lettera che, rimanendo sulla lettera, permette di andare aldilà

della lettera; al termine, in un riquadro in verde vengono proposte domande

di verifica di quanto si sarebbe dovuto apprendere; seguono le schede

compilate di analisi del periodo, della proposizione e della parola del testo di

san Tommaso analizzato.

Nel corso universitario tenuto presso la Pontificia Università Gregoriana

ogni lezione è introdotta dalla recita dell’Ave Maria, del Salve Regina o del

Pater noster, seguita da un breve commento realizzato sulla base dell’analisi

testuale di un versetto della preghiera appena pronunciata7. L’intento, oltre a

quello di iniziare il lavoro con una preghiera, è di mostrare attraverso

un’esemplificazione l’utilità del metodo insegnato: quelle parole fin troppo

conosciute, grazie a una semplice, ma rigorosa analisi, può succedere che

7 È senz’altro mia intenzione pubblicare prossimamente in due volumi a parte quelle analisi alle tre

preghiere più recitate dai cristiani, come richiestomi con insistenza da molti studenti al termine di

ogni anno.

struttura delle Lezioni

Studio Critico della Lingua Latina

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Roma 2013

accada di sembrare di ascoltarle quasi per la prima volta! L’insistenza

metodica e innamorata sulla lettera è capace di aprire il testo nella sua

profondità, nella sua capacità di toccare sempre in maniera personale e

significativa. Questo studio del latino vorrebbe educare proprio anche a

questa attenzione alla lettera quale veicolo per giungere al contatto tra i cuori.

Il volume si conclude con quattordici Appendici di evidente utilità

pratica per il lettore e studente di latino.

Roma

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Prima Lezione

Cominciamo con il gettarci subito, come dicevano i latini, in medias res8,

ovvero, nel nostro caso, nella lettura del testo di Tommaso che studieremo.

Videtur quod Sacra Scriptura sub una littera non habeat plures sensus, qui sunt historicus vel

litteralis, allegoricus, tropologicus sive moralis, et anagogicus.

È questo l’incipit dell’articolo decimo della prima questione della prima

parte della Summa Theologiae. L’articolo tratta del seguente interrogativo: se è

lecito affermare che la singola lettera del testo

sacro possa veicolare più significati, oppure no.

Avremo modo di approfondire la valenza di

questo dilemma. Per il momento, in prima approssimazione, è sufficiente

chiarire che oggetto di discussione sono i cosiddetti quattro sensi della Sacra

Scrittura, ancora oggi riconosciuti dalla dottrina della Chiesa cattolica: quelli

8 Useremo sempre il corsivo qualora faremo uso di vocaboli non italiani, oltre che per i nomi propri

di opere o istituzioni, o per evidenziare giochi di parole o termini-chiave.

l’argomento dell’articulus decimus

In questa Lezione impareremo: che cosa è un periodo, cosa una proposizione e quali

sono gli otto elementi del discorso: ovvero i tre livelli

in cui si articola una lingua le regole per leggere correttamente il latino secondo

la pronuncia ecclesiastica

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

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letterale, allegorico, morale e anagogico, come si esprime Tommaso nel passo

appena citato. Ma veniamo subito a rileggere la frase fornendone una

traduzione interlineare in italiano e cambiando l’ordine delle parole latine in

modo che esse corrispondano alla sequenza propria della lingua italiana:

Videtur quod Sacra Scriptura non habeat sub una littera plures sensus,

Sembra che la Sacra Scrittura non abbia sotto un'unica lettera più sensi,

qui sunt historicus vel litteralis, allegoricus, tropologicus

che sono quello storico o letterale, quello allegorico, quello tropologico

sive moralis, et anagogicus.

o morale, e quello anagogico.

Come si è detto in sede introduttiva, obiettivo del presente manuale

non è di educare a tradurre dal latino con l’ausilio di un dizionario: la

traduzione in italiano, parola per parola, è fornita fin dall’inizio! Al lettore

non è richiesto alcuno sforzo in tal senso. Il lavoro che faremo insieme è

piuttosto un altro: decifrare il testo latino attraverso un’attenta e puntuale

riflessione sulla lingua. Ma occorre cominciare dall’inizio.

Quando vogliamo comunicare o esprimere qualcosa, noi utilizziamo un

insieme di parole, più o meno numerose. Il linguaggio infatti non funziona

per singoli vocaboli, ma per insiemi di più voci. Chiamiamo periodo questo

insieme di parole che utilizziamo per

esprimerci. Convenzionalmente per periodo, in

un testo scritto, intendiamo tutte le parole

che cos’è un periodo

Prima Lezione

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Roma

2013

comprese tra due punti fermi9: nell’articulus decimus, il primo periodo è

appunto quello sopra riportato. Bisogna chiarire subito però che questa è solo

una convenzione, utile a fini didattici; in un’opera ben scritta, come quella di

Tommaso, si potrebbe considerare a buon ragione come unico periodo tutto

intero l’articolo, tanto esso è coeso e legato insieme da un punto di vista

logico. Ma su questo aspetto avremo modo di tornare più in là. Per il

momento ci è senz’altro utile la semplificazione che vuole che

meccanicamente periodo sia l’insieme di parole comprese tra due punti

fermi10.

Ora, è possibile classificare le parole in otto famiglie diverse, in base alla

funzione logica e semantica che esse svolgono:

nomi, aggettivi, pronomi, preposizioni, verbi,

congiunzioni, avverbi e esclamazioni (in latino

non esistono gli articoli). Sono questi i cosiddetti elementi del discorso.

A un primo livello, analizzare un testo significherà per noi analizzare

parola dopo parola, riconoscendone il tipo e altre caratteristiche

morfologiche, quali il numero (singolare o plurale), il genere (maschile o

femminile, e in latino anche neutro), e così via. È quella che in Italia viene

comunemente chiamata analisi grammaticale. Noi la chiameremo sempre

analisi della parola (è vero che grámma in greco significa «parola scritta»11, ma

come si vedrà in seguito, mi sembra molto più chiaro in questo caso utilizzare

9 Useremo sempre il sottolineato per evidenziare una definizione. 10 In verità, una seconda semplificazione, opposta, è anche affermare che un periodo sia

necessariamente composto da più parole. Il linguaggio è una realtà complessa e variegata; così,

come ricorda ad esempio Wittgenstein all’inizio delle Ricerche, una comunicazione completa è

anche il semplice grido «Mattone!» rivolto da un muratore verso un suo aiutante. 11 Useremo i caporali («») per racchiudere la traduzione di un vocabolo o di un’espressione, oltre

che la citazione di singole parole o di interi brani tratti da un autore.

gli otto elementi del

discorso in latino

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

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il termine italiano). È senz’altro l’analisi più

noiosa, la più meccanica e quindi anche alla

fine la più facile. Ciò nondimeno, essere

consapevoli che un nome è altra cosa

rispetto a una congiunzione è comunque assai utile ai fini tanto della

produzione quanto della comprensione.

Ma nella lingua appunto le parole non vivono mai da sole, isolate, bensì

sempre legate tra di loro in insieme

chiamati periodi. L’analisi della parola è

un’astrazione molto lontana dalla realtà

viva della lingua. Né le diverse categorie di parole rivestono tutte la

medesima importanza. In prima approssimazione, possiamo affermare che

più importante di tutte le altre è la categoria dei verbi. Quando parliamo,

vogliamo dire qualcosa; il contenuto del dire solitamente è espresso

innanzitutto appunto dal verbo: esso indica infatti l’azione, il sentimento o

qualunque altra cosa si intenda dire. Il verbo è davvero l’anima di ogni

enunciato: è come un sole intorno al quale gravitano le altre parole. Esse sono

il soggetto (chi compie l’azione o prova il sentimento, o comunque ciò di cui

si parla) e tutti gli altri complementi che servono appunto a completare ciò

che stiamo dicendo, specificando

eventualmente il luogo, il tempo, ecc.

L’insieme di predicato (così chiameremo il

verbo a questo livello di analisi: dal latino dicare, «annunziare», e prae,

«pubblicamente, davanti a tutti, con forza»; predicato è ciò che viene

affermato, così come, in tutt’altro contesto, la predica è quanto viene detto

la prima analisi: l’analisi della parola

che cos’è una proposizione

il verbo: l’anima di ogni enunciato

Prima Lezione

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Roma

2013

con forza e pubblicamente dal sacerdote o dal predicatore), soggetto e

complementi è quello che in Italia viene definita proposizione.

Lo studio degli elementi di ciascuna proposizione noi lo chiameremo

analisi della proposizione, andando contro la

consuetudine italiana che parla invece a questo

proposito di analisi logica. Riconosco che è

possibile causa di disorientamento e confusione apportare variazioni in seno

a una tradizione linguistica consolidata, ma a volte è opportuno. Perché si

dovrebbe qualificare come logica solo questo tipo di analisi? La cosiddetta

analisi del periodo è forse meno logica? Assolutamente no. Mi sembra

dunque semplicemente errato denominare analisi logica quella che più

propriamente è l’analisi della proposizione; semmai logiche sono tutte le

analisi che verremo compiendo: esse infatti esplicitano la struttura logica di

un testo a più livelli, della parola, della proposizione e del periodo.

Come dicevamo fin dall’inizio, noi ci esprimiamo formulando periodi.

Ora, ogni periodo, a ben guardare, è composto solitamente da più

proposizioni. Nel testo di Tommaso che abbiamo riportato all’inizio, per

esempio, è facile individuare tre verbi e quindi tre predicati: «sembra»,

«abbiano», «sono». Dunque, quel periodo è

formato da tre proposizioni: infatti, quanti sono i

predicati, altrettante sono le proposizioni12.

L’analisi del periodo è appunto lo studio della relazione che intercorre e lega

le proposizioni all’interno di un periodo. Come avviene per ogni organismo,

per condurre una simile indagine basterà evidenziare e riflettere sulle 12 Come vedremo, invece, non necessariamente il numero dei predicati coincide con quello dei

verbi.

la seconda analisi: l’analisi della

proposizione

la terza analisi: l’analisi del periodo

Studio Critico della Lingua Latina

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giunture, che nel caso del linguaggio sono le congiunzioni e i pronomi

relativi: sono questi gli elementi che

determinano la struttura di un testo, la quale

viene chiamata sintassi. L’analisi del periodo è

senz’altro l’analisi che si pone al livello più concreto, più vicino all’effettiva

realtà del parlare, perché quando parliamo, parliamo per periodi. Per questo

motivo il nostro studio procederà sempre nel seguente modo: prima l’analisi

del periodo, poi quella della proposizione, infine quella della parola, perché,

come insegnava Aristotele, conviene sempre partire da ciò che è più vicino

alla nostra esperienza vissuta.

Per il momento è sufficiente questa prima esposizione del lavoro che

dovremo ripetere per l’intero corso: analisi del periodo, della proposizione e

della parola dei testi che leggeremo. Al termine di questa prima Lezione,

basterà leggere il periodo di Tommaso riportato all’inizio e la sua traduzione,

in modo da familiarizzare con entrambi. La prossima volta cominceremo

l’analisi.

Ora però, per mettere in grado di leggere quel testo, occorre dire

qualcosa sulla pronuncia del latino. Oggi si distinguono due modi diversi di

leggere il latino: classico e ecclesiastico. L’unico

ambiente nel quale si è continuato a parlare in latino

senza interruzione fino ai giorni nostri è la Chiesa

romana: per questo viene chiamata ecclesiastica la pronuncia del latino così

come essa è stata tramandata all’interno della Chiesa. Poi però è successo che

alcuni documenti risalenti ai primi secoli dell’era cristiana attestassero una

pronuncia differente del latino. A me stesso, leggendo una pagina di un noto

che cos’è la sintassi

la pronuncia ecclesiastica

Prima Lezione

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Roma

2013

padre della Chiesa di lingua greca del quarto secolo, Gregorio di Nissa, il

fratello del grande Basilio, è capitato di incontrare uno di questi documenti:

la parola «cielo» (uranós13 in greco), argomenta il Nisseno, è diversa in tutte le

lingue, eppure significa sempre la stessa realtà; per esempio in latino, scrive,

è «kaélum». Evidentemente dunque nel latino conosciuto dal Cappadoce il

latino caelum si proferiva kaélum e non, come

vuole la pronuncia ecclesiastica, célum. Gli

studiosi hanno così ricostruito una pronuncia

del latino diversa da quella ecclesiastica e l’hanno chiamata appunto restituta,

ovvero «ricostruita», o «classica», perché verosimilmente utilizzata al tempo

del latino classico, del grande Cicerone per intenderci (il verosimilmente qui è

una limitazione d’obbligo: resta il fatto che per ovvie ragioni non ci è dato di

ascoltare il latino pronunciato dagli antichi e d’altro canto la stessa

pronuncia, come avviene per ogni lingua, avrà subito alcune variazioni anche

importanti non solo nel corso dei secoli, ma anche da regione a regione).

Premesso ciò, noi qui utilizzeremo comunque la pronuncia ecclesiastica: sia

perché ci rivolgiamo anzitutto a studenti delle università pontificie sia perché

in Italia è comunque la più diffusa in quanto più congeniale a chi parla

italiano14.

13 Trascriveremo i vocaboli greci come vanno proferiti, al fine di consentire a tutti di pronunciarli

correttamente: così, ad esempio, la parola «cielo» in greco si scrive ouranós, ma si legge uranós (lo

stesso dicasi per la scrittura degli accenti nei dittonghi: l’accento è segnato sulla seconda vocale, ad

esempio kaì, ma si legge sulla prima, kái). Pertanto adotteremo la trascrizione uranós (e kái), non

corretta scientificamente, ma utile a chi quella lingua non conosce (del resto, se mi fossi rivolto a

lettori che conoscessero il greco, avrei utilizzato direttamente l’alfabeto greco!). 14 Così, ad esempio, in Germania è adottata viceversa la pronuncia restituta anche solo perché in

verità sarebbe alquanto difficile per un tedesco emettere i suoni dolci ci o ce.

la pronuncia classica o restituta

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

22

Veniamo dunque a esplicitare le poche

regole che occorre conoscere per pronunciare

correttamente il latino ecclesiastico:

1. i dittonghi ae e oe si pronunciano e (dittongo propriamente è

l’unione di due vocali che formano una sola sillaba, ovvero, da un

punto di vista fonetico, una sola emissione di fiato): così ad

esempio caelum si pronuncia celum (fanno eccezione solo

pochissimi vocaboli, di origine greca, con oe: per esempio,

adelphoe, titolo di una commedia di Terenzio, «I Fratelli», si legge

come si scrive); quando però ae e oe non formano dittongo, ma

due sillabe distinte (normalmente ciò è indicato dalla dieresi15

sopra la e), si leggono come si scrivono: ad esempio, poëta

2. ph si pronuncia f: così philosophia si legge «filosófia»

3. il gruppo gl è sempre gutturale, come nell’italiano «negligenza»

4. il gruppo ti+vocale si pronuncia zi+vocale: perciò gratia si legge

grazia (tuttavia si legge ti, se la t è preceduta da t/s/x oppure se

l’accento cade sulla i: vestio e totīus si leggono come si scrivono;

fanno eccezione anche poche parole di origine straniera: per

esempio tiara, il copricapo orientale, si legge come si scrive).

Le altre regole non servirebbe neanche esplicitarle, perché sono

equivalenti alla pronuncia italiana:

5. la h non si pronuncia: è, come si dice in italiano, muta

15 Si chiama dieresi appunto (dal greco diáiresis, «divisione»: il termine tecnico con il quale Platone

indica il procedimento per la ricerca della definizione di un concetto!) il segno diacritico che indica

la separazione di due suoni vocalici che normalmente invece sono assegnati a una sola sillaba.

Diacritico (dal greco diakritikós, «che serve a separare, a distinguere») è invece il segno grafico che,

posto sopra, sotto o accanto a una lettera dell’alfabeto, ne indica una particolare pronuncia.

le regole di pronuncia del latino ecclesiastico

Prima Lezione

23

Roma

2013

6. le sillabe ci/ce/gi/ge si pronunciano sempre dolci: per esempio,

Cícero (e non Chichero, come nella pronuncia restituta)

7. il gruppo gn si pronuncia anch’esso dolce, come nell’italiano sogno

(a differenza della pronuncia restituta, ove si legge la g gutturale,

come in tedesco)

8. la v si legge come la v italiana (nella pronuncia classica invece

come la u).

Resta ancora da spiegare dove cade l’accento nelle parole latine, così da

poterle pronunciare correttamente. Anche qui occorre

fare una premessa. I latini distinguevano le vocali in

base alla quantità, ovvero alla durata della loro

pronuncia, che poteva essere lunga (ˉ) o breve (˘). Il nostro orecchio in realtà

non percepisce più questa differenza, in quanto non è utilizzata nelle lingue

moderne (per questo, ad esempio, per noi oggi è difficile apprezzare

adeguatamente da un punto di vista musicale la poesia latina). Tuttavia la

quantità breve e lunga delle vocali riveste

un’importanza fondamentale per capire dove cada

l’accento tonico di una parola16. In latino infatti è

considerata lunga la sillaba che abbia vocale lunga oppure che termini per

consonante (in quest’ultimo caso si parla di sillaba chiusa); è breve invece la

sillaba che termini per vocale breve (nel caso di sillabe che terminino per

16 Si chiama accento tonico o principale l’accento che determina la pronuncia di un vocabolo nella

lingua parlata. Accento in generale è l’intensificazione o elevazione della voce nel pronunciare una

vocale così da darle risalto all’interno della parola; oltre a quello tonico, esistono altri tipi di

accenti: ad esempio, quello metrico o ritmico, tipico della poesia.

quantità vocalica: lunga o breve

quando la sillaba è lunga e quando è breve

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

24

vocale si parla di sillaba aperta): ad esempio, in ă-mo, la ă è sillaba breve; in făc-

tos, făc è lunga.

Stabilito ciò, la legge dell’accento latino è semplice: se la penultima

sillaba di una parola è lunga, l’accento cade sulla

penultima, se è breve, cade sulla terzultima. Basta

dunque conoscere la quantità della penultima sillaba:

per questo motivo essa non solo è segnata ogni volta nei dizionari, ma d’ora

in avanti sarà indicata sempre nel nostro manuale17. Questa legge, nota come

legge della penultima, conosce solo due

eccezioni:

1. parole nelle quali è caduta la sillaba finale (si parla allora di

apocope, dal greco apokopé, «taglio») presentano l’accento

sull’ultima sillaba (per esempio, si legge addúc, perché in origine

era addūce);

2. parole nelle quali si aggiunge un’enclitica, ossia una parola priva

di accento che per questo motivo si salda alla precedente: in

questo caso l’accento cade sempre sulla penultima, anche se

questa fosse breve (per esempio líttěra, «lettera», diventa

«litteráque»; fanno eccezione solo parole nelle quali l’enclitica que

non è più sentita come enclitica, ma come parte di un unico

vocabolo, nel qual caso la parola segue le normali leggi d’accento:

così ităque, «pertanto», si pronuncia ítaque e non itáque).

17 Per la precisione, sempre, tranne quando però la parola sia formata solo da due sillabe, o quando

la penultima sillaba sia chiusa e quindi lunga, tranne cioè nei due casi in cui è sicuro che l’accento

tonico cada sulla penultima (oltre quando ovviamente la parola sia monosillabica, composta cioè

da una sola sillaba): così, ad esempio, segnaleremo la quantità in vidētur, ma non in plures o in

assignantur (né tanto meno in quod).

la legge della penultima…

…e le sue due eccezioni

Prima Lezione

25

Roma

2013

Per i più esigenti si possono aggiungere alcune ulteriori informazioni

generali introduttive sull’alfabeto e la pronuncia

latina. Rispetto a quello italiano, l’alfabeto latino

conosce in più le seguenti consonanti: k, x, y (consonanti comunque che

insieme alla j sono ormai entrate a far parte anche della scrittura in italiano; in

alcuni dizionari latini, del resto, è possibile trovare anche la lettera j,

utilizzata per trascrivere la i consonante: per esempio,

jocus, «gioco, scherzo»). Dalle iscrizioni latine di cui è

piena Roma, si può facilmente dedurre che in latino esisteva il suono u, ma

non anche v. I dittonghi più comuni in latino sono au, eu, ae, oe (più rari ei, ui,

yi: quest’ultimo si pronuncia i e non ii): essi sono sempre lunghi. La divisione

in sillabe è come in italiano18, tranne che nei seguenti casi:

1. le parole composte si suddividono in base ai loro componenti: per

esempio, sub-le-gě-re

2. i/u+vocale non fanno dittongo: perciò I-ta-lĭ-a

3. gu preceduta da m/n e qu fanno sillaba con la vocale seguente: per

esempio, e-quus o san-guis

4. i nessi di due o tre consonanti non fanno mai sillaba unica: ad

esempio, sanc-tus.

L’iniziale maiuscola infine in latino si usa non

18 Anzitutto per gli stranieri, tuttavia, vale la pena ricordare le norme che regolano la divisione in

sillabe in italiano e che sono valide anche in latino: 1) la sillaba più comune è formata dall’unione

di una consonante e una vocale (ad esempio, «la-ti-no»); 2) oi, au, eu, ou sono dittonghi (per

esempio, «poi»); 3) le doppie si separano sempre (per esempio, «bel-lo»); 4) la s seguita da una

consonante, detta s impura, non si separa mai dalla consonante che la accompagna (per esempio,

«stu-den-te»): questa regola però in latino vale solo a inizio parola (pertanto avremo «stu-di-um»,

ma «ma-gis-ter»).

per i più esigenti …

divisione in sillabe

iniziale maiuscola

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

26

solo per i nomi propri, ma anche per sostantivi, aggettivi e avverbi da quelli

derivati: Italĭa, ma anche Ităli e Italĭcus.

Nella prossima Lezione, cominceremo a conoscere la struttura di una

proposizione e di un periodo. Prima di concludere,

un’ultima raccomandazione, di ordine metodologico.

Per raggiungere buoni risultati, è assolutamente

necessario studiare anche poco, 15-20 minuti, ma tutti i giorni! Ciò vale

probabilmente per qualunque competenza umana si voglia acquisire, ma

tanto più per imparare una lingua. Non serve studiare tre ore, un giorno solo

a settimana; è meglio poco, ma tutti i giorni. È questa, per dirlo con

un’espressione latina, una condicĭo sine qua non: una «condizione senza la

quale non» … si può ottenere nulla.

una condicĭo sine qua non …

Per verificare il mio apprendimento: Quali sono gli otto elementi del discorso nella lingua

latina? Cos’è un periodo? Cosa una proposizione? Cos’è la sintassi? Cosa si intende per pronuncia classica? Cosa per

pronuncia ecclesiastica? Cos’è la legge della penultima?

Roma

2013

27

Seconda Lezione

Nella scorsa Lezione, oltre a indicare le regole da seguire per una

corretta pronuncia del latino, abbiamo cominciato a rendere ragione del fatto

che un’adeguata riflessione sulla lingua richiede tre diverse analisi: della

parola, della proposizione e del periodo. Prendiamo le mosse dal livello che

considera il linguaggio nella sua concretezza, così come di fatto è parlato,

ovvero dal periodo. Rileggiamo l’incĭpit dell’articŭlus decĭmus:

Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus, qui sunt historĭcus vel

litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus.

Per eseguire l’analisi di un periodo, occorre anzitutto individuare

quante e quali siano le proposizioni che lo compongano. A tale scopo è

sufficiente concentrare l’attenzione su tre

diversi elementi del discorso. In primo luogo,

vanno evidenziati i predicati, ovvero i verbi. Nel

nostro periodo sono tre: «vidētur», «non haběat» e «sunt». Tanti sono i

predicati, altrettante le proposizioni; come si ricorderà, infatti, il predicato è

In questa Lezione impareremo: a distinguere tra predicato verbale e nominale a riconoscere le tre diverse funzioni del verbo

essere: ausiliare, copulativa, predicativa a discriminare gli elementi di una proposizione:

soggetto, predicato, complementi e attributi a discernere le diverse proposizioni all’interno di

un periodo: reggenti, complementari e attributive

gli elementi strutturali di un periodo:

1) il predicato …

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

28

l’anima di una proposizione: ciò che, secondo l’etimologia latina del termine,

«si dice con forza, pubblicamente» (proprio come avviene nella predica

pronunciata dal sacerdote appunto); insomma, quel che si intende in buona

sostanza comunicare attraverso una proposizione.

Ora, però, è necessario distinguere in verità tra predicato verbale e

nominale. Il predicato è verbale se, come

avviene nella maggioranza dei casi, esso è

costituito da un verbo: ad esempio «vidētur», o «non haběat» (l’avverbio di

negazione «non» si può considerare tutt’uno con il verbo). Quando però il

verbo è essere, può trattarsi, anziché di un

predicato verbale, di un predicato

nominale. Bisogna qui aprire un’ulteriore

parentesi relativa al verbo essere. Esso può svolgere tre funzioni differenti:

1) ausiliare: quando è unito a un participio passato per la formazione di un

tempo composto (per esempio, «è andato» è un’unica voce verbale, dal

verbo andare, al passato prossimo, formata da due parole);

2) predicativo: quando svolge da solo la funzione di predicato verbale; ciò

avviene solamente qualora significhi stare (seguito di solito da un

complemento di luogo: per esempio, «Sono all’università»), esserci

(riconoscibile dalla presenza della particella locativa ci/vi: «In

grammatica ci sono molte eccezioni»), appartenere (accompagnato dal

complemento di possesso, introdotto in italiano dalla preposizione di:

«Il libro è del professore»), esistere o essere (nel loro significato tecnico

filosofico: «Dio è»);

il predicato verbale

le tre funzioni del verbo essere

Seconda Lezione

Roma

2013

29

3) copulativo: quando introduce un predicato nominale, in unione con un

sostantivo o un aggettivo (presso gli antichi queste due parti del

discorso non venivano distinte, ma chiamate entrambe nomi: in questo

senso è da intendere l’espressione predicato nominale).

Se dunque il verbo essere è seguito da un aggettivo o da un sostantivo è

probabile che sia un predicato nominale. Esso risponde alle domande «chi

è?», «che cos’è?», o «qual è?», «come è?». Nel

nostro caso, «sunt historĭcus …» è un unico

predicato nominale, formato dalla copula «sunt» e da un elenco di aggettivi,

che nel loro insieme rispondono alla domanda: «Quali sono i significati che

sottostarebbero a una sola lettera?». Riconoscere un predicato nominale non è

uno sterile esercizio scolastico; significa piuttosto comprendere che quello che

si sta leggendo o scrivendo è una qualche definizione o giudizio, in quanto

appunto risposta alle domande «chi è?», «cosa è?», «come è?». La teoria

aristotelica del giudizio prende le mosse proprio dalla distinzione tra

sostanza e predicati (in greco, usía e kategoríai, da cui la nota tavola delle

categorie, ripresa e corretta in tempi recenti da Kant), sostanza e predicati che

nel linguaggio sono espressi esattamente dal soggetto e dai suoi possibili

predicati nominali: soggetto infatti è ciò che non conosciamo in sé stesso se

non attraverso quel che si predica di lui (i suoi predicati); viceversa, predicati

sono gli attributi che possiamo venire a conoscere del soggetto («chi è» e

«come è»). Il giudizio dunque nella sua forma più semplice è espresso da un

soggetto seguito da un aggettivo o da un nome e unito a essi tramite la

copula, ovvero il verbo essere (copŭla in latino significa infatti «unione»). Non

il predicato nominale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

30

è pertanto ammissibile che uno studente di filosofia sia incerto nel

riconoscimento di un predicato nominale!

Torniamo alla nostra analisi del periodo. Dopo aver individuato i

predicati, è necessario riconoscere le

congiunzioni. Le congiunzioni sono quelle

piccole parole dalle quali dipende la qualità di

uno scritto o di un discorso, tanto più se

filosofici. Come dice il termine stesso, congiunzione è ciò che congiunge,

unisce, collega due proposizioni tra di loro; più precisamente, è ciò che

determina il tipo di legame logico che intercorre tra due proposizioni: se di

causa-effetto («poiché»), se di ipotesi («se»), e così via. Un buon testo

filosofico è costruito su nessi logici chiari e forti, che rendono tali, chiaro e

forte, il procedere dell’argomentare stesso. Da questo punto di vista, come

avremo modo di apprezzare, san Tommaso è un maestro insuperato:

l’articolo decimo che leggeremo può essere considerato anche solo un unico

periodo, tanto ogni affermazione è collegata alla precedente grazie a un uso

perfetto delle congiunzioni all’interno di ciascuna proposizione. Nel nostro

periodo le congiunzioni che incontriamo sono molte: «quod», «vel», «sive»,

«et». Tuttavia è evidente che le ultime tre congiungono tra di loro gli aggettivi

dell’unico predicato nominale. Il fatto è che le congiunzioni possono collegare

non solo proposizioni, ma anche semplici sostantivi o aggettivi. Ovviamente

in sede di analisi del periodo interessano solo le congiunzioni che uniscano

tra di loro le proposizioni; nel nostro caso quindi solo «quod».

Una funzione simile a quella delle congiunzioni è svolta dal terzo e

ultimo elemento che dobbiamo individuare: i pronomi relativi. I pronomi

gli elementi strutturali di un periodo: 2) le congiunzioni …

Seconda Lezione

Roma

2013

31

relativi infatti sono piccole parole che si sostituiscono a un nome (in latino,

pronōmen significa «al posto del nome») al quale si riferiscono (relatīvus

significa «che si riferisce a»): sono quindi parole

che fanno di un sostantivo il collegamento tra

due proposizioni. In italiano i pronomi relativi

sono cui, il/la quale, i/le quali e che quando possa essere sostituito con il/la quale,

i/le quali; in latino, come studieremo più avanti, il pronome relativo è qui,

quae, quod. Nella traduzione italiana del nostro periodo, due volte compare la

parola «che», in latino una volta «quod» e l’altra «qui». In latino «qui» è

sicuramente pronome relativo: e infatti in italiano esso può essere sostituito

da «i quali sensi». «Quod» invece è vocabolo equivoco come l’italiano che: può

essere tanto congiunzione quanto pronome relativo.

Ora, nel nostro caso è evidente che non ha nessun

senso dire «sembra il/la quale»; quel «quod» pertanto è

congiunzione: in italiano può essere resa anche dall’espressione «il fatto che»

e si chiama congiunzione dichiarativa, perché serve appunto a dichiarare, a dire

un fatto.

Tenendo conto che solitamente pronomi relativi e congiunzioni si

trovano a inizio proposizione, il nostro periodo risulta formato dalle seguenti

tre proposizioni:

1) «vidētur»,

2) «quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus»,

3) «qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis,

et anagogĭcus».

gli elementi strutturali di un periodo: 3) i pronomi relativi

la congiunzione dichiarativa

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

32

Ora però, predicati, congiunzioni e pronomi relativi non servono solo a

riconoscere quante e quali siano le proposizioni all’interno di un periodo;

servono ancora di più a rilevarne la struttura logica, argomentativa: in

linguaggio tecnico, si parla di sintassi.

Sintassi deriva dal greco sýntaxis, vocabolo

che designa lo «schieramento a battaglia dei

soldati». I grammatici alessandrini del terzo

secolo a.C., dai quali ereditiamo ancor oggi buona parte della terminologia

grammaticale, pensavano dunque al linguaggio come a un efficace

schieramento di proposizioni in un campo di battaglia: buon retore è colui

che sa disporre in modo vincente le proposizioni, quasi fossero i pezzi in una

partita a scacchi. L’efficacia della disposizione la si può valutare appunto

guardando esclusivamente ai predicati, alle congiunzioni e ai pronomi

relativi: essi infatti costituiscono la struttura sintattica e logica, l’ossatura di

un periodo. Saper fare l’analisi del periodo significa cogliere subito questa

struttura: è un po’ come fare la radiografia di un testo e evidenziarne solo gli

elementi sintatticamente significativi. Il nostro periodo può dunque ridursi a

questo:

«Vidētur… quod non haběat plures sensus… qui sunt historĭcus …».

Tutte le altre parole sono inutili ai fini della comprensione del

procedere argomentativo di Tommaso (si noti che l’inserimento di «plures

sensus» si è reso necessario solamente per esplicitare a chi si riferisca il

pronome relativo «qui»): come si vede, dalla competenza nell’analisi del

periodo dipende niente meno che il livello e la qualità dell’apprezzamento di

un testo filosofico!

la sintassi: il periodo come un campo di battaglia

Seconda Lezione

Roma

2013

33

Per completare l’analisi del nostro periodo resta ancora solo da definire

la funzione logica svolta da ciascuna proposizione in rapporto alle altre. Per

fare ciò, tuttavia, dobbiamo sospendere l’analisi

del periodo e introdurre quella della

proposizione, perché non si può comprendere la prima senza avere

adeguatamente inteso la seconda. Proposizione è l’insieme di un predicato e

del suo soggetto: è questa quella che viene chiamata frase minima, ovvero

l’insieme minimo di parole necessario per comunicare qualcosa (per esempio,

«Tommaso scrive»)19.

Come già detto, l’anima di una proposizione è il predicato, non importa

se nominale o verbale: esso è come il sole intorno al quale gravitano tutte le

altre parole. Il soggetto è invece ciò di cui si predica qualcosa. Molte altre

tuttavia sono le parole che possono orbitare intorno al predicato: esse

vengono chiamate complementi, perché vanno a

completare la comunicazione espressa dal predicato.

Si è soliti giustamente suddividere i complementi in

due gruppi: i complementi diretti e quelli indiretti. Diretto è il complemento

oggetto20: esso è chiamato così perché forma un tutt’uno con il predicato, al

quale è unito senza l’ausilio di preposizioni; risponde alla domanda «chi è?

cos’è?» (e in questo senso indica l’oggetto del predicato: per esempio,

«Tommaso scrive la Summa»). Tutti gli altri complementi sono indiretti: essi

19 In verità, il linguaggio prevede anche proposizioni formate da soli sostantivi: per esempio,

«Mattone!», gridato da un muratore al suo aiutante, secondo il già ricordato esempio riportato da

Wittgenstein all’inizio delle sue Ricerche Filosofiche. Ciò nondimeno, ai fini della spiegazione che

stiamo portando avanti, ci si consenta di tralasciare simili precisazioni e di semplificare

affermando che la proposizione minima è formata da un soggetto e un predicato. 20 Per la precisione, diretti sono anche i complementi predicativi dell’oggetto e del soggetto; ma di

essi parleremo più avanti, a tempo debito.

la frase minima: soggetto + predicato

i complementi: diretti e indiretti

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

34

possono aggiungere le più svariate informazioni, rispondendo a una

molteplicità di domande. Ad esempio, il complemento di tempo risponde alla

domanda «quando?», quello di luogo alla domanda «dove?», e così via (per

esempio, «Tommaso termina la Summa contra Gentīles nel 1273»).

Spesso i complementi indiretti sono introdotti da una preposizione:

preposizione è appunto quella parola o insieme di

parole preposte alla formazione di un

complemento (così, in italiano il complemento di tempo è solitamente

introdotto dalla preposizione in, come nell’ultimo esempio riportato).

Infine tanto il soggetto quanto i complementi possono essere

accompagnati da un aggettivo o da un

sostantivo che servano a qualificare

meglio il termine al quale si riferiscano: in analisi della proposizione gli

aggettivi vengono chiamati attributi (dal latino attribūtum, «che si riferisce a,

che è attribuito a»: per esempio, «san Tommaso») e i sostantivi con funzione

di aggettivi apposizioni (dal latino apposĭtum, «che è posto vicino a, che è

aggiunto a»: per esempio, «Tommaso, discepolo di Alberto Magno»). Nella

pagina seguente, ecco dunque rappresentata graficamente la struttura di una

proposizione:

le preposizioni

attributi e apposizioni

Seconda Lezione

Roma

2013

35

A questo punto possiamo tornare alla nostra analisi del periodo e

completarla. Il periodo infatti, nel suo insieme, riflette la

medesima struttura di una proposizione. Il gruppo

soggetto+predicato è rappresentato da quella che è

chiamata proposizione reggente21 («Tommaso scrisse la Summa Theologĭae»).

21 In italiano essa è più comunemente chiamata proposizione principale o indipendente. Tuttavia non

sempre essa è davvero principale quanto al significato né è sempre sintatticamente indipendente: per

esempio, nel nostro periodo, come vedremo, la proposizione reggente è «vidētur»; essa ovviamente

non contiene l’informazione principale (da sola infatti non dice nulla) né è sintatticamente

indipendente (ché non avrebbe senso dire semplicemente «sembra»); resta però il fatto che regge,

introduce tutte le altre proposizioni. Insomma, una cosiddetta proposizione principale o

indipendente è sempre anche reggente, ma non sempre è propriamente indipendente o principale;

per questo preferiamo parlare di proposizioni reggenti piuttosto che di principali o indipendenti,

ancora una volta consapevoli di andare, per amore di chiarezza e di rigore terminologico, contro

una tradizione linguistica consolidata in Italia.

predicato (verbale o nominale)

complementi indiretti (con

o senza attributi e

apposizioni)

complemento diretto (con o senza attributi e apposizioni)

complementi indiretti (con

o senza attributi e

apposizioni)

soggetto (con o senza

attributi e apposizioni)

la struttura di una

proposizione

proposizione reggente

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

36

A essa si possono inoltre aggiungere una o più proposizioni, che vanno

a fornire ulteriori informazioni, proprio come i

complementi: per questo le chiameremo proposizioni

complementari22, distinguendole tra dirette (quando svolgano la funzione di

complemento oggetto, rispondendo alla domanda «chi?», «che cosa?»: per

esempio, «Tommaso riteneva che sotto una sola lettera della Sacra Scrittura vi

possano essere più sensi …») e indirette (qualora corrispondano a uno

qualunque dei complementi indiretti, per esempio a un complemento di

causa: «… perché l’autore della Sacra Scrittura è Dio …»). Infine ciascuna

proposizione può essere accompagnata da un’altra che,

come un attributo o un’apposizione, qualifichi meglio un

suo elemento al quale è collegata tramite un pronome

relativo: chiameremo queste proposizioni attributive («… che ha il potere di fare

persino di un evento il significante di un altro evento»)23. Ecco dunque la possibile

struttura di un periodo:

22 Anche in questo caso dunque, sempre per amore di chiarezza e di rigore terminologico, andando

consapevolmente contro la tradizione scolastica italiana, che di solito preferisce chiamare le

complementari proposizioni subordinate o secondarie. 23 Esse, oltre che appositive, sono chiamate giustamente anche proposizioni relative. Tuttavia non

tutte le proposizioni relative sono attributive; soprattutto in latino, alcune proposizioni relative

svolgono la funzione di proposizioni complementari indirette, nel qual caso vengono chiamate

proposizioni relative improprie: per esempio, nel periodo «Tommaso progettò un’opera che

rappresentasse una sintesi del pensiero cristiano», la proposizione relativa svolge più

propriamente la funzione di proposizione complementare indiretta consecutiva, tant’è che può

essere anche sostituita con «Tommaso progettò un’opera tale che rappresentasse una sintesi del

pensiero cristiano». Sulle proposizioni relative improprie ci soffermeremo molto più avanti.

proposizioni complementari

proposizioni attributive

Seconda Lezione

Roma

2013

37

Non ci stancheremo mai di ripetere quanto sia importante, soprattutto

per uno studente di filosofia, comprendere lo stretto parallelismo sussistente

tra proposizione e periodo al fine di rendersi bene conto della struttura logica

di un periodo, e quanto a questo scopo sia altresì importante saper fare una

lettura e un uso attenti delle congiunzioni.

Dicevamo che la proposizione reggente corrisponde al gruppo

soggetto+predicato. A volte però la reggente è costituita da un verbo

impersonale, ossia privo di soggetto; in questi casi di frequente il soggetto in

verità c’è, ma è l’intera proposizione dipendente

dalla reggente, che chiameremo pertanto

proposizione complementare diretta soggettiva24. È

questo il caso del nostro periodo. È infatti evidente che «vidētur» sia la

24 Lo stretto parallelismo tra proposizione e periodo conosce pertanto qui una piccola restrizione:

mentre in una proposizione il complemento diretto è o il complemento oggetto o il complemento

predicativo, in un periodo la proposizione complementare diretta può essere oggettiva

(equivalente a un complemento oggetto) o soggettiva (equivalente al soggetto di un verbo

impersonale).

proposizione reggente (con o senza proposi-zione attributiva)

proposizione complemen-tare diretta (con o senza proposizione attributiva)

proposizione complemen-tare indiretta (con o senza proposizione attributiva)

proposizione complemen-tare indiretta (con o senza proposizione attributiva)

la proposizione complementare diretta soggettiva

la struttura di un periodo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

38

proposizione reggente: sebbene non contenga l’informazione principale,

tuttavia regge, introduce sintatticamente tutte le altre proposizioni. Ora,

«sembra» è un verbo impersonale: non ha soggetto. Ma a ben vedere, il

soggetto c’è: è l’intera proposizione introdotta da «quod». Il fatto che sotto

un’unica lettera della Sacra Scrittura non sia possibile la presenza di più

significati: tutto questo è ciò che «sembra»! Per quanto riguarda poi la

proposizione introdotta da «qui», ossia da un pronome relativo, è, come

dicevamo, una proposizione che va a qualificare meglio quali siano i «plures

sensus», il termine cioè al quale il pronome relativo si riferisce: è perciò una

proposizione attributiva. Ecco dunque l’analisi del nostro periodo:

1) «vidētur»: proposizione reggente

2) «quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus»:

proposizione complementare diretta soggettiva

3) «qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et

anagogĭcus»: proposizione attributiva.

Si tratta pertanto di un periodo costituito da un predicato (1), da un

soggetto (2) e da un attributo del soggetto (3). Nella prossima Lezione

andremo ad aggiungere poche altre informazioni necessarie per completare

la nostra analisi del periodo, per poi volgere quindi l’attenzione all’analisi

delle tre singole proposizioni che formano il periodo appena analizzato: ciò ci

consentirà di introdurci a un argomento chiave della grammatica latina,

quello dei casi e delle declinazioni.

Seconda Lezione

Roma

2013

39

Per verificare il mio apprendimento: Quali sono gli elementi strutturali di un periodo? In

che senso esso può essere assimilato a un campo da battaglia?

Quali sono le tre possibili funzioni svolte dal verbo essere?

Cos’è un predicato? Perché si chiama così?

Cos’è un predicato verbale? Perché si chiama così? Cos’è un predicato nominale? Perché si chiama così? Perché in un testo filosofico è tanto importante

sapere usare bene le congiunzioni? Quali sono gli elementi strutturali di una

proposizione? Cos’è la frase minima? Qual è la funzione svolta dalle preposizioni? Cosa sono gli attributi? Perché si chiamano così? Cosa sono i complementi? Perché si chiamano così? In cosa consiste lo stretto parallelismo sussistente tra

struttura di un periodo e di una proposizione? Cosa sono le proposizioni reggenti? Perché si

chiamano così? Cosa sono le proposizioni attributive? Perché si

chiamano così? Cosa sono le proposizioni complementari? Perché si

chiamano così? Cosa è una congiunzione dichiarativa? Cosa una

proposizione complementare diretta soggettiva?

Roma 2013

40

Terza Lezione

Nella scorsa Lezione siamo stati introdotti allo svolgimento dell’analisi

di un periodo, attraverso la spiegazione di diversi concetti fondamentali,

quali quelli di predicato verbale e nominale, congiunzione e preposizione,

soggetto, complementi e attributi. Per

concludere l’analisi del periodo là avviata, sarà

sufficiente presentare ora uno strumento che da adesso in avanti utilizzeremo

sempre e che chiameremo scheda di analisi del periodo. Si tratta di una griglia

che ci guiderà passo passo nell’esecuzione dell’analisi di qualunque periodo.

Essa è composta di due pagine, allegate alla fine di questa Lezione. Come

usarle?

Anzitutto, occorre trascrivere il periodo da esaminare. Nel nostro caso,

dunque:

ANALISI DEL PERIODO: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures

sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et

anagogĭcus»

In questa Lezione impareremo: a fare l’analisi di un periodo seguendo uno dopo

l’altro i passi indicati in un’apposita scheda a fare l’analisi del periodo di «Vidētur quod …» a conoscere i componenti di una parola: radice,

suffissi, prefissi e desinenze a distinguere i sei casi latini: nominativo, genitivo,

dativo, accusativo, vocativo e ablativo

la scheda di analisi del periodo: …

Terza Lezione

Roma

2013

41

La prima colonna chiede quindi di elencare le congiunzioni, specificandone

il tipo. Nella Legenda si trova una classificazione di

tutte le possibili congiunzioni. Esse si distinguono in

coordinative e subordinative. Le prime servono a

collegare due proposizioni sul medesimo livello sintattico (per esempio, due

reggenti, o due complementari subordinate direttamente alla medesima

reggente : «Oggi andrò all’università e sosterrò l’esame …»); le seconde

invece a introdurre una proposizione che si trova su un piano sintattico

inferiore rispetto alla precedente (per esempio, una complementare retta da

un’altra complementare, o da una reggente : «…, quando arriverà il mio

turno»). Impareremo a conoscerle mano a mano che le incontreremo. In

questo nostro primo periodo abbiamo trovato solamente «quod» (come già

detto, infatti, nell’analisi del periodo non interessano quelle congiunzioni che

colleghino tra di loro non due proposizioni, ma due elementi all’interno di

un’unica proposizione). Scriveremo pertanto :

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare

pronomi relativi

(e avverbi)

specificando il

termine al quale

si riferiscono

Elencare i

predicati

(verbali o

nominali)

Elencare le proposizioni,

indicando per ciascuna

congiunzione, pronome relativo

o avverbio da cui è introdotta e il

predicato verbale o nominale che

la caratterizza

1 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Nella seconda colonna, come indicato,

trascriveremo i pronomi relativi presenti nel

periodo, indicando per ciascuno il termine al quale

si riferiscano (come si ricorderà, infatti, il pronome relativo, come un

… elencare le congiunzioni

… trascrivere i pronomi relativi

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

42

attributo, «si riferisce» sempre, è relatīvus appunto, a un altro termine). Nel

nostro caso dunque:

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare

i

predicati

(verbali o

nominali)

Elencare le proposizioni,

indicando per ciascuna

congiunzione, pronome

relativo o avverbio da cui è

introdotta e il predicato

verbale o nominale che la

caratterizza

1 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Qui = si riferisce a

«plures sensus»

Nella terza colonna infine andremo a registrare

tutti i predicati presenti nel periodo, specificando se si

tratti di predicati verbali o nominali:

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare

pronomi relativi

(e avverbi)

specificando il

termine al quale

si riferiscono

Elencare i

predicati (verbali o

nominali)

Elencare le

proposizioni,

indicando per

ciascuna

congiunzione,

pronome relativo o

avverbio da cui è

introdotta e il

predicato verbale o

nominale che la

caratterizza

1 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Qui = si riferisce a

«plures sensus»

Vidētur= predicato

verbale

2 Non haběat =

predicato verbale

3 Sunt historĭcus …=

predicato nominale

A questo punto resta da enumerare una a una le proposizioni presenti nel

periodo. A tale scopo, vale la regola: tanti predicati, altrettante proposizioni.

Nel nostro periodo, quindi, avremo tre proposizioni. Per il resto, si tratta di

… registrare tutti i predicati

Terza Lezione

Roma

2013

43

associare ciascuna congiunzione e pronome relativo al predicato che

introducono. È buona norma cominciare dai

pronomi relativi che sono quasi sempre vicini al

predicato al quale sono associati e che pertanto

sono più facili da collegare. Nel nostro caso, «qui» introduce evidentemente

«sunt historĭcus …»; ma in maniera altrettanto evidente, «quod» è unito a «non

haběat». Ecco dunque compilata anche la quarta colonna:

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare

pronomi relativi

(e avverbi)

specificando il

termine al quale

si riferiscono

Elencare i

predicati (verbali o

nominali)

Elencare le

proposizioni,

indicando per

ciascuna

congiunzione,

pronome relativo o

avverbio da cui è

introdotta e il

predicato verbale o

nominale che la

caratterizza

1 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Qui = si riferisce a

«plures sensus»

Vidētur= predicato

verbale

Vidētur

2 Non haběat =

predicato verbale

Quod … non haběat

3 Sunt historĭcus …=

predicato nominale

Qui sunt historĭcus …

Per indicare ciascuna proposizione, basta trascrivere questi elementi

sintattici significativi, ovvero congiunzioni,

pronomi relativi e predicati. In effetti, i predicati

sono il cuore delle proposizioni, in quanto

contengono ciò che si vuole dire, mentre congiunzioni e pronomi relativi

costituiscono i collegamenti, i connettori, i nessi logici che legano le

proposizioni tra di loro. Questi soli elementi dunque sono sufficienti per

… enumerare le proposizioni

gli elementi sintattici significativi

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

44

comprendere la struttura logica di quel che si sta leggendo o ascoltando. Da

questo punto di vista, tutte le altre parole sono irrilevanti. Saper fare l’analisi

del periodo significa fare immediatamente una sorta di radiografia del testo,

in modo da evidenziarne l’ossatura, la linea argomentativa: significa quindi

avere una competenza in più per comprendere quando si ascolta e farsi

comprendere quando si parla.

A questo punto manca solamente ancora di capire l’ordine sintattico

delle proposizioni, ovvero quale o quali siano le reggenti, quale o quali le

proposizioni complementari di primo grado, quelle cioè immediatamente

dipendenti dalle reggenti, e così via. Nella prima colonna della seconda metà

della griglia si riscrivono pertanto le proposizioni, seguendo la successione sintattica

e specificando la tipologia di ciascuna. A tale scopo, nella Legenda, sono riportate

tutte le possibili classificazioni. Anzitutto si distingue

tra proposizioni reggenti, complementari dirette e

indirette, attributive. La natura di ogni proposizione in genere è riconoscibile

guardando al termine che la introduce: un pronome relativo introdurrà una

proposizione attributiva, una congiunzione subordinativa dichiarativa

introdurrà una proposizione complementare diretta dichiarativa soggettiva o

oggettiva, e così via. In generale, una congiunzione subordinativa annuncia

sempre una proposizione complementare; invece una congiunzione

coordinativa può unire due proposizioni reggenti o due subordinate; nella

Legenda sono indicati i vari tipi sia di congiunzioni25 che di proposizioni.

25 Per la precisione, nella Legenda, insieme alle congiunzioni, sono enumerati anche i vari tipi di

avverbi, in quanto, come vedremo più avanti, gli avverbi a volte svolgono una funzione analoga a

quella dei pronomi relativi.

classificazione delle proposizioni

Terza Lezione

Roma

2013

45

Esistono diversi generi di proposizioni reggenti; tuttavia nel testo di san

Tommaso che studieremo per lo più si tratterà

sempre di proposizioni reggenti enunciative,

ovvero di proposizioni che semplicemente

enunciano, dicono qualcosa, come del resto avviene di regola in un testo

argomentativo.

Per ogni proposizione complementare e attributiva, infine, occorre

specificare il grado di subordinazione. Nel nostro caso, è evidente che «quod

… non haběat» dipende direttamente dalla reggente e quindi è una

complementare di primo grado (le reggenti

invece sono considerate di grado zero, in

quanto al vertice della piramide), così come

l’attributiva «qui sunt historĭcus …» dipende

dalla complementare di primo grado (il termine al quale «qui» si riferisce

infatti, ovvero «plures sensus», si trova appunto nella complementare

soggettiva) e quindi è una proposizione di secondo grado. Ecco dunque

compilata la prima colonna della seconda parte della griglia:

Elencare in ordine degradante le

proposizioni reggenti, complementari e

attributive, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero

periodo

1 Vidētur = proposizione reggente enunciativa

2 Quod … non haběat = proposizione

complementare diretta soggettiva di I grado

3 Qui sunt historĭcus … = proposizione

attributiva di II grado

specificazione del grado di subordinazione

proposizioni reggenti enunciative

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

46

Resta infine da compilare un’ultima cella, quella intitolata Diagramma di

flusso. In maniera riassuntiva e schematica, è chiesto qui di disegnare il flusso

logico dell’argomentazione. Spesso non esiste un solo schema corretto, in quanto

la medesima argomentazione la si può guardare da differenti punti di vista.

Nel nostro caso, per esempio, si può scolasticamente porre la reggente sopra

la complementare e allora avremo:

vidētur

quod … non haběat

Ma da un punto di vista semantico, guardando cioè al significato di

quanto scrive san Tommaso, la complementare soggettiva è appunto il

soggetto di «vidētur» e pertanto a buon ragione può essere rappresentata al di

sopra della reggente, così:

quod … non haběat

vidētur

Per quanto concerne le attributive, poi, esse scolasticamente possono

essere considerate delle subordinate e quindi sempre di un grado inferiore

rispetto alla proposizione dalla quale dipendono. Nel nostro caso pertanto

avremo:

diversi diagrammi di flusso possibili

Terza Lezione

Roma

2013

47

quod … non haběat plures sensus26

qui sunt historĭcus …

Ma in quanto attributive, in quanto cioè semplici attributi, possono

altresì essere collocate accanto alla proposizione alla quale si riferiscono,

considerandole perciò coordinate e non subordinate rispetto a esse. Avremo

allora:

quod … non haběat plures sensus (qui sunt historĭcus …)

Noi utilizzeremo sempre entrambe le prospettive: nella prima colonna

della griglia, considereremo le attributive sempre come subordinate (così, ad

esempio, sopra abbiamo scritto: «proposizione attributiva di secondo

grado»); nel diagramma di flusso invece le rappresenteremo sempre tra

parentesi, accanto al termine al quale si riferiscono, quindi in posizione

coordinata. Nella pagina seguente, ecco la nostra prima scheda di analisi del

periodo interamente completata:

26 Riscrivendo le proposizioni nel diagramma di flusso, è opportuno inserire parole che fino ad

adesso erano state tralasciate: per la precisione, i vocaboli ai quali i pronomi relativi si riferiscono

(nel nostro caso, «plures sensus»).

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

48

ANALISI DEL PERIODO: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures

sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et

anagogĭcus»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare

pronomi relativi

(e avverbi)

specificando il

termine al quale

si riferiscono

Elencare i

predicati (verbali o

nominali)

Elencare le

proposizioni,

indicando per

ciascuna

congiunzione,

pronome relativo o

avverbio da cui è

introdotta e il

predicato verbale o

nominale che la

caratterizza

1 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Qui = si riferisce a

«plures sensus»

Vidētur= predicato

verbale

Vidētur

2 Non haběat =

predicato verbale

Quod … non haběat

3 Sunt historĭcus …=

predicato nominale

Qui sunt historĭcus …

Elencare in ordine degradante le

proposizioni reggenti,

complementari e attributive,

indicando per ciascuna il grado e il

tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Vidētur = proposizione reggente

enunciativa

Quod non haběat plures sensus (qui sunt historĭcus …)

vidētur

2 Quod … non haběat = proposizione

complementare diretta soggettiva di I

grado

3 Qui sunt historĭcus … = proposizione

attributiva di II grado

Terminata l’analisi del periodo, passiamo a quella della proposizione.

Nella scorsa Lezione abbiamo già distinto gli elementi fondamentali di una

la scheda di analisi del periodo di «Vidētur quod …»

Terza Lezione

Roma

2013

49

proposizione: predicato, soggetto, complemento diretto, complementi

indiretti, attributi e apposizioni. Ogni parola dunque,

all’interno di una proposizione, assume una determinata

funzione logica: quella di soggetto, o di complemento

oggetto, e così via. Ora, in latino un nome, a seconda della funzione logica

che svolge, cambia desinenza. Per comprendere bene questo fenomeno,

occorre preliminarmente chiarire cosa sia una desinenza.

Ogni parola è formata da una radice: sono quelle poche lettere (in

genere, tre consonanti più alcune vocali) alle quali è

associato un determinato significato (per esempio,

in vidēre la radice è vid). Da una medesima radice

derivano diverse parole appartenenti alla stessa famiglia di significato: per

esempio, da vid derivano, oltre a vidēre, visio, «visione», visus, «vista», visĕre,

«visitare»27. Alla radice vengono quindi premessi dei prefissi o posposti dei

suffissi, che servono a specificare il significato della parola o la sua funzione

logica o grammaticale: così per esempio praevidēre significa «vedere in

anticipo o da lontano» (funzione semantica del prefisso: prae specifica il

significato della parola), mentre in scriptūra, dalla radice scrib, il suffisso ur fa

della parola un sostantivo (funzione grammaticale del suffisso). Ogni

parola infine termina con poche lettere che servono a dare alcune

informazioni esclusivamente grammaticali e logiche: in scriptūra la a dice che

si tratta di un sostantivo femminile singolare. Desinenza (dal latino desiněre,

«terminare») è il nome che viene dato a questa parte finale di ogni parola.

Preposizioni, congiunzioni, avverbi e esclamazioni sono sempre indeclinabili o 27 Le vocali o l’ultima consonante di una radice, nella formazione di una parola, possono subire

mutamenti a causa di differenti ragioni fonetiche.

analisi della proposizione

radice, suffissi e prefissi

desinenza

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

50

invariabili, ovvero la loro desinenza non varia. Invece nelle altre parti del

discorso, aggettivi, pronomi, sostantivi e verbi, la desinenza variando

fornisce importanti e differenti informazioni. Questo fenomeno avviene in

tutte le lingue: per esempio, in italiano «scrittura», singolare, al plurale

diventa «scritture»; oppure la prima persona singolare «vedo» alla seconda

persona singolare diventa «vedi».

In latino, però, nei sostantivi, negli aggettivi e nei pronomi, la desinenza

varia anche in base alla funzione logica che la parola assume all’interno di

una determinata proposizione: così in «Scriptūra sacra est», «la Scrittura è

sacra», la desinenza a designa che «Scriptūra» è soggetto singolare,

mentre in «Scriptūram lego», «leggo la Scrittura», la desinenza am

indica che «Scriptūram» è complemento oggetto singolare. Le diverse funzioni

logiche espresse dal variare della desinenza in un sostantivo, aggettivo o

pronome sono chiamate casi (dal latino casus, «il termine, la fine»): essi sono

sei.

Il nominativo: dal latino nomināre, come l’italiano «nominare», è il caso

del soggetto e del predicato nominale (serve appunto a dare un nome al

soggetto o ad alcune sue caratteristiche). Il

genitivo: serve a esprimere il complemento di

specificazione, quel complemento cioè che specifica di chi o di che cosa è il

sostantivo al quale si riferisce (conseguentemente, il complemento di

specificazione è sempre specificazione di qualche altra parte della

proposizione: complemento di specificazione del soggetto, del complemento

oggetto, ecc.); la denominazione viene dal latino genetīvus, «colui che genera»,

in quanto dalla desinenza del caso genitivo si genera tutto il resto della

casi

nominativo e genitivo

Terza Lezione

Roma

2013

51

declinazione, ovvero si riconosce a quale declinazione appartenga quella

parola28.

Dativo: esprime colui o ciò a cui si dà, datīvus,

ovvero il complemento di termine. Accusativo:

traduce il complemento oggetto, ovvero chi o che cosa è oggetto diretto

dell’azione del predicato verbale; per questo motivo il complemento oggetto

è chiamato anche complemento diretto e insieme a nominativo e vocativo è

uno dei tre cosiddetti casi retti; in latino, come pure in italiano, accusāre

significa appunto «chiamare in causa direttamente qualcuno o qualcosa».

Vocativo: traduce il complemento di vocazione, ovvero colui o ciò a cui

ci si rivolge invocandolo (vocāre significa

appunto «chiamare»); è il complemento che

accompagna l’imperativo, è presente in tutte le preghiere ed è sempre

separato dal resto della proposizione attraverso le virgole che lo racchiudono;

di norma, la desinenza del vocativo è uguale a quella del nominativo, in

quanto il referente del complemento di vocazione è il soggetto della

proposizione. Ablativo: il termine deriva dal verbo latino auferre, che significa

«allontanare» (e che in un modo verbale chiamato supino diventa ablātum), in

quanto è il caso che anticamente traduceva il complemento di origine e di

separazione; di fatto, è venuto poi a tradurre, spesso con l’ausilio di

28 Si può offrire anche un’altra spiegazione etimologica, non corretta scientificamente, ma

suggestiva filosoficamente. Presso gli antichi, per identificare una persona spesso si indicava di chi

fosse figlio (per esempio, «Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo») e in greco per dire «figlio di» si

usava proprio il caso genitivo (ovvero, semplicemente «Giacomo e Giovanni, di Zebedeo»). In tal

senso, il genitivo è il caso per dire che si è figli di qualcuno, ossia appunto che si è generati; e da

questo punto di vista, ogni uomo per definizione è al genitivo, in quanto non si è dato da sé stesso

la vita: è, teologicamente, creatura, essere-ricevuto.

dativo e accusativo

vocativo e ablativo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

52

preposizioni, molti complementi indiretti (l’ablativo, insieme al genitivo e al

dativo, è uno dei tre cosiddetti casi indiretti o obliqui).

Ogni sostantivo, aggettivo e pronome dunque presenta una variazione

della desinenza in corrispondenza dei sei casi, al singolare e al plurale

(tuttavia le desinenze di ogni parola sono in numero minore di dodici, in

quanto alcune si ripetono uguali per diversi casi).

L’insieme delle dodici uscite si chiama declinazione

(dal latino declinatĭo, «lo spiegamento» di una parola in tutte le sue possibili

forme). In latino esistono cinque schemi di declinazione: la prima, la seconda,

la terza, la quarta e la quinta. Ogni sostantivo segue lo schema di una di

queste declinazioni. Come già detto, l’appartenenza di un nome a una

determinata declinazione si riconosce dalla desinenza del genitivo singolare:

per questo motivo, nei dizionari, di ogni sostantivo è riferito il nominativo e il

genitivo singolare (così, ad esempio, di Scriptūra il vocabolario riporta

«scriptūra, ae»: la desinenza ae al genitivo singolare è tipica e unica della

prima declinazione).

La maggior parte degli aggettivi utilizza le desinenze delle prime tre

declinazioni. Un numero ristretto di aggettivi e

pronomi utilizza le medesime desinenze, con

alcune variazioni loro proprie (si parla pertanto di desinenze pronominali).

Anche i verbi cambiano la parte finale di parola per specificare il tempo,

il modo, la persona e il numero della voce

verbale. La flessione dei verbi (dal latino flectĕre,

«il flettersi, lo spiegarsi», analogo alla declinatĭo di cui si è detto sopra) viene

chiamata coniugazione (dal latino coniugāre, «il mettere insieme, unire» i vari

le cinque declinazioni

le desinenze pronominali

le coniugazioni

Terza Lezione

Roma

2013

53

suffissi, vocali tematiche e desinenze per formare le diverse voci verbali), in

maniera del tutto simile a quel che avviene per i verbi in italiano.

Sui verbi ci soffermeremo più avanti. Per il momento, per concludere,

torniamo ai casi. Dicevamo che essi specificano la funzione logica svolta dalla

parola nella proposizione. Nel primo periodo di san Tommaso abbiamo letto:

«Sacra Scriptūra non haběat sub una littěra plures sensus, qui sunt historĭcus vel

litterālis, …». «Sacra Scriptūra» è il soggetto: entrambi infatti sono al

nominativo singolare, con desinenza a, propria della prima declinazione.

«Plures sensus» è il complemento oggetto: le due parole infatti sono in caso

accusativo plurale, con desinenza es, propria della terza declinazione, e us,

propria della quarta declinazione. «Sub una littěra» è un complemento di stato in

luogo, che risponde alla domanda «dove?» e in latino si traduce con in +

l’ablativo (ma anche con molte altre preposizioni, alcune delle quali

incontreremo nel testo di Tommaso): a infatti è la desinenza dell’ablativo

singolare della prima declinazione (come si noterà, analoga al nominativo

singolare della medesima declinazione). «Historĭcus, litterālis» e tutti gli altri

aggettivi sono predicati nominali e infatti sono in caso nominativo singolare:

us è la desinenza del nominativo singolare della seconda declinazione, is della

terza declinazione. Infine «qui» è nominativo maschile plurale del pronome

relativo «qui, quae, quod», che, come si è accennato sopra, ha una declinazione

sua propria.

Nella prossima Lezione ripartiremo da qui, dall’analisi della

proposizione. Con l’occasione, presenteremo un’altra scheda che sempre ci

guiderà nell’analisi delle proposizioni.

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

54

Per verificare il mio apprendimento: Partendo da una scheda vuota, compilo la scheda di

analisi del periodo di «Vidētur quod …» Di questo periodo traccio i possibili diversi

diagrammi di flusso Cosa è una proposizione reggente enunciativa? Cosa sono i gradi di subordinazione?

Da quali elementi è formato un nome? Qual è la funzione specifica svolta dalle desinenze

dei nomi in latino rispetto all’italiano e alla maggioranza delle lingue moderne?

Quali sono i sei casi latini? Cosa traducono?

Terza Lezione

Roma

2013

55

ANALISI DEL PERIODO: ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1

2

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1

2

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

56

LEGENDA

Avverbi: modali, temporali, locativi, interrogativi semplici e disgiuntivi, affermativi,

negativi, dubitativi, rafforzativi

Congiunzioni coordinative: copulative, disgiuntive inclusive o esclusive, avversative, esplicative, conclusive

Congiunzioni subordinative: dichiarative, consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive,

comparative, eccettuative, privative, ipotetiche

Proposizioni reggenti: enunciative, interrogative dirette, esclamative, esortative, ottative, concessive,

dubitative, potenziali, imperative

Proposizioni complementari dirette: soggettive, oggettive, interrogative indirette

Proposizioni complementari indirette: consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive, comparative,

eccettuative, privative, condizionali, incidentali

Roma

2013

57

Quarta Lezione

Nella scorsa Lezione abbiamo presentato la nozione di desinenza e

declinazione. Veniamo dunque subito a

conoscere la prima declinazione:

scriptūra, ae Singolare Plurale

Nominativo scriptūră scriptūrae

Genitivo scriptūrae scripturārum

Dativo scriptūrae scriptūris

Accusativo scriptūram scriptūras

Vocativo scriptūră scriptūrae

Ablativo scriptūrā scriptūris

In questa Lezione impareremo: la prima declinazione le desinenze attive dei verbi a discernere il tema verbale, composto da suffissi e

vocale tematica

a distinguere in un verbo tra modo, tempo e aspetto dell’azione

a definire che cos’è un verbo atematico o irregolare a classificare le quattro coniugazioni e la

coniugazione propria del verbo sum la flessione dell’indicativo presente attivo delle

quattro coniugazioni e del verbo sum a utilizzare la scheda di analisi della proposizione a fare l’analisi delle tre proposizioni del primo

periodo («Vidētur quod …»)

la prima declinazione

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

58

È facile notare che alcune desinenze si ripetono uguali: ă per il

nominativo e vocativo singolare (e di fatto anche per l’ablativo singolare: in

un testo scritto latino infatti non si è soliti segnare la quantità dell’ultima

sillaba, per cui scriptūra può essere sia nominativo, sia vocativo sia ablativo

singolare); ae per il genitivo e dativo singolare, e per il nominativo e vocativo

plurale; is per il dativo e ablativo plurale. Per il resto, non c’è molto altro da

dire o da capire, quanto piuttosto da familiarizzare con simili desinenze, così

da riconoscerle quando le si incontri. Molti

aggettivi, al femminile, utilizzano le

desinenze della prima declinazione. Così

avremo:

sacra Singolare Plurale

Nominativo sacră sacrae

Genitivo sacrae sacrārum

Dativo sacrae sacris

Accusativo sacram sacras

Vocativo sacră sacrae

Ablativo sacrā sacris

Nel periodo di san Tommaso che abbiamo cominciato a studiare è

agevole riconoscere quattro parole appartenenti alla prima declinazione (per

la precisione, per gli aggettivi si è soliti parlare di aggettivi di prima classe):

aggettivi di prima classe

Quarta Lezione

Roma 2013

59

«Sacra Scriptūra» è il soggetto della proposizione e infatti

entrambe le parole sono declinate al nominativo singolare, con

desinenza in a

«sub una littěra» è il complemento di stato in luogo, reso con

sub+ablativo: e infatti dopo la preposizione entrambe le parole

sono all’ablativo singolare, anch’esso in a (come si vede, è dal

contesto che si comprende se la desinenza a è del nominativo, del

vocativo o dell’ablativo singolare; lo stesso dicasi per le altre

desinenze omofone).

La prossima Lezione presenteremo le desinenze della seconda

declinazione. Per il momento invece soffermiamoci sui verbi. Abbiamo già

avuto modo di dire che i verbi, in quanto predicati, costituiscono il cuore,

l’anima, il motore di una proposizione, e anche che essere è un verbo

particolare, che può svolgere funzione predicativa o, più spesso, copulativa o

ausiliaria. Infine avevamo rilevato come anche le voci verbali avessero una

desinenza variabile. In latino ve ne sono di cinque tipi: per l’attivo, per il

passivo, per il perfetto, per l’imperativo e per l’infinito. Per ora, limitiamoci a

presentare quelle dell’attivo. Sono le seguenti:

Desinenze attive

1a singolare m / o

2a singolare s

3a singolare t

1a plurale mus

2a plurale tis

3a plurale nt

desinenze attive dei verbi

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

60

Come si vede, per la prima persona singolare, alcune volte si usa una

desinenza, altre volte un’altra. Per il resto, sono da imparare a memoria,

come una filastrocca: il loro riconoscimento infatti consente già da solo di

distinguere un verbo e la persona alla quale è coniugato. Tuttavia, molte altre

informazioni occorre saper individuare in una voce verbale: il modo, il

tempo, la diatesi. Un verbo infatti è sempre coniugato in

un determinato modo. Il modo specifica come deve essere

percepita l’azione che viene predicata: come un dato di fatto, obiettivo,

solamente da constatare (l’indicativo, dal latino indicāre, «rendere noto»: è il

modo dell’oggettività o realtà); come una

possibilità o opinione (il congiuntivo, dal

latino coniungĕre, «collegare»: è il modo

della soggettività o eventualità); come un comando, un ordine (l’imperativo:

dal latino imperāre, «comandare» appunto). Sono questi i tre modi espliciti o

finiti, quelli cioè nei quali è esplicitamente indicata la persona che compie

l’azione (prima, seconda, terza singolare o plurale). Altri quattro modi invece

sono detti indefiniti o impliciti, perché non esprimono la persona, ma

eventualmente solo il numero, singolare o plurale (così

per esempio partiti può essere detto sia di noi sia di voi

sia di essi); sono il participio, l’infinito, il gerundio e

gerundivo, e il supino: di questi modi tuttavia tratteremo in seguito.

Oltre al modo, un verbo è ovviamente sempre coniugato a un

determinato tempo, che indica quando è svolta

l’azione: passato, presente, futuro; si distingue poi tra

diverse forme di passato (imperfetto, perfetto,

i modi verbali

i modi espliciti: indicativo, congiuntivo e imperativo

i modi impliciti

il tempo verbale e

l’aspetto dell’azione

Quarta Lezione

Roma 2013

61

piuccheperfetto) e di futuro (semplice e anteriore). Per la precisione, in latino le

forme verbali, oltre al tempo, distinguono anche l’aspetto dell’azione, ovvero il

modo in cui è sentita la durata: come compiuta, come incompiuta, come

momentanea o come durativa; per ora, tuttavia, non occorre soffermarsi oltre su

simili distinzioni.

Dicevamo che le desinenze permettono di discernere persona e numero,

non però anche modo e tempo: questi è

possibile discriminarli in base al tema. Il tema è

ciò che resta del verbo una volta tolta la

desinenza: di fatto esso è formato dalla radice, da eventuali suffissi e dalla

vocale tematica, la vocale cioè che caratterizza il modo e la coniugazione

verbale (per esempio, hab-e-t)29. I suffissi sono sempre gli

stessi per ciascun tempo: per esempio, -ba- per

l’imperfetto indicativo (hab-e-ba-t). La vocale tematica invece è ciò che varia in

base al modo e alla coniugazione. Come infatti vi sono cinque declinazioni

per i nomi, così ci sono quattro coniugazioni per i

verbi: sostanzialmente, quattro schemi possibili di

flessione, caratterizzati ciascuno da un determinato uso delle vocali

tematiche. Ogni verbo ovviamente segue la flessione di una delle quattro

coniugazioni. Come in italiano, esse si indicano con la differente uscita

dell’infinito presente attivo (presenteremo in seguito la distinzione tra attivo

e passivo): -āre per la prima coniugazione (assignāre, «assegnare»), -ēre per la

29 La suddivisione di una voce verbale qui proposta, in tema verbale e desinenza, non è

unanimemente accettata. Per esempio, Tantucci distingue tra tema verbale (la parte invariabile del

verbo, che termina con la vocale tematica), eventuali suffissi temporali e desinenza (per esempio,

habe-ba-t), e definisce terminazione o uscita l’insieme di vocale tematica, suffisso e desinenza (ad

esempio, hab-ebat).

il tema verbale

suffissi e vocale tematica

le quattro coniugazioni

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

62

seconda (habēre, «avere»), -ĕre per la terza (arguĕre, «argomentare») e -īre per

la quarta (invenīre, «trovare»). Limitiamoci allo studio del presente indicativo

attivo. La vocale tematica che caratterizza la prima coniugazione è la -a-, la

seconda la -e-, la terza la -ĭ-, la quarta la -ī-. Avremo quindi:

Indicativo Presente Attivo

1a

coniugazione

in -āre

2a

coniugazione

in -ēre

3a

coniugazione

in –ĕre

4a

coniugazione

in –īre

1a singolare assign-o hab-ĕ-o argŭ-o inven-ĭ-o

2a singolare assign-a-s hab-e-s argŭ-i-s invĕn-i-s

3a singolare assign-a-t hab-e-t argŭ-i-t invĕn-i-t

1a plurale assign-ā-mus30 hab-ē-mus argu-ĭ-mus inven-ī-mus

2a plurale assign-ā-tis hab-ē-tis argu-ĭ-tis inven-ī-tis

3a plurale assign-a-nt hab-e-nt argŭ-u-nt inven-ĭu-nt

Come si vede, la prima persona singolare della prima e terza

coniugazione non ha vocale tematica, mentre nella terza persona plurale della

terza e quarta coniugazione c’è la vocale tematica -u-.

30 Indichiamo la quantità solo dove è utile per una corretta pronuncia della parola (si ricordi:

penultima sillaba lunga, accento tonico sulla penultima; penultima sillaba breve, accento tonico

sulla terzultima). In assigno non è indicata la quantità della -i-, perché -sig- è sillaba chiusa e quindi

comunque lunga (si ricordi che in latino i gruppi di due o più consonanti appartengono sempre a

sillabe diverse).

indicativo presente attivo delle quattro coniugazioni

Quarta Lezione

Roma 2013

63

Una flessione a sé, non assimilabile a nessuna delle quattro, è quella del

verbo esse, «essere», che per questo si dice

avere coniugazione propria. Ecco il presente

indicativo attivo:

Indicativo presente del verbo sum

1a singolare s-u-m

2a singolare e-s

3a singolare es-t

1a plurale s-u-mus

2a plurale es-tis

3a plurale s-u-nt

Come si vede, in alcune voci, precisamente nella seconda e terza

singolare e nella seconda plurale, manca la vocale tematica e la desinenza si

unisce direttamente alla radice: per questo motivo il

verbo sum è chiamato atematico o irregolare (l’assenza di

vocale tematica si registra comunque solo in alcune voci

dei tempi derivati dal tema del presente). Pochi altri verbi in latino sono

atematici; tra questi però alcuni molto frequenti: fero, «porto», volo, «voglio»,

eo, «vado», e fio, «divento».

A questo punto possiamo tornare all’analisi della proposizione del

primo periodo del testo di san

Tommaso. Lo facciamo lasciandoci

guidare da una seconda apposita

scheda, che chiameremo scheda di analisi della proposizione, di cui un modello

la coniugazione propria del verbo esse

indicativo presente del verbo sum

verbi atematici o irregolari

la scheda di analisi della proposizione

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

64

vuoto è allegato a fine Lezione. A questo livello, si considera ciascuna

proposizione in sé stessa, sciolta dal rapporto con le altre appartenenti al

medesimo periodo. Innanzitutto, si trascrive l’intera proposizione sulla

scheda, nello spazio riservato in alto, sopra la griglia:

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures

sensus»

Poiché il predicato è il cuore di una proposizione, si comincia senz’altro

dall’individuare proprio questo, riportandolo nella prima

colonna e specificando se si tratti di un predicato verbale o

nominale:

Predicato

(verbale o

nominale)

Soggetto Complementi

diretti

(oggetto o

predicativo)

Connettori

Non haběat

(predicato verbale)

Come si nota, l’avverbio «non» si trascrive insieme al predicato che

accompagna e definisce, poiché semanticamente, quanto cioè al significato, fa

tutt’uno con esso. Quindi si individua il soggetto

e, se c’è, il complemento oggetto (si ricordi che

soggetto è ciò di cui si predica qualcosa, mentre il

complemento oggetto indica appunto l’oggetto del predicato e risponde alla

domanda «chi? che cosa?»: è chiamato «diretto» perché è unito direttamente

al predicato, forma cioè un tutt’uno con esso; del complemento predicativo

predicato

soggetto e complemento oggetto

Quarta Lezione

Roma 2013

65

invece parleremo più in là), indicando l’occasionale presenza di uno o più

attributi:

Predicato

(verbale o

nominale)

Soggetto Complementi

diretti

(oggetto o

predicativo)

Connettori

non haběat

(predicato

verbale)

Sacra

Scriptūra (con

un attributo)

plures sensus

(complemento oggetto

con un attributo)

Nell’ultima colonna si inseriscono le congiunzioni, già analizzate

nell’analisi del periodo e che fungono da connettori

logici tra le proposizioni:

Predicato

(verbale o

nominale)

Soggetto Complementi

diretti

(oggetto o

predicativo)

Connettori

non haběat

(predicato

verbale)

Sacra Scriptūra

(con un attributo)

plures sensus

(complemento oggetto

con un attributo)

Quod=

subordinativo

dichiarativo

Nella sezione in basso si ricopiano infine i complementi indiretti,

specificando per ciascuno che tipo di complemento

sia e a quale domanda risponda (si ricordi che i

complementi indiretti vanno a completare la comunicazione espressa dal

predicato, aggiungendo le più svariate informazioni), oltre alla presenza di

eventuali attributi:

connettori logici

complementi indiretti

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

66

Complementi indiretti Complementi indiretti Sub una littěra = complemento

di stato in luogo (dove?) (con un

attributo)

L’analisi della terza proposizione è molto rapida, composta com’è da un

soggetto, il pronome relativo «qui» (in quanto pronome relativo, nella scheda

occorrerà specificare sempre il termine al quale si riferisce), e un predicato

nominale, nel quale i sei aggettivi costituiscono il nome del predicato (le

congiunzioni in questo caso fanno parte del predicato nominale e non vanno

inserite nell’ultima colonna, dei connettori, in quanto non servono a

congiungere diverse proposizioni tra di loro):

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus

sive morālis, et anagogĭcus»

Predicato

(verbale o

nominale)

Soggetto Complementi

diretti

(oggetto o

predicativo)

Connettori

sunt historĭcus vel

… (predicato

nominale)

qui (riferito a

«plures

sensus»)

La prima proposizione del periodo è assolutamente minima, formata dal

solo predicato verbale «vidētur», privo di soggetto in quanto impersonale: la

si potrà senz’altro inserire nella scheda insieme alla seconda proposizione,

avendo cura magari di separare graficamente con una riga vuota le due

proposizioni. Nelle pagine seguenti, addirittura in un’unica scheda, sarà

ricapitolata l’analisi di tutte e tre le proposizioni.

Quarta Lezione

Roma 2013

67

Nella prossima Lezione presenteremo il terzo e ultimo strumento che ci

accompagnerà nelle nostre analisi: la scheda di analisi della parola.

Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare la scheda di analisi della

proposizione di «Vidētur quod …» Declina i seguenti vocaboli di prima declinazione:

«scriptūra, ae», «sacra, a», «littěra, ae» Coniuga il presente indicativo del verbo «sum» Coniuga il presente indicativo attivo di «narro, as»,

«haběo, es», «tollo, is», «invenĭo, is» Partendo da una scheda vuota, compilo la scheda di

analisi della proposizione di «Vidētur quod …» Cosa sono i modi verbali? In particolare, quale modo

dell’azione è specificato dall’indicativo? Quale dal congiuntivo? Quale dall’imperativo?

Che differenza c’è tra modi espliciti e impliciti?

Imparare a memoria le desinenze verbali attive a mo’ di filastrocca

Quali sono gli elementi che compongono una voce verbale?

Quando un verbo è detto atematico o irregolare?

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

68

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: ................................................................................................................ ......................................

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Quarta Lezione

Roma 2013

69

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis,

allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Vidētur = predicato

verbale (impersonale)

Non haběat = predicato

verbale

Sacra Scriptūra (con un

attributo)

Plures sensus =

complemento oggetto (con

un attributo)

Quod = subordinativo

dichiarativo

Sunt historĭcus ... =

predicato nominale

Qui (riferito a «plures

sensus»)

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Sub una littěra = complemento di stato in luogo

(dove?) (con un attributo)

Roma 2013

70

Quinta Lezione

Cominciamo con il vedere subito le desinenze di seconda declinazione:

articŭlus, i

(«articolo»)

Singolare Plurale

Nominativo articŭlus articŭli

Genitivo articŭli articulōrum

Dativo articŭlo articŭlis

Accusativo articŭlum articŭlos

Vocativo articŭle articŭli

Ablativo articŭlo articŭlis

In questa Lezione impareremo: la seconda declinazione e gli aggettivi di prima classe gli aggettivi pronominali le desinenze passivo-deponenti e l’indicativo presente

passivo-deponente delle quattro coniugazioni a distinguere tra verbi transitivi e intransitivi a discriminare tra diatesi attiva, passiva, deponente e

riflessiva a riconoscere i verbi difettivi, suppletivi e semideponenti a definire e utilizzare il paradigma verbale a servirsi della scheda di analisi della parola a ravvisare le esclamazioni a identificare gli aggettivi qualificativi e quelli numerali a diversificare tra congiunzioni, avverbi e preposizioni

a compilare la scheda di analisi della parola del primo periodo: «Vidētur quod …»

seconda declinazione

Quinta Lezione

71

Roma 2013

L’unica desinenza in comune con la prima declinazione è la is del

dativo e ablativo plurale. Tuttavia saltano agli occhi altre corrispondenze: il

genitivo plurale ārum diventa ōrum; gli accusativi am e as diventano um e os; il

nominativo e vocativo plurale hanno la medesima desinenza, ae per la prima

declinazione e i per la seconda. Specificità della seconda declinazione però è

la desinenza propria del vocativo singolare, e (in tutte le altre declinazioni

invece la desinenza del vocativo è la medesima del nominativo singolare).

Alcuni sostantivi in –er e il sostantivo vir, «uomo», al nominativo e

vocativo singolare hanno desinenza zero, ovvero non hanno alcuna desinenza.

Avremo pertanto:

puer, ĕri («fanciullo») Singolare Plurale

Nominativo puer puĕri

Genitivo puĕri puerōrum

Dativo puĕro puĕris

Accusativo puĕrum puĕros

Vocativo puer puĕri

Ablativo puĕro puĕris

Altri sostantivi in -er hanno inoltre la particolarità di perdere la vocale e

in tutti i casi tranne che al nominativo e vocativo singolare, sempre a

desinenza zero. Così abbiamo:

desinenza zero

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

72

liber, bri («libro») Singolare Plurale

Nominativo liber libri

Genitivo libri librōrum

Dativo libro libris

Accusativo librum libros

Vocativo liber libri

Ablativo libro libris

Infine un gruppi di sostantivi appartenenti alla seconda declinazione,

tutti neutri31, nei casi retti del singolare escono in um e nei casi retti del plurale

in a (in generale, tutti i sostantivi neutri hanno

una sola desinenza per il nominativo,

accusativo e vocativo singolare, e una per il plurale). Avremo pertanto:

mysterĭum, ĭi

(«mistero»)

Singolare Plurale

Nominativo mysterĭum mysterĭa

Genitivo mysterĭi mysteriōrum

Dativo mysterĭo mysterĭis

Accusativo mysterĭum mysterĭa

Vocativo mysterĭum mysterĭa

Ablativo mysterĭo mysterĭis

31 In latino infatti, oltre al maschile e al femminile, esiste il genere neutro, da neuter, tra, trum, «né

l’uno né l’altro», un genere appunto in origine usato per indicare realtà non identificabili in modo

univoco né come maschili né come femminili.

sostantivi neutri

Quinta Lezione

73

Roma 2013

A questo punto è possibile completare la flessione degli aggettivi detti

della prima classe: essi infatti al femminile utilizzano le desinenze della prima

declinazione e al maschile e neutro quelle della seconda declinazione.

Avremo quindi:

historĭcus,a,um

(«storico»)

Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

historĭcus

historĭca

historĭcum

historĭci

historĭcae

historĭca

Genitivo

historĭci

historĭcae

historĭci

historĭcōrum

historĭcārum

historĭcōrum

Dativo

historĭco

historĭcae

historĭco

historĭcis

historĭcis

historĭcis

Accusativo

historĭcum

historĭcam

historĭcum

historĭcos

historĭcas

historĭca

Vocativo

historĭce

historĭca

historĭcum

historĭci

historĭcae

historĭca

Ablativo

historĭco

historĭca

historĭco

historĭcis

historĭcis

historĭcis

aggettivi di prima

classe

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

74

Anche gli aggettivi in -er al nominativo e vocativo singolare escono a

desinenza zero; alcuni di essi inoltre conservano la vocale e solo in quei due

casi. Avremo perciò:

liber, a, um

(«libero»)

Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

liber

libĕra

libĕrum

libĕri

libĕrae

libĕra

Genitivo

libĕri

libĕrae

libĕri

liberōrum

liberārum

liberōrum

Dativo

libĕro

libĕrae

libĕro

libĕris

libĕris

libĕris

Accusativo

libĕrum

libĕram

libĕrum

libĕros

libĕras

libĕra

Vocativo

liber

libĕra

libĕrum

libĕri

libĕrae

libĕra

Ablativo

libĕro

libĕra

libĕro

libĕris

libĕris

libĕris

Quinta Lezione

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Roma 2013

Oppure:

sacer, cra, crum

(«sacro»)

Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

sacer

sacra

sacrum

sacri

sacrae

sacra

Genitivo

sacri

sacrae

sacri

sacrōrum

sacrārum

sacrōrum

Dativo

sacro

sacrae

sacro

sacris

sacris

sacris

Accusativo

sacrum

sacram

sacrum

sacros

sacras

sacra

Vocativo

sacer

sacra

sacrum

sacri

sacrae

sacra

Ablativo

sacro

sacra

sacro

sacris

sacris

sacris

È facile riconoscere come appartenenti agli aggettivi di prima classe

quattro nomi del predicato presenti nell’unico periodo di san Tommaso che

abbiamo finora analizzato, vale a dire «historĭcus», «allegorĭcus», «tropologĭcus»,

«anagogĭcus», tutti e quattro ovviamente al nominativo maschile singolare.

Sembrerebbe appartenere alla seconda declinazione anche il sostantivo

«sensus»; tuttavia, cercandolo sul dizionario, si trova «sensus, us»: il genitivo

singolare in us, come studieremo, è tipico della quarta declinazione, della

quale fa parte appunto sensus.

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

76

Resta ancora da notare che un piccolo gruppo di aggettivi, appartenenti

alla prima classe, al genitivo e dativo singolare utilizza due desinenze che,

come vedremo in seguito, sono proprie

dei pronomi, ovvero īus e i: per questo

sono detti aggettivi pronominali. Tra questi, l’aggettivo «unus, a um», che

abbiamo incontrato nel periodo di san Tommaso; ecco la declinazione:

unus, a, um («uno») Singolare32

Maschile Femminile Neutro

Nominativo unus una unum

Genitivo unīus unīus unīus

Dativo uni uni uni

Accusativo unum unam unum

Vocativo une una unum

Ablativo uno una uno

32 Trattandosi dell’aggettivo numerale cardinale «uno», si è soliti presentare solo la flessione al

singolare. Tuttavia in latino si utilizza in verità anche il plurale uni, unae, una, o con il significato di

«i soli, soltanto», o in unione con sostantivi che manchino del singolare (i cosiddetti pluralĭa tantum:

per esempio, «unae nuptĭae», «un solo matrimonio»), o nella correlazione «uni … altěri», «gli uni …

gli altri».

aggettivi pronominali

Quinta Lezione

77

Roma 2013

Nella precedente Lezione avevamo presentato le desinenze attive dei

verbi; vediamo ora quelle passivo-deponenti:

Desinenze passivo-deponenti

1a singolare r

2a singolare ris / re

3a singolare tur

1a plurale mur

2a plurale mĭni

3a plurale ntur

Il presente indicativo passivo delle quattro coniugazioni si forma sostituendo

le desinenze passive a quelle attive; infatti il tema, compresa la vocale

tematica, restano i medesimi (l’unica eccezione è la seconda persona singolare

della terza coniugazione: la vocale

tematica non è i, ma e: argŭis diventa

arguĕris):

Indicativo Presente Passivo-Deponente

1a coniugazione

in –āre

2a coniugazione

in -ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare assign-o-r hab-ĕ-o-r argŭ-o-r inven-ĭ-o-r

2asingolare assign-ā-ris hab-ē-ris argu-ĕ-ris inven-ī-ris

3a singolare assign-ā-tur hab-ē-tur argu-ĭ-tur inven-ī-tur

1a plurale assign-ā-mur hab-ē-mur argu-ĭ-mur inven-ī-mur

2a plurale assign-a-mĭni hab-e-mĭni argu-i-mĭni inven-i-mĭni

3a plurale assign-a-ntur hab-e-ntur argu-u-ntur inven-iu-ntur

desinenze verbali passivo-deponenti

presente indicativo passivo delle quattro coniugazioni

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

78

A questo punto ovviamente è necessario però spiegare cosa si intenda

per diatesi attiva, passiva e deponente di un verbo. Un verbo infatti, oltre a

essere coniugato in un determinato modo, tempo

ed eventualmente anche persona e numero, si

trova in una certa forma o diatesi. La diatesi (dal greco diáthesis, «disposizione,

stato in cui si trova qualcuno o qualcosa») esprime il rapporto, lo stato

appunto in cui il soggetto si trova rispetto al predicato. Esso può essere

anzitutto attivo o passivo. Nella diatesi attiva (dal latino actīvus, «che

compie») il soggetto compie, fa, svolge l’azione, ovvero è esterno rispetto a

essa: per esempio, «ego lego librum», «io leggo un libro».

L’azione poi può ricadere direttamente su un complemento oggetto,

come nell’esempio appena riportato: in

questo caso allora il verbo si dice

transitivo (dal latino transitīvus, «che

passa»). Qualora invece l’azione non possa mai cadere direttamente su un

complemento, ma solo indirettamente, qualora cioè un verbo non possa

reggere un complemento oggetto, ma solo un complemento indiretto (è il

tipico caso di tutti i verbi di movimento: «celerĭter ad universitātem eo», «vado

in fretta all’università»), il verbo stesso viene chiamato intransitivo.

I verbi transitivi attivi, e solo essi, possono assumere però anche una

forma inversa, detta passiva. Un verbo è passivo

(dal latino passīvus, «che subisce»), quando

l’azione ricade sul soggetto, che la subisce, ovvero quando il soggetto è

interno rispetto all’azione del predicato: per esempio, «liber legĭtur a me», «il

libro è letto da me».

diatesi attiva

verbi transitivi e intransitivi

diatesi passiva

Quinta Lezione

79

Roma 2013

Si diceva che la diatesi passiva è inversa rispetto all’attiva; in effetti, la

costruzione della proposizione subisce una vera

inversione: il complemento oggetto dell’attiva

diventa soggetto della passiva e il soggetto dell’attiva diventa complemento

d’agente o di causa efficiente della passiva33. Un verbo dunque può essere

intransitivo attivo, oppure transitivo attivo o passivo.

Infine esiste la forma riflessiva, la quale indica che l’azione del predicato

si riflette, ricade sul soggetto («io mi lavo»): in

italiano la diatesi riflessiva si ottiene con l’ausilio

delle particelle pronominali riflessive (nell’esempio precedente, mi); in latino

invece, oltre che con l’utilizzo dei pronomi personali come in italiano, a volte

si rende semplicemente coniugando il verbo al passivo (ad esempio «lavarsi»

in latino è il passivo lavāri)34.

In latino esiste anche una quarta diatesi, detta deponente (dal latino

depōnens, entis, «che depone, abbandona»): è la

forma propria di quei verbi che hanno deposto la

forma attiva e conservano solo quella passiva, ciò nondimeno avendo un

significato attivo (per esempio, loquor, «parlo»). Vale la pena notare che a

volte la forma deponente di un verbo è semanticamente giustificata. Ad

33 Il complemento d’agente è appunto il complemento indiretto che specifica da chi o da che cosa è

compiuta l’azione di un verbo passivo; si parla di complemento d’agente se l’agente è una persona,

di causa efficiente se è una cosa. 34 Si tenga anche presente che non sempre c’è corrispondenza tra italiano e latino: così per esempio

il verbo latino attivo acceděre in italiano si traduce con il riflessivo «avvicinarsi». A proposito dei

verbi riflessivi, inoltre, occorrerebbe distinguere tra riflessivi propri (quando la particella

pronominale funge da complemento oggetto: «mi gratto») e impropri (quando la particella

pronominale funge da complemento indiretto: «mi metto»); e ancora, tra riflessivi reciproci (quando

le particelle pronominali indicano un’azione scambievole: «ci salutammo») e riflessivi intransitivi o

pronominali (quando i verbi riflessivi non possono reggere il complemento oggetto, sono cioè

appunto intransitivi: «mi meravigliai»).

costruzione inversa

diatesi deponente

diatesi riflessiva

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

80

esempio, non è un caso che proprio il verbo loquor sia deponente: il parlare

infatti è un’azione attiva, anzi è l’attività specificamente umana, che tuttavia

ha un’origine passiva, in quanto non si impara a parlare, se non ascoltando,

ovvero ricevendo da altri la parola; è dunque un’azione attiva che ha origine

passiva, ovvero una passività che è diventata attività: è deponente appunto35.

Un piccolo gruppo di verbi latini infine ha diatesi semideponente: sono

verbi che nei tempi derivati dal tema del

presente hanno forma attiva, mentre hanno

diatesi deponente negli altri tempi (così ad esempio abbiamo auděo, es al

presente, «oso», ma ausus sum al passato, «osai», o fido, is al presente, «mi

fido», e fisus sum al passato, «mi fidai»).

A questo punto possiamo presentare la terza e ultima scheda che ci

accompagnerà nelle nostre analisi, la scheda di

analisi della parola, di cui un modello vuoto, come

per le altre, si trova a fine Lezione. Come al solito,

si inizia riscrivendo il periodo che si sta analizzando, in alto dopo i due punti:

ANALISI DELLA PAROLA: Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures

sensus, qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et

anagogĭcus

Quindi, a ogni riga, nella prima colonna si copiano, uno dopo l’altro,

tutti i singoli vocaboli36: a livello di analisi della parola, infatti, ogni termine è

35 In questo senso, da un punto di vista filosofico, si può affermare che, in quanto creatura, l’uomo

in generale abbia natura deponente: è attività e libertà, resa possibile da un’originaria passività e

dipendenza. 36 Unica eccezione è il verbo essere con funzione di ausiliare (per esempio, «è letto»): in quel caso,

infatti, esso è un’unica voce verbale insieme al participio al quale è legato e perciò va trascritto

verbi semideponenti

scheda di analisi della parola

Quinta Lezione

81

Roma 2013

considerato in sé stesso, isolatamente dal contesto nel quale è inserito;

l’analisi della parola, per questo motivo, è senz’altro la più astratta, la più

lontana dalla realtà viva della comunicazione, perciò anche, alla lunga, la più

noiosa, la meno stimolante. Si procede poi all’analisi di ciascuna parola,

raccogliendo le informazioni richieste nella scheda cella dopo cella. Si

comincia con lo specificare in quale delle otto parti del discorso la parola

rientra ; tutte i vocaboli della lingua latina sono infatti raggruppabili entro le

otto categorie indicate nella scheda sotto la voce «Parte del discorso» (in

italiano sono nove, perché in latino mancano gli articoli).

Anzitutto i verbi, dei quali occorre specificare se svolgono funzione

predicativa, ovvero di predicato verbale, copulativa, all’interno di

un predicato nominale, o modale (dei verbi modali parleremo più

avanti, quando li incontreremo in san Tommaso). Nel nostro caso, «vidētur» e

«haběat» sono verbi predicativi, invece «sunt» è copulativo. Nella terza

colonna occorre indicare il paradigma, la diatesi e eventualmente altre

informazioni particolari (per esempio, a proposito del verbo sum, il fatto che è

atematico). Bisogna pertanto soffermarci brevemente per spiegare cosa sia il

paradigma.

Il paradigma di un verbo (dal greco parádeigma, «esempio, modello»)

sono l’insieme delle voci verbali dalle quali è possibile ricavare l’intera

coniugazione di un verbo e che per questo fungono da

modello appunto per la sua corretta flessione. Nella scorsa

Lezione abbiamo spiegato infatti che una voce verbale è formata dal tema e

insieme a esso (si noti tuttavia che in latino vi sono meno forme verbali composte, perché esistono

le desinenze passive, mentre in italiano ogni diatesi passiva si forma sempre con l’ausiliare essere:

così ad esempio «è letto» in latino è semplicemente legĭtur).

i verbi

il paradigma

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

82

dalla desinenza; il tema è caratterizzato dalla vocale tematica, propria di ogni

tempo e coniugazione (per esempio, la a per il presente indicativo della prima

coniugazione), e da eventuali suffissi (per esempio ba per l’imperfetto

indicativo).

Ora, però, aldilà di questi elementi (suffissi e vocale tematica), ogni

verbo ha tre temi differenti: quello del

presente, quello del perfetto e quello del

supino. Da questi tre temi, aggiungendo

determinati suffissi, vocali tematiche e desinenze, si ottengono tutte le voci

verbali. Specificamente, dal tema del perfetto si ottengono il perfetto, il

piuccheperfetto e il futuro anteriore; dal tema del supino, il supino e il

participio; dal tema del presente tutti gli altri tempi e modi, ovvero il presente,

l’imperfetto, il futuro semplice e il gerundio. Suffissi, vocali tematiche e

desinenze sono le medesime per tutti i verbi (per esempio, ba per l’imperfetto

indicativo di qualunque verbo); i temi del presente, del perfetto e del supino

invece sono propri di ciascun verbo: pertanto occorre conoscerli, imparando a

memoria il paradigma di ognuno. Per questo motivo, i dizionari riportano

sempre il paradigma dei verbi. Per la precisione, il paradigma è formato dalla

prima e seconda persona singolare del presente indicativo (si usa indicare anche la

seconda persona singolare per dissipare fin da subito l’equivocità tra prima e

terza coniugazione, che hanno la medesima uscita nella prima persona

singolare dell’indicativo presente; tuttavia alcuni dizionari non riportano la

seconda persona singolare), dalla prima persona singolare del perfetto indicativo,

dal supino e dall’infinito presente (quest’ultima voce si inserisce per esplicitare

a colpo d’occhio la coniugazione alla quale il verbo appartiene, ma anche per

temi del presente, del perfetto e del supino

Quinta Lezione

83

Roma 2013

semplificare il riconoscimento del tema del presente). Il tema del presente si

ottiene togliendo la desinenza o (prima e terza coniugazione), eo (seconda

coniugazione), io (quarta coniugazione) alla prima voce del paradigma, o più

semplicemente togliendo la desinenza re all’infinito presente37; il tema del

perfetto si ottiene togliendo la desinenza i, quella del supino togliendo la

desinenza um. Avremo pertanto «viděor, ēris, visus sum, ēri»38, «habĕo, es, habŭi,

habĭtum, ēre» e «sum, es, fui, esse».

Nel caso del verbo sum, si è già detto la scorsa Lezione che è un verbo

atematico e con coniugazione propria; adesso si può

notare altresì che manca del supino e per questo è

chiamato anche difettivo: difettivi (dal latino deficĕre, «essere mancante di»)

sono detti infatti quei verbi che non hanno coniugazione completa, ma

mancano di alcune voci39, quali ad esempio, nel nostro caso, del supino e del

participio.

Non solo, ma guardando al paradigma si può inoltre notare che il verbo

sum utilizza due radici assolutamente eterogenee: sum

infatti non ha nulla a che vedere con fui. Per questo

motivo esso è chiamato anche suppletivo: un verbo è suppletivo quando, per

completare la propria coniugazione, ricorre alla radice di un altro verbo che

37 O la desinenza ri (o i per la terza coniugazione) se si tratta di un verbo deponente, del quale

quindi nel paradigma si indicherà l’infinito presente con la desinenza passivo-deponente. 38 Più avanti discuteremo della questione se considerare il verbo «vidētur» un deponente o

piuttosto il passivo di viděo. Si noti che nel paradigma di un verbo deponente non si indica il supino,

perché il tema del supino è ricavabile dal participio passato riportato nel perfetto indicativo

composto, togliendo la desinenza us. 39 Alcune grammatiche latine tuttavia considerano difettivi solo un gruppo ristretto di verbi che

mancano o di tutti i tempi derivati dal presente, o comunque di molti tempi e persone.

verbi difettivi

verbi suppletivi

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

84

appunto supplisce, sostituisce quella mancante 40. A proposito del verbo sum,

pertanto, nella terza colonna, oltre al paradigma, dovremo scrivere che è un

verbo atematico, difettivo, suppletivo, con coniugazione propria. Per

«vidētur» e «haběat» invece, oltre al paradigma, basterà aggiungere che si

tratta di verbi di seconda coniugazione, deponente il primo, transitivo attivo

il secondo. Nelle ultime tre celle infine occorrerà trascrivere le informazioni

più consuete relativamente a una voce verbale: il modo, il tempo, la persona e

il numero41.

Dopo il verbo, la seconda parte del discorso più nota è senz’altro il

nome. Gli antichi sotto il nome facevano rientrare sia i

sostantivi che gli aggettivi, che invece in età moderna sono

stati differenziati in due categorie distinte. Sostantivi sono tutte le parole che

indicano di «chi» o di «che cosa» si sta parlando: corrispondono alla sostanza

prima aristotelica. Per i sostantivi, nella seconda colonna, basterà scrivere

«sostantivo»42. Nella terza colonna si riporterà il nominativo e genitivo singolare,

cioè quel che viene indicato in un dizionario, e l’esplicitazione della

declinazione di appartenenza: per esempio, «scriptūra, ae, I declinazione». Nelle

ultime tre colonne sarà come al solito indicato invece caso, genere e numero.

40 Oltre a sum, sono suppletivi altri due verbi di uso frequente in latino: «fero, fers, tuli, latum, ferre»,

«portare», e «fio, fis, factus sum, fieri», «diventare»; in entrambi casi, si tratti di verbi anche

atematici; come si vede dal paradigma, inoltre, fio è anche semideponente. 41 Si ricordi tuttavia che infinito, gerundio, participio e supino non hanno persona, in quanto modi

impliciti; l’infinito e il supino non hanno nemmeno il numero; il gerundio e il supino nemmeno il

tempo. 42 In verità, si potrebbe specificare se si tratta di un sostantivo primitivo (carta) o derivato (cartone),

semplice (carta) o composto (portacarte) o alterato (cartaccia); in questa sede, tuttavia, eviteremo di

specificare simili distinzioni.

sostantivi

Quinta Lezione

85

Roma 2013

Lo stesso tipo di analisi si ripete per gli aggettivi. Se i sostantivi

corrispondono alla sostanza prima aristotelica, gli aggettivi

equivalgono alle categorie che possono predicarsi della sostanza

(in greco kategoría significa appunto «predicato»); e come molteplici sono le

categorie aristoteliche, così vi sono molte specie di aggettivi diversi.

Nella seconda colonna pertanto si dovrà specificare il tipo di aggettivo: per

la maggior parte dei casi si tratterà di aggettivi

qualificativi, che indicano cioè una qualità e

rispondono pertanto alla domanda «come è?»; ma a volte si incontreranno

altre classi di aggettivi: per esempio, «una» è un aggettivo numerale cardinale

(si chiamano cardinali i numeri che costituiscono i cardini, gli elementi

fondamentali della numerazione «uno, due, ecc.», per distinguerli dagli

ordinali, che indicano invece l’ordine d’arrivo, «primo, secondo, ecc.»). Nella

terza colonna, si trascriverà non il nominativo e genitivo singolare, come per i

sostantivi, bensì il solo nominativo singolare, maschile, femminile e neutro, come

avviene appunto nei dizionari: così, ad esempio, «sacer, cra, crum, 1a classe».

Nella quarta colonna, infine, accanto al caso, si indicherà anche con quale

sostantivo è concordato: l’aggettivo infatti concorda sempre

in caso, numero e genere con il sostantivo al quale si

riferisce (la parola aggettivo deriva dal latino adiectīvus: «che si aggiunge», a

un sostantivo appunto); ad esempio, «sacra, nominativo concordato con

scriptūra».

Dei pronomi parleremo in seguito. Restano pertanto le ultime quattro

parti del discorso, tutte indeclinabili, ovvero con desinenza invariabile, che

non varia. Le interiezioni (dal latino intericĕre: inter, «in mezzo» + iacěre,

aggettivi

qualificativi e numerali

concordanza

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

86

«porre», nel senso di inciso, ovvero di parola che è inserita in una

proposizione come un corpo a sé, che può essere tolto

senza che il senso compiuto venga meno) o esclamazioni

(dal latino exclamāre: ex, prefisso qui con valore intensivo, accrescitivo, «ad

alta voce» + clamāre, «gridare») sono quelle parole che esprimono

un’emozione, positiva o negativa: per esempio, «eia» nel Salve Regina, «orsù».

Per le preposizioni, congiunzioni e avverbi invece il discorso è un poco

più complesso. Delle preposizioni, in Italia, con una nota filastrocca si suole

dire che sono «di, a, da, in, con, su, per, tra, fra»; tuttavia molto più numerose

sono le preposizioni, anzi in numero non circoscrivibile. Quanto a

congiunzioni e avverbi, c’è una certa confusione, tant’è che spesso sembra

difficile distinguere tra le une e gli altri. Un esempio emblematico: cerco in

due dizionari italiani la parola «inoltre»; uno mi dice che è avverbio, l’altro

che è congiunzione! Il fatto è che probabilmente solo dal contesto si può

decidere. L’importante è avere una definizione il più possibile chiara di cosa

si debba intendere per ciascuna di queste tre parti del discorso: qual è, per

così dire, il segno di riconoscimento di ciascuna? Qui ne propongo uno, di

ordine squisitamente sintattico.

Preposizione è qualunque parola, o insieme di

parole, che introduca un complemento: così in «al di

sotto della lettera», «al di sotto della» è un’unica

preposizione che introduce il complemento di stato in luogo.

Avverbio è una parola che svolge la funzione di un complemento

indiretto (per esempio, «lì» = «in quel luogo»: complemento

di stato in luogo o di moto a luogo) o che si unisce a un’altra

esclamazioni

preposizioni

avverbi

Quinta Lezione

87

Roma 2013

parola per completarne il significato (è il caso del nostro «non habeat»; in

effetti, «avverbio» viene dal latino ad verbum, «presso una parola, in aggiunta

a una parola»).

Congiunzione infine (dal latino coniungĕre, «congiungere») è una parola

che serve sintatticamente a congiungere due nomi o due

proposizioni: come abbiamo già avuto modo di vedere,

sono quei termini che costituiscono perciò l’ossatura, la struttura di un

periodo, anzi di un intero testo. Di volta in volta, dunque, in base a questi

criteri decideremo se un dato vocabolo sia una preposizione, un avverbio o

una congiunzione43. Anche quanto alla classificazione dei vari tipi di avverbi

e congiunzioni, poi, non c’è minore varietà di interpretazioni; man mano che

li incontreremo, offriremo una possibile nomenclatura. Nel periodo che

abbiamo studiato, già ci siamo soffermati su «quod»: una congiunzione

subordinativa dichiarativa; su «sub»: un preposizione, che regge l’ablativo

per formare il complemento di stato in luogo; e su «non»: un avverbio di

negazione. Resta da dire qualcosa solo su altre tre parole: «vel», «sive», «et».

Sono tutte e tre congiunzioni coordinative, che nel nostro caso coordinano tra

di loro i nomi del predicato e quindi non hanno rilevanza ai fini dell’analisi

del periodo.

«Et», congiunzione di uso assai frequente, è coordinativa (coordina cioè

due proposizioni del medesimo livello

sintattico o, come nel nostro caso, due

elementi sintattici analoghi) copulativa (la

43 Si tenga presente che una medesima parola assume differenti valori a seconda dell’uso: ad

esempio, sotto in «sotto il tavolo» è preposizione, ma in «guarda sotto» è avverbio.

congiunzioni

congiunzioni coordinative copulative

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

88

coordinazione che stabilisce è infatti nel senso dell’unione: dal latino copŭla,

«corda, laccio, legame»).

«Vel» e «sive» invece sono congiunzioni coordinative disgiuntive:

all’opposto delle copulative, infatti,

servono a disgiungere, a separare, a

dividere44. Ora, però, ci sono due tipi di disgiuntive: le disgiuntive esclusive,

quando i due termini contrapposti non possono coesistere (o l’uno o l’altro,

ma non entrambi insieme: in latino, il famoso «aut … aut» kierkegaardiano); e

le disgiuntive inclusive, quando i due termini opposti sono in realtà sinonimi

o comunque facenti parte di un medesimo insieme (come nel nostro caso:

«historicus vel littěralis … tropologicus sive moralis» sono appunto due coppie di

sinonimi). Tutte queste informazioni, relative a preposizioni, congiunzioni e

avverbi, basterà inserirle nella terza colonna; trattandosi di parti del discorso

invariabili, le altre celle rimarranno vuote.

Nelle pagine seguenti, è allegata la scheda di analisi della parola del

primo periodo compilata, anche se di quattro vocaboli («habeat», «plures»,

«sensus», «qui») dobbiamo ancora studiare la flessione. Nella prossima

Lezione presenteremo appunto le desinenze di terza declinazione («plures») e

44 Il lettore più attento avrà notato che come l’espressione «congiunzione copulativa» costituisce

una sorta di endiadi, ovvero l’affiancamento di due vocaboli che significano entrambi «qualcosa

che unisce», così «congiunzione disgiuntiva» rappresenta un ossimoro, ovvero l’unione di due

termini che si escludono reciprocamente, in questo caso «qualcosa che unisce / qualcosa che

separa». Se insomma dire «congiunzione copulativa» è ridondante, definire una congiunzione

come «disgiuntiva» è un autentico controsenso. Il fatto è che il termine congiunzione ha valore

sintattico: si tratta di parole che servono a congiungere elementi di una proposizione o proposizioni

all’interno di un periodo; invece le denominazioni copulativa e disgiuntiva hanno valenza semantica,

hanno a che fare cioè con il significato e non con la funzione sintattica delle congiunzioni stesse:

quanto al significato esse possono esprimere l’unione o la separazione dei termini che

sintatticamente comunque congiungono.

congiunzioni coordinative disgiuntive, inclusive e esclusive

Quinta Lezione

89

Roma 2013

il congiuntivo presente («habeat»); poco più in là ancora, la quarta

declinazione («sensus») e il pronome relativo «qui, quae, quod».

Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare la scheda di analisi della parola di «Vidētur

quod …» Declina i seguenti sostantivi di seconda declinazione:

«articŭlus», «testamentum», «liber, bri», «puer, ěri»

Declina i seguenti aggettivi di prima classe: «historĭcus, a, um», «liber, běra, běrum», «sacer, cra, crum», «unus, a, um»

Impara a memoria a mo’ di filastrocca le desinenze passivo-deponenti dei verbi

Coniuga il presente indicativo passivo dei seguenti verbi: «assīgnor, āris», «videor, ēris», «trador, ěris», invenior, īris»

Che cosa sono le desinenze pronominali? Perché si chiamano così?

Che cos’è la diatesi di un verbo?

Che differenza c’è tra diatesi attiva e passiva? Cosa è la costruzione diretta? Cosa quella inversa?

Che differenza c’è tra verbi transitivi e intransitivi? Cosa si intende per diatesi riflessiva? Cosa sono i verbi deponenti in latino? Cosa i semideponenti? Che cos’è il paradigma di un verbo? Qual è la sua utilità? Come si ricavano i temi del presente, del supino e del perfetto

di un verbo? Quando un verbo è detto difettivo? Quando suppletivo?

Cosa sono gli aggettivi qualificativi? Cosa i numerali? Cosa gli ordinali e i cardinali?

Cosa si intende per concordanza? Che cosa sono le esclamazioni? Che differenza c’è tra preposizioni, avverbi e congiunzioni?

Quale la funzione, sintattica o semantica, svolta da ciascuno? Cosa sono le congiunzioni coordinative copulative? Che cosa

quelle coordinative disgiuntive inclusive ed esclusive? In che senso il termine congiunzione ha valore sintattico,

mentre le denominazioni di copulativa e disgiuntiva hanno

valenza semantica?

Studio Critico della Lingua Latina

90

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Quinta Lezione

91

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Vidētur quod Sacra Scriptūra sub una littěra non haběat plures sensus,

qui sunt historĭcus vel litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Vidētur verbo predicativo viděor, ēris, visus sum, vidēri,

deponente, II coniugazione

indicativo presente III singolare

Quod congiunzione subordinativa dichiarativa

Sacra aggettivo qualificativo sacer, cra, crum, I classe nominativo, concordato con

«Scriptūra»

femminile singolare

Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Non avverbio di negazione

Haběat verbo predicativo habĕo, es, habŭi, habĭtum,

habēre, transitivo attivo, II

coniugazione

congiuntivo presente III singolare

Sub preposizione sub + ablativo = complemento di

stato in luogo

Una aggettivo numerale

cardinale

unus, a, um, pronominale, I

classe

ablativo, concordato con «littěra» femminile singolare

Littěra sostantivo littěra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

92

Plures aggettivo indefinito plus, pluris, II classe a 1 uscita,

comparativo di maggioranza di

multus, a, um

accusativo, concordato con

«sensus»

maschile plurale

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale

Qui pronome relativo qui, quae, quod nominativo, riferito a «sensus» maschile plurale

Sunt verbo copulativo sum, es, fui, esse, difettivo,

atematico, suppletivo,

coniugazione propria

indicativo presente III plurale

Historĭcus aggettivo qualificativo historĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso

con «qui»

maschile singolare

Vel congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva

Litterālis aggettivo qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite nominativo, concordato a senso

con «qui»

maschile singolare

Allegorĭcus aggettivo qualificativo allegorĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso

con «qui»

maschile singolare

Tropologĭcus aggettivo qualificativo tropologĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso

con «qui»

maschile singolare

Sive congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva

Morālis aggettivo qualificativo morālis, e, II classe a 2 uscite nominativo, concordato a senso

con «qui»

maschile singolare

Et congiunzione coordinativa copulativa

Anagogĭcus aggettivo qualificativo anagogĭcus, a, um, I classe nominativo, concordato a senso

con «qui»

maschile singolare

Roma

2013

93

Sesta Lezione

Ecco le desinenze di terza declinazione:

multiplicĭtas, ātis

(«molteplicità»)

Singolare Plurale

Nominativo multiplicĭtas multiplicitātes

Genitivo multiplicitātis multiplicitātum

Dativo multiplicitāti multiplicitatĭbus

Accusativo multiplicitātem multiplicitātes

Vocativo multiplicĭtas multiplicitātes

Ablativo multiplicitāte multiplicitatĭbus

In questa Lezione impareremo: la terza declinazione e gli aggettivi di seconda classe i tre gradi dell’aggettivo: positivo, comparativo e

assoluto la declinazione dei comparativi di maggioranza il congiuntivo presente, attivo e passivo, delle quattro

coniugazioni e del verbo sum l’uso del congiuntivo nelle proposizioni complementari a riconoscere gli aggettivi indefiniti a definire le congiunzioni coordinative esplicative,

copulative e avversative a discernere somiglianze e differenze tra avverbi,

congiunzioni e pronomi relativi a identificare gli avverbi locativi d’origine con valore

esplicativo a compilare la scheda di analisi del periodo di

«Multiplicĭtas enim …»

terza declinazione

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

94

Ormai sono riconoscibili alcune costanti delle desinenze dei sostantivi

latini: il nominativo e il vocativo hanno la medesima uscita, in questa

declinazione a desinenza zero al singolare; anche dativo e ablativo plurale

hanno la medesima desinenza; l’accusativo è caratterizzato dalla m al

singolare e dalla s al plurale. Relativamente in modo specifico alla terza

declinazione, c’è da notare che, più raramente, l’uscita del nominativo e

vocativo singolare può essere in is invece che a desinenza zero (per esempio,

panis, is), quella dell’accusativo può essere in im anziché em al singolare

(come sitis, is: all’accusativo singolare, sitim) e in is piuttosto che es al plurale

(così navis, is, all’accusativo plurale fa naves, ma più raramente anche navis),

quella dell’ablativo singolare in i invece che e (il già citato sitis, is, all’ablativo

singolare fa siti), quella del genitivo plurale in ĭum anziché in um (il già citato

navis, is, al genitivo plurale è navĭum)45.

I sostantivi neutri, come al solito, hanno la medesima desinenza nei tre

casi retti: zero al singolare, a o ĭa al plurale. Avremo pertanto:

45 Le grammatiche latine in genere cercano di classificare quali sostantivi prendono certe desinenze

e quali le altre, anzitutto distinguendo tra parisillabi (nomi che al nominativo e genitivo singolare

hanno il medesimo numero di sillabe: per esempio, panis, is) e imparisillabi (nomi che al genitivo

singolare hanno una sillaba in più rispetto al nominativo: per esempio, multiplicĭtas, ātis); tuttavia

sono così numerose le eccezioni, che in questa sede basterà indicare che un nome di terza

declinazione può avere l’una o l’altra uscita. Del resto, come si è detto fin dall’inizio, per non

appesantire ulteriormente una trattazione già di per sé ampia, si è rinunciato anche a riportare

tutte le parole che in ciascuna declinazione fanno eccezione.

Sesta Lezione

95

Roma 2013

caput, ĭtis («capo») Singolare Plurale

Nominativo caput capĭta

Genitivo capĭtis capĭtum

Dativo capĭti capitĭbus

Accusativo caput capĭta

Vocativo caput capĭta

Ablativo capĭte capitĭbus

Complessivamente dunque ecco le terminazioni possibili della terza

declinazione:

Desinenze di

terza

declinazione

Singolare Plurale

Maschile/Femminile Neutro Maschile/Femminile Neutro

Nominativo -46 - es a (ia)

Genitivo is is um (ium) um (ium)

Dativo i i ibus ibus

Accusativo em (im) = nom. es (is) a (ia)

Vocativo = nominativo = nom. es a (ia)

Ablativo e (i) e (i) ibus ibus

46 Il trattino indica il fatto che non è possibile determinare un numero abbastanza ristretto di uscite

possibili per il nominativo singolare: come si dirà poco più avanti, questo rappresenta l’unica vera

difficoltà dei nomi di terza declinazione. Le desinenze tra parentesi invece sono varianti, in genere

meno frequenti.

neutri di terza declinazione

desinenze di terza declinazione

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

96

Gli aggettivi latini che non appartengono alla prima classe, fanno parte

della seconda classe, la quale utilizza le desinenze della terza declinazione. Loro

particolarità è che possono essere a tre, a due o a una uscita, a seconda che al

nominativo singolare abbiano tre desinenze diverse (per esempio, acer, acris,

e), due (come il nostro litterālis, e), oppure la medesima (ad esempio,

multĭplex, plĭcis; e si ricordi che in quest’ultimo caso i dizionari riportano,

unica eccezione per gli aggettivi, anziché il solo nominativo, il nominativo e

genitivo singolare, essendo anche il genitivo singolare unico per tutti e tre i

generi: in questi aggettivi infatti è dal genitivo singolare che è possibile

riconoscere il tema, togliendo la desinenza is). Caratteristiche comuni a quasi

tutti gli aggettivi di seconda classe sono l’ablativo singolare in i, il genitivo

plurale in ĭum e il nominativo, accusativo e vocativo plurale neutro in ĭa.

Avremo perciò:

Sesta Lezione

97

Roma 2013

litterālis, e47

(«letterale»)

Singolare Plurale

Maschile e

Femminile

Neutro

Maschile e

Femminile

Neutro

Nominativo

litterālis

litterāle

litterāles

littěralĭa

Genitivo

litterālis

litterālis

littěralĭum

littěralĭum

Dativo

litterāli

litterāli

littěralĭbus

littěralĭbus

Accusativo

litterālem

litterāle

litterāles

littěralĭa

Vocativo

litterālis

litterāle

litterāles

littěralĭa

Ablativo

litterāli

litterāli

littěralĭbus

littěralĭbus

47 Gli aggettivi a tre uscite hanno la medesima flessione; al nominativo e vocativo singolare maschile

però hanno desinenza zero. Sono comunque un piccolo gruppo di nomi, tutti in er al nominativo

maschile singolare: per esempio, celer, ĕris, ĕre, «celere, rapido». Alcuni di questi, come abbiamo

visto accadere anche nella seconda declinazione, conservano la -e- solo al nominativo e vocativo

singolare maschile: ad esempio, terrester, stris, stre.

aggettivi di seconda classe

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

98

L’unica vera difficoltà dei nomi che utilizzano le desinenze di terza

declinazione è risalire al nominativo singolare. Esso infatti spesso differisce

molto dal genitivo e non è riconducibile a

un numero ristretto di uscite possibili.

Anche qui tuttavia sarà l’uso, la frequentazione a far superare l’ostacolo: man

mano che incontreremo nomi di terza declinazione nel testo di san Tommaso,

impareremo a ricavare il nominativo singolare, sino a quando questa pratica

ci diventerà familiare.

Cominciamo dunque dal periodo che abbiamo già studiato. Troviamo

due aggettivi di seconda classe, «litterālis» e «morālis»: entrambi si trovano al

nominativo singolare maschile, in quanto nomi del predicato, concordati a

senso con «qui»48; ed entrambi sono parisillabi a due uscite: «litterālis, e» e

«morālis, e». Vi è poi un altro aggettivo di seconda classe, «plures», il quale

però presenta più di una difficoltà. Innanzitutto,

risalire al nominativo singolare maschile. Se a

«plures» togliamo la desinenza es, rimane il tema

plur; il genitivo singolare pertanto sarà «pluris». Vado a cercare sul dizionario

«pluris», per verificare se si tratta di un parisillabo in is, ma non lo trovo.

Siccome la desinenza is è preceduta da una r, e non è un parisillabo in is, tre

saranno le possibilità rimanenti: un nome in r (plur, ris), o in s (plus, ris), o un

48 Un aggettivo normalmente concorda in genere, numero e caso con il sostantivo al quale si

riferisce. In questa proposizione però gli aggettivi sono al singolare, mentre il soggetto al quale si

riferiscono è al plurale, come pure la copula «sunt», perché san Tommaso sta dicendo che i

molteplici sensi sono quello storico o letterale, e così via. In situazioni simili, quando cioè la

concordanza non è corretta grammaticalmente, ma solo logicamente, si parla appunto di

concordanza a senso.

difficoltà della terza declinazione

il nominativo singolare di plures

Sesta Lezione

99

Roma 2013

neutro in re (plure, is). Sul vocabolario riscontro che è plus, ris; però leggo che

è il comparativo di multus, a, um.

Gli aggettivi infatti possono trovarsi al grado positivo, comparativo o

superlativo. Il grado positivo è l’aggettivo semplice (per

esempio, «bello»). Il comparativo si ha invece, come dice il

nome stesso, quando si instaura un paragone con un altro

termine; il paragone stesso potrà essere di uguaglianza (per esempio, «tanto

bello quanto …», o «così bello come …»), di minoranza («meno bello di …») o

di maggioranza («più bello di …»). Il superlativo infine esprime l’aggettivo al

massimo grado, e potrà essere un superlativo relativo, ovvero rispetto, in

relazione a un gruppo («il più bello di …»), o un superlativo assoluto

(«bellissimo»).

In latino, come in italiano, per la formazione dei gradi dell’aggettivo

possono usarsi degli avverbi: per esempio, «meno bello di …» sarà «minus

pulcher quam …». Per il superlativo invece,

sempre come in italiano, si usa il suffisso issĭmus

da aggiungere al tema dell’aggettivo al grado

positivo: bonus – bonissĭmus, «buono – buonissimo». In latino però v’è un

suffisso anche per la formazione del grado comparativo di maggioranza (che

in italiano si forma invece con l’ausilio dell’avverbio più): ĭor per il maschile e

femminile, ĭus per il neutro. Avremo pertanto la seguente declinazione:

i tre gradi degli aggettivi

formazione dei gradi dell’aggettivo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

100

litteralĭor, ĭus

(«letterale»)

Singolare Plurale

Maschile e

Femminile

Neutro

Maschile e

Femminile

Neutro

Nominativo

litteralĭor

litteralĭus

litteraliōres

litteraliōra

Genitivo

litteraliōris

litteraliōris

litteraliōrum

litteraliōrum

Dativo

litteraliōri

litteraliōri

litteraliorĭbus

litteraliorĭbus

Accusativo

litteraliōrem

litteralĭus

litteraliōres

litteraliōra

Vocativo

litteralĭor

litteralĭus

litteraliōres

litteraliōra

Ablativo

litteraliōre

litteraliōre

litteraliorĭbus

litteraliorĭbus

declinazione del comparativo di maggioranza

Sesta Lezione

101

Roma 2013

Come in italiano, infine, un piccolo gruppo di aggettivi, per formare il

comparativo e il superlativo, utilizza un’altra radice49. Tra questi appunto

multus, a, um, che al comparativo di maggioranza fa plus,

ris e al superlativo plurĭmus, a, um. In italiano il

superlativo di «molto» è regolare, «moltissimo»

(«plurimo» invece è considerato un aggettivo positivo, con il significato di

«molteplice», privo di comparativo e superlativo), mentre il comparativo

deriva dal latino ed è «più», il quale è indeclinabile ed è usato come avverbio

(«più bello di …») piuttosto che come aggettivo («ho letto più volte questo

libro», nel senso di «ho letto molte volte, più di una volta questo libro»). Plus,

ris in latino è usato invece al plurale, come aggettivo comparativo di

maggioranza50 (come nel testo di san Tommaso: «plures sensus», «molteplici

sensi, più di un senso»), mentre al singolare conosce un uso limitato al

nominativo, genitivo e accusativo, sempre con

valore di sostantivo (per esempio, «plus fidei», «più

fede, un po’ più di fede»). Quanto infine alla classificazione di multus,

siccome indica una quantità indeterminata, è chiamato aggettivo indefinito.

Nel nostro periodo c’è un altro vocabolo che finora non abbiamo potuto

analizzare: «haběat». Si tratta di un congiuntivo presente attivo. Nella quarta

Lezione, abbiamo già avuto modo di accennare che il congiuntivo è il modo

della possibilità, della soggettività. Esso può

essere usato sia nelle reggenti che nelle

complementari; poiché però nel testo di san

49 Per la precisione, esistono altre eccezioni nella formazione del comparativo e del superlativo; ma

qui anche queste tralasciamo di specificare per non appesantire ulteriormente la trattazione. 50 Al neutro nei casi retti solitamente è plura, ma più di rado si trova anche plurĭa.

i tre gradi di multus, a, um

aggettivi indefiniti

uso del congiuntivo nelle complementari

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

102

Tommaso che studiamo le reggenti sono tutte di tipo enunciativo

all’indicativo, per il momento ci limitiamo a presentare l’uso del congiuntivo

nelle complementari, uso del resto abbastanza frequente.

In quanto modo della possibilità, il congiuntivo può esprimere

anzitutto il carattere eventuale di quel che si predica. Scriverà più avanti san

Tommaso: «È nel potere di Dio che adatti le

parole per significare qualcosa». Il

congiuntivo «adatti» (in latino, accommŏdet) è utilizzato proprio per dire che il

fatto che Dio adatti le parole per significare qualcosa è solo un’ipotesi,

un’eventualità, un evento possibile e non già realizzato e registrato. Si parla

pertanto di congiuntivo eventuale.

In quanto poi modo della soggettività, il congiuntivo può esprimere

anche la soggettività di un’affermazione: quando, nel nostro periodo, è detto

che «la Sacra Scrittura non abbia sotto un’unica

lettera più sensi», l’uso del congiuntivo «non

haběat» sta appunto a significare che quel che si sta dicendo è un’opinione,

tutta da verificare, e non un dato già assodato. In questi casi si parla di

congiuntivo obliquo (qui obliquo indica la natura non diretta, ma incerta

dell’affermazione).

Se infine nei due casi precedenti l’utilizzo del congiuntivo nelle

proposizioni complementari ha ragioni semantiche, è cioè legato al significato

della proposizione, c’è un terzo uso del

congiuntivo con valore meramente sintattico: è la

cosiddetta attrazione modale, ovvero il fatto che in latino una proposizione

complementare ha il predicato al congiuntivo se dipende da un’altra

congiuntivo eventuale

congiuntivo obliquo

attrazione modale

Sesta Lezione

103

Roma 2013

proposizione il cui predicato sia al congiuntivo o all’infinito, in quanto è

come se quest’ultima proposizione includa, attragga appunto nella propria

atmosfera soggettiva anche la proposizione da essa dipendente. Così la frase:

«Tommaso dice che la lettera che è nella Sacra Scrittura ha più sensi», in

latino suonerebbe: «Thomas dicit littěram, quae in sacra Scriptūra sit, plures

sensus habēre», in quanto la proposizione relativa «quae … sit» dipende dalla

proposizione all'infinito «habēre», cosìcché il predicato per attrazione modale

va al congiuntivo, «sit»51.

Dal punto di vista morfologico, quanto cioè alla flessione52, il congiuntivo

attivo delle quattro coniugazioni si ottiene premettendo determinate vocali

tematiche alle desinenze attive. Per la precisione, e nella prima coniugazione,

ea nella seconda, a nella terza e ia nella quarta. Avremo pertanto:

51 Come è facile intuire, anche nell’attrazione modale permane comunque una sfumatura eventuale

o obliqua; così nel nostro esempio si potrebbe bene intendere: «La lettera che venga eventualmente

a trovarsi nella Sacra Scrittura». Il fatto poi che, sempre nell’esempio addotto, la proposizione

dipendente «littěram habēre» abbia il soggetto in accusativo e il predicato all’infinito, è dovuto a

una costruzione tipica del latino, detta infinitiva, che studieremo più avanti. 52 Più precisamente, per morfologia si intende lo studio (in greco, lógos) delle forme (in greco, morfái)

linguistiche, delle norme che regolano la struttura, la flessione, la composizione e la derivazione

delle parole.

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

104

Congiuntivo Presente Attivo

1a coniugazione

in -āre

2a coniugazione

in –ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare assign-e-m hab-ĕa-m argŭ-a-m inven-ĭa-m

2a singolare assign-e-s hab-ĕa-s argŭ-a-s inven-ĭa-s

3a singolare assign-e-t hab-ĕa-t argŭ-a-t inven-ĭa-t

1a plurale assign-ē-mus hab-eā-mus argu-ā-mus inven-iā-mus

2a plurale assign-ē-tis hab-eā-tis argu-ā-tis inven-iā-tis

3a plurale assign-e-nt hab-ĕa-nt argŭ-a-nt inven-ĭa-nt

La diatesi passivo-deponente si ottiene semplicemente sostituendo le

desinenze passivo-deponenti a quelle attive:

Congiuntivo Presente Passivo-Deponente

1a coniugazione

in -āre

2a coniugazione

in –ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare assign-e-r hab-ĕa-r argŭ-a-r inven-ĭa-r

2a singolare assign-ē-ris hab-eā-ris argu-ā-ris inven-iā-ris

3a singolare assign-ē-tur hab-eā-tur argŭ-ā-tur inven-iā-tur

1a plurale assign-ē-mur hab-eā-mur argu-ā-mur inven-iā-mur

2a plurale assign-e-mĭni hab-ea-mĭni argu-a-mĭni inven-ia-mĭni

3a plurale assign-e-ntur hab-eā-ntur argu-a-ntur inven-ia-ntur

congiuntivo presente attivo delle quattro coniugazioni

congiuntivo presente passivo delle quattro coniugazioni

Sesta Lezione

105

Roma 2013

Il congiuntivo presente del verbo sum è invece caratterizzato dalla

vocale i:

Possiamo così considerare terminato lo studio del primo periodo del

testo di san Tommaso e cominciare pertanto l’analisi del secondo periodo

dell’articŭlus decĭmus della

Summa. Tuttavia, prima di

proseguire, vale la pena

soffermarsi brevemente a rimarcare un’importante osservazione metodologica.

Quando si sia conclusa la fatica di analizzare un brano, anziché liquidarlo e

procedere oltre, è proprio quello il momento in cui raccogliere i frutti:

leggendo e rileggendo il testo latino appena studiato, nella versione originale!

Attraverso questo esercizio il guadagno che si ottiene è duplice. Da una parte,

si prende dimestichezza con la lingua: alla fine, si arriva a leggere il testo e a

capirlo senza bisogno di tradurlo nella propria lingua; certo, questo è reso

possibile dallo studio precedente, ciò nondimeno lettura dopo lettura si

diventa sempre più familiari del latino; è come la fase dell’assimilazione

Congiuntivo presente verbo sum

1a singolare s-i-m

2a singolare s-i-s

3a singolare s-i-t

1a plurale s-i-mus

2a plurale s-i-tis

3a plurale s-i-nt

congiuntivo presente del verbo sum

un’importante raccomandazione metodologica: leggere e rileggere a voce alta il testo latino in originale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

106

seguente a quella della masticazione e della digestione: ed è inutile aver fatto

lo sforzo di preparare, cucinare e mangiare un cibo, se poi l’organismo non lo

assimila! Dall’altra parte, il secondo guadagno è semplicemente di godere

della lettura del testo in originale: è bello leggere e rileggere un buon testo,

capendo quel che si legge e apprezzandone anzi le qualità sintattiche. Come

insegna sant’Ignazio a proposito della preghiera e della lettura della Bibbia,

anche nel nostro caso, dopo la fatica dell’analisi, è importante fermarsi a

gustare, e godere! Altrimenti è come fare la spesa, sistemare i viveri nella

dispensa … e digiunare! Anche nello studio, c’è un tempo della fatica e un

tempo della gioia, ed è importante imparare a vivere il secondo dopo il

primo. Dunque dedichiamo tempo a leggere più volte il testo di san Tommaso in

originale53, man mano che lo studiamo, preferibilmente a voce alta: sarà

un’occasione per imparare meglio il latino e per gioire.

Detto questo, veniamo senz’altro al secondo periodo. Lo riportiamo con

traduzione interlineare e costruzione italiana:

«Multiplicĭtas sensŭum in una scriptūra enim parit confusiōnem et deceptiōnem,

«La molteplicità dei sensi in una sola Scrittura infatti genera confusione e sviamento,

et tollit firmitātem arguendi: unde argumentātio non procēdit

e toglie la solidità dell’argomentare: tant’è vero che l’argomentazione non procede

ex multiplicĭbus propositionĭbus, sed alĭquae fallacĭae

da molteplici proposizioni, ma al contrario certi errori

53 A tale scopo, al termine del volume trascriveremo su un’unica facciata il testo di san Tommaso

studiato nel manuale nel corso di queste decine e decine di pagine.

Sesta Lezione

107

Roma 2013

assignantur secundum hoc ».

vengono designati in base a ciò».

È la prima argomentazione a sostegno della tesi secondo cui non è

possibile che una medesima lettera veicoli più significati. Se infatti si

verificasse questo, se cioè all’interno

della Scrittura una sola parola fosse

interpretabile secondo significati

diversi, ciò sarebbe evidentemente fonte di confusione; non tanto, come pure

oggi verrebbe da intendere, nel senso che ciascuno potrebbe interpretare il

passo a proprio piacimento, quanto piuttosto, come spiega san Tommaso, nel

senso che non sarebbe più possibile utilizzare la Bibbia per proporre

argomentazioni logicamente valide: infatti, secondo la teoria sillogistica

aristotelica, se nelle due premesse un termine è equivoco, è cioè interpretabile

secondo molteplici significati («multiplicĭbus propositionĭbus»), questo fatto

rende non più valido l’intero sillogismo54. Ma ciò, concluderà san Tommaso

nel prosieguo del capoverso, è impossibile, perché nessuno dubita che la

Scrittura sia fonte inequivocabile di argomentazioni a sostegno della verità55:

dunque non si può ammettere che in essa una sola lettera abbia più

significati.

54 Sillogismo è l’argomentazione nella quale una terza proposizione, la conclusione, segue

necessariamente da due proposizioni, le premesse; il nesso inferenziale tuttavia, come ricorda qui san

Tommaso, è valido se e solo se il cosiddetto termine medio, contenuto nelle due premesse, viene

usato in modo univoco e non con significati differenti in ciascuna delle due proposizioni. 55 Fin dai primi secoli dell’era cristiana, i Padri della Chiesa ritennero la ragione e la Scrittura le due

fonti da cui attingere la verità e in età scolastica era altresì naturale – per quanto oggi ciò possa

sembrare metodologicamente inaccettabile – utilizzare la Bibbia come un testo contenente

argomentazioni logiche a sostegno della verità.

significato dell’argomentazione contenuta nel primo capoverso

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

108

Chiarito il significato di quanto scrive l’Aquinate, procediamo con

l’analisi del periodo. Iniziamo, come sempre, dal trascrivere in alto nella

scheda di analisi del periodo il testo per intero, questo volta nella costruzione

originale:

«Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et tollit

firmitātem arguendi: unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentātio, sed

secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur».

Normalmente, dopo i due punti inizia un nuovo periodo; in questo

caso, però, come vedremo, dopo i due punti vi sono solo proposizioni

complementari, le quali pertanto fanno parte dell’unico periodo introdotto

dalle precedenti reggenti. Ma veniamo innanzitutto a individuare le

congiunzioni. Esse sono quattro, o meglio, tre congiunzioni e un avverbio:

«enim»: è una congiunzione coordinativa; essa infatti serve qui a

collegare il periodo che inizia con quello appena terminato: è

tipico di san Tommaso utilizzare sempre una congiunzione per

coordinare i periodi tra di loro, in modo da esplicitare il nesso

logico che li lega, così da rendere il più possibile chiara la linea

argomentativa di tutto l’articolo. È questa un’accortezza che

dovrebbe avere chiunque scriva o parli, e

specialmente chi scriva o parli di filosofia:

un’attenzione massima all’uso delle

congiunzioni, cosicché esse da sole rivelino la struttura

argomentativa che si sta sviluppando. Davvero dall’uso delle

congiunzioni può dipendere la qualità di un testo filosofico! La

enim: congiunzione coordinativa esplicativa

Sesta Lezione

109

Roma 2013

nostra congiunzione è di tipo esplicativo, in quanto serve a

spiegare quanto affermato precedentemente: non è possibile che

un’unica lettera abbia più significati, perché la molteplicità di

significati posseduti da un unico vocabolo genererebbe

confusione. È emblematico che tanto enim quanto il correlativo

greco gár vengano tradotti nei dizionari latini e greci con la

congiunzione causale «poiché»: in effetti, come per tutti ha

chiarito Aristotele, la spiegazione di un qualcosa viene a coincidere

con la sua causa

«et»: è la congiunzione usata più di frequente; ha valore coordinativo

copulativo, ossia serve a unire due elementi sintattici; nel nostro

periodo ne incontriamo due: la prima

collega due complementi oggetti, la

seconda due proposizioni; in sede di analisi del periodo ci

interessa pertanto solo la seconda

«unde»: i dizionari riconoscono in questa parola un avverbio di

luogo, o meglio d’origine, con il significato di «da dove». La

classificazione di avverbio è dovuta al fatto che «dove» è giudicato

appunto un avverbio locativo interrogativo. In effetti, una

proposizione interrogativa diretta, una

di quelle per intenderci che si

concludono con un punto

interrogativo, è una reggente nella quale il primo vocabolo è un

avverbio che serve a specificare la domanda («dove», «perché»,

«quando», e così via); si tratta di avverbi e non di congiunzioni

et: congiunzione coordinativa copulativa

avverbi, congiunzioni e pronomi relativi

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

110

perché introducono, sì, una proposizione, ma senza collegarla alla

precedente. Tuttavia questi tipi di avverbi vanno segnalati nella

nostra scheda, perché appunto introducono una proposizione:

svolgono quindi comunque un’importante funzione di nesso logico,

sintattico. Del resto, a guardar bene, simili avverbi sono pronomi

relativi camuffati (per questo nella scheda si suggerisce di inserirli

nella colonna dei pronomi relativi): così ad esempio l’avverbio

«da dove?» si può parafrasare con l’espressione equivalente «qual

è il luogo dal quale?»; anche il «donde» della nostra proposizione

si potrebbe tradurre con «dalla qual cosa». Dunque, «unde» è un

avverbio locativo d’origine. Tuttavia nel nostro caso, inteso così, il

senso dell’argomentazione di Tommaso potrebbe risultare non

del tutto chiaro. Il fatto è che l’origine può ben assumere il

significato di causa, in quanto l’origine è la causa; ma sopra

abbiamo visto che a sua volta la causa è altresì la spiegazione di un

qualcosa. E in effetti, per capire cosa stia

dicendo Tommaso, sarebbe meglio

tradurre «unde» con una congiunzione

coordinativa esplicativa tipo enim,

«infatti». Dunque nella scheda potremo scrivere avverbio locativo

d’origine, con valore esplicativo, decidendo poi a proprio piacimento

se tradurre con un letterale «donde» o con un più libero, ma più

comprensibile «infatti», o «motivo per cui»

«sed»: insieme a et è la congiunzione più frequente; come et è

copulativa, serve cioè ad unire, così sed è avversativa, serve cioè a

unde: avverbio locativo d’origine con valore esplicativo

Sesta Lezione

111

Roma 2013

contrapporre (in italiano abbiamo «avversario», che deriva

appunto dal latino adversarĭus, da cui

anche il nostro adversatīvus). Resta da

decidere se è una congiunzione

coordinativa o subordinativa: noi la interpreteremo sempre come

una coordinativa, in quanto dal punto di vista logico la

contrapposizione è comunque una forma di coordinazione,

proprio in quanto opposta all’unione copulativa. Del resto, non a

caso, in una proposizione introdotta da una congiunzione

avversativa è sempre sottintesa la congiunzione che introduce la

proposizione precedente a essa appunto coordinata; nel nostro

caso: «per questo infatti da molte proposizioni …, ma al contrario

per questo stesso motivo alcuni errori …»56.

Non essendoci pronomi relativi, passiamo a elencare i predicati. Anch’essi

sono quattro, tutti evidentemente verbali (non compare mai infatti il verbo

essere): «parit», «tollit», «non procēdit»,

«assignantur». Unendo i quattro connettori ai

quattro predicati otteniamo le quattro proposizioni che formano il nostro

periodo: «enim … parit», «et … tollit», «unde … non procēdit», «sed …

assignantur». È questa l’ossatura, l’architettura della frase.

Resta ancora da esplicitare la natura di ciascuna proposizione e il

rapporto che lega l’una alle altre. Per fare ciò, basterà utilizzare le

informazioni già raccolte nella metà superiore

56 Traduciamo «per questo infatti … per questo stesso motivo», anziché solo «infatti … infatti», per

rendere più chiaro il senso della ripetizione dell’avverbio unde con valore esplicativo.

sed: congiunzione coordinativa avversativa

le quattro proposizioni …

… e la loro

architettura sintattica

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

112

della griglia. «Sed» è coordinato a «unde», e «unde» è l’esplicitazione di quanto

affermato nelle due proposizioni precedenti, collegate tra di loro dall’«et»:

dunque «enim … parit» e «et … tollit» sono le due reggenti; entrambe però sono

introdotte da una congiunzione: «enim … parit» sarà pertanto coordinata al

precedente periodo in forma esplicativa, mentre «et … tollit» è coordinata alla

precedente reggente in forma copulativa. Quanto poi a «unde … non procēdit»,

essa è una complementare indiretta d’origine con valore esplicativo, di primo grado,

in quanto immediatamente subordinata alle reggenti; «sed … assignāntur»

invece è un’altra complementare indiretta d’origine con valore esplicativo

coordinata alla precedente complementare in forma avversativa, quindi anch’essa di

primo grado. Nella scheda compilata riportata nella pagina seguente, si trova

pure il diagramma di flusso, comprendente anche il primo periodo: come già

detto, infatti, Tommaso collega così bene i periodi tra di loro per mezzo di

appropriate congiunzioni, che da un punto di vista sintattico l’intero testo

può alla fine essere considerato come un unico periodo!

Nella prossima Lezione procederemo all’analisi delle proposizioni e

delle parole del periodo appena esaminato.

Sesta Lezione

113

Roma 2013

Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare la scheda di analisi del periodo di

«Multiplicĭtas enim …» Declina i seguenti sostantivi di terza declinazione:

«multiplicĭtas, ātis», «confusĭo, ōnis», «caput, ĭtis» Declina i seguenti aggettivi di seconda classe:

«litterālis, e», «multĭplex, ĭcis», «plus, ris» Declina il comparativo di maggioranza «litteralĭor,

ĭus» Coniuga il presente congiuntivo del verbo «sum» Coniuga il presente congiuntivo attivo dei seguenti

verbi: «narro, as», «haběo, es», «tollo, is», «invěnĭo, is»

Coniuga il presente congiuntivo passivo dei seguenti verbi: «assīgnor, āris», «viděor, ēris», «trador, ěris», «invenĭor, īris»

Quando un aggettivo di seconda classe è detto a 3

uscite? Quando a 2 uscite? Quando a 1 uscita? Perché nei dizionari, relativamente agli aggettivi di

seconda classe a 1 uscita, viene indicato anche il genitivo singolare?

Quali sono i tre gradi di un aggettivo? Qual è la formazione di un comparativo di maggioranza in latino? Cosa si intende per formazione irregolare dei comparativi di maggioranza?

Cosa sono gli aggettivi indefiniti? Perché si chiamano così?

Quali sono i tre possibili casi di uso del congiuntivo in una proposizione complementare in latino? Fare degli esempi.

Perché, nella scheda di analisi del periodo, gli avverbi sono collocati nella colonna dei pronomi relativi?

Quale il legame tra valore causale, d’origine e esplicativo di una congiunzione?

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

114

ANALISI DEL PERIODO: «Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et tollit firmitātem arguendi:

unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentatĭo, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi relativi

(e avverbi) specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la

caratterizza

1 Enim = congiunzione

coordinativa esplicativa

Unde = avverbio d’origine

con valore esplicativo

Parit = predicato verbale Enim ... parit

2 Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Tollit = predicato

verbale

Et ... tollit

3 Sed = congiunzione

coordinativa avversativa

Non procēdit = predicato

verbale

Unde ... non procēdit

4 Assignantur = predicato

verbale

Sed ... assignantur

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Enim ... parit = proposizione reggente enunciativa

coordinata al precedente periodo in forma esplicativa

vidētur quod …

2 Et ... tollit = proposizione reggente enunciativa

coordinata alla proposizione reggente precedente in

forma copulativa

enim ... parit ↔ et ... tollit

3 Unde ... non procēdit = proposizione complementare

indiretta d’origine con valore esplicativo di I grado

4 Sed ... assignantur = proposizione complementare

indiretta d’origine con valore esplicativo di I grado

coordinata alla precedente proposizione complementare

in forma avversativa

unde ... non procēdit <> sed ... assignantur

115

Roma

2013

Settima Lezione

Ecco le desinenze della quarta declinazione:

sensus, us Singolare Plurale

Nominativo sensus sensus

Genitivo sensus sensŭum

Dativo sensui sensĭbus

Accusativo sensum sensus

Vocativo sensus sensus

Ablativo sensu sensĭbus

In questa Lezione impareremo: la quarta declinazione e la declinazione dei nomi

d’origine straniera il perfetto indicativo attivo delle quattro coniugazioni e

del verbo sum

la declinazione di alĭqui, alĭqua, alĭquod e di alĭquis,

alĭquid la flessione dei verbi in ĭo della terza coniugazione la flessione e l’uso del gerundio a definire cosa siano i nomi verbali a distinguere tra perfetto storico e perfetto logico, e

tra perfetto debole e perfetto forte a identificare i pronomi indefiniti a ricavare il nominativo singolare dei nomi in dentale,

in nasale e in gutturale di terza declinazione

a riconoscere i complementi di modo, di limitazione e d’origine

a compilare le schede di analisi della proposizione e della parola di «Multiplicĭtas enim …»

a apprezzare alcuni rilievi etimologici

quarta declinazione

Studio Critico della Lingua Latina

116

Roma 2013

Come si vede, l’uscita us è comune a ben sei casi su dodici. Per il resto,

ritroviamo l’accusativo singolare in um, come nella seconda declinazione, e

il dativo e ablativo plurale in ĭbus, come nella terza declinazione (a volte

però si trova anche la desinenza ŭbus). Come si ricorderà, nel primo periodo

abbiamo incontrato «sensus»: lì si trattava di un accusativo plurale. I

sostantivi neutri di quarta declinazione, rari, hanno la desinenza ŭa nei casi

retti del plurale, mentre al singolare hanno il genitivo in us e tutti gli altri casi

in u. Abbiamo pertanto:

genu, us (ginocchio) Singolare Plurale

Nominativo genu genŭa

Genitivo genus genŭum

Dativo genu genĭbus

Accusativo genu genŭa

Vocativo genu genŭa

Ablativo genu genĭbus

Potrebbe sembrare un sostantivo di quarta declinazione il nome Iēsus;

in realtà è un nome straniero57, che in quanto tale ha una declinazione sua

propria:

57 I nomi stranieri non greci spesso sono indeclinabili: è il caso dei biblici Abraham o Bethleem. Più

raramente si declinano regolarmente: per esempio Maria, ae o Iohannes, is. I nomi di origine greca

infine, in alcuni casi, conservano le desinenze della lingua greca (ad esempio, Aenēas all’accusativo

fa Aenēam, ma anche Aenēan, alla greca).

neutri di quarta declinazione

Settima Lezione

117

Roma

2013

Iēsus, u

Nominativo Iēsus

Genitivo Iēsu

Dativo Iēsu

Accusativo Iēsum

Vocativo Iēsu

Ablativo Iēsu

Nella scorsa Lezione, abbiamo presentato il congiuntivo presente, voce

verbale derivata dal tema del presente. Come forse si ricorderà, dopo il

presente indicativo, il paradigma di un verbo presenta il perfetto: veniamo

dunque a studiare il perfetto indicativo attivo. Esso deve il proprio nome al

fatto che in origine era utilizzato per indicare un’azione compiuta (in latino,

perfecta), di contro all’imperfetto, che indicava un’azione incompiuta nel

passato, e al presente, che indicava un’azione incompiuta nel presente. A

questo aspetto, si è aggiunto poi il valore temporale, di

passato. Ecco allora che il perfetto in italiano si può

tradurre con il passato remoto o con il trapassato

remoto (per esempio, «studiai» o «ebbi studiato»): è il cosiddetto perfetto

storico, che denota semplicemente un’azione compiuta nel passato; oppure

con il passato prossimo («ho studiato»): è il cosiddetto perfetto logico, che

esprime un fatto accaduto, compiuto nel passato, i cui effetti perdurano nel

declinazione di

Iēsus, u

perfetto storico e perfetto logico

Studio Critico della Lingua Latina

118

Roma 2013

presente58. Il perfetto, oltre ad avere un tema proprio, possiede anche

desinenze proprie. Esse sono le seguenti:

Desinenze del perfetto

indicativo attivo

1a singolare -i

2a singolare -isti

3a singolare -it

1a plurale -ĭmus

2a plurale -istis

3a plurale -ērunt / -ēre

Conseguentemente, ecco la flessione

del perfetto indicativo attivo delle quattro

coniugazioni:

Indicativo Perfetto Attivo

1a coniugazione

in -āre

2a coniugazione

in -ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare ded-i habŭ-i scrips-i invēn-i

2a singolare ded-isti habu-isti scrips-isti inven-isti

3a singolare ded-it habŭ-it scrips-it invēn-it

1a plurale ded-ĭmus habu-ĭmus scrips-ĭmus inven-ĭmus

2a plurale ded-istis habu-istis scrips-istis inven-istis

3a plurale ded-ērunt habu-ērunt scrips-ērunt inven-ērunt

58 In latino vi sono alcuni verbi che sono coniugati al perfetto, ma vanno tradotti al presente

proprio in virtù del loro essere perfetti logici: così ad esempio novi si traduce con «so» in quanto

significa «ho conosciuto»; o ancora, memĭni significa «ho richiamato alla memoria» e quindi

«ricordo».

desinenze del perfetto

perfetto indicativo attivo delle quattro coniugazioni

Settima Lezione

119

Roma

2013

I quattro verbi proposti presentano le quattro possibili formazioni del tema

del perfetto:

1) tema con suffisso ŭ/v: habĕo

utilizza il suffisso ŭ (se si

fosse trovato in posizione

intervocalica sarebbe stato v: per esempio, laudāvi) e diventa habŭi;

è il cosiddetto perfetto debole, di contro alle altre tre seguenti forme

che sono dette perfetto forte

2) tema con raddoppiamento: do raddoppia la radice e diventa dedi

3) tema sigmatico59: scribo inserisce un s tra radice e desinenza e

diventa scripsi

4) tema con apofonia: invĕnĭo allunga la vocale radicale (è il

fenomeno chiamato apofonia) e diventa invēni (a volte

l’allungamento comporta una modificazione della stessa vocale:

così ad esempio ăgo diventa ēgi).

Infine, ecco il perfetto indicativo del verbo sum:

Indicativo perfetto del verbo sum

1a singolare fu-i

2a singolare fu-isti

3a singolare fu-it

1a plurale fu-ĭmus

2a plurale fu-istis

3a plurale fu-ērunt

59 In greco, «sigma» è il nome dato alla consonante s.

il perfetto debole e le tre forme di perfetto forte

perfetto indicativo del verbo sum

Studio Critico della Lingua Latina

120

Roma 2013

A questo punto, possiamo riprendere il secondo periodo di san

Tommaso e procedere all’analisi delle proposizioni. Prima

proposizione:

«Multiplicĭtas sensŭum in una scriptūra enim parit confusiōnem et deceptiōnem».

«La molteplicità dei sensi in una sola Scrittura infatti genera confusione e sviamento».

Il predicato è evidentemente «parit» ed è verbale. Il soggetto è

«multiplicĭtas»; esso è completato dal complemento di specificazione

«sensŭum». Il predicato regge due complementi oggetti: «confusiōnem» e

«deceptiōnem». «In una scriptūra» infine è il complemento di stato in luogo,

formato dalla preposizione in + l’ablativo. Anche l’analisi della seconda

proposizione è semplice:

«et tollit firmitātem arguendi».

«e toglie la solidità dell’argomentare».

Il predicato verbale è «tollit»; «multiplicĭtas» è il soggetto sottinteso;

«firmitātem» è il complemento oggetto. Questa volta poi un complemento di

specificazione completa non il soggetto, bensì il complemento oggetto:

«arguendi». Prosegue san Tommaso:

« unde argumentātio non procēdit ex multiplicĭbus propositionĭbus».

«tant’è vero che l’argomentazione non procede da molteplici proposizioni».

analisi delle proposizioni

Settima Lezione

121

Roma

2013

«Non procēdit» è il predicato verbale. «Argumentatĭo» è il soggetto. Il

complemento oggetto non c’è e non ci sarebbe potuto essere, in quanto il

predicato è un verbo di movimento e quindi intransitivo. C’è però un

complemento indiretto; per la precisione, un complemento d’origine, che indica

appunto da chi o da che cosa il termine di

riferimento tragga origine, principio; esso è

collegato al verbo di movimento ed è formato con la preposizione ex+

l’ablativo: «ex multiplicĭbus propositionĭbus». Ecco infine la quarta

proposizione:

« sed alĭquae fallacĭae assignantur secundum hoc »

«ma al contrario certi errori vengono designati in base a ciò».

Il predicato verbale è «assignantur» e il soggetto «alĭquae fallacĭae».

Anche in questo caso non c’è complemento oggetto e non sarebbe potuto

esserci, in quanto il verbo è passivo. Troviamo sempre un solo complemento

indiretto: si tratta di «secundum quod», formato dalla preposizione secundum +

l’accusativo. È un’espressione usata di frequente da Tommaso per delimitare,

definire ciò di cui sta parlando: si può interpretare pertanto come un

complemento di limitazione. Altrimenti,

intendendo l’espressione «secondo ciò» nel

senso di «in questo modo», si può anche interpretare più semplicemente

come un complemento di modo60.

60 Il complemento di modo indica appunto il modo, la maniera in cui è compiuta l’azione espressa dal

predicato.

complemento d’origine

complemento di limitazione e complemento di modo

Studio Critico della Lingua Latina

122

Roma 2013

Veniamo ora all’analisi parola per parola. Cominciamo dai nomi.

Incontriamo nuovamente «una» e «scriptūra»: il primo è aggettivo numerale

cardinale di prima classe pronominale, il secondo

appartiene alla prima declinazione; entrambi sono

all’ablativo singolare femminile, retti dalla preposizione in, che introduce il

complemento di stato in luogo. Anche «fallacĭae» è sostantivo di prima

declinazione, qui al nominativo plurale.

«Alĭquae» è aggettivo indefinito: è la prima

volta che ne incontriamo uno. Segue la flessione propria dei pronomi, ossia

ha le desinenze uniche īus e i rispettivamente al genitivo e al dativo singolare.

Indefiniti sono detti tutti i pronomi che indicano una quantità o una qualità

non determinata: alcuni, altri, e così via. In latino ne esistono vari; noi ci

limitiamo a presentare quello che abbiamo incontrato:

Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

alĭqui

alĭqua

alĭquod

alĭqui

alĭquae

alĭqua

Genitivo

alicuius61

alicuius

alicuius

aliquōrum

aliquārum

aliquōrum

61 Quando la desinenza īus del genitivo singolare dei pronomi è preceduta dalla vocale u, si forma

il dittongo ui; l’accento allora cade sul primo elemento, ovvero sulla u: alicúius, húius, cúius. Se

invece la desinenza è preceduta da una consonante, l’accento tonico cade sulla i lunga di īus: illíus,

istíus, ipsíus.

analisi della parola

pronomi indefiniti

alĭqui, alĭqua, alĭquod

Settima Lezione

123

Roma

2013

Dativo alĭcui alĭcui alĭcui aliquĭbus aliquĭbus aliquĭbus

Accusativo

alĭquem

alĭquam

alĭquod

alĭquos

alĭquas

alĭqua

Ablativo

alĭquo

alĭqua

alĭquo

aliquĭbus

aliquĭbus

aliquĭbus

Si notino le tipiche desinenze pronominali del genitivo e dativo singolare,

rispettivamente in ĭus e i. Per il resto, troviamo alcune uscite proprie degli

aggettivi di prima classe (nominativo maschile plurale, in i, e nominativo

femminile singolare e plurale, in a ed ae; genitivo plurale, in ōrum e ārum,

ablativo singolare, in o e a, accusativo femminile, in am e as) e di seconda

classe (accusativo maschile singolare, in em, dativo e ablativo plurale, in ĭbus).

Nella flessione di tutti i pronomi manca il vocativo, perché di fatto non è mai

usato. Alĭqui è utilizzato con valore di aggettivo; il pronome equivalente è a

due sole uscite, perché manca del femminile:

Singolare Plurale

Maschile

Neutro

Maschile

Neutro

Nominativo

alĭquis

alĭquid

alĭqui

alĭqua

Genitivo

alicuius

alicuius rei

aliquōrum

aliquārum rerum

alĭquis, alĭquid

Studio Critico della Lingua Latina

124

Roma 2013

Dativo alĭcui alĭcui rei aliquĭbus aliquĭbus rebus

Accusativo

alĭquem

alĭquid

alĭquos

alĭqua

Ablativo

alĭquo

alĭqua re

aliquĭbus

aliquĭbus rebus

Come si vede, per rendere il genere neutro nei tre casi obliqui, si ricorre al

sostantivo res, rei, di quinta declinazione, che significa «cosa» (del resto,

proprio ricorrendo a questo sostantivo si traduce

per lo più in italiano il pronome di genere neutro):

questa regola vale per l’uso di tutti i pronomi! Per

il resto, la flessione è come quella dell’aggettivo alĭqui, con l’unica differenza

al nominativo singolare.

«Alĭquae» dunque è nominativo femminile plurale, concordato con

«fallacĭae». Oltre al già noto sostantivo di quarta declinazione «sensŭum», al

genitivo plurale, troviamo poi un certo numero di nomi di terza declinazione,

che ci consentono di imparare a riconoscere tre tipi di nominativo singolare.

Cominciamo da «multiplicĭtas»: è un nominativo singolare. Al genitivo

fa multiplicitātis: se si toglie la desinenza is, rimane il tema multiplicĭtat. È un

tema che termina in t, consonante che

insieme alla d viene chiamata dentale,

perché per produrla si fa battere la punta

della lingua sui denti. Ora, tutti i sostantivi di terza declinazione che

terminano in dentale al nominativo singolare perdono la dentale ed escono

casi obliqui neutri dei pronomi

nomi di terza declinazione in dentale

Settima Lezione

125

Roma

2013

con la sola desinenza s: ecco allora che multiplicĭtats diventa multiplicĭtas. Allo

stesso modo, abbiamo «firmitātem», accusativo singolare da firmĭtas, ātis.

«Confusiōnem» e «deceptiōnem» sono altri due accusativi singolari. Se

togliamo la desinenza em, rimane il tema confusĭon e deceptĭon: si tratta di due

temi in n, consonante che insieme alla m viene detta nasale, perché per

produrla si fa passare l’aria attraverso il

naso. Ora, tutti i sostantivi in nasale della

terza declinazione al nominativo singolare perdono la nasale e sono a

desinenza zero: così abbiamo deceptĭo e confusĭo. Analogamente,

«propositionĭbus» è ablativo plurale da propositĭo, ōnis, mentre «argumentatĭo» è

nominativo singolare da argumentatĭo, ōnis.

«Multiplicĭbus» è un aggettivo indefinito di seconda classe, concordato

con «propositionĭbus». Se togliamo la

desinenza ĭbus, rimane il tema multĭplic. La

c, come pure la g, sono consonanti gutturali,

in quanto per produrle si utilizza la gola (in latino, guttur, ŭris): tutti i nomi di

terza declinazione in gutturale al nominativo singolare escono in x, che è

frutto dell’incontro della gutturale con la desinenza s. Pertanto abbiamo

l’aggettivo a una sola uscita multĭplex, ĭcis62, come anche ad esempio il

sostantivo rex, regis.

Resta ancora solo un nome da analizzare: «arguendi». Si

tratta di un genitivo singolare di seconda declinazione.

«Arguendi» però non è un semplice sostantivo, bensì un verbo nominale o nome

verbale che dir si voglia, ovvero un verbo con valore di sostantivo. Alcune

62

Come si vede, in questo caso il cambiamento del tema comporta anche un fenomeno di apofonia, ovvero di

cambiamento della vocale. Un fenomeno analogo abbiamo già visto accadere nella formazione di alcuni perfetti.

nomi di terza declinazione

in nasale

nomi di terza declinazione in gutturale

nomi verbali

Studio Critico della Lingua Latina

126

Roma 2013

forme verbali infatti svolgono la funzione di nomi: tra queste quella del

gerundio.

Il gerundio è facilmente riconoscibile dal suffisso nd: come «arguendi»

avremo pertanto assignandi, habendi, scribendi, inveniendi (com’è evidente, il

gerundio pertanto si forma dal tema del presente). Anche

l’infinito può svolgere la funzione di sostantivo: per esempio in

«studiare è bello», «studiare» svolge la funzione di soggetto e ha valore di

nome (tant’è che potrebbe essere sostituito dal sostantivo «studio»: «lo studio

è bello»). Ora, però, a differenza che in italiano, in latino l’infinito può avere

valore di sostantivo solo se soggetto o complemento oggetto; in tutti gli altri

casi si ricorre al gerundio. Si dice perciò che il gerundio è un sostantivo

verbale che completa la flessione dell’infinito: il gerundio latino dunque in

italiano va tradotto sempre con l’infinito. Avremo:

Gerundio del verbo argŭo

Genitivo arguendi

Dativo arguendo

Accusativo arguendum

Ablativo arguendo

Come si vede, il gerundio utilizza le desinenze di seconda declinazione.

L’accusativo è utilizzato solo se preceduto da una preposizione, solitamente la

preposizione ad con funzione di complemento di fine. Il gerundio inoltre ha

sempre diatesi attiva.

Il paradigma di argŭo è il seguente: argŭo, is, argŭi, arguitūrus, ĕre. Il

perfetto è in i senza alcun suffisso né apofonia: è tipico dei verbi in uo di terza

gerundio

Settima Lezione

127

Roma

2013

coniugazione. L’uscita ūrus invece è propria

del participio futuro (un modo verbale che

per il momento a noi non interessa

studiare): infatti argŭo manca del supino; però, come molti verbi difettivi del

genere, delle voci derivate dal supino conserva comunque il participio futuro;

per questo motivo, in via eccezionale, nei paradigmi viene inserita questa

voce.

«Assignantur» è un verbo che conosciamo già: è un indicativo presente,

terza persona plurale, diatesi passiva. «Tollit» e

«procēdit» sono due verbi di terza coniugazione,

entrambi all’indicativo presente, terza persona singolare, il primo transitivo

attivo e il secondo intransitivo attivo. Il paradigma di «tollit» è: tollo, is,

sustŭli, sublātum , ĕre. Si tratta di un paradigma sicuramente difficile, derivato

nel perfetto e nel supino da antiche forme di raddoppiamento che hanno

causato differenti forme di variazioni vocaliche e consonantiche. Tuttavia

vale la pena memorizzarlo bene, perché è il verbo utilizzato dall’importante e

molto usato suppletivo fero, «portare», per il perfetto e il supino: fero, fers, tuli,

latum, ferre.

Il paradigma di «procēdit» invece è: procēdo, is, cessi, cessum, ĕre.

Composto di cedo, è uno dei tipici verbi di terza coniugazione

con il perfetto e supino in s. Infine troviamo «parit»: anch’esso

indicativo presente, terza persona singolare, transitivo attivo, appartiene ai

cosiddetti verbi in ĭo di terza coniugazione. In verità si tratta di un piccolo

participio futuro all’interno di un paradigma

il paradigma di tollo

verbi in ĭo

Studio Critico della Lingua Latina

128

Roma 2013

gruppo di verbi63 appartenenti in origine alla quarta coniugazione, ma con

vocale tematica breve, cosicché nei tempi derivati dal presente essi hanno

trasformato la vocale tematica ĭ in e se essa si trova davanti a r o in finale di

parola: così l’infinito da parĭre diventa parĕre, come fosse un verbo di terza

coniugazione64. Il paradigma di «parit» è: parĭo, is, pepĕri, partum, paritūrus, ĕre.

Il perfetto è ottenuto con il raddoppiamento e la conseguente apofonia da par

in per; ma la particolarità è la presenza nel paradigma del participio futuro,

accanto al supino: ciò è dovuto al fatto che il

participio futuro si forma eccezionalmente da un

tema leggermente diverso rispetto a quello del supino (parit anziché part).

Resterebbe solo una parola ancora da analizzare: «hoc». Si tratta di un pronome

dimostrativo; la sua flessione però la presenteremo la prossima Lezione.

Per il momento, concludiamo piuttosto con alcune osservazioni

semantiche e etimologiche sulle parole appena analizzate. In effetti, l’etimologia è

una prassi molto utilizzata nella filosofia

contemporanea, da Heidegger in avanti; del

resto, già Platone ne aveva fatto largamente uso.

In generale, è mia convinzione che la prassi etimologica in filosofia risponda

all’esigenza di forzare la parola nel tentativo, per così dire, di andare aldilà

63 Oltre a «parĭo», degni di nota per la frequenza con cui sono usati o per il loro significato sono i

seguenti verbi in ĭo: «capĭo», «prendere», «cupĭo», «desiderare», «facĭo», «fare», «fugĭo», «fuggire»,

«iacĭo», «gettare», «morĭor», «morire», «patĭo», «soffrire», «rapĭo», «rapire». 64 Oltre all’infinito, di fatto i verbi in ĭo seguono il modello di flessione dei verbi di terza

coniugazione solo all’imperfetto congiuntivo, all’imperativo e in alcune voci del presente

indicativo (per la precisione, alla seconda e terza persona singolare e alla prima e seconda persona

plurale). In tutti gli altri tempi seguono invece la quarta coniugazione.

paradigma di parĭo

la prassi etimologica

Settima Lezione

129

Roma

2013

della lettera attraverso la lettera stessa65. Proprio per l’uso autorevole che ne è

stato fatto, dunque, al termine di ogni analisi della parola concederemo un

po’ di spazio ad alcuni rilievi etimologici.

«Multiplicĭtas», come anche «multiplicĭbus», deriva da multus + plicāre o

plectĕre, ossia dall’aggettivo «molto» in unione con il verbo «piegare» o

«intrecciare»: indica infatti la presenza di

molte pieghe, quindi di una pluralità e

complessità di piani; all’opposto di simplex, ĭcis, che al prefisso multus

sostituisce l’indoeuropeo sem, da cui il latino unus: la semplicità è appunto

l’unicità e quindi assenza di pieghe, di risvolti, di sottofondi.

«Confusiōnem» viene da cum + fundĕre, «versare insieme, mischiare»: è la

conseguenza dell’unire ciò che invece andrebbe tenuto distinto.

«Deceptiōnem» deriva da de + capĕre, «prendere e portare altrove» (il prefisso

de ha appunto il significato locativo di «via da»: esprime allontanamento e

separazione): quindi «sviare, ingannare». «Tollit» è un verbo importante per il

cristianesimo: nella Messa in

latino il sacerdote pronuncia le

parole «Ecce agnus Dei qui tollit

peccātum mundi». Significa propriamente «prendere su di sé un peso,

sollevandolo» e quindi, in senso derivato, «eliminare, allontanare,

cancellare»; come l’italiano «levare», che indica sia «l’alzare, il sollevare» sia

«il rimuovere», viene così ad avere due significati fondamentali: «prendere su

di sé un peso, sollevandolo sulle proprie spalle» e «togliere». In modo

65 A questo proposito, mi permetto di rimandare al mio Incanto e incantesimo del dire. Logica e/o

mistica nella filosofia del linguaggio di Platone (Cratilo e Sofista) e Gregorio di Nissa (Contro Eunomio),

Studia Anselmiana 143, Philosophica 6, Roma 2007, pp.500-501.

semplicità e molteplicità

Ecce agnus Dei qui tollit peccātum mundi (Gv 1,29)

Studio Critico della Lingua Latina

130

Roma 2013

legittimo pertanto alcuni sacerdoti nella Messa in italiano traducono il

versetto tratto dal Vangelo di Giovanni con un doppio predicato verbale:

«Ecco l’agnello di Dio che prende su di sé e toglie il peccato del mondo». In

effetti, in questa equivocità semantica di tollĕre risiede niente meno che la

dinamica, ovvero la forza e il movimento, del mistero della croce.

«Firmitātem» viene dal’aggettivo firmus, a, um, che indica la stabilità, la

solidità. «Arguendi» e «argumentatĭo» condividono la

medesima radice, che ha in sé il significato dello

«splendore, chiarore» (come l’aggettivo greco argós, «splendente»): indicano

perciò il procedimento, l’argomentazione appunto, con la quale «si pone in

chiara luce, si chiarisce». Abbiamo già detto che «procēdit» è un composto di

pro («avanti») + cedĕre («andare, muoversi»), in modo analogo all’italiano

«incedere». «Propositionĭbus» viene da pro («avanti») + ponĕre («porre»): è il

«porre innanzi, il manifestare», attraverso un enunciato, la proposizione

appunto. Infine «assignantur» è composto da ad + signāre: «mettere un segno

su qualcosa, a qualcuno», quindi «rendere riconoscibile, attribuire, assegnare,

designare».

La prossima Lezione potremo procedere all’analisi del terzo periodo del

primo capoverso di san Tommaso.

l’argomentazione

Settima Lezione

131

Roma

2013

Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare le schede di analisi della

proposizione e della parola di «Multiplicĭtas enim …» Declinare i seguenti sostantivi di quarta

declinazione: «sensus, us»; «genu, us»

Declinare «Iēsus, u» Declinare l’aggettivo indefinito «alĭqui, alĭqua,

alĭquod» e il pronome indefinito «alĭquis, alĭquid» Coniugare il perfetto indicativo attivo dei seguenti

verbi: «do, āre», «haběo, ēre», «scribo, ěre», «invenĭo, īre»

Coniugare il perfetto indicativo del verbo «sum» Imparare a memoria le desinenze verbali del

perfetto In che senso il tempo verbale del perfetto può

essere interpretato sia come perfetto storico sia come perfetto logico?

Quali sono le quattro possibili formazioni del tema del perfetto?

Che cosa si intende per “nomi verbali”? Come si traduce il gerundio latino in italiano? Che cosa sono i verbi in –ĭo? Come si ricava il nominativo singolare dei sostantivi

di terza declinazione in dentale? Come quello dei

nomi in nasale? E quello dei sostantivi in gutturale? Che cos’è il complemento d’origine? Che cosa sono il complemento di limitazione e il

complemento di modo? Qual è l’etimologia di «multiplex, ĭcis», e di

«simplex, ĭcis»? Qual è il significato del verbo «tollo, ěre»? Qual è l’etimologia di «argomentatĭo, ōnis»?

Studio Critico della Lingua Latina

132

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et

tollit firmitātem arguendi»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Parit = predicato verbale

Multiplicĭtas

Confusiōnem et

deceptiōnem =

complemento oggetto

Enim = coordinativo

esplicativo

Tollit = predicato verbale

Multiplicĭtas

(sottinteso)

Firmitātem = complemento

oggetto

Et = coordinativo

copulativo

Complementi indiretti Complementi indiretti

Sensŭum = complemento di specificazione del

soggetto

Arguendi = complemento di specificazione del

complemento oggetto

In una scriptūra = complemento di stato in luogo

(con attributo)

Settima Lezione

133

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentātio, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Non procēdit = predicato

verbale

Argumentatĭo

Unde = subordinativo

d’origine con valore

esplicativo

Assignantur = predicato

verbale

Alĭquae fallacĭae (con

attributo)

Sed = coordinativo

avversativo

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Ex multiplicĭbus propositionĭbus = complemento

d’origine (con attributo)

Secundum hoc = complemento di limitazione o di modo

Studio Critico della Lingua Latina

134

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et tollit firmitātem arguendi: unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit argumentātio, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione, esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Multiplicĭtas sostantivo multiplicĭtas, ātis, III

declinazione, in dentale

nominativo femminile singolare

Enim congiunzione coordinativa esplicativa

Sensŭum sostantivo sensus, us, IV declinazione genitivo maschile plurale

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Una aggettivo numerale

cardinale

unus, a, um, , I classe,

pronominale

ablativo, concordato con «scriptūra» femminile singolare

Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Parit verbo predicativo parĭo, is, pepĕri, partum parĕre,

III coniugazione in ĭo, transitivo

attivo

indicativo presente III singolare

Confusiōnem sostantivo confusĭo, ōnis, III declinazione,

in nasale

accusativo femminile singolare

Et congiunzione coordinativa copulativa

Settima Lezione

135

Roma 2013 Deceptiōnem sostantivo deceptĭo, ōnis, III declinazione,

in nasale

accusativo femminile singolare

Et congiunzione coordinativa copulativa

Tollit verbo predicativo tollo, is, sustŭli, sublātum, tollĕre,

III coniugazione, transitivo attivo

indicativo presente III singolare

Arguendi verbo sostantivato argŭo, is, argŭi, arguitūrus,

arguĕre, difettivo, transitivo

attivo, III coniugazione, II

declinazione

gerundio, genitivo maschile singolare

Firmitātem sostantivo firmĭtas, ātis, III declinazione, in

dentale

accusativo femminile singolare

Unde avverbio d’origine, con valore esplicativo

Ex preposizione ex + ablativo = complemento

d’origine

Multiplicĭbus aggettivo indefinito multĭplex, plĭcis, II classe, a 1

uscita, in gutturale

ablativo, concordato con

«propositionĭbus»

femminile plurale

Propositionĭbus sostantivo propositĭo, ōnis, III declinazione,

in nasale

ablativo femminile plurale

Non avverbio di negazione

Procēdit verbo predicativo procēdo, is, procēssi, procēssum ,

procedĕre, III coniugazione,

intransitivo attivo

indicativo presente III singolare

Argumentatĭo sostantivo argumentatĭo, ōnis, III

declinazione, in nasale

nominativo femminile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

136

Roma 2013

Sed congiunzione coordinativa avversativa

Secundum preposizione secundum + accusativo =

complemento di limitazione o di

modo

Hoc pronome dimostrativo hic, haec, hoc accusativo neutro singolare

Alĭquae aggettivo indefinito alĭqui, alĭqua, alĭquod nominativo, concordato con

«fallacĭae»

femminile plurale

Fallacĭae sostantivo fallacĭa, ae, I declinazione nominativo femminile plurale

Assignantur verbo predicativo assīgno, as, āvi, ātum, āre, I

coniugazione, transitivo passivo

indicativo presente III plurale

Roma

2013

137

Ottava Lezione

Veniamo alla quinta e ultima declinazione:

res, rei («cosa») Singolare Plurale

Nominativo res res

Genitivo rĕi rērum

Dativo rĕi rēbus

Accusativo rem res

Vocativo res res

Ablativo re rēbus

Ormai note sono le uscite del genitivo plurale in rum, del dativo e

ablativo plurale in bus, dell’accusativo singolare in m e plurale in s,

dell’ablativo singolare in vocale semplice. Pochi sono i sostantivi

appartenenti alla quinta declinazione; i più noti sono sicuramente res, «cosa»,

e dies, «giorno». La e del genitivo e dativo singolare è lunga se preceduta da

In questa Lezione impareremo: la quinta declinazione i pronomi dimostrativi a riconoscere i verbi modali a tradurre il gerundivo

a identificare il complemento di fine e quello di separazione a definire le particelle enclitiche a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della

proposizione e della parola, di «Sacra autem …»

a apprezzare alcuni rilievi etimologici

quinta declinazione

Studio Critico della Lingua Latina

138

Roma 2013

vocale (per esempio, diēi), è breve se preceduta da consonante (per esempio,

rĕi).

La scorsa Lezione una sola parola non avevamo analizzato: «hoc». Si

tratta di un pronome dimostrativo. Molti pronomi possono essere anche

aggettivi, a seconda che nella

proposizione vengano o no accompagnati

dal sostantivo al quale si riferiscono: così, ad esempio, in «secondo questo

errore» «questo» è aggettivo, mentre in «secondo questo» è pronome. Tutti i

pronomi qualificativi e numerali, e alcuni indefiniti, in latino seguono la

flessione di prima o seconda classe. Invece i pronomi dimostrativi e

determinativi, relativi, interrogativi e alcuni indefiniti seguono una flessione

propria, che utilizza alcune desinenze delle prime tre declinazioni e, al

genitivo e dativo singolare, le uscite proprie di questo gruppo di pronomi,

dette appunto pronominali66: rispettivamente īus e i. Sono pertanto flessioni da

imparare a riconoscere per ciascuno di essi.

Si dicono dimostrativi i pronomi che servono a indicare qualcosa di

vicino o lontano. In latino sono tre; ecco la loro declinazione:

66 Come si ricorderà, abbiamo parlato di queste due uscite presentando un piccolo gruppo di

aggettivi di prima classe che le utilizza e che per questo sono detti pronominali; tra questi, il nostro

numerale cardinale unus, a, um. Ma anche gli altri aggettivi appartenenti a questo gruppo,

indefiniti e interrogativi, sono di uso relativamente frequente: totus, a, um, «tutto», alĭus, a, um, «un

altro (fra molti)», alter, ĕra, ĕrum, «l’altro (fra due)», solus, a, um, «solo», nullus, a, um, «nessuno»,

ullus, a, um, «alcuno», uter, utra, utrum, «quale (dei due)?».

flessione dei pronomi

Ottava Lezione

139

Roma

2013

Pronomi Dimostrativi

Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo hic haec hoc hi hae haec

Genitivo huius huius huius67 horum harum horum

Dativo huic huic huic his his his

Accusativo hunc hanc hoc hos has haec

Ablativo hoc hac hoc his his his

Nominativo iste ista istud isti istae ista

Genitivo istīus istīus istīus istōrum istārum istōrum

Dativo isti isti isti istis istis istis

Accusativo istum istam istud istos istas ista

Ablativo isto ista isto istis istis istis

Nominativo ille illa illud illi illae illa

Genitivo illīus illīus illīus illōrum illārum illōrum

Dativo illi illi illi illis illis illis

Accusativo illum illam illud illos illas illa

Ablativo illo illa illo illis illis illis

67 Si ricordi la regola in base alla quale tutti i pronomi, nella misura in cui siano usati come

pronomi e non come aggettivi, nei casi obliqui del neutro vogliono essere accompagnati dal

sostantivo res, rei: avremo perciò, ad esempio, huius rei, «di questa cosa, di ciò». Si ricordi inoltre

che il genitivo huius va pronunciato con l’accento tonico sul primo elemento del dittongo ui: húius;

invece in illīus e istīus l’accento cade sulla i lunga della desinaneza īus: illíus e istíus.

pronomi dimostrativi

Studio Critico della Lingua Latina

140

Roma 2013

Possiamo ora cominciare l’analisi del nuovo periodo di san Tommaso:

«Autem68 Sacra Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem

« Ma la Sacra Scrittura deve essere efficace a mostrare la verità

absque omni fallacĭa».

lontano da ogni errore».

Il testo originale è appena differente; cambia solo la posizione della

congiunzione iniziale:

«Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa».

L’analisi del periodo è presto fatta: è una sola proposizione, che

pertanto è reggente enunciativa. È introdotta però

dalla congiunzione autem: come sed, è una

coordinativa avversativa; quindi la proposizione è

coordinata al periodo precedente in forma avversativa. In effetti, Tommaso aveva

appena scritto che la pluralità di sensi comporterebbe l’impossibilità per la

lettera della Scrittura di essere argomentazione valida a favore della verità:

ma la Bibbia è per definizione strumento di manifestazione della verità, dunque

(congiunzione coordinativa conclusiva che introdurrà il periodo seguente)

non è possibile che la lettera della Scrittura abbia più di un significato. Come

68 In «autem» non indichiamo nessuna quantità perché è bisillabo, in quanto au è dittongo, vale cioè

come un’unica sillaba, cosicché l’accento cade necessariamente sulla penultima (e nei dittonghi,

l’accento cade sempre sul primo elemento: nel nostro caso, sulla a).

analisi del periodo

Ottava Lezione

141

Roma

2013

si vede, sono le congiunzioni il filo rosso lungo il quale si dipana

l’argomentazione, il tessuto stesso che la regge.

Veniamo all’analisi della proposizione. Essa presenta subito una

difficoltà, relativa al predicato. Abbiamo infatti due verbi: «debet» e «esse».

Relativamente al verbo essere, come sempre,

dobbiamo domandarci se esso svolga

funzione predicativa (con il significato di «esistere», «stare, esserci»,

«appartenere»), ausiliaria (accompagnato da un participio passato per la

formazione di un tempo composto) o copulativa (se è seguito da un nome e

risponde alla domanda «chi è?», «che cosa è?», «come è?»). Qui «esse» è

seguito dall’aggettivo «effĭcax», insieme al quale spiega come deve essere la

Sacra Scrittura. Si tratta senza dubbio quindi di un predicato nominale.

Ora, però, come mai c’è anche il verbo «debet»? Si può subito notare che

la frase continuerebbe ad avere senso pure se togliessimo quest’ultimo:

potremmo dire «la Scrittura è efficace a mostrare …»69. Il fatto è che «debet» è

un cosiddetto verbo modale: un verbo cioè che da solo non

svolge funzione predicativa, bensì si accompagna sempre a

un predicato per aggiungere una sfumatura di significato (un modo

appunto)70. Sono quindi verbi che non possono mai essere usati da soli71, ma

sempre si accompagnano a un predicato, di norma all’infinito, ma anche al

69 Per la precisione, nel nostro caso avrebbe senso anche dire «la Sacra Scrittura deve mostrare»; ma

ciò è dovuto al fatto che «essere efficace» è espressione che significa «potere»: e «potere» è un altro

verbo modale, come «dovere»! 70 Per questa attinenza con quel che effettivamente significano, preferiamo chiamare codesti verbi

modali, anziché, come pure si è soliti leggere nelle grammatiche italiane, servili o fraseologici. 71 Quando sono usati da soli, è solo perché il predicato all’infinito è sottinteso. Un docente può

certamente dire ai suoi allievi :«Cominciate!», ma essi sanno che egli li sta invitando a cominciare,

per esempio, a rispondere alle domande di una prova scritta.

analisi della proposizione

verbi modali

Studio Critico della Lingua Latina

142

Roma 2013

gerundio o al participio. Oltre a dovere, molti sono i verbi modali. Possiamo

raggrupparli in tre grandi categorie:

1) i verbi che indicano l’inizio, lo svolgimento, la fine, l’imminenza o la

ripetitività di una certa azione: cominciare, venire, cessare, solere, ecc.

2) i verbi che indicano la possibilità, la necessità, l’intenzione o la

capacità di svolgere una determinata azione: potere, dovere, volere,

sapere, ecc.

3) i verbi che indicano l’atteggiamento o le sensazioni del soggetto che

compie l’azione: sentirsi, sapersi, ecc.

Nel nostro caso, dunque, «debet esse effĭcax» è un unico predicato

nominale. Il soggetto è evidentemente «Sacra Scriptūra». Il complemento

oggetto non c’è e non sarebbe comunque potuto esserci, perché il predicato è

nominale. Vi sono però due complementi indiretti. Il primo è retto dal nome

del predicato «effĭcax»: «ad ostendendam

veritātem». Si tratta di un complemento di fine, reso

in latino dalla preposizione ad + l’accusativo72.

Incontriamo qui però una forma verbale sulla quale è necessario

soffermarsi: il gerundivo «ostendendam». La scorsa Lezione abbiamo

presentato il gerundio: una forma verbale con funzione di sostantivo.

Morfologicamente, il gerundivo è identico al

gerundio, formato cioè dal suffisso nd; non a

caso, ad esempio, in francese non esiste la distinzione terminologica tra

gerundio e gerundivo, ma si parla unicamente di gérondif. Ciò nondimeno, da

72 La medesima preposizione in latino traduce anche il complemento di moto a luogo: in effetti, il

complemento di fine indica lo scopo, il verso dove appunto, è cioè una sorta di complemento di

moto a luogo figurato.

complemento di fine

gerundio e gerundivo

Ottava Lezione

143

Roma

2013

un punto di vista sintattico e semantico la differenza c’è ed è importante. Se

infatti il gerundio è un verbo con valore di sostantivo, il gerundivo è un verbo

con funzione di aggettivo; non solo, ma il gerundio ha significato attivo,

mentre il gerundivo è passivo. In italiano il verbo con valore di sostantivo si

rende con l’infinito preceduto dall’articolo: come si ricorderà, «arguendi»

l’abbiamo tradotto «dell’argomentare». Il verbo con valore di aggettivo si

rende invece con la preposizione da + l’infinito: così «ostendendam» va tradotto

alla lettera con «da mostrarsi»73.

Il gerundivo, essendo un aggettivo, concorda in caso, numero e genere

con il sostantivo al quale si riferisce: «ad ostendendam veritatem» quindi alla

lettera è «per la verità da essere mostrata». In

italiano tuttavia non ci esprimeremmo così,

sostituendo piuttosto il complemento di fine con

una proposizione finale: l’aggettivo verbale diventa predicato verbale attivo e

il complemento di fine complemento oggetto, cosicché «per la verità da essere

mostrata» si trasforma in «per mostrare la verità». Si noti inoltre che

l’espressione «da essere mostrata» porta con sé l’idea di necessità: «per la

verità da essere mostrata» significa anche infatti «per la verità che deve essere

mostrata». In effetti, spesso in latino si ricorre al gerundivo per esprimere un

bisogno, una necessità: è la cosiddetta costruzione perifrastica passiva, che

presenteremo più avanti, quando la incontreremo in san Tommaso.

Anche «absque omni fallacĭa» è un’espressione che non può essere

tradotta alla lettera in italiano. Quando infatti traduciamo «lontano da ogni

errore», aggiungiamo un aggettivo, lontano, che in latino non c’è, cosicché in 73 Si ricordi che il gerundivo ha sempre valore passivo. Il si in italiano ha appunto valore

passivante: «da mostrarsi» significa «da essere mostrato».

traduzione italiana

del gerundivo latino

Studio Critico della Lingua Latina

144

Roma 2013

italiano abbiamo due predicati nominali, «deve essere efficace» e «deve essere

lontana», mentre in latino abbiamo un unico predicato nominale, «debet esse

effĭcax», seguito da un complemento di fine, «ad

ostendendam veritātem», e da un complemento di

separazione, «absque omni fallacĭa». Del resto,

capita spesso che in latino le preposizioni abbiano una pregnanza semantica

maggiore rispetto alle lingue moderne, dimodoché per tradurne una occorre

magari, come nel nostro caso, aggiungere un aggettivo di cui in latino non c’è

bisogno.

La preposizione «absque» ha poi un’altra particolarità. È formata

dall’unione della preposizione ab + la congiunzione coordinativa copulativa

enclitica que. Ab è preposizione che ha in sé l’idea

fondamentale di allontanamento; traduce quindi

innanzitutto il complemento di moto da luogo, di cui il

complemento di separazione è come una sottoclasse, figurata, che serve a

indicare la persona o cosa da cui ci si allontana o ci si differenzia. Que invece

è una congiunzione coordinativa copulativa enclitica, equivalente a et;

enclitica significa che è un vocabolo privo di

accento tonico e che per questo si unisce alla fine

della parola seguente, cosicché et ab diventa absque (la s si aggiunge solo per

motivi di eufonia, ossia di gradevolezza di suono, il medesimo motivo per cui

ad esempio la preposizione a diventa ab davanti a parola che inizi per vocale).

In origine, pertanto, absque significava «e da». Con il tempo però poi si è

cristallizzata in un’unica preposizione equivalente ad «ab», come appunto nel

nostro caso.

pregnanza semantica delle preposizioni latine

complemento di separazione

particelle enclitiche

Ottava Lezione

145

Roma

2013

Passiamo infine alla terza e ultima analisi: l’analisi della parola. «Sacra»

e «Scriptūra» sono termini che abbiamo già

analizzato nelle Lezioni scorse. «Autem» è stato già

detto essere congiunzione coordinativa avversativa. «Debet» è verbo modale,

da debĕo, es, debŭi, debĭtum, ēre, seconda coniugazione, indicativo presente,

terza persona singolare74. «Esse» è verbo copulativo, sum, es, fui, esse,

coniugazione propria, intransitivo, atematico, difettivo, suppletivo, infinito

presente. «Effĭcax» è aggettivo qualificativo, nominativo femminile singolare,

concordato con «Scriptūra», in gutturale della seconda classe a una sola uscita,

effĭcax, ācis. «Ad» abbiamo già detto essere una preposizione che regge

l’accusativo per la formazione del complemento di fine, così come «absque»

regge l’ablativo per la formazione del complemento di separazione.

«Veritātem» è sostantivo di terza declinazione in dentale, verĭtas, ātis,

accusativo femminile singolare. «Ostendendam» è verbo con funzione di

aggettivo; in quanto tale, la sua analisi è più complessa, perché va

considerato sia come verbo sia come aggettivo: da ostendo, is, tendi,

tentum/tensum75, ĕre, terza coniugazione, transitivo passivo, prima classe,

gerundivo, concordato con «veritātem», accusativo femminile singolare.

«Fallacĭa» è sostantivo di prima declinazione, fallacĭa, ae, ablativo femminile

74 Poiché essi si appoggiano a un altro verbo, predicativo o copulativo che sia, i modali di per sé

non sono né transitivi né intransitivi, né attivi né passivi. Normalmente utilizzano l’ausiliare del

verbo con cui concordano: «egli ha dovuto leggere un libro» (diatesi attiva), «un libro è stato dovuto

leggere da lui» (diatesi passiva); se tuttavia il verbo è intransitivo, in italiano l’ausiliare del modale

può essere sia essere che avere: «è dovuto andare all’università», ma anche «ha dovuto andare

all’università». 75 Alcuni verbi, come ostendo, presentano due forme possibili di supino; in genere, questo

fenomeno è dovuto al fatto che una delle due forme si è attestata in secoli più recenti (per esempio,

ostensum è forma più tarda rispetto a ostentum).

analisi della parola

Studio Critico della Lingua Latina

146

Roma 2013

singolare. Con esso concorda «omni», aggettivo indefinito di seconda classe a

due uscite, omnis, e.

Concludiamo con alcuni rilievi etimologici. «Effĭcax» deriva da ex +

facĕre, ovvero «fare a partire dall’inizio,

completamente76», quindi «essere capace di

compiere, di portare a termine»: tale è

appunto la definizione di efficace. «Ostendendam» è composto da obs + tendĕre,

«tendere verso, dinanzi», quindi «mostrare»; da questo verbo deriva

«ostensorio», l’oggetto sacro deputato appunto a mostrare l’Eucarestia.

«Fallacĭa» deriva dal verbo fallo, ĕre, il cui supino è falsum, come l’italiano

«falso». «Omni» è aggettivo di uso frequente in latino: corrisponde all’italiano

«ogni», che però è invariabile e si usa solo al singolare; il plurale latino omnes,

ĭa, viene normalmente tradotto con «tutti». Infine «debĕo»: deriva

da de + habĕo, «avere, avere ricevuto da» e quindi «essere in

debito verso». Teologicamente, debēre è pertanto il verbo modale che esprime

meglio di tutti la condizione creaturale, il cui essere è un essere ricevuto

appunto: con tale accezione etimologica è utilizzato ad esempio da

sant’Anselmo77; ed è interessante che l’imperativo categorico kantiano, nella

sua traduzione latina, sia espressione della dipendenza ontologica creaturale

propria dell’uomo.

Nella prossima Lezione potremo finalmente terminare la lettura del

primo capoverso di san Tommaso. 76 Il prefisso ex infatti ha valore sia locativo, d’origine, «da, a partire dall’inizio», sia intensivo,

«totalmente, completamente». 77 A questo proposito mi permetto di rimandare al mio Dialettica tra concezione rappresentativa,

concezione etica, fondamento ontologico e anteriorità mistica nel De veritate di Anselmo d’Aosta, in corso

di pubblicazione.

alcuni rilievi etimologici

debēre

Ottava Lezione

147

Roma

2013

Per verificare il mio apprendimento: Saper compilare le schede di analisi del periodo,

della proposizione e della parola di «Sacra autem …» Declinare i seguenti sostantivi di quinta declinazione:

«res, ei», «dies, ēi» Declinare i seguenti pronomi dimostrativi: «hic,

haec, hoc», «iste, ista, istud», «ille, illa, illud» Che differenza c’è tra pronomi e aggettivi? Dove cade l’accento tonico nei dittonghi? Cos’è una particella enclitica? Cosa e quali sono i verbi modali? Cos’è il gerundivo? In cosa si differenzia dal

gerundio? Come si traduce in italiano? Cos’è un complemento di fine? Cosa uno di

separazione? Come si traduce in italiano l’aggettivo indefinito

«omnis, e»? Qual è l’etimologia del verbo «debēre»?

Studio Critico della Lingua Latina

148

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza

1 Autem = congiunzione

coordinativa avversativa

Debet esse effĭcax =

predicato nominale

Autem ... debet esse effĭcax

2

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

vidētur quod …

enim … parit ↔ et … tollit

↓ <> autem … debet esse effĭcax

unde … non procēdit <> sed … assignantur

1 Autem ... debet esse effĭcax = proposizione reggente

enunciativa coordinata al periodo precedente in forma

avversativa

2

Ottava Lezione

149

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Debet esse effĭcax =

predicato nominale

(con verbo modale)

Sacra Scriptūra (con

attributo)

Autem = coordinativo

avversativo

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Ad ostendendam veritātem = complemento di fine (con

attributo)

Absque omni fallacĭa = complemento di separazione (con

attributo)

Studio Critico della Lingua Latina

150

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi

e pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Sacra aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe nominativo, concordato con

«Scriptūra»

femminile singolare

Autem congiunzione coordinativa avversativa

Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Debet verbo modale debĕo, es, debŭi, debĭtum debēre,

II coniugazione, modale, attivo

indicativo presente III singolare

Esse verbo copulativo sum, es, fui, esse, difettivo,

atematico, suppletivo,

coniugazione propria

infinito presente

Effĭcax aggettivo qualificativo effĭcax, cācis, II classe a 1 uscita,

in gutturale

nominativo, concordato con

«Scriptūra»

femminile singolare

Ad preposizione ad + accusativo = complemento

di fine

Ostendendam aggettivo verbale ostendo, is, ostendi, ostentum

(ostensum), ĕre, III coniugazione,

transitivo passivo

gerundivo, accusativo concordato

con «veritātem»

femminile singolare

Veritātem sostantivo verĭtas, ātis, III declinazione in

dentale

accusativo femminile singolare

Ottava Lezione

151

Roma 2013 Absque preposizione absque + ablativo = complemento

di separazione

Omni aggettivo indefinito omnis, e, II classe a 2 uscite ablativo concordato con «fallacĭa» femminile singolare

Fallacĭa sostantivo fallacĭa, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Roma 2013

152

Nona Lezione

La scorsa Lezione, dopo aver ultimato l'esposizione delle cinque

declinazioni, abbiamo introdotto la flessione dei pronomi, cominciando da

quella dei dimostrativi. Procediamo su questa via presentando il pronome

più importante da un punto di vista sintattico: il relativo. Esso si declina nel

modo seguente:

Pronome Relativo

Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo qui quae quod qui quae quae

Genitivo cuius78 cuius cuius quorum quarum quorum

Dativo cui cui cui quibus quibus quibus

Accusativo quem quam quod quos quas quae

Ablativo quo qua quo quibus quibus quibus

78 Si ricordi che in cuius l’accento tonico cade sul primo elemento del dittongo ui: cúius.

In questa Lezione impareremo: l’infinito presente attivo e passivo delle quattro coniugazioni la flessione del pronome relativo la flessione e l’uso dei pronomi determinativi, possessivi e

personali

a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della

proposizione e della parola, di «Ergo non debent …»

pronome relativo

Nona Lezione

153

Roma

2013

Oltre alle desinenze pronominali del genitivo e dativo singolare, in īus e

i, si riconoscono facilmente alcune terminazioni proprie delle prime tre

declinazioni: come nella prima declinazione, la a dell’ablativo femminile

singolare, la ae e la as del nominativo e accusativo femminile plurale, la ārum

del genitivo plurale; della seconda declinazione, la o dell’ablativo singolare, la

i del nominativo maschile plurale, la ōrum del genitivo plurale e la os

dell’accusativo maschile plurale; infine, il dativo e ablativo plurale della terza

declinazione, in ibus. In seguito avremo modo di soffermarci su alcune

importanti particolarità sintattiche del pronome relativo in latino.

Nelle ultime due Lezioni abbiamo avuto occasione di presentare il

gerundio e il gerundivo: due forme verbali con valore rispettivamente di

sostantivo e aggettivo, che corrispondono all’uso sostantivato e attributivo

dell'infinito in italiano (attivo il primo, passivo il secondo). Vediamo dunque

adesso l'infinito presente latino. Esso è un modo

implicito o indefinito: ciò significa che in questa forma

verbale non è possibile in base alla desinenza

distinguere tra prima, seconda e terza persona né tra singolare e plurale.

L'infinito in latino può essere usato sia con valore predicativo sia come

sostantivo nella sola funzione di soggetto (negli altri casi, come si ricorderà, si

ricorre infatti al gerundio). L'infinito presente attivo si forma unendo al tema

del presente le note desinenze delle quattro coniugazioni: āre, ēre, ĕre, īre.

L'infinito presente passivo è caratterizzato invece dalla vocale finale i: āri, ēri, i,

īri. Avremo pertanto:

infinito presente attivo e passivo

Studio Critico della Lingua Latina

154

Roma 2013

Infinito Presente

Attivo Passivo

Prima Coniugazione d-āre d-āri

Seconda Coniugazione deb-ēre deb-ēri

Terza Coniugazione trad-ĕre trad-i

Quarta Coniugazione inven-īre inven-īri

Veniamo infine all'analisi dell'ultimo periodo del primo capoverso di

san Tommaso:

«Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi».

Ecco il testo con traduzione interlineare e disposizione delle parole

secondo la costruzione italiana:

« Ergo in ea sub una littěra non debent tradi plures sensus ».

«Dunque in essa sotto un’unica lettera non devono essere trasmessi più significati».

L'analisi del periodo è presto fatta: abbiamo infatti una sola proposizione,

la quale pertanto sarà la proposizione reggente enunciativa. Essa è introdotta

dalla congiunzione coordinativa conclusiva «ergo»:

sarà quindi coordinata al periodo precedente in

forma conclusiva. Nella scheda compilata, a fine Lezione, è trascritto in un

unico diagramma di flusso l'intero primo capoverso, così da rendere evidente

lo stretto legame che unisce ciascun periodo al precedente e al seguente.

analisi del periodo

Nona Lezione

155

Roma

2013

Per quanto riguarda l'analisi della proposizione, l’unico predicato verbale

è formato da due verbi, «debent» e «tradi», in quanto il

primo è un modale che aggiunge solo una sfumatura di

significato in più al vero predicativo che è «tradi». Al

soggetto «plures sensus» non si aggiunge né si sarebbe potuto aggiungere un

complemento oggetto, in quanto il predicato verbale è passivo. Abbiamo

invece due complementi indiretti: entrambi complementi di stato in luogo,

formati con le preposizioni in e sub + l'ablativo.

Anche l'analisi della parola non dovrebbe presentare difficoltà. Oltre ai

vocaboli che conosciamo già, «debent», «una», «littěra», «plures» e «sensus»,

incontriamo l’infinito presente passivo di terza coniugazione «tradi», da trado,

is, tradĭdi, tradĭtum, ěre. Troviamo però anche un nuovo pronome: il

determinativo «ea». Vengono chiamati

determinativi un gruppo di tre pronomi che

servono appunto a determinare il soggetto o l’oggetto di cui si sta parlando:

is, ea, id; idem, eădem, idem; ipse, ipsa, ipsum. Nella pagina seguente è riportata

la loro flessione.

analisi della proposizione

pronomi determinativi

Studio Critico della Lingua Latina

156

Roma 2013

Pronomi Determinativi

Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo is ea id ii (i, ei)79 eae ea

Genitivo eius80 eius eius eōrum eārum eōrum

Dativo ei ei ei iis (is, eis) iis (is, eis) iis (is, eis)

Accusativo eum eam id eos eas ea

Ablativo eo ea eo iis (is, eis) iis (is, eis) iis (is, eis)

Nominativo idem eădem idem iīdem

(idem,eidem)

eaedem eădem

Genitivo eiusdem eiusdem eiusdem eorundem earundem eorundem

Dativo eidem eidem eidem iisdem

(isdem,eisdem)

iisdem

(isdem,eisdem)

iisdem

(isdem,eisdem)

Accusativo eundem eandem idem eosdem easdem eădem

Ablativo eōdem eādem eōdem iisdem iisdem iisdem

Nominativo ipse ipsa ipsum ipsi ipsae ipsa

Genitivo ipsīus ipsīus ipsīus ipsōrum ipsārum ipsōrum

Dativo ipsi ipsi ipsi ipsis ipsis ipsis

Accusativo ipsum ipsam ipsum ipsos ipsas ipsa

Ablativo ipso ipsa ipso ipsis ipsis ipsis

79 Le forme messe tra parentesi sono varianti usate meno frequentemente. 80 Si ricordi che in eius l’accento tonico cade sul primo elemento del dittongo ei: éius; in ipsius invece

sulla i lunga della desinenza īus: ipíus; in eiusdem infine sulla penultima sillaba lunga us: eiúsdem.

Nona Lezione

157

Roma

2013

Anche in questo caso, oltre alle desinenze pronominali del genitivo e

dativo singolari, in īus e i, è facile riconoscere diverse

terminazioni appartenenti alle prime tre declinazioni, senza

necessità di esplicitarle nuovamente, dopo averlo fatto da poco

con il pronome relativo. Is, ea, id è utilizzato spesso come pronome personale di

terza singolare: così nel nostro periodo, «in ea» sta per «in essa». Come

aggettivo invece va tradotto in italiano con il pronome dimostrativo quello: «ii

sensus» si tradurrà con «quei sensi». È utilizzato infine al genitivo per

tradurre l'aggettivo possessivo di terza persona quando esso non è usato

riflessivamente, ovvero quando non si riferisce al soggetto della proposizione.

In italiano, l'aggettivo possessivo di terza persona è suo, sua81, dal latino suus,

a, um. Ora, però, l’aggettivo latino suus, a, um può essere usato solo se ha

valore riflessivo: si dirà «Sacra Scriptūra veritātem suam ostendit», se «suam» si

riferisce al soggetto «Scriptūra»; si dirà invece «Sacra Scriptūra veritātem eius

ostendit», alla lettera «la Sacra Scrittura mostra la verità di lui/lei», se «eius» si

riferisce a un termine diverso da «Scriptūra», per esempio a «Deus»; in

italiano, tuttavia, tradurremo sempre con «la Sacra Scrittura mostra la sua

verità».

Idem, eădem, idem è un composto di is, ea, id + il suffisso invariabile dem:

indica l’identità di due termini, per cui in italiano

viene tradotto con «il medesimo, lo stesso»; è il

contrario di alĭus, a, ud, «altro».

81 Si faccia attenzione: in italiano si distingue tra aggettivo possessivo di terza persona singolare

suo, sua, e plurale, loro; in latino invece suus, a, um vale sia per il singolare che per il plurale.

is, ea, id

idem, eădem, idem

Studio Critico della Lingua Latina

158

Roma 2013

Ipse, a, um serve invece per dare maggiore rilievo al soggetto o oggetto

al quale si riferisce; in italiano si traduce pertanto con

i rafforzativi «stesso82, proprio»: res ipsas sono «le cose

stesse»; il pronome ipse sta invece per il pronome personale «proprio egli».

Nei precedenti capoversi abbiamo fatto riferimento a altri due tipi di

pronomi: il possessivo e il personale. Si dicono possessivi i pronomi che

indicano a chi appartenga qualcosa. I

pronomi di prima e seconda persona in

latino sono molto simili ai corrispettivi italiani e si declinano come un

qualunque aggettivo di prima classe, senza cioè l’ausilio delle desinenze

pronominali: meus, a, um, tuus, a, um al singolare, noster, stra, strum, vester,

stra, strum, al plurale. Come abbiamo già visto, invece, il pronome possessivo

di terza persona è suus, a, um, sia al singolare sia al plurale, se riflessivo,

altrimenti si ricorre al genitivo singolare eius, e plurale eōrum, eārum, eōrum.

Si dice invece personale il pronome che indica la persona di cui si sta

parlando e può essere alla prima, seconda o terza singolare o plurale. Ecco la

loro flessione:

82 Si noti che in italiano stesso può essere usato sia come rafforzativo, per tradurre ipse, sia, se

preceduto dall’articolo determinativo, come sinonimo de il medesimo, per tradurre quindi idem.

pronomi possessivi

ipse, a, um

Nona Lezione

159

Roma

2013

Pronomi83 Personali

Singolare Plurale

1a persona

(«io»)

2a persona

(«tu»)

3a persona

(«egli»)

1a persona

(«noi»)

2a persona

(«voi»)

3a persona

(«essi»)

Nominativo ego tu _ nos vos _

Genitivo mei tui sui nostri/nostrum84 vestri/vestrum sui

Dativo mihi tibi sibi nobis vobis sibi

Accusativo me te se nos vos se

Ablativo me te se nobis vobis se

Come già detto, per il pronome personale di terza persona singolare e

plurale le forme indicate valgono solo quando il pronome abbia valore

riflessivo, altrimenti si ricorre al pronome determinativo is, ea, id; al

nominativo non è riportata alcuna voce, perché il pronome personale

soggetto non ha mai valore riflessivo: si utilizza quindi is, ea, id al singolare

(o, con valore rafforzativo, ipse, a, um) e ii, eae, ea al plurale (o, sempre con

valore espletivo, ipsi, ae, a).

Concludiamo con un rilievo etimologico. Il verbo tradĕre è composto dal

prefisso trans + dare85: alla lettera significa perciò «dare attraverso», ovvero

83 Si osservi che mentre i pronomi possessivi, determinativi e dimostrativi possono sempre essere

usati anche con valore di aggettivi, i personali invece possono essere solo pronomi e non anche

aggettivi. 84 Le forme nostri e vestri si usano se hanno valore oggettivo, ovvero di complemento oggetto: per

esempio, in «miserēre nostri», in quanto il significato è «abbi misericordia verso di noi, nei nostri

confronti». Nostrum e vostrum invece hanno valore partitivo, si utilizzano cioè per indicare una

parte di un tutto: ad esempio, nell’espressione «complūres vestrum», «molti di voi». 85 Il verbo dare, nei composti con un prefisso monosillabo, abbrevia la vocale tematica e diventa

così un verbo di terza coniugazione: abbiamo pertanto tradĕre, perché trans è monosillabo, ma

circumdāre, perché circum è bisillabo.

pronomi personali

Studio Critico della Lingua Latina

160

Roma 2013

«passare di mano in mano». È un verbo importante nel cristianesimo: la

traditĭo, calco latino del vocabolo greco «parádosis», è infatti la

trasmissione di generazione in generazione, di testimone in

testimone, dell'esperienza di fede, trasmissione che ebbe inizio a partire da

Gesù in persona, che si consegnò nelle mani degli uomini; il tradimento di

Giuda fu infatti più propriamente il consegnarsi, il tradi appunto di Gesù

stesso agli uomini.

Nella prossima Lezione cominceremo il secondo capoverso e

conosceremo due nuovi complementi: il complemento di argomento e il

complemento predicativo.

traditĭo

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Ergo non debent …» Illustrare il filo dell’argomentazione logica del primo

capoverso dell’articŭlus decĭmus facendo riferimento

solo alle congiunzioni utilizzate da Tommaso Declinare il pronome relativo qui, quae, quod, i

pronomi determinativi is, ea; id, idem, eădem, idem; ipse, a, um; i possessivi meus, a, um; tuus, a, um; noster, stra, strum; vester, stra, strum; suus, a, um

Declinare i pronomi personali ego, tu, nos, vos

Coniugare all’infinito presente attivo e passivo i verbi

do, deběo, trado, invenĭo

Perché i pronomi is, ea, id; idem, eădem, idem; ipse, a, um sono chiamati determinativi? Qual è la sfumatura semantica che caratterizza ciascuno dei tre?

Come si traduce il pronome personale di terza persona singolare e plurale in latino? Quale la differenza rispetto all’italiano?

Come si traduce in latino il pronome personale

soggetto di terza persona singolare e plurale?

Qual è il significato etimologico del verbo traděre?

Nona Lezione

161

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare

pronomi relativi

(e avverbi)

specificando il

termine al quale

si riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Ergo = congiunzione

coordinativa conclusiva

Non debent tradi

= predicato

verbale

Ergo ... non debent tradi

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando

per ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero capoverso

vidētur quod …

enim … parit ↔ et … tollit

↓ <> autem … debet esse efficax

unde … non procedit <> sed … assignantur

1 Ergo ... non debent tradi = proposizione

reggente enunciativa coordinata al periodo

precedente in forma conclusiva

ergo … non debent tradi

Studio Critico della Lingua Latina

162

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Non debent tradi = predicato

verbale (con verbo modale)

Plures sensus (con attributo)

Ergo = coordinativo conclusivo

Complementi indiretti

Complementi indiretti

In ea = complemento di stato in luogo

Sub una littěra = complemento di stato in luogo (con attributo)

Nona Lezione

163

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Ergo non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo, aggettivo,

pronome, avverbio,

congiunzione, preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi,

aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi ,

sostantivi,

aggettivi e

pronomi)

Ergo congiunzione coordinativa conclusiva

Non avverbio di negazione

Debent verbo modale debĕo, es, debŭi, debĭtum debēre, II

coniugazione, modale, attivo

indicativo presente III plurale

In preposizione in + ablativo = complemento stato in luogo

Ea pronome determinativo is, ea, id ablativo, riferito a «Scriptūra»86

femminile singolare

Sub preposizione sub + ablativo = complemento di stato in

luogo

Una aggettivo numerale

cardinale

unus, a,um, I classe, pronominale ablativo, concordato con «littěra» femminile singolare

Littěra sostantivo littěra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Plures aggettivo indefinito plus, pluris, II classe a 1 uscita, comparativo

di maggioranza di multus, a, um

nominativo, concordato con

«sensus»

maschile plurale

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile plurale

Tradi verbo predicativo trado, is, tradĭdi, tradĭtum, ĕre, III

coniugazione, transitivo passivo

infinito presente

86 In quanto i pronomi sostituiscono un nome, nell’analisi della parola è sempre bene esplicitare il sostantivo al quale si riferiscono.

Roma 2013

164

Decima Lezione

Nelle ultime Lezioni abbiamo avuto modo di presentare i pronomi

determinativi e dimostrativi, possessivi e personali, relativi e indefiniti. Per

concludere la trattazione dei pronomi resta da prendere in considerazione

ancora solo gli interrogativi e gli indefiniti negativi. Questi ultimi sono

particolarmente importanti in

filosofia, dal momento che

pronome indefinito negativo neutro è nulla. La declinazione in latino è la

seguente:

pronomi indefiniti negativi

In questa Lezione impareremo: la flessione dei pronomi indefiniti negativi e

interrogativi l’infinito perfetto attivo e passivo delle quattro

coniugazioni e del verbo sum

a definire il complemento di argomento e il complemento di eccedenza

a discernere un accusativo avverbiale alla greca a identificare un aggettivo numerale moltiplicativo a riconoscere la congiunzione coordinativa esplicativa

«scilĭcet»

a individuare una proposizione complementare diretta oggettiva

a compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Praeterěa Augustīnus

…»

Decima Lezione

165

Roma

2013

Pronome indefinito negativo

Maschile e Femminile Neutro

Nominativo nemo nihil

Genitivo nullīus nullīus rei

Dativo nemĭni nulli rei

Accusativo nemĭnem nihil

Ablativo nullo nulla re

Il corrispondente aggettivo è nullus, a, um, della prima classe,

pronominale, anch’esso cioè caratterizzato dalle desinenze del genitivo e

dativo singolare in īus e i.

Per quanto riguarda gli interrogativi, abbiamo anzitutto il pronome

quis, quid, «chi? che cosa?». Ecco la sua declinazione:

quis, quid Singolare Plurale

Maschile e

Femminile

Neutro Maschile e

Femminile

Neutro

Nominativo quis quid qui quae

Genitivo cuius cuius rei quorum quarum rerum

Dativo cui cui rei quibus quibus rebus

Accusativo quem quid quos quae

Ablativo quo qua re quibus quibus

pronomi interrogativi

Studio Critico della Lingua Latina

166

Roma 2013

Come si vede, a parte le voci quis, quid, il resto della flessione è identica

a quella del pronome relativo. Infatti, il corrispondente aggettivo

interrogativo, qui, quae, quod, «quale? che?», si declina esattamente come

l’omonimo pronome relativo. Oltre ad altri interrogativi, come qualis, e,

«quale?», e quantus, a, um, «quanto grande?», e alcuni composti di quis, quid,

formati con l’ausilio di prefissi o suffissi, come quisnam, quidnam, «chi mai?

che cosa mai?», e quinam, quaenam, quodnam, «qual mai?», abbiamo infine uter,

utra, utrum, usato sia come pronome, «chi dei due?», sia come aggettivo,

«quale dei due?». Come l’indefinito negativo nullus, a, um, anche uter si

declina come un aggettivo di prima classe pronominale.

La scorsa Lezione abbiamo conosciuto le desinenze dell'infinito

presente. Vediamo ora l’infinito passato o perfetto. Nella diatesi attiva, esso si

forma aggiungendo al tema del perfetto la

terminazione isse87. Nella diatesi passiva,

invece, assume la forma di un verbo composto, di un'unica voce verbale cioè

composta da due parole: il verbo al participio passato88 + l'ausiliare essere

all'infinito presente. Avremo pertanto:

87 Si ricordi che il tema del perfetto si ricava facilmente privando della desinenza i la seconda voce

del paradigma verbale: voc-o, as, vocāv-i, vocāt-um, āre. 88 Il participio passato si forma aggiungendo le desinenze degli aggettivi di prima classe al tema

verbale del supino, ottenuto togliendo la desinenza um alla terza voce del paradigma: debĕo, es,

debŭ-i, debĭt-um, ēre.

infinito perfetto

Decima Lezione

167

Roma

2013

Infinito Perfetto delle quattro Coniugazioni

Attivo Passivo

Prima Coniugazione vocav-isse vocāt-um89, am, um esse

Seconda Coniugazione debu-isse debĭt-um, am, um esse

Terza Coniugazione dix-isse dict-um, am, um esse

Quarta Coniugazione inven-isse invent-um, am, um esse

Per quanto riguarda il verbo sum avremo invece:

Infinito del verbo sum

Presente esse

Perfetto fu-isse

Veniamo all’analisi del primo lungo periodo del secondo capoverso di

san Tommaso:

«Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod «Scriptūra quae

Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam traditur»: scilĭcet, «secundum

historĭam, secundum aetiologĭam, secundum analogĭam, secundum

allegorĭam»90.

Ecco la traduzione interlineare con costruzione italiana:

89 L'infinito perfetto passivo viene indicato con il participio declinato all'accusativo singolare, perché

questa forma verbale solitamente è utilizzata appunto all'accusativo, in un costrutto sintattico che

studieremo in seguito, chiamato proposizione infinitiva. 90 Augustīnus, De utilitāte credendi, 3.

secondo capoverso

Studio Critico della Lingua Latina

168

Roma 2013

Praeterěa, Augustīnus in libro De utilitāte credendi dicit, quod

Inoltre Agostino nel libro Sull’utilità del credere dice che

«Scriptūra quae vocātur Vetus Testamentum, traditur

«la Scrittura che è chiamata Antico Testamento, è trasmessa

quadrifarĭam»: scilĭcet, «secundum historĭam, secundum aetiologĭam,

in quattro forme»: cioè, « secondo la storia, secondo l’eziologia,

secundum analogĭam, secundum allegorĭam».

secondo l’analogia, secondo l’allegoria».

Il secondo capoverso inizia con la parola «praterěa»: è la formula con la

quale nella Summa vengono introdotte ulteriori argomentazioni a favore di

una determinata tesi. Nel nostro caso, dopo aver spiegato che non sarebbe

possibile che un’unica lettera nella Sacra Scrittura sia interpretabile secondo

più significati, perché ciò renderebbe la Bibbia inefficace a essere

dimostrazione univoca della verità, ora Tommaso argomenta che inoltre

un’autorità indiscussa quale Agostino parla di quattro sensi della Scrittura

diversi rispetto a quelli di cui si sta disputando adesso: allora forse che i

significati siano addirittura non quattro, ma sei o sette? Ciò è evidentemente

assurdo. Detto altrimenti: gli stessi sostenitori della molteplicità di sensi della

lettera della Bibbia si contraddicono tra di loro, segno della insostenibilità

della tesi da loro sostenuta.

Chiarito il senso dell’argomentazione prodotta

dall’Aquinate, passiamo senz’altro alla prima delle

nostre analisi: l’analisi del periodo. Come al solito,

cominciamo dall'individuare le congiunzioni. Troviamo subito «praeterěa»: si

analisi del periodo

Decima Lezione

169

Roma

2013

tratta di una congiunzione ottenuta dalla fusione91 di una preposizione

(praeter, «oltre») e di un pronome (ea, «quelle cose»), che insieme formavano

un complemento, il cosiddetto complemento di eccedenza; è una congiunzione

coordinativa copulativa (a rigor di logica, la si potrebbe anche definire di

eccedenza o aggiuntiva). Incontriamo poi di nuovo la congiunzione

subordinativa dichiarativa «quod». Infine, «scilĭcet»: come «praeterěa», anch’essa

è una congiunzione composta dalla fusione di due parole, in questo caso i

verbi scire + licet, «è lecito sapere, si può sapere»,

corrispondente grosso modo quindi alla circonlocuzione

italiana «vale a dire»; è pertanto una congiunzione

coordinativa esplicativa, ovvero che serve a spiegare quanto affermato prima.

Rinveniamo anche un pronome relativo, «quae», riferito a «Scriptūra». I

predicati sono tre, tutti verbali: «dicit», «vocātur», «tradĭtur». Abbiamo dunque

tre proposizioni; di queste, due sono subordinate, perché introdotte

rispettivamente da un pronome relativo e da una congiunzione

subordinativa; la reggente pertanto è necessariamente la rimanente: «praeterěa

… dicit», enunciativa, coordinata al capoverso precedente in forma

copulativa. Segue la proposizione complementare diretta di primo grado

oggettiva: «quod … tradĭtur», in effetti, da un punto di vista semantico, è il

complemento oggetto di «dicit», indica cioè che

cosa Agostino dica. Riferita al soggetto

dell'oggettiva, con la funzione di dare un’informazione in più a suo riguardo,

è infine la proposizione attributiva di secondo grado: «quae … vocātur».

91 È un fenomeno frequente anche nella lingua italiana: si pensi ad esempio alle congiunzioni cioè,

perciò, infine.

congiunzione esplicativa

proposizione oggettiva

Studio Critico della Lingua Latina

170

Roma 2013

Come si vede, non abbiamo preso in considerazione la congiunzione

«scilĭcet»: ciò è dovuto al fatto che essa serve a coordinare tra di loro il

complemento di modo «quadrifarĭam» con i seguenti «secundum historĭam …»;

è cioè una congiunzione che non introduce nessuna proposizione, pertanto

non è di alcun interesse in sede di analisi del periodo. Si noti anche come

l’attributiva sia incastonata all'interno della complementare alla quale si

riferisce: ciò capita spesso con le proposizioni relative proprie, in quanto,

come ogni attributo, si trovano accanto al termine con il quale sono

concordate.

Passiamo all'analisi della proposizione. Nella reggente troviamo un

nuovo complemento: il complemento di argomento,

formato in latino dalla preposizione de + l’ablativo;

indica a proposito di che cosa si sta parlando o

scrivendo. Ci imbattiamo quindi in un gerundio, «credendi»: il verbo qui è

usato con valore di sostantivo per esprimere il complemento di specificazione

del complemento di argomento (e che «credendi» abbia

valore di sostantivo è confermato dal fatto che potrebbe

essere sostituito dal sostantivo vero e proprio «fidĕi»).

Nella dichiarativa oggettiva troviamo l’aggettivo numerale moltiplicativo92,

derivato da «quattŭor», «quadrifarĭam»;

sebbene in accusativo, esso tuttavia svolge la

funzione non di complemento oggetto, bensì

di avverbio: già in greco antico il caso accusativo era utilizzato anche con

92 Vengono detti moltiplicativi gli aggettivi numerali che indicano o quante volte una cosa è più

grande di un’altra (per esempio, quadruplo) o che una cosa è costituita da più parti o serve a più

scopi (come il nostro «quadruplice»).

analisi delle proposizioni

complemento di argomento

aggettivi moltiplicativi

Decima Lezione

171

Roma

2013

valore avverbiale (viene chiamato infatti accusativo alla greca); è in genere

femminile e numero singolare perché

concordato con il sottinteso «partem». Seguono

i quattro complementi che esplicitano

«quadrifarĭam», ovvero le quattro forme in cui secondo Agostino può essere

trasmesso l’Antico Testamento: «secundum historĭam, …». Secundum +

l’accusativo traduce in latino il complemento di modo: come già rilevammo

nella settima Lezione, è tuttavia espressione che si lascia interpretare anche

come complemento di limitazione.

Nella proposizione relativa troviamo infine un nuovo complemento sul

quale vale la pena soffermarsi brevemente: il

complemento predicativo del soggetto. In «quae

Testamentum Vetus vocātur», «che è chiamata

Antico Testamento», «Antico Testamento» infatti è complemento predicativo del

soggetto. Esso risponde alla domanda: «come?»; tuttavia, a differenza del

complemento di modo, in italiano non è introdotto da nessuna preposizione93

e in latino va al caso nominativo e non ablativo. Viene detto complemento

predicativo perché completa il significato del predicato, e del soggetto perché si

riferisce al soggetto. È possibile elencare alcune categorie di verbi che reggono

sempre il complemento predicativo del soggetto; sono verbi che da soli non

bastano a predicare qualcosa di senso compiuto: non sono autonomi come i

verbi predicativi, ma nemmeno privi di valenza semantica come il verbo

93 Al più, può essere introdotto, come vedremo, dalle preposizioni come, da, per, a, in, o da

circonlocuzioni del tipo in qualità di, in conto di, o dal pronome quale; il complemento di modo

invece è introdotto da altre preposizioni: solitamente con o in.

accusativo avverbiale, o alla greca

complemento predicativo del soggetto

Studio Critico della Lingua Latina

172

Roma 2013

copulativo essere94; si trovano piuttosto a metà strada tra gli uni e l’altro. Sono

i verbi:

1) appellativi (dal verbo latino appello, as, āvi, ātum, āre, «chiamare»):

essere chiamato, essere detto, essere soprannominato, ecc.

2) elettivi: essere eletto, essere nominato, ecc.

3) estimativi: essere stimato, essere considerato, essere giudicato, ecc.

4) effettivi (dal latino effĭcĭo, is, fēci, fectum, ĕre, «compiere, fare»):

essere fatto, essere reso, ecc.

Come si vede, sono tutti verbi passivi; le

medesime voci, all’attivo, reggono il complemento

predicativo dell’oggetto, detto così perché si riferisce

al complemento oggetto. In latino si traduce con l’accusativo; avremo perciò:

«Vocāmus Scriptūram Vetus et Novum Testamentum», «chiamiamo la Scrittura

Antico e Nuovo Testamento». Per questo motivo le grammatiche latine parlano

di doppio accusativo, quando trattano del complemento predicativo

dell’oggetto: un primo accusativo infatti serve a

tradurre il complemento oggetto («Scriptūram»), un

secondo il complemento predicativo («Vetus et Novum

Testamentum»). Analogamente si parla di doppio nominativo a proposito del

complemento predicativo del soggetto: un nominativo è quello del soggetto

(«quae») e un altro quello del complemento predicativo («Vetus

Testamentum»95).

94 Per questo motivo preferiamo non chiamarli verbi copulativi, come pure invece fanno molte

grammatiche. 95 Nel nostro esempio, tra doppio accusativo e doppio nominativo non si ha nessuna variazione di

desinenza, perché si tratta di vocaboli neutri, la cui uscita al nominativo e all’accusativo è pertanto

la medesima.

complemento predicativo dell’oggetto

doppio accusativo e doppio nominativo

Decima Lezione

173

Roma

2013

Oltre alle categorie di verbi sopra elencate, il complemento predicativo

può essere retto anche da molti altri verbi predicativi, che di per sé hanno

senso compiuto anche da soli; per esempio, vivere e morire: è così possibile

dire «Agostino morì», ma anche «Agostino morì vescovo»; o ancora, avere e

prendere: «Agostino ebbe un maestro», ma anche «Agostino ebbe Ambrogio

come maestro»96.

Possiamo infine volgerci all’analisi della parola. Vale la pena

soffermarsi solo su alcuni vocaboli. «Libro» è uno dei sostantivi di seconda

declinazione che al nominativo è a desinenza zero e

che, tranne che in quel caso, nel resto della flessione

perde la e del tema: liber, libri. «Utilitāte» è

sostantivo di terza declinazione in dentale: utilĭtas, ātis. «Credendi» è gerundio,

come facilmente riconoscibile dal tipico suffisso nd, dal verbo credo, is, dĭdi,

dĭtum, ĕre. «Quae» è pronome relativo: qui è nominativo femminile singolare,

ma di per sé sarebbe potuto essere anche nominativo femminile plurale e

nominativo e accusativo neutro plurale (è esercizio sempre molto utile

domandarsi quali altri casi sarebbe potuta essere una determinata

desinenza!).

«Vetus» è un aggettivo di seconda classe a una sola uscita, con

un’importante variazione del tema dal nominativo al genitivo: vetus, vetĕris;

inoltre, mentre la maggior parte degli aggettivi di seconda

classe escono all’ablativo singolare in i, al genitivo plurale in

96 Si noti appunto che, come già preannunciato, in italiano il complemento predicativo può essere

introdotto anche da alcune preposizioni e locuzioni: si può anche dire infatti «Agostino morì in

qualità di vescovo», o «Agostino ebbe Ambrogio per maestro», ecc.

analisi della parola

vetus, ěris

Studio Critico della Lingua Latina

174

Roma 2013

ĭum e ai casi retti del neutro plurale in ĭa, vetus esce rispettivamente in e, um e

a97. I quattro sostantivi di prima declinazione, «historĭam», «aetiologĭam»,

«analogĭam» e «allegorĭam», hanno la particolarità di

andare letti con l’accento tonico sulla terzultima

sillaba, in o, in quanto la penultima sillaba, in i, è

breve98: è dunque uno dei pochi casi in cui in italiano la parola va letta come

in greco e non come in latino99.

Sul significato etimologico di «historĭa», «analogĭa» e «allegorĭa» avremo

modo di soffermarci in seguito, quando Tommaso utilizzerà questi termini

per esporre la propria dottrina dei quattro sensi di una sola lettera nella Sacra

Scrittura. Qui vale la pena ricordare soltanto che Testamentum traduce il greco

diathéke, che a sua volta traduce l’ebraico berít, che

significa non «testamento», ma «alleanza» (e in effetti la

Bibbia è il racconto delle due alleanze di Dio con Israele prima e con l’umanità

intera poi, e non certo dei due testamenti!); l’equivoco fu originato dal fatto

che diathéke in greco significa sia «alleanza» sia «testamento», in quanto

etimologicamente indica una generica «disposizione, ordinamento».

Nella prossima Lezione studieremo due importanti argomenti di

sintassi latina: un uso particolare del pronome relativo, detto nesso relativo, e

la doppia costruzione di un verbo molto frequente quale viděor.

97 Pochi altri aggettivi di seconda classe escono all’ablativo singolare in e e al genitivo plurale in um:

pauper, paupĕris («povero»), princeps, princĭpis («primo»), partĭceps, particĭpis («partecipe»), superstes,

superstĭtis («superstite»), compos, compŏtis («padrone»), sospes, sospĭtis («salvo»), dives, divĭtis

(«ricco»). 98 Come si ricorderà, se la penultima sillaba è breve, l’accento allora cade sulla terzultima. Bisogna

tener presente infatti che in latino, a differenza che in italiano, il gruppo vocalico ia non fa

dittongo, vale cioè come due sillabe: proprio questa differenza giustifica il diverso accento nella

medesima parola in italiano e in latino. 99 Si noti che lo stesso fenomeno si ripete con il vocabolo philosophĭa!

testamentum

attenzione alla pronuncia!

Decima Lezione

175

Roma

2013

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Praeterea, Augustinus…»

Declinare il sostantivo utilĭtas, ātis e l’aggettivo vetus, ĕris

Coniugare all’infinito perfetto attivo e passivo i verbi voco, deběo, dico, trado, invenĭo

Coniugare all’infinito perfetto il verbo sum Declinare il pronome indefinito negativo nemo, nihil

e quello interrogativo quis, quid Cosa sono gli aggettivi numerali moltiplicativi? Cos’è un accusativo avverbiale? Perché è detto

anche accusativo alla greca?

Cosa sono i complementi di argomento e di eccedenza?

Cosa sono i complementi predicativi del soggetto e dell’oggetto? Perché si chiamano così? Da quali verbi sono introdotti?

Cosa si intende nella sintassi latina con le espressioni «doppio nominativo» e «doppio accusativo»?

Cosa ha di particolare la declinazione dell’aggettivo vetus, ĕris?

Studio Critico della Lingua Latina

176

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod “Scriptūra quae Testamentum

Vetus vocātur, quadrifarĭam tradĭtur”: scilĭcet, “secundum historĭam, secundum aetiologĭam, secundum analogĭam,

secundum allegorĭam”»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il termine

al quale si riferiscono

Elencare i predicati (verbali o

nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per

ciascuna la congiunzione, il pronome relativo o

l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Praeterěa = congiunzione

coordinativa copulativa

Quae (riferito a

«Scriptūra»)

Dicit = predicato verbale Praeterěa ...dicit

2 Quod= congiunzione

subordinativa dichiarativa

Vocātur = predicato verbale Quod ... tradĭtur

3 Tradĭtur = predicato verbale Quae ... vocātur

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Praeterěa ... dicit = proposizione reggente

enunciativa coordinata al periodo precedente in

forma copulativa

Praeterěa ... dicit

2 Quod ... tradĭtur = proposizione complementare

diretta oggettiva di I grado

3 Quae ... vocātur = proposizione attributiva di II

grado

Quod Scriptūra (quae ... vocātur) tradĭtur

Decima Lezione

177

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod “Scriptūra quae

Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam tradĭtur”: scilĭcet, “secundum historĭam, secundum aetiologĭam,

secundum analogĭam, secundum allegorĭam”»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

dicit = predicato verbale

tradĭtur = predicato verbale

vocātur = predicato verbale

Augustīnus

Scriptūra

quae (riferito a «Scriptūra»)

Vetus Testamentum =

complemento predicativo del

soggetto (con attributo)

praeterěa = coordinativo

copulativo

quod = subordinativo

dichiarativo

scilĭcet = coordinativo

esplicativo

Complementi indiretti Complementi indiretti

in libro = complemento di stato in luogo

quadrifarĭam = complemento di modo

secundum historĭam , ... = complemento di modo o di

limitazione

de utilitāte = complemento di argomento

credendi = complemento di specificazione del complemento di

argomento

Studio Critico della Lingua Latina

178

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Praeterěa, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod “Scriptūra quae

Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam tradĭtur”: scilĭcet, “secundum historĭam, secundum aetiologĭam,

secundum analogĭam, secundum allegorĭam”»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo, aggettivo,

pronome, avverbio,

congiunzione, preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Praeterěa congiunzione coordinativa copulativa

Augustīnus sostantivo Augustīnus, i, II declinazione nominativo maschile singolare

Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre, III

coniugazione, transitivo attivo

indicativo presente III singolare

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Libro sostantivo liber, libri, II declinazione ablativo maschile singolare

De preposizione de + ablativo = complemento di

argomento

Utilitāte sostantivo utilĭtas, ātis, III declinazione, in

dentale

ablativo femminile singolare

Credendi verbo sostantivato credo, is, credĭdi, credĭtum, ĕre, III

coniugazione, transitivo attivo, II

declinazione

gerundio, genitivo singolare

Quod congiunzione subordinativa dichiarativa

Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Quae pronome relativo qui, quae, quod nominativo, riferito a «Scriptūra» femminile singolare

Testamentum sostantivo testamentum, i, II declinazione nominativo neutro singolare

Vetus aggettivo qualificativo vetus, vetěris, II classe a 1 uscita nominativo (concordato con

«Testamentum»)

neutro singolare

Decima Lezione

179

Roma 2013 Vocātur verbo predicativo voco, as, āvi, ātum, āre, I

coniugazione, transitivo passivo

indicativo presente III singolare

Quadrifarĭam accusativo avverbiale di modo

Tradĭtur verbo predicativo trado, is, tradĭdi, tradĭtum, ĕre, III

coniugazione, transitivo passivo

indicativo presente III singolare

Scilĭcet congiunzione coordinativa esplicativa

Secundum preposizione secundum + accusativo =

complemento di modo o di

limitazione

Historĭam sostantivo historĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare

Aetiologĭam sostantivo aetiologĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare

Analogĭam sostantivo analogĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare

Allegorĭam sostantivo allegorĭa, ae, I declinazione accusativo femminile singolare

Roma 2013

180

Undicesima Lezione

Ecco il nuovo periodo che dobbiamo analizzare:

«Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno».

Di seguito, la traduzione interlineare con costruzione italiana:

«Quae quatŭor quidem videntur esse omnīno aliēna a quatŭor

Questi quattro sensi certamente sembrano essere del tutto diversi dai quattro

praedictis».

detti sopra».

Congiunzioni non ve ne sono; di predicati

ce n’è uno, il nominale «esse aliēna»,

In questa Lezione impareremo: la costruzione del nesso relativo il significato, la costruzione e la funzione del verbo

viděor

a riconoscere gli avverbi rafforzativi

a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della

proposizione e della parola, di «Quae quidem quatŭor

…»

a apprezzare alcuni rilievi etimologici

analisi del periodo

Undicesima Lezione

181

Roma

2013

accompagnato dal verbo modale «videntur»; c'è infine un pronome relativo,

«quae», riferito a senso100 ai quattro significati che la lettera della Sacra

Scrittura può avere secondo Agostino, ricordati appena sopra. Evidentemente

dunque una sola è la proposizione, necessariamente reggente, di tipo

enunciativo.

Si pone tuttavia un problema: come mai una proposizione reggente è

introdotta da un pronome relativo? In effetti, una situazione simile nella

sintassi italiana non sarebbe ammessa, tant’è che abbiamo tradotto il latino

«quae» non con un relativo italiano, bensì con il dimostrativo «questi». Qui ci

troviamo pertanto davanti a una differenza tra lingua italiana e latina. In

italiano non è mai possibile cominciare una reggente con un pronome

relativo; il relativo introduce sempre solo una subordinata. In latino invece si

dà un caso in cui il pronome relativo possa introdurre una proposizione

reggente: è quando il relativo si trovi a inizio frase. Questa costruzione viene

chiamata nesso relativo, in quanto si instaura un

collegamento, un nesso appunto, tra due periodi

attraverso un pronome relativo. In queste circostanze, in italiano, come già

detto, il pronome relativo latino viene tradotto con un dimostrativo; tuttavia

è facile comprendere il significato della costruzione latina: posto a inizio

frase, il pronome relativo serve a collegare strettamente quanto appena detto

nel periodo precedente con quello che si sta per enunciare.

In generale, il pronome relativo in latino è sintatticamente più forte che

in italiano: non solo può introdurre una reggente, ma può anche trovarsi

100 Si definisce a senso una concordanza non grammaticale, ma semantica, relativa cioè al solo

significato: per questo nel nostro caso il pronome relativo è al genere neutro, sebbene i quattro

vocaboli ai quali si riferisca siano femminili.

nesso relativo

Studio Critico della Lingua Latina

182

Roma 2013

lontano dal termine al quale si

riferisce, anzi addirittura

precederlo101, o attrarlo nella proposizione relativa facendolo concordare con

sé102.

Veniamo all'analisi della proposizione. Il

soggetto del predicato «videntur esse aliēna» è

«quae quatŭor». Poiché il predicato è nominale,

non c'è complemento oggetto; c'è invece un solo complemento indiretto, retto

dall'aggettivo «aliēna»: è «a quatŭor praedictis», il

cosiddetto complemento di separazione, che indica il

termine rispetto al quale si afferma una differenza o

dal quale ci si distacca, in latino reso con a/ab103 + l’ablativo. Abbiamo già

detto che il predicato nominale «esse aliēna» è accompagnato dal verbo

modale «videntur»: ora, però, proprio a proposito del verbo viděor occorre

aprire una lunga parentesi.

Viděor in latino significa

«sembrare». È considerato un verbo

deponente, sebbene in verità sia il

101 È la cosiddetta prolessi o anticipazione del relativo: per esempio, «quem dedisti, librum legi», «ho letto

il libro che mi hai dato»; in italiano invece il pronome relativo deve seguire sempre

immediatamente il termine al quale si riferisce. 102 È la cosiddetta attrazione del relativo: per esempio, «quem dedisti librum, pulcherrĭmus est», «il libro

che mi hai dato è bellissimo». 103 Per motivi di eufonia, ovvero al fine di ottenere un suono più gradevole, a si usa a davanti a

parole che inizino per consonante e ab dinanzi a vocaboli che comincino per vocale (così come

avviene in italiano, ad esempio, con le congiunzioni e/ed).

altre particolarità sintattiche del pronome relativo latino

analisi della proposizione

complemento di separazione

viděor: verbo

deponente o passivo?

Undicesima Lezione

183

Roma

2013

semplice passivo di viděo: il sembrare, l'apparire, in effetti, altro non sono che

il modo in cui siamo visti dagli altri; sembrare è davvero essere visti, il

passivo del verbo vedere.

Tutte le grammatiche latine spiegano che viděor presenta due

costruzioni: personale e impersonale. Personale è la costruzione che

incontriamo nella frase che stiamo analizzando: «videntur» ha un soggetto,

«quae quatŭor», e regge un predicato all'infinito, «esse aliēna», la cui parte

nominale è al nominativo. Impersonale invece è la costruzione di viděor che

abbiamo trovato all'inizio dell'articŭlus

decĭmus, «vidētur quod …»: «vidētur» non ha

soggetto, è impersonale appunto, o meglio il

soggetto è l'intera proposizione soggettiva che esso stesso regge, «quod …».

Nel latino classico, si utilizza la costruzione impersonale quando viděor ha

una sfumatura di significato deliberativa, quando cioè significa «sembrare

bene, sembrare opportuno» (deliberāre significa «prendere una decisione, fare

una scelta»); assume invece costruzione personale quando ha una sfumatura

di significato opinativa, quando cioè serve a specificare che quel che si va

enunciando è solo un'opinione, un parere.

Una volta chiarito tutto questo, resta

solo da definire che tipo di verbo sia

viděor: è un verbo predicativo, copulativo

o modale? Qui le opinioni divergono: secondo Tantucci, ad esempio, sembrare

è un verbo copulativo e come tale può introdurre il predicato nominale in

costruzione personale e

impersonale di viděor

viděor: verbo predicativo,

copulativo o modale?

Studio Critico della Lingua Latina

184

Roma 2013

sostituzione del verbo essere104; anche per Piazzi viděor è un verbo copulativo,

ma proprio per questo regge piuttosto il complemento predicativo105. A mio

avviso, la soluzione logicamente più semplice e lineare è interpretare viděor e

sembrare come verbi modali, tali cioè che aggiungono una semplice sfumatura

di significato, opinativa, ai predicati veri e propri, siano essi verbali o

nominali. Ciò sembra evidente nel caso della costruzione personale di viděor;

ma anche nella costruzione impersonale, dove sembrerebbe prevalere il

valore predicativo in quanto vidētur non viene accompagnato né da un altro

verbo né da un aggettivo, basta sottintendere la copula essere per far risaltare

il valore modale del verbo sembrare, cosicché ad esempio «vidētur convenĭens»,

«sembra conveniente», sta per «vidētur esse convenĭens», «sembra essere

conveniente»106.

Passiamo all'analisi della parola. «Quae» potrebbe essere anche un

nominativo femminile singolare o plurale; qui

tuttavia è sicuramente un nominativo neutro

plurale perché concordato con «aliēna», che non può essere un femminile

plurale (potrebbe essere un femminile singolare, ma in questo caso è il verbo

«videntur» a impedire di pensare che «quae» e «aliēna» possano essere

104 Cfr. V. Tantucci, Analisi logica, Poseidonia, Bologna 1997, pp.14-15. A p.14 è riportato il seguente

esempio: «Il padre non sembrava (=era) contento» (il grassetto è nel testo). 105 Cfr. F. Piazzi, Breve iter. Grammatica e Lessico essenziale di latino, Cappelli editore, Bologna 2000,

p.74. 106 È vero che nel latino classico spesso si trova il solo vidētur con valore impersonale, con il

significato di «sembra bene»; ma anche in questo caso non è difficile sottintendere un esse

convenĭens. Ciò nondimeno, per semplicità, quando ci trovassimo, come è accaduto all’inizio del

testo di san Tommaso, di fronte a un vidētur impersonale, nelle tre analisi lo considereremo un

predicato verbale.

analisi della parola

Undicesima Lezione

185

Roma

2013

singolari). «Quatŭor» è un aggettivo numerale cardinale invariabile107 (è

attestata anche la forma quattŭor, con la doppia tt).

«Quidem»108 e «omnīno» sono avverbi rafforzativi:

servono a ribadire e intensificare quanto sostenuto dai

termini ai quali si riferiscono (si ricordi che adverbĭum

in latino significa appunto «parola posta vicino a un'altra parola»).

Concludiamo con pochi rilievi etimologici. «Praedictis», ablativo neutro

plurale retto dalla preposizione a, è il participio passivo di praedīco, is, dīxi,

dictum, ěre, composto del verbo dico + il prefisso prae, «prima»: è interessante

notare che nell'italiano predica il medesimo

prefisso prae ha valore non temporale, «prima di,

anteriormente a», ma locativo, «dinanzi a tutti, pubblicamente»109. «Aliēna»,

«diversa», è aggettivo derivato da alĭus, a, um, «altro»; è emblematico che in

latino aliēnus possa significare anche «nemico», così come del resto «hostis, is»

è sia «straniero» sia «nemico»: il diverso, l’altro è sempre sentito pericoloso,

ostile, avvertito come un potenziale avversario. Infine «omnīno» deriva

dall'aggettivo indefinito omnis, e, in italiano «ogni» al singolare, «tutti» al

plurale: «omnīno» dunque deriva da omnis proprio come in italiano del tutto

da tutto.

Nella prossima Lezione, analizzando l'ultimo periodo del secondo

capoverso, potremo studiare l’uso del congiuntivo nella sintassi latina.

107 In latino, tutti gli aggettivi numerali cardinali sono invariabili, tranne unus, duo e tres, i numeri

delle centinaia e delle migliaia. 108 Si faccia attenzione a non confondere l'avverbio quidem con il pronome indefinito quidam,

quaedam, quoddam, «un certo, qualche». 109 Si tenga però presente che l’italiano predicare viene dal latino praedĭco, as, āvi, ātum, āre, composto

del verbo dicāre e non di dicěre (dicāre, «dire solennemente», del resto è un semplice intensivo di

dicěre, «dire»).

avverbi rafforzativi

alcuni rilievi etimologici

Studio Critico della Lingua Latina

186

Roma 2013

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Quae quidem …» Identificare il complemento di separazione Definire gli avverbi rafforzativi Distinguere tra costruzione personale e impersonale del

verbo vidĕor

Argomentare in che senso vidĕor può essere interpretato come un vebo predicativo, copulativo e modale

Che cos’è il nesso relativo? Che cos’è l’attrazione del relativo? Cosa la prolessi del

relativo?

Undicesima Lezione

187

Roma

2013 ANALISI DEL PERIODO: «Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi relativi

(e avverbi) specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la

caratterizza

1 Quae (riferito al

periodo precedente; ma

qui vale come nesso

relativo: introduce la

reggente)

videntur esse aliēna

= predicato nominale

(con verbo modale)

Quae ... videntur esse aliēna

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

Praeterěa … dicit

Quod Scriptūra (quae … vocātur) tradĭtur quadrifarĭam

Quae … videntur esse aliēna

1 Quae ... videntur esse aliēna = proposizione

reggente enunciativa coordinata al precedente

periodo per nesso relativo

Studio Critico della Lingua Latina

188

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Quidem videntur esse aliēna omnīno=

predicato nominale (con verbo modale) (i

due avverbi sono inseriti qui perché,

come a volte capita con gli avverbi,

vanno a aggiungere sfumature di

significato al predicato senza costituire

un complemento a sé)

Quae quatŭor (con attributo)

Complementi indiretti

Complementi indiretti

A quatŭor praedictis = complemento di separazione (con

attributo)

Undicesima Lezione

189

Roma

2013 ANALISI DELLA PAROLA: «Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Quae pronome relativo qui, quae, quod nominativo, concordato a senso

con «secundum historĭam, …»

neutro plurale

Quidem avverbio rafforzativo

Quatŭor aggettivo numerale

cardinale

indeclinabile concordato con «quae»

A preposizione a + ablativo = complemento di

separazione

Quatŭor pronome numerale

cardinale

indeclinabile come quae, concordato a senso

con «secundum historĭam, …»

Praedictis verbo con funzione di

aggettivo

praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione, I classe

participio, ablativo, concordato

con «quatŭor»

passato, neutro plurale

Videntur verbo modale viděor, ēris, visus sum, ēri, II

coniugazione, deponente

indicativo presente III plurale

Esse verbo copulativo sum, es, fui, esse, difettivo,

atematico, suppletivo,

coniugazione propria

infinito presente

Aliēna aggettivo qualificativo aliēnus, a, um, I classe nominativo, concordato con

«quae»

neutro plurale

Omnīno avverbio rafforzativo

Roma

2013

190

Dodicesima Lezione

Ecco l’ultimo periodo del secondo capoverso:

«Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum

quatŭor sensus praedictos exponātur».

A seguire, come al solito, la traduzione interlineare con la costruzione

italiana:

«Non vidētur igĭtur convenĭens quod eădem littěra

«Non sembra dunque conveniente che la medesima lettera

Sacrae Scriptūrae exponātur secundum quatŭor sensus praedictos».

della Sacra Scrittura sia esposta secondo i quattro sensi detti prima».

Cominciamo dall'analisi del periodo. Troviamo

due congiunzioni: «igĭtur», coordinativa conclusiva,

e «quod», subordinativa dichiarativa; nessun pronome relativo; due predicati:

«non convenĭens vidētur» e «exponātur». Abbiamo quindi due proposizioni:

In questa Lezione impareremo: l’uso del congiuntivo nelle proposizioni reggenti e in quelle

subordinate a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della

proposizione e della parola, di «Non igĭtur convenĭens …»

e di «Praeterěa preater …»

a apprezzare alcuni rilievi etimologici

analisi del periodo

Dodicesima Lezione

191

Roma

2013

«non igĭtur convenĭens vidētur» e «quod … exponātur». Poiché «quod» introduce

necessariamente una subordinata, la reggente deve essere «non igĭtur

convenĭens vidētur», enunciativa coordinata al periodo precedente in forma

conclusiva: in effetti, qui Tommaso trae le conclusioni rispetto a quanto

argomentato nei due periodi precedenti. «Quod … exponātur» è invece una

proposizione complementare diretta di primo grado soggettiva, in quanto

svolge la funzione di soggetto del verbo impersonale, predicato della

reggente, «vidētur», proprio come abbiamo visto accadere nel primo periodo

del primo capoverso dell’articŭlus dell’Aquinate. L'analisi del periodo è così

già completata. Tuttavia è opportuno domandarsi come mai nella

proposizione complementare il predicato, «exponātur», sia al congiuntivo.

Come già spiegammo, il congiuntivo è il modo verbale al quale si ricorre

per esprimere il carattere eventuale, possibile,

ipotetico del predicato, di contro all'indicativo,

che è notoriamente il modo dell'oggettività,

della realtà, dei dati di fatto; per questo, indicativo e congiuntivo sono detti

rispettivamente anche modi dell'oggettività e della soggettività.

Più nello specifico, il congiuntivo, se

utilizzato nelle proposizioni reggenti, può

assumere uno dei seguenti significati:

1) esortativo: esprime un comando, un'esortazione; è una sorta di

imperativo attenuato (per esempio, i tre congiuntivi nella prima parte

del Pater: «sanctificētur … advenĭat … fiat»)

2) ottativo: esprime un desiderio o un rimpianto (optāre significa

«desiderare, augurare»; per esempio, sempre nel Pater, i medesimi tre

congiuntivo e indicativo

uso del congiuntivo nelle reggenti

Studio Critico della Lingua Latina

192

Roma 2013

congiuntivi possono essere interpretati anche come ottativi: «voglia il

cielo che sia santificato il tuo nome …»)

3) concessivo: indica un'ammissione, una concessione appunto (per

esempio: «dicat ita Thomas», «ammettiamo pure che Tommaso dica

così»)

4) dubitativo: esprime un dubbio, un'incertezza in forma interrogativa

(in italiano è reso con il verbo modale dovere: per esempio, «legam

librum?», «dovrei leggere il libro?»)

5) potenziale: indica un'eventualità, una possibilità (il soggetto di solito è

un pronome indefinito o il cosiddetto tu generico; in italiano è reso con

il verbo modale potere: per esempio, «legěres librum», «avresti potuto

leggere il libro»)

6) suppositivo: esprime un'ipotesi, una supposizione (in italiano è reso

con il modo condizionale, che in latino non esiste: per esempio,

«legěres pulcherrĭmum librum», «avresti letto un libro bellissimo»).

Nelle proposizioni subordinate invece, come

avevamo avuto già modo di rilevare, si danno tre

casi nei quali in latino si ricorre al congiuntivo:

1) quando un fatto è presentato come eventuale: è il cosiddetto

congiuntivo eventuale; è il caso del periodo che stiamo analizzando:

che la medesima lettera della Scrittura venga spiegata in quattro sensi

diversi è solo una possibilità, un'ipotesi, non la constatazione di un

accadimento

2) quando quanto è affermato è solo un punto di vista personale,

dell'autore o di altri: è il cosiddetto congiuntivo obliquo (qui con obliquo

uso del congiuntivo nelle subordinate

Dodicesima Lezione

193

Roma

2013

si intende il fatto che non si sta enunciando direttamente e rettamente

un evento); per esempio: «Laudat Augustīnum Thomas quod dixěrit

verum», «Tommaso loda Agostino perché avrebbe detto il vero» (che

Agostino abbia detto il vero è solo l'opinione di Tommaso)

3) quando la proposizione subordinata dipende da un'altra

proposizione il cui predicato sia al modo congiuntivo o infinito: è la

cosiddetta attrazione modale; in questo caso evidentemente il ricorso al

congiuntivo non ha una valenza semantica, ma solo una

giustificazione sintattica: per esempio, «ego dico quod liber qui legi

pulcher est», «io dico che il libro che ho letto è bello»; ma «ego dico

librum qui legěrim pulchrum esse»: la proposizione relativa vuole il

congiuntivo, «qui legěrim», in quanto è retta dalla proposizione

oggettiva con il predicato all'infinito, «pulchrum esse».

Passiamo all’analisi delle due proposizioni. La prima è presto fatta: il

soggetto non c'è, perché il verbo è impersonale, o meglio, la funzione del

soggetto è svolta dall'intera proposizione seguente;

«vidētur convenĭens» è un predicato nominale: alla luce di

quanto sostenuto nella scorsa Lezione a proposito della

costruzione del verbo «viděor», infatti, consideriamo «vidētur» un verbo

modale e «convenĭens» la parte nominale, con la copula «esse» sottintesa (si

noti che «convenĭens» qui è sicuramente un neutro, come sempre quando si ha

a che fare con il nome di un predicato nominale impersonale). La seconda

proposizione è più lunga, ma presenta ancora minori difficoltà: «exponātur» è

il predicato verbale; «eădem littěra» è il soggetto e «Sacrae Scriptūrae» il

complemento di specificazione del soggetto; il complemento oggetto non può

analisi delle proposizioni

Studio Critico della Lingua Latina

194

Roma 2013

esserci, in quanto il verbo è passivo; l'unico complemento indiretto è

«secundum quatŭor sensus praedictos»: è il complemento di modo (o di

limitazione) già incontrato in questo secondo capoverso, reso con secundum +

l’accusativo.

Anche l'analisi della parola dovrebbe risultare scorrevole. Oltre alle due

congiunzioni già analizzate in sede di analisi del

periodo, «igĭtur» e «quod», incontriamo l'avverbio di

negazione «non» e la preposizione «secundum». Come già rilevato, il verbo

«exponātur» è al congiuntivo presente, caratterizzato dalla vocale tematica a

(si tratta infatti di un verbo appartenente alla terza coniugazione). Troviamo

anche l'aggettivo determinativo «eădem», al nominativo femminile singolare

(sarebbe potuto essere anche un ablativo femminile singolare, con la a lunga,

o un nominativo o accusativo neutro plurale: è sempre utile esercitarsi

domandandosi quali casi un determinato vocabolo potrebbe essere),

l’aggettivo numerale cardinale indeclinabile «quatŭor» e il participio passivo

con valore di aggettivo qualificativo «praedictos», all’accusativo maschile

plurale, concordato con «sensus», sostantivo della quarta declinazione, che

qui è accusativo plurale, ma che di per sé sarebbe potuto essere anche

nominativo, genitivo e vocativo singolare, o nominativo e vocativo plurale.

«Convenĭens» infine è un participio attivo, anch’esso con valore di aggettivo

qualificativo: come tutti i participi attivi, si declina secondo il modello degli

aggettivi di seconda classe a una sola uscita; qui è nominativo singolare,

neutro perché, come già osservato, il predicato nominale è impersonale

(anche se convenĭens di per sé sarebbe potuto essere anche maschile o

femminile).

analisi della parola

Dodicesima Lezione

195

Roma

2013

Poiché si tratta di un periodo breve e facile, possiamo leggere e

analizzare anche il terzo capoverso:

«Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter

illos sensus quatŭor non continētur».

Ecco la traduzione interlineare, con costruzione italiana:

«Praeterěa, praeter sensus praedictos, invenĭtur sensus parabolĭcus,

« Inoltre, oltre ai sensi detti sopra, si trova il senso parabolico,

qui non continētur inter illos quatŭor sensus».

che non è contenuto tra quei quattro sensi».

Un secondo «praeterěa» introduce una terza argomentazione a favore

della medesima tesi finora sostenuta. La nuova argomentazione è elementare,

del tutto analoga alla precedente: se ai quattro termini indicati da Agostino

aggiungiamo quelli enunciati da Tommaso all'inizio dell'articolo ed ora anche

quest'ultimo, arriviamo a contare non quattro, bensì sette possibili sensi in

una sola lettera della Scrittura, ovvero «historĭcus vel littěralis, allegorĭcus,

tropologĭcus sive morālis, anagogĭcus», «aetiologĭcus» e «analogĭcus», e

«parabolĭcus», il che contraddice manifestatamente la dottrina dei quattro

sensi della Sacra Scrittura.

I predicati verbali sono due, «invenĭtur» e «non continētur»; il pronome

relativo è uno, «qui», riferito a «sensus parabolĭcus»;

una la congiunzione, «praeterěa», coordinativa analisi del periodo

Studio Critico della Lingua Latina

196

Roma 2013

copulativa. Abbiamo pertanto due proposizioni: un’attributiva di primo

grado, «qui … non continētur», e una reggente enunciativa, coordinata al

periodo precedente in forma copulativa, «praeterěa … invenĭtur».

Il soggetto della proposizione relativa è proprio il pronome relativo

«qui»; non vi sono complementi oggetti, perché il verbo è

passivo; c'è un solo complemento indiretto: il

complemento di stato in luogo «inter illos sensus quatŭor»,

reso con inter + l’accusativo. Il soggetto della proposizione reggente è «sensus

parabolĭcus»; neanche in questo caso è possibile incontrare un complemento

oggetto, perché il verbo è passivo; l'unico complemento indiretto è «praeter

praedictos sensus», che potremmo denominare complemento di eccedenza.

A proposito dell'analisi della parola, non c'è nulla di significativo da

rilevare; come al solito, rimandiamo alla scheda a fine Lezione per un'analisi

puntuale parola per parola.

Concludiamo invece con alcuni rilievi etimologici. «Convenĭens» è

composto del prefisso cum + venīre, «venire insieme»,

quindi in senso figurato anche «giungere allo stesso

risultato, concordare»: «convenĭens» pertanto è ciò su cui

tutti si trovano d'accordo. «Exponěre» è composto invece dal prefisso ex +

poněre, «porre fuori», quindi in senso traslato, in relazione a ciò che si pensa,

«esporre, esprimere». «Praeter» è una preposizione che può significare sia

«eccetto che» sia «oltre che», formata dal prefisso prae, «davanti a»: è curioso

che il valore locativo del prefisso, «davanti a», possa far assumere appunto

alla medesima preposizione due significati opposti, ovvero quello di

esclusione, «eccetto che», e quello di eccedenza, come nel nostro testo, «oltre

analisi delle proposizioni

alcuni rilievi etimologici

Dodicesima Lezione

197

Roma

2013

che». Come già rilevato, la congiunzione «praeterěa» era evidentemente un

originario complemento di eccedenza, «praeter ea», «oltre a quelle cose», poi

irrigiditosi in una congiunzione invariabile110. «Invenĭo» è un verbo composto

dal prefisso in + venīre, «venire fino a, giungere», quindi per estensione anche

«trovare, scoprire». Analogamente, «continěo» è formato dal prefisso cum +

tenēre, «tenere insieme», quindi anche «contenere, abbracciare». «Parabolĭcus»

è invece il calco latino di un aggettivo greco che deriva dal sostantivo

parabolé, composto di pará + bállo, «getto, metto accanto», quindi «confronto,

paragono»: la parabola è appunto un paragone che attraverso un oggetto

noto getta luce su uno ignoto111.

Prima di procedere oltre, è bene ricordarsi di dedicare del tempo alla

lettura a voce alta del testo in originale studiato, da ripetere fino a quando si

riesca a leggere capendo e, per così dire, sentendo in latino quel che si sta

proclamando, in modo da raccogliere e gustare i frutti della fatica sopportata.

Nella prossima Lezione analizzeremo quindi la presentazione da parte di

Tommaso della tesi opposta a quella finora presentata, ovvero il «sed est

contra».

110 In italiano la congiunzione inoltre è invece il risultato della fusione di due preposizioni, in e oltre;

anche in italiano tuttavia troviamo congiunzioni la cui formazione è del tutto analoga al praeterěa

latino: per esempio, perciò, congiunzione coordinativa esplicativa, deriva dal complemento di

causa per ciò. 111 Una curiosità: l’italiano «parola» deriva proprio dal latino tardo «parabŏla». Può costituire infine

uno spunto spiritualmente utile ricordare che da un punto di vista etimologico parabállo è il

contrario di diabállo (il verbo greco da cui deriva il nome diavolo): l'uno infatti significa

«confrontare», quindi anche «mettere insieme», l'altro invece «separare, dividere».

Studio Critico della Lingua Latina

198

Roma 2013

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di « Non igĭtur convenĭens …» e di « Praeterěa, praeter …»

Distinguere tra congiuntivo esortativo, ottativo, concessivo, dubitativo, potenziale e suppositivo

Riconoscere il congiuntivo eventuale, quello obliquo e quello per attrazione modale

Perché convenĭens in «convenĭens vidētur» è al genere neutro?

Dodicesima Lezione

199

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum quatŭor

sensus praedictos exponātur»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza

1 Igĭtur = congiunzione

coordinativa conclusiva

Non (esse) convenĭens

vidētur = predicato nominale

(con verbo modale)

Non igĭtur (esse) convenĭens vidētur

2 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Exponātur = predicato

verbale

Quod ... exponātur

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive,

indicando per ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

Praeterěa … dicit

Quod Scriptūra (quae … vocātur) tradĭtur quadrifarĭam

Quae … videntur esse aliēna

1 Non igĭtur (esse) convenĭens vidētur =

proposizione reggente enunciativa coordinata al

periodo precedente in forma conclusiva

Non igĭtur (esse) convenĭens vidētur

2 Quod ... exponātur = proposizione

complementare diretta soggettiva I grado

Quod ... exponātur

Studio Critico della Lingua Latina

200

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum

quatŭor sensus praedictos exponātur»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Non (esse) convenĭens

vidētur = predicato

nominale (con verbo modale

e con copula sottintesa)

(Il verbo è impersonale)

Igĭtur = coordinativo

conclusivo

Exponātur = predicato

verbale

Eădem littěra (con

attributo)

Quod = subordinativo

dichiarativo

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Sacrae Scriptūrae = complemento di specificazione del

soggetto (con attributo)

Secundum quatŭor sensus praedictos = complemento di modo (o

di limitazione, con due attributi)

Dodicesima Lezione

201

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Non igĭtur convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum quatŭor

sensus praedictos exponātur»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Non avverbio di negazione

Igĭtur congiunzione coordinativa conclusiva

Convenĭens verbo con funzione di

aggettivo

convěnĭo, is, vēni, ventum, īre,

intransitivo, IV coniugazione, II

classe a 1 uscita

participio, nominativo (neutro e

non concordato, perché il verbo è

impersonale)

presente, neutro singolare

Vidētur verbo fraseologico viděor, ēris, visus sum, ēri,

deponente, II coniugazione

indicativo presente III singolare

Quod congiunzione subordinativa dichiarativa

Eădem aggettivo

determinativo

idem, eădem, idem nominativo, concordato con

«littěra»

femminile singolare

Littěra sostantivo littěra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Sacrae aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe genitivo, concordato con

«Scriptūrae»

femminile singolare

Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare

Secundum preposizione secundum + accusativo =

complemento di modo (o di

limitazione)

Quatŭor aggettivo numerale

cardinale

indeclinabile concordato con «sensus»

Studio Critico della Lingua Latina

202

Roma 2013

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale

Praedictos verbo con funzione di

aggettivo

praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione, I classe

participio, accusativo (concordato

con «sensus»)

perfetto, maschile plurale

Exponātur verbo predicativo expōno, is, posŭi, posĭtum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione

congiuntivo presente III singolare

Dodicesima Lezione

203

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter illos sensus

quatŭor non continētur»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il termine

al quale si riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Praeterěa = congiunzione

coordinativa copulativa

Qui (riferito a «sensus

parabolĭcus»)

Invenĭtur (predicato

verbale)

Praeterěa ... invenĭtur

2 Non continētur

(predicato verbale)

Qui ... non continētur

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Praeterěa ... invenĭtur = proposizione reggente

enunciativa coordinata al periodo precedente in forma

copulativa

Praeterěa invenĭtur sensus parabolĭcus (qui non continētur)

2 Qui ... non continētur = proposizione attributiva di I

grado

Studio Critico della Lingua Latina

204

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter illos

sensus quatŭor non continētur»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Invenĭtur (predicato verbale)

Sensus parabolĭcus (con

un attributo)

Praeterěa = coordinativo

copulativo

Non continētur (predicato

verbale)

Qui (riferito a «sensus

parabolĭcus»)

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Praeter praedictos sensus = complemento di eccedenza

(con un attributo)

Inter illos sensus quatŭor = complemento di stato in luogo (con

due attributi)

Dodicesima Lezione

205

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Praeterěa, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui inter illos sensus

quatŭor non continētur»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Praeterěa congiunzione coordinativa copulativa

Praeter preposizione praeter + accusativo =

complemento di eccedenza

Praedictos verbo con funzione di

aggettivo

praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione, I classe

participio, concordato con

«sensus», accusativo

perfetto, maschile plurale

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale

Invenĭtur verbo predicativo invěnĭo, is, invēni, inventum, īre,

transitivo passivo, III

coniugazione

indicativo presente III singolare

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Parabolĭcus aggettivo qualificativo parabolĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «sensus parabolĭcus»,

nominativo

maschile singolare

Inter preposizione inter + accusativo = complemento

di stato in luogo

Illos aggettivo dimostrativo ille, illa, illud concordato con «sensus»,

accusativo

maschile plurale

Studio Critico della Lingua Latina

206

Roma 2013

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile plurale

Quatŭor aggettivo numerale

cardinale

indeclinabile concordato con «sensus»

Non avverbio di negazione

Continētur verbo predicativo contĭněo112

, es, continŭi,

contentum, ēre, transitivo

passivo, II coniugazione

indicativo presente III singolare

112 Qui, come già per invěnĭo e convěnĭo, viene trascritta la quantità anche della terz’ultima sillaba, per indicare quale sia la pronuncia corretta della

seconda persona singolare, contĭnes.

Roma 2013

207

Tredicesima Lezione

Il quarto capoverso dell’articŭlus decĭmus recita:

Sed est contra quod dicit Gregorĭus: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso

locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque sermōne, dum narrat

gestum, prodit mysterĭum»113.

Ecco la traduzione interlineare con costruzione italiana:

Sed est contra quod dicit Gregorĭus:

Ma sta in modo contrario ciò che dice Gregorio:

« Sacra Scriptūra transcendit omnes scientĭas

«La Sacra Scrittura oltrepassa tutte le scienze

113 Gregorĭus Magnus, Moralĭa in Iob, 20,1.

In questa Lezione impareremo: a discernere i tre valori che può assumere l’ablativo

semplice: strumentale, causale e modale a usare la congiunzione dum a riconoscere il participio con funzione nominale a compilare le tre schede, di analisi del periodo, della

proposizione e della parola, di «Sed est contra …» e di

«Sacra Scriptūra omnes …»

a apprezzare alcuni rilievi etimologici

Studio Critico della Lingua Latina

208

Roma 2013

more ipso suae locutiōnis:

per il modo stesso del suo parlare:

quia uno eodemque sermōne,

poiché con un unico e medesimo discorso,

dum narrat gestum, prodit mysterĭum».

mentre narra un fatto, introduce un mistero».

Gli articoli della Summa seguono sempre lo stesso schema, debitore del

metodo con il quale nelle università

del tempo i professori trattavano gli

argomenti nelle loro lezioni, metodo

esemplarmente sintetizzato nel titolo dell’opera di Abelardo, Sic et non (il

titolo fa riferimento al fatto che a ogni domanda è possibile rispondere

positivamente o negativamente). Rispetto a una determinata questione,

l'Aquinate presenta dapprima una serie di argomentazioni a favore di una

tesi (sic), poi altre a favore dell’asserzione opposta (non); solitamente, ma non

è una regola osservata rigidamente, la tesi esposta per prima è quella

osteggiata da Tommaso, che abbraccia la seconda o propone una terza

soluzione. La prima posizione è introdotta dalla formula «vidētur quod»;

eventuali altre argomentazioni a favore della medesima tesi sono presentate

con la formula «praeterěa». La seconda posizione è quindi annunciata

dall'espressione «sed est contra»: così inizia appunto il nostro nuovo

capoverso.

vidētur quod … praeterěa … sed est contra

Tredicesima Lezione

209

Roma

2013

Dopo aver dunque raccolto tre argomenti a sostegno della tesi secondo

cui non sarebbe possibile attribuire a una medesima lettera della Sacra

Scrittura molteplici significati, Tommaso passa ora a addurre

un’argomentazione a favore dell’assunto opposto, secondo il quale sarebbe

invece possibile che una sola lettera nella Sacra Scrittura abbia più sensi.

L'argomento è uno e molto breve, basato sulla sola autorità di Gregorio

Magno. Ciò si spiega con il fatto che la tesi è quella abbracciata dallo stesso

dottor Angelico, che avrà pertanto modo di argomentarla ampiamente nella

terza parte dell'articolo, nella quale l'autore espone la soluzione alla

questione che egli stesso propone.

Cominciamo dunque con l'analisi del periodo di questo quarto

capoverso dell'articŭlus decĭmus. Per comodità,

possiamo dapprima considerare solo il breve testo con

il quale Tommaso introduce la citazione di Gregorio: la citazione stessa infatti

costituisce senz'altro un periodo a sé stante. Troviamo una congiunzione,

«sed», coordinativa avversativa, un pronome relativo, «quod», e due predicati,

«est» e «dicit». Abbiamo pertanto due proposizioni, l’una introdotta dalla

congiunzione e l'altra dal pronome relativo. Prima di procedere, tuttavia,

dobbiamo risolvere due quesiti: «est» è copula, ausiliare o predicato verbale?

«Quod» a cosa si riferisce?

Iniziamo da «est». Sicuramente non è ausiliare: non è seguito infatti da

alcun participio. Piuttosto è accompagnato dall'avverbio

di modo «contra»: tradotto letteralmente, «è in modo

contrario». Un'autorità italiana nel campo quale Vittorio Tantucci,

considererebbe senz'altro «est contra» un predicato nominale: egli infatti

analisi del periodo

est contra

Studio Critico della Lingua Latina

210

Roma 2013

ritiene che il nome del predicato «può essere formato da qualsiasi parte del

discorso usata in funzione di sostantivo»114, compreso un avverbio, e

aggiunge un esempio, «La vita è così», del tutto analogo al nostro «est contra».

Ora, però, a mio avviso, proprio il valore modale di «contra» fa sì che «est»

qui si comprenda meglio come predicato verbale, con il significato di stare:

«sta in modo contrario». Del resto, lo stesso Tantucci riconosce che il verbo

essere ha valore predicativo quando sia usato con il significato di «esistere,

stare, risiedere, appartenere, ecc.»115.

A cosa si riferisce invece il pronome relativo «quod»? Nella traduzione

italiana, «che» è evidentemente collegato al pronome dimostrativo

«ciò». La difficoltà risiede nel fatto che nel testo latino il pronome

dimostrativo è assente. In effetti, «quod» si riferisce a una pronome neutro, id

o hoc, sottinteso. Si tratta di una situazione frequente in latino. Come abbiamo

già avuto modo di rilevare, il pronome relativo in questa lingua è

sintatticamente molto più forte che nelle lingue moderne. Ciò comporta, tra

l'altro, che spesso il pronome neutro al quale allude è sottinteso, in quanto è,

per così dire, assorbito dal pronome relativo stesso, cosicché quando si legge

«quod dicit Gregorĭus» è naturale comprendere «ciò che dice Gregorio»116.

A questo punto l'analisi del periodo dovrebbe risultare agevole: «sed est

contra» è la proposizione reggente enunciativa coordinata al periodo

precedente in forma avversativa; «quod dicit» è l’attributiva di primo grado.

Anche l'analisi delle proposizioni di fatto già è stata svolta: un pronome

114 V. Tantucci, Analisi logica … op. cit., p.14. 115 V. Tantucci, Analisi logica … op. cit., nota 1 a p.13. 116 In questo senso, il pronome relativo latino quod assomiglia un po' al pronome doppio italiano

chi: quod sta per «ciò che» così come chi sta per «colui che».

quod

Tredicesima Lezione

211

Roma

2013

analisi del periodo

neutro, id o hoc, è il soggetto sottinteso del predicato verbale «est», che regge

il complemento di modo «contra»; a quel soggetto si riferisce il pronome

relativo «quod», che è il complemento oggetto di

«dicit», il cui soggetto è ovviamente «Gregorĭus».

Anche l'analisi della parola non dovrebbe presentare alcuna difficoltà;

rimandiamo perciò all'apposita scheda compilata a fine Lezione.

Veniamo piuttosto a analizzare la citazione di Gregorio Magno.

Troviamo tre predicati verbali, «transcendit», «narrat» e

«prodit», e due congiunzioni, entrambe subordinative,

l’una causale, «quia», l'altra temporale, «dum». Abbiamo pertanto la

proposizione reggente enunciativa, «transcendit», una complementare

indiretta causale, «quia … prodit», di primo grado perché subordinata

direttamente alla reggente, e una complementare indiretta temporale, «dum

narrat», di secondo grado perché subordinata alla proposizione di primo

grado.

Prima di procedere oltre, vale la pena soffermarsi brevemente sull'uso

della congiunzione dum in latino. Essa può avere tre

significati:

1) come nel nostro caso, può esprimere un rapporto di contemporaneità

rispetto a un’altra proposizione (nel nostro testo, nei confronti di

«quia prodit», alla quale «dum narrat» è infatti subordinata, tant’è che

l’una è di primo grado e l’altra di secondo grado: «mentre, nello

stesso tempo in cui narra un fatto, introduce un mistero»): vuole

allora il verbo all'indicativo presente e in italiano si traduce con

«mentre, nello stesso tempo in cui»

analisi delle proposizioni

uso di dum

Studio Critico della Lingua Latina

212

Roma 2013

2) può significare una relazione di simultaneità di durata rispetto a

un'altra proposizione («finché, per tutto il tempo durante il quale

studia, ascolta la musica»): richiede che il predicato sia coniugato a

un tempo qualsiasi dell'indicativo e in italiano si traduce con «finché,

per tutto il tempo che»

3) può rendere un legame di successione rispetto a un'altra

proposizione («finché non, fino al momento in cui non cominci a

studiare, ascolta la musica»): il verbo può trovarsi sia all'indicativo

sia al congiuntivo, a seconda che il rapporto di successione sia

pensato come oggettivo o solamente eventuale, e in italiano si traduce

con «finché, finché non117, fino al momento in cui».

Veniamo all'analisi delle proposizioni. «Transcendit» è il predicato

verbale, «Sacra Scriptūra» il soggetto e «omnes scientĭas»

il complemento oggetto. «Ipso more» invece è un

ablativo semplice, non preceduto cioè da alcuna

preposizione: quale complemento traduce?

In latino l'ablativo semplice può avere tre valori differenti:

1) strumentale: traduce il

complemento di mezzo o

strumento (solo però se si tratta di

un animale o di una cosa; se invece è una persona, si traduce con per +

l’accusativo)

117 Si noti come in italiano la congiunzione finché esprima un rapporto di simultaneità, se invece è

seguita da una negazione, finché non, uno di successione; il non tuttavia è pleonastico, ossia può

essere anche omesso.

analisi delle proposizioni

ablativo semplice: con valore strumentale …

Tredicesima Lezione

213

Roma

2013

2) modale: traduce il complemento di modo, se esso è accompagnato da

un aggettivo (tuttavia in tal caso può trovarsi anche il

cum frapposto tra sostantivo e aggettivo: ad esempio,

magna cum laude; se invece il complemento di modo è costituito solo

dal nome, allora è reso sempre con cum + l’ablativo)

3) causale: traduce il complemento di causa, qualora si tratti di una

causa interna (come nel nostro caso: il motivo per cui la

Sacra Scrittura supera tutte le scienze è interno alla

Sacra Scrittura stessa); se invece la causa è esterna (per esempio:

«Non sono più uscito a causa della pioggia»), il complemento si

traduce con ob o propter + l’accusativo (nell’esempio precedente:

«propter imbrem»).

Il nostro «ipso more», da un punto di vista sintattico, può

essere un ablativo sia strumentale, perché certo il modo non è

una persona, sia modale, poiché il complemento è accompagnato

dall’attributo «ipso», sia causale, dal momento che, come già rilevato, la causa

è senz'altro interna. Anche guardando al significato della proposizione, tutti e

tre i valori sono accettabili: il modo di esprimersi, la qualità letteraria del

testo biblico è la causa per la quale, il modo con cui e, sebbene forse con

un'interpretazione un po' forzata, lo strumento per mezzo del quale la Sacra

Scrittura supera tutte le altre scienze; ciò nondimeno, tenendo conto che mos,

moris significa appunto «modo», solitamente l'ablativo «more» viene

considerato un ablativo modale.

Anche la seconda proposizione presenta una costruzione diretta,

strutturata cioè con soggetto → predicato → complemento oggetto: «prodit» è

… modale

… causale

ipso more

Studio Critico della Lingua Latina

214

Roma 2013

il predicato verbale, «Sacra Scriptūra» il soggetto sottinteso e «mysterĭum» il

complemento oggetto. Troviamo inoltre

nuovamente un ablativo semplice, «uno

eodemque sermōne». Anche in questo caso, sintatticamente esso può assumere

tutti e tre i valori sopra elencati: strumentale perché il discorso non è una

persona, modale perché il complemento è accompagnato da uno, anzi da due

aggettivi, «uno» e «eōdem», causale perché il sermo è la Scrittura stessa.

Tuttavia, da un punto di vista semantico, questa volta risulta evidente che

l'ablativo qui ha un valore solo strumentale: infatti «l'unico e medesimo

discorso» rappresenta il mezzo attraverso cui la Scrittura introduce nel

mistero, non certo la causa per la quale o il modo con cui lo fa.

Anche la terza proposizione ha una costruzione diretta: «narrat» è il

predicato verbale, «Sacra Scriptūra» il soggetto sottinteso e «gestum» il

complemento oggetto. Occorre tuttavia spendere poche parole proprio su

«gestum»: ciò ci permette inoltre di passare all'analisi della parola.

Morfologicamente, «gestum» è un participio passato, dal verbo gero, is, gessi,

gestum, ěre, che significa tra l'altro anche «condurre a termine, compiere»; nel

latino classico è nota l'espressione res gestae, che

indica «le imprese militari», alla lettera «le cose

compiute». Ora, il participio, in latino come anche in italiano, può avere

valore verbale o nominale. Il participio verbale lo studieremo in seguito.

Nominale invece viene detto il participio che svolga la funzione di sostantivo o

aggettivo; nel nostro caso, «gestum» è un vero e proprio sostantivo: significa

«ciò che è stato compiuto», quindi semplicemente «un fatto, un evento, un

accadimento». Del resto, lo stesso sostantivo italiano fatto è il participio

uno eodemque sermōne

participio nominale

Tredicesima Lezione

215

Roma

2013

passato del verbo fare, usato così spesso nella nostra lingua con valore di

sostantivo da essere sentito come un nome a tutti gli effetti.

Proseguiamo con l'analisi della parola,

arricchendola anche con alcuni rilievi

etimologici. «Omnes» è aggettivo indefinito

di seconda classe a due uscite; potrebbe essere nominativo e accusativo

maschile e femminile plurale; qui è accusativo plurale femminile, perché

concordato con «scientĭas». Il sostantivo scientĭa deriva dal verbo scio, is, īvi,

ītum, īre, «sapere»; per la precisione, si tratta della sostantivazione del

participio attivo sciens, entis: in latino pertanto scientĭa è il

sapere in quanto attivo, indica cioè l’atto stesso del conoscere

e non un deposito statico di conoscenze, come pure potrebbe dare a pensare il

nome scienza nelle lingue moderne.

«Ipso locutiōnis suae more» sono due complementi disposti a chiasmo:

«ipso» infatti è concordato con «more» e «locutiōnis» con «suae»118. «Ipso» è

l’aggettivo determinativo ipse, a, um: potrebbe essere dativo e ablativo

singolare maschile o neutro; qui è ablativo maschile in quanto concordato con

«more». «More» è l’ablativo singolare del sostantivo

maschile di terza declinazione mos, moris: significa

«costume, modo di comportarsi» proprio del singolo o

118 Il chiasmo è una figura retorica nella quale i quattro termini di due coppie sono disposti in modo

da formare una x (simbolo che nell’alfabeto greco corrisponde alla lettera chi, da cui il nome

chiasmo): A (ipso) B (locutiōnis)

Χ

B (suae) A (more).

analisi della parola e alcuni rilievi etimologici

scientĭa

etica e morale

Studio Critico della Lingua Latina

216

Roma 2013

della società; da questo nome deriva il termine filosofico morale, così come

dall’equivalente greco éthos viene etica119. Il sostantivo locutĭo, ōnis deriva dal

verbo deponente loquor, ěris, locūtus sum, loqui, «parlare». «Suae» sarebbe

potuto essere genitivo e dativo femminile singolare, oppure nominativo

femminile plurale; qui è genitivo singolare concordato con il femminile

«locutiōnis». È aggettivo possessivo di terza persona, omofono dell’italiano

suo. Come abbiamo già avuto modo di rilevare nella nona Lezione, però, a

differenza dell’italiano suo, suus, a, um può essere usato solo quando abbia

valore riflessivo120, quando cioè si riferisca al soggetto della proposizione alla

quale appartiene; qualora invece si riferisca a un termine diverso dal

soggetto, al posto di suus, a, um si ricorre al genitivo singolare eius, eius, eius o

plurale eōrum, eārum, eōrum del pronome determinativo is, ea, id. In italiano

dunque diciamo comunque «del suo modo di parlare»; in latino invece

abbiamo, nel nostro testo, «suae locutiōnis» in quanto «suae» si riferisce al

soggetto «Scriptūra»; se però «Scriptūra» non fosse stato il soggetto della

proposizione, allora anziché «suae lucutionis» avremmo avuto «eius locutiōnis»,

alla lettera, in italiano, «del modo di parlare di lei, di essa», della Scrittura

appunto.

«Transcendit» è l’indicativo presente del verbo transcendo, is, scendi,

scensum, ěre: è curioso che in italiano significhi non «scendere», ma al

contrario «oltrepassare, superare», in quanto è composto di trans, «aldilà» +

scando, is, scandi, scansum, ěre, che significa appunto «salire» e non

119 Si tratta di due termini spesso usati come sinonimi. In filosofia, Hegel per tutti distinse tra

morale, in riferimento al modo di comportarsi del singolo individuo, e etica, in relazione alle norme

di comportamento sociali storicamente determinate. 120 Inoltre suus, a, um è aggettivo possessivo di terza persona sia singolare che plurale, mentre in

italiano la terza persona plurale è loro e non suo.

Tredicesima Lezione

217

Roma

2013

«scendere»121. L’italiano scendere viene invece, per aferesi122, dal verbo

discendere, in latino descenděre, da de + scando, «salire, muoversi giù da». In

«eodemque» troviamo la congiunzione enclitica123 que, che incontrammo già al

termine del primo capoverso: «uno eodemque» sta quindi per «uno et eodem».

Infine degne di nota sono le etimologie di tre vocaboli: «sermōne»,

«prodit» e «mysterĭum». «Sermo, ōnis» è sostantivo che viene

dal verbo sero, is, serŭi, sertum, ěre, «intrecciare»: il sermone,

o discorso, è appunto l’arte di intrecciare bene le proposizioni tra di loro, così

da formare un bel tessuto di parole. «Prodit» è il presente indicativo del verbo

prodo, is, prodĭdi, dĭtum, ěre, composto di pro + dare124: alla lettera «dare davanti,

porgere», quindi «emettere», «produrre», ma anche, come nel nostro testo,

«esporre», «tramandare»125. «Mysterĭum» infine è il calco

latino del greco mystérion: l’etimologia greca è incerta; la più

probabile lo collega al verbo mýo, «chiudere, serrare, strizzare», detto in

particolare degli occhi: il mistero allude infatti a quella divina realtà per

vedere la quale occorre uno sforzo supplementare della vista, per mettere a

fuoco la quale cioè è necessario strizzare gli occhi, come sono soliti fare i

121 Come avviene spesso nei vocaboli composti, la vocale radicale del verbo subisce un’apofonia,

(che è un’alternanza di vocale o di quantità vocalica in parole derivate dalla stessa radice), cosicché

trans-scando diventa trans-scendo. 122 Aferesi, dal greco apháiresis, «sottrazione», indica la caduta di un suono o di un gruppo di suoni

all’inizio di una parola. 123 Ricordiamo che enclitica (dal greco enclíno, «inclinarsi sopra», quindi «appoggiarsi») è detta una

parola atona, ovvero priva di accento tonico, che nella pronuncia e nella grafia si appoggia alla

parola precedente. 124 Si noti anche in questo caso il fenomeno dell’apofonia, per cui prodāre diventa proděre. 125 Bella anche l’etimologia probabile di mandāre: dalla locuzione (insieme di due o più parole che

esprime un determinato concetto e costituisce un’unità lessicale autonoma) «in manus dare», «dare

nelle mani, affidare».

sermone

mistero

Studio Critico della Lingua Latina

218

Roma 2013

miopi (miopia viene appunto dal greco mýo + ops, opós, «strizzare la vista, gli

occhi»).

Nella prossima Lezione cominceremo la lettura e l'analisi della terza

parte dell'articŭlus decĭmus, nella quale Tommaso, presentando la propria

soluzione alla questione disputata, dimostrerà perché e in che senso, come

affermato già da Gregorio, la Sacra Scrittura sia interpretabile sempre a due

livelli: a livello letterale, come esposizione di un fatto storico, e a livello

spirituale, come introduzione al mistero della vita di Dio.

Tredicesima Lezione

219

Roma

2013

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Sed est contra …» e di «Sacra Scriptūra …»

Qual è lo schema seguito dagli articoli della Summa? In che senso il pronome relativo in latino è

sintatticamente più forte che nelle lingue moderne? Quali sono i tre significati che può avere la

congiunzione dum? Cosa si intende per ablativo strumentale? Cosa per

ablativo modale? Cosa per ablativo causale? Quando il participio è detto nominale? Da dove derivano i termini «morale» e «etica»?

In che senso il sostantivo scientĭa in latino ha un

significato più dinamico rispetto al’italiano «scienza»?

Qual è il significato etimologico del vocabolo latino sermo?

Qual è la più probabile etimologia del greco mystérion?

Studio Critico della Lingua Latina

220

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Sed est contra quod dicit Gregorĭus»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Sed = congiunzione

coordinativa avversativa

Quod (riferito a un

«id» sottinteso)

Est (predicato

verbale)

Sed est …

2 Dicit (predicato

verbale)

Quod dicit …

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Sed est … = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma avversativa

Sed (id) (quod dicit …) est …

2 Quod dicit …= proposizione attributiva di I grado

Tredicesima Lezione

221

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sed est contra quod dicit Gregorĭus»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Est (predicato verbale)

Id (sottinteso)

Sed = coordinativo avversativo

Dicit (predicato verbale)

Gregorĭus

Quod = complemento oggetto

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Contra = complemento di modo

Studio Critico della Lingua Latina

222

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Sed est contra quod dicit Gregorĭus»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Sed congiunzione coordinativa avversativa

Est verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, atematico, difettivo,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Contra avverbio di modo

Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a un «id» sottinteso,

accusativo

neutro singolare

Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

Gregorĭus sostantivo Gregorĭus, ĭi, II declinazione nominativo maschile singolare

Tredicesima Lezione

223

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque

sermōne, dum narrat gestum, prodit mysterĭum»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati (verbali o

nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui

è introdotta e il predicato verbale o nominale che la

caratterizza

1 Quia = congiunzione

subordinativa causale

Transcendit (predicato verbale) Transcendit

2 Dum = congiunzione

subordinativa temporale

Narrat (predicato verbale) Dum narrat …

3 Prodit (predicato verbale) Quia ... prodit

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Transcendit = proposizione reggente enunciativa

Transcendit

2 Quia ... prodit = proposizione complementare indiretta

causale di I grado

quia ... prodit ↔ dum narrat …

3 Dum narrat …= proposizione complementare indiretta

temporale di II grado

(il simbolo ↔ sta a indicare che tra le due proposizioni complementari

sussiste un rapporto di contemporaneità temporale)

Studio Critico della Lingua Latina

224

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno

eodemque sermōne, dum narrat gestum, prodit mysterĭum»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Transcendit (predicato

verbale)

Sacra Scriptūra (con

attributo)

Omnes scientĭas = complemento

oggetto (con attributo)

Narrat (predicato verbale)

Sacra Scriptūra

(sottinteso)

Gestum = complemento oggetto

Dum = subordinativo temporale

Prodit (predicato verbale)

Sacra Scriptūra

(sottinteso)

Mysterĭum = complemento

oggetto

Quia = subordinativo causale

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Ipso more = complemento di modo (con attributo)

Suae locutiōnis = complemento di specificazione del complemento

di modo (con un attributo)

Uno eodemque sermōne = complemento di mezzo (con

due attributi)

Tredicesima Lezione

225

Roma 2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque

sermōne, dum narrat gestum, prodit mysterĭum»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Sacra aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe concordato con «Scriptūra»,

nominativo

femminile singolare

Scriptūra sostantivo scriptūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Omnes aggettivo indefinito omnis, e, II classe a 2 uscite concordato con «scientĭas»,

accusativo

femminile plurale

Scientĭas sostantivo scientĭa, ae, I declinazione accusativo femminile plurale

Ipso aggettivo

determinativo

ipse, ipsa, ipsum concordato con «more», ablativo maschile singolare

Locutiōnis sostantivo locutĭo, ōnis, III declinazione in

nasale

genitivo femminile singolare

Suae aggettivo possessivo

riflessivo

suus, a, um, I classe concordato con «locutiōnis»,

genitivo

femminile III singolare

More sostantivo mos, moris, III declinazione ablativo maschile singolare

Transcendit verbo predicativo transcendo, is, scendi, scensum,

ĕre, transitivo attivo, III

coniugazione

indicativo presente III singolare

Studio Critico della Lingua Latina

226

Roma 2013

Quia congiunzione subordinativa causale

Uno aggettivo numerale

cardinale

unus, a, um, I classe,

pronominale

concordato con «sermōne»,

ablativo

maschile singolare

que congiunzione enclitica coordinativa copulativa

Eōdem aggettivo

determinativo

idem, eădem, idem concordato con «sermōne»,

ablativo

maschile singolare

Sermōne sostantivo sermo, ōnis, III declinazione in

nasale

ablativo maschile singolare

Dum congiunzione subordinativa temporale; dum +

indicativo presente = rapporto di

contemporaneità (mentre, nello

stesso tempo in cui)

Narrat verbo predicativo narro, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III singolare

Gestum verbo con valore di

sostantivo

gero, is, gessi, gestum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione, II declinazione

participio, accusativo passato, neutro singolare

Prodit verbo predicativo prodo, is, prodĭdi, prodĭtum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

Mysterĭum sostantivo mysterĭum, ĭi, II declinazione accusativo neutro singolare

Quattordicesima Lezione

Roma

2013

227

Quattordicesima Lezione

Ecco l’incĭpit del quinto capoverso dell’articŭlus decĭmus:

Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est ut

non solum voces ad significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res

ipsas.

Il medesimo testo, riscritto con costruzione italianizzata, è appena

differente:

Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus,

Rispondo che bisogna dire che l’autore della Sacra Scrittura è Dio,

in cuius potestāte est ut non solum accommŏdet voces ad significandum

nella cui potestà è che non solo adatti le parole per significare qualcosa

In questa Lezione impareremo: a distinguere tra proposizioni relative proprie e

improprie

a identificare le proposizioni infinitive a riconoscere l’uso della perifrastica passiva e del

dativo d’agente a tradurre la proposizione finale con ad + gerundio o

gerundivo a discernere tra i diversi significati che può assumere

la congiunzione subordinativa ut ad apprezzare l’etimologia di alcuni vocaboli e in

particolare di auctor

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

228

( quod etĭam homo potest facĕre), sed etĭam res ipsas.

(la qual cosa anche l’uomo può fare), ma anche le cose stesse.

«Respondeo dicendum quod» è la formula con la quale nella Summa

Tommaso, dopo aver presentato le argomentazioni pro («vidētur quod …

praeterĕa …») e contro («sed est contra …») una determinata tesi, introduce la

sezione dell'articolo in cui vengono presentate le

argomentazioni a favore della soluzione che egli

stesso propone, ovvero, nel nostro caso, quella secondo la quale il medesimo

testo della Sacra Scrittura possa avere fino a quattro sensi differenti. Ci

soffermeremo in seguito a spiegare il significato della dottrina proposta

dall'Aquinate. Per il momento, cominciamo subito con l'analisi del periodo del

testo appena trascritto.

Le congiunzioni sono tre: la subordinativa dichiarativa «quod», un’altra

subordinativa dichiarativa che incontriamo qui per

la prima volta, «ut», e la coordinativa avversativa

«sed». I pronomi relativi sono due: «cuius», riferito a «Deus», e «quod», un

neutro in cui è riassunto quanto affermato nella proposizione precedente

(ovvero la capacità di significare qualcosa attraverso le parole). I predicati

sono sei: i nominali «dicendum» e «est Deus» e i verbali «respondĕo», «est»,

«accommŏdet» e «facĕre potest».

Collegando congiunzioni e pronomi relativi ai predicati otteniamo sette

proposizioni. Iniziamo dagli accoppiamenti più manifesti. Anzitutto, i

pronomi relativi: «cuius» con «est» e «quod» con «facĕre potest». Quindi le

congiunzioni dichiarative: «quod» con «est Deus» e «ut» con «accommŏdet».

Altre due proposizioni, poste a inizio periodo, sono costituite solamente dai

«Respondĕo dicendum quod …»

analisi del periodo

Quattordicesima Lezione

229

Roma

2013

predicati: «respondĕo» e «dicendum». Resta un’ultima congiunzione, «sed», non

legata a nessun predicato: essa è infatti coordinata in forma avversativa alla

precedente «ut non solum … accommŏdet», cosicché il predicato «accommŏdet»,

per non essere ripetuto, rimane sottinteso.

La proposizione reggente è evidentemente «respondĕo». A essa è

direttamente subordinata la complementare «dicendum»: è una dichiarativa

oggettiva, in quanto costituisce il complemento oggetto di «respondĕo»,

dicendo che cosa san Tommaso risponde. A sua volta, anche «quod … est

Deus» è una complementare diretta dichiarativa, questa volta però soggettiva,

in quanto il fatto che l’autore della Sacra Scrittura sia Dio costituisce il

soggetto di «dicendum», ovvero ciò che deve essere detto. «In cuius potestāte

est» è la proposizione relativa, subordinata alla dichiarativa soggettiva. «Ut

non solum … accommŏdet» è una seconda dichiarativa soggettiva, subordinata

questa volta alla relativa: infatti è il soggetto di «est», poiché il fatto di

attribuire le parole alle cose per significarle è il potere comune a Dio e

uomini. Come già detto, «sed etĭam …» è proposizione ellittica: si contrappone

a «ut non solum …» e vi è sottinteso il predicato «accommŏdet»; nel potere di

Dio, argomenta Tommaso, è non solo di utilizzare le parole per significare le

cose, ma anche di utilizzare le cose stesse per significare altre cose: «sed etĭam

…» è quindi una dichiarativa soggettiva coordinata alla precedente

soggettiva in forma avversativa (oltre a «accommŏdet» vi è sottinteso quindi

anche un altro «ut»: nel potere di Dio è non solo che …, ma anche che …).

Un’ultima proposizione è l’attributiva «quod … facĕre potest», che, come già

detto, si riferisce alla precedente soggettiva, «ut non solum …», con essa

pertanto concordata a senso (a meno che si ipotizzi un pronome dimostrativo,

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

230

«id» o «hoc», sottinteso in quanto assorbito dal relativo «quod»). Si tratta

dunque di un periodo breve, ma composto da ben sette proposizioni,

subordinate le une alle altre fino al quinto grado! Alla fine del capitolo, nella

scheda di analisi del periodo compilata, viene riportato anche il relativo e

complesso diagramma di flusso.

Sul senso dell’argomentazione dell’Aquinate, come già detto, ci

soffermeremo nella prossima Lezione. Per il momento, vale la pena piuttosto

indugiare su alcune importanti osservazioni sintattiche. Il primo «est» ha

valore copulativo: infatti è unito al nome «Deus» e risponde alla domanda

«chi è l’autore della Sacra Scrittura?». Il secondo «est» al contrario è un

predicato verbale: non è unito né a un sostantivo né a un aggettivo e ha il

significato di «stare, risiedere» (tant’è che è accompagnato dal complemento

di stato in luogo «in potestāte»). La seconda proposizione attributiva ha invece

un predicato verbale composto da due verbi: ciò è dovuto al fatto che «potest»

è un modale, che aggiunge solo una sfumatura di significato al vero predicato

verbale, «facĕre». Questa seconda

proposizione attributiva, come già

rilevato, costituisce un autentico attributo

dell’intera proposizione alla quale si riferisce. Nella precedente attributiva

invece il pronome relativo è concordato con «Deus», ma esso stesso è un

complemento di specificazione del complemento di stato in luogo «in

potestāte», con il quale forma un tutt’uno: per questo motivo «in cuius potestāte

est» è una proposizione relativa che in verità non è un’attributiva, bensì una

complementare indiretta locativa. In simili casi, la proposizione relativa viene

definita impropria, in quanto non è un’attributiva, ossia una relativa vera e

proposizioni relative proprie e improprie

Quattordicesima Lezione

231

Roma

2013

propria, ma una complementare indiretta. Per la precisione, oltre che

locativa126, la proposizione relativa può svolgere la funzione di

complementare indiretta

1) finale: «La Sacra Scrittura esige un’interpretazione adeguata che

(=affinché essa) sia corretta»

2) consecutiva: «Tommaso costruisce argomentazioni che (= tali che)

siano inconfutabili»

3) causale: «Dio perdona costoro che (= poiché) hanno il cuore

contrito»

4) concessiva: «L’uomo, che conosce (=sebbene conosca) il bene,

compie il male»

5) ipotetica: «Il filosofo che (= se) avesse letto Tommaso, ne

rimarrebbe ammirato»

6) temporale: «Mi rivolgo a te che (= mentre) leggi».

Incontriamo infine due forme verbali caratterizzate dal suffisso -nd-

proprio del gerundio e del gerundivo: «dicendum» e «significandum». Le

considerazioni su questi due vocaboli sono un poco più complesse.

Come si ricorderà, il gerundio è un verbo con valore

di sostantivo, traduce l’infinito sostantivato italiano e ha

126 Per la verità, anche questa classificazione che stiamo presentando non è universalmente

condivisa. Ad esempio, Tantucci (Analisi logica, Poseidonia, Bologna 1997, p.203) non fa rientrare le

locative tra le relative improprie; non solo, ma trattando delle complementari indirette locative

(p.206), distingue tra queste («andremo dove ci sarà bisogno di noi») e le attributive introdotte da

un avverbio locativo che in realtà ha il valore di un pronome relativo che traduce un complemento

di luogo («Quarto è lo scoglio donde partirono i Mille», con «donde» = «dal quale»). A mio avviso,

invece, quasi ogni avverbio locativo può essere sostituito da un pronome relativo: così, proprio

nell'esempio riportato da Tantucci, «andremo dove ci sarà bisogno di noi» sta per «andremo nel

luogo in cui ci sarà bisogno di noi». Ciò mi sembra confermare che le relative possano avere anche

il valore di locative.

gerundio e gerundivo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

232

sempre significato attivo: «dicendum» e «significandum» andrebbero tradotti

allora con «il dire» e «il significare». Il gerundivo invece è un verbo con

valore di aggettivo, ha sempre significato passivo e in italiano si traduce con

l’infinito preceduto dalla preposizione da: «dicendum» e «significandum»

starebbero pertanto per «da dirsi» e «da essere significato». Morfologimante

in latino sono due forme verbali identiche: è possibile distinguere l’una

dall’altra solo alla luce del contesto. Nel nostro periodo, entrambi i vocaboli

hanno la desinenza um, propria o del nominativo neutro singolare o

dell’accusativo singolare (il gerundio infatti si declina come un sostantivo di

seconda declinazione e il gerundivo come un aggettivo di prima classe).

Siccome il gerundio si flette solamente al singolare, manca del nominativo e

all’accusativo si usa solo se preceduto dalla preposizione ad (infatti in latino

per tradurre il verbo sostantivato con valore di soggetto o complemento

oggetto si ricorre all’infinito e non al gerundio), di conseguenza «dicendum»

non può essere un gerundio. Sarà un gerundivo: ma con quale significato?

Con quale funzione logica?

Incontriamo qui per la prima volta una costruzione molto frequente

nella lingua latina: la cosiddetta infinitiva. Finora abbiamo visto le

proposizioni complementari dirette,

soggettive o oggettive, tradotte con la

congiunzione dichiarativa quod + l’indicativo o il congiuntivo: «vidētur quod

… non habĕat», «dicit quod … tradĭtur», «non convenĭens vidētur quod …

exponātur». Anche nel nostro periodo abbiamo «quod … est Deus» e «ut non

solum … accommŏdet, sed etĭam …». Ora, però, una proposizione

complementare diretta può essere espressa anche senza l’ausilio di alcuna

proposizioni infinitive

Quattordicesima Lezione

233

Roma

2013

congiunzione dichiarativa e con il predicato all’infinito (da qui la

denominazione di infinitive); la vera particolarità è che il soggetto (e

eventualmente anche il nome del predicato nominale) della complementare

non va al nominativo, ma all’accusativo: così «si dice che l’autore della Sacra

Scrittura sia Dio» diventerà «dicĭtur auctōrem Sacrae Scriptūrae Deum esse» (del

resto, anche in un italiano un po’ più ricercato sarebbe lecito dire: «si dice

l’autore della Sacra Scrittura essere Dio»).

«Dicendum» dunque è un’infinitiva: infatti è sottintesa la copula «esse» e

«dicendum» è gerundivo, ovvero aggettivo, nome del predicato nominale.

«Respondĕo dicendum esse» alla lettera andrebbe tradotto «rispondo essere da

dirsi», quindi «rispondo che bisogna dire». Il soggetto della complementare

diretta non c’è, perché il predicato è impersonale e il soggetto è costituito

dalla soggettiva seguente, «quod … est Deus»: proprio perché impersonale, il

nome del predicato nominale è declinato al neutro, con desinenza um

(«dicendum» quindi qui è accusativo neutro, anche se di per sé sarebbe potuto

essere anche nominativo neutro o accusativo maschile).

Il gerundivo latino, come pure l’infinito preceduto dalla preposizione da

in italiano, conferiscono al verbo una specifica sfumatura di significato: quella

di necessità. Così «dicendum» diventa «bisogna dire,

si deve dire, occorre dire, è necessario dire». In

particolare, in latino, per dare a un verbo l’idea di

dovere o necessità, si ricorre appunto al gerundivo in funzione di predicato

nominale in unione con la copula esse: è la cosiddetta perifrastica127 passiva. In

quanto passiva, è una costruzione che regge il complemento d’agente: esso 127 Perifrastica o perifrasi è un insieme di due o più parole che formano un unico costrutto, che

hanno cioè una medesima funzione sintattica.

perifrastica passiva e dativo d’agente

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

234

però, in via eccezionale, non va tradotto con a/ab + l’ablativo, bensì con il

dativo semplice, detto appunto dativo d’agente. Perciò ad esempio, «tu devi

leggere questo libro», in latino diventa «questo libro è da essere letto da te»,

«hic liber tibi legendus est».

«Significandum» è retto dalla preposizione «ad»: quindi è sicuramente

un accusativo singolare. Lo si può interpretare sia come un gerundio, e allora

va tradotto alla lettera con «per il

significare», sia come gerundivo

sottintendendo un pronome neutro con il quale concorderebbe, per esempio

«ad id significandum», e andrebbe tradotto «a ciò da essere significato, a ciò che

sia da significare». In entrambi i casi, il senso della proposizione non cambia

affatto (capacità comune a uomini e Dio è di utilizzare le parole per

significare le cose), cosicché è senz’altro preferibile la prima soluzione, perché

la più semplice128.

Abbiamo già avuto modo di rilevare che nel periodo che stiamo

esaminando viene utilizzato «ut» come congiunzione subordinativa

dichiarativa, con lo stesso significato di «quod». Poiché ut è congiunzione di

uso molto frequente in latino, vale la pena presentare brevemente i significati

che può assumere:

1) dichiarativo: che, il fatto che

2) temporale: quando, allorché

3) comparativo e modale: come

4) finale: affinché

128 In filologia, un simile criterio viene chiamato lectĭo facilĭor, «la lettura più facile»: quando la

tradizione manoscritta di un testo presenta diverse versioni di un medesimo passo, si adotta quella

più semplice e lineare, più facile appunto, da un punto di vista sia sintattico sia semantico.

ad + gerundio o gerundivo

la congiunzione subordinativa ut

Quattordicesima Lezione

235

Roma

2013

5) consecutivo: cosicché

6) concessivo: sebbene

Nei primi tre significati richiede di norma l’indicativo, negli ultimi tre

invece il congiuntivo. In tutti i casi è comunque una congiunzione

subordinativa. Qui, si diceva, ha valore dichiarativo, eppure regge il

congiuntivo («accommŏdet» infatti è della prima coniugazione, quella nella

quale la vocale tematica e è propria del congiuntivo presente): come mai?

Rispondere a questa domanda è possibile ricordando quando in latino si

utilizza il congiuntivo nelle subordinate:

1) con valore eventuale: per sottolineare

che quanto si sta dicendo è solo

un’eventualità, la quale non necessariamente si realizzerà

2) con valore obliquo: per avvertire che ciò che viene affermato è

soltanto un’opinione, la quale può essere anche errata

3) per attrazione modale, ovvero quando la proposizione dipenda

da un’altra il cui predicato sia al congiuntivo o all’infinito.

Nel nostro caso, non si dà attrazione modale: «accommŏdet» infatti

dipende da una proposizione con il predicato all’indicativo, «est». Quello che

Tommaso dice non è nemmeno considerato una mera opinione: è piuttosto

una verità da tutti riconosciuta. Dunque qui il congiuntivo ha valore

eventuale: Dio può utilizzare le parole per significare le cose, ma non è detto

che poi lo faccia realmente.

Dopo tutte queste digressioni, possiamo passare

all’analisi di ciascuna proposizione. Delle prime due non

c’è quasi nulla da dire: abbiamo rispettivamente un

congiuntivo nelle subordinate in latino

analisi della

proposizione

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

236

predicato verbale, «respondĕo», con soggetto sottinteso, «ego», e un predicato

nominale, «dicendum», senza soggetto perché il verbo è impersonale. Anche la

terza proposizione è molto semplice: predicato nominale, «Deus est»,

soggetto, «auctor», e complemento di specificazione del soggetto, «Sacrae

Scriptūrae». Abbiamo già superato le difficoltà che presenta la quarta

proposizione: «est» è un predicato verbale, privo di soggetto perché

impersonale; «in potestāte» è il complemento di stato in luogo accompagnato

dal complemento di specificazione «cuius». Anche i nodi delle ultime due

soggettive, coordinate fra loro in forma avversativa, sono stati sciolti: unico

predicato è «accommŏdet», con «Deus» soggetto sottinteso; «voces» e «res ipsas»

sono i complementi oggetto e «ad significandum» il complemento di fine (si

noti che nella traduzione italiana il complemento di fine diventa una

proposizione complementare indiretta finale: «per significare qualcosa», ossia

«affinché le parole significhino qualcosa», con «le parole» soggetto sottinteso,

«significare» predicato verbale e «qualcosa» complemento oggetto). L’unica

attributiva mostra una semplice costruzione diretta: soggetto, «homo»,

predicato verbale, «facĕre potest», complemento oggetto, «quod».

L’analisi della parola non dovrebbe ormai essere causa di alcuna

incertezza. Solo la declinazione di Deus presenta alcune particolarità: a suo

proposito, invitiamo a prendere visione della relativa tabella a fine volume,

nell’ottava Appendice. Concludiamo

pertanto con alcuni rilievi etimologici.

Accommŏdo è un verbo composto da ad + cum + modus, alla lettera «porre con

modo qualcosa rispetto a altro», quindi «adattare». Homo, mĭnis è sostantivo

collegato probabilmente a humus, «terra»: designa perciò l’uomo in quanto

alcuni rilievi etimologici

Quattordicesima Lezione

237

Roma

2013

«terrestre». Signifĭco è verbo composto da signum + facĕre, «fare, fungere da

segno», quindi «fare in modo che qualcosa rinvii a qualcos’altro»: vedremo

che proprio in questo specifico senso il vocabolo significāre assume un ruolo

centrale all’interno dell’argomentazione che Tommaso verrà sviluppando.

Qualche parola in più infine vale la pena spenderla per il sostantivo

auctor. Esso deriva dal verbo augĕo, es, auxi, auctum, ēre e

indica

1) colui che porta a pienezza qualcosa di già esistente,

2) accrescendola, dandole valore, rendendola viva, fornendole

durata,

3) cosicché l’auctor è al tempo stesso colui che fa una cosa nuova, la

quale non esisteva prima.

In effetti, autore è

1) colui che sa interpretare le nostre esperienze,

2) dando forma, senso e durata a ciò che viviamo,

3) conferendo così la freschezza della novità al vissuto di sempre.

È perciò, sempre secondo l’etimologia latina del termine, colui che

viene in nostro aiuto (auxilĭum deriva infatti sempre da augĕo), compiendo

un’opera sublime (augusta, aggettivo proveniente anch’esso da augĕo), per

eccellenza umana.

Nella prossima Lezione studieremo una costruzione tipica del latino, il

cosiddetto cum + l’ablativo, e cominceremo a comprendere il senso

dell’argomentazione formulata da Tommaso.

auctor, ōris

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

238

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Respondĕo

dicendum…»

Nella Summa cosa introduce la formula «respondĕo

dicendum quod …»? Quando una proposizione relativa è detta propria?

Perché in tal caso viene chiamata anche attributiva? Quando invece una proposizione relativa è detta

impropria? Quali funzioni essa può svolgere? Cos’è una proposizione infinitiva? Perché è chiamata

così? Cos’è la perifrastica passiva? Cosa il dativo

d’agente? Come si traduce solitamente la proposizione finale o

il complemento di fine in latino? Quali significati può assumere la congiunzione

subordinativa ut? In quali casi può essere utilizzato il congiuntivo nelle

proposizioni subordinate in latino?

Qual è l’etimologia di homo, di significāre e di

auctor?

Quattordicesima Lezione

Roma

2013

239

ANALISI DEL PERIODO: «Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est ut non solum voces ad

significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi relativi (e avverbi)

specificando il termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando

per ciascuna la congiunzione, il

pronome relativo o l’avverbio da cui

è introdotta e il predicato verbale o

nominale che la caratterizza

1 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Cuius (riferito a «Deus») Respondĕo (predicato verbale) Respondĕo

2 Ut = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Quod (riferito a «ut non solum ...»

ovvero a un «id» sottinteso)

Dicendum (esse) (predicato

nominale)

Dicendum (esse)

3 Sed = congiunzione

coordinativa avversativa

Est Deus (predicato nominale) Quod ... est Deus

4 Est (predicato verbale) In cuius potestāte est

5 Accommŏdet (predicato

verbale)

Ut non solum ... accommŏdet

6 Facĕre potest (predicato

verbale)

Quod ... facĕre potest

7 (Accommŏdet) (predicato

verbale)

Sed (ut) etĭam ... (accommŏdet)

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

240

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

Respondĕo

Dicendum

Quod … est Deus

In cuius potestāte est

Ut non solum voces … accommŏdet < > sed (ut) etĭam res ipsas (accommŏdet)

(Quod … facĕre potest)

1 Respondĕo = proposizione reggente enunciativa

2 Dicendum (esse) = proposizione complementare diretta

oggettiva infinitiva di I grado

3 Quod ... est Deus = proposizione complementare diretta

soggettiva di II grado

In cuius potestāte est = proposizione relativa impropria

complementare indiretta locativa di III grado

5 Ut non solum ... accommŏdet = proposizione

complementare diretta soggettiva di IV grado

6 Sed (ut) etĭam ... (accommŏdet) = proposizione

complementare diretta soggettiva di IV grado

coordinata alla precedente in forma avversativa

7 Quod ... facĕre potest = proposizione attributiva di V

grado

Quattordicesima Lezione

241

Roma

2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Respondĕo (predicato

verbale)

Ego (sottinteso)

Dicendum (esse) (predicato

nominale)

(impersonale)

Est Deus (predicato

nominale)

Auctor

Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

Est (predicato verbale)

(impersonale)

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Sacrae Scriptūrae = complemento di specificazione del

soggetto (con attributo)

In potestāte = complemento di stato in luogo

Cuius (riferito a «Deus») = complemento di specificazione del

complemento di stato in luogo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

242

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Ut non solum voces ad significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Accommŏdet (predicato verbale)

Deus (sottinteso)

Voces = complemento oggetto

Ut = congiunzione subordinativa

dichiarativa

Facĕre potest (predicato verbale

con verbo modale)

Homo

Quod (riferito alla precedente

soggettiva)= complemento oggetto

Accommŏdet (predicato verbale

sottinteso)

Deus (sottinteso)

Res ipsas = complemento oggetto

(con attributo)

Sed = congiunzione coordinativa

avversativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Ad significandum = complemento di fine

Quattordicesima Lezione

243

Roma

2013

ANALISI DELLA PAROLA: «Respondĕo dicendum quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in cuius potestāte est ut non solum voces ad

significandum accommŏdet (quod etĭam homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona (verbi)

Numero (verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Respondĕo verbo predicativo respondĕo, es, respondi,

responsum, -ēre, transitivo attivo,

II coniugazione

indicativo presente I singolare

Dicendum verbo con valore di

aggettivo

dico, is, dixi, dictum, -ĕre,

passivo, III coniugazione, I classe

gerundivo, accusativo neutro singolare

(Esse) verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, atematico, difettivo,

suppletivo

infinito presente

Quod congiunzione subordinativa dichiarativa

Auctor sostantivo auctor, ōris, III declinazione nominativo maschile singolare

Sacrae aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe concordato con «Scriptūrae»,

genitivo

femminile singolare

Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, atematico, difettivo,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Deus sostantivo Deus, i, II declinazione nominativo maschile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

244

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Cuius pronome relativo qui, quae, quod riferito a «Deus», genitivo maschile singolare

Potestāte sostantivo potestas, ātis, III declinazione in

dentale

ablativo femminile singolare

Est verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, atematico, difettivo,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Ut congiunzione subordinativa dichiarativa

Non avverbio di negazione

Solum avverbio di modo

Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in

gutturale

accusativo femminile plurale

Ad preposizione ad + accusativo = complemento

di fine

Significandum verbo con valore di

sostantivo

signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione, I

declinazione

gerundio, accusativo neutro singolare

Accommŏdet verbo predicativo accommŏdo, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

congiuntivo presente III singolare

Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a senso a «ut non solum

...» ovvero a un «id» o «hoc»

sottinteso, accusativo

neutro singolare

Etĭam congiunzione coordinativa copulativa

Homo sostantivo homo, mĭnis, III declinazione in

nasale

nominativo maschile singolare

Facĕre verbo predicativo facĭo, is, feci, factum, -ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

in –ĭo

infinito presente

Quattordicesima Lezione

245

Roma

2013 Potest verbo modaale possum, potes, potŭi, posse,

coniugazione propria, atematico,

difettivo, suppletivo

indicativo presente III singolare

Sed congiunzione coordinativa avversativa

Etĭam congiunzione coordinativa copulativa

Res sostantivo res, rei, V declinazione accusativo femminile plurale

Ipsas aggettivo

determinativo

ipse, ipsa, ipsum concordato con res, accusativo femminile plurale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

246

Quindicesima Lezione

Il nuovo periodo suona così:

Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet

proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per voces, etĭam

signifĭcant alĭquid.

Ecco quindi la costruzione italianizzata con la traduzione interlineare:

Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent,

E perciò, mentre in tutte le scienze le parole significano qualcosa,

ista scientĭa habet hoc proprĭum, quod ipsae res

codesta scienza ha questo di proprio, cioè il fatto che le stesse cose

In questa Lezione impareremo: ad apprezzare la dottrina del doppio triangolo semantico a definire cosa si intenda per natura prolettica e

epesegetica di un pronome o di una congiunzione a conoscere i significati della congiunzione cum quando

regge l'indicativo e quando regge il congiuntivo

a riflettere sulla natura coordinativa o subordinativa delle congiunzioni avversative

a riconoscere il participio nominale e quello attributivo a discernere tra l’uso verbale del participio come participio

congiunto e come ablativo assoluto a identificare il complemento di pertinenza e quello di

mezzo a valutare in che misura la parola «anche» possa essere

considerata una congiunzione e in quale misura invece un

avverbio

Quindicesima Lezione

Roma

2013

247

significātae per voces, signifĭcant etĭam alĭquid.

significate attraverso le parole, significano anche qualcosa.

Tommaso stabilisce un confronto tra la teologia, alla quale egli

attribuisce lo statuto di scienza, e le altre scienze:

mentre queste ultime utilizzano un linguaggio nel

quale le parole significano qualche cosa, la teologia

invece si serve della Sacra Scrittura, cosicché oltre a usare le parole per dire

qualche cosa, può fare ricorso alle cose stesse per significare altre cose ancora.

Per apprezzare appieno l'argomentazione dell’Aquinate occorre comprendere

meglio come funziona il linguaggio.

La lingua è un sistema di segni: essa cioè per natura adopera qualcosa,

le parole, per riferirsi ad altro, gli oggetti. Così, se dico «penna», questo

suono, le sillabe «pen-na», rinviano a un determinato oggetto sul mio tavolo.

Ora, però, il problema è il seguente: cosa rende possibile la connessione tra la

le sillabe «pen-na», che la linguistica contemporanea chiama significanti, e

l'oggetto «penna», il quale viene definito referente, cioè ciò appunto a cui il

significante fa riferimento? In altre parole, come è possibile che quando io

dico «penna», voi capiate cosa intendo? Se non si

riesce a rispondere a questa domanda, se non si riesce

a giustificare quindi la capacità del linguaggio di significare le cose in modo

che chi ascolta o legga comprenda, si cade nello spettro dell'incomunicabilità,

nella solitudine irrelata del solipsismo. Già ai tempi di Platone, la soluzione a

una simile questione si era cristallizzata in due posizioni opposte, entrambe

aporetiche:

l’argomentazione di Tommaso

lo spettro della incomunicabilità

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

248

1) quella secondo la quale le parole significano per sé stesse, per

natura, le cose: ma allora non si capisce perché

esistano una pluralità di lingue, e soprattutto si

finisce con il fare del linguaggio, da una parte, il

deposito statico della verità, anziché lo strumento di ricerca e di

produzione di essa, e dall’altra un inutile doppione delle cose;

2) quella secondo la quale ciascuno attribuisce arbitrariamente alle

cose i nomi che vuole: ma allora non sarebbe più possibile

comprendersi e comunicare perché, secondo un noto esempio

apportato da Socrate nel Cratilo (385a), quando io dico «cavallo»

tu potresti intendere «uomo», e viceversa.

L'errore, come già Platone riconobbe con lucidità, consiste nel fatto di

pensare il linguaggio come rapporto

immediato tra nome e cosa, non importa poi

se dando il primato all'arbitrarietà dei nomi o

alla natura invariabile delle cose. Ora, invece, i nomi sono capaci di riferirsi

alle cose non immediatamente, bensì grazie alla mediazione di un terzo: il

significato. Il linguaggio funziona reggendosi su quello che gli stoici

avrebbero identificato come il triangolo semantico: i

vertici alla base sono costituiti dal significante e dal

referente; questi due vertici però sono collegati

tra di loro grazie al vertice opposto alla base,

che è appunto il significato. In altri termini,

quando pronuncio la parola «penna», voi

comprendete cosa intendo dire perché

naturalismo e convenzionalismo

il triangolo semantico

significante

significato

referente

Quindicesima Lezione

Roma

2013

249

condividiamo il medesimo significato che attribuiamo sia alle sillabe «pen-

na» sia a quell'oggetto sul tavolo. Condizione di possibilità, dýnamis del

linguaggio, è il mondo di significati socialmente condiviso e stabilito: Platone

lo chiama éthos, Wittgenstein Lebensform.

Tommaso sa bene tutto ciò. Nella sua argomentazione egli fa uso dei

termini con un significato tecnico preciso. Per questo, come vedremo, ripete

sempre gli stessi, al fine di risultare il più chiaro

possibile: sceglie di adottare un linguaggio

scientificamente univoco, anche a rischio di perdere

in qualità letteraria. Vox è il vocabolo utilizzato per dire «parola, nome,

significante». Res dice invece «la cosa, il fatto, il referente». Infine

significāre/significāta è il mondo di significati: il vertice opposto alla base che

rappresenta la mediazione immediata tra vox e res, e permette alla prima di

fungere da segno, signum facĕre, della seconda.

Ebbene, lo specifico della Sacra Scrittura è di poter utilizzare le stesse

res, ossia le cose e i fatti significati dalle voces,

dalle parole, come significanti di altre res. Si

viene a creare così quello che potremmo

definire un doppio triangolo semantico:

1) nel primo, una vox significa una res: per esempio, l'espressione

«sacrificio di Isacco» rinvia a quel determinato episodio

raccontato nel libro della Genesi;

2) nel secondo, lo stesso episodio storico diventa segno, vox,

significante che rinvia a un’altra res: nell’esempio precedente, il

res significātae

per voces

il doppio triangolo semantico

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

250

sacrificio di Isacco stesso si fa segno del sacrificio del Figlio di Dio

compiuto in Gesù.

In questo senso, una medesima parola nella Sacra Scrittura può avere

due significati: il primo, storico o letterale (il primo triangolo semantico); il

secondo, spirituale (il secondo

triangolo semantico). Poiché

poi il senso spirituale può

assumere la forma di tre significati distinti, in tutto nella Bibbia una sola

lettera può arrivare ad avere fino a quattro sensi. È questa la dottrina che

Tommaso sviluppa in questo capoverso e nel seguente. Nelle prossime

Lezioni dovremo solo render conto in maniera più puntuale della distinzione

dell'unico senso spirituale in tre significati diversi. Per il momento tuttavia

possiamo passare senz'altro all'analisi del periodo che abbiamo trascritto

all’inizio.

la dottrina dei quattro sensi della Sacra Scrittura

significato letterale

significato spirituale

significante referente/significante referente

Quindicesima Lezione

Roma

2013

251

Le congiunzioni sono quattro: la coordinativa copulativa «et»; la

coordinativa esplicativa «idĕo»; la subordinativa

avversativa «cum»; la subordinativa dichiarativa

«quod». «Idĕo» è una congiunzione frutto della fusione

di «id eo», alla lettera «ciò per ciò» (eo infatti è l’ablativo singolare neutro, con

valore causale, di id); del resto, anche l'italiano «perciò» in origine era il

complemento di causa «per ciò». «Quod» è una congiunzione che conosciamo

bene; qui tuttavia al significato dichiarativo oggettivo si aggiunge una

sfumatura epesegetica (dal greco epexéghesis,

«spiegazione in più, supplementare»): serve infatti a

esplicitare il significato del complemento oggetto, il pronome dimostrativo

«hoc», il quale, proprio in quanto allude a qualcosa che deve essere ancora

detto («ha questo di proprio»: che cosa?), viene definito prolettico (dal greco

proleptikós, «che anticipa»). Infine «cum»: si tratta di un vocabolo spesso usato

con il valore di preposizione che regge l'ablativo, equivalente all'italiano

«con»; qui invece è utilizzato come congiunzione. Sull'uso di cum come

congiunzione occorre spendere alcune parole.

In unione con l'indicativo, ha valore temporale, con diverse sfumature

di significato: un generico «quando», un «quand'ecco» per introdurre un fatto

nuovo o contrapposto, un iterativo «ogni

volta che», un simultaneo «e intanto».

Seguito dal congiuntivo (il cosiddetto cum e il

congiuntivo), è utilizzato invece per narrare eventi passati (per questo viene

detto cum narrativo o storico): può allora avere valore temporale, «quando»,

prolessi e epesegesi

significati della congiunzione cum

analisi del periodo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

252

causale, «poiché», concessivo, «sebbene», o, come nel nostro caso,

avversativo, «mentre»129.

Finora abbiamo considerato le avversative come proposizioni

coordinate. Ciò è giustificato dal fatto che l’avversativa è un tipo di

congiunzione coordinativa, semanticamente opposta alla copulativa. Una

simile interpretazione è

confermata dal fatto che una

proposizione

complementare introdotta da una congiunzione avversativa sottintende la

congiunzione subordinativa della proposizione alla quale si contrappone;

proprio nel periodo precedente ne abbiamo avuto una riprova: «ut non solum

accomŏdet …, sed (ut) etĭam (accommŏdet)». Se invece l’avversativa si

contrappone a una reggente, allora l’abbiamo interpretata come coordinata

alla precedente reggente in forma avversativa: così si ricorderà forse che nel

primo capoverso «Sacra autem Scriptūra debet esse effĭcax …» l'abbiamo

qualificata una proposizione reggente enunciativa coordinata in forma

avversativa al periodo precedente. Ora, però, nel testo che stiamo

analizzando «cum … signifĭcent» si oppone alla reggente «et idĕo … habet», ma

è complementare: dunque in questo caso la congiunzione avversativa è

subordinativa e non coordinativa? In effetti sì, ma perché cum è una

congiunzione subordinativa originariamente temporale, con una sfumatura

129 Agli studenti italiani in genere si consiglia di tradurre il cum e il congiuntivo con un gerundio

(nel nostro caso, «significando le parole in tutte le scienze qualcosa»), che poi si può scegliere di

rendere in forma esplicita con una proposizione temporale, causale, concessiva o avversativa. In

effetti, a differenza del gerundio latino, che è un nome verbale, il gerundio italiano è un verbo

predicativo implicito.

l’avversativa: una congiunzione subordinativa o coordinativa?

Quindicesima Lezione

Roma

2013

253

di significato avversativa: «codesta scienza ha questo di proprio, nello stesso

tempo in cui al contrario …».

Le congiunzioni dunque sono quattro. Pronomi relativi non ce ne sono.

I predicati invece sono «signifĭcent», «habet», «significātae», «signifĭcant», tutti

verbali. Abbiamo pertanto quattro proposizioni: la reggente, «et idĕo …

habet», la complementare diretta oggettiva epesegetica di primo grado, «quod

… signifĭcant», la complementare indiretta avversativa di primo grado, «cum

… signifĭcent» (non cambia nulla se la si intende di secondo grado, come

subordinata all’oggettiva, dal momento che quest’ultima, rappresentando il

complemento oggetto della reggente, fa tutt’uno con essa). Resta

«significātae»; è un participio: che valore ha?

Il participio, come suggerisce il nome stesso, è un verbo che partecipa

della natura dei nomi: come un verbo, ha un tempo, presente, passato o

futuro, e una diatesi, attiva o passiva; come un nome, si declina secondo il

modello degli aggettivi di prima classe (participi futuri, attivi, e passati,

passivi) o di seconda classe (participi presenti, attivi). Nella tredicesima

Lezione, abbiamo avuto modo di

presentare il participio nominale: viene

chiamato così quando svolge la funzione di sostantivo o di aggettivo, la qual

cosa accade spesso anche nelle lingue moderne (ad esempio, «lo studente»,

participio presente di «studiare», o «interessante», participio presente di

«interessare»). In San Tommaso abbiamo incontrato sia un participio con

valore di sostantivo, «dum narrat gestum», «mentre narra un fatto», sia un

participio con valore di aggettivo, «non igĭtur vidētur convenĭens», «non

sembra dunque conveniente».

il participio nominale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

254

In latino però il participio viene sovente utilizzato come un verbo, con

valore dunque verbale o predicativo. Viene definito congiunto il participio che

abbia valore predicativo e sia

concordato, congiunto appunto, con un

termine della proposizione dalla quale

dipende: il participio congiunto può avere valore temporale («quando»),

causale («poiché»), concessivo («sebbene»), condizionale («se»), finale

(«affinché»). Ablativo assoluto invece è il nome che viene dato al participio con

valore predicativo che però non sia concordato con nessun altro termine del

periodo al quale appartiene (per questo viene detto assoluto, dal latino

«absolutūm», ovvero sintatticamente «sciolto» dal contesto in cui è inserito):

l'altra particolarità sintattica è che sia il soggetto sia il participio stesso vanno

in caso ablativo (da qui ovviamente la denominazione di ablativo assoluto). Per

il resto, il participio in ablativo assoluto va tradotto come il participio

congiunto130.

Torniamo al nostro «significātae». È un participio passato concordato

con «res»: pertanto non può essere un ablativo assoluto. Non si tratta

nemmeno di un participio congiunto: infatti non si presta a essere tradotto in

forma temporale, causale, concessiva,

condizionale o finale, o più

semplicemente non si lascia tradurre in italiano con un gerundio. Ha senso

piuttosto come aggettivo di «res»: «le cose significate». Ora, però, è anche

130 Anche per il participio predicativo, congiunto o in ablativo assoluto che sia, vale quanto detto

per il cum e il congiuntivo: in italiano, in prima approssimazione, lo si può tradurre con un

gerundio, semplice se il participio è presente, composto se il participio è passato, per poi valutare

se esplicitarlo in forma temporale, causale, concessiva, condizionale o finale.

il participio congiunto e l’ablativo assoluto

il participio attributivo

Quindicesima Lezione

Roma

2013

255

vero che «significātae» regge a sua volta un complemento: «per voces»,

«attraverso le parole». Non solo, ma il participio si traduce altrettanto bene,

se non meglio, con una proposizione attributiva, anziché con un semplice

aggettivo: «le cose che sono state significate». In effetti, tutti i participi con

valore di aggettivo possono essere tradotti anche con una proposizione

relativa, che non a caso viene chiamata attributiva. Per chiarezza

terminologica, d'ora in avanti chiameremo allora nominali i participi che

svolgano la funzione di sostantivo o di aggettivo, e attributivi quelli con

valore di aggettivo che però reggano almeno un complemento, così da

costituire, come nel nostro caso, una proposizione attributiva a sé.

L'analisi delle proposizioni a questo punto non dovrebbe opporre

difficoltà. La reggente presenta una

costruzione diretta: soggetto, «ista scientĭa»,

predicato, «habet», complemento oggetto,

«hoc proprĭum». Da notare che in latino «proprĭum» è attributo di «hoc», invece

in italiano il pronome «questo» regge il

complemento di pertinenza, «di proprio»131. La

complementare introdotta da «cum» ha il verbo al

congiuntivo, con valore eventuale: «mentre in tutte le scienze le parole

possono eventualmente significare qualcosa». In italiano, il predicato

«significano» non può stare da solo, ma deve reggere il complemento oggetto

131 Il complemento di pertinenza serve a definire a chi o a cosa attiene, inerisce, chi o cosa riguarda

ciò cui il complemento si riferisce. In italiano spesso è introdotto dall'aggettivo «proprio»: ad

esempio, «è proprio di Agostino scrivere bene»; in latino di solito si usa il genitivo di pertinenza

senza bisogno che venga preceduto dall'aggettivo proprĭum: «est Augustīni bene scribĕre». È curioso

che qui troviamo invece una situazione inversa: in latino si usa l'aggettivo «proprĭum» come

attributo del pronome dimostrativo «hoc», mentre in italiano si ha il complemento di pertinenza,

«di proprio».

analisi delle proposizioni

complemento di pertinenza

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

256

«qualcosa»; in latino, invece, Tommaso utilizza «signifĭcent» senza

complemento diretto: termine tecnico che indica il vertice opposto alla base

del triangolo semantico, da solo sta per «le parole fungono da segno».

Nell'oggettiva invece l’Aquinate cambia costruzione e scrive «signifĭcant

alĭquid». Nell’attributiva infine il soggetto è il vocabolo con il quale il

participio è concordato, «res»; il complemento oggetto non c'è, perché il

participio passato è passivo; c'è un solo complemento indiretto, «per voces»: la

preposizione «per» sottolinea la natura strumentale del complemento132, che

sarebbe potuto essere espresso anche con un ablativo semplice, «vocĭbus», più

equivoco però, perché avrebbe portato con

sé anche una sfumatura modale.

Per l'analisi della parola, si può rimandare alla scheda a fine capitolo.

Qui spendiamo poche parole solo per valutare la natura di «anche»: è una

congiunzione o un avverbio? Alcuni dizionari la interpretano come avverbio

rafforzativo, in quanto in effetti

rafforza un vocabolo all'interno di

una proposizione: nel nostro caso,

«significano anche qualcosa». Altri come congiunzione, perché spesso

introduce una proposizione: ad esempio, «anche leggendo molto, …»,

proposizione complementare indiretta concessiva. La natura equivoca di

questa parola è confermata dal latino etĭam, composto dalla congiunzione et +

l’avverbio iam, alla lettera «e già». In effetti, si tratta di un caso limite; noi la

qualificheremo di preferenza quale congiunzione coordinativa copulativa,

132 Si noti che per, sempre con l'accusativo, introduce anche il complemento di moto per luogo: in

effetti, come si percorre un tragitto per giungere a una meta, così in maniera del tutto analoga si

usa uno strumento per ottenere un fine.

anche: congiunzione o avverbio?

complemento di mezzo

Quindicesima Lezione

Roma

2013

257

sebbene riconosciamo legittimo classificarla anche come avverbio

rafforzativo. Nel testo che stiamo esaminando non l'abbiamo comunque

compresa tra le congiunzioni influenti per l'analisi del periodo, perché non

introduce una proposizione; la sua funzione semantica è piuttosto di

affermare che nella Sacra Scrittura sia le parole significano qualcosa sia questo

qualcosa a sua volta significa qualcos'altro.

Nella prossima Lezione potremo procedere più velocemente e

concludere la lettura del quinto capoverso.

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Et idĕo …»

Cosa si intende con l'espressione «spettro dell'incomunicabilità»?

Qual è il significato tecnico con il quale Tommaso

nell'articŭlus decĭmus utilizza i termini «vox»,

«res» e «significāre»?

In che senso il significato è la dýnamis del

linguaggio? Cos’è il doppio triangolo semantico nella dottrina

dei quattro sensi della Sacra Scrittura dell'Aquinate?

Quando un pronome o una congiunzione hanno valore prolettico? Quando epesegetico?

Quali significati ha la congiunzione cum quando regge l'indicativo? Quali quando regge il congiuntivo?

In che senso le avversative possono essere interpretate sempre come congiunzioni coordinative?

Cosa si intende per participio nominale? Cosa per participio attributivo?

Quando un participio si dice congiunto? Cosa è invece il cosiddetto ablativo assoluto?

Cos’è il complemento di pertinenza? Cosa il complemento di mezzo?

In che senso la parola «anche» può essere interpretata sia come congiunzione sia come avverbio?

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

258

ANALISI DEL PERIODO: «Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per

voces, etĭam signifĭcant alĭquid»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza

1 Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Signifĭcent (predicato

verbale)

Et idĕo ... habet

2 Idĕo = congiunzione copulativa

esplicativa

Habet (predicato

verbale)

Cum … signifĭcent

3 Cum = congiunzione

subordinativa avversativa

Significātae

(predicato verbale)

Quod … signifĭcant

4 Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

epesegetica

Signifĭcant (predicato

verbale)

Significātae

Elencare in ordine degradante le proposizioni reggenti e

complementari, indicando per ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

Et idĕo … habet hoc proprĭum

Quod ipsae res (significātae) … signifĭcant ‹› cum … signifĭcent

1 Et idĕo … habet = proposizione reggente enunciativa coordinata al

periodo precedente in forma copulativa e esplicativa

2 Quod … signifĭcant = proposizione complementare diretta

oggettiva epesegetica di I grado

3 Significātae = proposizione attributiva implicita di II grado

4 Cum … signifĭcent = proposizione complementare indiretta

avversativa di II grado (o anche di I)

Quindicesima Lezione

Roma

2013

259

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Signifĭcent (predicato

verbale)

Voces

Cum = congiunzione

subordinativa avversativa

Habet (predicato verbale)

Ista scientĭa (con attributo)

Hoc proprĭum = complemento

oggetto (con attributo)

Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Idĕo = congiunzione

coordinativa esplicativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

In omnĭbus scientĭis = complemento di stato in luogo con

attributo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

260

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Quod ipsae res significātae per voces, etĭam signifĭcant alĭquid»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Significātae (predicato

verbale)

Ipsae res (concordato con)

Signifĭcant (predicato

verbale)

Ipsae res (con attributo)

Alĭquid= complemento oggetto

Quod = congiunzione

subordinativa dichiarativa

epesegetica

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Per voces = complemento di mezzo

Quindicesima Lezione

Roma

2013

261

ANALISI DELLA PAROLA: «Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per

voces, etĭam signifĭcant alĭquid»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo, aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione, preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi,

aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi, sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Et congiunzione coordinativa copulativa

Idĕo congiunzione coordinativa esplicativa

Cum congiunzione subordinativa avversativa

(+ congiuntivo)

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Omnĭbus aggettivo indefinito omnis, omne, II classe a 2 uscite concordato con

«scientĭis», ablativo

femminile plurale

Scientĭis sostantivo scientĭa, ae, I declinazione ablativo femminile plurale

Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in

gutturale

nominativo femminile plurale

Signifĭcent verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

congiuntivo presente III plurale

Hoc pronome dimostrativo hic, haec, hoc accusativo neutro singolare

Habet verbo predicativo habĕo, es, habŭi, habĭtum, habēre,

transitivo attivo, II coniugazione

indicativo presente III singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

262

Proprĭum aggettivo qualificativo proprĭus, a, um, I classe concordato con «hoc»,

accusativo

neutro singolare

Ista aggettivo dimostrativo iste, ista, istud concordato con

«scientĭa», nominativo

femminile singolare

scientĭa sostantivo scientĭa, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Quod congiunzione subordinativa dichiarativa

epesegetica

Ipsae aggettivo determinativo ipse, ipsa, ipsum concordato con «res»,

nominativo

femminile plurale

Res sostantivo res, rei, V declinazione nominativo femminile plurale

Significātae verbo con valore di attributo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo passivo, I coniugazione,

I classe

participio, concordato

con «res», nominativo

passato,

femminile

plurale

Per preposizione per + accusativo = complemento

di mezzo

Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in

gutturale

accusativo femminile plurale

Etĭam congiunzione coordinativa copulativa

Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III plurale

Alĭquid pronome indefinito alĭquis, alĭquid accusativo neutro singolare

Roma

2013

263

Sedicesima Lezione

Il nuovo periodo suona:

Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad

primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis.

La costruzione italianizzata richiede un solo spostamento appena:

Illa prima significatĭo ergo, qua voces signifĭcant res,

Quel primo significato dunque, con il quale le parole significano le cose,

pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis.

attiene al primo senso, che è il senso storico o letterale.

La congiunzione è solo una: la coordinativa conclusiva «ergo». I

pronomi relativi sono due: «qua», riferito a

«significatĭo», e «qui», concordato con «sensum».

Proprio come ci si aspetterebbe, i predicati sono tre: «signifĭcant», «pertĭnet» e

In questa Lezione impareremo:

la costruzione di pertinĕo con ad + l'accusativo

a conoscere i possibili significati degli avverbi latini

vero e itěrum a distinguere nel significato i pronomi indefiniti

alter, ěra, ěrum e alĭus, a, ud ad apprezzare alcuni rilievi etimologici

a discernere tra senso letterale e spirituale

analisi del periodo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

264

il nominale «est sensus». Siccome i relativi non sono collocati a inizio frase,

introducono due subordinate. La reggente pertanto è sicuramente «ergo …

pertĭnet», coordinata al periodo precedente in forma conclusiva. «Qui est

sensus …» è un’attributiva di primo grado: infatti risponde alla domanda «che

cos'è, qual è il primo senso?». Invece «qua … signifĭcant» non è un’attributiva,

dal momento che non spiega «chi» o «che cosa» o «quale» sia il primo

significato; del resto, «qua» è in caso ablativo: quale complemento traduce?

Alla luce di quanto detto nella tredicesima Lezione, l'ablativo semplice

qui di per sé potrebbe avere valore strumentale (il «significato» infatti non è

senz'altro una persona) o causale

(interpretando il «significato» come una causa

interna); non modale invece, perché «qua» non

è accompagnato da un aggettivo. Il «significato» però, piuttosto che la causa,

è semmai il mezzo attraverso il quale le parole sono in grado di rinviare alle

cose: perciò «qua» è sicuramente un ablativo strumentale. Conseguentemente,

«qua … signifĭcant» è una proposizione relativa impropria, complementare

indiretta strumentale di primo grado.

L'analisi delle due proposizioni relative è molto semplice. L’attributiva

è formata solo da soggetto, «qui», e predicato nominale, «est sensus …». La

strumentale ha soggetto, «voces», predicato verbale,

«signifĭcant», complemento oggetto, «res», e

complemento di mezzo, «qua». La reggente, oltre al

soggetto, «illa prima significatĭo», è costituita da un predicato verbale,

«pertĭnet», che regge un complemento indiretto, «ad primum sensum»: in

italiano, esso è un complemento di termine, «al primo senso»; in latino invece

ablativo semplice

analisi delle proposizioni

Sedicesima Lezione

Roma

2013

265

è un complemento di moto a luogo, «ad primum sensum». Come mai? Si è

soliti dire che alcuni verbi latini abbiano una

determinata costruzione: per esempio, pertinĕo

regge ad + l'accusativo. Questa regola pratica è

esatta, tuttavia ha alle sue spalle una motivazione storica che la legittima. Il

verbo tenēre, da cui deriva pertinēre, in origine era un verbo di movimento

(quindi intransitivo), usato per designare il «giungere», l'«arrivare»,

l’«approdare» di una nave. Anche pertinēre conserva il significato concreto di

«tendere verso» (il prefisso per- conferisce a tenēre un aspetto durativo:

l’azione è intesa come continuata), da cui il figurato «attendere a, occuparsi

di»; l'originario significato di movimento spiega pertanto perché pertinĕo

regga un complemento di moto a luogo, che nell’accezione di «attendere a»

sarà ovviamente da intendersi anch’esso in senso figurato.

Poiché l'analisi della parola non presenta nulla di significativo,

possiamo passare senz'altro ad considerare il periodo successivo:

Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas

signifĭcant, dicĭtur sensus spirituālis; qui super litterālem fundātur, et eum

suppōnit.

Ecco il medesimo testo con costruzione italianizzata e traduzione

interlineare:

Illa significatĭo vero qua res significātae per

Quel significato invece con il quale le cose significate attraverso

pertinĕo con

ad + l’accusativo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

266

voces, itĕrum signifĭcant alĭas res, dicĭtur sensus spirituālis;

le parole, a loro volta significano altre cose, è detto senso spirituale;

qui fundātur super litterālem, et eum suppōnit.

il quale è fondato sopra il letterale, e lo suppone.

Questo periodo è un po' più complesso. Abbiamo due congiunzioni

coordinative: l’avversativa «vero» e la copulativa «et». Anche i pronomi

relativi sono due: «qua», riferito a «significatĭo», e

«qui», concordato con «sensus spirituālis». I

predicati sono cinque, tutti i verbali: «significātae», «signifĭcant», «dicĭtur»,

«fundātur» e «suppōnit». Per individuare le proposizioni, come al solito

cominciamo dal collegare i pronomi relativi ai rispettivi predicati: «qui …

fundātur» è evidente; «qua» invece a cosa va collegato?

La difficoltà è dovuta alla presenza di «significātae»: è il medesimo

participio attributivo incontrato nella scorsa Lezione; è concordato con «res»,

ma non può essere introdotto da «qua»: infatti il participio attributivo traduce

una proposizione relativa senza ricorrere all’uso di alcun pronome relativo.

L'attributiva «significātae per

voces» è pertanto inclusa nella

relativa «qua … signifĭcant»,

ovvero idealmente racchiusa al suo interno tra due virgole o parentesi.

Quest'ultima, come era avvenuto già nel precedente periodo, è una relativa

impropria, complementare indiretta strumentale di primo grado, in quanto

introdotta dall'ablativo di mezzo «qua». È palese che la congiunzione «et»

analisi del periodo

participio attributivo incluso nella relativa impropria

Sedicesima Lezione

Roma

2013

267

vada unita a «suppōnit» e che la coordinazione in forma copulativa sia

rispetto alla relativa «qui … fundātur»: quindi anche «et … suppōnit» è

un’attributiva di primo grado coordinata in forma copulativa alla precedente

attributiva. L'ultima proposizione rimanente sarà necessariamente la

reggente, enunciativa, coordinata al periodo precedente in forma avversativa:

«vero … dicĭtur».

Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni, l'unica nota degna di

rilievo è il complemento predicativo del

soggetto «sensus spiritualis»: esso si

riferisce al soggetto «illa prima significatĭo»

e va a completare il significato del predicato verbale «dicĭtur», uno dei

cosiddetti verbi appellativi, che al passivo reggono appunto il predicativo del

soggetto; in latino, si ha il cosiddetto doppio nominativo: l'uno del soggetto e

l'altro del complemento predicativo. Concludiamo con alcune osservazioni

relative all'analisi della parola e con un paio di rilievi etimologici.

La congiunzione coordinativa «vero» non va confusa con l’aggettivo

italiano «vero», sebbene effettivamente derivi da verus, a, um: alla lettera, «in

verità», sia in senso affermativo, «certamente»,

sia, come nel nostro testo, in senso avversativo,

«ma» (proprio come accade, del resto, anche in italiano con la congiunzione

«invero»). «Itĕrum» è un avverbio appunto iterativo, che cioè esprime

ripetizione133, «di nuovo», a volte, come nel nostro caso, con sfumatura anche

avversativa, «dall'altra parte, di contro». Alĭus, a, ud è un aggettivo di prima

classe pronominale indefinito (anche la desinenza neutra ud è tipica di alcuni 133 In latino, «ripetizione» si dice iteratĭo e «ripetere» iterāre. Itĕrum non ha invece nessun legame

etimologico con iter, itinĕris, «cammino, via», da cui l'italiano «itinerario».

complemento predicativo del soggetto

alcuni rilievi etimologici

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

268

pronomi): significa «altro (fra molti)», di contro a alter, tĕra, tĕrum (anch'esso

aggettivo di prima classe pronominale), «un altro (fra due)». Le ultime due

proposizioni relative, coordinate fra loro in forma cupolativa, sono costruite

su un gioco di parole. Infatti «super litterālem fundātur» significa «ha come

fondamento il senso letterale», «eum suppōnit» invece «pone il senso letterale

sotto di sé» (supponĕre viene infatti da sub + ponĕre, «porre sotto»):

evidentemente «avere qualcosa come il proprio fondamento» è la stessa cosa

che dire «averlo sotto di sé».

Come avevamo anticipato, Tommaso nella sua argomentazione ripete

fino alla monotonia sempre gli stessi tre termini tecnici: vox, due volte negli

ultimi due periodi appena analizzati, res, tre volte,

significāre o significatĭo, cinque volte. La ripetizione

assicura senz'altro solidità e chiarezza

all'argomentare. L’Aquinate ha spiegato che nella Sacra Scrittura una sola

lettera può avere due sensi: l'uno letterale o storico, nella misura in cui la

lettera appunto, o significante, rinvii a una realtà, a un fatto o personaggio

storico134 (il primo triangolo semantico); l'altro spirituale, allorché la stessa

realtà significata attraverso la lettera a sua volta diventi significante che rinvii

a un'altra realtà, questa volta spirituale appunto, ovvero attinente al mistero

divino, al modo stesso di vedere di Dio (il secondo triangolo semantico). Nel

capoverso seguente, che cominceremo ad analizzare nella prossima Lezione,

134 Historĭa è calco del greco historía, vocabolo che deriva dalla radice Ƒid, comune anche, tra gli

altri, al greco óida, «so in quanto ho visto», al platonico idéa, la «forma» in quanto «ciò che è visibile

agli occhi dell’intelletto», e al latino vidĕo: historĭcus pertanto è colui che racconta un fatto perché

egli stesso lo ha visto o ne ha ascoltato il racconto da un testimone oculare.

senso letterale e

senso spirituale

Sedicesima Lezione

Roma

2013

269

Tommaso procederà a chiarire che il senso spirituale si articola a sua volta in

tre significati differenti.

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Illa ergo prima …» e di «Illa vero significatĭo …»

Perché pertinĕo regge ad + l'accusativo?

In «Illa vero significatĭo …», perché «qua» può essere ablativo strumentale e causale, ma non modale?

Quale coppia di significati possono avere gli avverbi

«vero» e «itĕrum»?

Qual è la differenza di significato tra alĭus, a, ud e

alter, ĕra, ĕrum?

Quale gioco di parole utilizza Tommaso nelle ultime

due proposizioni relative coordinate in forma copulativa, in «Illa vero significatĭo …»?

Qual è la differenza tra senso letterale o storico e senso spirituale?

Studio Critico della Lingua Latina

Roma

2013

270

ANALISI DEL PERIODO: «Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel

litterālis»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza

1 Ergo = congiunzione

coordinativa conclusiva

Qua (riferito a

«significatĭo»)

Signifĭcant (predicato

verbale)

Ergo ... pertĭnet

2 Qui (riferito a

«primum sensum»)

Pertĭnet (predicato

verbale)

Qua … signifĭcant

Est sensus …

(predicato nominale)

Qui est sensus …

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Ergo … pertĭnet = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma conclusiva

Ergo illa prima significatĭo pertĭnet ad primum sensum (qui est sensus …) ↓

Qua … signifĭcant

2 Qua … signifĭcant = proposizione relativa impropria,

complementare indiretta strumentale, di I grado

3 Qui est sensus … = proposizione attributiva di I grado

Sedicesima Lezione

Roma

2013

271

ANALISI DELLE PROPOSIZIONI: «Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus

historĭcus vel litterālis»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Signifĭcant (predicato

verbale)

Voces

Res = complemento oggetto

Pertĭnet (predicato verbale)

Illa prima significatĭo (con

due attributi)

Ergo = congiunzione

coordinativa conclusiva

Est sensus … (predicato

nominale con due attributi)

qui (riferito a «ad primum

sensum»

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Qua (riferito a «prima significatĭo») = complemento di

mezzo

Ad primum sensum = complemento di moto a luogo figurato (con

un attributo)

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

272

ANALISI DELLA PAROLA: «Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res, pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus

vel litterālis»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Illa aggettivo dimostrativo ille, illa, illud concordato con «significatĭo»,

nominativo

femminile singolare

Ergo congiunzione coordinativa conclusiva

Prima aggettivo numerale

ordinale

primus, a, um, I classe concordato con «significatĭo»,

nominativo

femminile singolare

Significatĭo sostantivo significatĭo, ōnis, III declinazione

in nasale

nominativo femminile singolare

Qua pronome relativo qui, quae, quod riferito a «significatĭo», ablativo femminile singolare

Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in

gutturale

nominativo femminile plurale

Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III plurale

Res sostantivo res, rei, V declinazione accusativo femminile plurale

Pertĭnet verbo predicativo pertiněo, es, pertinŭi, ēre,

intransitivo, II coniugazione,

difettivo

indicativo presente III singolare

Sedicesima Lezione

Roma

2013

273

Ad preposizione ad + accusativo = complemento

di moto a luogo

Primum aggettivo numerale

ordinale

primus, a, um, I classe concordato con «sensum»,

accusativo

maschile singolare

Sensum sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile singolare

Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «sensum», nominativo maschile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, atematico, difettivo,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Historĭcus aggettivo qualificativo historĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Vel congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva

Litterālis aggettivo qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

274

ANALISI DEL PERIODO: «Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus spirituālis; qui

super litterālem fundātur, et eum suppōnit»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la

caratterizza

1 Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Qua (riferito a

«significatĭo»)

Significātae (predicato

verbale)

Vero ... dicĭtur

2 Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Qui (riferito a

«sensus spirituālis»)

Signifĭcant (predicato

verbale)

Qua ... signifĭcant

3 Dicĭtur (predicato verbale) Significātae

4 Fundātur (predicato

verbale)

Qui ... fundātur

5 Suppōnit (predicato

verbale)

Et (qui) ... suppōnit

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

Vero illa significatĭo dicĭtur sensus spirituālis (qui fundātur <et> suppōnit)

Qua res (significātae) signifĭcant

1 Vero ... dicĭtur = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma avversativa

2 Qua ... signifĭcant = proposizione relativa impropria,

complementare indiretta strumentale, di I grado

3 Qui ... fundātur = proposizione attributiva di I grado

4 Et (qui) ... suppōnit = proposizione attributiva di I

grado coordinata alla precedente in forma copulativa

5 Significātae = proposizione attributiva di II grado

Sedicesima Lezione

Roma

2013

275

Diagramma di flusso del quinto capoverso:

Respondĕo

Dicendum ↓

Quod … est Deus

In cuius potestāte est

Ut non solum voces … accommŏdet (quod … facĕre potest) < > sed (ut) etĭam res ipsas (accommŏdet)

Et idĕo … habet hoc proprĭum

Quod ipsae res (significātae) … signifĭcant ‹› cum … signifĭcent

Ergo prima significatĭo pertĭnet ad primum sensum (qui est sensus…)<>Vero illa significatĭo dicĭtur sensus spirituālis (qui fundātur <et> suppōnit)

↓ ↓

Qua … signifĭcant Qua res (significātae) signifĭcant

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

276

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus

spirituālis»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Dicĭtur (predicato verbale)

Illa significatĭo (con un

attributo)

Sensus spirituālis = complemento

predicativo del soggetto (con un

attributo)

Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Signifĭcant (predicato verbale)

res

Alĭas res = complemento oggetto

(con un attributo)

Significātae (predicato verbale)

(Riferito a res)

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Itĕrum = avverbio iterativo

Per voces = complemento di mezzo

Qua (riferito a «illa significatĭo»)= complemento o di

mezzo

Sedicesima Lezione

Roma

2013

277

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Qui super litterālem fundātur et eum suppōnit»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Fundātur (predicato verbale)

Qui (riferito a «sensus

spirituālis»)

Suppōnit (predicato verbale)

Qui (sottinteso e riferito a

«sensus spirituālis»)

Eum = complemento oggetto

Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Super litterālem = complemento di stato in luogo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

278

ANALISI DELLA PAROLA: «Illa vero significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus spirituālis; qui

super litterālem fundātur, et eum suppōnit»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Illa aggettivo dimostrativo ille, illa, illud concordato con «significatĭo»,

nominativo

femminile singolare

Vero congiunzione coordinativa avversativa

Significatĭo sostantivo significatĭo, ōnis, III declinazione

in nasale

nominativo femminile singolare

Qua pronome relativo qui, quae, quod riferito a «significatĭo», ablativo femminile singolare

res sostantivo res, rei, V declinazione nominativo femminile plurale

Significātae verbo con funzione

attributiva

signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo passivo, I

coniugazione, I classe

participio, concordato con «res»,

nominativo

passato, femminile plurale

Per preposizione per + accusativo = complemento

di mezzo

Voces sostantivo vox, vocis, III declinazione in

gutturale

accusativo femminile plurale

Itĕrum avverbio iterativo

Res sostantivo res, rei, V declinazione accusativo femminile plurale

Alĭas aggettivo indefinito alĭus,a, ud, I classe pronominale concordato con «res», accusativo femminile plurale

Sedicesima Lezione

Roma

2013

279

Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III plurale

Dicĭtur verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, -ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione

indicativo presente III singolare

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Spirituālis aggettivo qualificativo spirituālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «sensus», nominativo maschile singolare

Super preposizione super + accusativo =

complemento di stato in luogo

Litterālem pronome qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensum»

sottinteso, accusativo

maschile singolare

Fundātur verbo predicativo fundo, as, āvi, ātum, āre,

transitivo passivo, I coniugazione

indicativo presente III singolare

Et congiunzione coordinativa copulativa

Eum pronome

determinativo

is, ea, id riferito a «(sensum) litterālem»,

accusativo

maschile singolare

Suppōnit verbo predicativo suppōno, is, posŭi, posĭtum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

280

Roma 2013

Diciassettesima Lezione

Come anticipato, il senso spirituale si suddivide a sua volta in tre

significati distinti:

Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur.

Ecco la costruzione italianizzata con traduzione interlineare:

Autem hic sensus spirituālis dividĭtur trifarĭam.

Ma questo senso spirituale si divide in tre forme.

L'analisi del periodo ovviamente non occorre di farla: c'è un'unica

proposizione, reggente enunciativa, coordinata al

precedente capoverso in forma avversativa («autem»).

Anche l'analisi della proposizione è semplicissima: soggetto, «hic sensus

spirituālis», predicato verbale, «dividĭtur», complemento di modo, «trifarĭam».

«Trifarĭam», come il «quadrifarĭam» che incontrammo all'inizio del secondo

In questa Lezione impareremo: la coniugazione del perfetto indicativo passivo a riconoscere il participio futuro a identificare e definire cosa sia una proposizione

incidentale quali sono i tre sensi spirituali della Sacra Scrittura

che cosa sia l'interpretazione tipologica

trifarĭam

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

281

capoverso del testo di San Tommaso, è un aggettivo numerale moltiplicativo,

in caso accusativo non perché complemento oggetto (il quale non sarebbe

potuto esserci, dal momento che il predicato è un verbo passivo), ma in

quanto avverbio (è il cosiddetto accusativo avverbiale o alla greca), in genere

femminile e numero singolare perché concordato con il sottinteso «partem».

Nel periodo seguente, l’Aquinate esplicita il primo dei tre sensi

spirituali:

Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis.

La costruzione italianizzata richiede appena un paio di spostamenti:

Sicut enim dicit Apostŏlus, vetus lex est figūra legis novae.

Come infatti dice l'Apostolo, l'antica legge è figura della nuova legge.

La citazione di San Paolo non è relativa a un passo in particolare; si

riferisce piuttosto ai capitoli dal settimo al decimo della Lettera agli Ebrei,

laddove Cristo viene interpretato quale compimento della prima alleanza, la

quale era soltanto figura della seconda e

definitiva. Questo modo di interpretare

l'Antico Testamento nell'esegesi cristiana avrebbe assunto il nome di tipologia.

«Figūra» infatti nell'originale greco dell'Apostolo è týpos: derivato dal verbo

týpto, «battere, percuotere», indicava genericamente un «marchio, sigillo»,

quindi anche una «figura scolpita, bassorilievo» e ancora più in generale un

«modello, esemplare», un «tipo» appunto. Quando San Paolo scrive che

l’interpretazione tipologica

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

282

Adamo «è figura (týpos) di colui che doveva venire» (Rm 5,14) interpreta il

primo uomo come modello, anticipazione dell'uomo nuovo, il Cristo. In

generale, per tipologia si intende quell'interpretazione secondo la quale un

personaggio o un episodio della storia biblica viene inteso come

prefigurazione di ciò che si sarebbe compiuto in Gesù: così ad esempio

Adamo, il primo uomo, è figura di Cristo, il primogenito della nuova

creazione; o ancora, il sacrificio di Isacco è figura del sacrificio di Gesù. La

specificità dell'interpretazione tipologica è che ciò che è figura, ad esempio

Adamo o il sacrificio di Isacco, conserva la sua piena storicità e verità, ma al

tempo stesso trova compimento solo in Cristo: ecco che, come anticipato nella

dottrina del doppio triangolo semantico

illustrata nella precedente Lezione, un

personaggio o fatto storico, ossia una res,

diviene vox, significante di un'altra res, Cristo stesso. Questo primo senso,

secondo il quale l'antica alleanza diventa figura della nuova alleanza,

Tommaso, come vedremo, lo definisce allegorico.

«Sicut», alla lettera «così (sic) come (ut)», è una congiunzione

subordinativa incidentale: viene detta incidentale un'osservazione o un

commento di chi parla o scrive, inserito

appunto a mo’ di inciso, ovvero di

espressione che può essere tagliata, incisa,

e tolta dalla frase, in quanto costituisce un’aggiunta autonoma rispetto al

periodo (per questo è sempre racchiusa tra due virgole, o parentesi, o

trattini). La proposizione reggente pertanto è «enim … est figūra», enunciativa

il primo senso spirituale: allegorico

le proposizioni incidentali

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

283

coordinata al periodo precedente in forma esplicativa. «Sicut … dicit» invece è

la complementare indiretta incidentale di primo grado.

Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni e della parola, c'è poco

da dire. «Figūra est» è un predicato nominale: risponde infatti alla domanda

«che cosa è l'antica legge?». «Vetus» è aggettivo qualificativo di seconda classe

a una sola uscita (per questo motivo, sui dizionari, oltre al nominativo, viene

indicato, unica eccezione tra gli aggettivi, il genitivo singolare: vetus, vetĕris);

come forse si ricorderà, ha la particolarità di uscire all’ablativo singolare in e,

in um al genitivo plurale e in a nei casi retti del neutro plurale. «Legis» infine è

un sostantivo di terza declinazione in gutturale: lex, legis.

Nel periodo successivo, Tommaso presenta il secondo senso spirituale:

Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est

figūra futūrae glorĭae.

La costruzione italianizzata richiede solo un'inversione di posizione alla

fine:

Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Hierarchĭa Ecclesiastĭca,

E la stessa nuova legge, come dice Dionigi nella Gerarchia Ecclesiastica,

est figūra glorĭae futūrae.

è figura della gloria futura.

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

284

La citazione dalla Gerarchia Ecclesiastica è ancora meno testuale, più

generica del precedente riferimento a san

Paolo; ciò nondimeno, il senso è chiaro:

come l'Antico Testamento è vox, significante,

figura che rinvia al Nuovo Testamento, così lo stesso Nuovo Testamento diventa

segno che rimanda alla gloria futura, alla vita eterna. Tommaso, come

vedremo, chiama questo secondo senso anagogico.

Anche le analisi di questo periodo non presentano alcuna difficoltà.

Vale solamente la pena osservare che futūrus, a, um, qui utilizzato come

aggettivo, è il participio futuro del verbo sum,

formato dalla radice suppletiva fu e dal

suffisso proprio del participio futuro -ūr-. Il participio futuro è semplicemente

un participio che esprime un'azione che si svolge al futuro rispetto al tempo

della reggente; si declina come un aggettivo di prima classe e ha sempre

valore attivo. «Futūrae» quindi è participio nominale, con funzione di

attributo di «glorĭae».

Ecco infine il terzo senso spirituale135:

In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum

quae nos agĕre debēmus.

La traduzione interlineare con costruzione italianizzata è la seguente:

135 Stupirà forse il ripetuto uso dei due punti per separare gli ultimi tre periodi che siamo venuti

esaminando. Si tenga tuttavia conto che in generale la punteggiatura nei testi antichi o è assente o

segue criteri meno rigorosi e definiti rispetto a oggi.

il secondo senso spirituale: anagogico

participio futuro

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

285

Etĭam in nova lege, ea quae sunt gesta in capĭte,

Anche nella nuova legge, quelle cose che sono state compiute nel capo,

sunt signa eōrum quae nos debēmus agĕre.

sono segni di quelle che noi dobbiamo fare.

Come dunque lo stesso Nuovo Testamento

può essere inteso quale figura della gloria

futura, esso può altresì infine essere segno,

ossia significare le norme di comportamento da seguire: si tratta

evidentemente del senso morale. Non a caso, Tommaso utilizza due verbi

propri dell'ambito morale: agĕre infatti designa l’«agire», ovvero le azioni, il

modo di comportarsi; il modale debēre invece allude alla facoltà tipicamente

umana di imporsi un determinato modo di essere sulla base di considerazioni

razionali: il senso del dovere appunto. L'espressione «in capĭte» fa poi

riferimento evidentemente all'immagine paolina di Cristo-capo (cfr. Ef 4,15;

Col 1,18; 2,19): la vita, le azioni, le gesta di Gesù narrate nei Vangeli fungono

da exemplum, modello per la nostra stessa vita.

Dall'analisi del periodo è possibile rilevare due proposizioni attributive,

che servono a esplicitare il significato di due pronomi determinativi, «ea» e

«eōrum», rispettivamente soggetto e complemento di specificazione del

predicato nominale della reggente.

Per il resto, vale solo la pena annotare che caput, ĭtis è sostantivo neutro

della terza declinazione (in dentale, ma con un nominativo e genitivo

singolare ben diverso dal modello di multiplicĭtas, ātis) e che «sunt gesta» è il

il terzo senso spirituale: morale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

286

perfetto indicativo passivo del verbo gerĕre, verbo che incontrammo già nel

passo di Gregorio Magno citato da Tommaso. Il perfetto indicativo passivo è

una delle poche forme verbali latine composte, formata dal participio passato

+ il verbo sum coniugato all'indicativo presente

(non si faccia confusione con l'italiano, lingua

nella quale i tempi composti sono più

numerosi: nella diatesi passiva, l'ausiliare essere al tempo presente è utilizzato

per la formazione del presente indicativo passivo e non del passato). Per

maggiore chiarezza, riportiamo comunque la flessione del perfetto indicativo

passivo latino:

Indicativo Perfetto Passivo

1a coniugazione in

-āre

2a coniugazione in

-ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in –īre

1a singolare significātus, a, um

sum

responsus, a, um

sum

gestus, a, um

sum

inventus, a, um

sum

2a singolare significātus, a, um

es

responsus, a, um

es

gestus, a, um

es

inventus, a, um

es

3a singolare significātus, a, um

est

responsus, a, um

est

gestus, a, um

est

inventus, a, um

est

1a plurale significāti, ae, a

sumus

responsi, ae, a

sumus

gesti, ae, a

sumus

inventi, ae, a

sumus

2a plurale significāti, ae, a

estis

responsi, ae, a

estis

gesti, ae, a

estis

inventi, ae, a

estis

3a plurale significāti, ae, a

sunt

responsi, ae, a

sunt

gesti, ae, a

sunt

inventi, ae, a

sunt

il perfetto indicativo passivo

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

287

Ancora due parole sul titolo dell’opera di Dionigi citata dall’Aquinate,

Ecclesiastĭca Hierarchĭa. Ecclesiastĭcus è aggettivo da ecclesĭa, il quale è calco

dell’omonimo vocabolo greco, formato da ek +

kaléin, «chiamare fuori da», quindi

«convocare»: la Chiesa è appunto l’adunanza, l’assemblea del popolo di Dio

convocato da Cristo (del resto, in maniera analoga, anche sinagoga viene da

sýn + ághein, «condurre insieme», quindi «radunare»). Il greco hierarchía

invece è composto da hierá + archéin, «guidare le cose sacre», cosicché

propriamente designa l’insieme ben strutturato dei sacerdoti. Nello pseudo-

Dionigi però, che interpreta hierarchía nel senso di «ordine sacro», indica

piuttosto la disposizione ontologica, i diversi gradi dell’essere ordinati da Dio

stesso e immutabili.

Nella prossima Lezione, leggeremo il testo nel quale San Tommaso

assegna il nome ai tre sensi spirituali appena introdotti.

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Hic autem …», di

«Sicut enim dicit …», di «Et ipsa nova lex …» e di «In nova etĭam lege …»

Come si forma il perfetto indicativo passivo in latino? Coniugare al perfetto indicativo passivo quattro verbi a piacere

Che cos'è il participio futuro? Come si forma? Che cos'è una proposizione incidentale? Perché si

chiama così? Quali sono i tre sensi spirituali della Sacra Scrittura

secondo san Tommaso ?

Cosa si intende per interpretazione tipologica? Qual è il significato etimologico di chiesa e di

gerarchia?

ecclesía e hierarchía

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

288

ANALISI DEL PERIODO: «Hic autem sensus spirituaālis trifarĭam dividĭtur»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Autem = congiunzione

coordinativa avversativa

Dividĭtur

(predicato

verbale)

Autem ... dividĭtur

2

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Autem ... dividĭtur = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma avversativa

2

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

289

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Dividĭtur (predicato verbale)

Hic sensus spirituālis (con

due attributi)

Autem = congiunzione

coordinativa avversativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Trifarĭam = complemento di modo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

290

ANALISI DELLA PAROLA: «Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Hic aggettivo dimostrativo hic, haec, hoc concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Autem congiunzione coordinativa avversativa

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Spirituālis aggettivo qualificativo spiritualis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Trifarĭam avverbio di modo

Dividĭtur verbo predicativo divĭdo, is, divīsi, divīsum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione

indicativo presente III singolare

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

291

ANALISI DEL PERIODO: «Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Sicut = congiunzione

subordinativa incidentale

Dicit (predicato

verbale)

Sicut ... dicit

2 Enim = congiunzione

coordinativa esplicativa

Figura est

(predicato

nominale)

Enim ... figūra est

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Enim ... figura est = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma esplicativa

Enim ... figūra est

↓ Sicut ... dicit

2 Sicut ... dicit = proposizione complementare indiretta

incidentale di primo grado

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

292

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Dicit (predicato verbale)

Apostŏlus

Sicut = congiunzione

subordinativa incidentale

Figūra est (predicato

nominale)

Lex vetus (con un

attributo)

Enim = congiunzione

coordinativa esplicativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Novae legis = complemento di specificazione del

predicato nominale (con un attributo)

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

293

ANALISI DELLA PAROLA: «Sicut enim dicit Apostŏlus, lex vetus figūra est novae legis»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Sicut congiunzione subordinativa incidentale

Enim congiunzione coordinativa esplicativa

Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

Apostŏlus sostantivo apostŏlus, i, II declinazione nominativo maschile singolare

Lex sostantivo lex, legis, III declinazione in

gutturale

nominativo femminile singolare

Vetus aggettivo qualificativo vetus, vetĕris, II classe a 1 uscita concordato con «lex», nominativo femminile singolare

Figūra sostantivo figūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, suppletivo,

atematico

indicativo presente III singolare

Novae aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe concordato con «legis», genitivo femminile singolare

Legis sostantivo lex, legis, III declinazione in

gutturale

genitivo femminile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

294

ANALISI DEL PERIODO: «Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Dicit (predicato

verbale)

Et ... est figūra

2 Ut = congiunzione

subordinativa incidentale

Est figūra

(predicato

nominale)

Ut ... dicit

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Et ... est figūra = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma copulativa

Et ... est figūra

↓ Ut ... dicit

2 Ut dicit = proposizione complementare indiretta

incidentale di primo grado

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

295

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Dicit (predicato verbale)

Dionysĭus

Ut = congiunzione

subordinativa incidentale

Est figūra (predicato

nominale)

Ipsa nova lex (con due

attributi)

Et = congiunzione coordinativa

copulativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

In Ecclesiastĭca Hierarchĭa = complemento di stato in

luogo (con un attributo)

Futūrae glorĭae = complemento di specificazione del predicato

nominale (con un attributo)

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

296

ANALISI DELLA PAROLA: «Et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Et congiunzione coordinativa copulativa

Ipsa aggettivo

determinativo

ipse, ipsa, ipsum coordinato con «lex», nominativo femminile singolare

Nova aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe coordinato con «lex», nominativo femminile singolare

Lex sostantivo lex, legis, III declinazione in

gutturale

nominativo femminile singolare

Ut congiunzione subordinativa incidentale

Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

Dionysĭus sostantivo Dionysĭus, ĭi, II declinazione nominativo maschile singolare

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Ecclesiastĭca aggettivo qualificativo ecclesiastĭcus, a, um, I classe coordinato con «Hierarchĭa»,

ablativo

femminile singolare

Hierarchĭa sostantivo hierarchĭa, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettiva, atematica,

suppletiva

indicativo presente III singolare

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

297

Figūra sostantivo figūra, ae, I declinazione nominativo femminile singolare

Futūrae aggettivo qualificativo futūrus, a, um, I classe concordato con «glorĭae»,

genitivo

femminile singolare

Glorĭae sostantivo glorĭa, ae, I declinazione genitivo femminile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

298

ANALISI DEL PERIODO: «In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Etĭam= congiunzione

coordinativa copulativa

Quae (riferito a «ea») Sunt gesta

(predicato

verbale)

Quae ... sunt gesta

2 Quae (riferito a

«eōrum»)

Sunt signa

(predicato

nominale)

Etĭam … sunt signa

3 Agĕre debēmus

(predicato

verbale)

Quae ... agĕre debēmus

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Etĭam … sunt signa = proposizione reggente

enunciativa coordinata al periodo precedente in forma

copulativa

Etĭam ea (quae ... sunt gesta) sunt signa eōrum (quae ... agĕre debēmus)

Quae ... sunt gesta = proposizione attributiva di I grado

3 Quae ... agĕre debēmus = proposizione attributiva di I

grado

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

299

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Sunt gesta (predicato

verbale)

quae (riferito a «ea»)

Sunt signa (predicato

nominale)

Ea

Etĭam = congiunzione

coordinativa copulativa

Agĕre debēmus (predicato

verbale, con verbo modale)

nos

Quae (riferito a «eōrum») =

complemento oggetto

Complementi indiretti Complementi indiretti

In capĭte = complemento di stato in luogo

In nova lege = complemento di stato in luogo (con un

attributo)

Eōrum = complemento di specificazione del predicato nominale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

300

ANALISI DELLA PAROLA: «In nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Nova aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe concordato con «lege», ablativo femminile singolare

Etĭam congiunzione coordinativa copulativa

Lege sostantivo lex, legis, III declinazione in

gutturale

ablativo femminile singolare

Ea pronome

determinativo

is, ea, id nominativo neutro plurale

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito a «ea», nominativo neutro plurale

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Capĭte sostantivo caput, ĭtis, III declinazione ablativo neutro singolare

Sunt gesta verbo predicativo gero, is, gessi, gestum, ĕre,

transitivo passivo, III

coniugazione

indicativo perfetto III plurale

Sunt verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III plurale

Signa sostantivo signum, i, II declinazione nominativo neutro plurale

Eōrum pronome

determinativo

is, ea, id genitivo neutro plurale

Diciassettesima Lezione

Roma 2013

301

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito a «eōrum», accusativo neutro plurale

Nos pronome personale nos, nostrum/i, nobis, nos, nobis nominativo comune136

I plurale

Agĕre verbo predicativo ago, is, egi, actum, ĕre, transitivo

attivo, III coniugazione

infinito presente

Debēmus verbo modale debĕo, es, debŭi, debĭtum, ēre,

transitivo attivo, II coniugazione

indicativo presente I plurale

136 Con comune si intende che il pronome può essere usato sia come femminile sia come maschile.

Roma 2013

302

Diciottesima Lezione

Ecco dunque la definizione del primo senso spirituale:

Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae

sunt novae legis, est sensus allegorĭcus.

La costruzione italianizzata comporta l’aggiunta di un pronome

dimostrativo:

Ergo secundum quod ea quae sunt vetĕris legis,

Quello dunque secondo il quale quelle cose che sono dell'antica legge,

signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus.

significano quelle che sono della nuova legge, è il senso allegorico.

Già sappiamo che il senso allegorico è quello in base al

quale un personaggio o un episodio dell'Antico Testamento

viene interpretato anche quale prefigurazione di Cristo. In effetti, il termine

In questa Lezione impareremo: a identificare il complemento di pertinenza a utilizzare un criterio fornito da Aristotele per

distinguere tra soggetto e predicato nominale

a conoscere l'etimologia dei termini «allegoria» e

«anagogia»

allegoria

Diciottesima Lezione

303

Roma 2013

allegoria137 viene dal greco állos, «altro» + agoréyein, «parlare», quindi «dire

qualcosa per indicarne un'altra».

L'analisi del periodo presenta la medesima difficoltà che incontrammo

all'inizio del quarto capoverso. Se infatti ci domandiamo

a quale vocabolo si riferisca il pronome relativo «quod»,

non troviamo risposta nel testo. Il fatto è che esso si riferisce a un pronome

dimostrativo o determinativo sottinteso, o forse sarebbe meglio dire assorbito

nel relativo. Quel pronome invece lo troviamo nella traduzione italiana,

«quello», perché, come avemmo già modo di rilevare, il relativo nelle lingue

moderne è sintatticamente più debole che in latino; in particolare, in italiano,

deve sempre seguire immediatamente il termine al quale si riferisce. Chiarito

ciò, il resto dell'analisi è semplice: abbiamo una reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma conclusiva, «ergo … est sensus»,

una relativa impropria, complementare indiretta modale di primo grado,

«secundum quod … signifĭcant», e due attributive che esplicitano

rispettivamente il significato della soggetto, «quae sunt vetĕris legis», e del

complemento oggetto, «quae sunt novae legis», della modale.

Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni, è evidente che l'ultimo

«est» abbia valore di copula; qual è tuttavia il

soggetto e quale il nome del predicato in «quello

… è il senso allegorico»? La disposizione delle

parole suggerirebbe di intendere «quello» come soggetto. Se però si tiene

conto dell'insegnamento di Aristotele, secondo il quale il soggetto è ciò che

non conosciamo, mentre il predicato nominale aggiunge una qualche 137 Si ricordi che in italiano viene adottato l'accento greco e non quello latino, come del resto

avviene spesso nei sostantivi che terminano in –ia.

analisi del periodo

soggetto e predicato nominale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

304

informazione a proposito del soggetto, allora dovremo considerare soggetto

«il senso allegorico»: esso infatti è ciò che andiamo cercando e del quale ci

viene fornita una definizione.

Gli altri due «sunt» sono seguiti invece da un genitivo. Non possono

quindi essere verbi copulativi; sono piuttosto

predicati verbali con il significato di

«appartenere a, essere proprio di». I genitivi

infatti traducono il complemento di pertinenza, il quale risponde appunto

alla domanda «è proprio di chi?». Per quanto riguarda infine «secundum

quod», già vedemmo che secundum + l’accusativo in Tommaso può essere

interpretato come complemento sia di modo sia di limitazione.

Sintatticamente analoga alla prima, è la definizione del secondo senso

spirituale:

Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae

Christum signifĭcant, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus, est sensus

morālis.

La costruzione italianizzata del medesimo periodo suona così:

Vero secundum quod ea quae sunt facta in Christo,

Quello invece secondo il quale quelle cose che sono state fatte in Cristo,

vel in his quae signifĭcant Christum, sunt signa

o in queste che significano Cristo, sono segni

complemento di pertinenza

Diciottesima Lezione

305

Roma 2013

eōrum quae nos debēmus agĕre, est sensus morālis

di quelle che noi dobbiamo fare, è il senso morale.

Come dicevamo, questo periodo ricalca sintatticamente il precedente;

l'unica variazione è la sostituzione del predicato verbale «signifĭcant» con il

nominale «sunt signa»: evidentemente però, dal

punto di vista semantico, ciò non comporta

assolutamente alcuna differenza. Inoltre vi è un'attributiva in più, che serve a

esplicitare «in his», concordato in forma disgiuntiva inclusiva138 a «in Christo».

Qui la difficoltà, più che di ordine sintattico, è relativa al senso della frase:

cosa significa infatti «o in queste che significano Cristo»? La risposta tuttavia

non è ardua: ricordando infatti che, in base al senso allegorico, personaggi o

episodi della Sacra Scrittura possono rinviare a Cristo, ebbene, argomenta

Tommaso, quegli stessi personaggi e episodi, proprio per questo loro essere

figure di Cristo, possono essere interpretati anche in senso morale, quali

modelli da imitare, così come avviene per Cristo stesso.

Per quanto riguarda l'analisi delle parole, l'unica osservazione degna di

rilievo riguarda «sunt facta»: dopo «sunt gesta», si

tratta del secondo indicativo perfetto passivo che

incontriamo. Esso è dunque formato dal verbo «sunt»

con funzione di ausiliare + il participio passato «facta», concordato in genere,

numero e caso con il soggetto «quae», come avverrebbe anche per il nome di

un predicato nominale.

138 Si ricordi che una congiunzione disgiuntiva, che cioè serve a separare, è detta inclusiva quando i

due termini disgiunti, anziché escludersi, sono sinonimi o comunque facenti parte di un insieme

comune.

le cose che

significano Cristo

indicativo perfetto passivo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

306

Ecco infine la breve definizione del terzo senso spirituale:

Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus

anagogĭcus.

La costruzione italianizzata richiede solamente uno scambio di

posizione nei vocaboli che formano il complemento di stato in luogo:

Prout vero signifĭcant ea quae sunt in glorĭa aeterna,

In quanto invece significano quelle cose che sono nella gloria eterna,

est sensus anagogĭcus.

è il senso anagogico.

Qui san Tommaso si concede una variazione sintattica: la proposizione

relativa impropria con valore modale viene sostituita

da una complementare indiretta modale vera e

propria, introdotta dalla congiunzione «prout», la quale, proprio come

«secundum + l’accusativo», si lascia bene interpretare anche con il valore di

limitazione.

Per quanto riguarda l'analisi delle proposizioni, una piccola difficoltà

sorge intorno al soggetto di «signifĭcant»: esso infatti è costituito dal soggetto

della precedente relativa impropria, «ea», compresa l'attributiva che

esplicitava il significato del pronome determinativo «ea», «quae in Christo sunt

facta, vel in his quae Christum signifĭcant».

«prout»

Diciottesima Lezione

307

Roma 2013

Il verbo «sunt» ha ancora una volta valore di

predicato verbale, con il significato di «stare, risiedere»: è

seguito infatti dal complemento di stato in luogo «in aeterna

glorĭa». L'espressione «futūrae glorĭae» è dunque qui sostituita da «in aeterna

glorĭa»: in entrambi i casi, il riferimento è chiaramente alle realtà ultime, ai

novissĭma. Infatti anagogia viene dal greco aná, «in alto» + ágein, «condurre»: è

appunto l'interpretazione che eleva il senso di un personaggio o di un

episodio biblico alle realtà celesti, alla vita eterna.

Nell'ultima Lezione, leggeremo e analizzeremo il settimo capoverso

dell’articŭlus decĭmus, nel quale l’Aquinate aggiunge che nella Sacra Scrittura

perfino il medesimo senso letterale può avere più di un significato.

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Secundum ergo quod…», di «Secundum vero quod …» e di «Prout vero …»

Coniugare al perfetto indicativo passivo i verbi gerěre e facěre

Qual è il termine al quale si riferiscono i due «secundum quod»?

Perché «sensus allegorĭcus» e «sensus morālis» è

meglio interpretarli come soggetto piuttosto che come predicato nominale?

In che senso «in his» è coordinato in forma disgiuntiva inclusiva a «in Christo»?

A quale domanda risponde il complemento di pertinenza?

Qual è il significato etimologico di «allegoria» e «anagogia»?

anagogia

Studio Critico della Lingua Latina

308

Roma 2013

ANALISI DEL PERIODO: «Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il termine

al quale si riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza

1 Ergo = congiunzione

coordinativa conclusiva

Secundum quod (riferito

a sottinteso «id»)

Sunt (predicato

verbale)

Quae ... sunt

2 Quae (riferito a «ea»

soggetto)

Signifĭcant (predicato

verbale)

Secundum quod ... signifĭcant

3 Quae (riferito a «ea»

complemento oggetto)

Sunt (predicato

verbale)

Quae ... sunt

4 Est (id) (predicato

nominale)

Ergo ... est (id)

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Ergo ... est (id) = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma conclusiva

Ergo ... est (id) ↓

secundum quod ea (quae ... sunt) signifĭcant ea (quae ... sunt) 2 Secundum quod ... signifĭcant = proposizione relativa

impropria complementare indiretta modale I grado

3 Quae ... sunt = proposizione attributiva di II grado

4 Quae ... sunt = proposizione attributiva di II grado

Diciottesima Lezione

309

Roma 2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus

allegorĭcus»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Sunt (predicato verbale)

Quae (riferito a «ea» soggetto)

Signifĭcant (predicato

verbale)

Ea

Ea = complemento oggetto

Sunt (predicato verbale)

Quae (riferito a «ea» complemento

oggetto)

Est (id) (predicato nominale)

Sensus allegorĭcus (con un attributo)

Ergo = congiunzione

coordinativa conclusiva

Complementi indiretti Complementi indiretti

Secundum quod (riferito a sottinteso «id») =

complemento di modo

Vetĕris legis = complemento di pertinenza (con un

attributo)

Novae legis = complemento di pertinenza (con un attributo)

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

310

ANALISI DELLA PAROLA: «Secundum ergo quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Secundum preposizione secundum + accusativo =

complemento di modo

Ergo congiunzione coordinativa conclusiva

Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a un sottinteso «id»,

accusativo

neutro singolare

Ea pronome

determinativo

is, ea, id nominativo neutro plurale

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «ea»,

nominativo

neutro plurale

Sunt verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III plurale

Vetĕris aggettivo qualificativo vetus, vetĕris, II classe a 1 uscita concordato con «legis», genitivo femminile singolare

Legis sostantivo lex, legis, III declinazione in

gutturale

genitivo femminile singolare

Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III plurale

Ea pronome

determinativo

is, ea, id accusativo neutro plurale

Diciottesima Lezione

311

Roma 2013 Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «ea»,

nominativo

neutro plurale

Sunt verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III plurale

Novae aggettivo qualificativo novus, a, um, I classe concordato con «legis», genitivo femminile singolare

Legis sostantivo lex,legis, III declinazione in

gutturale

genitivo femminile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Allegorĭcus aggettivo qualificativo allegorĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

312

ANALISI DEL PERIODO: «Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum signifĭcant, sunt signa eōrum

quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il termine

al quale si riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la

caratterizza

1 Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Secundum quod (riferito a

un sottinteso «id»)

Sunt facta (predicato verbale) Vero ... est (id)

2 Quae (riferito al

precedente «ea»)

Signifĭcant (predicato

verbale)

Secundum quod ... sunt signa

3 Quae (riferito al

precedente «his»)

Sunt signa (predicato

nominale)

Quae ... sunt facta

4 Quae (riferito al

precedente «eōrum»)

Agĕre debēmus (predicato

verbale)

Quae ... signifĭcant

5 Est (id) (predicato nominale) Quae ... agĕre debēmus

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

Vero ... est (id)

↓ Secundum quod ea (quae ... sunt facta … in his (quae ... signifĭcant)) sunt signa eōrum

(quae ... agĕre debēmus)

1 Vero ... est (id) = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma avversativa

2 Secundum quod ... sunt signa = proposizione relativa

impropria complementare indiretta modale di I grado

3 Quae ... sunt facta = proposizione attributiva di II grado

4 Quae ... agĕre debēmus = proposizione attributiva di II

grado

5 Quae ... signifĭcant = proposizione attributiva di III

grado

Diciottesima Lezione

313

Roma 2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum signifĭcant, sunt signa

eōrum quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Sunt facta (predicato

verbale)

Quae (riferito al

precedente «ea»)

Vel = congiunzione

coordinativa disgiuntiva

inclusiva

Signifĭcant (predicato

verbale)

Quae (riferito al

precedente «his»)

Christum = complemento

oggetto

Sunt signa (predicato

nominale)

Ea

Agĕre debēmus (predicato

verbale con verbo modale)

Nos Quae (riferito al precedente

«eōrum») = complemento

oggetto

Est (id) (predicato nominale)

Sensus morālis (con un

attributo)

Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Secundum quod (riferito a un sottinteso «id») =

complemento di modo

Eōrum = complemento di specificazione del predicato nominale

In Christo = complemento di stato in luogo In his = complemento di stato in luogo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

314

ANALISI DELLA PAROLA: «Secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum signifĭcant, sunt signa eōrum

quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Secundum preposizione secundum + accusativo =

complemento di modo

Vero congiunzione coordinativa avversativa

Quod pronome relativo qui, quae, quod riferito a un «id »sottinteso,

accusativo

neutro singolare

Ea pronome

determinativo

is, ea, id nominativo neutro plurale

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «ea»,

nominativo

neutro plurale

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Christo sostantivo Christus, i, II declinazione ablativo maschile singolare

Sunt facta verbo predicativo facĭo, is, feci, factum, ĕre,

transitivo passivo, in –ĭo della III

indicativo perfetto III plurale

Vel congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Diciottesima Lezione

315

Roma 2013 His pronome dimostrativo hic, haec, hoc ablativo neutro plurale

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «his»,

nominativo

neutro plurale

Christum sostantivo Christus, i, II declinazione accusativo maschile singolare

Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III plurale

Sunt verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III plurale

Signa sostantivo signum, i, II declinazione nominativo neutro plurale

Eōrum pronome

determinativo

is, ea, id genitivo neutro plurale

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito al precedente «eōrum»,

accusativo

neutro plurale

Nos pronome personale nos, nostri/nostrum, nobis, nos,

nobis

nominativo comune I plurale

Agĕre verbo predicativo ago, is, egi, actum, ĕre, transitivo

attivo, III coniugazione

infinito presente

Debēmus verbo modale debĕo,es, debŭi, debĭtum, ēre,

transitivo attivo, II coniugazione

indicativo presente I plurale

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Morālis aggettivo qualificativo morālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

316

ANALISI DEL PERIODO: «Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la

congiunzione, il pronome relativo o l’avverbio da cui è

introdotta e il predicato verbale o nominale che la caratterizza

1 Prout = congiunzione

subordinativa modale

Quae (riferito a «ea») Signifĭcant (predicato

verbale)

Prout ... significant

2 Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Sunt (predicato

verbale)

Quae ... sunt

3 Est (id) (predicato

nominale)

Vero ... est (id)

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Vero ... est (id) = proposizione reggente enunciativa

coordinata al periodo precedente in forma avversativa

Vero ... est (id)

Prout ... signifĭcant ea (quae ... sunt)

2 Prout ... signifĭcant = proposizione complementare

indiretta modale di I grado

3 Quae ... sunt = proposizione attributiva di II grado

Diciottesima Lezione

317

Roma 2013

Diagramma di flusso del sesto capoverso:

Autem ... dividĭtur → Enim ... figūra est ↔ Et ... est figūra ↔ Etĭam ea (quae ... sunt gesta) sunt signa eōrum (quae ... agĕre debēmus)

↓ ↓

Sicut ... dicit Ut ... dicit

↓ ↓ ↓

Ergo ... est (id) Vero ... est (id) Vero ... est (id)

↓ ↓ ↓

secundum quod ea Secundum quod ea Prout ... signifĭcant ea (quae ... sunt)

(quae ... sunt) signifĭcant ea (quae ... sunt facta … in his

(quae ... sunt) (quae ... signifĭcant)) sunt signa eōrum

(quae ... agĕre debēmus)

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

318

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Significant (predicato

verbale)

(«ea quae in Christo sunt facta,

vel in his quae Christum

signifĭcant») (sottinteso)

Ea = complemento oggetto

Prout = congiunzione

subordinativa modale

Sunt (predicato verbale)

Quae (riferito a «ea»)

Est (id) (predicato nominale)

sensus anagogĭcus (con un

attributo)

Complementi indiretti

Complementi indiretti

In glorĭa aeterna = complemento di stato in luogo (con un

attributo)

Diciottesima Lezione

319

Roma 2013 ANALISI DELLA PAROLA: «Prout vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo, aggettivo,

pronome, avverbio,

congiunzione, preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Prout congiunzione subordinativa modale

Vero congiunzione coordinativa avversativa

Signifĭcant verbo predicativo signifĭco, as, āvi, ātum, āre,

transitivo attivo, I coniugazione

indicativo presente III plurale

Ea pronome determinativo is, ea, id accusativo neutro plurale

Quae pronome relativo qui, quae, quod riferito a «ea», nominativo neutro plurale

Sunt verbo predicativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III plurale

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Aeterna aggettivo qualificativo aeternus, a, um, I classe concordato con «glorĭa», ablativo femminile singolare

Glorĭa sostantivo glorĭa, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Anagogĭcus aggettivo qualificativo anagogĭcus, a, um, I classe concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Roma 2013

320

Diciannovesima lezione

Ecco il testo del settimo capoverso dell’articŭlus decĭmus:

Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem

Sacrae Scriptūrae Deus est, qui omnĭa simul suo intellectu comprehendit:

non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem

sensum in una littĕra Scriptūrae plures sint sensus.

La costruzione italianizzata di questo lungo periodo richiede poche

variazioni:

Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit:

Poiché però il senso letterale è quello che l’autore intende:

autem auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, qui comprehendit omnĭa

ma l’autore della Sacra Scrittura è Dio, che comprende tutte le cose

In questa Lezione impareremo: che cosa è e come è formato il periodo ipotetico i tre significati che possono convivere nella congiunzione

subordinatva «ut» come la congiunzione coordinativa «autem» possa

introdurre una proposizione subordinata

come «etĭam» possa equivocamente essere intesa sia

come congiunzione coordinativa copulativa sia come avverbio rafforzativo

ad apprezzare alcune etimologie

Diciannovesima Lezione

321

Roma 2013

simul suo intellectu: non est inconvenĭens, ut dicit

simultaneamente con il suo intelletto: non è sconveniente, come dice

Augustīnus, si etĭam secundum sensum litterālem sensus

Agostino, se anche secondo il senso letterale i sensi

in una littĕra Scriptūrae sint plures.

in una sola lettera della Scrittura siano molteplici.

Anche quest'ultima citazione, relativa presumibilmente al capitolo

trentunesimo del dodicesimo libro delle

Confessioni, non è testuale. Ciò tuttavia non

toglie nulla alla chiarezza dell'argomentazione

di Tommaso: sulla base dell'autorità di sant'Agostino, è possibile affermare

che Dio, come è capace di veicolare tre differenti sensi spirituali per mezzo di

un'unica lettera, così può persino attribuire al medesimo testo della Sacra

Scrittura più significati letterali.

Si tratta probabilmente del periodo più lungo che abbiamo finora

incontrato. Ciò nonostante, la sua analisi non

dovrebbe più presentare ormai particolari difficoltà.

Le congiunzioni sono quattro: la subordinativa causale «quia», la coordinativa

avversativa «autem», e altre due subordinative, l'incidentale «ut» e la

condizionale «si». I pronomi relativi sono due: «quem» e «qui». Quest'ultimo si

riferisce evidentemente al precedente «Deus»; invece «quem», pur

concordando in genere e numero con «sensus», si riferisce ancora una volta a

gli stessi significati letterali

possono essere più di uno

analisi del periodo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

322

un pronome dimostrativo o determinativo, per esempio un «is», sottinteso, o

meglio assorbito nel relativo stesso, reso in forma esplicita nella traduzione in

italiano, «quello». I predicati sono sette: la copula «est», che in base

all'insegnamento di Aristotele ricordato nella Lezione precedente

considereremo formare un predicato nominale insieme al sottinteso «is»

piuttosto che in unione con «sensus litterālis» (infatti il «senso letterale» è ciò

che non conosciamo e pertanto è soggetto); altri due predicati nominali,

«Deus est» e «non est inconvenĭens»; quindi i

verbali «intendit», «comprehendit», «dicit» e

«sint». Per la precisione, «sint» può essere interpretato sia come predicato

verbale, con il significato di «esserci», seguito dal complemento di stato in

luogo «in una littĕra», sia come copula, considerando «plures» la parte

nominale, anziché l'attributo del soggetto «sensus». A dir la verità, anzi, la

lettura dell'originale in latino, «plures sint sensus», fa sembrare più verosimile

quest'ultima interpretazione. In ogni caso, ciò non ha nessuna ricaduta sul

piano semantico.

Le proposizioni sono facili da enucleare, poiché si succedono l'una

all'altra, senza che alcuna sia inclusa in un’altra. Avremo pertanto «quia … est

(is)», «quem … intendit», «autem … Deus est», «qui … comprehendit», «non est

inconvenĭens», «ut dicit», «si … plures sint». Tutte sono introdotte da

congiunzioni subordinative o da pronomi relativi non a inizio frase, tranne

«autem … Deus est» e «non est

inconvenĭens». «Autem» è una congiunzione

coordinativa avversativa: ma rispetto a quale proposizione è coordinata in

senso avversativo? Dal senso della frase si capisce che la contrapposizione è

«plures sint sensus»

«quia … autem»

Diciannovesima Lezione

323

Roma 2013

nei confronti della precedente causale, tant’è che si potrebbe con maggior

chiarezza tradurre: «poiché però il senso letterale è quello che l'autore

intende; ma poiché l'autore …». Dunque solo «non est inconvenĭens» può

essere la reggente: enunciativa e coordinata al capoverso precedente in forma

avversativa se, come è senz'altro opportuno, la facciamo introdurre dalla

congiunzione «vero», la quale si trova lontano dalla reggente solo perché

posta a inizio frase, così da far risultare più evidente la contrapposizione

rispetto appunto al periodo precedente.

«Ut dicit» si lascia bene intendere quale complementare indiretta

incidentale, come già abbiamo potuto fare con

i precedenti «sicut dicit» e «ut dicit». Tuttavia è

bene osservare che le congiunzioni

subordinative «ut» e «sicut», del resto proprio tale e quale l'italiano «come»,

conservano sempre anche una sfumatura di significato modale, «nel modo in

cui», e comparativo di uguaglianza, «così come».

«Si … plures sint» è una complementare indiretta condizionale: esprime

la condizione a patto della quale vale l'ipotesi

formulata. Nell'insieme, reggente e condizionale,

formano il cosiddetto periodo ipotetico: «se … allora». Ancora oggi rappresenta

uno dei caposaldi con cui il pensiero scientifico e razionale procede nel suo

argomentare: poste delle premesse, si traggono delle conclusioni. In

grammatica, con terminologia greca, la premessa viene chiamata protasi (dal

greco pró, «avanti» + téino, «tendo»: «ciò che si pone innanzi»), la conclusione

apodosi (dal greco apó, «a partire da» + dídomi, «dare»: «ciò che si dà a partire

da una premessa»). Si tratta evidentemente anche del principio sul quale si

ut: incidentale, modale e comparativa

il periodo ipotetico

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

324

basa la logica sillogistica aristotelica, le cui conclusioni vengono definite

apodittiche (dal greco apó, «a partire da» + déiknymi, «mostro»: «ciò che si

mostra da sé a partire da una premessa»). In latino vigono delle leggi che

regolano l'uso dei modi verbali nel periodo ipotetico; in questa sede tuttavia è

sufficiente rilevare che il congiuntivo della subordinata, «sint», è giustificato

dal carattere eventuale della proposizione: è possibile che un'unica lettera

abbia più sensi letterali, ma non è

necessario che ciò accada (tra l'altro, non

pare che l’Aquinate fosse molto convinto della verosimiglianza di una simile

possibilità, pur ammessa da Agostino).

Le due causali, coordinate fra loro in forma avversativa, giustificano

infine la validità dell'ipotesi avanzata da Tommaso: è

possibile che una sola lettera nella Sacra Scrittura

veicoli più di un senso letterale, proprio perché l'autore è Dio che, a

differenza dell'uomo, ha una comprensione simultanea della verità e quindi

può intendere molte cose, anzi tutte le cose, «omnĭa», contemporaneamente.

Concludiamo con l'analisi della parola e alcune etimologie. «Suo

intellectu» come ablativo semplice potrebbe avere valore sia strumentale

(l'intelletto infatti non è una persona), sia modale

(essendo presente un attributo), sia causale

(essendo l'intelletto una causa interna); tuttavia qui il significato è

evidentemente quello di un complemento di mezzo. «Simul» è un avverbio di

tempo, dal quale in italiano derivano «simultaneo» e «simultaneamente».

Finora abbiamo sempre considerato «etĭam» una congiunzione; in questa frase

però è più semplice classificarlo come avverbio rafforzativo di «secundum

congiuntivo eventuale

la potestas Dei

analisi della parola

Diciannovesima Lezione

325

Roma 2013

litterālem sensum» (ciò non toglie che sia pur sempre possibile rintracciare il

suo valore di congiunzione copulativa, intendendo «se e secondo il senso

spirituale e secondo quello letterale …»). In analisi della proposizione, può

essere interpretato come un complemento di eccedenza, intendendo «etĭam

secundum litterālem sensum» nel senso di «oltre che secondo il senso

spirituale, anche secondo il senso letterale».

Intendĕre è composto da in + tendĕre, «tendere verso»: quindi «quem

auctor intendit» alla lettera significa «ciò verso cui l'autore tende, ciò che ha di

mira». In questo senso si capisce bene anche perché in

fenomenologia con il termine intenzionalità ci si

riferisca al fatto che la coscienza è sempre coscienza di

qualche cosa, ossia tesa, rivolta a qualche cosa. Inconvenĭens in latino è usato

solo come aggettivo; ciò nondimeno, deriva da in (qui con il valore di prefisso

negativo, con il significato cioè di «non») + cum + venīre, «non venire

insieme»: etimologicamente pertanto sta per «che non viene insieme, che non

consegue»; poiché la doppia negazione afferma, «non inconvenĭens» viene a

significare «che consegue». Comprehendĕre infine deriva da cum + prehendĕre,

«prendere insieme, abbracciare»; è il calco del greco katalambánein ed esprime

bene l'atto della conoscenza intellettuale, paragonato, secondo il noto

esempio utilizzato da Zenone, all’immagine di un pugno chiuso.

L'articolo decimo in verità non termina qui; le tre difficoltà sollevate nei

primi tre capoversi vengono risolte in altrettanti capoversi conclusivi.

Tuttavia un'esperienza decennale ha confermato che nel corso di due semestri

non si riesce a procedere nella lettura e nell'analisi oltre l'ultimo brano

esaminato poco sopra. Per concludere il corso di latino, sarebbe piuttosto

alcune etimologie

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

326

utile scrivere semmai un ulteriore volume, un vero e proprio eserciziario, nel

quale vengano offerti dei testi supplementari, oltre a quello dell’Aquinate,

per esercitarsi e capire meglio gli argomenti qui studiati. A Dio piacendo,

esso potrà vedere la luce i prossimi anni.

Diciannovesima Lezione

327

Roma 2013

Per verificare il mio apprendimento: Compilare le schede di analisi del periodo, della

proposizione e della parola di «Quia vero sensus …» In che senso «sint» si lascia interpretare sia come

copula sia come predicato verbale? Perché «sint» si trova al modo congiuntivo? Come mai «autem», che è una congiunzione

coordinativa, introduce una proposizione

subordinativa? Quali sono i tre significati che convivono nella

congiunzione subordinativa «ut»?

In che senso «etĭam» può essere interpretata sia

come congiunzione coordinativa copulativa sia come avverbio rafforzativo?

Che cos'è il periodo ipotetico? Da quali proposizioni è formato?

In che modo l'etimologia di comprehendĕre è di

aiuto per capire l'atto della conoscenza intellettuale

e quella di intendĕre per apprezzare il significato

della nozione di intenzionalità nella fenomenologia?

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

328

ANALISI DEL PERIODO: «Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae Scriptūrae Deus est, qui omnĭa

simul suo intellectu comprehendit: non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una littĕra Scriptūrae

plures sint sensus»

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i predicati

(verbali o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1 Quia = congiunzione

subordinativa causale

Quem (riferito a

sottinteso «is»)

Est (is) (predicato

nominale)

Quia ... est (is)

2 Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Qui (riferito a

«Deus»)

Intendit (predicato

verbale)

Quem ... intendit

3 Autem = congiunzione

coordinativa avversativa

Deus est (predicato

nominale)

Autem (quia) ... Deus est

4 Ut = congiunzione

subordinativa incidentale

Comprehendit

(predicato verbale)

Qui ... comprehendit

5 Si = congiunzione subordinativa

condizionale

Non est inconvenĭens

(predicato nominale)

Vero ... non est inconvenĭens

6 Dicit (predicato

verbale)

Ut ... dicit

7 Plures sint (predicato

nominale)

Si ... plures sint

Diciannovesima Lezione

329

Roma 2013 Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti e complementari, indicando per ciascuna il

grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1 Vero ... non est inconvenĭens = proposizione reggente

enunciativa coordinata al periodo precedente in forma

avversativa

Vero ... non est inconvenĭens

2 Ut ... dicit = proposizione complementare indiretta

incidentale di I (o II) grado

↓ ↓

ut ... dicit si ... plures sint

3 Si ... plures sint = proposizione complementare indiretta

condizionale di I grado

4 Quia ... est (is) = proposizione complementare indiretta

causale di I (o di II) grado

quia ... est (is) (quem ... intendit) ↔ autem (quia) ... Deus est (qui ... comprehendit)

5 Autem (quia) ... Deus est = proposizione

complementare indiretta causale di I (o di II) grado

coordinata alla precedente causale in forma avversativa

6 Quem ... intendit = proposizione attributiva di II grado

7 Qui ... comprehendit = proposizione attributiva di II

grado

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

330

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae Scriptūrae

Deus est, qui omnĭa simul suo intellectu comprehendit»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Est (is) (predicato nominale)

Sensus litterālis (con un

attributo)

Quia = congiunzione

subordinativa causale

Intendit (predicato verbale)

Auctor

Quem (riferito a sottinteso «is»)

= complemento oggetto

Deus est (predicato

nominale)

Auctor

Autem = congiunzione

coordinativa avversativa

Comprehendit (predicato

verbale)

qui (riferito a «Deus»)

Omnĭa = complemento oggetto

Complementi indiretti Complementi indiretti

Sacrae Scriptūrae = complemento di specificazione del

soggetto (con un attributo)

Simul = complemento di tempo determinato

Suo intellectu = complemento di mezzo (con un attributo)

Diciannovesima Lezione

331

Roma 2013 ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: «Non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una littĕra

Scriptūrae plures sint sensus»

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Non est inconvenĭens

(predicato nominale)

Vero = congiunzione

coordinativa avversativa

Dicit (predicato verbale)

Augustīnus

Ut = congiunzione

subordinativa incidentale

Plures sint (predicato

nominale)

Sensus

Si = congiunzione subordinativa

condizionale

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Etĭam = complemento di eccedenza

Secundum litterālem sensum = complemento di modo (o di

limitazione) (con un attributo)

In una littĕra = complemento di stato in luogo (con un

attributo)

Scriptūrae = complemento di specificazione del complemento di

stato in luogo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

332

ANALISI DELLA PAROLA: «Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae Scriptūrae Deus est, qui omnĭa

simul suo intellectu comprehendit: non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una littĕra Scriptūrae

plures sint sensus»

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Quia congiunzione subordinativa causale

Vero congiunzione coordinativa avversativa

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Litterālis aggettivo qualificativo litteralis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensus»,

nominativo

maschile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Quem pronome relativo qui, quae, quod riferito a «is »(sottinteso),

accusativo

maschile singolare

Auctor sostantivo auctor, ōris, III declinazione nominativo comune singolare

Intendit verbo predicativo intendo, is, intendi, intentum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

Auctor sostantivo auctor, ōris, III declinazione nominativo maschile singolare

Autem congiunzione coordinativa avversativa

Diciannovesima Lezione

333

Roma 2013 Sacrae aggettivo qualificativo sacer, sacra, sacrum, I classe concordato con «Scripturae»,

genitivo

femminile singolare

Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare

Deus sostantivo deus, i, II declinazione nominativo maschile singolare

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Qui pronome relativo qui, quae, quod riferito a «Deus», nominativo maschile singolare

Omnĭa pronome indefinito omnis, e, II classe a 2 uscite accusativo neutro plurale

Simul avverbio di tempo

Suo aggettivo possessivo

riflessivo

suus, a, um, I classe concordato con «intellectu»,

ablativo

maschile singolare

Intellectu sostantivo intellectus, us, IV declinazione ablativo maschile singolare

Comprehendit verbo predicativo comprehendo, is, prehendi,

prehensum, ĕre, transitivo attivo,

III coniugazione

indicativo presente III singolare

Non avverbio di negazione

Est verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

indicativo presente III singolare

Inconvenĭens aggettivo qualificativo inconvenĭens, entis, II classe a 1

uscita

non concordato, perché il verbo è

impersonale, nominativo

neutro singolare

Ut congiunzione subordinativa incidentale

Dicit verbo predicativo dico, is, dixi, dictum, ĕre,

transitivo attivo, III coniugazione

indicativo presente III singolare

Augustīnus sostantivo Augustīnus, i, II declinazione nominativo maschile singolare

Si congiunzione subordinativa condizionale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

334

Etĭam avverbio rafforzativo

Secundum preposizione secundum + accusativo =

complemento di modo

Litterālem aggettivo qualificativo litterālis, e, II classe a 2 uscite concordato con «sensum»,

accusativo

maschile singolare

Sensum sostantivo sensus, us, IV declinazione accusativo maschile singolare

In preposizione in + ablativo = complemento di

stato in luogo

Una aggettivo numerale

cardinale

unus, a, um, I classe,

pronominale

concordato con «littĕra», ablativo femminile singolare

Littĕra sostantivo littĕra, ae, I declinazione ablativo femminile singolare

Scriptūrae sostantivo scriptūra, ae, I declinazione genitivo femminile singolare

Plures aggettivo indefinito plus, pluris, II classe a 1 uscita,

comparativo di maggioranza di

multus, a, um

concordato con «sensus»,

nominativo

maschile plurale

Sint verbo copulativo sum, es, fui, esse, coniugazione

propria, difettivo, atematico,

suppletivo

congiuntivo presente III plurale

Sensus sostantivo sensus, us, IV declinazione nominativo maschile singolare

Roma

2013

335

APPENDICI

Roma 2013

336

APPENDICE 1

Testo di san Tommaso

in originale139

QUAESTĬO PRIMA. ARTICŬLUS DECĬMUS

Utrum Sacra Scriptūra sub una littĕra habĕat

plures sensus

AD DECĬMUM SIC PROCEDĬTUR

VIDĒTUR QUOD Sacra Scriptūra sub una littěra non habeat plures sensus,

qui sunt historicus vel littěralis, allegoricus, tropologicus sive moralis, et anagogicus.

Multiplicĭtas enim sensŭum in una scriptūra parit confusiōnem et deceptiōnem, et

tollit firmitātem arguendi: unde ex multiplicĭbus propositionĭbus non procēdit

argumentātio, sed secundum hoc alĭquae fallacĭae assignantur. Sacra autem

Scriptūra debet esse effĭcax ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa. Ergo

non debent in ea sub una littěra plures sensus tradi.

139 Abbiamo usato l’edizione leonina riprodotta nel seguente volume: San Tommaso d’Aquino, La

Somma Teologica, traduzione e commento a cura dei domenicani italiani, vol. I, ed. Studio

Domenicano, Bologna 1984.

Appendice 1

Roma 2013

337

PRAETERĚA, Augustīnus dicit in libro De utilitāte credendi, quod «Scriptūra

quae Testamentum Vetus vocātur, quadrifarĭam traditur»: scilĭcet, «secundum

historĭam, secundum aetiologĭam, secundum analogĭam, secundum allegorĭam»140.

Quae quidem quatŭor a quatŭor praedictis videntur esse aliēna omnīno. Non igĭtur

convenĭens vidētur quod eădem littěra Sacrae Scriptūrae secundum quatŭor sensus

praedictos exponātur.

PRAETERĚA, praeter praedictos sensus, invenĭtur sensus parabolĭcus, qui

inter illos sensus quatŭor non continētur.

SED EST CONTRA quod dicit Gregorĭus: «Sacra Scriptūra omnes scientĭas

ipso locutiōnis suae more transcendit: quia uno eodemque sermōne, dum narrat

gestum, prodit mysterĭum»141.

RESPONDĔO DICENDUM quod auctor Sacrae Scriptūrae est Deus, in

cuius potestāte est ut non solum voces ad significandum accommŏdet (quod etĭam

homo facĕre potest), sed etĭam res ipsas. Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces

signifĭcent, hoc habet proprĭum ista scientĭa, quod ipsae res significātae per voces,

etĭam signifĭcant alĭquid. Illa ergo prima significatĭo, qua voces signifĭcant res,

pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis. Illa vero

significatĭo qua res significātae per voces, itĕrum res alĭas signifĭcant, dicĭtur sensus

spirituālis; qui super litterālem fundātur, et eum suppōnit.

140 Augustīnus, De utilitāte credendi, 3. 141 Gregorĭus Magnus, Moralĭa in Iob, 20,1.

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

338

Hic autem sensus spirituālis trifarĭam dividĭtur. Sicut enim dicit Apostŏlus, lex

vetus figūra est novae legis: et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Ecclesiastĭca

Hierarchĭa, est figūra futūrae glorĭae: in nova etĭam lege, ea quae in capĭte sunt

gesta, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus. Secundum ergo quod ea quae

sunt vetĕris legis, signifĭcant ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus:

secundum vero quod ea quae in Christo sunt facta, vel in his quae Christum

signifĭcant, sunt signa eōrum quae nos agĕre debēmus, est sensus morālis: prout

vero signifĭcant ea quae sunt in aeterna glorĭa, est sensus anagogĭcus.

Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: auctor autem Sacrae

Scriptūrae Deus est, qui omnĭa simul suo intellectu comprehendit: non est

inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam secundum litterālem sensum in una

littĕra Scriptūrae plures sint sensus.

Roma 2013

339

APPENDICE 2

Testo di san Tommaso

con costruzione italiana e

traduzione interlineare

PRIMA QUAESTĬO. ARTICŬLUS DECĬMUS

PRIMA QUESTIONE. ARTICOLO DECIMO

Utrum Sacra Scriptūra habĕat plures sensus

Se la Sacra Scrittura abbia più sensi

sub una littĕra

sotto una sola lettera

AD DECĬMUM SIC PROCEDĬTUR

NEL DECIMO COSÌ SI PROCEDE

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

340

VIDĒTUR QUOD Sacra Scriptūra non habĕat

SEMBRA CHE la Sacra Scrittura non abbia

sub una littĕra plures sensus, qui sunt historĭcus vel

sotto un'unica lettera più sensi, che sono quello storico o

litterālis, allegorĭcus, tropologĭcus sive morālis, et anagogĭcus.

letterale, quello allegorico, quello tropologico o morale, e quello anagogico.

Multiplicĭtas sensŭum in una scriptūra enim parit confusiōnem et

La molteplicità di sensi in una sola scrittura infatti genera confusione e

deceptiōnem, et tollit firmitātem arguendi: unde

sviamento, e toglie la solidità dell'argomentare: tant’è che

argumentatĭo non procēdit ex multiplicĭbus propositionĭbus, sed

l'argomentazione non procede da molteplici proposizioni maggiori, ma al contrario

alĭquae fallacĭae assignantur secundum hoc.

certi errori vengono definiti proprio relativamente a questo fatto.

Autem Sacra Scriptūra debet esse effĭcax

Ma la Sacra Scrittura deve essere efficace

ad ostendendam veritātem absque omni fallacĭa.

a mostrare la verità lontano da ogni errore.

Appendice 2

Roma 2013

341

Ergo in ea non debent tradi plures sensus sub una littĕra.

Dunque in essa non devono essere trasmessi più sensi sotto un'unica lettera.

PRAETERĔA, Augustīnus in libro De utilitāte credendi dicit quod

INOLTRE, Agostino nel libro Sull'utilità del credere dice che

«Scriptūra quae vocātur Vetus Testamentum, tradĭtur

«la Scrittura che è chiamata Antico Testamento si presenta

quadrifarĭam»: scilĭcet, «secundum historĭam, secundum aetiologĭam,

in quattro forme»: e cioè «secondo la storia, secondo l'eziologia,

secundum analogĭam, secundum allegorĭam».

secondo l'analogia, secondo l'allegoria».

Quae quatŭor quidem videntur esse omnīno aliēna

Questi quattro sensi certamente sembrano essere del tutto diversi

a quatŭor praedictis.

dai quattro detti sopra.

Non vidētur igĭtur convenĭens quod eădem littĕra Sacrae Scriptūrae

Non sembra quindi conveniente che la medesima lettera della Sacra Scrittura

exponātur secundum quatŭor sensus praedictos.

sia esposta secondo i quattro sensi detti sopra.

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

342

PRAETERĔA, praeter sensus praedictos, invenĭtur sensus parabolĭcus,

INOLTRE, oltre ai sensi detti sopra, si trova il senso parabolico,

qui non continētur inter illos quatŭor sensus.

che non è contenuto tra quei quattro sensi.

SED EST CONTRA quod dicit Gregorĭus:

MA È IN MODO CONTRARIO quel che dice Gregorio:

«Sacra Scriptūra transcendit omnes scientĭas more ipso suae locutiōnis:

«La Sacra Scrittura supera tutte le scienze per il modo stesso del suo parlare:

quia uno eodemque sermōne, dum narrat gestum,

poiché con un unico e medesimo discorso, mentre narra un evento,

prodit mysterĭum».

trasmette un mistero».

RESPONDĔO DICENDUM quod auctor Sacrae Scriptūrae

RISPONDO CHE BISOGNA DIRE che l'autore della Sacra Scrittura

est Deus, in cuius potestāte est ut non solum accommŏdet voces

è Dio, nella cui potestà è che non solo adatti le parole

Appendice 2

Roma 2013

343

ad significandum ( quod etĭam homo potest facĕre),

per significare qualcosa (la qual cosa anche l'uomo può fare),

sed etĭam res ipsas.

ma anche le cose stesse.

Et idĕo, cum in omnĭbus scientĭis voces signifĭcent, ista scientĭa

E perciò, mentre in tutte le scienze le parole significano qualcosa, codesta scienza

habet hoc proprĭum, quod ipsae res significātae per voces,

ha questo di proprio, cioè il fatto che le stesse cose significate attraverso le parole,

signifĭcant etĭam alĭquid.

significano anche qualcosa.

Illa prima significatĭo ergo, qua voces signifĭcant res

Quel primo significato dunque, con il quale le parole significano le cose,

pertĭnet ad primum sensum, qui est sensus historĭcus vel litterālis.

attiene al primo senso, che è il senso storico o letterale.

Illa significatĭo vero, qua res significātae per voces

Quel significato invece, con il quale le cose significate attraverso le parole

itĕrum signifĭcant alĭas res, dicĭtur sensus spirituālis;

a loro volta significano altre cose, è detto senso spirituale;

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

344

qui fundātur super litterālem, et eum suppōnit.

il quale è fondato sopra il letterale, e lo suppone.

Autem hic sensus spirituālis dividĭtur trifarĭam.

Ma questo senso spirituale si divide in tre forme.

Sicut dicit enim Apostŏlus, vetus lex est figūra novae legis:

Come dice infatti l'Apostolo, l'antica legge è figura della nuova legge:

et ipsa nova lex, ut dicit Dionysĭus in Hierarchĭa Ecclesiastĭca,

e la stessa nuova legge, come dice Dionigi nella Gerarchia Ecclesiastica,

est figūra glorĭae futūrae: etĭam in nova lege, ea quae

è figura della gloria futura: anche nella nuova legge, quelle cose che

sunt gesta in capĭte, sunt signa eōrum quae nos debēmus agĕre.

sono state compiute nel capo, sono segni di quelle che noi dobbiamo fare.

Ergo secundum quod ea quae sunt vetĕris legis, signifĭcant

Quello dunque secondo il quale quelle cose che sono dell'antica legge, significano

ea quae sunt novae legis, est sensus allegorĭcus:

quelle che sono della nuova legge, è il senso allegorico:

vero secundum quod ea quae sunt facta in Christo,

quello invece secondo il quale quelle cose che sono state fatte in Cristo,

Appendice 2

Roma 2013

345

vel in his quae signifĭcant Christum, sunt signa eōrum quae nos debēmus

o in queste che significano Cristo, sono segni di quelle che noi dobbiamo

agĕre, est sensus morālis:

fare, è il senso morale:

prout vero signifĭcant ea quae sunt in glorĭa aeterna,

in quanto invece significano quelle che sono nella gloria eterna,

est sensus anagogĭcus.

è il senso anagogico.

Quia vero sensus litterālis est, quem auctor intendit: autem auctor

Poiché però il senso letterale è quello che l'autore intende: ma l'autore

Sacrae Scriptūrae est Deus, qui suo intellectu comprehendit omnĭa

della Sacra Scrittura è Dio, che con il suo intelletto comprende tutte le cose

simul: non est inconvenĭens, ut dicit Augustīnus, si etĭam

simultaneamente: non è sconveniente, come dice Agostino, se anche

secundum sensum litterālem sensus in una littĕra Scriptūrae

secondo il senso letterale i sensi in una sola lettera della Scrittura

sint plures .

siano molteplici.

Roma 2013

346

APPENDICE 3

Congiunzioni e avverbi

incontrati

autem = congiunzione coordinativa avversativa

contra = avverbio di modo

cum = congiunzione subordinativa avversativa

dum = congiunzione subordinativa temporale

enim = congiunzione coordinativa esplicativa

ergo = congiunzione coordinativa conclusiva

et = congiunzione coordinativa copulativa

etĭam = avverbio rafforzativo / congiunzione coordinativa copulativa

idĕo = congiunzione coordinativa esplicativa

igĭtur = congiunzione coordinativa conclusiva

itĕrum = avverbio iterativo

non = avverbio di negazione

omnīno = avverbio rafforzativo

praeterěa = congiunzione coordinativa copulativa

prout = congiunzione subordinativa modale

quadrifarĭam = avverbio di modo

que = congiunzione coordinativa copulativa enclitica

Appendice 3

347

Roma 2013

quia = congiunzione subordinativa causale

quidem = avverbio rafforzativo

quod = congiunzione subordinativa dichiarativa

scilĭcet = congiunzione coordinativa esplicativa

sed = congiunzione coordinativa avversativa

si = congiunzione subordinativa condizionale

sicut =congiunzione subordinativa incidentale (modale e comparativa)

simul = avverbio di tempo

sive = congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva

solum = avverbio di modo

trifarĭam = avverbio di modo

unde = avverbio d’origine, con valore esplicativo

ut = congiunzione subordinativa dichiarativa / incidentale (modale e

comparativa)

vel = congiunzione coordinativa disgiuntiva inclusiva

vero = congiunzione coordinativa avversativa

Roma 2013

348

APPENDICE 4

Preposizioni e complementi

incontrati

a/ab + ablativo = complemento di separazione

absque + ablativo = complemento di separazione

ad + accusativo = complemento di moto a luogo / di fine

de + ablativo = complemento di argomento

e/ex + ablativo = complemento d’origine

in + ablativo = complemento di stato in luogo

inter + accusativo = complemento di stato in luogo

per + accusativo = complemento di mezzo

praeter + accusativo = complemento di eccedenza

secundum + accusativo = complemento di limitazione o di modo

sub + ablativo = complemento di stato in luogo

super + accusativo = complemento di stato in luogo

nominativo semplice = complemento predicativo del soggetto

genitivo semplice = complemento di pertinenza

accusativo semplice = complemento predicativo dell’oggetto

ablativo semplice = complemento di modo / di mezzo / di causa

Roma

2013

349

APPENDICE 5

Paradigmi dei verbi

incontrati

accommŏdo, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo

ago, is, egi, actum , ĕre, III coniugazione, transitivo

argŭo, is, argŭi, arguitūrus, ĕre, difettivo, III coniugazione, transitivo

assīgno, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo

comprehendo, is, comprehendi, comprehensum, ĕre, III coniugazione,

transitivo

contĭněo, es, continŭi, contentum, ēre, II coniugazione, transitivo

convěnĭo, is, vēni, ventum, īre, IV coniugazione, intransitivo

credo, is, credĭdi, credĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo

debĕo, es, debŭi, debĭtum ēre, modale, II coniugazione

dico, is, dixi, dictum, ĕre, III coniugazione, transitivo

divĭdo, is, divīsi, divīsum, ĕre, III coniugazione, transitivo

expōno, is, posŭi, posĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo

facĭo, is, feci, factum, ĕre, III coniugazione in -ĭo, transitivo

fundo, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo

gero, is, gessi, gestum, ĕre, III coniugazione, transitivo

habĕo, es, habŭi, habĭtum, ēre, II coniugazione, transitivo

intendo, is, intendi, intentum , ĕre, III coniugazione, transitivo

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

350

invěnĭo, is, invēni, inventum, īre, III coniugazione, transitivo

narro, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo

ostendo, is, ostendi, ostentum (ostensum), ĕre, III coniugazione, transitivo

parĭo, is, pepĕri, partum, ĕre, III coniugazione in ĭo, transitivo

pertinĕo, es, pertinŭi, ēre, difettivo, II coniugazione, intransitivo

possum, potes, potŭi, posse, difettivo, atematico, modale, coniugazione

propria

praedīco, is, dīxi, dictum, ĕre, III coniugazione, transitivo

procēdo, is, procēssi, procēssum , ĕre, III coniugazione, intransitivo

prodo, is, prodĭdi, prodĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo

respondĕo, es, respondi, responsum, ēre, II coniugazione, transitivo

signifĭco, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione, transitivo

sum, es, fui, esse, difettivo, atematico, suppletivo, coniugazione propria,

intransitivo

suppōno, is, supposŭi, supposĭtum , ĕre, III coniugazione, transitivo

tollo, is, sustŭli, sublātum, ĕre, III coniugazione, transitivo

trado, is, tradĭdi, tradĭtum, ĕre, III coniugazione, transitivo

transcendo, is, scendi, scensum, ĕre, III coniugazione, transitivo

viděor, ēris, visus sum, ēri, II coniugazione, deponente

voco, as, āvi, ātum, āre, I coniugazione , transitivo

Roma

2013

351

APPENDICE 6

Sostantivi

e aggettivi di I e II classe

incontrati

aeternus, a, um, I classe

aetiologĭa, ae, femminile, I declinazione

aliēnus, a, um, I classe

alĭus, a, um, I classe

allegorĭa, ae, femminile, I declinazione

allegorĭcus, a, um, I classe

anagogĭcus, a, um, I classe

analogĭa, ae, femminile, I declinazione

apostŏlus, i, maschile, II declinazione

argumentatĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale

auctor, ōris, comune, III declinazione

Augustīnus, i, maschile, II declinazione

caput, ĭtis, neutro, III declinazione

Christus, i, maschile, II declinazione

confusĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale

convenĭens entis, II classe a 1 uscita

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

352

deceptĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale

deus, i, maschile, II declinazione

Dionysĭus, ĭi, maschile, II declinazione

ecclesiastĭcus, a, um, I classe

effĭcax, cācis, II classe a 1 uscita, in gutturale

fallacĭa, ae, femminile, I declinazione

figūra, ae, femminile, I declinazione

firmĭtas, ātis, femminile, III declinazione, in dentale

futūrus, a, um, I classe

glorĭa, ae, femminile, I declinazione

Gregorĭus, ĭi, maschile, II declinazione

hierarchĭa, ae, femminile, I declinazione

historĭa, ae, femminile, I declinazione

historĭcus, a, um, I classe

homo, mĭnis, maschile, III declinazione

inconvenĭens, entis, II classe a 1 uscita

intellectus, us, maschile, IV declinazione

lex, legis, femminile, III declinazione in gutturale

liber, libri, maschile, II declinazione

littěra, ae, femminile, I declinazione

litterālis, e, II classe a 2 uscite

locutĭo, ōnis, femminile, III declinazione in nasale

morālis, e, II classe a 2 uscite

mos, moris, maschile, III declinazione

multĭplex, plĭcis, II classe, a 1 uscita, in gutturale

Appendice 6

Roma 2013

353

multiplicĭtas, ātis, femminile, III declinazione, in dentale

mysterĭum, ĭi, neutro, II declinazione

novus, a, um, I classe

omnis, e, II classe a 2 uscite

parabolĭcus, a, um, I classe

plus, pluris, II classe a 1 uscita

potestas, ātis, femminile, III declinazione in dentale

primus, a, um, I classe

propositĭo, ōnis, femminile, III declinazione, in nasale

proprĭus, a, um, I classe

res, rei, femminile, V declinazione

sacer, cra, crum, I classe

scientĭa, ae, femminile, I declinazione

scriptūra, ae, femminile, I declinazione

sensus, us, maschile, IV declinazione

sermo, ōnis, maschile, III declinazione in nasale

signum, i, neutro, II declinazione

significatĭo, ōnis, femminile, III declinazione in nasale

spirituālis, e, II classe a 2 uscite

suus, a, um, I classe

testamentum, i, neutro, II declinazione

tropologĭcus, a, um, I classe

unus, a, um, I classe, pronominale

utilĭtas, ātis, femminile, III declinazione, in dentale

verĭtas, ātis, femminile, III declinazione in dentale

Studio Critico della Lingua Latina

Roma 2013

354

vetus, vetěris, II classe a 1 uscita

vox, vocis, femminile, III declinazione in gutturale

Roma

2013

355

APPENDICE 7

Etimologie presentate

accommŏdo, āre … 12

adverbĭum, ĭi …184

aliēnus, a, um … 185

allegorĭa, ae … 79

anagogĭa, ae … 83

apodittico … 99

apodosi … 99

argumentatĭo, ōnis … 129

assigno, āre … 130

assoluto … 30

auctor, ōris … 13

comprehendo, ĕre… 101

confusĭo, ōnis … 129

continěo, ēre … 196

convenĭens, entis … 195

deběo, ēre … 146

deceptĭo, ōnis … 129

ecclesĭa, ae … 62

effĭcax, ācis … 146

etĭam … 32

Studio Critico della Lingua Latina

356

Roma 2013

expōno, ěre … 195

fallacĭa, ae … 146

firmĭtas, ātis … 129

fundo, āre … 44

hierarchĭa, ae … 62

historĭa, ae … 44

homo, ĭnis … 12

inconvenĭens, entis … 101

intendo, ĕre… 101

invenĭo, īre … 196

itĕrum … 43

locutĭo, ōnis … 215

mos, moris … 214

multiplex, plĭcis … 128

mysterĭum, ĭi … 216

omnīno … 185

ogni … 146

ostendo, ěre … 146

parabolĭcus, a, um … 196

pertinĕo, ēre … 41

praedīco, ěre … 184

praeterĕa … 195

procēdo, ěre … 130

prodo, ěre … 216

propositĭo, ōnis … 130

Appendice 7

357

Roma 2013

protasi … 99

scientĭa, ae … 214

sermo, ōnis … 216

simplex, plĭcis … 128

signifĭco, āre … 12

suppōno, ĕre … 44

testamentum, i … 174

tollo, ěre … 129

traditĭo, ōnis … 159-160

transcendo, ěre … 215

týpos … 57

Roma 2013

358

APPENDICE 8

Le cinque declinazioni

dei sostantivi

PRIMA DECLINAZIONE

scriptūra, ae Singolare Plurale

Nominativo scriptūră

(la scrittura)142

scriptūrae

(le scritture)

Genitivo scriptūrae

(della scrittura)

scripturārum

(delle scritture)

Dativo scriptūrae

(alla scrittura)

scriptūris

(alle scritture)

Accusativo scriptūram

(la scrittura)

scriptūras

(le scritture)

Vocativo scriptūră

(o scrittura)

scriptūrae

(o scritture)

Ablativo scriptūrā

(con la scrittura)

scriptūris

(con le scritture)

142 Uno studente mi ha giustamente fatto osservare che, specialmente per gli studenti stranieri,

sarebbe stato utile aggiungere in queste tabelle la traduzione delle singole voci in italiano. Si tenga

tuttavia presente che la traduzione è valida solo in prima approssimazione, in quanto è suscettibile

di molte variazioni in base al contesto in cui il vocabolo è inserito; ciò non vale solo per l’ablativo,

che può tradurre molteplici complementi, resi in italiano con l’ausilio di preposizioni differenti, ma

anche per tutti gli altri casi: così, ad esempio, lo stesso nominativo può svolgere la funzione di

complemento predicativo del soggetto e essere tradotto in italiano con le preposizioni «come» o

«in qualità di». Probabilmente solo il vocativo non è soggetto a variazioni di sorta nella traduzione.

Appendice 8

359

Roma 2013

SECONDA DECLINAZIONE

apostŏlus, i Singolare Plurale

Nominativo apostŏlus

(l’apostolo)

apostŏli

(gli apostoli)

Genitivo apostŏli

(dell’apostolo)

apostolōrum

(degli apostoli)

Dativo apostŏlo

(all’apostolo)

apostŏlis

(agli apostoli)

Accusativo apostŏlum

(l’apostolo)

apostŏlos

(gli apostoli)

Vocativo apostŏle

(o apostolo)

apostŏli

(o apostoli)

Ablativo apostŏlo

(con l’apostolo)

apostŏli

(con gli apostoli)

Studio Critico della Lingua Latina

360

Roma 2013

SECONDA DECLINAZIONE

(flessione particolare del sostantivo deus)

deus, i Singolare Plurale

Nominativo deus

(dio)

dii (dī, dei)

(gli dei)

Genitivo dei

(di dio)

deōrum (deum)

(degli dei)

Dativo deo

(a dio)

diis (dīs, deis)

(agli dei)

Accusativo deum

(dio)

deos

(gli dei)

Vocativo deus (dive)143

(o dio)

dii (dī, dei)

(o dei)

Ablativo a deo

(da dio)144

diis (dīs, deis)

(con gli dei)

143 Tra parentesi riportiamo sempre delle varianti attestate più o meno frequentemente. 144 Siccome è un nome di persona, l’ablativo semplice deo non può essere strumentale (il

complemento di mezzo sarebbe stato per deum); per questo abbiamo premesso la preposizione ab,

per formare un complemento d’agente. Applicheremo lo stesso criterio anche in seguito, con il

sostantivo Iēsus e qualora un pronome maschile o femminile si supponga riferito a una persona.

Appendice 8

361

Roma 2013

SECONDA DECLINAZIONE

(a desinenza zero al nominativo e vocativo singolare)

puer, ĕri Singolare Plurale

Nominativo puer

(il fanciullo)

puĕri

(i fanciulli)

Genitivo puĕri

(del fanciullo)

puerōrum

(dei fanciulli)

Dativo puĕro

(al fanciullo)

puĕris

(ai fanciulli)

Accusativo puĕrum

(il fanciullo)

puĕros

(i fanciulli)

Vocativo puer

(o fanciullo)

puĕri

(o fanciulli)

Ablativo puĕro

(con il fanciullo)

puĕris

(con i fanciulli)

Studio Critico della Lingua Latina

362

Roma 2013

SECONDA DECLINAZIONE

(a desinenza zero e con perdita della vocale -e-

in tutti i casi tranne che al nominativo e vocativo singolare)

liber, bri Singolare Plurale

Nominativo liber

(il libro)

libri

(i libri)

Genitivo libri

(del libro)

librōrum

(dei libri)

Dativo libro

(al libro)

libris

(ai libri)

Accusativo librum

(il libro)

libros

(i libri)

Vocativo liber

(o libro)

libri

(o libri)

Ablativo libro

(con il libro)

libris

(con i libri)

Appendice 8

363

Roma 2013

SECONDA DECLINAZIONE

(sostantivi di genere neutro)

mysterĭum, ĭi Singolare Plurale

Nominativo mysterĭum

(il mistero)

mysterĭa

(i misteri)

Genitivo mysterĭi

(del mistero)

mysteriōrum

(dei misteri)

Dativo mysterĭo

(al mistero)

mysterĭis

(ai misteri)

Accusativo mysterĭum

(il mistero)

mysterĭa

(i misteri)

Vocativo mysterĭum

(o mistero)

mysterĭa

(o misteri)

Ablativo mysterĭo

(con il mistero)

mysterĭis

(con i misteri)

Studio Critico della Lingua Latina

364

Roma 2013

DESINENZE DI TERZA DECLINAZIONE

Desinenze di

terza

declinazione

Singolare Plurale

Maschile/Femminile Neutro Maschile/Femminile Neutro

Nominativo -145 - es a (ia)

Genitivo is is um (ium) um (ium)

Dativo i i ibus ibus

Accusativo em (im) = nom. es (is) a (ia)

Vocativo = nominativo = nom. es a (ia)

Ablativo e (i) e (i) ibus ibus

Formazione dei Nominativi Singolari più comuni:

Sostantivi in dentale: verĭtas, ātis

Sostantivi in nasale: significatĭo, ōnis

Sostantivi in gutturale: vox, vocis

Sostantivi in r: auctor, ōris; mos, moris

145 Il trattino indica il fatto che non è possibile determinare un numero abbastanza ristretto di uscite

possibili per il nominativo singolare: questo rappresenta l’unica vera difficoltà dei nomi di terza

declinazione. Le desinenze tra parentesi invece sono varianti, in genere meno frequenti.

Appendice 8

365

Roma 2013

TERZA DECLINAZIONE

verĭtas, ātis Singolare Plurale

Nominativo verĭtas

(la verità)

veritātes

(le verità)

Genitivo veritātis

(della verità)

veritātum

(delle verità)

Dativo veritāti

(alla verità)

veritatĭbus

(alle verità)

Accusativo veritātem

(la verità)

veritātes

(le verità)

Vocativo verĭtas

(o verità)

veritātes

(o verità)

Ablativo veritāte

(con la verità)

veritatĭbus

(con le verità)

Studio Critico della Lingua Latina

366

Roma 2013

TERZA DECLINAZIONE

(sostantivi di genere neutro)

caput, ĭtis Singolare Plurale

Nominativo caput

(il capo)

capĭta

(i capi)

Genitivo capĭtis

(del capo)

capĭtum

(dei capi)

Dativo capĭti

(al capo)

capiti bus

(ai capi)

Accusativo caput

(il capo)

capĭta

(i capi)

Vocativo caput

(o capo)

capĭta

(o capi)

Ablativo capĭte

(con il capo)

capitĭbus

(con i capi)

Appendice 8

367

Roma 2013

QUARTA DECLINAZIONE

sensus, us Singolare Plurale

Nominativo sensus

(il senso)

sensus

(i sensi)

Genitivo sensus

(del senso)

sensŭum

(dei sensi)

Dativo sensui

(al senso)

sensĭbus

(ai sensi)

Accusativo sensum

(il senso)

sensus

(i sensi)

Vocativo sensus

(o senso)

sensus

(o sensi)

Ablativo sensu

(con il senso)

sensĭbus

(con i sensi)

Studio Critico della Lingua Latina

368

Roma 2013

QUARTA DECLINAZIONE

(sostantivi di genere neutro)

genu, us Singolare Plurale

Nominativo genu

(il ginocchio)

genŭa

(le ginocchia)

Genitivo genus

(del ginocchio)

genŭum

(delle ginocchia)

Dativo genu

(al ginocchio)

genĭbus

(alle ginocchia)

Accusativo genu

(il ginocchio)

genŭa

(le ginocchia)

Vocativo genu

(o ginocchio)

genŭa

(o ginocchia)

Ablativo genu

(con il ginocchio)

genĭbus

(con le ginocchia)

Appendice 8

369

Roma 2013

DECLINAZIONE DI IĒSUS146

Iēsus, u

Nominativo Iēsus

(Gesù)

Genitivo Iēsu

(di Gesù)

Dativo Iēsu

(a Gesù)

Accusativo Iēsum

(Gesù)

Vocativo Iēsu

(o Gesù)

Ablativo ab Iēsu

(da Gesù)

146 Iēsus non appartiene in verità a nessuna delle cinque declinazioni, ma segue una flessione sua

propria, in quanto è un nome di origine straniera; tuttavia di fatto sembra essere un irregolare di

quarta declinazione.

Studio Critico della Lingua Latina

370

Roma 2013

QUINTA DECLINAZIONE

res, rei Singolare Plurale

Nominativo res

(la cosa)

res

(le cose)

Genitivo rĕi

(della cosa)

rērum

(delle cose)

Dativo rĕi

(alla cosa)

rēbus

(alle cose)

Accusativo rem

(la cosa)

res

(le cose)

Vocativo res

(o cosa)

res

(o cose)

Ablativo re

(con la cosa)

rēbus

(con le cose)

Roma

2013

371

Appendice 9

Le due classi di flessione

degli aggettivi

PRIMA CLASSE

historĭcus,a,um Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

historĭcus

(lo … storico)

historĭca

(la … storica)

historĭcum

(lo … storico)

historĭci

(gli … storici)

historĭcae

(le … storiche)

historĭca

(gli … storici)

Genitivo

historĭci

(dello … storico)

historĭcae

(della …storica)

historĭci

(dello … storico)

historĭcōrum

(degli … storici)

historĭcārum

(delle … storiche)

historĭcōrum

(degli … storici)

Dativo

historĭco

(allo … storico)

historĭcae

(alla … storica)

historĭco

(allo … storico)

historĭcis

(agli … storici)

historĭcis

(alle … storiche)

historĭcis

(agli … storici)

Accusativo

historĭcum

(lo … storico)

historĭcam

(la … storica)

historĭcum

(lo … storico)

historĭcos

(gli … storici)

historĭcas

(le … storiche)

historĭca

(gli … storici)

Vocativo

historĭce

(o … storico)

historĭca

(o … storica)

historĭcum

(o … storico)

historĭci

(o … storici)

historĭcae

(o … storiche)

historĭca

(o … storici)

Ablativo

historĭco

(con … storico)

historĭca

(con … storica)

historĭco

(con … storico)

historĭcis

(con … storici)

historĭcis

(con … storiche)

historĭcis

(con … storici)

Studio Critico della Lingua Latina

372

Roma 2013

PRIMA CLASSE

(a desinenza zero al nominativo e vocativo singolare)

liber, a, um Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

liber

(il … libero)

libĕra

(la … libera)

libĕrum

(il … libero)

libĕri

(i … liberi)

libĕrae

(le … libere)

libĕra

(i … liberi)

Genitivo

libĕri

(del … libero)

libĕrae

(della … libera)

libĕri

(del … libero)

liberōrum

(dei … liberi)

liberārum

(delle … libere)

liberōrum

(dei … liberi)

Dativo

libĕro

(al … libero)

libĕrae

(alla … libera)

libĕro

(al … libero)

libĕris

(ai … liberi)

libĕris

(alle … libere)

libĕris

(ai … liberi)

Accusativo

libĕrum

(il … libero)

libĕram

(la … libera)

libĕrum

(il … libero)

libĕros

(i … liberi)

libĕras

(le … libere)

libĕra

(i … liberi)

Vocativo

liber

(o … libero)

libĕra

(o … libera)

libĕrum

(o … libero)

libĕri

(o … liberi)

libĕrae

(o … libere)

libĕra

(o … liberi)

Ablativo

libĕro

(con … libero)

libĕra

(con … libera)

libĕro

(con … libero)

libĕris

(con … liberi)

libĕris

(con … libere)

libĕris

(con … liberi)

Appendice 9

373

Roma 2013

PRIMA CLASSE

(a desinenza zero e con perdita della vocale -e-

in tutti i casi tranne che al nominativo e vocativo singolare)

sacer, cra, crum Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

sacer

(il … sacro)

sacra

(la … sacra)

sacrum

(il … sacro)

sacri

(i … sacri)

sacrae

(le … sacre)

sacra

(i … sacri)

Genitivo

sacri

(del … sacro)

sacrae

(della … sacra)

sacri

(del … sacro)

sacrōrum

(dei … sacri)

sacrārum

(delle … sacre)

sacrōrum

(dei … sacri)

Dativo

sacro

(al … sacro)

sacrae

(alla … sacra)

sacro

(al … sacro)

sacris

(ai … sacri)

sacris

(alle … sacre)

sacris

(ai … sacri)

Accusativo

sacrum

(il … sacro)

sacram

(la … sacra)

sacrum

(il … sacro)

sacros

(i … sacri)

sacras

(le … sacre)

sacra

(i … sacri)

Vocativo

sacer

(o … sacro)

sacra

(o … sacra)

sacrum

(o … sacro)

sacri

(o … sacri)

sacrae

(o … sacre)

sacra

(o … sacri)

Ablativo

sacro

(con … sacro)

sacra

(con … sacra)

sacro

(con … sacro)

sacris

(con … sacri)

sacris

(con … sacre)

sacris

(con … sacri)

Studio Critico della Lingua Latina

374

Roma 2013

PRIMA CLASSE

(pronominali)

alĭus,a,um Singolare Plurale

Maschile

Femminile

Neutro

Maschile

Femminile

Neutro

Nominativo

alĭus

(un … altro)

alĭa

(un’ … altra)

alĭum

(un … altro)

alĭi

(gli … altri)

alĭae

(le … altre)

alĭa

(gli … altri)

Genitivo

alīus

(di un … altro)

alīus

(di un’ …altra)

alīus

(di un … altro)

alĭōrum

(degli … altri)

alĭārum

(delle … altre)

alĭōrum

(degli … altri)

Dativo

alĭi

(a un … altro)

alĭi

(a un’ … altra)

alĭi

(a un … altro)

alĭis

(agli … altri)

alĭis

(alle … altre)

alĭis

(agli … altri)

Accusativo

alĭum

(un … altro)

alĭam

(un’ … altra)

alĭum

(un … altro)

alĭos

(gli … altri)

alĭas

(le … altre)

alĭa

(gli … altri)

Vocativo147

alĭe

(o … altro)

alĭa

(o … altra)

alĭum

(o … altro)

alĭi

(o … altri)

alĭae

(o … altre)

alĭa

(o … altri)

Ablativo

alĭo

(con un … altro)

alĭa

(con un’… altra)

alĭo

(con un … altro)

alĭis

(con … altri)

alĭis

(con … altre)

alĭis

(con … altri)

147 Per completezza riportiamo anche il vocativo, sebbene, in verità, esso sia attestato in genere solo

per gli aggettivi qualificativi e non anche per gli indefiniti come alĭus o i numerali come unus.

Appendice 9

375

Roma 2013

SECONDA CLASSE

litterālis, e148 Singolare Plurale

Maschile e

Femminile

Neutro Maschile e

Femminile

Neutro

Nominativo litterālis

(letterale)

litterāle

(letterale)

litterāles

(letterali)

littěralĭa

(letterali)

Genitivo litterālis

(di un … letterale)

litterālis

(di un … letterale)

littěralĭum

(dei … letterali)

littěralĭum

(dei … letterali)

Dativo litterāli

(a un … letterale)

litterāli

(a un … letterale)

littěralĭbus

(ai … letterali)

littěralĭbus

(ai … letterali)

Accusativo litterālem

(letterale)

litterāle

(letterale)

litterāles

(letterali)

littěralĭa

(letterali)

Vocativo litterālis

(o … letterale)

litterāle

(o … letterale)

litterāles

(o … letterali)

littěralĭa

(o … letterali)

Ablativo litterāli

(con un … letterale)

litterāli

(con un … letterale)

littěralĭbus

(con i … letterali)

littěralĭbus

(con i … letterali)

148 Gli aggettivi a tre uscite hanno la medesima flessione; al nominativo e vocativo singolare maschile

però hanno desinenza zero. Sono comunque un piccolo gruppo di nomi, tutti in er al nominativo

maschile singolare: per esempio, celer, ĕris, ĕre, «celere, rapido». Alcuni di questi, come abbiamo

visto accadere anche nella seconda declinazione, conservano la -e- solo al nominativo e vocativo

singolare maschile: ad esempio, terrester, stris, stre.

Studio Critico della Lingua Latina

376

Roma 2013

FLESSIONE DEL COMPARATIVO DI MAGGIORANZA

litteralĭor, ĭus Singolare Plurale

Maschile e

Femminile

Neutro Maschile e

Femminile

Neutro

Nominativo litterālĭor

(più letterale)

litterālĭus

(più letterale)

litterāliōres

(più letterali)

littěraliōra

(più letterali)

Genitivo litterāliōris

(di un … più letterale)

litterāliōris

(di un … più letterale)

littěraliōrum

(dei … più letterali)

littěraliōrum

(dei … più letterali)

Dativo litterālōri

(a un … più letterale)

litterālōri

(a un … più letterale)

littěraliorĭbus

(ai … più letterali)

littěraliorĭbus

(ai … più letterali)

Accusativo litterālōrem

(più letterale)

litterālĭus

(più letterale)

litterāliōres

(più letterali)

littěraliōra

(più letterali)

Vocativo litterālĭor

(o … più letterale)

litterālĭus

(o … più letterale)

litterāliōres

(o … più letterali)

littěraliōra

(o … più letterali)

Ablativo litterāliōre

(con un … più letterale)

litterāliōre

(con un … più letterale)

littěraliorĭbus

(con … più letterali)

littěraliorĭbus

(con … più letterali)

Roma

2013

377

Appendice 10

La flessione dei pronomi

IL PRONOME RELATIVO

qui, quae, quod Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo qui

(il quale)

quae

(la quale)

quod

(la qual cosa)

qui

(i quali)

quae

(le quali)

quae

(le quali cose)

Genitivo cuius

(del quale)

cuius

(della quale)

cuius

(della qual cosa)

quorum

(dei quali)

quarum

(delle quali)

quorum

(delle quali cose)

Dativo cui

(al quale)

cui

(alla quale)

cui

(alla qual cosa)

quibus

(ai quali)

quibus

(alle quali)

quibus

(alle quali cose)

Accusativo quem

(il quale)

quam

(la quale)

quod

(la qual cosa)

quos

(i quali)

quas

(le quali)

quae

(le quali cose)

Ablativo quo

(con il quale)

qua

(con la quale)

quo

(con la qual cosa)

quibus

(con i quali)

quibus

(con le quali)

quibus

(con le quali cose)

Studio Critico della Lingua Latina

378

Roma 2013

IL PRONOME INDEFINITO ALĬQUIS, ALĬQUID

Singolare Plurale

Maschile Neutro Maschile Neutro

Nominativo alĭquis

(qualcuno)

alĭquid

(qualche cosa)

alĭqui

(alcuni)

alĭqua

(alcune cose)

Genitivo alicuius

(di qualcuno)

alicuius

rei149

(di qualche cosa)

ali quorum

(di alcuni)

aliquārum rerum

(di alcune cose)

Dativo alicui

(a qualcuno)

alicui rei

(a qualche cosa)

aliquĭbus

(ad alcuni)

aliquĭbus rebus

(ad alcune cose)

Accusativo alĭquem

(qualcuno)

alĭquid

(qualche cosa)

alĭquos

(alcuni)

alĭqua

(alcune cose)

Ablativo ab alĭquo

(da qualcuno)

ab alĭqua re

(da qualche cosa)150

ab aliquĭbus

(da alcuni)

ab aliquĭbus rebus

(da alcune cose)

149 Al neutro, nei casi obliqui i pronomi sono sempre accompagnati dal sostantivo res, rei. 150 L’ablativo semplice neutro, in verità, non riferendosi a persone, ma a cose, potrebbe anche avere

valore strumentale; tuttavia, qui e in seguito, lo facciamo precedere anch’esso dalla preposizione ab

per omogeneità con la flessione presentata.

Appendice 10

379

Roma 2013

L’AGGETTIVO INDEFINITO ALĬQUI, ALĬQUA, ALĬQUOD

Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo alĭqui

(qualche …)

alĭqua

(qualche …)

alĭquod

(qualche …)

alĭqui

(alcuni …)

alĭquae

(alcune …)

alĭqua

(alcuni …)

Genitivo alicuius151

(di qualche …)

alicuius

(di qualche …)

alicuius

(di qualche …)

aliquōrum

(di alcuni …)

aliquārum

(di alcune …)

aliquōrum

(di alcuni …)

Dativo alĭcui

(a qualche …)

alĭcui

(a qualche …)

alĭcui

(a qualche …)

aliquĭbus

(ad alcuni …)

aliquĭbus

(ad alcune …)

aliquĭbus

(ad alcuni …)

Accusativo alĭquem

(qualche …)

alĭquam

(qualche …)

alĭquod

(qualche …)

alĭquos

(alcuni …)

alĭquas

(alcune …)

alĭqua

(alcuni …)

Ablativo alĭquo

(con qualche …)

alĭqua

(con qualche …)

alĭquo

(con qualche …)

aliquĭbus

(con alcuni …)

aliquĭbus

(con alcune …)

aliquĭbus

(con alcuni …)

151 Quando la desinenza īus del genitivo singolare dei pronomi è preceduta dalla vocale u, si forma

il dittongo ui; l’accento allora cade sul primo elemento, ovvero sulla u: alicúius, húius, cúius. Se

invece la desinenza è preceduta da una consonante, l’accento tonico cade sulla i lunga di īus: illíus,

istíus, ipsíus.

Studio Critico della Lingua Latina

380

Roma 2013

PRONOMI DIMOSTRATIVI

hic, haec, hoc Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo hic

(questo)

haec

(questa)

hoc

(questa cosa)

hi

(questi)

hae

(queste)

haec

(queste cose)

Genitivo huius

(di questo)

huius

(di questa)

huius

(di questa cosa)

horum

(di questi)

harum

(di queste)

horum

(di queste cose)

Dativo huic

(a questo)

huic

(a questa)

huic

(a questa cosa)

his

(a questi)

his

(a queste)

his

(a queste cose)

Accusativo hunc

(questo)

hanc

(questa)

hoc

(questa cosa)

hos

(questi)

has

(queste)

haec

(queste cose)

Ablativo hoc

(con questo)

hac

(con questa)

hoc

(con questa cosa)

his

(con questi)

his

(con queste)

his

(con queste cose)

Appendice 10

381

Roma 2013

iste, ista, istud Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo iste

(codesto)

ista

(codesta)

istud

(codesta cosa)

isti

(codesti)

istae

(codeste)

ista

(codeste cose)

Genitivo istīus

(di codesto)

istīus

(di codesta)

istīus

(di codesta cosa)

istōrum

(di codesti)

istārum

(di codeste)

istōrum

(di codeste cose)

Dativo isti

(a codesto)

isti

(a codesta)

isti

(di codesta cosa)

istis

(a codesti)

istis

(a codeste)

istis

(a codeste cose)

Accusativo istum

(codesto)

istam

(codesta)

istud

(codesta cosa)

istos

(codesti)

istas

(codeste)

ista

(codeste cose)

Ablativo isto

(con codesto)

ista

(con codesta)

isto

(con codesta cosa)

istis

(con codesti)

istis

(con codeste)

istis

(con codeste cose)

Studio Critico della Lingua Latina

382

Roma 2013

ille, illa, illud Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo ille

(quello)

illa

(quella)

illud

(quella cosa)

illi

(quelli)

illae

(quelle)

illa

(quelle cose)

Genitivo illīus

(di quello)

illīus

(di quella)

illīus

(di quella cosa)

illōrum

(di quelli)

illārum

(di quelle)

illōrum

(di quelle cose)

Dativo illi

(a quello)

illi

(a quella)

illi

(a quella cosa)

illis

(di quelli)

illis

(di quelle)

illis

(a quelle cose)

Accusativo illum

(quello)

illam

(quella)

illud

(quella cosa)

illos

(quelli)

illas

(quelle)

illa

(quelle cose)

Ablativo illo

(con quello)

illa

(con quello)

illo

(con quella cosa)

illis

(con quelli)

illis

(con quelle)

illis

(con quelle cose)

Appendice 10

383

Roma 2013

PRONOMI DETERMINATIVI

is, ea, id Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo is

(egli)152

ea

(ella)

id

(esso)

ii (i, ei)

(loro)

eae

(loro)

ea

(essi)

Genitivo eius

(di lui)

eius

(di lei)

eius

(di esso)

eōrum

(di loro)

eārum

(di loro)

eōrum

(di essi)

Dativo ei

(a lui)

ei

(a lei)

ei

(a esso)

iis (is, eis)

(a loro)

iis (is, eis)

(a loro)

iis (is, eis)

(a essi)

Accusativo eum

(lui)

eam

(lei)

id

(ciò)153

eos

(loro)

eas

(loro)

ea

(loro)

Ablativo ab eo

(da lui)

ab ea

(da lei)

ab eo

(da esso)

ab iis (is, eis)

(da loro)

ab iis (is, eis)

(da loro)

ab iis (is, eis)

(da essi)

152 Is, ea, id può fungere sia da pronome personale di terza persona, così come lo traduciamo nella

tabella, sia come pronome dimostrativo equivalente all’italiano «quello, quella, ciò». 153 Traduciamo «ciò» anziché «esso», perché in italiano il pronome esso non può essere usato come

complemento oggetto.

Studio Critico della Lingua Latina

384

Roma 2013

idem, eădem,

idem

Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo idem

(il medesimo)

eădem

(la medesima)

idem

(la medesima

cosa)

iīdem

(idem, eidem)

(i medesimi)

erede

(le medesime)

eădem

(le medesime cose)

Genitivo eiusdem

(del medesimo)

eiusdem

(della

medesima)

eiusdem

(della medesima

cosa)

eorundem

(dei medesimi)

earundem

(delle medesime)

eorundem

(delle medesime cose)

Dativo eīdem

(al medesimo)

eīdem

(alla medesima)

eīdem

(alla medesima

cosa)

iisdem

(isdem,eisdem)

(ai medesimi)

iisdem

(isdem,eisdem)

(alle medesime)

iisdem

(isdem,eisdem)

(alle medesime cose)

Accusativo eundem

(il medesimo)

eandem

(la medesima)

idem

(la medesima

cosa)

eosdem

(i medesimi)

easdem

(le medesime)

eădem

(le medesime cose)

Ablativo eōdem

(con il

medesimo)

eādem

(con la

medesima)

eōdem

(con la medesima

cosa)

iisdem

(con i medesimi)

iisdem

(con le medesime)

iisdem

(con le medesime cose)

Appendice 10

385

Roma 2013

ipse, ipsa,

ipsum

Singolare Plurale

Maschile Femminile Neutro Maschile Femminile Neutro

Nominativo ipse

(egli

stesso)154

ipsa

(ella stessa)

ipsum

(esso stesso)

ipsi

(loro stessi)

ipsae

(loro stesse)

ipsa

(essi stessi)

Genitivo ipsīus

(di lui stesso)

ipsīus

(di lei stessa)

ipsīus

(di esso

stesso)

ipsōrum

(di loro stessi)

ipsārum

(di loro stesse)

ipsōrum

(di essi stessi)

Dativo ipsi

(a lui stesso)

ipsi

(a lei stessa)

ipsi

(ad esso

stesso)

ipsis

(a loro stessi)

ipsis

(a loro stesse)

ipsis

(a essi stessi)

Accusativo ipsum

(lui stesso)

ipsam

(lei stessa)

ipsum

(ciò stesso)

ipsos

(loro stessi)

ipsas

(loro stesse)

ipsa

(loro stessi)

Ablativo ab ipso

(da lui

stesso)

ab ipsa

(da lei stessa)

ab ipso

(da esso

stesso)

ab ipsis

(da loro stessi)

ab ipsis

(da loro stesse)

ab ipsis

(da essi stessi)

154 Ipse, con valore di pronome, si traduce con «egli stesso, proprio egli»; come aggettivo invece ha

valore di rafforzativo equivalente all’italiano «stesso».

Studio Critico della Lingua Latina

386

Roma 2013

PRONOMI PERSONALI

Singolare Plurale

1a persona 2a persona 3a persona 1a persona 2a persona 3a persona

Nominativo ego

(io)

tu

(tu)

_ nos

(noi)

vos

(voi)

_

Genitivo mei

(di me)

tui

(di te)

sui

(di sé)

nostri/nostrum155

(di noi)

vestri/vestrum

(di voi)

sui

(di sé)

Dativo mihi

(a me)

tibi

(a te)

sibi

(a sé)

nobis

(a noi)

vobis

(a voi)

sibi

(a sé)

Accusativo me

(me)

te

(te)

se

(sé)

nos

(noi)

vos

(voi)

se

(sé)

Ablativo a me

(da me)

a te

(da te)

a se

(da sé)

a nobis

(da noi)

a vobis

(da voi)

a se

(da sé)

155 Le forme nostri e vestri si usano se hanno valore oggettivo, ovvero di complemento oggetto: per

esempio, in «miserēre nostri», in quanto il significato è «abbi misericordia verso di noi, nei nostri

confronti». Nostrum e vestrum invece hanno valore partitivo, si utilizzano cioè per indicare una

parte di un tutto: ad esempio, nell’espressione «complūres vestrum», «molti di voi».

Appendice 10

387

Roma 2013

PRONOME INDEFINITO NEGATIVO

nemo, nihil Maschile e Femminile Neutro

Nominativo nemo

(nessuno/a)

nihil

(niente)

Genitivo nullīus

(di nessuno/a)

nullīus rei

(di niente)

Dativo nemĭni

(a nessuno/a)

nulli rei

(a niente)

Accusativo nemĭnem

(nessuno/a)

nihil

(niente)

Ablativo a nullo

(da nessuno/a)

a nulla re

(da niente)

Studio Critico della Lingua Latina

388

Roma 2013

PRONOME INTERROGATIVO QUIS, QUID

Singolare Plurale

Maschile e

Femminile

Neutro Maschile e

Femminile

Neutro

Nominativo quis?

(chi?)

quid?

(che cosa?)

qui?

(chi?)

quae?

(che cosa?)

Genitivo cuius?

(di chi?)

cuius rei?

(di che cosa?)

quorum?

(di chi?)

quarum rerum?

(di che cosa?)

Dativo cui?

(a chi?)

cui rei?

(a che cosa?)

quibus?

(a chi?)

quibus rebus?

(a che cosa?)

Accusativo quem?

(chi?)

quid?

(che cosa?)

quos?

(chi?)

quae?

(che cosa?)

Ablativo a quo?

(da chi)

a qua re?

(da che cosa?)

a quibus?

(da chi?)

a quibus?

(da che cosa?)

Roma

2013

389

Appendice 11

Le quattro coniugazioni

verbali

Indicativo Presente Attivo

1a

coniugazione

in -āre

2a

coniugazione

in -ēre

3a

coniugazione

in -ĕre

4a

coniugazione

in –īre

1a singolare signifĭc-o

(significo)

hab-ĕ-o

(ho)

dic-o

(dico)

inven-ĭ-o

(trovo)

2a singolare signifĭc-a-s

(significhi)

hab-e-s

(hai)

dic-i-s

(dici)

invĕn-i-s

(trovi)

3a singolare signifĭc-a-t

(significa)

hab-e-t

(ha)

dic-i-t

(dice)

invĕn-i-t

(trova)

1a plurale signific-ā-mus

(significhiamo)

hab-ē-mus

(abbiamo)

dic-ĭ-mus

(diciamo)

inven-ī-mus

(troviamo)

2a plurale signific-ā-tis

(significate)

hab-ē-tis

(avete)

dic-ĭ-tis

(dite)

inven-ī-tis

(trovate)

3a plurale signifĭc-a-nt

(significano)

hab-e-nt

(hanno)

dic-u-nt

(dicono)

inven-ĭu-nt

(trovano)

Studio Critico della Lingua Latina

390

Roma 2013

Indicativo Presente Passivo-Deponente

1a

coniugazione

in -āre

2a

coniugazione

in -ēre

3a

coniugazione

in -ĕre

4a

coniugazione

in –īre

1a singolare fund-o-r

(sono fondato)

vid-ĕ-o-r

(sembro)

ger-o-r

(sono compiuto)

inven-ĭ-o-r

(sono trovato)

2asingolare fund-ā-ris

(sei fondato)

vid-ē-ris

(sembri)

ger-ĕ-ris

(sei compiuto)

inven-ī-ris

(sei trovato)

3a singolare fund-ā-tur

(è fondato)

vid-ē-tur

(sembra)

ger-ĭ-tur

(è compiuto)

inven-ī-tur

(è trovato)

1a plurale fund-ā-mur

(siamo fondati)

vid-ē-mur

(sembriamo)

ger-ĭ-mur

(siamo compiuti)

inven-ī-mur

(siamo trovati)

2a plurale fund-a-mĭni

(siete fondati)

vid-e-mĭni

(sembrate)

ger-i-mĭni

(siete compiuti)

inven-i-mĭni

(siete trovati)

3a plurale fund-a-ntur

(sono fondati)

vid-e-ntur

(sembrano)

ger-u-ntur

(sono compiuti)

inven-iu-ntur

(sono trovati)

Appendice 11

391

Roma 2013

Congiuntivo Presente Attivo

1a coniugazione

in -āre

2a coniugazione

in –ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare signifĭc-e-m

(che io significhi)

hab-ĕa-m

(che io abbia)

dic-a-m

(che io dica)

inven-ĭa-m

(che io trovi)

2a singolare signifĭc-e-s

(che tu significhi)

hab-ĕa-s

(che tu abbia)

dic-a-s

(che tu dica)

inven-ĭa-s

(che tu trovi)

3a singolare signifĭc-e-t

(che egli significhi)

hab-ĕa-t

(che egli abbia)

dic-a-t

(che egli dica)

inven-ĭa-t

(che egli trovi)

1a plurale signifĭc-ē-mus

(che noi significhiamo)

hab-eā-mus

(che noi abbiamo)

dic-ā-mus

(che noi diciamo)

inven-iā-mus

(che noi troviamo)

2a plurale signifĭc-ē-tis

(che voi significhiate)

hab-eā-tis

(che voi abbiate)

dic-ā-tis

(che voi diciate)

inven-iā-tis

(che voi troviate)

3a plurale signifĭc-e-nt

(che essi significhino)

hab-ĕa-nt

(che essi abbiano)

dic-a-nt

(che essi dicano)

inven-ĭa-nt

(che essi trovino)

Studio Critico della Lingua Latina

392

Roma 2013

Congiuntivo Presente Passivo-Deponente

1a coniugazione

in -āre

2a coniugazione

in –ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare fund-e-r

(che io sia fondato)

vid-ĕa-r

(che io sembri)

ger-a-r

(che io sia compiuto)

inven-ĭa-r

(che io sia trovato)

2a singolare fund-ē-ris

(che tu sia fondato)

vid-eā-ris

(che tu sembri)

ger-ā-ris

(che tu sia compiuto)

inven-iā-ris

(che tu sia trovato)

3a singolare fund-ē-tur

(che egli sia fondato)

vid-eā-tur

(che egli sembri)

ger-ā-tur

(che egli sia compiuto)

inven-iā-tur

(che egli sia trovato)

1a plurale fund-ē-mur

(che voi siate fondati)

vid-eā-mur

(che noi sembriamo)

ger-ā-mur

(che noi siamo compiuti)

inven-iā-mur

(che noi siamo trovati)

2a plurale fund-e-mĭni

(che voi siate fondati)

vid-ea-mĭni

(che voi sembriate)

ger-a-mĭni

(che voi siate compiuti)

inven-ia-mĭni

(che voi siate trovati)

3a plurale fund-e-ntur

(che essi siano fondati)

vid-eā-ntur

(che essi sembrino)

ger-a-ntur

(che essi siano compiuti)

inven-ia-ntur

(che essi siano trovati)

Appendice 11

393

Roma 2013

Indicativo Perfetto Attivo

1a coniugazione

in -āre

2a coniugazione

in -ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in -īre

1a singolare significāv-i

(ho significato, significai,

ebbi significato)156

habŭ-i

(ho avuto, ebbi, ebbi

avuto)

dix-i

(ho detto, dissi, ebbi

detto)

invēn-i

(ho trovato, trovai, ebbi

trovato)

2a singolare significav-isti

(hai significato, significasti,

avesti significato)

habu-isti

(hai avuto, avesti, avesti

avuto)

dix-isti

(hai detto, dicesti, avesti

detto)

inven-isti

(hai trovato, trovasti,

avesti trovato)

3a singolare significāv-it

(ha significato, significò,

ebbe significato)

habŭ-it

(ha avuto, ebbe, ebbe

avuto)

dix-it

(ha detto, disse, ebbe

detto)

invēn-it

(ha trovato, trovò, ebbe

trovato)

1a plurale significav-ĭmus

(abbiamo significato, significammo,

avemmo significato)

habu-ĭmus

(abbiamo avuto, avemmo,

avemmo avuto)

dix-ĭmus

(abbiamo detto, dicemmo,

avemmo detto)

inven-ĭmus

(abbiamo trovato, trovammo,

avemmo trovato)

2a plurale significav-istis

(avete significato, significaste,

aveste significato)

habu-istis

(avete avuto, aveste,

aveste avuto)

dix-istis

(avete detto, diceste,

aveste detto)

inven-istis

(avete trovato, trovaste,

aveste trovato)

3a plurale significav-ērunt

(hanno significato, significarono,

ebbero significato)

habu-ērunt

(hanno avuto, ebbero,

ebbero avuto)

dix-ērunt

(hanno detto, dissero,

ebbero detto)

inven-ērunt

(hanno trovato, trovarono,

ebbero trovato)

156 Si è soliti insegnare che il perfetto indicativo latino in italiano può essere tradotto con

l’indicativo passato prossimo, passato remoto o trapassato remoto.

Studio Critico della Lingua Latina

394

Roma 2013

Indicativo Perfetto Passivo

1a coniugazione in

-āre

2a coniugazione in

-ēre

3a coniugazione

in -ĕre

4a coniugazione

in –īre

1a singolare significātus, a, um

sum

(sono stato significato, fui

significato, fui stato

significato)

habĭtus, a, um sum

(sono stato avuto, fui avuto,

fui stato avuto)

dictus, a, um

sum

(sono stato detto, fui detto,

fui stato detto)

inventus, a, um

sum

(sono stato trovato, fui

trovato, fui stato trovato)

2a singolare significātus, a, um

es

(sei stato significato, fosti

significato, fosti stato

significato)

habĭtus, a, um es

(sei stato avuto, fosti avuto,

fosti stato avuto)

dictus, a, um

es

(sei stato detto, fosti detto,

fosti stato detto)

inventus, a, um

es

(sei stato trovato, fosti

trovato, fosti stato trovato)

3a singolare significātus, a, um

est

(è stato significato, fu

significato, fu stato

significato)

habĭtus, a, um est

(è stato avuto, fu avuto, fu

stato avuto)

dictus, a, um

est

(è stato detto, fu detto, fu

stato detto)

inventus, a, um

est

(è stato trovato, fu trovato,

fu stato trovato)

1a plurale significāti, ae, a

sumus

(siamo stati significati,

fummo significati, fummo

stati significati)

habĭti, ae, a sumus

(siamo stati avuti, fummo

avuti, fummo stati avuti)

dicti, ae, a

sumus

(siamo stati detti, fummo

detti, fummo stati detti)

inventi, ae, a

sumus

(siamo stati trovati,

fummo trovati, fummo

stati trovati)

2a plurale significāti, ae, a

estis

(siete stati significati, foste

significati, foste stati

significati)

habĭti, ae, a

estis

(siete stati avuti, foste avuti,

foste stati avuti)

dicti, ae, a

estis

(siete stati detti, foste detti,

foste stati detti)

inventi, ae, a

estis

(siete stati trovati, foste

trovati, foste stati trovati)

3a plurale significāti, ae, a

sunt

(sono stati significati, furono

significati, furono stati

significati)

habĭti, ae, a

sunt

(sono stati avuti, furono

avuti, furono stati avuti)

dicti, ae, a

sunt

(sono stati detti, furono

detti, furono stati detti)

inventi, ae, a

sunt

(sono stati trovati, furono

trovati, furono stati

trovati)

Appendice 11

395

Roma 2013

Infinito Presente

Attivo Passivo-Deponente

Prima Coniugazione signific-āre

(significare)

signific-āri

(essere significato)

Seconda Coniugazione hab-ēre

(avere)

hab-ēri

(essere avuto)

Terza Coniugazione dic-ĕre

(dire)

dic-i

(essere detto)

Quarta Coniugazione inven-īre

(trovare)

inven-īri

(essere trovato)

Infinito Perfetto

Attivo Passivo-Deponente

Prima Coniugazione significav-isse

(avere significato)

significāt-um157, am, um esse

(essere stato significato)

Seconda Coniugazione habu-isse

(avere avuto)

habĭt-um, am, um esse

(essere stato avuto)

Terza Coniugazione dix-isse

(avere detto)

dict-um, am, um esse

(essere stato detto)

Quarta Coniugazione inven-isse

(avere trovato)

invent-um, am, um esse

(essere stato trovato)

157 L'infinito perfetto passivo viene indicato con il participio declinato all'accusativo singolare, perché

questa forma verbale solitamente è utilizzata appunto all'accusativo, nelle proposizioni infinitive.

Studio Critico della Lingua Latina

396

Roma 2013

Participio

Presente Futuro Passato

Prima

Coniugazione

signifĭc-ans, antis

(che significa)

significat-ūrus, a, um

(che significherà)

significāt-us, a, um

(che è stato significato)

Seconda

Coniugazione

hab-ens, entis

(che ha)

habit-ūrus, a, um

(che avrà)

habĭt-us, a, um

(che è stato avuto)

Terza

Coniugazione

dic-ens, entis

(che dice)

dict-ūrus, a, um

(che dirà)

dict-us, a, um

(che è stato detto)

Quarta

Coniugazione

inven-ĭens, ĭentis

(che trova)

invent-ūrus, a, um

(che troverà)

invent-us, a, um

(che è stato trovato)

Appendice 11

397

Roma 2013

Gerundio

1a Coniugazione 2a Coniugazione 3a Coniugazione 4a Coniugazione

Genitivo signific-andi

(del significare)

hab-endi

(dell’avere)

dic-endi

(del dire)

inven-iendi

(del trovare)

Dativo signific-ando

(al significare)

hab-endo

(all’avere)

dic-endo

(al dire)

inven-iendo

(al trovare)

Accusativo (ad) signific-andum158

(per il significare)

(ad) hab-endum

(per l’avere)

(ad) dic-endum

(per il dire)

(ad) inven-iendum

(per il trovare)

Ablativo signific-ando

(con il significare)

hab-endo

(con l’avere)

dic-endo

(con il dire)

inven-iendo

(con il trovare)

Gerundivo

Prima Coniugazione signific-andus, a, um

(da essere significato)

Seconda Coniugazione hab-endus, a, um

(da essere avuto)

Terza Coniugazione dic-endus, a, um

(da essere detto)

Quarta Coniugazione inven-iendus, a, um

(da essere trovato)

158 È consuetudine mettere la preposizione ad tra parentesi, perché il gerundio non si usa semplice

al caso accusativo e solitamente è utilizzato insieme a ad per formare il complemento di fine.

Studio Critico della Lingua Latina

398

Roma 2013

Verbi in –ĭo della Terza Coniugazione

Attivo Passivo-Deponente

Indicativo159

Presente

Congiuntivo

Presente

Indicativo

Presente

Congiuntivo

Presente

1a singolare fac-ĭo

(faccio)

fac-ĭam

(che io faccia)

fac-ĭor

(sono fatto)

fac-ĭar

(che io sia fatto)

2a singolare fac-ĭs

(fai)

fac-ĭas

(che tu faccia)

fac-ĕris

(sei fatto)

fac-iāris

(che tu sia fatto)

3a singolare fac-ĭt

(fa)

fac-ĭat

(che egli faccia)

fac-ĭtur

(è fatto)

fac-iātur

(che egli sia fatto)

1a plurale fac-ĭmus

(facciamo)

fac-iāmus

(che noi facciamo)

fac-ĭmur

(siamo fatti)

fac-iāmur

(che noi siamo fatti)

2a plurale fac-ĭtis

(fate)

fac-iātis

(che voi facciate)

fac-ĭmini

(siete fatti)

fac-iāmini

(che voi siate fatti)

3a plurale fac-ĭunt

(fanno)

fac-ĭant

(che essi facciano)

fac-iuntur

(sono fatti)

fac-iāntur

(che essi siano fatti)

159 Non riportiamo i tempi derivati dal perfettto e dal supino, perché sono regolari, secondo il

modello della terza coniugazione.

Appendice 11

399

Roma 2013

Gerundio dei verbi in –ĭo

di 3a Coniugazione

Genitivo fac-iendi

(del far)

Dativo fac-iendo

(al fare)

Accusativo (ad) fac-iendum

(per il fare)

Ablativo fac-iendo

(con il fare)

Gerundivo dei verbi in –ĭo di

3a Coniugazione

fac-iendus, a, um

(da essere fatto)

Studio Critico della Lingua Latina

400

Roma 2013

Participio Presente dei verbi in –ĭo di

3a Coniugazione

fac-iens, ientis

(che fa)

Infinito Presente dei verbi in –ĭo di

3a Coniugazione

Attivo fac-ĕre

(fare)

Passivo fac-i

(essere fatto)

Roma

2013

401

Appendice 12

La coniugazione del verbo

sum e possum

Indicativo presente

1a singolare s-u-m (sono)

2a singolare e-s (sei)

3a singolare es-t (è)

1a plurale s-u-mus (siamo)

2a plurale es-tis (siete)

3a plurale s-u-nt (sono)

Indicativo presente

1a singolare pos-sum (posso)

2a singolare pot-es (puoi)

3a singolare pot-est (può)

1a plurale pos-sŭmus (possiamo)

2a plurale pot-estis (potete)

3a plurale pos-sunt (possono)

Studio Critico della Lingua Latina

402

Roma 2013

Congiuntivo presente

1a singolare s-i-m (che io sia)

2a singolare s-i-s (che tu sia)

3a singolare s-i-t (che egli sia)

1a plurale s-i-mus (che noi siamo)

2a plurale s-i-tis (che voi siate)

3a plurale s-i-nt (che essi siano)

Congiuntivo presente

1a singolare pos-sim (che io possa)

2a singolare pos-sis (che tu possa)

3a singolare pos-sit (che egli possa)

1a plurale pos-sīmus (che noi possiamo)

2a plurale pos-sītis (che voi possiate)

3a plurale pos-sint (che essi possano)

Appendice 12

403

Roma 2013

Indicativo perfetto

1a singolare fu-i (fui)

2a singolare fu-isti (fosti)

3a singolare fu-it (fu)

1a plurale fu-ĭmus (fummo)

2a plurale fu-istis (foste)

3a plurale fu-ērunt (furono)

Indicativo perfetto

1a singolare potŭ-i (potei)

2a singolare potu-isti (potesti)

3a singolare potŭ-it (poté)

1a plurale potu-ĭmus (potemmo)

2a plurale potu-istis (poteste)

3a plurale potu-ērunt (poterono)

Infinito

Presente esse (essere)

Perfetto fuisse (essere stato)

Infinito

Presente posse (potere)

Perfetto potuisse (essere/avere potuto)

Participio

Futuro futurus, a, um (che sarà)

Participio

Presente pot-ens, entis (potente, che può)

Roma 2013

404

APPENDICE 13

Schede vuote

ANALISI DEL PERIODO: ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

Elencare le congiunzioni

specificandone il tipo

Elencare pronomi

relativi (e avverbi)

specificando il

termine al quale si

riferiscono

Elencare i

predicati (verbali

o nominali)

Elencare le proposizioni, indicando per ciascuna la congiunzione,

il pronome relativo o l’avverbio da cui è introdotta e il predicato

verbale o nominale che la caratterizza

1

2

Elencare in ordine degradante le proposizioni

reggenti, complementari e attributive, indicando per

ciascuna il grado e il tipo

Disegnare il diagramma di flusso dell’intero periodo

1

2

Appendice 13

Roma 2013

405

LEGENDA

Avverbi: modali, temporali, locativi, interrogativi semplici e disgiuntivi, affermativi,

negativi, dubitativi, rafforzativi

Congiunzioni coordinative: copulative, disgiuntive inclusive o esclusive, avversative, esplicative, conclusive

Congiunzioni subordinative: dichiarative, consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive,

comparative, eccettuative, privative, ipotetiche

Proposizioni reggenti: enunciative, interrogative dirette, esclamative, esortative, ottative, concessive,

dubitative, potenziali, imperative

Proposizioni complementari dirette: soggettive, oggettive, interrogative indirette

Proposizioni complementari indirette: consecutive, causali, finali, modali, temporali, locative, concessive, comparative,

eccettuative, privative, condizionali, incidentali

Studio Critico della Lingua Latina

406

Roma 2013

ANALISI DELLA PROPOSIZIONE: ............................................................................................................................. .........................

Predicato

(verbale o nominale)

Soggetto Complementi diretti

(oggetto o predicativo)

Connettori

Complementi indiretti

Complementi indiretti

Appendice 13

Roma 2013

407

ANALISI DELLA PAROLA: ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

Parola

Parte del discorso

(sostantivo, verbo,

aggettivo, pronome,

avverbio, congiunzione,

preposizione,

esclamazione)

Paradigma e diatesi (verbi)

Declinazione (sostantivi)

Classe (aggettivi)

Tipo(avverbi, pronomi, congiunzioni)

Complemento (preposizioni)

Modo

(verbi)

Caso

(sostantivi, aggettivi e pronomi)

Concordanza

(aggettivi, pronomi)

Tempo

(verbi)

Genere

(sostantivi, aggettivi e

pronomi)

Persona

(verbi)

Numero

(verbi , sostantivi,

aggettivi e pronomi)

Roma 2013

408

APPENDICE 14

Indice dei nomi

A

ablativo; 51

ablativo semplice; 211 con valore causale; 212 con valore modale; 211 con valore strumentale; 211

accento che cosa è?; 23 legge della penultima; 24 tonico; 23

accusativo; 51

accusativo alla greca; 171

aggettivi che cosa sono?; 85 di grado positivo, comparativo e superlativo; 99 di prima classe; 58; 73 di seconda classe; 96 di seconda classe con ablativo singolare in e; 174 indefiniti; 101; 123 numerali cardinali e ordinali; 85 numerali cardinali invariabili; 184 numerali moltiplicativi; 170 possessivi; 157; 158 pronominali; 76; 138 qualificativi; 85

alfabeto latino; 25

alĭus e alter; 265

apocope; 24

apodosi; 321

apofonia; 125; 215

apposizioni; 34

aspetto dell’azione verbale; 61

attrazione del relativo; 182

attributi; 34

avverbi; 86; 184 che cosa sono?; 109 locativi d'origine; 110 rafforzativi; 184

C

casi; 50 indiretti o obliqui; 52 retti; 51

chiasmo; 214

complementi

che cosa sono?; 18; 33 d'agente e di causa efficiente; 79 di argomento; 170 di eccedenza; 169; 195 di fine; 142 di limitazione; 121 di mezzo; 254 di modo; 121 di moto a luogo; 142 di moto da luogo; 144 di moto per luogo; 254 di pertinenza; 253; 302 di separazione; 144; 182 di specificazione; 50 di stato in luogo; 53 di termine; 51 di vocazione; 51 diretti; 33 d'origine; 121 indiretti; 33 oggetto; 33; 51 predicativo del soggetto; 171 predicativo dell'oggetto; 172

concordanza; 85 a senso; 98; 181

congiuntivo; 60; 190

congiuntivo nelle reggenti concessivo; 191 dubitativo; 191 esortativo; 190 ottativo; 190 potenziale; 191 suppositivo; 191

congiuntivo nelle subordinate attrazione modale; 102; 192; 233 eventuale; 102; 191; 233 obliquo; 102; 191; 233

congiuntivo presente attivo delle quattro coniugazioni;

103

congiuntivo presente del verbo sum; 105

congiuntivo presente passivo-deponente delle quattro

coniugazioni; 104

congiunzioni che cosa sono?; 30; 87 coordinative avversative; 110; 140 coordinative conclusive; 140; 154; 189 coordinative copulative; 87; 109; 144; 169 coordinative disgiuntive inclusive e esclusive; 88 coordinative e subordinative; 41 coordinative esplicative; 108; 169

Appendice 14

409

Roma 2013

subordinative causali; 210 subordinative dichiarative; 31

coniugazioni che cosa sono?; 53 le quattro coniugazioni; 61

costruzione diretta; 212

cum i suoi significati come congiunzione; 249

D

dativo; 51

dativo d'agente; 232

declinazioni che cosa sono?; 52 dei comparativi di maggioranza; 99 dei nomi stranieri; 116 prima; 57 quarta; 115 quinta; 137 seconda; 70 terza; 93 terza declinazione in dentale; 124 terza declinazione in gutturale; 125 terza declinazione in nasale; 125

desinenze che cosa sono?; 49 desinenza zero; 71; 74; 97; 173 desinenze verbali del perfetto; 118 pronominali; 52; 138 verbali; 59 verbali attive; 59 verbali passivo-deponenti; 77

diacritico; 22

diatesi attiva; 78 che cosa è?; 78 deponente; 79 passiva; 78 riflessiva; 79

dieresi; 22

dittonghi latini; 25

dittongo; 22; 140

divisione in sillabe; 25

doppio accusativo e doppio nominativo; 172

doppio triangolo semantico; 247

dum; 210

E

enclitica; 24; 144; 215

epesegesi; 249

esclamazioni; 86

essere con valore ausiliare; 28 con valore copulativo; 29 con valore predicativo; 28; 208

etĭam congiunzione o avverbio?; 254; 322

etimologia; 128

eufonia; 144; 182

F

flessione; 52

G

genitivo; 50

gerundio; 125

gerundivo; 142

I

idem, eădem, idem; 157

imperativo; 60

imperfetto; 117

indicativo; 60; 190

indicativo perfetto attivo delle quattro coniugazioni;

118

indicativo perfetto del verbo sum; 119

indicativo perfetto passivo delle quattro coniugazioni;

283

indicativo presente attivo delle quattro coniugazioni; 62

indicativo presente del verbo sum; 63

indicativo presente passivo delle quattro coniugazioni;

77

infinito del verbo sum; 167

infinito perfetto attivo e passivo delle quattro

coniugazioni; 166

infinito presente attivo e passivo delle quattro

coniugazioni; 153

interiezioni; 85

interpretazione tipologica; 279

ipse, a, um; 158

is, ea, id; 157

L

lectĭo facilĭor; 232

M

maiuscola a inizio parola; 25

modi verbali; 60 espliciti o finiti; 60 impliciti o indefiniti; 60; 153

morfologia; 103

N

nesso relativo; 181

neutro; 72

nominativo; 50

P

paradigma; 81

parisillabi e imparisillabi; 94

parola analisi della parola; 17 gli otto elementi del discorso; 17; 81

Studio Critico della Lingua Latina

410

Roma 2013

indeclinabile o invariabile; 49 scheda di analisi della parola; 80

participio ablativo assoluto; 252 attivo o presente; 193 attributivo; 253 congiunto; 251 futuro; 282 nominale; 213; 251 passivo o passato; 166

perfetto; 117 perfetto debole e perfetto forte; 119 perfetto logico; 117; 118 perfetto storico; 117

perifrastica passiva; 143; 231

periodo analisi del periodo; 19 che cosa è un diagramma di flusso?; 46 che cos'è?; 16 elementi sintattici significativi; 43 scheda di analisi del periodo; 40 struttura di un periodo; 36

periodo ipotetico; 321

pertinĕo con ad + l'accusativo; 263

prefissi; 49

preposizioni; 34; 86

presente; 117

prolessi o anticipazione del relativo; 182; 249

pronomi casi obliqui neutri; 124; 139 che cosa sono?; 31 determinativi; 155 dimostrativi; 138 indefiniti; 122 indefiniti negativi; 164 interrogativi; 165 personali; 158 personali con valore partitivo e oggettivo; 159 relativi; 31; 152 relativo con dimostrativo o determinativo sottinteso; 209

pronuncia ecclesiastica; 20 regole della pronuncia ecclesiastica; 22 restituta; 21

proposizioni analisi della proposizione; 19 attributive; 36

coordinate o subordinate?; 46 avversative; 250 che cosa sono?; 19; 33 classificare le proposizioni; 44 complementari; 36 complementari dirette oggettive; 169 complementari dirette soggettive; 37 incidentali; 280 infinitive; 230 reggenti; 35 reggenti enunciative; 45 relative improprie; 228 scheda di analisi della proposizione; 63 specificare il grado di subordinazione; 45 struttura di una proposizione; 34

protasi; 321

prout; 304

Q

quantità; 23

quattro sensi della Sacra Scrittura; 248

R

radice; 49

referente; 245

S

sensi spirituali della Sacra Scrittura allegorico; 280 anagogico; 304 morale; 283

significante; 245

sillaba lunga e breve, aperta e chiusa; 23

sillogismo; 107

sintassi; 19; 32

soggetto; 18; 33

soggetto e predicato nominale secondo Aristotele; 301

sostantivo; 84

suffissi; 49; 61

T

tema verbale; 61 del perfetto; 119 del presente, del perfetto e del supino; 82

tempi verbali; 60

triangolo semantico; 246

U

ut equivocamente incidentale, modale e comparativa; 321 i suoi significati; 232

V

verbi atematici o irregolari; 63 che cosa sono?; 18 composti; 166 copulativi; 29 difettivi; 83 impersonali; 37 in ĭo di terza coniugazione; 127 intransitivi; 78 modali; 141 nominali; 125 predicativi; 28 semideponenti; 80 suppletivi; 83 transitivi; 78

viděor; 182

vocale tematica; 61

vocativo; 51

Roma

2013

411

SOMMARIO

Prefazione.................................................................................. Errore. Il segnalibro non è definito.

Prefazione ........................................................................................................................................... 3

Introduzione ...................................................................................................................................... 5

Prima Lezione .................................................................................................................................. 15

Seconda Lezione .............................................................................................................................. 27

Terza Lezione ................................................................................................................................... 40

Quarta Lezione ................................................................................................................................ 57

Quinta Lezione ................................................................................................................................ 70

Parola ........................................................................................................................................ 90

Persona ...................................................................................................................................... 90

(verbi) ......................................................................................................................................... 90

Numero ...................................................................................................................................... 90

Parola ........................................................................................................................................ 91

Persona ...................................................................................................................................... 91

(verbi) ......................................................................................................................................... 91

Numero ...................................................................................................................................... 91

Sesta Lezione .................................................................................................................................... 93

Settima Lezione ............................................................................................................................. 115

Parola ...................................................................................................................................... 134

Persona .................................................................................................................................... 134

(verbi) ....................................................................................................................................... 134

Numero .................................................................................................................................... 134

Ottava Lezione ............................................................................................................................... 137

Parola ...................................................................................................................................... 150

Persona .................................................................................................................................... 150

(verbi) ....................................................................................................................................... 150

Numero .................................................................................................................................... 150

Nona Lezione ................................................................................................................................. 152

Parola ...................................................................................................................................... 163

Persona .................................................................................................................................... 163

(verbi) ....................................................................................................................................... 163

Studio Critico della Lingua Latina

412

Roma 2013

Numero .................................................................................................................................... 163

Decima Lezione ............................................................................................................................. 164

Parola ...................................................................................................................................... 178

Persona .................................................................................................................................... 178

(verbi) ....................................................................................................................................... 178

Numero .................................................................................................................................... 178

Undicesima Lezione ...................................................................................................................... 180

Parola ...................................................................................................................................... 189

Persona .................................................................................................................................... 189

(verbi) ....................................................................................................................................... 189

Numero .................................................................................................................................... 189

Dodicesima Lezione ...................................................................................................................... 190

Parola ...................................................................................................................................... 201

Persona .................................................................................................................................... 201

(verbi) ....................................................................................................................................... 201

Numero .................................................................................................................................... 201

Parola ...................................................................................................................................... 205

Persona .................................................................................................................................... 205

(verbi) ....................................................................................................................................... 205

Numero .................................................................................................................................... 205

Tredicesima Lezione ..................................................................................................................... 207

Parola ...................................................................................................................................... 222

Persona .................................................................................................................................... 222

(verbi) ....................................................................................................................................... 222

Numero .................................................................................................................................... 222

Parola ...................................................................................................................................... 225

Persona .................................................................................................................................... 225

(verbi) ....................................................................................................................................... 225

Numero .................................................................................................................................... 225

Quattordicesima Lezione ............................................................................................................. 227

Quindicesima Lezione .................................................................................................................. 246

Sedicesima Lezione ....................................................................................................................... 263

Diciassettesima Lezione ............................................................................................................... 280

Diciottesima Lezione .................................................................................................................... 302

Diciannovesima lezione ............................................................................................................... 320

APPENDICI ....................................................................................................................................... 335

Sommario

413

Roma 2013

APPENDICE 1 .................................................................................................................................... 336

Testo di san Tommaso .................................................................................................................. 336

in originale ..................................................................................................................................... 336

APPENDICE 2 .................................................................................................................................... 339

Testo di san Tommaso .................................................................................................................. 339

APPENDICE 3 .................................................................................................................................... 346

Congiunzioni e avverbi incontrati .............................................................................................. 346

APPENDICE 4 .................................................................................................................................... 348

Preposizioni e complementi incontrati ...................................................................................... 348

APPENDICE 5 .................................................................................................................................... 349

Paradigmi dei verbi incontrati .................................................................................................... 349

APPENDICE 6 .................................................................................................................................... 351

Sostantivi ........................................................................................................................................ 351

e aggettivi di I e II classe incontati .............................................................................................. 351

APPENDICE 7 .................................................................................................................................... 355

Etimologie presentate ................................................................................................................... 355

APPENDICE 8 .................................................................................................................................... 358

Le cinque declinazioni .................................................................................................................. 358

dei sostantivi .................................................................................................................................. 358

Appendice 9 ................................................................................................................................... 371

Le due classi di flessione degli aggettivi.................................................................................... 371

Appendice 10 ................................................................................................................................. 377

La flessione dei pronomi .............................................................................................................. 377

Appendice 11 ................................................................................................................................. 389

Le quattro coniugazioni verbali .................................................................................................. 389

Appendice 12 ................................................................................................................................. 401

La coniugazione del verbo sum e possum ................................................................................... 401

APPENDICE 13 .................................................................................................................................. 404

Schede vuote .................................................................................................................................. 404

Parola ...................................................................................................................................... 407

Persona .................................................................................................................................... 407

(verbi) ....................................................................................................................................... 407

Numero .................................................................................................................................... 407

APPENDICE 14 .................................................................................................................................. 408

Studio Critico della Lingua Latina

414

Roma 2013

Indice dei nomi .............................................................................................................................. 408

SOMMARIO ....................................................................................................................................... 411