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COMUNE DI POZZUOLI PROVINCIA DI NAPOLI VERIFICA DI ASSOGGETTABILITA’ ALLA VIA AI SENSI DEL D.LGS. 152/06 E SS.MM.II. --------------- VARIANTE AD UN IMPIANTO GIÀ ESISTENTE DI RECUPERO RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI E TRATTAMENTO RIFIUTI INERTI DA DEMOLIZIONE E COSTRUZIONE SITO NEL COMUNE DI POZZUOLI (NA) – ZONA INDUSTRIALE STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE Progettazione e consulenza: SIA Consulting sas Committente: ECO VA.RU. srl Il tecnico

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COMUNE DI POZZUOLI

PROVINCIA DI NAPOLI

VERIFICA DI ASSOGGETTABILITA’ ALLA VIA AI SENSI DEL

D.LGS. 152/06 E SS.MM.II.

---------------

VARIANTE AD UN IMPIANTO GIÀ ESISTENTE DI RECUPERO RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI E TRATTAMENTO RIFIUTI

INERTI DA DEMOLIZIONE E COSTRUZIONE SITO NEL COMUNE DI POZZUOLI (NA) – ZONA INDUSTRIALE

STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE

Progettazione e consulenza: SIA Consulting sas

Committente: ECO VA.RU. srl

Il tecnico

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INDICE

1. INTRODUZIONE ................................................................................... 4

1.1 VERIFICA DI ASSOGETTABILITÁ ALLA VIA: IL QUADRO NORMATIVO ............ 4

1.2 PROCEDURA DI VERIFICA DI ASSOGETTABILITÁ ALLA VIA ........................... 5

1.3 STRUTTURA DELLO STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE ............................. 7

2. CARATTERISTICHE DEL PROGETTO ..................................................... 9

2.1 PROFILO DEL PROPONENTE ....................................................................... 9

2.2 TIPOLOGIE DI RIFIUTI DA TRATTARE ....................................................... 10

2.3 CALCOLO DELLA CAPACITÀ MASSIMA DELL’IMPIANTO ............................... 13

2.4 DESCRIZIONE DEL CICLO PRODUTTIVO .................................................... 16

2.4.1 Descrizione del processo di frantumazione ....................................... 18

2.5 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO ................................................................. 20

2.5.1 Caratteristiche tecnico-costruttive dell’impianto e reti tecnologiche .... 20

2.5.2 Opere da realizzare ...................................................................... 21

2.5.3 Criteri di progettazione del sistema di raccolta e smaltimento delle

acque reflue e di quelle meteoriche di dilavamento del piazzale ................. 23

2.5.4 Elementi geologici e idrogeologici .................................................. 23

2.6 CUMULO CON ALTRI PROGETTI ................................................................ 24

2.7 UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI .............................................. 25

2.8 PRODUZIONE DI RIFIUTI ......................................................................... 25

2.9 INQUINAMENTO E DISTURBI AMBIENTALI ................................................ 26

2.10 RISCHIO DI INCIDENTI .......................................................................... 27

3. LOCALIZZAZIONE DEL PROGETTO ..................................................... 28

3.1 LOCALIZZAZIONE E USO ATTUALE DEL TERRITORIO ................................. 28

3.2 RAPPORTI DI COERENZA CON GLI STRUMENTI PIANIFICATORI ................. 28

3.2.1 Il Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani in Campania ......... 29

3.2.2 Il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico ....................................... 31

3.2.3 Il Piano territoriale di coordinamento provinciale di Napoli ................. 34

3.2.4 Il Piano paesistico dei Campi Flegrei ................................................ 36

3.2.5 La pianificazione urbanistica comunale ............................................ 38

3.3 RAPPORTI DI COERENZA CON LA NORMATIVA VIGENTE ............................ 40

3.4 QUALITÀ E CAPACITÀ DI RIGENERAZIONE DELLE RISORSE NATURALI ....... 42

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3.5 CAPACITÀ DI CARICO DELL’AMBIENTE ...................................................... 43

4. CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO POTENZIALE ............................... 44

4.1 PORTATA DELL’IMPATTO ......................................................................... 44

4.1.1 Popolazione................................................................................... 45

4.1.2 Fauna e Flora ................................................................................ 45

4.1.3 Suolo ............................................................................................ 46

4.1.4 Acqua ........................................................................................... 46

4.1.5 Atmosfera ..................................................................................... 47

4.1.6 Paesaggio e beni storico-archeologici .............................................. 48

4.1.7 Rumore ........................................................................................ 49

4.1.8 Interazione tra i fattori d’impatto .................................................... 49

4.1.9 Quadro di sintesi degli impatti potenziali .......................................... 50

4.2 ORDINE DI GRANDEZZA E COMPLESSITÀ DELL’IMPATTO ........................... 51

4.3 PROBABILITÀ DELL’IMPATTO ................................................................... 51

4.4 DURATA, FREQUENZA E REVERSIBILITÀ DELL’IMPATTO ............................ 52

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1. INTRODUZIONE

Lo studio preliminare ambientale è tra i documenti necessari per poter accedere alla procedura di

Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale, che ha l’obiettivo di stabilire se un

opera o un intervento debba essere assoggettato alla procedura di VIA, in accordo con quanto stabilito

dal D.lgs 152/2006 Norme in materia ambientale e ss.mm.ii., e dal Dgr 211/2011 Indirizzi operativi e

procedurali per lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale in Regione Campania.

Nello specifico, il presente Studio preliminare ambientale riguarda la variante sostanziale di un

impianto industriale esistente ed autorizzato allo stoccaggio e trattamento di rifiuti non

pericolosi recuperabili, nello specifico messa in riserva [R13] delle tipologie 1.1 (carta e cartone), 7.1

e 7.31bis (inerti), della società ECO VA.RU. srl, sito nel Comune di Pozzuoli (NA).

Tale variante consiste, come si vedrà di seguito con maggiore dettaglio, nell’introduzione di nuovi

codici CER, nell’aumento dei quantitativi di rifiuti e nell’avvio della fase di trattamento dei rifiuti inerti

mediante triturazione.

L’impianto in oggetto è soggetto alla Verifica di assoggettabilità poiché rientra nella fattispecie di

cui all’“Allegato B - Progetti di opere o interventi sottoposti alle procedure di verifica di assoggettabilità di

cui all’articolo 20 del D. lgs 152/2006”, punto 7, lettera aa) “impianti di smaltimento e recupero di rifiuti

non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C,

lettere da R1 a R9, della parte quarta del D.lgs 152/2006” del Regolamento 2/2010 della Regione

Campania, approvato con Dpgr n.10 del 29 gennaio 2010 nel rispetto del citato D.lgs 152/2006.

Di seguito (par.2.3) sono descritte nel dettaglio le motivazioni che hanno consentito il

riconoscimento dell’impianto in oggetto come appartenente alla fattispecie soggetta alla Verifica di

assoggettabilità.

Il proponente del progetto, come già affermato, è la società ECO VA.RU. srl. L’impianto ha sede

legale nel Comune di Pozzuoli (NA), in via Provinciale Campana n. 233, ed è localizzato nello stesso

Comune in via Provinciale Campana.

Il lotto industriale, in locazione alla società ECO.VARU srl giusto contratto n. 2 serie 3T del

19/12/2013, insiste su un fondo di terreno distinto in catasto al foglio n. 25, mappale n. 16 subalterno 5,

ed è ricadente in una zona del PRG del comune di Pozzuoli individuata come zona D-Industriale. La zona

inoltre non è soggetta a vincolo idrogeologico.

1.1 VERIFICA DI ASSOGETTABILITÁ ALLA VIA: IL QUADRO NORMATIVO

Le procedure di Valutazione di impatto ambientale sono normate dalla Parte II del D.lgs 152/2006,

parzialmente modificata dal successivo D.lgs 128/2010. A seguito dell’entrata in vigore del suddetto

decreto, la Direzione per le Valutazioni Ambientali del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio

e del Mare (Mattm) ha predisposto le Specifiche Tecniche per la predisposizione e la trasmissione della

documentazione in formato digitale relativa alle procedure di VAS e di VIA ai sensi del D.Lgs 152/2006 e

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s.m.i. da parte delle autorità procedenti e dei proponenti, con le quali vengono indicate le modalità di

predisposizione della documentazione in termini di contenuti e di formati.

Le Regioni, secondo quanto disposto dal comma 4, art. 4 del citato Dlgs 128/2010, hanno 12 mesi

di tempo per adeguare i propri ordinamenti.

La Regione Campania, con Regolamento n. 2/2010 “Disposizioni in materia di valutazione di

impatto ambientale”, di seguito Regolamento VIA, aveva già inteso disciplinare nel rispetto del citato

D.lgs 152/2006, alcuni aspetti inerenti le tipologie di opere e interventi soggetti a Verifica di

assoggettabilità alla VIA (art. 20) o a VIA (artt. 21) e le condizioni in cui alcune tipologie di opere e

interventi possono essere escluse dalla procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA. Il citato

regolamento, all’art. 6, comma 2, dispone che “La Giunta regionale adotta gli opportuni indirizzi operativi

generali e settoriali inerenti le procedure amministrative, la modulistica nonché le linee guida per

l’elaborazione degli studi di cui agli articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 152/2006”.

Inoltre, nelle more del recepimento formale nell’ordinamento della Regione Campania delle

modifiche apportate dal Dlgs 128/2010, è stato predisposto il documento “Indirizzi operativi e procedurali

per lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale in Regione Campania”, di seguito Indirizzi

operativi VIA, che rappresentano gli indirizzi generali per le procedure amministrative inerenti la

verifica di assoggettabilità alla VIA e la VIA, anche coordinate ed integrate con altre procedure di

valutazione ambientale, nonché settoriali per le attività estrattive come normate dalla Lr 54/85 e s.m.i. e

dal vigente Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE). I presenti indirizzi tengono conto sia delle

modifiche al D.lgs 152/2006 introdotte dal D.lgs 128/2010 in materia di VIA, che delle Specifiche

Tecniche per la predisposizione e la trasmissione della documentazione in formato digitale relativa alle

procedure di VAS e di VIA ai sensi del D.Lgs 152/2006 e s.m.i. del Mattm.

1.2 PROCEDURA DI VERIFICA DI ASSOGETTABILITÁ ALLA VIA

La Verifica di assoggettabilità alla VIA ha l’obiettivo di stabilire se un’opera o un intervento debba o

meno essere assoggettato alla procedura di valutazione di impatto ambientale, come normata dagli artt.

21 e ss. del D.lgs 152/2006 e s.m.i..

Per i progetti e gli interventi sottoposti alla procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA, il

proponente deve presentare istanza di verifica al Settore 02 Tutela dell’Ambiente dell’AGC05 della

Regione Campania. Tale istanza dovrà riportare l’elenco di tutta la documentazione inviata in allegato, e

dovrà essere corredata dai seguenti documenti:

a. il progetto (livello minimo: preliminare di cui all’art. 5, comma 1, lettera g) del D.lgs 152/2006 e

s.m.i.) comprensivo di tutti gli elaborati previsti dalla normativa di riferimento;

b. lo Studio preliminare ambientale previsto dall’art. 20 del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. e redatto

secondo i criteri dell’Allegato V, Parte Seconda, del citato D.lgs;

c. la dichiarazione sostitutiva di Atto Notorio ai sensi del DPR 445/2000 in merito al valore del

progetto ai fini del calcolo degli oneri per la valutazione;

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d. la ricevuta del versamento degli oneri per la valutazione (ai sensi della Dgr 683/2010);

e. il certificato di destinazione urbanistica delle particelle interessate dal progetto recante il quadro

dei vincoli;

f. la copia di eventuali pareri in materia ambientale già acquisiti per il progetto in valutazione;

g. gli atti conclusivi di eventuali precedenti procedure di Verifica di assoggettabilità alla VIA o di

VIA.

I documenti, inclusa l’istanza e quelli di tipo amministrativo, dovranno essere trasmessi in forma

cartacea (1 copia) e in formato digitale (3 copie), secondo le specifiche tecniche di cui all’Allegato 1.C.

Inoltre, una copia cartacea della documentazione del progetto e dello Studio preliminare

ambientale dovrà essere depositata presso il comune o i comuni ove il progetto o l’intervento è

localizzato. In merito al progetto preliminare di cui alla lettera a. si evidenzia che tale livello della

progettazione rappresenta il livello minimo su cui potrà essere svolta la procedura di Verifica di

assoggettabilità a VIA.

In seguito al deposito degli elaborati previsti per la procedura di verifica di assoggettabilità alla

VIA, il proponente provvede alla pubblicazione dell’avviso di avvenuto deposito nel Bollettino Ufficiale

della Regione Campania (Burc) a proprie spese, nonché all’albo pretorio del comune o dei comuni

interessati. In tale avviso dovranno essere indicati:

il proponente;

il titolo del progetto o intervento;

l’oggetto del progetto o intervento;

la localizzazione;

i luoghi presso cui è possibile consultare gli atti nella loro interezza;

i tempi entro cui è possibile formulare osservazioni e le modalità per l’invio delle stesse.

I documenti dovranno anche essere pubblicati sulle pagine web della Regione Campania dedicate

alle valutazioni ambientali, all’indirizzo http://viavas.regione.campania.it.

Il proponente, dopo la pubblicazione dell’avviso, dovrà provvedere a trasmettere tempestivamente

all’Autorità competente la copia della pagina del Burc sul quale è stato pubblicato l’avviso e l’attestazione

del o dei comuni in merito al deposito degli atti e alla pubblicazione dell’avviso all’Albo Pretorio. I termini

della procedura decorrono dalla data di pubblicazione dell’avviso di cui innanzi.

Entro 45 giorni dalla pubblicazione dell’avviso sul Burc chiunque abbia interesse può far pervenire

le proprie osservazioni all’Autorità competente; infatti, durante tale periodo la documentazione depositata

presso il comune sarà disponibile per la consultazione del pubblico.

Infine, tutti gli atti trasmessi ad integrazione dell’istanza dovranno pervenire al Settore Tutela

dell’Ambiente in copia cartacea e in formato digitale, secondo le specifiche di cui all’Allegato 1.C. Le copie

digitali dovranno essere accompagnate da una Dichiarazione sostitutiva di Atto Notorio ai sensi del DPR

445/2000 attestante la conformità della documentazione trasmessa in formato digitale con quella

trasmessa su supporto cartaceo.

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1.3 STRUTTURA DELLO STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE

Il presente Studio preliminare ambientale è redatto in conformità con quanto previsto dal D.lgs

152/2006, del successivo D.lgs 4/2008 e dalle specifiche indicazioni del decreto regionale Dgr 211/2011,

e costituisce parte della documentazione necessaria nel procedimento di Verifica di Assoggettabilità alla

VIA e di Autorizzazione Unica (art.208, D,lgs 152/2006).

La struttura dello Studio Preliminare Ambientale si articola nei seguenti punti principali,

conformemente a quanto previsto nell’allegato V, D.lgs 4/2008:

caratteristiche del progetto;

localizzazione del progetto;

caratteristiche dell’impatto potenziale.

Nella prima sezione è descritto il progetto, relativamente a dimensione e configurazione, ai

manufatti che lo compongono e all’utilizzazione di risorse naturali, nelle fasi di costruzione, di esercizio e

di dismissione. Inoltre sarà analizzato il lay-out produttivo dell’impianto con le motivazioni tecnologiche e

ambientali che hanno determinato le scelte progettuali Sulla base di tali elementi si procederà

all’individuazione delle eventuali ricadute potenziali sotto il profilo ambientale.

Nella seconda sezione è presa in considerazione la sensibilità ambientale delle aree interessate

dalla realizzazione del progetto, tenendo in particolare considerazione l'utilizzazione del suolo, con

particolare riferimento ai vincoli presenti, alla capacità di carico e alla capacità di rigenerazione

dell’ambiente con particolare riferimento alle zone protette, alle zone di importanza storica, culturale o

archeologica, alle zone a forte densità demografica e ai territori con produzione agricole di particolare

qualità e tipicità eventualmente presenti. Per tale motivo, saranno analizzati i principali strumenti di

pianificazione territoriale e settoriale vigenti sull’area.

Nella terza sezione si identificano gli impatti potenziali, secondo quanto previsto dal D.Lgs 4/2008,

nell’allegato VII. Tali impatti potenziali rappresentano i criteri sulla base dei quali viene svolta la Verifica

di assoggettabilità alla VIA.

Tabella 1. La struttura dello Studio preliminare ambientale secondo l’Allegato V, D.lgs 4/2008

Caratteristiche del progetto Localizzazione del progetto Caratteristiche dell’impatto potenziale

1. Dimensione del progetto 1. Utilizzazione attuale del suolo 1. Portata dell’impatto

2. Cumulo con altri progetti 2. Quantità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali

2. Entità e complessità dell’impatto

3. Utilizzazione risorse naturali 3. Capacità di carico dell’ambiente 3. Probabilità dell’impatto

4. Produzione rifiuti 4. Durata, frequenza e reversibilità dell’impatto

5 Inquinamento e disturbi alimentari

6. Rischio di incidenti

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Il presente studio è inoltre corredato da elaborati cartografici di inquadramento del sito sotto il

profilo progettuale, ambientale, paesaggistico, così da consentire un’adeguata comprensione delle

condizioni legate all’inserimento dell’impianto.

I contenuti di tale studio costituiscono la base per la redazione dello Studio di impatto ambientale,

nel caso il progetto sia successivamente sottoposto alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.

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2. CARATTERISTICHE DEL PROGETTO

2.1 PROFILO DEL PROPONENTE

Il proponente del progetto di variante sostanziale di un impianto industriale esistente ed

autorizzato allo stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi recuperabili è la società ECO VA.RU. srl.

L’impianto ha sede legale nel Comune di Pozzuoli (NA), in via Provinciale Pianura n. 233, ed è

localizzato nello stesso comune in via Provinciale Campana. Il lotto industriale insiste su un fondo di

terreno distinto in catasto al foglio n. 25, mappale n. 16, subalterno 5, ed è ricadente in una zona del

PRG del comune di Pozzuoli individuata come zona omogenea D1_1 Zona industriale, artigianale,

commerciale esistente.

L’impianto è costituito da un capannone rettangolare in c.a.p. di circa 500 mq, con annesso

piazzale esterno di circa 750 mq. L’attività attualmente di svolge esclusivamente all’interno del

capannone, ma secondo il progetto di variante sono previste aree di stoccaggio rifiuti non pericolosi

anche all’esterno, come si vedrà di seguito con maggior dettaglio.

L’attività svolta dalla società riguarda la vendita all’ingrosso di materiali edili per la quale non è

previsto nessun processo produttivo industriale, ma solo lo stoccaggio temporaneo e la

commercializzazione di prodotti inerti e materiali edili. La vendita avviene tuttora direttamente presso

l’impianto dove i privati caricano i materiali edili su mezzi propri.

La società ha poi destinato una parte dell’attuale impianto per l’attività di messa in riserva di rifiuti

non pericolosi. Per tale attività la società è autorizzata con AUA n. 04 del 04/11/2014, ai sensi del Dpr

59/2013, per i seguenti titoli abilitativi:

a) comunicazione in materia di rifiuti di cui all’art. 216, lett. g) del Dlgs 152/2006;

b) autorizzazione alle emissioni in atmosfera ai sensi dell’art. 269 del Dlgs 152/2006 necessaria

esclusivamente per l’attività di messa in riserva R13.

Inoltre, le tipologie di rifiuti autorizzate sono le seguenti:

tipologia 1.1: rifiuti di carta, cartone e cartoncino, inclusi poliaccoppiati, anche di imballaggi,

codici CER [150101] [150105] [150106] [200101];

tipologia 7.1: rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non,

comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee

ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di

amianto, codici CER [101311] [170101] [170102] [170103] [170802] [170107] [170904]

[200301];

tipologia 7.31 bis: rifiuti costituiti da terre e rocce di scavo, codice CER [170504];

per un quantitativo massimo di 14.850 ton/anno, classe 4 del Dm 350/98, ed una quantità

massima stoccabile istantanea di rifiuti inferiore a 192 ton.

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La ditta ECO VA.RU. ha intenzione di introdurre alcune modifiche alle attività che attualmente

svolge, quali:

l’avvio dell’attività di trattamento dei rifiuti inerti mediante triturazione [R5];

l’introduzione di nuove tipologie di rifiuti da trattare;

l’aumento complessivo dei quantitativi di rifiuti trattati.

Inoltre, come sarà spiegato in seguito, si intende aumentare il quantitativo complessivo di rifiuti da

trattare. In linea con le potenzialità delle macchine operatrici, con l’estensione delle superfici scoperte e

in relazione alla tipologia di rifiuti trattati, si è stimato che l’impianto è in grado di trattare

complessivamente un quantitativo di rifiuti pari a 350 ton/giorno, equivalente a 105.000 ton/anno.

2.2 TIPOLOGIE DI RIFIUTI DA TRATTARE

Come già affermato, la società ECO VA.RU. srl svolge attualmente attività di messa in riserva R13

delle tipologie di rifiuti 1.1, 7.1 e 7.31bis, per quantitativi compresi tra 6.000 e 15.000 t/anno di cui alla

classe 4 del D.M 5.2.98 come modificato dal DM 186/06.

Le nuove tipologie che si intendono introdurre sono:

tipologia 3.1: rifiuti di ferro, acciaio e ghisa, codici CER [150104], [170405], [160117],

[200140];

tipologia 6.1: rifiuti di plastica; imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi,

con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici, codici CER

[020104] [150102] [170203] [200139] [191204];

tipologia 9.1: scarti di legno e sughero, imballaggi di legno, codici CER [030101] [030105]

[030199] [150103] [170201] [191207] [200301] [200138].

Complessivamente, quindi, le tipologie di rifiuti da trattare saranno le seguenti:

Tabella 2. Quadro riassuntivo delle tipologie di rifiuti da trattare

Tipologie Descrizione Codici CER

1.1 rifiuti di carta, cartone e cartoncino, inclusi poliaccoppiati, anche di imballaggi

[150101] [150105] [150106] [200101]

3.1 rifiuti di ferro, acciaio e ghisa [150104], [170405], [160117], [200140]

6.1

rifiuti di plastica; imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi, con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici

[020104] [150102] [170203] [200139] [191204]

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7.1

rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto

[101311] [170101] [170102] [170103] [170802] [170107] [170904] [200301]

7.31 bis rifiuti costituiti da terre e rocce di scavo [170504]

9.1 scarti di legno e sughero, imballaggi di legno [030101] [030105] [030199] [150103] [170201] [191207] [200301] [200138]

Per quanto riguarda la Tipologia 1.1 (rifiuti di carta e cartone), i rifiuti che entreranno

nell’impianto provengono da attività produttive, raccolta differenziata di RU, altre forme di raccolta in

appositi contenitori su superfici private; attività di servizio. L’operazione di recupero svolta su tale

tipologia è la messa in riserva [R13] e il recapito finale è costituito dall’industria cartaria.

Per quanto riguarda la Tipologia 3.1 (metalli ferrosi), i rifiuti che entreranno nell’impianto

provengono da attività industriali, artigianali, agricole, commerciali e di servizi; lavorazione di ferro, ghisa

e acciaio, raccolta differenziata; impianti di selezione o di incenerimento di rifiuti; attività di demolizione.

L’operazione di recupero svolta su tale tipologia è la messa in riserva [R13] per la produzione di materie

prime secondarie per l'industria metallurgica, mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora

presenti).

Per la Tipologia 6.1 (rifiuti di plastica), i rifiuti che entreranno nell’impianto provengono da

raccolte differenziate, selezione da R.S.U. o R.A., attività industriali, artigianali e commerciali e agricole,

attività di costruzione e demolizione. L’operazione di recupero svolta su tale tipologia è la messa in

riserva [R13] per la produzione di materie prime secondarie per l'industria delle materie plastiche,

mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora presenti).

Per quanto riguarda la Tipologia 7.1 (rifiuti ceramici e inerti), i rifiuti che entreranno nell’impianto

provengono da attività di demolizione, frantumazione e costruzione; selezione da RSU e/o RAU;

manutenzione reti; attività di produzione di lastre e manufatti in fibrocemento, e da private ditte che

effettuano scavi, costruzioni, demolizioni, ristrutturazioni etc. del territorio comunale ed extracomunale

della Provincia di Napoli. L’operazione di recupero svolta su tale tipologia è la messa in riserva [R13]

nonché la produzione di materie prime secondarie per l'edilizia, mediante fasi meccaniche e

tecnologicamente interconnesse di macinazione, vagliatura, selezione granulometrica e separazione della

frazione metallica e delle frazioni indesiderate per l'ottenimento di frazioni inerti di natura lapidea a

granulometria idonea e selezionata, con eluato del test di cessione conforme a quanto previsto in

allegato 3 al Dm 5/2/98 e ss.mm.ii. [R5].

In riferimento, invece, alla Tipologia 7.31 bis (terre e rocce di scavo), i rifiuti che entreranno

nell’impianto provengono essenzialmente da attività di scavo. L’operazione di recupero svolta su tale

tipologia è nell’industria della ceramica e dei laterizi [R5], o per la formazione di rilevati e sottofondi

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stradali (il recupero e' subordinato all'esecuzione del test di cessione sul rifiuto tal quale secondo il

metodo in allegato 3 al Dm 5/2/98 e ss.mm.ii.) [R5].

Infine, per la Tipologia 9.1 (scarti di legno e sughero), i rifiuti che entreranno nell’impianto

provengono essenzialmente da industria edile e raccolta differenziata, attività industriali, artigianali,

commerciali, agricole e di servizio; attività di demolizioni. L’operazione di recupero svolta su tale tipologia

è la sola messa in riserva [R13]

In sintesi, distinguendo per codice CER, l’elenco dei rifiuti che si intendono trattare con le relative

attività di recupero e con le modalità di stoccaggio è il seguente:

Tabella 3. Quadro riassuntivo delle tipologie di rifiuti per codici CER, attività di recupero e modalità di stoccaggio

CER Descrizione Attività di recupero

Modalità stoccaggio

[020104] rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi) R13 cassoni

[030101] scarti di corteccia e sughero R13 cassoni

[030105] segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04

R13 cassoni

[030199] rifiuti non specificati altrimenti R13 cassoni

[101311] rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10

R5-R13 cumuli

[150101] imballaggi in carta e cartone R13 cumuli

[150102] imballaggi in plastica R13 cassoni

[150103] imballaggi in legno R13 cassoni

[150104] Imballaggi metallici R13 cassoni

[150105] imballaggi in materiali compositi R13 cumuli

[150106] imballaggi in materiali misti R13 cumuli

[160117] metalli ferrosi R13 cassoni

[170101] cemento R5-R13 cumuli

[170102] mattoni R5-R13 cumuli

[170103] mattonelle e ceramiche R5-R13 cumuli

[170107] miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diverse da quelle di cui alla voce 17 01 06

R5-R13 cumuli

[170201] legno R13 cassoni

[170203] plastica R13 cassoni

[170405] ferro e acciaio R13 cassoni

[170504] terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03 R5-R13 cassoni

[170802] materiali da costruzione a base di gesso diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01

R5-R13 cumuli

[170904] rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03

R5-R13 cumuli

[191204] plastica e gomma R13 cassoni

[191207] legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06 R13 cassoni

[200101] carta e cartone R13 cumuli

[200138] legno, diverso da quello di cui alla voce 20 01 37 R13 cassoni

[200139] plastica R13 cassoni

[200140] metallo R13 cassoni

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[200301] rifiuti urbani non differenziati R5-R13 Cassoni/cumuli

Infine, per lo svolgimento delle attività descritte, la ditta è dotata delle macchine e attrezzature di

seguito elencate:

− impianto di frantumazione Cave Service;

− terna Cat 226B;

− pala gommata;

− Utensili vari;

− Bilico in cemento tipo “slimcap” a quota calpestio piazzale.

2.3 CALCOLO DELLA CAPACITÀ MASSIMA DELL’IMPIANTO

Per quanto riguarda il calcolo della capacità massima di stoccaggio istantaneo, si è partiti

dalle indicazioni della Dgr 81/2015 che prevede (Parte Sesta, punto 6.2):

− a) per rifiuti stoccati in cassoni: nel rispetto delle norme per la sicurezza dei lavoratori e la

movimentazione dei rifiuti la superficie occupata dal totale dei contenitori non può essere, in ogni

caso, superiore all’80% della superficie a disposizione;

− c) per rifiuti stoccati in cumuli: “i cumuli non possono superare l’altezza di cinque metri. Per i cumuli

con altezza superiore a tre metri è necessario prevedere nella relazione tecnica il calcolo di verifica

di stabilità” – punto 6.3. Sono ammesse modalità di stoccaggio diverse da quelle indicate ai punti

precedenti purché la superficie occupata per lo stoccaggio non sia superiore all’ 80% della superficie

a disposizione e siano rispettate le norme di cui al D.Lgs. 81/2008;

− d) in ogni caso la superficie utile per lo stoccaggio non può essere superiore al 80% della superficie

a disposizione.

Il calcolo della capacità massima, per le tipologie di rifiuti stoccate in cumuli, è stato effettuato

prendendo in considerazione le superfici a disposizione e l’altezza prevista, non superiore a 3m (Dgr

81/2015, punto 6.2, lett. c) e i pesi specifici medi per tipologia di rifiuti della stessa classe.

Per le tipologie di rifiuti stoccate in cassoni il calcolo è stato effettuato secondo quanto previsto

dalla Dgr 81/2015, punto 6.2, lett. a) e in ragione dei pesi specifici medi per tipologia di rifiuti della

stessa classe.

Di seguito si portano i quantitativi per tipologie di rifiuti:

Tabella 4. Quadro riassuntivo delle capacità max di stoccaggio istantaneo per tipologie di rifiuti

Tipologie Descrizione Codici CER Capacità massima

stoccaggio istantaneo

1.1 rifiuti di carta, cartone e cartoncino, inclusi poliaccoppiati, anche di imballaggi

[150101] [150105] [150106] [200101]

95 t

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3.1 rifiuti di ferro, acciaio e ghisa [150104], [170405], [160117], [200140]

53 t

6.1

rifiuti di plastica; imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi, con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici

[020104] [150102] [170203] [200139] [191204]

18 t

7.1

rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto

[101311] [170101] [170102] [170103] [170802] [170107] [170904] [200301]

300 t

7.31 bis rifiuti costituiti da terre e rocce di scavo

[170504] 18 t

9.1 scarti di legno e sughero, imballaggi di legno

[030101] [030105] [030199] [150103] [170201] [191207] [200301] [200138]

9 t

TOTALE 493 t

Inoltre, la capacità teorica di recupero dell’impianto delle sole tipologie per cui si effettua il

trattamento ovvero 7.1 e 7.31bis, è connessa alla produttività del gruppo di frantumazione (max 70

ton/ora), che relazionata alle ore lavorative previste (8 ore/giorno) produce una produttività massima

nominale di 560 ton/giorno. L’esercizio effettivo dell’attività di recupero è però condizionato all’ingresso in

sito di rifiuti da lavori di demolizione, cantieristica edile e stradale ed è per sua natura piuttosto

discontinuo, in quanto influenzato da diversi fattori, fra i quali: condizioni atmosferiche, portafoglio

commesse, esigenze della clientela mercato del settore, eccetera. Risulta pertanto difficile avere una

stima precisa sul volume annuale dell’attività di recupero e trattamento.

A prescindere delle condizioni al contorno sopra indicate, la potenzialità dell’impianto è comunque

limitata dalle dimensioni del lotto a disposizione per la specifica destinazione, in particolare per la

manovra dei mezzi in ingresso in uscita, per l’accumulo temporaneo di rifiuti e delle MPS. In questo senso

per ogni giorno di esercizio è possibile prevedere un ciclo produttivo (continuo o intervallato) della durata

massima di 5, corrispondente ad una capacità nominale di trattamento di rifiuti di circa 350 ton/giorno.

In virtù delle considerazioni di cui sopra e sulla scorta dei calcoli effettuati, e considerando 300 gg

lavorativi in un anno, si stimano i seguenti valori:

− una capacità potenziale max dell’impianto (7.1 e 7.31 bis) pari a 350 ton/giorno,

equivalente a 105.000 ton/anno (considerando 300 giorni lavorativi all’anno)

− una capacità max di stoccaggio provvisorio (7.1 e 7.31 bis) di 318 ton.

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Infine, i quantitativi distinti per tipologia che la società intende recuperare all’anno con le attività

R13 e R5 (nel rispetto dell’Allegato 4, Dm 186/2006) sono i seguenti:

Tabella 5. Quadro riassuntivo delle capacità max di stoccaggio istantaneo per tipologie di rifiuti

Tipologie Descrizione Codici CER Attività di recupero

Quantitativi

t/anno mc/anno

1.1

rifiuti di carta, cartone e cartoncino, inclusi poliaccoppiati, anche di imballaggi

[150101] [150105] [150106] [200101]

R13 10.000 8.696

3.1 rifiuti di ferro, acciaio e ghisa

[150104], [170405], [160117], [200140]

R13 5.000 667

6.1

rifiuti di plastica; imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi, con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici

[020104] [150102] [170203] [200139] [191204]

R13 5.000 3.571

7.1

rifiuti costituiti da laterizi, intonaci e conglomerati di cemento armato e non, comprese le traverse e traversoni ferroviari e i pali in calcestruzzo armato provenienti da linee ferroviarie, telematiche ed elettriche e frammenti di rivestimenti stradali, purché privi di amianto

[101311] [170101] [170102] [170103] [170802] [170107] [170904] [200301]

R13/R5 90.000 37.500

7.31 bis rifiuti costituiti da terre e rocce di scavo

[170504] R137R5 5.000 2.500

9.1 scarti di legno e sughero, imballaggi di legno

[030101] [030105] [030199] [150103] [170201] [191207] [200301] [200138]

R13 2.700 3.857

TOTALE

117.700 56.791

Attualmente la ditta è autorizzata ai sensi dell’art. 216 del D.Lgs 152/06 e s.m. e i. per l’attività di

messa in riserva R13 delle tipologie 7.1 e 7.31-bis, per quantitativi compresi tra 6.000 e 15.000 t/anno di

cui alla classe 4 del D.M 5.2.98 come modificato dal DM 186/06.

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Appare opportuno evidenziare che pur essendo la capacità produttiva di trattamento giornaliera

pari a 350 ton/giorno, l’impianto non rientra nelle fattispecie da sottoporre direttamente a VIA, che

secondo il Regolamento 2/2010 della Regione Campania, Allegato A, sono le seguenti:

m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100

t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all'allegato B, lettere D9,

D10 e D11, ed allegato C, lettera R1, della parte quarta del D. lgs 152/2006.

n) Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o

ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con capacità superiore a 200 t/giorno

(operazioni di cui all'allegato B, lettere D13 e D14, della parte quarta del D. lgs 152/2006).

Infatti, per le tipologie di operazioni sui rifiuti in esso svolte, l’impianto in oggetto non è

identificabile con nessuna delle due fattispecie elencate, rientrando invece di fatto nella tipologia

soggetta alla Verifica di assoggettabilità di cui all’“Allegato B - Progetti di opere o interventi sottoposti alle

procedure di verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20 del D. lgs 152/2006”, punto 7, lettera aa)

“impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10

t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del D.lgs

152/2006” del Regolamento 2/2010 della Regione Campania, approvato con Dpgr n.10 del 29 gennaio

2010.

2.4 DESCRIZIONE DEL CICLO PRODUTTIVO

Come già affermato, la ditta ECO VA.RU. srl, nella nuova configurazione dell’impianto, intende

svolgere attività di sola messa in riserva [R13] per le tipologie di rifiuti 1.1, 3.1, 6.1 e 9.1, e l’attività di

messa in riserva [R13] e frantumazione [R5] per le tipologie 7.1 e 7.31-bis.

Il ciclo lavorativo inizia con l’identificazione del rifiuto con idoneo certificato di analisi e la pesatura

dello stesso in ingresso, al fine di provarne la conformità ed il peso a destino, per poi operarne la

registrazione negli appositi registri di carico e scarico dei rifiuti recuperabili.

Successivamente alla verifica e registrazione in ingresso, il rifiuto viene condotto nell’area di

conferimento, selezione e cernita degli inerti ossia in apposita area pavimentata e dotata di pendenze per

l’allontanamento delle acque meteoriche di dilavamento del piazzale.

Nell’area di conferimento avviene anche la fase grossolana di selezione e cernita di tipo manuale,

mediante la quale si eliminano tutte le frazioni merceologicamente non omogenee. Da qui i rifiuti

verranno avviati, mediante l’ausilio di mezzi meccanici, alle fasi successive di messa in riserva in R13 (per

l’eliminazione definitiva della frazione metallica e delle altre frazioni indesiderate così da ottenere un

rifiuto idoneo per gli impianti di trattamento ai fini della produzione di materie prime secondarie per

l'edilizia). A questo punto il rifiuto si presenta merceologicamente omogeneo e pertanto i rifiuti delle

tipologie 1.1, 3.1, 6.1 e 9.1 saranno inviati ai diversi impianti di trattamento dei rifiuti (industria cartaria,

industria della plastica, industria metallurgica, etc.), mentre le tipologie 7.1 e 7.31-bis saranno sottoposte

alle operazioni di recupero [R5] mediante frantumazione.

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Figura 1. Schema di flusso dell’attività

I rifiuti prodotti dall’attività di messa in riserva in R13 saranno stoccati all’interno di cassoni

scarrabili e poi smaltiti da ditte autorizzate all’Albo Gestori Ambientali ai sensi del D.Lgs. 152/06 e D.M.

406/98.

Infine il lay out dell’impianto sarà così organizzato:

Aree all’interno del capannone:

- Area di messa in riserva R13 tip. 1.1 mq 40

- Area conferimento, selezione e cernita/Messa in riserva tip. 7.31bis mq 23,6

- Area conferimento, selezione e cernita tip. 7.1 mq 44

- Area di messa in riserva R13 tip. 7.1 mq 82,5

- Area di trattamento R5 mq 83

- Uffici e servizi mq 36,6

ARRIVO RIFIUTI SU AUTOMEZZI

VERIFICA E ACCETTAZIONE

AMMINISTRATIVA

SCARICO E RIORDINO IN

CUMULI

MESSA IN RISERVA

TIPOLOGIE 7.1 E 7.31 BIS

TIPOLOGIE 1.1, 3.1, 6.1 E 9.1

CONFERIMENTO AD IMPIANTI DI

RECUPERO

ALIMENTAZIONE DEL GRUPPO DI

FRANTUMAZIONE

LAVORAZIONE FRANTUMAZIONE

[R5]

RIORDINO PRODOTTO (MPS)

TEST DI CESSIONE

VENDITA PRODOTTO

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- Area destinata alla vendita materiali edili mq 10,8

Aree del piazzale esterno:

- Area conferimento, selezione e cernita tip. 1.1, 6.1 e 9.1 mq 19,2

- Area di messa in riserva R13 tip. 6.1 mq 20,2

- Area di messa in riserva R13 tip. 9.1 mq 21,3

- Area conferimento selez. e cernita/Messa in riserva tip. 3.1 mq 16,9

- Area di stoccaggio materiali edili ghiaia e sabbia mq 20,2

- Area stoccaggio MPS mq 94,5

2.4.1 Descrizione del processo di frantumazione

L’impianto di frantumazione utilizzato per l’attività di trattamento è costituito da un gruppo di

frantumazione di lunghezza pari a 6 m dotato di motore con potenza di 35 KW, posizionato all’interno di

una cofanatura fonoisolante che riduce le emissioni acustiche ed è composto da i seguenti elementi

principali:

1. alimentatore vibrante sgrossatore

2. tramoggia di carico di 3 mc;

3. frantoio a mascelle;

4. nastro trasportatore estrattore;

5. nastro trasportatore per stoccaggio a cumulo del misto frantumato.

Il rifiuto da trattare viene caricato tramite pala meccanica nella tramoggia di carico, dove ad opera

dell’alimentatore vibrante si sposta in direzione del frantoio. Passando attraverso il vaglio vibrante, il

materiale subisce una prima selezione: quello di pezzatura sufficientemente piccola cade attraverso il

vaglio sul nastro trasportatore principale, quello di pezzatura maggiore viene portato alla bocca di carico

del frantoio.

All’interno del frantoio il materiale viene frantumato nella pezzatura desiderata. La frantumazione

avviene per l’azione meccanica di compressione esercitata dalle mascelle, che hanno una distanza

regolabile per consentire la produzione di varie pezzature di aggregato riciclato.

Una volta frantumato il materiale viene scaricato sul nastro principale, passa quindi sotto il

separatore magnetico che asporta gli eventuali detriti metallici presenti. Terminato l’intero processo il

materiale frantumato viene scaricato dal nastro trasportatore principale.

La casa produttrice del gruppo di frantumazione (Cave Service srl) ha adottato inoltre soluzione

tecniche mirate a contenere il più possibile le emissioni rumorose prodotte, per esempio attraverso

rivestimenti insonorizzanti nei punti di impatto dell’inerte, e fornisce i livelli di rumorosità rilevati nei

pressi del vaglio vibrante, del mulino e del frantoio (prove condotte secondo le metodologie indicate nelle

ISO/DIS 3744 e 3746) per un impianto come quello scelto dalla ditta ECO VA.RU.:

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PARAMETRI UNITÀ MISURA (frantoio a mascelle)

Livello potenza sonora Lwa dB(A) 69

Livello max pressione sonora dB(A) 65

L’operazione di recupero R5 di rifiuti inerti non pericolosi, indicata nello Schema di Flusso riportato

in precedenza, consiste in una serie di operazioni la cui sequenza viene così sintetizzata:

valutazione della quantità e della tipologia dei rifiuti speciali inerti da trattare;

separazione e rimozione preventiva del materiale estraneo (ad es.: ferro, plastica, legno, ecc)

con sistemazione in appositi contenitori utilizzando macchinari per la movimentazione terra e

manualmente, se necessario;

trattamento dei rifiuti inerti con riduzione meccanica della pezzatura dei materiali inerti;

deferrizzazione e collocazione in appositi contenitori.

Il processo di frantumazione e selezione mediante impianto mobile consente l’ottenimento di un

materiale (aggregato riciclato) le cui caratteristiche chimico-fisiche sono tali da renderlo riutilizzabile per

la realizzazione di opere nel settore edile-stradale e ambientale, previa valutazione di idoneità e

conformità a seguito di:

test di cessione (All. 3 al Dm 5/2/98 e s.m.i. – Dm 5/4/2006 n° 186);

valutazione di conformità agli standard previsti dalla Circolare MinAmbiente n° 5205/2005;

certificazione di prodotto ai sensi della Direttiva 89/106/CE.

Saranno inoltre presenti normali macchine operatrici per movimento terra (escavatore, pala meccanica) il

cui esercizio non è soggetto ad autorizzazione.

L’impianto di frantumazione sarà localizzato in un’area destinata all’attività, all’interno del

capannone, di circa 83 mq.

In corrispondenza del frantumatore, inoltre, sarà stato installato un gruppo di aspirazione,

progettato e costruito per l’aspirazione delle polveri al momento dello scarico degli inerti nella tramoggia.

Una volta aspirata l’aria polverosa, questa verrà filtrata e rimandata in atmosfera. Per assolvere a questa

funzione, il gruppo di aspirazione è costituito dai seguenti elementi:

− Cappa antipolvere incernierata, installata sulla tramoggia del frantumatore;

− Filtro di aspirazione polveri, installato sulla cappa antipolvere;

− Quadro elettrico di comando e controllo.

L’aria polverosa prodotta dalle fasi di scarico nella tramoggia del frantumatore verrà aspirata

attraverso la cappa, che a sua volta la invia all’abbattitore/filtro.

Il filtro/abbattitore, generalmente del tipo “a tessuto”, trattiene le particelle polverulente grazie ad

una batteria di filtri posti in serie ed è dotato di un sistema di pulizia del tessuto ad aria compressa

controcorrente e di manometro per la misura di perdita di carico e per la segnalazione di variazioni

anomale.

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L’aria ripulita dalle particelle polverulente viene rilasciata in atmosfera attraverso un camino, che

convoglia in flusso allo sbocco in modo verticale verso l’alto. L’altezza minima del punto di emissione sarà

più alta di 1 m rispetto a qualsiasi struttura o ostacolo circostante.

Figura 2 Schema esemplificativo del gruppo abbattimento polveri da installare sulla tramoggia del frantumatore

2.5 DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO

2.5.1 Caratteristiche tecnico-costruttive dell’impianto e reti tecnologiche

Come già affermato, l’impianto in oggetto è costituito da un capannone a destinazione industriale

già esistente, a forma rettangolare, in c.a.p. (copertura e pareti) costituito da ampi locali ad uso

industriale, per una superficie complessiva di mq 500 circa, circondato su tre lati da un piazzale esterno

di circa 750 mq in cui attualmente avvengono il transito degli automezzi e il carico-scarico. Il lotto è

completamente recintato.

Il capannone è costituito da un locale ad unico livello, avente altezza interna di 8,00 m circa, e

composto da ampio locale principale destinato all’attività, da un locale ufficio e da un gruppo servizi (WC

e spogliatoi). Le aree all’interno del capannone sono completamente pavimentate con massetto in cls

idoneo per la prevenzione delle matrici ambientali dall’inquinamento derivanti da eventuali percolamenti

di liquidi prodotti durante le attività di trattamento dei rifiuti. Le stesse sono compartimentate in aree per

il conferimento e la lavorazione delle varie tipologie mediante pareti divisorie del tipo new jersery (cfr

par. 2.4).

Il locale adibito ad ufficio risulta completo delle rifiniture civili quali: intonaco, pavimentazione,

tinteggiatura, nonché di impianti realizzati in conformità alle normative vigenti in materia e di tutte le

altre opere di rifinitura comunemente occorrenti per rendere l’opera finita ed utilizzabile, mentre le pareti

perimetrali del locale Wc sono parzialmente rivestite con mattonelle del tipo maioliche smaltate. In totale,

le aree individuate come Uffici e Servizi insistono su una superficie di circa 50 mq.

Inoltre, all’interno del capannone, in corrispondenza delle aree di conferimento, messa in riserva e

trattamento dei rifiuti inerti, è presente un sistema di contenimento e abbattimento delle polveri prodotte

durante le fasi di movimentazione mediante un sistema di nebulizzazione dell’acqua.

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La recinzione dell’impianto è realizzata con una muratura in C.A. per un’altezza variabile comunque

non inferiore a mt 2,50.

Il capannone risulta realizzato sulla base della Licenza Edilizia n. 12/85, rilasciata dal Sindaco pro-

tempore del Comune di Pozzuoli in data 29/05/1985. Successivamente è stata presentata S.C.I.A. al

Comune di Pozzuoli in data 21/01/2014, Prot. n. 2436 e successiva integrazione presentata in data

27/02/2014 Prot. n. 8241 con relativa chiusura lavori del 10 marzo 2014 per opere di manutenzione

straordinaria per lavori di adeguamento igienico sanitario e posizionamento del bilico.

Inoltre l’immobile è dotato di agibilità.

Le aree scoperte (piazzale esterno) sono attualmente dotate di pavimento non industriale, in

quanto finora nessuna attività è stata svolta sul piazzale esterno.

L’area in oggetto non è servita da una pubblica fognatura, pertanto le acque reflue prodotte

dall’impianto sono stoccate in vasche a perfetta tenuta.

Per quanto riguarda invece l’approvvigionamento idrico, esso avviene mediante allaccio alla

condotta idrica comunale. La rete comprende tubazioni in acciaio e polietilene e tutti gli organi e le opere

di collegamento, ed è a servizio sia dei servizi igienici che per l’acqua ad uso tecnologico.

2.5.2 Opere da realizzare

Per lo svolgimento delle attività descritte saranno necessari solo alcuni interventi volti

all’adeguamento dell’impianto, vale a dire:

1. Realizzazione di pavimentazione industriale per il piazzale esterno (all’interno del capannone

la pavimentazione è già di tipo industriale);

2. Adeguamento e completamento del sistema di abbattimento polveri mediante nebulizzazione

di acqua per coprire aree attualmente scoperte (nello specifico l’area esterna di stoccaggio

MPS).

La pavimentazione del piazzale sarà di tipo industriale, vale a dire impermeabile e resistente agli

attacchi di sostanze aggressive per la protezione delle matrici ambientali dal potenziale inquinamento

derivante dal dilavamento delle acque piovane. Tale pavimentazione sarà costituita da una serie di strati,

vale a dire, dal basso verso l’alto:

− Vespaio a pezzatura decrescente verso l’alto;

− Strato di livellamento di cls;

− Strato di tessuto non tessuto;

− Massetto armato con rete metallica;

− Pittura a base epossidica.

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Figura 3 Schema esemplificativo della pavimentazione industriale per il piazzale esterno

Per quanto riguarda, invece, per l’adeguamento e il completamento del sistema di abbattimento

polveri mediante nebulizzazione di acqua, va specificato che attualmente l’impianto è dotato di un

sistema di irroratori d’acqua con ugelli in corrispondenza delle aree di conferimento, di messa in riserva e

di trattamento dei rifiuti inerti all’interno del capannone (cfr. Tavola 1.3).

La nebulizzazione di acqua micronizzata attraverso ugelli ad alta pressione evita la formazione di

polveri senza generare percolamento di liquido.

Il sistema è dotato di n. 23 irrogatori statici a pioggia finemente polverizzata per un’area circolare,

ognuno dei quali caratterizzato dai seguenti parametri:

− portata = 30 l/min

− raggio di azione = 4 m

− altezza di posizionamento (si ricorda che l’altezza dei cumuli non supererà i 3 m) = 5 m.

L’impianto sopra descritto si incrementerà di ulteriori n. 6 ugelli a pioggia finemente polverizzata

per un’area semicircolare, installati all’esterno del capannone, intorno all’area di stoccaggio MPS, come si

evince dalla planimetria allegata (cfr. Tavola 1.3), con le seguenti caratteristiche:

− portata = 34 l/min

− raggio di azione = 4,5 m

− altezza di posizionamento (si ricorda che l’altezza dei cumuli non supererà i 3 m) = 5 m.

In conclusione, non ci sono altri interventi o opere murarie da realizzare per l’adeguamento e il

completamento dell’impianto, in quanto la divisione delle diverse aree destinate allo stoccaggio delle

diverse tipologie di rifiuti e al trattamento dei rifiuti inerti avverrà attraverso elementi divisori del tipo new

jersey.

Va specificato però che per l’avvio dell’attività di trattamento dei rifiuti inerti mediante triturazione,

di cui finora la ditta non si è occupata, sarà necessario l’acquisto dell’impianto di frantumazione e della

cappa aspirante da posizionare in corrispondenza di quest’ultimo, descritti in precedenza. Anche al fine di

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giustificare il costo complessivo dell’opera dichiarato per il calcolo degli oneri nella procedura della

verifica di assoggettabilità, si precisa che anche tali acquisti costituiscono capitoli di spesa.

2.5.3 Criteri di progettazione del sistema di raccolta e smaltimento delle acque reflue e

di quelle meteoriche di dilavamento del piazzale

L’area in oggetto non è servita da una pubblica fognatura, pertanto le acque reflue prodotte

dall’impianto sono stoccate in vasche a perfetta tenuta. Le acque reflue prodotte nell’insediamento sono

essenzialmente di tre tipi:

acque reflue nere provenienti dai servizi igienici;

acque bianche pluviali e di dilavamento piazzale;

acque di processo.

Acque reflue nere: le acque nere, provenienti dai servizi igienici esistenti, confluiscono mediante

tubazione sottotraccia da 125 e 150 mm di diametro in PVC in una vasca a perfetta tenuta di circa 4 mc.

Acque meteoriche pluviali e di dilavamento piazzale: le acque pluviali sono le acque che

provengono dalla copertura del capannone. Le acque bianche di dilavamento piazzale sono prodotte dalle

acque meteoriche che ruscellano sulla pavimentazione del piazzale e si arricchiscono di solidi sospesi e di

particelle organiche rilasciate dagli automezzi che utilizzano il piazzale. Anche per le acque meteoriche di

dilavamento piazzale l’impianto è dotato di idonea vasca a perfetta tenuta (vd. Tavola 1.3).

Acque di processo: il capannone è stato dotato di rete indipendente per la raccolta e

convogliamento di eventuali colaticci derivanti dalla nebulizzazione ovvero dal sistema di abbattimento

delle polveri e le acque derivanti dal lavaggio delle ruote degli automezzi. Tali acque sono raccolte in

apposite griglie e stoccate in vasche a perfetta tenuta. Si ricorda comunque l’esigua quantità di tali acque

dovuta all’elevato potere assorbente degli inerti.

Tutte le tipologie di acque reflue prodotte saranno smaltite come rifiuti liquidi da ditte autorizzate.

2.5.4 Elementi geologici e idrogeologici

Dal punto di vista geologico e idrogeologico, l’area in esame, posta nella porzione centrale del

complesso vulcanico dei Campi Flegrei, si ubica in una fascia territoriale essenzialmente subpianeggiante,

ad una quota di circa 55m s.l.m., alle pendici orientali di Monte S. Angelo alla Corvara, afferente al

sistema morfologico c.d. del Cratere del Gauro. Il “Cratere del Gauro” risale a circa 12.000 anni fa e

nacque con la formazione dell’ampio deposito detto “tufo giallo napoletano”. Ha un’altezza massima di

circa 330 metri ed è diviso in tre versanti che circondano la piana centrale detta “Campiglione”: Monte S.

Angelo è quello occidentale, Corvara quello settentrionale, e Monte Barbaro quello meridionale.

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Morfologicamente il sito non presenta particolari peculiarità e pertanto risulta del tutto stabile.

Idrologicamente non si individuano alvei significativi in prossimità dell’area di studio.

Geologicamente, il sito individuato sulla Carta Geologica d'Italia in scala 1:50.000 - Foglio 447

Napoli, giace sui depositi indicati come: Coltre eluvio-colluviale: Sabbie e limi argillosi talora

pedogenizzati derivanti dall'alterazione di piroclastiti e tufi, talora contenenti lapilli pomicei e scoriacei

accumulati in posto o dopo un breve trasporto per ruscellamento (Olocene - b2).

Da un sondaggio stratigrafico effettuato proprio nell'area del capannone della committenza e

gentilmente fornito dal dr. Geol. Federico Tarallo, è stato possibile desumere la stratigrafia del sito

oggetto di studio. La successione stratigrafica evidenzia la presenza di una serie di prodotti piroclastici a

granulometria essenzialmente fine (cenere) con presenza di livelli arricchiti in lapilli pomicei e scoriacei.

Alla profondità di 4.2 metri dal p.c. si individua la presenza di un paleosuolo sempre a composizione

cineritica. Tali litotipi sono ascrivibili alle eruzioni recenti del complesso flegreo.

Nell’area in esame non si rinviene una falda superficiale, il livello idrico principale si individua a

profondità di circa 40 metri dal piano campagna. Il verso del deflusso idrico risulta diretto verso il mar

Tirreno (dir NNE - SSW). La permeabilità dei terreni è tipica dei depositi piroclastici a granulometria fine

(medio bassa per porosità).

Per informazioni più dettagliate si rinvia alla Relazione geologica allegata.

2.6 CUMULO CON ALTRI PROGETTI

L’impianto in oggetto è localizzato in un’area periferica del territorio comunale di Pozzuoli (NA),

individuata catastalmente al foglio n. 25, mappale n. 16 subalterno 5, ed è ricadente in una zona del PRG

del comune di Pozzuoli individuata come zona “D1_1” Industriale, commerciale, artigianale esistente.

Attualmente l’area è circondata da altri insediamenti produttivi e da terreni agricoli. Le attività

industriali/artigianali insediate nei dintorni sono variegate; tra queste ci sono attività per la produzione di

profilati in alluminio, imprese edili, società di ingegneria.

Date le tipologie di attività adiacenti e di impatti generati sulle componenti ambientali dell’impianto

in oggetto, si ritiene con buona approssimazione che il progetto non interferisca con altri progetti di

opere limitrofe e non generi conflitti di eventuali risorse disponibili in loco. Esso infatti non genera

emissioni gassose in atmosfera (a parte quelle trascurabili prodotte dai camion per il trasporto dei rifiuti),

né scarichi idrici nel sottosuolo e non introduce perturbazioni all’ambiente.

L’unica possibile fonte di perturbazione dell’atmosfera locale potrebbe essere costituita dalla

dispersione di polveri durante le fasi di movimentazione e trattamento dei materiali inerti. Tali polveri,

però, non possono essere considerate “materiali polverulenti” (cfr. par. 4.1.5) poiché sono composte in

percentuale preponderante dalla frazione più grossolana, quindi non inalabile. A tale eventualità però è

stato posto rimedio grazie alla realizzazione di un sistema di contenimento delle polveri che prevede

l’utilizzo di un sistema di diffusione di acqua nebulizzata e di una cappa aspirante in corrispondenza della

tramoggia di carico del trituratore.

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Si ricordi inoltre che il conferimento, la messa in riserva e il trattamento dei rifiuti inerti avviene

all’interno del capannone industriale.

2.7 UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI

Le risorse naturali si possono classificare in via preliminare sulla base delle seguenti categorie:

materie prime (minerali, biomassa, ecc.);

comparti ambientali (acqua, aria, suolo);

risorse diffuse (energia eolica, idrica, geotermica, solare).

L’impianto in oggetto, che come ricordiamo è dedito alla commercializzazione e all’attività di messa

in riserva di rifiuti di carta, plastici, di legno e trattamento di inerti derivanti da costruzione e demolizione,

durante la sua fase di esercizio non prevede lo sfruttamento di materie prime, né del comparto

ambientale aria.

Per quanto riguarda la risorsa acqua, essa entra nel ciclo produttivo dell’impianto in quanto è

utilizzata per alimentare i nebulizzatori posizionati in diversi punti dell’impianto. Il consumo giornaliero

non dovrebbe però superare una quantità di circa 500 litri, consumati nei giorni effettivi di lavorazione.

In relazione all’occupazione di suolo, invece, esso è definito e regolamentato dalle Norme del Prg

per le “zone D” che individuano gli insediamenti industriali esistenti.

A fronte del consumo irrisorio di risorse naturali, va sottolineato invece che i materiali prodotti dal

trattamento dei rifiuti inerti, destinati all’impiego nel settore dell’edilizia in sostituzione dei materiali

naturali, limitano notevolmente l’uso ed il consumo di questi ultimi.

2.8 PRODUZIONE DI RIFIUTI

Per quanto concerne tipologia e quantità di rifiuti prodotti dall’impianto in oggetto, bisogna tener

presente che i rifiuti prodotti dalle attività svolte nell’impianto (messa in riserva R13 di rifiuti inerti, carta,

materiali ferrosi, plastica e legno, e trattamento R5 degli inerti) sono essenzialmente quei materiali

merceologicamente non omogenei con quelli trattati.

Come già affermato, i rifiuti in ingresso all’impianto, in seguito alla loro registrazione, sono

sottoposti ad una prima fase di selezione e cernita di tipo manuale, che avviene nell’area di conferimento,

e ad una successiva fase di selezione, con cui si elimina definitivamente la frazione metallica e altri

elementi indesiderati.

I prodotti di scarto derivanti da tali operazioni saranno stoccati all’interno di cassoni scarrabili e poi

smaltiti da ditte autorizzate all’Albo Gestori Ambientali ai sensi del D.Lgs. 152/06 e D.M. 406/98.

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2.9 INQUINAMENTO E DISTURBI AMBIENTALI

L’esercizio dell’impianto non comporta la produzione di significative emissioni inquinanti.

Per la tipologia di attività svolta, infatti, non sono prodotte né utilizzate sostanze chimiche che

possono provocare contaminazioni della falda o di corpi idrici superficiali. Tuttavia, dal transito e dalla

sosta degli autoveicoli che trasportano i rifiuti potrebbe derivare il rilascio accidentale sulla

pavimentazione del piazzale di sostanze come olii e carburante; per tale motivo, la superficie del piazzale

sarà perfettamente impermeabilizzata ed è dotata di griglie e di idonea vasca a perfetta tenuta per la

raccolta delle acque meteoriche di dilavamento piazzale.

Per quanto riguarda, invece, le emissioni in atmosfera (cfr. par. 4.1.5), i macchinari utilizzati

(pala gommata, mini escavatore, sistema di frantumazione) sono dotati di motore diesel con sistemi di

abbattimento come previsto dalla normativa vigente per le macchine a combustione.

A tal proposito vanno considerati anche gli scarichi prodotti dai camion di raccolta dei rifiuti e la

dispersione di polveri durante la movimentazione e il conferimento dei rifiuti inerti. Tuttavia i primi

possono essere considerati trascurabili; per quanto riguarda la dispersione di polveri, come si vedrà con

maggior dettaglio nel par. 4.1.5, sono stati adottati tutti i possibili accorgimenti per limitare al minimo

tale eventualità. La loro movimentazione avviene all’interno del capannone in cui è presente un sistema

di abbattimento polveri ad acqua nebulizzata e una cappa aspirante sopra la tramoggia di carico del

frantumatore.

Anche dal punto di vista acustico, come si vedrà più in dettaglio al par. 4.1.7, si ritiene che l’attività

in oggetto non produca un impatto significativo. Per l’attività in oggetto, si può a ragione ritenere che

l’emissione rumorosa vari tra valori di 50-70 dBA. A tal riguardo, il Comune di Pozzuoli ha redatto il Piano

di zonizzazione acustica comunale, che classifica l’area in esame in classe VI – aree esclusivamente

industriale con “valori limite di immissione” pari a 70 dBA di giorno e 70 dBA di notte, in linea quindi con

il livello di rumore prodotto.

Ricapitolando, per far fronte a tutti i possibili impatti sulle matrici ambientali l’impianto si è dotato

delle seguenti opere di protezione:

1. pavimentazione industriale del tipo impermeabile per tutte le aree, sia scoperte che all’interno del

capannone;

2. adeguato sistema di raccolta e canalizzazione delle acque meteoriche di dilavamento e/o

eventuali liquidi che possono essere versati accidentalmente;

3. sistema di contenimento e abbattimento delle polveri prodotte durante la fase di conferimento

dei rifiuti e trattamento mediante sistema di nebulizzazione d’acqua e cappa aspirante;

4. sistema bagna ruote all’ingresso dell’impianto, per evitare la dispersione di polveri dalle ruote dei

camion in uscita;

5. recinzione dell’area adibita alla lavorazione con funzione di contenimento dell’impatto visivo;

6. contenitori e cassoni a perfetta tenuta stagna per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti derivanti

dalla selezione e cernita in attesa di essere ritirati da ditte autorizzate dall’Albo Gestori Ambientali

ai sensi del D.Lgs. 152/06, D.M. 406/98 e loro successive modifiche ed integrazioni.

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2.10 RISCHIO DI INCIDENTI

Nelle fasi di esercizio dell’impianto, il rischio di incidente legato a fenomeni di esplosione e rilascio

di sostanze pericolose è nullo in quanto non sono utilizzate sostanze pericolose, né si prevede l’impiego di

attrezzature e/o macchine pericolose. Inoltre, all’interno dell’impianto si opererà in area recintata e

pavimentata in calcestruzzo, dotata di sistema di canalizzazione e raccolta delle acque e dei reflui.

Per quanto riguarda il rischio incendio, non può essere individuata la presenza di particolari

lavorazioni a rischio. In ogni caso si prevede di adottare tutti i provvedimenti necessari per la riduzione

del rischio incendio, sia strutturali che gestionali. La ditta, infatti, ha ottemperato alla realizzazione degli

impianti elettrici così come previsto dal DM 37/08 ex legge 46/90, e alla protezione da eventuali incendi

con l’installazione di estintori a polvere chimica a muro così come previsto dalla normativa vigente.

Inoltre la ditta ha provveduto all’adeguamento sulla valutazione dei rischi nei luoghi di lavoro così come

previsto dal D.Lgs. 81/08.

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3. LOCALIZZAZIONE DEL PROGETTO

3.1 LOCALIZZAZIONE E USO ATTUALE DEL TERRITORIO

La zona interessata dal progetto si trova a Pozzuoli (NA) in via Provinciale Campana, e insiste su

un fondo di terreno distinto in catasto al foglio n. 25, mappale n. 16 subalterno 5.

Il piano regolatore generale di Pozzuoli, approvato con Decreto del Presidente della Provincia di

Napoli n. 69 del 23.1.2002, classifica tale area come zona omogenea D1_1 (zona industriale, artigianale,

commerciale esistente) e secondo le norme del piano l’attività che si intende insediare risulta essere

compatibile con la destinazione urbanistica della zona D.

Il lotto ha una superficie di circa 1.250 mq. Esso è ubicato in un’area periferica del territorio

comunale, distante dal centro urbano e attualmente è circondato da altri capannoni a destinazione

industriale e da aree agricole.

Figura 4. Localizzazione dell’impianto in via provinciale Campana, Comune di Pozzuoli (NA)

3.2 RAPPORTI DI COERENZA CON GLI STRUMENTI PIANIFICATORI

Di seguito saranno sinteticamente analizzati le relazioni tra il progetto e i principali strumenti della

pianificazione territoriale, urbanistica e di settore (in particolare in materia di gestione dei rifiuti), le cui

prescrizioni e indicazioni interessano direttamente o indirettamente la realizzazione del progetto, nello

specifico:

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Piano regionale per la gestione dei rifiuti in Campania;

Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico dell'Autorità di Bacino Campania Centrale;

Piano territoriale di coordinamento provinciale (Ptcp) di Napoli;

Piano regolatore generale e Piano di zonizzazione acustica del Comune di Pozzuoli.

Dallo studio degli strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica e di settore non sono emersi

problemi di coerenza legati all'insediamento dall'attività in oggetto. Si riportano di seguito, in maniera

sintetica, gli aspetti di maggiore interesse ai fini del presente studio degli strumenti pianificatori che

regolano le trasformazioni urbane e territoriali (Psai, Ptcp e Prg, Pza) e garantiscono la salvaguardia

ambientale (Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti).

3.2.1 Il Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani in Campania

Nel luglio 1997 è entrato in vigore il Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti in

Campania, con l’obiettivo di fornire le linee guida per la gestione integrata dei rifiuti nella regione. Le

scelte strategiche operate dal Piano furono:

l’incentivazione della raccolta differenziata delle frazioni recuperabili;

la selezione dei rifiuti indifferenziati e il successivo recupero energetico delle frazioni combustibili;

la selezione dei rifiuti indifferenziati e la stabilizzazione delle frazioni umide;

lo smaltimento in discariche dedicate dei materiali non utilizzabili.

La strategia adottata nel piano per lo smaltimento dei rifiuti urbani è stata poi ripresa nel

Programma Operativo Regionale 2000/2006 della Regione Campania che, in relazione alla gestione

dei rifiuti, ha individuato gli aspetti con cui la pianificazione strategica e di settore dovranno misurarsi:

riduzione della produzione e soprattutto della pericolosità dei rifiuti

riutilizzo e valorizzazione dei rifiuti sotto forma di materia ed energia, anche attraverso

l’incremento della raccolta differenziata

smaltimento in condizioni di sicurezza dei soli rifiuti che non hanno altra possibilità di recupero o

trattamento.

Anche il Por Fers 2007-2013 si è allineato a questa strategia, recependone gli indirizzi

programmatici. In particolare, il POR articola le scelte strategiche in Assi prioritari e obiettivi specifici di

intervento, tra cui l’Asse 1 “Sostenibilità ambientale e attrattività culturale e turistica” che persegue il

connubio tra la tutela ambientale e la crescita economica legata dallo sviluppo di attività turistiche e

culturali, in un’ottica di sostenibilità e di consolidamento degli interventi fin qui realizzati per il governo

complessivo del territorio.

Tra gli obiettivi Specifici dell’Asse 1, vi è quello del risanamento ambientale, da perseguire

“potenziando l’azione di bonifica dei siti inquinati, migliorando la qualità dell’aria e delle acque,

promuovendo la gestione integrata del ciclo dei rifiuti”, attraverso la definizione di quattro obiettivi

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operativi, tra cui la “gestione integrata del ciclo dei rifiuti, volta a completare, in ogni sua parte, la filiera

della gestione integrata del ciclo dei rifiuti urbani e promuovere le gestione eco-compatibile dei rifiuti

industriali.

Infine, in seguito alle ben note vicende legate alla gestione dei rifiuti in Campania, al fine di

risolvere in maniera strutturale la fase di emergenza che ha caratterizzato questo settore per lungo

tempo, nel primi mesi del 2011, la Giunta regionale della Campania ha adottato il Piano Regionale di

Gestione dei Rifiuti Speciali – Prgrs (deliberazione n. 212 del 24/05/2011) e il Piano Regionale di

Gestione dei Rifiuti Urbani – Prgru (deliberazione n. 265 del 14/06/2011), dando formalmente avvio

alla fase di consultazione pubblica..

Il Prgru, partendo dai dati ufficiali sulla composizione e produzione dei rifiuti urbani e sugli

impianti, è stato redatto al fine di definire le linee programmatiche per la pianificazione ed attuazione

delle soluzioni gestionali e impiantistiche per superare l’emergenza. In tal senso, gli obiettivi generali

definiti nel piano sono:

1 la minimizzazione dell’impatto del ciclo dei rifiuti, a protezione della salute umana e

dell’ambiente;

2 la conservazione di risorse, quali materiali, energia e spazi;

3 la gestione dei rifiuti “after-care-free”, cioè tale che né la messa a discarica né la

termovalorizzazione, il riciclo o qualsiasi altro trattamento comportino problemi da risolvere per le

future generazioni;

4 il raggiungimento dell’autosufficienza regionale nella gestione dei rifiuti urbani;

5 il trattamento in sicurezza ed in tempi ragionevoli dei rifiuti stoccati da anni sul territorio

regionale;

6 il raggiungimento della sostenibilità economica del ciclo dei rifiuti.

Un aspetto fondamentale nel piano riveste il tema della prevenzione, vale a dire la riduzione della

produzione di rifiuti. In tal senso, il piano fa proprie le misure contenute nell’Allegato IV della Direttiva

98/2008/CE “Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti” all’art.29 (misure che possono incidere sulle

condizioni generali relative alla produzione dei rifiuti, misure che possono incidere sulla fase di

progettazione, produzione e distribuzione, e misure che possono incidere sulla fase del consumo e

dell’utilizzo), indicandole come azioni obbligatorie per la sua attuazione. È previsto, inoltre, che entro un

anno dalla sua adozione siano sviluppati piani attuativi ed operativi di raccordo al fine di definire un vero

e proprio Piano di azione per la riduzione dei rifiuti.

Il Prgru inoltre detta le linee guida per una corretta raccolta differenziata in un sistema di gestione

integrata dei rifiuti (ponendo come prioritario e irrinunciabile l’obiettivo del 50% di raccolta differenziata,

rispettando il limite imposto dalla L.123/ 08 per dicembre 2011), definisce la dotazione impiantistica

necessaria a valle di un’analisi degli scenari di gestione, costruiti sulla base delle condizioni al contorno

(tipo e quantità di rifiuto attualmente prodotto, logistica della raccolta, impiantistica di trattamento

esistente, discariche attualmente disponibili). I risultati dell’analisi fanno propendere verso un sistema di

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gestione dei rifiuti caratterizzato da un livello di raccolta differenziata sensibilmente più alto dell’attuale e

dall’introduzione della termovalorizzazione e di trattamenti biologici avanzati.

In seguito alla definizione della dotazione impiantistica e in relazione alle scelte tecnologiche e di

processo, il piano prosegue con l’individuazione di criteri per la localizzazione degli impianti necessari a

completare il ciclo integrato dei rifiuti1. Per ciascuna delle tipologie di impianto considerate, il piano ha

infatti individuato “vincoli assoluti” che implicano l’esclusione di determinate aree della Regione nelle

quali non sarà possibile localizzare gli impianti necessari, e “raccomandazioni”, intese come ulteriori

criteri da prendere in considerazione in tutte le fasi localizzative dell’impiantistica necessaria.

Appare chiaro, quindi, come, la realizzazione dell’impianto in oggetto, le cui attività riguardano lo

stoccaggio e il trattamento di rifiuti non pericolosi recuperabili (rifiuti di carta, cartone e cartoncino, rifiuti

plastica, rifiuti di materiali ferrosi, rifiuti di legno e sughero e materiali inerti) si ponga in coerenza con gli

obiettivi strategici del Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti in Campania e del Programma

Operativo Regionale.

Infatti il progetto che s’intende realizzare si inserisce nella filiera del recupero dei rifiuti,

contribuendo, grazie alle attività svolte, al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione della frazione di

rifiuti che sono destinati a finire in discarica. I rifiuti, preparati e trattati nell’impianto in oggetto, sono

reintrodotti in vario modo sul mercato, mentre i sottoprodotti di tale processo saranno prelevati e smaltiti

da ditte autorizzate.

3.2.2 Il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico

Il Comune di Pozzuoli rientra nell’ambito territoriale di competenza dell’Autorità di bacino

Campania Centrale (prima Autorità di bacino Nord Occidentale della Campania)2, istituita dalla Legge

183/1989.

L’Autorità di bacino Nord Occidentale della Campania si estende su una superficie complessiva di

1500 kmq e interessa le Province di Caserta, Napoli e Avellino, nello specifico 127 comuni. Il territorio

interessato è costituito dai seguenti bacini idrografici:

Regi Lagni;

Alveo Camaldoli;

Campi Flegrei;

Volla;

1 Secondo il D.lgs 152/2006 e s.m.i., è competenza specifica delle Regioni la sola definizione di criteri per la

determinazione delle aree non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nonché

dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento, mentre l’individuazione delle stesse aree è competenza esclusiva delle

Province. 2 Con DPGR n.143 del 15/05/2012 è stata istituita l’Autorità di bacino regionale della Campania Centrale, per

effetto della nuova denominazione della preesistente Autorità di bacino regionale del Sarno ed in esito

all’incorporazione in essa dell’Autorità di bacino regionale della Campania Nord-Occidentale.

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bacini delle Isole Ischia e Procida.

I problemi legati ai dissesti idrogeologici sul territorio del bacino sono stati affrontati dall’Autorità di

bacino nel Piano stralcio per l’assetto idrogeologico (Psai), approvato con Delibera di Comitato

Istituzionale n. 384 del 29/11/2010.

Il Psai rappresenta lo strumento per la pianificazione e la programmazione delle azioni e delle

norme d’uso del territorio legate all’assetto idrogeologico del bacino idrografico. Il piano persegue

l’obiettivo di garantire sul territorio del bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di

dissesto idrogeologico e contiene la perimetrazione e la classificazione delle aree a rischio idrogeologico e

di quelle da sottoporre a misure di salvaguardia.

Nello specifico, il piano individua e classifica sia le aree soggette a rischio idraulico (cioè a

fenomeni da allagamento per esondazione) che quelle sottoposte a rischio frana (cioè a quei fenomeni di

crisi idraulica da alluvionamento che danno luogo ad un trasporto sia liquido che solido). La

classificazione delle aree a rischio idraulico e delle aree a rischio frana è contenuta, rispettivamente, nelle

tavole Carta del rischio idraulico e Carta del rischio da frana, in scala 1:10.000, ed è articolata in

entrambi i casi in 4 classi di rischio:

R4 - area a rischio molto elevato nella quale per il livello di rischio presente sono possibili la perdita

di vite umane, lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio

ambientale, la distruzione di attività socio-economiche;

R3 - area a rischio elevato nella quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni

funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione

di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale;

R2 - area a rischio medio nella quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al

patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità delle persone, l’agibilità degli edifici e la

funzionalità delle attività economiche;

R1 - area a rischio moderato nella quale per il livello di rischio presente per le quali i danni sociali,

economici e il patrimonio ambientale sono marginali;

Nello specifico, l’area oggetto di studio non ricade né nelle aree a rischio frana né in quelle a

rischio idraulico, come si evince dalle relative tavole (griglia 447103 su base CTR 1:75.000).

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Figura 5. Stralcio della Carta del rischio frana del Psai dell’Autorità di bacinoNord Occidentale della Campania con

localizzazione dell’impianto (in giallo)

Figura 6. Stralcio della Carta del rischio idraulico del Psai dell’Autorità di bacinoNord Occidentale della Campania

con localizzazione dell’impianto (in giallo)

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3.2.3 Il Piano territoriale di coordinamento provinciale di Napoli

Il D.lgs 267/2000, testo unico delle leggi in materia di enti locali, attribuisce alla Provincia il

compito di determinare gli indirizzi generali di assetto del territorio attraverso la predisposizione e

l’adozione del Piano territoriale di coordinamento provinciale (art.20).

Il Ptcp è uno strumento di indirizzo che definisce le indicazioni progettuali strategiche di assetto

relative all’organizzazione del territorio e delinea la cornice di orientamenti e prescrizioni in cui i comuni

possono muoversi nell’ambito delle proprie attività pianificatorie.

La proposta di Piano territoriale di coordinamento di Napoli è stata approvata dalla Giunta

provinciale il 17 dicembre 2007. Successivamente il mutato quadro normativo regionale (Lr n. 13 del

13/10/2008) ha comportato la necessità di integrare la proposta del Ptcp in merito alle competenze

territoriali ed urbanistiche indicate dalla Lr 16/2004. Tali modifiche hanno condotto alla proposta

definitiva di Ptcp, approvata dalla Giunta provinciale con deliberazione n. 747 dell' 8/10/2008.

Con i suoi 3.059.196 residenti la Provincia di Napoli è la terza provincia italiana, dopo quelle di

Milano (3.707.210) e di Roma (3.700.424). il suo territorio si estende su una superficie di 1.171 km² e

comprende 92 comuni.

In estrema sintesi, i temi assunti per la elaborazione del Ptc della provincia di Napoli possono

riassumersi in 4 “assi strategici”:

a. valorizzazione e riarticolazione del sistema urbano, in forme policentriche e reticolari atte a

migliorare l’efficienza e l’efficacia delle città in quanto motori di sviluppo sostenibile, e da

promuovere la competitività e la qualità diffusa del territorio provinciale;

b. conservazione e valorizzazione del patrimonio ambientale, naturale, culturale e paesistico, in

modo da rafforzare i valori identitari, l’attrattività e l’abitabilità del territorio provinciale e da

propiziare forme sostenibili di sviluppo endogeno locale;

c. sviluppo, riorganizzazione e qualificazione della mobilità e dei trasporti pubblici in chiave

intermodale, al fine di assecondare la riarticolazione urbana di cui al punto a., di ridurre le

difficoltà d’accesso ai servizi e alle risorse e di ridurre l’impatto ambientale del traffico e delle

infrastrutture;

d. rafforzamento dei sistemi locali e territoriali, della loro capacità di auto-organizzarsi e di

affacciarsi sui circuiti sovralocali di scambio e produzione, concorrendo nel contempo ad

assicurare il mantenimento e la riqualificazione del patrimonio ambientale, in particolare nello

spazio rurale.

La strategia generale è poi declinata per i diversi “ambienti insediativi locali” definiti a partire dagli

ambienti insediativi regionali contenuti nel Piano territoriale regionale della Campania (approvato con Lr

n.13 del 13 ottobre 2008).

In particolare, il Comune di Pozzuoli rientra nell’ambiente insediativo locale D – Campi Flegrei. “Nel

sistema flegreo, da un lato occorre costruire strategie calibrate di netto contenimento insediativo anche

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in relazione all’elevato rischio vulcanico e, dall’altro, occorre sostenere la presenza di funzioni rare e di

servizi urbani di livello superiore non solo nel centro di Pozzuoli, prevedendo l’insediamento di funzioni

complementari (di tipo urbano ed economico-produttivo) negli altri ambiti del sistema e curando le

connessioni con gli adiacenti sistemi. Occorre inoltre progettare l’incremento delle attività turistiche

nell’ambito meridionale, con la riqualificazione delle forme di fruizione turistico-balneare e la

valorizzazione delle risorse storico-culturali ed ambientali.”

In riferimento, invece, alla aree protette (parchi, Sic e Zps3), l’area in cui ricade l’impianto non è

interessato dalla presenza di nessuna di queste aree, come si evince dalla tavola A.03.0 - Aree di

interesse naturalistico istituzionalmente tutelate.

Figura 7. Stralcio della tavola A.03.0 - Aree di interesse naturalistico istituzionalmente tutelate del PTCP di

Napoli

Tuttavia l’area si trova a breve distanza dal Parco regionale dei Campi Flegrei e dal sito di interesse

comunitario Monte Barbaro e Cratere di Campiglione (Codice SIC IT8030019).

3 Le zone di protezione speciale (ZPS) e i siti di importanza comunitaria (SIC) sono state istituite ai sensi delle

direttive CEE 79/409 e 92/43 e recepite in Italia con L. 157/1992 (e s.m.i.) e DPR 357/1997 (e s.m.i.).

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3.2.4 Il Piano paesistico dei Campi Flegrei

Il Piano paesistico dei Campi Flegrei è stato approvato con Dm 26 aprile 1999.

L'ambito cui si applica la normativa del piano è quello definito dall'intero territorio del comune di

Pozzuoli, del comune di Bacoli e del Comune di Monte di Procida. Le aree regolate dal presente piano

sono distinte in zone, secondo le perimetrazioni e le normative specificate negli articoli del successivo

Titolo II. La distinzione di tali aree o zone di piano, è stata determinata dal valore differenziato degli

elementi costitutivi riconosciuti in sede di analisi. A tali valori corrispondono diversi gradi di tutela

paesistica.

Nello specifico, l’area di interesse ricade in una zona classificata come P.I.R. Area di protezione

integrale con restauro paesistico-ambientale.

Figura 8. Stralcio della tavola di zonizzazione del Piano paesistico dei Campi Flegrei

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Secondo l’art. 12 delle Norme del piano, gli interventi ammissibili (co. 3) sono volti alla

conservazione e alla ricostituzione del verde secondo l'applicazione di principi fitosociologici che rispettino

i processi dinamico-evolutivi e della potenzialità della vegetazione dell'area; alla prevenzione dagli incendi

con esclusione di strade tagliafuoco; al risanamento e restauro ambientale per l'eliminazione di strutture

ed infrastrutture in contrasto con l'ambiente, di cartelloni pubblicitari e di altri detrattori ambientali;

interventi di sistemazione ed adeguamento della viabilità pedonale e carrabile; realizzazione di piste

ciclabili utilizzando percorsi esistenti.

Inoltre (co.4) è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti con le

esclusioni di cui al successivo punto 5 del presente articolo; è vietata la costruzione di strade rotabili;

sono vietati gli attraversamenti di elettrodotti o di altre infrastrutture aeree; è vietata la coltivazione delle

cave esistenti in zona. È vietata l'alterazione dell'andamento naturale del terreno e delle sistemazioni

idrauliche agrarie esistenti.

Per quanto riguarda, invece, l’uso del suolo (co. 5), nei complessi vegetazionali naturali devono

essere effettuati, a cura dei proprietari e dei possessori, anche utilizzando le disponibili provvidenze di

legge statale e regionale, gli interventi atti ad assicurarne la conservazione e la tutela. In particolare gli

interventi devono tendere al mantenimento ed alla ricostituzione e riqualificazione della vegetazione.

È consentito l'uso agricolo del suolo con le seguenti prescrizioni:

- è vietato l'impianto di nuove serre, di qualsiasi tipo e dimensione;

- è vietata l'aratura oltre i cinquanta centimetri di profondità nelle aree di interesse archeologico di

cui al punto 2 dell'art. 5 della presente normativa;

- è vietato l'uso di pesticidi chimici di I, II, III classe, secondo le direttive C.E.E.;

- è consentito l'espianto dei frutteti per la rinnovazione colturale;

- è consentito l'adeguamento igienico-funzionale delle case coloniche esistenti e delle relative

pertinenze ed attrezzature fino al raggiungimento dell'indice fondiario di 0,03 mc./mq

complessivo.

Nel caso di suolo agricolo totalmente inedificato sono consentiti per residenze ed attrezzature

volumi che non superino l'indice fondiario massimo di 0,03 mc/mq.

I volumi derivanti da interventi di adeguamento e le nuove costruzioni non potranno superare i 7

metri di altezza e dovranno essere realizzati nel rispetto dei criteri della tutela ambientale (rispetto dei

punti di vista panoramici, della morfologia del terreno, divieto di terrazzamenti).

La concessione ad edificare, in tal caso, può essere rilasciata esclusivamente ai proprietari

coltivatori diretti, nonché agli affittuari o mezzadri coltivatori diretti. Tutte le concessioni rilasciate devono

prevedere la obbligatoria trascrizione alla Conservatoria dei Registri Immobiliari del vincolo della

destinazione agricola del fondo e dei manufatti autorizzati dalla concessione stessa. È vietato il taglio e

l'espianto delle piante di alto fusto nonché il taglio e l'espianto della vegetazione arbustiva tanto di

essenze esotiche, quanto di macchia mediterranea spontanea. Le essenze da espiantare a causa di

affezioni fitopatologiche devono essere sostituite con le stesse essenze. La necessità di abbattimento di

piante di alto fusto per motivi di sicurezza va comunicata, per l'autorizzazione, agli uffici del Corpo

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Forestale dello Stato. È fatta eccezione per i tagli e gli espianti strettamente necessari per gli scavi e il

restauro dei monumenti antichi da parte della competente Soprintendenza.

3.2.5 La pianificazione urbanistica comunale

Lo strumento urbanistico comunale attualmente vigente sul territorio di Pozzuoli è il Piano

regolatore generale, approvato con Decreto del Presidente della Provincia di Napoli n. 69 del 23.1.2002.

Il Prg classifica l’area interessata dalla presenza dell’impianto come zona omogenea D1_1 (zona

industriale, artigianale, commerciale esistente) e, secondo le Norme del piano (art. 31), l’attività che si

intende insediare risulta essere compatibile con la destinazione urbanistica della zona D1_1.

Figura 9. Uno stralcio della tavola di zonizzazione del Prg di Pozzuoli

Inoltre, l’Amministrazione comunale ha approvato nel 2001 il Piano di zonizzazione acustica ai

sensi dell’art.6, comma 1 della legge 447/95 e, a giugno 2014 (Dcc 54/2014), il Regolamento per

l’attuazione del Piano di zonizzazione acustica. Nello specifico, l’area su cui insiste lo stabilimento rientra

in classe VI-Aree esclusivamente industriali. Secondo il piano di zonizzazione acustica “rientrano in questa

classe le aree destinate esclusivamente ad insediamenti industriali e prive di insediamenti abitativi”.

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Per tale classe, i limiti massimi di immissione espressi come livello equivalente Leq in dB(A) sono i

seguenti:

tempo di riferimento diurno70 dB(A);

tempo di riferimento notturno 70 dB(A).

Figura 10. Uno stralcio della zonizzazione acustica del Piano di zonizzazione acustica del Comune di Pozzuoli

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Per l’attività di recupero in oggetto, le fonti di inquinamento acustico potrebbero essere costituite

dalle macchine utilizzate, quali la gru, l’escavatore, dalla movimentazione dei materiali inerti. Queste

tipologie di macchine tuttavia non producono emissioni sonore elevate, mantenendosi generalmente

intorno al valore di 70 dB, limite stabilito dal piano.

Inoltre, come già affermato, il gruppo di frantumazione che sarà acquistato della Cave Service srl è

un macchinario per il quale sono state adottate soluzioni tecniche mirate a contenere il più possibile le

emissioni rumorose prodotte, per esempio attraverso rivestimenti insonorizzanti nei punti di impatto

dell’inerte, i livelli di rumorosità rilevati nei pressi del vaglio vibrante, del mulino e del frantoio (prove

condotte secondo le metodologie indicate nelle ISO/DIS 3744 e 3746 per un modello come quello scelto)

sono:

PARAMETRI UNITÀ MISURA (frantoio a mascelle)

Livello potenza sonora Lwa dB(A) 69

Livello max pressione sonora dB(A) 65

3.3 RAPPORTI DI COERENZA CON LA NORMATIVA VIGENTE

L’attività di gestione dei rifiuti a livello nazionale è regolata dal Decreto Legislativo 152/2006 (il

cosiddetto “Testo Unico in materia Ambientale”) e ss. mm. ii. Nella Parte IV del decreto (art.178) si

afferma che “I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza

usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare:

senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, nonché per la fauna e la flora;

senza causare inconvenienti da rumori o odori;

senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa

vigente.”

Il D.lgs introduce numerosi concetti, tra i quali emerge il concetto di gestione dei rifiuti che deve

intendersi come: “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti, compreso il controllo

delle operazioni, nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura. In

due allegati, inoltre, sono elencate le operazioni che è possibile effettuare sui rifiuti sia nell’ambito del

recupero che nell’ambito dello smaltimento degli stessi”.

In altre parole, la stessa normativa prevede che, nella gestione del rifiuto, debba essere

privilegiato il recupero delle frazioni riciclabili (sia per la materia prima secondaria che per la produzione

di energia), avviando a smaltimento solo i rifiuti oggettivamente non recuperabili (art.181).

Il Decreto Legislativo attribuisce alle autorità competenti quel ruolo di attore principale

nell’assumere ciascuna, nell’ambito delle proprie attribuzioni, iniziative dirette a favorire, in via prioritaria,

la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti mediante:

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lo sviluppo di tecnologie pulite, in particolare quelle che consentono un maggiore risparmio di

risorse naturali;

la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di ecoaudit, analisi del ciclo di vita dei

prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, nonché lo sviluppo del

sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno specifico

prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo;

la messa a punto tecnica e l’immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non

contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro

smaltimento, ad incrementare la quantità, il volume e la pericolosità dei rifiuti ed i rischi di

inquinamento;

lo sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti

destinati ad essere recuperati o smaltiti;

la determinazione di condizioni di appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in

materia di prevenzione della produzione di rifiuti;

la promozione di accordi e contratti di programma finalizzati alla prevenzione e alla riduzione

della quantità e della pericolosità dei rifiuti.

Inoltre, ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello

smaltimento finale dei rifiuti attraverso:

il reimpiego ed il riciclaggio;

le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;

l’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano

l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

l’utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.

Alla luce degli obiettivi del decreto, il progetto dell’impianto in esame riveste una notevole

importanza. L’attività dell’impianto, come già affermato, consiste nel recupero di rifiuti di carta, plastica,

materiali ferrosi, legno e materiali inerti e ceramici delle tipologie già descritte (cfr. par. 2.2) per la

produzione di MPS per le attività edilizie. Questi ultimi rifiuti, sottoposti anche a trattamento R5, derivano

essenzialmente da attività di costruzione e demolizione e sono costituiti da laterizi, intonaci, conglomerati

di cemento armato e non, materiali derivanti da attività di scavo.

Essi, come già descritto, sono sottoposti a selezione e cernita manuale e con l’ausilio di mezzi

meccanici quali pala meccanica ed escavatore. I rifiuti inerti successivamente sono sottoposti ad ulteriore

selezione per eliminare la frazione ferrosa eventualmente presente grazie al separatore magnetico della

macchina e ottenere così un rifiuto dalle caratteristiche omogenee e sono avviati alla fase di

frantumazione. Il prodotto ottenuto viene stoccato in apposite aree di stoccaggio delle MPS (Materie

Prime Secondarie).

Appare chiaro, quindi, l’apporto positivo dell’attività in oggetto nella gestione dei rifiuti poiché

permette di diminuire l’impiego di nuove risorse per la produzione dei materiali utilizzati nell’edilizia (si

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pensi alle cave utilizzate per la produzione del calcestruzzo o allo sbancamento dei corsi d’acqua) nel

rispetto anche delle conseguenti condizioni di rischio idrogeologico e, allo stesso tempo, di ridurre il

volume di rifiuti altrimenti conferiti in discarica.

Pertanto si ritiene che il progetto dell’impianto messo a punto dalla ditta ECO VA.RU,

grazie al corretto recupero e riciclaggio degli rifiuti menzionati mediante l'avvio al riutilizzo dei rifiuti

recuperabili e l'avvio a corretto smaltimento dei rifiuti non recuperabili presso impianti autorizzati,

contribuisce senz’altro al raggiungimento degli obiettivi previsti D.lgs 152/2006 e per questo

motivo si ritiene esso sia perfettamente coerente con la normativa vigente in materia di gestione dei

rifiuti.

3.4 QUALITÀ E CAPACITÀ DI RIGENERAZIONE DELLE RISORSE NATURALI

Come descritto in precedenza, la zona in cui è localizzato l’impianto in oggetto è classificata nel Prg

come zona omogenea D1_1-Industriale, commerciale e artigianale esistente.

L’attività prevista, come già ampiamente descritto, consiste nello stoccaggio e trattamento di rifiuti

non pericolosi recuperabili, che come già specificato sono:

tipologia 1.1 (rifiuti di carta, cartone e cartoncino);

tipologia 3.1 (rifiuti di ferro, acciaio e ghisa);

tipologia 6.1 (rifiuti di plastica);

tipologia 7.1 (rifiuti ceramici e inerti);

tipologia 7.31 bis (terre e rocce di scavo);

tipologia 9.1 (scarti di legno e sughero).

Tali rifiuti, prima del recupero, sono sottoposti alla messa in riserva con selezione per l'eliminazione

di materiali e/o sostanze estranee. Inoltre, i rifiuti inerti (tip. 7.1 e 7.31 bis) sono sottoposti ad un

ulteriore fase di frantumazione. Da tali attività si generano sottoprodotti (es. vetro) che vengono stoccati

all’interno di appositi contenitori e smaltiti da ditte autorizzate dall’Albo Gestori Ambientali ai sensi del

Dlgs. 152/06, Dm 406/98 e ss mm ii.

Non è quindi previsto lo sfruttamento delle risorse naturali dell’area in oggetto, a parte il consumo

di suolo già previsto dalla strumentazione urbanistica vigente. Anzi, l’attività in oggetto contribuisce ad

evitare lo sfruttamento delle risorse naturali per la produzione di materiali per l’edilizia, carta, plastica,

materiali ferrosi e legno, contribuendo al recupero dei materiali e al loro reimpiego.

Va inoltre sottolineato che il sito di progetto ha subito un processo di antropizzazione che ha già

significativamente alterato le caratteristiche di naturalità dell’area; l’impianto in oggetto va infatti ad

inserirsi in una zona nella quale la naturalità non può essere considerata significativa.

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3.5 CAPACITÀ DI CARICO DELL’AMBIENTE

La capacità di carico, o capacità portante dell’ambiente, è definita come la capacità di un ambiente

e delle risorse presenti in esso di sostenere un certo numero di individui e, più in generale, di tollerare

azioni antropiche tali da non portare a modificazioni irreversibili.

In questo caso, data la localizzazione dell’impianto, in un’area periferica rispetto al centro cittadino

ma urbanizzata, e l’utilizzazione del suolo nel sito dell’impianto, che ricordiamo essere un’area destinata

ad insediamenti industriali e produttivi, la capacità di carico è stata compromessa dell’irreversibilità della

trasformazione già avvenuta nell’area con l’inserimento di diverse aziende, la realizzazione di attrezzature

sportive e di insediamenti residenziali.

L’impianto di cui in oggetto non comporta quindi alcuna modificazione sostanziale dello stato di

fatto, in quanto non viene alterata sensibilmente la capacità di carico in relazione all’ecosistema locale

presente. In altre parole, il progetto non provoca alcun aggravio per l’ambiente circostante.

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4. CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO POTENZIALE

L’analisi relativa all’impatto potenziale dell’impianto di cui in oggetto è condotta affrontando i punti

riportati nella Tabella 6, così come indicato nell’Allegato V, D.lgs 152/2005 e ss.mm.ii. che regola la

procedura di Verifica di Assoggettabilità alla VIA, di competenza regionale. Le componenti dell’ambiente

potenzialmente soggette ad impatto, come elencate al punto 3 dell’Allegato VII del D.lgs 4/2008, sono le

seguenti:

popolazione;

fauna e flora;

suolo;

acqua;

aria;

patrimonio architettonico e archeologico;

patrimonio agroalimentare;

paesaggio;

interazione tra i fattori d’impatto.

Come già emerge dalle precedenti analisi, l’impatto potenziale dell’opera, dal punto di vista

ambientale, è fortemente limitato data l’utilizzazione attuale del sito, il tipo di impianto previsto e la

tipologia di attività svolta.

Infatti il progetto si inserisce in un’area che ha già subito un processo di antropizzazione (area a

prevalente destinazione industriale lontana dal centro cittadino) in cui la naturalità, quindi, non può

essere considerata significativa. Inoltre, l’attività prevista, che consiste nello stoccaggio e trattamento di

rifiuti non pericolosi recuperabili (inerti provenienti da demolizioni e scavi, carta, plastica, materiali

ferrosi, legno e sughero) non implica sfruttamento delle risorse naturali.

Nei paragrafi che seguono vengono illustrati i livelli di interferenza che il progetto proposto

determina sulle componenti ambientali potenzialmente soggette ad impatto, allo scopo di valutare la

portata, l’ordine di grandezza, la complessità, la probabilità, la durata e la frequenza di tale impatto.

4.1 PORTATA DELL’IMPATTO

Con la valutazione della portata dell’impatto, in termini qualitativi, si tenta di stimare la ricaduta

potenziale del progetto sulle componenti interessate. Si procederà, quindi, nei successivi sottoparagrafi

alla descrizione, per ogni componente, delle caratteristiche possibili dell’impatto.

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4.1.1 Popolazione

Il sito che ospita l’impianto è collocato in una area periferica del territorio comunale di Pozzuoli,

distante circa 250 m dalla più vicina unità residenziale. Data la pressoché totale assenza di emissioni

solide, liquide o gassose nella fase di esercizio dell’impianto, l’impatto del progetto sulla popolazione può

ritenersi quasi nullo.

L’ipotesi di impatto sulla popolazione più concreta potrebbe essere costituita dalla dispersione di

polveri sottili durante le fasi di trattamento dei materiali inerti. Come si vedrà nel par. 4.1.5, tali polveri

sono costituite in percentuale preponderante dalla frazione più grossolana, quindi non inalabile, e infatti

non possono essere classificate come “materiali pulverulenti”. Tale dispersione, inoltre, potrebbe tuttavia

interessare un’area di influenza in cui non ricadono abitazioni. In ogni caso, a tale eventualità la società

ha posto rimedio realizzando in corrispondenza delle aree di stoccaggio e trattamento dei materiali inerti

e di stoccaggio MPS un sistema di contenimento e abbattimento delle polveri costituito da un impianto di

nebulizzazione ad acqua. Inoltre in corrispondenza della tramoggia di carico dell’impianto di triturazione è

prevista la realizzazione di una cappa aspirante. Infine, è installato un sistema bagna ruote per evitare la

dispersione al suolo di polveri prodotte dalla ruote dei camion in uscita dall’impianto.

Per quanto riguarda il livello di rumorosità prodotto, l’attività in oggetto possiede alcuni punti di

emissione dei rumori con intensità del rumore variabile nei luoghi di lavoro tra i 50 e gli 70 dBA.

L’impianto di triturazione, che si ritiene possa essere il macchinario più rumoroso, è caratterizzato da un

Livello potenza sonora Lwa = 69 dB(A) (dato casa produttrice Cave Service srl), pertanto nei luoghi di

lavoro è consigliato l’uso di cuffie e tappi antirumore per gli addetti. Il Comune di Pozzuoli, come già

affermato, ha redatto il Piano di zonizzazione acustica comunale e inserito l’area in esame in classe

acustica VI – aree esclusivamente industriali. Per questa classe i valori limite massimi di emissione sono

70 dBA di giorno e 70 dBA di notte. Il rumore generato dall’impianto non dovrebbe quindi superare il

limite imposto dal piano. In ogni caso, all’avvio dell’attività sarà svolta un’apposita indagine fonometrica

al fine di valutare il rumore prodotto e le eventuali misure di mitigazione da adottare.

4.1.2 Fauna e Flora

Come già affermato in precedenza, l’area in cui è ubicato l’impianto non ricade in aree naturali

protette, sottoposte a misure di salvaguardia ai sensi dell’art. 6, comma 3 della Legge 06/12/1991 n. 394

e s. m., né in aree site nelle zone di rispetto di cui all’art. 21, comma 1, del D.Lgs 11/05/1999, n. 152 e

s.m.i.. Tuttavia, nei dintorni dell’impianto vi sono aree a destinazione agricola di pregio, il Parco regionale

dei Campi Flegrei e il sito di interesse comunitario Monte Barbaro e Cratere di Campiglione (Codice SIC

IT8030019).

Considerando, però, la tipologia del progetto e l’attività che si intende svolgere, non sono

prevedibili particolari interferenze con la fauna e la flora locale durante l’esercizio dell’impianto.

L’attività di recupero di materiali inerti provenienti da demolizioni e scavi implica l’utilizzo di

escavatore, pala meccanica e sistema di frantumazione, dotati di motore diesel con sistemi di

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abbattimento come previsto dalla normativa vigente per le macchine a combustione, che non producono

emissioni gassose significative, legate tuttalpiù ai mezzi di trasporto per l’approvvigionamento delle merci

e per lo smaltimento dei rifiuti prodotti.

Per quanto riguarda le polveri generate dall’attività di frantumazione, come si dirà con maggior

dettaglio nel par. 4.1.5, non possono essere classificate come “materiali polverulenti” ai sensi della parte

1° dell’allegato 5 alla parte V del D.lgs 152/2006 poiché costituite per circa l’85% da materiali grossolani

di granulometria sabbioso-ghiaiosa (laterizi, intonaci, cemento, cls, ecc) non ascrivibili ai materiali

polverulenti. In ogni caso, si ricorda che la movimentazione e il trattamento di tali materiali avviene

all’interno del capannone industriale. Inoltre, per minimizzare la produzione e l’eventuale dispersione

delle polveri prodotte dalle attività di movimentazione e frantumazione degli inerti, la società ha

realizzato un sistema di contenimento e abbattimento delle polveri basato sulla nebulizzazione dell’acqua

durante la movimentazione e sull’uso di cappa aspirante durante la triturazione.

Anche per quanto riguarda le emissioni solide e liquide, che possono pregiudicare la vita di flora e

fauna locali, esse sono da considerarsi poco rilevanti e all’impianto saranno comunque realizzate le opere

necessaria per la prevenzione dall’inquinamento delle matrici ambientali, come descritto più

dettagliatamente nei paragrafi che seguono.

4.1.3 Suolo

Il rischio di contaminazione del suolo (e delle acque di falda eventualmente presente) è poco

significativo dal momento che la attività di recupero in oggetto non implica l’utilizzo di sostanze

inquinanti. Per la tipologia di attività svolta, infatti, non sono prodotte né utilizzate sostanze chimiche che

possono provocare contaminazioni del suolo o di falda.

Per quanto riguarda altre tipologie di rifiuti prodotti dall’attività, si tratta di materiali

merceologicamente non omogenei con i materiali trattati, come metalli non ferrosi, vetro, etc., derivanti

dalla fase di selezione e cernita . Per questi rifiuti è prevista la compartimentazione delle aree adibite allo

stoccaggio delle varie tipologie, lo stoccaggio in cassoni a perfetta tenuta stagna differenziati per codici

CER e il prelievo da parte di ditte autorizzate per avviarli allo smaltimento o al riciclaggio.

Inoltre la pavimentazione dell’impianto, sia all’interno del capannone che nel piazzale esterno, è

stata realizzata per garantire la perfetta impermeabilizzazione e, come si dirà nel successivo paragrafo, le

acque di dilavamento del piazzale saranno raccolte in apposite griglie, stoccate in vasca a perfetta tenuta

e smaltite come rifiuti liquidi da ditte autorizzate.

4.1.4 Acqua

Il rischio di contaminazione della risorsa idrica è molto ridotto; infatti nell’impianto non sono

utilizzate sostanze chimiche. Tuttavia una possibile fonte di inquinamento potrebbe essere prodotta da oli

o carburanti accidentalmente rilasciati dai mezzi di trasporto sulla pavimentazione del piazzale.

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Si ricorda che tutte le pavimentazioni dell’impianto (sia all’interno del capannone che nelle aree

esterne) sono di tipo industriale (impermeabili). Inoltre, come noto, l’area in oggetto non è servita da

una pubblica fognatura, pertanto le acque reflue prodotte dall’impianto sono stoccate in vasche a

perfetta tenuta (vd. elaborato grafico Tavola 1.3) e periodicamente smaltite come rifiuti liquidi da ditte

autorizzate. Il sistema siffatto evita qualsivoglia contatto tra le acque reflue prodotte dall’impianto e la

matrice ambientale acqua.

Le acque reflue nere, provenienti dai servizi igienici esistenti, confluiscono mediante tubazione

sottotraccia da 125 e 150 mm di diametro in PVC in una vasca a perfetta tenuta di circa 4 mc.

Le acque meteoriche pluviali e di dilavamento piazzale confluiscono anch’esse, attraverso

propria rete sottotraccia, in apposita e idonea vasca a perfetta tenuta, e infine le acque di processo

(derivanti da eventuali colaticci prodotti dalla nebulizzazione delle polveri e dal lavaggio delle ruote degli

automezzi) sono convogliate mediante rete indipendente per la raccolta e convogliamento di tali acque,

in una vasca a perfetta tenuta, posta all’interno del capannone.

Oltre alla pavimentazione impermeabile e sistema di raccolta delle acque reflue, per azzerare il

rischio di inquinamento della risorsa idrica sono state adottate altre misure, quali:

compartimentazione delle aree adibite allo stoccaggio delle varie tipologie di rifiuti;

contenitori e cassoni a perfetta tenuta stagna per lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti derivanti

dalla selezione e cernita in attesa di essere ritirati da ditte autorizzate dall’Albo Gestori Ambientali

ai sensi del D.Lgs. 152/06, D.M. 406/98 e ss. mm. ii..

4.1.5 Atmosfera

Le emissioni prodotte presso l’impianto in oggetto sono sia di tipo diffuso che di tipo concentrato.

Le emissioni diffuse si generano perlopiù all’interno del capannone, in corrispondenza dell’area dei cumuli

di materiale inerte lavorato e stoccato. L’unico punto esterno è costituito dall’area di stoccaggio MPS

prodotte dall’attività di trattamento R5, scaricate dall’impianto di triturazione attraverso un nastro

trasportatore.

L’emissione concentrata è unica ed è costituita dal camino della cappa aspirante posta in

corrispondenza della tramoggia di carico dell’impianto di frantumazione.

Per quanto riguarda le polveri diffuse generate dall’attività di frantumazione, la parte 1°

dell’allegato 5 alla parte V del D.lgs 152/2006 definisce “materiali polverulenti” i prodotti derivanti da

operazioni di “frantumazione, cernita, miscelazione, pellettizzazione, ecc di materiali polverulenti”, mentre

i materiali oggetto della presente attività non sembrano essere classificabili come tali. Si tratta infatti di

rottami da demolizione i quali, seppure contenenti una frazione fine polverulenta limo-argillosa (Ø < 0,06

mm) valutabile da bibliografia intorno al 10%, sono costituiti per circa il 90% da materiali grossolani di

granulometria sabbioso- ghiaiosa (laterizi, intonaci, cemento, cls, ecc) non ascrivibili ai materiali

polverulenti. Anche una volta frantumati, poiché la frantumazione riguarda la frazione grossolana, la

frazione fine è valutabile da bibliografia intono al 15% e pertanto il materiale risulta costituito per circa

l’85% da materiali grossolani di granulometria sabbioso- ghiaiosa (laterizi, intonaci, cemento, cls, ecc)

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non ascrivibili ai materiali polverulenti. Per queste motivazioni si ritiene non applicabile al caso in esame il

contenuto dell’ allegato V, parte 1° alla parte V del D.lgs 152/06.

In ogni caso, per tutte le operazioni, per verranno adottati accorgimenti minimizzare la produzione

delle polveri prodotte nell’attività di carico, frantumazione e movimentazione considerate polveri pesanti

non rientranti nei PM10 e PM 2,5 pertanto scarsamente inalabili.

Infatti, per tutte le fasi riportate nello schema di flusso (Figura 1), l’abbattimento delle polveri è

garantito da una irrorazione di acqua comandata manualmente da operatori e regolabile nei punti nei

quali il passaggio del materiale da frantumare (rifiuti speciali non pericolosi in entrata), in lavorazione

(impianto frantoio) e lavorato (aggregato riciclato) potrebbe originare polveri. Durante l’intero processo

di trattamento, l’inerte viene nebulizzato con acqua, in modo da impedire la dispersione di polveri

nell’aria. I nebulizzatori sono posizionati sulle aree di stoccaggio e sulla tramoggia e sul nastro

trasportatore principale dell’impianto frantoio, mentre in corrispondenza dell’area di scarico delle MPS

saranno posizionati 6 nebulizzatori che circondano l’area.

Il monitoraggio delle emissioni dell’impianto nel periodo di messa a regime fornirà gli effettivi valori

delle stesse e sui quali effettuare valutazioni delle prestazioni ambientali. Si prevede, inoltre, un utilizzo di

acqua contenuto, tale da non creare percolato in quanto i materiali litoidi ed in particolare i laterizi hanno

spiccate proprietà idroassorbenti e tendono ad assorbire acqua fino al 10% del loro peso. Il personale

sarà comunque tenuto all’utilizzo di mascherine antipolvere per la protezione delle vie respiratorie.

In conclusione, si ritiene che l’intensità delle emissioni convogliate e diffuse potrà a ragione

essere ritenuta trascurabile, nel rispetto dei limiti stabiliti dal D.lgs 152/06, e non comporterà impatti o

rischi significativi per l’ambiente.

4.1.6 Paesaggio e beni storico-archeologici

Nell’area di interesse non vi è presenza di elementi del patrimonio storico-architettonico, né di

ritrovamenti archeologici o di siti protetti così come definiti all’art. 10 del D.lgs 42/2004. Quindi la

presenza dell’impianto non contrasta con le norme specifiche relative alle emergenze storiche, culturali

ed archeologiche.

Per quanto riguarda il paesaggio, invece, la presenza dell’impianto potrebbe costituire un fattore

critico per la vicinanza ad aree a destinazione agricola di pregio, al Parco regionale dei Campi Flegrei e al

Sito di interesse comunitario Monte Barbaro e Cratere di Campiglione (Codice SIC IT8030019). Tuttavia il

sito in oggetto non ha caratteristiche apprezzabili da questo punto di vista, in quanto localizzato in una

zona a destinazione industriale già fortemente compromessa dalle attività antropiche e produttive.

Inoltre, le scelte progettuali adottate hanno puntato all’organicità tipologica e costruttiva, per

limitare l’impatto visivo e integrare l’opificio con l’ambiente ed le preesistenze edilizie dell’intorno.

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4.1.7 Rumore

Il Comune di Pozzuoli si è dotato nel 2001 del Piano di zonizzazione acustica ai sensi dell’art.6,

comma 1 della legge 447/95. L’area su cui insiste lo stabilimento rientra in classe VI-Aree esclusivamente

industriali.

Secondo il piano di zonizzazione acustica “rientrano in questa classe le aree destinate

esclusivamente ad insediamenti industriali e prive di insediamenti abitativi”.

Per tale classe, i limiti massimi di immissione espressi come livello equivalente Leq in dB(A) sono i

seguenti:

tempo di riferimento diurno70 dB(A);

tempo di riferimento notturno 70 dB(A).

Per l’attività di recupero in oggetto, le fonti di inquinamento acustico potrebbero essere costituite

dalle macchine utilizzate, quali la gru, l’escavatore, il sistema di frantumazione e dalla movimentazione

dei materiali inerti. Queste tipologie di macchine tuttavia non producono emissioni sonore elevate,

mantenendosi generalmente intorno al valore di 70 dB, limite stabilito dal piano.

Inoltre, come già affermato, il gruppo di frantumazione che sarà acquistato della Cave Service srl è

un macchinario per il quale sono state adottate soluzioni tecniche mirate a contenere il più possibile le

emissioni rumorose prodotte, per esempio attraverso rivestimenti insonorizzanti nei punti di impatto

dell’inerte, i livelli di rumorosità rilevati nei pressi del vaglio vibrante, del mulino e del frantoio (prove

condotte secondo le metodologie indicate nelle ISO/DIS 3744 e 3746 per un modello come quello scelto)

sono:

PARAMETRI UNITÀ MISURA (frantoio a mascelle)

Livello potenza sonora Lwa dB(A) 69

Livello max pressione sonora dB(A) 65

Per quanto riguarda l’impatto sui ricettori sensibili esterni, va considerato che l’unità residenziale

più vicina si trova ad una distanza di circa 250 m dall’impianto, pertanto l’impatto legato al rumore non si

ritiene significativo.

In ogni caso, al fine di valutare l’effettivo livello di rumore prodotto, all’avvio dell’attività sarà svolta

un’apposita indagine fonometrica e, sulla base dei risultati ottenuti, sarà possibile definire l’effettiva

necessità di ricorrere a misure di mitigazione del rumore.

4.1.8 Interazione tra i fattori d’impatto

L’interazione tra i diversi fattori potenziali d’impatto non è significativa, data la natura trascurabile

dei singoli impatti, le misure di mitigazione adottate e la mancanza di possibili sovrapposizioni di effetti

impattanti.

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4.1.9 Quadro di sintesi degli impatti potenziali

Di seguito si riporta una tabella riassuntiva degli impatti potenziali, dell’entità e delle mitigazioni

previste.

Tabella 6. Quadro di sintesi degli impatti potenziali

Componenti ambientali

Impatti previsti Entità Mitigazione

Popolazione

Rumorosità non rilevante -

Emissioni solide, liquide, gassose

non rilevante -

Dispersione polveri moderato - Sistema abbattimento polveri e cappa di

aspirazione sul frantoio - Sistema bagnaruote

Fauna e flora

Rumorosità non rilevante -

Emissioni solide, liquide, gassose

non rilevante -

Dispersione polveri moderato - Sistema abbattimento polveri e cappa di

aspirazione sul frantoio - Sistema bagnaruote

Suolo

Emissioni solide (produzione di rifiuti -materiali non ferrosi, vetro-)

non rilevante

Stoccaggio per codice CER in cassoni a perfetta tenuta

Compartimentazione delle aree di stoccaggio delle varie tipologie e prelievo da ditte autorizzate

Emissioni liquide (accidentale rilascio di carburanti da parte dei mezzi di trasporto)

Impermeabilizzazione della pavimentazione del piazzale

Raccolta acque reflue in vasche a perfetta tenuta e prelievo come rifiuti liquidi da ditte autorizzate

Acqua

Acque di dilavamento del piazzale e acque di trattamento (colaticci da nebulizzazione)

non rilevante

Raccolta acque dilavamento in vasca a perfetta tenuta e prelievo da ditte autorizzate

Emissioni liquide (accidentale rilascio di carburanti dei mezzi di trasporto)

Raccolta acque trattamento in vasca a perfetta tenuta e prelievo da ditte autorizzate

Presenza di pavimentazione industriale perfettamente impermeabilizzata sia all’interno che all’esterno del capannone

Atmosfera

Emissioni gassose (prodotte dai mezzi di trasporto)

non rilevante -

Dispersione polveri moderato - Sistema abbattimento polveri e cappa di

aspirazione sul frantoio - Sistema bagnaruote

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Paesaggio e beni storico-archeologici

Impatto visivo non rilevante -

Rumore Impatto sonoro non rilevante -

4.2 ORDINE DI GRANDEZZA E COMPLESSITÀ DELL’IMPATTO

L’ordine di grandezza e la complessità degli impatti definiscono in maniera quantitativa e/o

qualitativa e sistemica l’impatto derivante dalla realizzazione e dall’esercizio del progetto. Come emerge

dal precedente paragrafo, gli impatti individuati sono ritenuti di moderata rilevanza e comunque limitati

alla sola area oggetto dell’intervento.

Infatti, bisogna ricordare che:

l’area geografica interessata non è abitata ed è prevalentemente industriale;

l’area è recintata;

l’impianto è dotato di pavimentazione in calcestruzzo industriale con sistema di canalizzazione e

raccolta delle acque e dei reflui in vasche a perfetta tenuta;

l’area geografica in cui è localizzato l’impianto non è soggetta ad alcun vincolo paesaggistico, né

idrogeologico.

Inoltre sono assunte tutte le possibili misure di mitigazione necessarie (come indicato nella

precedente tabella) al fine di non provocare, né in maniera diretta né indiretta, ricadute significative al di

fuori del proprio sito.

La trascurabilità dei singoli impatti implica anche l’assenza di interazioni complesse di sistema che

possono provocare effetti non previsti.

4.3 PROBABILITÀ DELL’IMPATTO

In relazione al problema della probabilità dell’impatto è opportuno ribadire come esso sia

trascurabile e, per quel che attiene alle possibili condizioni di incertezza e variabilità dei fattori in fase di

esercizio, non sono possibili comportamenti imprevisti rispetto a quelli considerati in fase progettuale ed

in fase di dimensionamento delle componenti tecnologiche.

Inoltre rispetto alle misure di mitigazione adottate, la probabilità di inquinamento del suolo da

rifiuti è remota, data la gestione degli stessi che prevede la compartimentazione delle aree adibite allo

stoccaggio delle varie tipologie, lo stoccaggio in cassoni a perfetta tenuta stagna differenziati per codici

CER e il prelievo da parte di ditte autorizzate per avviarli allo smaltimento o al riciclaggio. Contribuiscono,

inoltre, a limitare la probabilità di inquinamento la presenza di pavimentazione industriale

impermeabilizzata sia nel piazzale che nel capannone, e la raccolta in vasche a perfetta tenuta della

acque reflue prodotte presso l’impianto con prelievo e smaltimento da parte di ditte autorizzate.

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Anche la probabilità di inquinamento delle acque è molto bassa, grazie alla realizzazione di un

adeguato sistema di raccolta e canalizzazione delle acque meteoriche di dilavamento e/o eventuali liquidi

che possono essere versati accidentalmente e delle acque di processo, e grazie al loro stoccaggio in

vasche a perfetta tenuta.

Si ricordi inoltre che:

non sono emessi scarichi in corpo idrico superficiale per i reflui prodotti;

non sono generati rischi significativi per l’ambiente per le emissioni in atmosfera. I sistemi

di abbattimento delle polveri adottati rientrano tra quelli più idonei;

l’impianto è pavimentato in calcestruzzo e dotato di pozzetti raccolta delle acque

meteoriche e reflui.

4.4 DURATA, FREQUENZA E REVERSIBILITÀ DELL’IMPATTO

I potenziali impatti individuati sono abbattuti grazie alle misure di mitigazione adottate già

descritte. Non è possibile quindi definire durata e frequenza dei potenziali impatti.

Tuttavia, in assenza di misure di mitigazione, si può affermare che la durata e la frequenza del

potenziale impatto sulle acque è praticamente nullo, visto che i reflui prodotto sono raccolti in vasche a

perfetta tenuta e stoccati come rifiuti liquidi.

In riferimento, invece, a durata e frequenza del potenziale impatto sul suolo, si può affermare che

la produzione di rifiuti nell’impianto avviene quotidianamente. Come già affermato, però, tali rifiuti sono

stoccati in cassoni differenziati per codici CER, e prelevati da parte di ditte autorizzate per avviarli allo

smaltimento o al riciclaggio. Risulta pertanto difficile configurare il potenziale impatto in assenza di

misure di mitigazione.