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Teoria e Prassi R IVISTA IVISTA TEORICA TEORICA E POLITICA POLITICA DI DI P IATTAFORMA IATTAFORMA C OMUNISTA OMUNISTA PER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIA PER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIA 27 Settembre 2015 Settembre 2015

Teoria e Prassi - Piattaforma Comunistapiattaformacomunista.com/TP27.pdf · 2015. 9. 1. · Teoria e Prassi n. 27 - sett. 2015 3 Primo.Teoria e Prassi ha svolto a partire dal n. 7

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  • Teoria e PrassiRR IVISTAIVISTA TEORICATEORICA EE POLITICAPOLITICA DIDI PP IATTAFORMAIATTAFORMA CCOMUNISTAOMUNISTA

    PER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIAPER IL PARTITO COMUNISTA DEL PROLETARIATO D’ITALIA

    27Settembre 2015Settembre 2015

  • Teoria e Prassi n. 27 - settembre 2015rivista teorica e politica di Piattaforma Comunistaper il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

    Aderente alla Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML)

    3 Editoriale: Conquistare al comunismo l’avanguardia del proletariato 10 Il proletariato oggi nel mondo e in Italia 15 L’egemonia del proletariato nei nostri classici 22 Il ruolo della classe operaia nella politica di Fronte unico

    e di Fronte popolare 29 Partito laburista o Partito comunista?33 Ortodossia e dogmatismo37 L’ipocrita socialismo clericale del signor Bergoglio 40 Marx ed Engels: l’antagonismo irriducibile fra proprietà privata

    e comunismo42 L’insanabile contraddizione del regime capitalista43 La proprietà socialista dello Stato di dittatura proletaria45 Enver Hoxha e il movimento comunista ed operaio internazionale 54 Teorie borghesi, reazionarie e anticomuniste che occultano la

    restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica (1953-90) 66 La situazione in Venezuela e l’aggressività dell’imperialismo

    americano71 Manifesto della Conferenza Internazionale di Partiti e Organizzazioni

    Marxisti-Leninisti per il 1° Maggio 2015

    Il collettivo redazionale invita i lettori a esprimere la propria opinione sul contenuto e la veste grafica di questa rivista.

    Per contributi, critiche, domande, contatti, etc. scrivere a: [email protected] il sito web: www.piattaformacomunista.com

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    Teoria e Prassi - supplemento di Scintilla -

    Registrazione ROC: n. 21964 del 1.3.2012Editrice: Scintilla Onlus.Direttore responsabile: E. Massimino.Redazione: Via di Casal Bruciato 15, Roma.La presente edizione, chiusa il 31.8.2015, èstampata in proprio e pubblicata on-line. Si autorizza la copia e la diffusione totale oparziale, non per fini commerciali, con lacitazione della fonte.

    mailto:[email protected]://www.piattaformacomunista.commailto:[email protected]

  • Teoria e Prassi n. 27 - sett. 2015

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    Primo. Teoria e Prassi ha svolto a partire dal n.7 una funzione particolare. Nei primi anni diquesto secolo la questione del Partito comunistaera praticamente seppellita. Quasi tutti icompagni che provenivano da esperienzemarxiste-leniniste erano dentro Rifondazione odispersi. Molti vecchi gruppi si erano sfaldati ein parecchi avevano abbandonato l’obiettivodella ricostruzione del Partito del proletariato. Non tutti però. Anche grazie alla battagliacondotta dalla nostra rivista le questione crucialidel Partito, dell’integrale recupero delmarxismo-leninismo, della lotta alle numerosedeviazioni ed infatuazioni revisioniste edopportuniste, alla confusione e all’eclettismo, sisono ricominciate a porre di nuovo nel dibattitoteorico e nella pratica politica dei comunisti. Ugualmente, attraverso un’incessantepropaganda, abbiamo sollevato le questioni delFronte unico e del Fronte popolare, perrimetterle al centro del dibattito politico e deiprocessi di organizzazione di massa. La parola d’ordine dei «comitati operai», laformula del «governo operaio», abbandonate datutti, sono riapparse e sono state attualizzate conil lavoro della redazione di Teoria e Prassi e diScintilla, impegnata a sviluppare la lottaideologica e politica e a consolidare l’unità deirivoluzionari proletari. Non è stata cosa da poco mantenere una realtàorganizzata e militante, coerentemente marxista-leninista, viva, attiva, visibile nei movimentidella classe operaia del nostro paese, con una suacrescente influenza e una precisa identità ideo-politica, mentre sul piano dell’internazionalismoproletario e del legame organico con la suaespressione più avanzata - la ConferenzaInternazionale di Partiti e OrganizzazioniMarxisti-Leninisti (CIPOML) – si compivanopassi decisi. Piattaforma Comunista – per il PartitoComunista del proletariato d’Italia sorge daquesto duplice sforzo di radicamento nella classeoperaia del nostro paese e di riconquista dellasua posizione internazionalista, compiuto in unarealtà, come quella del nostro paese, in cui sono

    particolarmente evidenti le condizioniinversamente proporzionali tra le sviluppatepremesse materiali della rivoluzione proletaria ela debolezza del fattore soggettivo.Questa asimmetria è stata causata dalla sconfittainternazionale subita della classe operaia,temporanea ma profonda, a cui si aggiunge inItalia la disastrosa eredità e presenza delmaggiore partito revisionista occidentale e delcentro mondiale dell’oscurantismo cattolico. La nostra attività si è svolta e si continua asvolgere in queste condizioni storiche specifiche,di indietreggiamento e dispersione delmovimento comunista e operaio. Tale situazionepone i comunisti (marxisti-leninisti) di fronte adiversi problemi che domandano una rispostapratica, richiede di procedere con gli occhi apertie rivolti in avanti. Perciò la nostra piccola Organizzazione, pernulla rassegnata di fronte alle difficoltà, hacondotto negli ultimi mesi un’autocritica e unintenso dibattito sul ruolo e gli obiettivi che ciponiamo, per rettificare e migliorare il suoapproccio ai compiti di fase. Quello che quiesponiamo è sotto tutti gli aspetti un programmadi lavoro che si basa su talune premesse.

    Secondo. La classe operaia in Italia (circa 8milioni di lavoratori sfruttati), narcotizzata dadecenni di revisionismo e di preminenza dellalotta parlamentare, avvelenata dal neoliberismo esottoposta a una brutale offensiva imperialista,non si è più messa concretamente di fronte alproblema della conquista del potere politico. La massa operaia si è adagiata sulle illusionidemocratico-borghesi, ha pensato a difendersiretrocedendo in nome del meno peggio,rimuovendo la questione della lotta politicarivoluzionaria per il potere e la costruzione dellanuova società socialista. Questo è avvenuto all’interno di una fase storicache ha visto dapprima l’egemonia delrevisionismo nel movimento operaio, la suadannosa influenza sulla questione del partito,della strategia, della tattica, etc. In seguito havisto la sua disastrosa sconfitta, che ha lasciato

    Editoriale

    Conquistare al comunismo l’avanguardia del proletariato

  • sul campo molte macerie e permesso un dilagaredi concezioni e pratiche borghesi e piccoloborghesi, elettoraliste, mentre dilagaval’egemonia neoliberista, ancora perdurante.In tali condizioni la questione del Partito non haavuto, e non poteva avere, un’importanzarilevante e decisiva, né si poteva argomentareseriamente di preparazione del proletariato allarivoluzione. Ma le cose stanno cambiando.Oggi, dopo lunghi anni di crisi economica, diduri attacchi capitalistici, dopo ladecomposizione della socialdemocrazia e deivecchi partiti borghesi, con l’approdo del PD alneoliberismo autoritario, alcuni settori operaitornano al problema della lotta politica, dellarappresentanza politica, sia pure in formaarretrata. Sotto la sferza del capitale, le idee delcomunismo si diffondono nuovamente, si scorgenel socialismo la sola alternativa sicura allabarbarie imperialista. La classe operaia è ineluttabilmente chiamatadalla storia – nonostante i suoi zig zag - aconquistare il potere politico ed elevarsi a classedirigente. Solo il proletariato può creare un nuovoordinamento sociale perché ha un programma dicompleta ricostruzione economico-sociale, ilcomunismo, che trova le sue necessariepremesse e condizioni nell’ultima fase disviluppo raggiunta dal capitalismo.

    Solo il proletariato può affermare con la suarivoluzione un nuovo sistema di potere basatosui propri organismi, un nuovo modo diproduzione fondato sulla proprietà collettiva deimezzi di produzione e di scambio, così darisolvere la contraddizione fra le forzeproduttive e i rapporti di produzione, che simanifesta nelle periodiche crisi disovrapproduzione. Dunque è naturale che in un periodo comequesto si ponga di nuovo il problema dellaformazione del Partito comunista, espressionedell’avanguardia proletaria che ha coscienzadella sua funzione storica.

    Terzo. Lenin e Stalin hanno chiarito in modoesemplare che vi sono due tappe distinte eineliminabili nel processo storico concreto checonduce alla vittoria rivoluzionaria sullaborghesia. Ogni tappa ha i suoi compitiprincipali. Rileggiamo i nostri classici: «Il compito attuale dell’avanguardia coscientenel movimento operaio internazionale, cioè ilcompito dei partiti, delle correnti, dei gruppicomunisti, sta nel saper condurre le grandimasse (oggi ancora, nel maggior numero deicasi, sonnolente, apatiche, abitudinarie, inerti,non ancora risvegliate) verso questa loro nuovaposizione o, meglio, nel saper guidare, nonsoltanto il proprio partito, ma anche questemasse durante il loro avvicinamento, il loropassaggio alla nuova posizione. Se non si èpotuto adempiere al primo compito storico(attrarre l’avanguardia cosciente delproletariato dalla parte del regime dei Soviet edella dittatura della classe operaia) senza unapiena vittoria ideologica e politicasull’opportunismo e sul socialsciovinismo, nonsi potrà adempiere al secondo compito – che èall’ordine del giorno e che consiste nel sapercondurre le masse sulla nuova posizione, atta adassicurare la vittoria dell’avanguardia nellarivoluzione - senza liquidare il dottrinarismo disinistra, senza superare completamente i suoierrori, senza liberarsi di essi.Finché si trattava (e in quanto ancora si tratta)di attrarre dalla parte del comunismol’avanguardia del proletariato, il primo postospetta alla propaganda. In questo caso, anche icircoli, con tutte le debolezze proprie di questogenere di organizzazione, sono utili e danno

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  • risultati fruttuosi. Quando si tratta dell’azionepratica delle masse, quando si tratta dischierare - mi si passi l’espressione - eserciti dimilioni di uomini, di disporre tutte le forze diclasse di una data società per l’ultima decisivabattaglia, allora, con i soli metodi dellapropaganda, con la sola ripetizione delle veritàdel comunismo «puro», non si ottiene nulla. Inquesto caso non si deve contare a migliaia, comein sostanza conta il propagandista, membro diun gruppo ristretto, che non ha ancora diretto lemasse, ma si deve contare a milioni e a decine dimilioni.» (Lenin, L’estremismo malattia infantiledel comunismo, 1920).Stalin ha così sintetizzato gli obiettivi del lavoropolitico tattico e strategico che i comunistidebbono compiere nelle due successive fasi:«a) Conquistare al comunismo l’avanguardiadel proletariato (vale a dire forgiare i quadri,creare il partito comunista, elaborare ilprogramma, i princìpi della tattica). Lapropaganda come forma fondamentale diattività.b) Conquistare all’avanguardia larghe masse dioperai e in generale di lavoratori (condurre lemasse su posizioni di lotta). Formafondamentale di attività: azioni pratiche dellemasse, come preludio alle battaglie decisive».(Stalin, Strategia e tattica politica dei comunistirussi, 1921).

    Quarto. Noi siamo ancora nella prima fase, acui corrisponde il compito di attrarre,conquistare l’avanguardia della classe proletaria,la classe più rivoluzionaria della società,unendola nella prospettiva della ricostruzionedel Partito comunista in Italia. Il mezzoprincipale per farlo è la propaganda.Senza dubbio, il compito fondamentale chedobbiamo assolvere con la propaganda èaumentare la nostra influenza sugli stratiavanzati, sugli elementi combattivi delproletariato, particolarmente quello industriale,per conquistarli alle posizioni ideologiche epolitiche comuniste. Tutti i restanti compitidevono essere subordinati a questo compitoprioritario. Se non riusciremo ad assolvere questo compitonon potremo passare all’agitazione eall’organizzazione, non potremo espandere lanostra attività e la nostra organizzazione.

    Come si conquista l’avanguardia delproletariato? Con quali mezzi? «Il primo postospetta alla propaganda» afferma Lenin. Dal punto di vista del materialismo storico lapropaganda è lo strumento con il quale unadeterminata classe sociale – nel nostro caso ilproletariato - diffonde la sua ideologia e informadal suo punto di vista le grandi masse, perottenere consenso, ampliare la sua influenza,raggiungere determinati obiettivi, consolidare oconquistare il potere.Propaganda in senso leninista significachiaramente propaganda socialista,rivoluzionaria, consistente dal punto di vista deiprincipi. Significa propaganda dell’ideologiaproletaria, della teoria scientifica marxista-leninista contro l’ideologia borghese e ledistorsioni revisioniste. Significa diffusionedelle idee della lotta di classe rivoluzionaria edell’internazionalismo proletario, contro ilriformismo e l’opportunismo. Significadiffusione della linea politica, del programma,delle risoluzioni, delle decisioni, delle direttive edelle opinioni dell’organizzazione comunista alivello nazionale e internazionale per indirizzareed accelerare il processo rivoluzionario. Una delle funzioni proprie della propagandacomunista è lo sviluppo delle condizionisoggettive della rivoluzione proletaria, la piùimportante delle quali è la formazione del Partitocomunista.

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  • La propaganda si realizza in differenti forme,subordinate al contenuto delle idee e al pubblicocui è destinata e si sviluppa su tutti gliavvenimenti, utilizzando diversi «media».Dunque la propaganda è multilaterale, presentamolti concetti marxisti-leninisti, non si restringesolo ad uno o alcuni aspetti (anche se deve averedelle tematiche principali). La propaganda che dobbiamo svolgere non sirivolge «a tutti», ma a determinati strati delproletariato, ben individuati e delimitati. Nontutti potranno afferrare l’insieme dei concetti chela propaganda comunista veicola. Ma i proletariavanzati sì. Il linguaggio, la terminologia, i concetti da usaree da spiegare da utilizzare nella nostra rivistasaranno dunque quelli adatti a questi elementi diavanguardia. Facendo affidamento su questi elementi,rivolgendoci a loro, puntando su di loro, saremocapiti, sia pure parzialmente, anche da numerosilavoratori medi e arretrati e potremo alzaregradualmente anche il loro livello. Come scrive Lenin: «Il giornale che vogliadiventare organo di tutti i socialdemocraticirussi deve perciò essere al livello degli operaid’avanguardia; non solo esso non deveabbassare artificialmente i1 proprio livello, madeve al contrario elevarlo costantemente,affrontando tutte le questioni tattiche, politiche eteoriche della socialdemocrazia mondiale. Soloallora le esigenze degli intellettuali operaisaranno soddisfatte, e il giornale potrà prenderedirettamente nelle proprie mani la causaoperaia russa, e quindi anche la causarivoluzionaria russa.» (Lenin, Una tendenzaretrograda nella socialdemocrazia russa, 1899).

    Quinto. Dunque la nostra propaganda siconcentrerà sugli elementi di avanguardia,combattivi e rivoluzionari del proletariato, i piùcoscienti, i più avanzati e combattivi, i piùenergici e generosi. I proletari di avanguardia sono uno strato di unacerta consistenza nel nostro paese (alcunemigliaia di elementi), differenziato al suointerno. In generale possiamo dire che vi sono nuclei edelementi proletari con queste caratteristiche innumerose fabbriche e aziende di vari settoridella produzione industriale, dei trasporti, dellalogistica e dei servizi, dell’agricoltura. Sono gli operai rivoluzionari, coscienti deipropri interessi di classe, che lottano per abolirelo sfruttamento. Sono gli operai che danno vitaalla resistenza organizzata contro l’attaccocapitalistico e governativo, che sono in primafila per rivendicare un salario adeguato allenecessità, l’occupazione, la riduzione dell’orariodi lavoro, migliori condizioni di lavoro. Sonoquelli che non piegano la testa sotto la mannaiadei licenziamenti e della cassa integrazione, chetirano le lotte, che organizzano e mobilitano ilavoratori, i cassintegrati, i disoccupati e perciògodono di fiducia e autorità fra le masselavoratrici che li seguono. Sono gli elementi chespesso determinano il carattere delle lotte, cheesprimono rivendicazioni economiche epolitiche, anche di vasta portata. Sono glisfruttati che cercano di collegarsi fra diversisettori, di riunificare e sviluppare la forza delproletariato in quanto classe antagonista dellaborghesia. Essi sono presenti in differenti organizzazionisindacali: Fiom e altre categorie Cgil, Si Cobas,Usb, Cub e altri sindacati di classisti e di base,così come in numerose organizzazioni popolariimpegnate sulle vertenze sociali nel territorio.Spesso sono delegati Rsu o Rls. Fra di loro vi èun certo numero di lavoratori immigrati. La maggior parte di questi elementi è senzapartito, ma in tanti comprendono che è un errorelimitarsi a livello sindacale e sentono lanecessità della formazione di un’organizzazionepolitica di classe. In ogni caso, fra gli elementi avanzati delproletariato dobbiamo considerare anche coloroche già si definiscono comunisti, coloro cheelaborano spontaneamente, o accettano, teorie

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  • socialiste più o meno sviluppate. Essi sonoanche presenti, in numero minore, in differentiorganizzazioni che si definiscono comuniste. Da quanto sopra ne consegue che vi sono fondatimotivi per essere ottimisti riguardo il primocompito da svolgere: non è vero che sono pochigli elementi avanzati nel movimento operaio; èpiuttosto la nostra arretratezza, la nostraincapacità, oltre alla nostra limitatezza, aimpedirci di raggiungerli e collegarci con loro, aperpetuare la separatezza. Allo stesso tempo dobbiamo considerare che è lanostra stessa attività a favorire la formazione diquesti elementi. In effetti dobbiamo favorireinstancabilmente non solo il legame con questistrati, ma anche la loro «produzione».

    Sesto. In generale, i proletari avanzati oggi nonhanno una concezione scientifica del mondo enon sono marxisti-leninisti. Per lo più sonoinfluenzati da correnti borghesi e piccoloborghesi. Vi sono elementi che comprendono che larivoluzione e il socialismo sono l’unico modoper cambiare le condizioni della classe operaia,ma non hanno una concezione scientifica delsocialismo. Vi sono operai avanzati che si sforzano dicomprendere il funzionamento del modo diproduzione capitalistico, le sue leggi, le suecontraddizioni, ma che esprimono solo unatendenza, un’aspirazione al superamento delsistema del lavoro salariato. Vi sono anche elementi combattivi della classeche non hanno un’ideologia progressista: infabbrica lottano contro il padrone, ma a livellopolitico sono molto arretrati, subalterniall’ideologia dominante. Solo un ristretto numero di operai diavanguardia ha dei concetti comunisti coerenti,una visione del mondo scientifica, voglionolottare per il Partito e per il potere proletario e sisforzano di organizzare e mobilitare gli altriproletari nelle lotte immediate spiegando loscopo finale della lotta di classe. Da questi dati non possiamo prescindere. Ciòsignifica che la categoria di «elementi avanzati»,di «elementi migliori», di «avanguardia» o «piùrappresentativi» va compresa in relazione aglielementi medi e arretrati, cioè al livello storicoesistente di coscienza di classe. Ogni fase storica

    ha la sua avanguardia, che non esprime sempre ilmedesimo livello di coscienza di classe. Non è difficile capire che il livello medio dicoscienza oggi esistente nella classe operaia èbasso, di conseguenza gli «elementi avanzati»non esprimono un elevato livello di coscienza diclasse. La nostra propaganda dovrà essere al lorolivello per ridurre il distacco e facilitare lafusione. Da qui occorre ripartire per innalzarlo eavanzare, per fare emergere nuovi operaid’avanguardia dallo strato medio.

    Settimo. La propaganda è il veicolo della lottaideologica e politica. Lenin dice che peradempiere al primo compito è necessaria «unapiena vittoria ideologica e politicasull’opportunismo e sul socialsciovinismo». Quali sono oggi le correnti ideologiche borghesie piccolo borghesi che influenzanomaggiormente, in senso negativo, i proletariavanzati? Noi diciamo che sono la socialdemocrazia (nellesue versioni di destra e di sinistra, quest’ultimanelle nuove forme del “socialismo del XXIsecolo”, del syrizismo, etc.), l’economicismo e ilrevisionismo, prodotti dell’influenza e dellapressione della piccola borghesia,dell’aristocrazia operaia, della burocraziasindacale e dei partiti riformisti sul proletariato. E’ contro queste tendenze che dobbiamo lottarecon la nostra propaganda comunista, scegliendotemi ed esempi concreti, attaccando i portavocee gli esponenti principali di queste correnti,esprimendo un punto di vista opposto eincompatibile con l’opportunismo in tutte le sueforme.

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  • Lo scopo sarà sempre quello di aiutare losviluppo della coscienza di classe degli stratioperai avanzati, la loro crescita ideologica epolitica, infondere una visione ben definita,scientifica, su tutte le più importanti questioni, dispingerli a organizzarsi in Partito indipendente erivoluzionario del proletariato.

    Ottavo. Una propaganda vuota e astratta èinefficace ed è sbagliata, così come una cultura eun’informazione astratta. Le frasi scarlatte sonoil sintomo di un’incapacità di tener conto dellasituazione obiettiva, dei rapporti di forza. Sonoparole senza fondamento reale. La propaganda va collegata con la vita e la lottadegli operai, con la loro esperienza pratica,intervenendo nella lotta spontanea e in quellaorganizzata, nel lavoro quotidiano a fianco dellaclasse operaia, appoggiando le lororivendicazioni immediate in connessione con laprospettiva rivoluzionaria. Detto in altri termini: la propaganda deveriflettere accuratamente le condizioni e gliinteressi di classe del proletariato, inquadratidentro una corretta comprensione dei rapportireciproci e degli interessi di tutte le classi dellasocietà; deve esporre verità semplici, chiare ecomprensibili ai migliori rappresentanti dellaclasse operaia.La questione di fondo è: combinare ilsocialismo, la nostra concezione scientifica delmondo e il nostro programma politico, con ilmovimento operaio e procedere dalla prima fase(propaganda fra gruppi di operai avanzati)all’agitazione politica fra le masse operaie suscala più ampia. Due sono gli errori principali da evitare in questafase per realizzare un’efficace propagandacomunista: da un lato, caderenell’economicismo; dall’altro, cadere neldottrinarismo (sia nel senso di mettersi indisparte rispetto il movimento operaio, sia nelsenso di fare del marxismo-leninismo una sortadi speculazione astratta, invece di una guida perl’azione).

    Nono. Nella nostra propaganda insisteremo sualcuni temi in particolare. Anzitutto sullaquestione del Partito politico del proletariato. Suquesto tema va svolta una campagnapermanente, ideologica e politica, contro

    l’antipartitismo borghese e piccolo borghese,incluso quelle correnti esistenti nel proletariatoche rifiutano la necessità di un partitod’avanguardia della classe operaia o cheteorizzano una “pura” rivoluzione sociale senzadirezione politica. Andrà dunque evidenziata costantemente lanecessità di un Partito indipendente erivoluzionario della classe operaia, unione deglielementi avanzati del movimento operaio e delmovimento comunista (marxista-leninista),spiegando la sua organizzazione, le sue funzioni,etc.Dovremo trattare anche degli altri reparti delproletariato e delle restanti forme diorganizzazione di classe, alla cui testa si devonomettere i proletari di avanguardia: Consigli eComitati operai e altre organizzazioni difabbrica; sindacati di massa e di classe; laquestione del Fronte unico e del Frontepopolare; l’importanza della lotta politica e degliscioperi politici; l’organizzazione delle donne,dei giovani, etc.Fra gli altri temi da spiegare ampiamente c’è losfruttamento capitalistico e i metodi per il suoinasprimento nelle fabbriche; la disoccupazionee l’impoverimento del proletariato; la questionedella proprietà privata borghese e della proprietàsociale dei mezzi di produzione; lo Statoborghese e lo Stato proletario, la democraziaborghese e la democrazia proletaria; la questionedel potere politico e della rivoluzione sociale delproletariato; il programma di governo dellarivoluzione proletaria, ovvero le soluzioni reali atutti i problemi economici, politici, sociali dellaclasse operaia e delle masse popolari che ladittatura del proletariato realizzerà.

    Ultimo, ma non per importanza. Il legamedella teoria con la pratica è la bussola che guidail nostro cammino. Per sviluppare la praticarivoluzionaria ci vuole l’organizzazione, ilPartito comunista. La mancanza di un combattivo Partito, qualereparto di avanguardia organizzato e coscientedella classe operaia, è la più grave carenza delfattore soggettivo in Italia, il maggior elementodi debolezza del proletariato. Questo Partito chiaramente non si forma percaso e non può nascere in una notte. Il Partito èlo sbocco di un processo reale che avviene nel

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  • seno della classe operaia, rappresentandone isuoi interessi e le sue aspirazioni, incarnandonela sua funzione storico-universale. Quando parliamo di processo reale, di processodi lotta, vogliamo dire che la classe non esprimeil suo partito tutto in una volta, meccanicamente.Nemmeno lo esprime già formato in ogni suoaspetto, completamente corrispondente allemolteplici esigenze tattiche e strategiche dellalotta di classe. La domanda da porsi dunque è: come possiamofavorire e avvicinare la costituzione del Partitonelle condizioni attuali? Noi pensiamo che un passaggio fondamentale dacompiere sia quello della formazione diun’organizzazione operaia indipendente erivoluzionaria, presente nei maggiori centriindustriali, che sia guidata dalla teoria scientificadel proletariato e sia collegata strettamente colmovimento operaio di massa per prenderne ladirezione politica.Tale organizzazione composta da elementi diavanguardia del proletariato - il cui compito saràdi educare, mobilitare, organizzare ilproletariato, sostenendo le sue lotte e svolgendouna propaganda e un’agitazione politica - saràl’embrione del futuro Partito comunista, parteintegrante del Movimento comunista ed operaiointernazionale. Questa realtà non c’è ancora nel nostro paese. Lasua mancanza si riflette negativamente sullapreparazione e l’educazione degli operaid’avanguardia, sul loro lavoro pratico nellefabbriche e nei quartieri proletari, così comesulle dinamiche della lotta di classe deglisfruttati.Dobbiamo cooperare attivamente alla suacostruzione, senza ritardi. I primi passi stannonel promuovere e rafforzare i gruppi e i circoli dioperai avanzati, sviluppare il loro collegamento,unirli sulla base dei principi marxisti-leninisti inuna sola organizzazione di lotta di classe delproletariato e di direzione di questa lotta aventecome scopo la conquista del potere politico e ilpassaggio di tutti i mezzi di produzione inproprietà sociale; dentro questo lavoro vannoforgiati gli strumenti di propaganda e agitazionenecessari, il programma comune dellarivoluzione proletaria e socialista in Italia, etc. Naturalmente, la conquista della parte piùavanzata e rivoluzionaria del proletariato e il

    cammino dell’unità degli autentici comunistisono due aspetti dialetticamente connessi dellostesso processo che porterà alla costruzione nelnostro paese di un solo, forte Partito comunista. La più stretta unione fra il movimento comunistae i settori avanzati della classe operaia, questionedecisiva del momento, è in contraddizionefrontale e senza equivoci con la riproposizionedi minestroni opportunisti ed elettoralisticipropugnati da varie forze revisioniste esocialdemocratiche. La separazione netta e definitiva, l’ostilitàirriducibile nei confronti degli opportunisti ditutte le risme, è la condizione necessaria, senzala quale non si potrà mai spezzare la catena conla politica borghese e tanto meno abbattere ildominio capitalistico e costruire la società deiproduttori associati. Dunque è necessaria“un’alta soglia di ingresso”, al contrario diquanto sostengono i Ferrero, i Revelli, e soci.Per sviluppare concretamente questo programmadi lavoro, invitiamo gli operai più avanzati ecoscienti, i nostri simpatizzanti e amici aformare dei circoli di lettura e di discussione di“Teoria e Prassi” e di “Scintilla”, che siriuniscano regolarmente, analizzino e dibattano icontenuti della nostra pubblicistica e prendanodecisioni di azione in comune, come per es.partecipare alla diffusione del giornale e deivolantini nelle manifestazioni, inviarecorrispondenze, sottoscrizioni o prendere altreiniziative di lotta concreta. Il nostro rafforzamento e l’estensione del raggiodella nostra attività e della nostra influenzasaranno fattori di sviluppo del percorsocollettivo indirizzato verso la formazione delPartito di cui ha bisogno il proletariato del nostropaese. Sulle questioni poste attendiamo prese diposizione, lettere e contributi per lo sviluppo deldibattito, nonché passi in avanti da parte deimigliori figli del proletariato, che sentono lanecessità della formazione dello strumentoindispensabile per organizzare e fare larivoluzione.

    Al lavoro, compagne e compagni!

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  • Il proletariato oggi nel mondo e in Italia

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    Nei numeri 14, 15 e 16 di questa rivista abbiamopubblicato tre articoli titolati “Preliminari perun’analisi marxista delle classi sociali”. Riprendiamo con il presente articolo tale studio,soffermandoci su una questione: la consistenza elo sviluppo del proletariato nel mondo e inparticolare nel nostro paese. Auspichiamo che ciò serva a stimolare la ripresadegli studi e del dibattito su un tema di grandeimportanza.

    Che cosa è il proletariato?

    Partiamo innanzitutto dalla definizione di classesociale. Secondo la nota affermazione di Lenin,“Si chiamano classi quei grandi gruppi dipersone che si differenziano per il posto cheoccupano nel sistema storicamente determinatodella produzione sociale, per i loro rapporti (perlo più sanzionati e fissati da leggi) con i mezzi diproduzione, per la loro funzionenell’organizzazione sociale del lavoro, e, quindi,per il modo e la misura in cui godono della partedi ricchezza sociale di cui dispongono. Le classisono gruppi di persone dei quali l’uno puòappropriarsi il lavoro dell’altro, a seconda deldifferente posto da esso occupato in undeterminato sistema di economia sociale” (Lagrande iniziativa, 1919, in Opere scelte, E. R,vol. V, p. 356). Partendo da questa celebre definizione,chiamiamo proletariato quella classe dellasocietà priva dei mezzi di produzione e chedunque è costretta a vendere ai capitalisti lapropria forza-lavoro in cambio del salario pertrarre il suo sostentamento. La caratteristica peculiare del proletariato èquella di valorizzare il capitale nel processoproduttivo, in quanto soggetto al rapporto disfruttamento capitalistico. I salariati producono plusvalore, in quanto in unaparte della loro giornata lavorativa reintegrano ilvalore del loro salario (lavoro necessario) e inun’altra parte della stessa giornata lavoranogratuitamente per il capitalista (lavoro non

    pagato). L’intera società borghese vive delplusvalore estorto al proletariato.Lo sfruttamento del proletariato da parte dellaborghesia è la caratteristica principale delcapitalismo, e il rapporto antagonistico fra laborghesia e il proletariato è il fondamentalerapporto di classe del sistema capitalistico. E’ proprio lo specifico rapporto sociale neiconfronti del capitale, la sua particolarecondizione che definisce la posizione di classedel proletariato, lo distingue dagli altrilavoratori, facendone la classe più rivoluzionariadella società. La borghesia non può esistere e arricchirsi senzalo sfruttamento del proletariato. Di conseguenza,è lo sviluppo del capitalismo, in particolare dellagrande produzione capitalista, che conferisce uncarattere di costanza alla sua stessa esistenza,che lo accresce numericamente in quanto classeparticolare, con i suoi interessi e la sua funzionestorica-universale.

    Una classe “scomparsa” in crescita alivello mondiale

    Uno degli aspetti più caratteristici dell’attacco alivello ideologico portato avanti dalla borghesiacontro il movimento comunista ed operaioconsiste nella negazione non solo del ruolostorico della classe operaia, ma persino della suastessa della esistenza. Quantomeno se neteorizza la residualità. Istituti di ricerca, economisti, sociologi, studiosied intellettuali di ogni risma, tutti sul libro pagadella classe dominante, non smettono diblaterare sulla “estinzione della classe operaia”,a causa della “rivoluzione tecnico-scientifica”. Le loro pseudo teorie affermano che si sonoormai superati i limiti della società industriale eche la società si è trasformata in una societàdell’informazione nella quale la produzioneimmateriale avrebbe superato quella materiale eindustriale. Da ciò derivano la scomparsa dellaclasse operaia in quanto classe socialefondamentale e la perdita del suo ruolo

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    determinante nella società. Di qui la negazionedella lotta di classe, della rivoluzione sociale delproletariato, ecc. Queste amenità – da molti considerate dogmiintoccabili - non si fondano su corrette basiscientifiche, ma su manipolazioni, criterisociologici strumentali (quando non addiritturaconfusi e falsi), osservazioni parziali e limitate ai“paesi avanzati”, tentativi di ridimensionareartificiosamente il numero effettivo deilavoratori proletari, ecc. Le statistiche fanno di tutto per sottrarre alproletariato un gran numero di lavoratorisottoposti al rapporto di capitale e assegnarli adaltre “categorie” (prevalentemente al cosiddetto“terziario”).D’altro canto si diffondono concezioni cheestendono erroneamente ed artificialmente, ilconcetto di proletariato ad altri gruppi e stratisociali oppressi o impoveriti (il cosiddetto“lavoratore dipendente”, il “lavoratoresubordinato”), cercando di accumunareproletariato e piccola borghesia. Ancora, utilizzando la situazione tragica dellacondizione di disoccupazione giovanile, sigiunge ad affermare che le nuove generazioni nelloro insieme costituiscono un “nuovo”proletariato.Si tratta di criteri ed elementi di analisi chehanno come comune denominatore il tentativo dioccultare ogni riferimento ai rapporti sociali diproduzione. Per quanto distorte da ottiche sociologiche efinalità politiche, le statistiche ufficiali sul lavoronon possono completamente occultare la realtà.A ben interpretarle, esse smentiscono la tesi della“scomparsa” e della marginalità del proletariato. Per esempio, dal rapporto 2014dell’International Labour Organization (ILO,agenzia dell’ONU) sulle tendenze occupazionaliglobali, si rileva che il numero e la percentuale dioperai rispetto la popolazione mondialeeconomicamente attiva è in continua crescita dal2000 ad oggi.Se nel 2000 vi erano 536 milioni di operaiindustriali, nel 2012 essi erano diventati ben 714milioni (di cui 391 in Asia), con un aumentoassoluto assai marcato, pari al 33,2%.Anche in senso relativo, cioè rispetto al totale dei

    lavoratori occupati nel mondo, la classe operaiaindustriale è in netto aumento, essendo passatadal 20,5% del 2000 al 23% del 2012.Computando i salariati agricoli e quelli impiegatinei diversi settori dei servizi, si può concludereche nello stesso anno appartenevano alproletariato occupato nel suo complesso circa1,6 miliardi di uomini e di donne, dunque pocomeno del 50% della popolazione attiva (pari aquasi 3,3 miliardi di lavoratori). Una forza enorme, composta soprattutto dagiovani proletari, che sta emergendo sempre piùsulla scena mondiale. Una forza che seppellirà ilcapitalismo.Le chiacchiere degli intellettuali borghesi epiccolo borghesi stanno a zero. Il modernocapitalismo accresce e non diminuisce l’esercitodei lavoratori salariati. Il progresso tecnico escientifico ha creato nuovi rami industriali, cosìcome l’apparizione di nuovi bisogni.L’accumulazione capitalistica, l’esportazione dicapitale in cerca di profitto, la globalizzazionedella produzione, hanno significato uno stimoloalla tendenza della crescita della popolazionelavoratrice sfruttata. Di conseguenza, un numerocrescente e sempre nuove categorie di lavoratorisono assoggettati al rapporto di sfruttamentocapitalistico.

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    Il proletariato non solo continua ad esistere,costituendo la classe sociale produttrice dellaricchezza sociale ed il perno reale dell’economiamondiale, ma si sviluppa a livello internazionale,sia numericamente, sia come peso, essendoconcentrato in grandi masse nelle metropoli. Lasua forza è in crescita. La profonda sconfitta subita dalla classe operaia– oggi politicamente più debole di ieri – non hacambiato il fatto che l’attuale società ècaratterizzata dall’esistenza di due grandi classi,la borghesia e il proletariato, direttamentecontrapposte l’una all’altra.

    Il proletariato in Italia

    In un paese imperialista come l’Italia ilproletariato si caratterizza per una strutturacomplessa e non omogenea. Esso chiaramentenon si identifica col solo proletariato industriale(tradizionalmente chiamato “classe operaia”).Oltre alla classe operaia, sono parte integrantedel proletariato: -il proletariato agricolo (braccianti); -i lavoratori salariati dell’industria dei trasporti edella logistica, delle imprese dellecomunicazioni, i quali creano plusvalore cheviene accaparrato dai proprietari dei mezzi diproduzione di queste branche;

    -i lavoratori salariati del settore delle costruzioni;-i lavoratori salariati della distribuzione e delcommercio che consentono con il loro lavoro aicapitalisti commerciali di appropriarsi dellaquota del plusvalore complessivo che è il profittocommerciale;-i lavoratori salariati dei “servizi alle imprese”capitalistiche (esternalizzazioni di funzioneproduttive).-i lavoratori a domicilio soggetti al modernorapporto di capitale (che vedono la loro casatrasformata in una sorta di reparto esterno dellafabbrica).

    In base alla singola branca di produzionedistinguiamo il proletariato in: -proletariato industriale (industriamanifatturiera, chimica, estrattiva, ecc.); -proletariato dell’agricoltura; -proletariato dell’edilizia; -proletariato dei trasporti e della logistica; -proletariato delle comunicazioni e delletelecomunicazioni (poste, tv, call center, etc.);-proletariato del commercio e delladistribuzione;-proletariato dei “servizi” (salute, turismo,attività alberghiera, ristorazione, lavanderie,attività ricreative, ecc.).

    Appartengono al proletariato numerosi strati dilavoratori che nelle statistiche ufficiali figuranocome appartenenti alle nuove forme di lavoro“autonomo”, conseguenza dei processi dioutsourcing delle imprese capitalistiche e dellaristrutturazione dei modelli occupazionali, oggiimperniati sull’estensione del precariato, suicontratti a tempo determinato e part-time,nonché sull’assenza di qualsiasi tipo di contrattodi lavoro e di tutele.Vi appartengono anche quei lavoratoriintellettuali sussunti sotto il rapporto diproduzione capitalistico (es. l’insegnante cheviene assunto come salariato da un istituto diinsegnamento privato, gestito su basecapitalistica). E’ parte integrante del proletariato, oltre a questecategorie e figure di proletari occupati, anche lamassa dei disoccupati che compone l’”esercitoindustriale di riserva”, nelle sue differenti forme.

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  • I dati statistici oggi disponibili non sonocertamente sufficienti per un’analisi esaurientedella realtà del proletariato attualmente in Italia,ma su di essi possiamo comunque basarci per unlavoro che deve trovare ulteriori arricchimenti econtributi da parte di tutti i compagni interessati. Secondo i dati ISTAT sulla rilevazione delleforze di lavoro nel nostro paese, nel 2013 ilnumero totale degli occupati è di 22.421.000unità, di cui 16.878.000 di lavoratori dipendenti.Tra questi, il numero complessivo degli operai,apprendisti e lavoratori a domicilio – nonostantela cospicua perdita di posti di lavoro dovuta allacrisi - risulta essere di circa 8.100.000 unità, chepossiamo suddividere e articolare nei modiseguenti:

    Per settore di attività: Industria e costruzioni (3.600.000 circa); servizi(4.100.000 circa); agricoltura (410.000 circa).

    Per macro ripartizioni geografiche: Nord (4.300.000 circa, di cui 2.400.000 nelNord-ovest, e 1.900.000 nel Nord-est);Centro (1.700.000 circa);Sud e Isole (2.100.000 circa).

    Per sesso: Maschi (5.300.000 circa), Femmine (2.800.000 circa)

    Altro dato interessante è quello riguardante lagrandezza delle unità produttive. A dispetto delprocesso di polverizzazione in atto, va messo inrilievo come vi siano ancora nel nostro paeseconsistenti concentrazioni operaie e proletarie. Secondo i dati del 9° Censimento generaledell’industria e dei servizi (2011), ben 3.468imprese hanno almeno 250 addetti. Fra di esse1.376 nel settore industriale con circa 1 milionedi addetti.Questa classe di imprese, che vede una maggiorepresenza nel Nord Ovest e nel Centro, è inaumento a livello nazionale, specie nei settoridei servizi e delle costruzioni.Per quanto riguarda la percentuale di proletarinelle imprese capitalistiche dei vari settori: inagricoltura raggiunge l’80,4% dei dipendenti,nelle costruzioni il 73,3%, nell’industria il

    65,7%, nel commercio, nei trasporti emagazzinaggio, nell’alloggio e ristorazione il53,6%. Da evidenziare che, a fronte della diminuzionedei lavoratori dipendenti con contratti a tempoindeterminato e a tempo pieno, si osserva unforte aumento dei lavoratori dipendenti a tempodeterminato (circa 1,3 milioni nell’industria enei servizi privati). In particolare, il fenomeno del lavoro a terminee parziale riguarda sia gli uomini che le donne, igiovani, i migranti, ed interessa prevalentementei settori del commercio e dei servizi, gli alberghie la ristorazione, le piccole imprese, etc. In questi rami di attività vi sono molti falsi part-time e contratti di “libero professionista” cheservono ai padroni per evadere fisco econtribuzioni, oltre a violare i diritti deilavoratori.Una particolare attenzione merita la realtà deilavoratori immigrati. L’economia italiana puòoggi contare su un vero e proprio esercito dilavoratori immigrati (in maggioranza operairesidenti nelle regioni del Nord e del Centro),che costituisce attualmente, secondo i dati innostro possesso, circa il 12% dei lavoratoridipendenti del nostro paese.I settori in cui i lavoratori immigrati sono piùpresenti sono quelli delle costruzioni,dell’agricoltura, degli alberghi e dellaristorazione, della manifattura, in cui ricopronole qualifiche inferiori.

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  • Per quanto riguarda i disoccupati, secondol’ISTAT, il tasso di disoccupazione nel 2013 èsalito al 12,2%, pari a circa 3.113.000 persone.La disoccupazione giovanile tra i 15 e i 24 annisi aggira attorno al 40%, con picchi del 50% eoltre nel meridione. Si tratta del livello piùelevato dal dopoguerra.Ai disoccupati e ai semi occupati (spesso “alnero”), vanno aggiunti gli “inattivi” cioè idisoccupati disponibili a lavorare ma che noncercano più un lavoro perché scoraggiati, chenello stesso anno erano circa 3.414.000 persone. Il totale dei disoccupati raggiunge dunque circa i6,5 milioni, di cui la stragrande maggioranzasono proletari condannati dal capitalismo alanguire assieme agli altri circa 200 milioni didisoccupati esistenti nel mondo.

    Alcune conclusioni

    Anche se le trasformazioni del capitalismo, efattori quali la crisi economica, ledelocalizzazioni, la chiusura e lo smembramentodi intesi settori, la polverizzazione delle realtàproduttive, le diversificazioni (per lo più fittizie)contrattuali, l’aumento della disoccupazione,hanno ridotto il numero dei proletari occupatinel nostro paese, ed in particolare il numerodegli operai industriali rispetto ad altrecomponenti del proletariato, siamo di fronte adun numero complessivo comunque rilevante chedi per sé fa giustizia della scomparsa delproletariato in Italia.Numero reale certo inferiore, ma non in terminitraumatici, a quello relativo a periodi passati.Si riscontra un andamento analogo se prendiamoin considerazione le grandi concentrazioniindustriali. E’ dunque cambiata la composizione di classe, èscesa la componente della classe operaiaindustriale, ma nel suo complesso la massa delproletariato non è affatto diminuita,comprendendo oggi oltre 14 milioni di uomini edonne, considerando occupati, disoccupati,parzialmente occupati, ecc.I dati riportati, ad di là di eventuali discrepanzefra fonti diverse, dimostrano come la classesfruttata costituisca ancora nel nostro paese unarealtà consistente e determinante, la classe più

    rivoluzionaria della società per il posto specificoche occupa negli attuali rapporti di produzionesociali. Gli “esperti” borghesi e piccolo borghesi sirasserenino: il proletariato (e la classe operaia insenso stretto) è ben presente nel nostro paese, edè la principale forza motrice della rivoluzione, inquanto classe antagonista diretta della classesfruttatrice, centro e guida del blocco socialeanticapitalista.Quando il proletariato avrà riconquistato la suacoscienza di classe e uno spirito rivoluzionario,quando avrà ritrovato la sua indipendenzaideologica, politica ed organizzativa e dunque ilsuo Partito comunista, uscirà dal “conod’ombra” in cui è oggi confinato e si serviràdella sua forza organizzata per la definitivaemancipazione dal lavoro salariato. Tornerà così ad essere la classe che, dirigendogli altri lavoratori sfruttati e oppressi,conquisterà il potere politico e distruggerà con larivoluzione sociale il barbaro sistema capitalista,per edificare la società senza sfruttamentodell’uomo sull’uomo. Tutto ciò chiama i comunisti e gli elementi piùavanzati del proletariato alle proprieresponsabilità per contribuire a formare il Partitopolitico indipendente e rivoluzionario delproletariato del nostro paese.

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    - per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

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  • Marx e Engels: il proletariato prendenelle sue mani la direzione

    della rivoluzione

    Marx e Engels formularono, nelle sue lineefondamentali, l’idea dell’egemonia delproletariato, basandosi sulla comprensione dellafunzione storico-universale della classe operaia,la classe più rivoluzionaria della società. Marx in un suo scritto giovanile, valutandol’esperienza della rivoluzione francese, reputavache una «classe particolare» per trionfare nellarivoluzione doveva rappresentare i più ampiinteressi della società, diventando «classeuniversale», «rappresentante universale» della«società in generale», dell’«intera società»: “Nessuna classe della società civile puòsostenere questa parte, senza provocare unmomento di entusiasmo in sé e nella massa, unmomento nel quale essa fraternizza e confluiscenella società in generale, si scambia con essa eviene intesa e riconosciuta come suarappresentante universale, un momento nelquale le sue esigenze e i suoi diritti sono dirittied esigenze della società stessa, nel quale essa èrealmente la testa e il cuore della società.Soltanto nel nome dei diritti universali dellasocietà, una classe particolare può rivendicare ase stessa il dominio universale.”(…) “Affinché la rivoluzione di un popolo e laemancipazione dì una classe particolare dellasocietà civile coincidano….bisogna al contrarioche tutti i difetti della società siano concentratiin un’altra classe, bisogna che un determinatostato sia lo stato dello scandalo universale,impersoni le barriere universali, bisogna cheuna particolare sfera sociale equivalga allamanifesta criminalità dell’intera società,cosicché la liberazione da questa sfera appaiacome la universale autoliberazione”. (K. Marx,Per la critica della filosofia del diritto di Hegel.Introduzione, 1844).Fin dai suoi scritti giovanili Marx ebbe chiaroche una rivoluzione non si sviluppa nella forma

    semplicistica di “una classe contro un’altra”, maattraverso un processo nel quale una classe guidatutte le altre classi e gli elementi subalterni dellasocietà, presentandosi come portatrice diinteressi e valori universali.Questa idea, che è alla base della funzioneegemonica del proletariato, venne ribadita eprecisata negli scritti successivi, nei quali Marxriconosce l’esistenza di una «classe dominante»e di un insieme di «classi non dominanti», con iloro interessi, che possono essere rappresentatidal proletariato.Nella “Ideologia Tedesca” perciò affermava: ”Laclasse rivoluzionaria si presenta senz’altro per ilsolo fatto che si contrappone a una classe, noncome classe ma come rappresentante dell’interasocietà, appare come l’intera massa dellasocietà di contro all’unica classe dominante.Ciò le è possibile perché in realtà all’inizio ilsuo interesse è ancora più legato all’interessecomune di tutte le altre classi non dominanti….Quindi ogni nuova classe non fa che porre il suodominio su una base più larga della precedente,per la qual cosa anche l’opposizione delle classinon dominanti contro quella ora dominante sisviluppa più tardi con tanto maggiore asprezza eprofondità. Queste due circostanze fanno sì chela lotta da condurre contro questa nuova classedominante tenda a sua volta a una negazionedella situazione sociale esistente più decisa e piùradicale di quanto fosse possibile a tutte leclassi che precedentemente avevano aspirato aldominio.” (K. Marx, Ideologia Tedesca, cap. II).Per Marx e Engels il proletariato è la classe nellaquale si concentrano gli interessi rivoluzionaridella società perché partendo dalla suaparticolare condizione ed emancipando se stessadal giogo del capitalismo emancipa l’interaumanità; perché non lotta per la continuazionedello sfruttamento in altre forme, ma perl’abolizione definitiva dello sfruttamentodell’uomo sull’uomo. In questa funzione del proletariato comecostruttore della nuova società comunista trova

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    L’egemonia del proletariato nei nostri classici

  • radice e giustificazione l’idea dell’egemonia delproletariato. Sulla base di questi presupposti, nel definirel’orientamento dell’avanguardia del proletariatoMarx e Engels scrissero nel “Manifesto delPartito comunista”: “I comunisti lottano perraggiungere i fini e gli interessi immediati dellaclasse operaia, ma nel movimento presenterappresentano in pari tempo l’avvenire delmovimento. … i comunisti appoggianodappertutto ogni movimento rivoluzionariodiretto contro le situazioni sociali e politicheattuali”. Non si tratta di espedienti tattici, ma diindicazioni strategiche.Durante la rivoluzione del 1848-49, Marx eEngels diressero i loro sforzi per preparare laclasse operaia al suo ruolo egemonicoaccelerando la sua coscienza di classe e creandoil suo partito rivoluzionario e indipendente. Nelle opere della maturità, il discorso di Marxdiventa interamente politico, saldamenteancorato al materialismo storico. La questionedell’egemonia è legata all’analisi di classe,frutto della «critica dell’economia politica».Ne “Il Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte”(1852) Marx mise in luce l’importanzadell’egemonia del proletariato nella sua alleanzacon i contadini: “L’interesse dei contadini non èquindi più, come ai tempi di Napoleone, inaccordo, ma in contrasto con gli interessi dellaborghesia col capitale. Essi trovano quindi illoro naturale alleato e dirigente nel proletariatourbano, il cui compito è il rovesciamentodell’ordine borghese”.

    Il concetto di egemonia vive anche nell’“Indirizzo del Consiglio generale della PrimaInternazionale sulla Comune di Parigi”.Parlando della Comune, Marx sottolineò lafunzione di guida svolta dalla classe operaia, che“prese nelle sue mani la direzione dellarivoluzione”.Nella Comune il proletariatoesercitò effettivamente e concretamente la suaegemonia su altri strati sociali ad esso alleati.Come spiegò Marx, “fu la prima rivoluzione incui la classe operaia sia stata apertamentericonosciuta come la sola classe capace diiniziativa sociale, persino dalla grandemaggioranza della classe media parigina -artigiani, commercianti, negozianti - eccettuatisoltanto i ricchi capitalisti“. E ancora: “La Costituzione della Comunemetteva i produttori rurali sotto la direzioneintellettuale dei capoluoghi dei loro distretti, equivi garantiva loro, negli operai, i naturalitutori dei loro interessi“. (K. Marx, La guerracivile in Francia).

    Lo sviluppo e l’importanza dell’ideadell’egemonia in Lenin

    Marx e Engels elaborarono le linee generalidell’idea dell’egemonia del proletariato. Lenin sviluppò e espanse il concettodell’egemonia del proletariato nelle nuovecondizioni storiche, creò un sistema armoniosodella direzione del proletariato sulle massesfruttate della città e della campagna e offrìrisposte precise per risolvere questo problemanel periodo del rovesciamento dello zarismo edel capitalismo e in quello della costruzione delsocialismo.In una lettera indirizzata a Plechanov il30.1.1901, Lenin si riferisce alla “famosaegemonia della social-democrazia” osservando:“Se ci tocca in sorte di raggiungere una effettivaegemonia, e se possiamo raggiungerla, lo si puòfare solo mediante un giornale politico(rafforzato da un organo scientifico); e quado cisi viene a dichiarare con un’impudenzarivoltante che per la parte politica il nostrogiornale non deve fare concorrenza all’impresapolitica dei signori liberali, è chiaro come la

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    luce del sole che ci si vuole affidare una benmisera funzione.”E’ il piano per la formazione di un giornalerivoluzionario, poi sviluppato nel Che fare? La lettera dimostra che fin dai primi anni del‘900 Lenin si poneva la questione dell’egemoniae dei suoi strumenti, legandolo alla necessità disviluppare un’ampia agitazione politica pereducare il proletariato e strappare la direzionedella lotta politica dalle mani dei liberali. Di qui, un’indicazione precisa e un monito,lanciati nel 1902: “Nostro assoluto dovere è diintervenire in ogni problema liberale, di chiarireil nostro atteggiamento di socialdemocratici inproposito, di fare il necessario perché ilproletariato partecipi attivamente alla soluzionedel problema e lo faccia risolvere a modo suo.Chi evita di intervenire (quali che siano le sueintenzioni) si arrende in pratica al liberalismo,cedendogli l’opera di educazione politica deglioperai e lasciando l’egemonia della lottapolitica a elementi che sono in fin dei conti i capidella democrazia borghese” (Lenin, Opere, Vol.5, L’agitazione politica e il punto di vista diclasse).A partire dal III Congresso del PSODR (1903)Lenin sviluppò l’idea dell’egemonia delproletariato contro le posizioni dei menscevichiche si pronunciarono contro la funzionedirigente, di avanguardia, del proletariato nellarivoluzione democratica (e quindi control’alleanza con i contadini), invocando l’accordocon la borghesia democratica, alla quale,secondo loro, spettava la direzione. Nel gennaio 1905 Lenin scrisse sul Vperiod:“Precisamente questo appoggio dell’unicodemocratico conseguente sino in fondo, cioè ilproletariato, a tutti i democratici inconseguenti(cioè i borghesi), realizza l’idea dell’egemonia(...). Secondo il punto di vista proletario,l’egemonia in guerra appartiene a chi si battecon maggiore energia, a chi approfitta di ognioccasione per assestare un colpo al nemico,appartiene a colui alle cui parole corrispondonoi fatti, a chi è quindi il capo ideologico dellademocrazia, e critica ogni irresolutezza.”(Lenin, Opere, Vol. 8, Democrazia operaia edemocrazia borghese). Fin da questi scritti è chiaro che nel pensiero di

    Lenin l’egemonia dipende dall’iniziativarivoluzionaria della classe operaia, dalla capacitàdi direzione e unificazione politica delle masse,dalla piena consapevolezza degli scopirivoluzionari e dall’esempio che i comunistidevono offrire. E’ attraverso questa multiformeattività che il Partito esercita un fondamentaleruolo egemonico. Con ciò l’egemonia assume un significato piùvasto della direzione politico-pratica, perchéimplica l’esempio e la superiorità morale, ilsorgere di nuovi stati di animo nella classeoperaia, e dunque si realizza attraverso la lottasul fronte ideologico. L’opera “Due tattiche della socialdemocrazianella rivoluzione democratica” è fondamentaleper comprendere l’elaborazione leninista diquesto concetto. Qui Lenin, partendo dall’analisidella situazione russa e da una nuova concezionedel rapporto fra rivoluzione borghese erivoluzione proletaria, espose i nuovi principitattici per sviluppare una politica di alleanza conla massa dei contadini e una politica diisolamento della borghesia liberale, così dariportare una vittoria decisiva sullo zarismo.Già nella prefazione al testo, scritto nel luglio1905, Lenin pose la questione fondamentale:“Avrà la classe operaia la funzione di unausiliario della borghesia potente per la forzadel suo assalto contro l’autocrazia, maimpotente politicamente, oppure avrà la funzionedi egemone nella rivoluzione popolare? Da ciòdipende l’esito della rivoluzione.” (Lenin,Opere, Vol. 9, Due tattiche dellasocialdemocrazia nella rivoluzionedemocratica).

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  • Di fronte alle obiezioni mensceviche, egli chiarìquali erano i compiti e la politica delproletariato, in quanto classe egemone: “Ilproletariato deve condurre a termine larivoluzione democratica legando a sé la massadei contadini, per schiacciare con la forza laresistenza dell’autocrazia e paralizzarel’instabilità della borghesia. Il proletariato devefare la rivoluzione socialista legando a sé lamassa degli elementi semiproletari dellapopolazione, per spezzare con la forza laresistenza della borghesia e paralizzarel’instabilità dei contadini e della piccolaborghesia.” (Ibid.) Dunque, il proletariato non doveva appartarsidalla rivoluzione borghese, non dovevamostrarsi indifferente e lasciare la direzionedella lotta ad una borghesia debole einconseguente. Al contrario, doveva mettersienergicamente e conseguentemente alla testa ditutto il popolo, di tutti i lavoratori, per portarefino in fondo la rivoluzione.Nel 1907 mettendo a fuoco i dissensifondamentali esistenti fra bolscevìchi emenscevichi sulla forza motrice dellarivoluzione russa e sulla tattica da seguire, Leninosservò ancora: “La sostanza del dissidio fra ledue ali della socialdemocrazia russa sta nelproblema: riconoscere l’egemonia dei liberali, omirare all’egemonia del proletariato nellarivoluzione borghese?” (Lenin, Opere, Vol. 12,Le elezioni della Duma e la tattica dellasocialdemocrazia russa). Sotto la guida di Lenin, uno dei tratti distintividel bolscevismo divenne l’accettazione delprincipio della egemonia del proletariato sullapiccola borghesia. Senza l’egemonia delproletariato la rivoluzione sarebbe finita nellapolvere.

    Nel 1911 Lenin, polemizzando con iliquidatoristi menscevicvhi, fu risoluto nelsostenere l’idea dell’egemonia del proletariato ela sua realizzazione quale condizioneindispensabile per la trasformazione delproletariato in classe-guida della rivoluzione. In un pungente articolo scrisse: “Dal punto divista del marxismo una classe che neghi l’ideadell’egemonia o che non la comprenda non è, onon è ancora, una classe, ma una corporazioneo una somma di diverse corporazioni…i marxistihanno dunque il dovere, a dispetto di ogni sortadi rinunciatari, di propugnarne l’idea oggi e infuturo” (Lenin, Opere, Vol. 17, Il marxismo e la“Nascia Zarià”).Poco dopo, sulla rivista “Mysl”, Lenin spiegò inche cosa doveva consistere concretamentel’egemonia e sottolineò il legame fra l’ideadell’egemonia del proletariato e la questione delliquidazionismo: “L’egemonia della classeoperaia è la sua influenza politica (e dei suoirappresentanti) sugli altri elementi dellapopolazione, nel senso dell’epurazione dellaloro democraticità (quando c’è democraticità)dalle aggiunte non democratiche, nel sensodella lotta contro il “cadettismo” (chiamandocon questo termine l’elemento di corruzioneideologica che è contenuto nei discorsi e nellapolitica dei liberali), ecc.” (Lenin, Opere, Vol.17, I nostri abolizionisti).E’ importante notare che l’eserciziodell’egemonia in Lenin non si limita al ruolosvolto dal reparto di avanguardia delproletariato, ma spetta a tutta la massa dellaclasse operaia, alle sue organizzazioni, alle suedifferenti sezioni. In Lenin l’egemonia del proletariato è indivisa eindivisibile; ha una testa (il Partito), un corpo (laclasse) e si estende sugli altri strati dellapopolazione interessati alla rivoluzione(specialmente i contadini).Nel chiarire e precisare la linea del partito e icompiti del proletariato, Lenin prese di nuovoposizione contro i menscevichi, Trotzky e tutticoloro che ritenevano che l’idea dell’egemoniadel proletariato nella rivoluzione e nellatransizione al socialismo fosse diventataobsoleta: “Il proletariato, come unica classe

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  • conseguentemente rivoluzionaria della societàcontemporanea, deve essere il dirigente,l’egemone nella lotta di tutto il popolo per ilcompleto rivolgimento democratico, nella lottadi tutti i lavoratori e gli sfruttati contro glioppressori e gli sfruttatori. Il proletariato èrivoluzionario in quanto riconosce e mette inpratica l’idea dell’egemonia…. Il proletario chenon riconosce l’idea dell’egemonia dellapropria classe o che rinnega quest’idea è unoschiavo che non capisce la sua situazione dischiavo; nel miglior dei casi è uno schiavo chelotta per migliorare la sua situazione di schiavo,ma non per abbattere la schiavitù”.Pertanto: “Predicare agli operai che a lorooccorre “non l‘egemonia, ma un partito diclasse” significa tradire la causa delproletariato, mettendola nelle mani dei liberali,significa predicare la sostituzione della politicaoperaia socialdemocratica con la politicaoperaia liberale. Ma la rinunzia all’ideadell’egemonia è l’aspetto più grossolano delriformismo nella socialdemocrazia russa”(Lenin, Opere, Vol, 17, Il riformismo nellasocialdemocrazia russa).Indubbiamente, per Lenin l’egemonia delproletariato – cioè del suo ruolo di guida, didirigente delle masse popolari, del movimentodemocratico - costituisce uno dei fondamentaliprincipi del marxismo. La sua negazione o rinuncia è sinonimo diopportunismo, di riduzione del proletariato a unaclasse della società borghese, invece di classeall’avanguardia di tutto il popolo oppresso esfruttato nella rivoluzione sociale. Se il Partito del proletariato non afferra lanozione dell’egemonia della classe esso non è unvero Partito indipendente e rivoluzionario, bensìun volgare partito riformista o liberale: questo cidice Lenin.L’egemonia del proletariato in Lenin si opponeal punto di vista degli opportunisti che nonritenevano mature le condizioni per larivoluzione e attendevano inerti che ilproletariato divenisse la maggioranza dellasocietà. La sua concezione dell’egemonia è lanegazione del determinismo meccanicista e delleposizioni codiste e immobiliste che ritenevanoimpensabile un ruolo dirigente del proletariato in

    una fase di rivoluzione democratico-borghese. Sulla base dell’esperienza compiuta in Russia edell’analisi dell’imperialismo, Lenin chiarì ilcarattere delle rivoluzioni nella nostra epoca,approfondendo il concetto di egemonia,legandolo strettamente alla lotta per la conquistarivoluzionaria del potere statale. Nel luglio 1916, nel far presente che larivoluzione sociale del proletariato èinconcepibile senza la sollevazione di stratisociali e nazionalità oppressi, scrisse: “Larivoluzione socialista in Europa non può esserenient’altro che l’esplosione della lotta di massadi tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti. Unaparte della piccola borghesia e degli operaiarretrati vi parteciperanno inevitabilmente –senza una tale partecipazione non è possibileuna lotta di massa, non è possibile nessunarivoluzione – e porteranno nel movimento, nonmeno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le lorofantasie reazionarie, le loro debolezze e i loroerrori. Ma oggettivamente essi attaccheranno ilcapitale, e l’avanguardia cosciente dellarivoluzione, il proletariato avanzato,esprimendo questa verità oggettiva della lotta dimassa varia e disparata, variopinta edesteriormente frazionata, potrà unificarla edirigerla, conquistare il potere….” (Lenin,Risultati della discussione sull’autodecisione,Opere, Vol. 22). Una splendida illustrazionedella funzione egemonica del proletariato!Dopo la Rivoluzione Socialista d’Ottobre ilconcetto di egemonia venne da Leninstrettamente legato a quello di dittatura delproletariato, indispensabile per il passaggio allasocietà senza classi. Un esempio di ciò lopossiamo cogliere in un discorso del dicembre1921, nel quale Lenin affrontò il problema dellaoriginale funzione dei sindacati nel socialismo.In questo discorso Lenin disse: “Da una parte, isindacati comprendono, includono nelle loro filela totalità degli operai dell’industria e sonoquindi un’organizzazione della classe dirigente,dominante, della classe al potere che esercita ladittatura, che esplica la coercizione statale ….Dall’altro lato i sindacati sono la “riserva” delpotere statale. Ecco che cosa sono i sindacatinel periodo di transizione dal capitalismo alcomunismo. In generale non si può compiere

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  • questo passaggio senza l’egemonia della solaclasse educata dal capitalismo per la grandeproduzione, della sola classe che ha rotto con gliinteressi del piccolo proprietario.” (I sindacati,la situazione attuale e gli errori di Trotsky,Opere, vol. 32).Nel brano citato, Lenin mette a fuoco un aspettofondamentale del nuovo sistema di potere, chevive nella dialettica delle due funzioni esercitatedal proletariato attraverso i suoi organismi eapparati: quella coercitiva (soprattutto statale) equella pedagogica, consensuale (nello specificoesercitata dai sindacati, che come diceva Leninstanno “fra il Partito e il governo”). L’egemonia del proletariato, la sua forza diconsolidamento ed espansiva, è qui concepitacome vitale per il passaggio al comunismo ed èinseparabile dalla dittatura del proletariato.Quest’ultima, però, si esercita direttamente nonattraverso i sindacati, a causa della loro natura,bensì attraverso i Soviet e soprattutto il Partitocomunista, che è il fattore essenziale di direzioneteorico-pratica in seno alla classe dei proletari etra le organizzazioni di questa stessa classe. L’egemonia in Lenin è dunque è un concettostrategico, che ha trovato espressione praticanella rivoluzione del 1905, nella rivoluzione delfebbraio 1917, nella Rivoluzione Socialistad’Ottobre e nell’edificazione del socialismo.

    Stalin: l’egemonia è un fatto reale

    Stalin riconobbe la tesi leninista dell’egemoniadel proletariato come una questionefondamentale nell’epoca della rivoluzioneproletaria e fece suo questo concetto fin dagliscritti giovanili. In un opuscolo pubblicato nel 1906, diresse lasua polemica contro le posizioni deimenscevichi che, per bocca di Martinov,ritenevano l’egemonia del proletariato nellarivoluzione una “pericolosa utopia”. Qui Stalin ribadì con grande chiarezza laposizione dei bolscevìchi: “chi difende gliinteressi del proletariato, chi non vuole che ilproletariato si trasformi in appendice dellaborghesia e levi per essa le castagne dal fuoco,chi lotta perché il proletariato diventi una forzaindipendente e utilizzi ai propri fini larivoluzione attuale, deve condannareapertamente la egemonia dei democraticiborghesi, deve consolidare il terreno perl’egemonia del proletariato socialista nellarivoluzione attuale” (Il momento attuale e ilcongresso di unificazione del partito operaio,Opere, Vol. I).E nel concludere l’opuscolo pose ai compagni ildilemma fondamentale: “deve il proletariatocosciente essere l’egemone nella rivoluzioneattuale o deve trascinarsi alla coda deidemocratici borghesi? Abbiamo visto chedall’una o dall’altra soluzione dipende anche lasoluzione di tutte le altre questioni” (Ibid).In altri scritti dello stesso periodo Stalinsviluppò un’accanita lotta politica e ideologicasulla necessità della alleanza con i contadini edell’egemonia del proletariato dentro questaalleanza, al fine di prepararla sistematicamente,assicurarla e rafforzarla. Si trattava di un problema essenziale di strategia,di una condizione decisiva da cui dipendeva lasoluzione della fondamentale questione dellarivoluzione: la questione del potere politico. Per Stalin l’egemonia del proletariato “non èun’utopia, è un fatto reale: il proletariatoraggruppa effettivamente intorno a se glielementi scontenti e chi gli consiglia di “seguirel’opposizione borghese”, priva il proletariatodell’indipendenza, converte il proletariato di

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  • Russia in strumento della borghesia” (Prologoalla edizione georgiana dell’opuscolo di K.Kautsky “Forze motrici e prospettive dellarivoluzione russa”, 1907). La rivoluzione del febbraio 1917 e ancor piùl’Ottobre Rosso si incaricarono di dimostrarequesto “fatto reale” che assicurò il trionfo dellaclasse più rivoluzionaria della società.E’ importante notare che sia nello scritto “Sullaquestione della strategia e della tattica deicomunisti russi” (1923), sia in “Principi delleninismo” (1924), Stalin insistette su un puntochiave della strategia bolscevica: “l’egemoniadel proletariato fu il germe della dittatura delproletariato, costituì il passaggio alla dittaturaproletaria” (“Principi del leninismo”). Di qui lanecessità che il proletariato eserciti e mantengala sua egemonia rispetto la massa dei contadininella sfera della edificazione socialista ingenerale e nell’industrializzazione in particolare. Stalin sottolinea questa funzione in piùoccasioni, chiarendo che la sola forza non èsufficiente per vincere: “Pur essendo stato laforza d’urto della rivoluzione, il proletariatorusso ha cercato nello stesso tempo di esserel’egemone, il dirigente politico di tutte le massesfruttate della città e della campagna,stringendole attorno a sé, strappandole allaborghesia, isolando politicamente la borghesia”(Stalin, “Intervista con la prima delegazioneoperaia americana - 9 settembre 1927, Operecomplete, Vol. X).Tale posizione fu sempre difesa da Stalin controil trotzkismo, corrente opposta al leninismo, chenon comprende e non riconosce l’ideadell’egemonia del proletariato. In quanto dirigente del movimento comunistainternazionale, Stalin pose la questionedell’egemonia del proletariato nel movimento diliberazione nei paesi oppressi dall’imperialismoe nelle colonie, in tutte le rivoluzioni popolari. Intal modo contribuì a diffondere il concetto inCina, India e a livello mondiale. L’idea dell’egemonia del proletariato nella lottarivoluzionaria è dunque una fondamentalequestione, per la quale i nostri maestri hannosempre lottato, al fine di trasformarla daaspirazione a realtà. In particolare Lenin e Stalin diedero battaglia

    aperta alle correnti e alle tendenze che noncomprendevano, che rifiutavano l’egemonia delproletariato e il principale strumento peraffermarla nell’era della rivoluzione proletaria:un Partito comunista che abbia la sua pienaindipendenza ideologica, politica eorganizzativa come condizione indispensabileper esercitare l’egemonia del proletariato, tantonella lotta per l’abbattimento del capitalismo,quanto nell’opera di edificazione del socialismoe del comunismo.

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    Documenti del XX Plenumdella CIPOML

    E’ disponibile in versione cartacea edigitale un opuscolo contenente quattroimportanti documenti approvati dal XXPlenum della Conferenza Internazionaledi Partiti e Organizzazioni Marxisti-Leninisti (CIPOML), svoltosi in Turchia nelnovembre 2014.Essi sono: 1) 20 anni di Lotta e Unità perla Rivoluzione e il Socialismo(dichiarazione del XX Plenum dellaCIPOML); 2) La situazione internazionalee i compiti dei rivoluzionari proletari; 3)Sui Fronti Popolari; 4) Documento didiscussione sul lavoro tra le donne. L’opuscolo contiene, inoltre, il salutopronunciato dal compagno Raul Marco, anome della CIPOML, durante l’incontrointernazionalista svolto a Istanbul.Il prezzo dell’opuscolo in formatocartaceo è di 3 euro.Richiedetelo alla redazione!

  • 1. Tre anni fa pubblicammo l’articolo Letattiche di Fronte unico e di Fronte popolarenella strategia politica del movimento comunista(apparso su “Teoria e Prassi” n. 24 e, in formasintetica, su “Unità e Lotta” n. 23, organo dellaCIPOML).

    In quell’articolo ricostruivamo le originistoriche delle tattiche di Fronte unico proletarioe di Fronte popolare promosse dal VIICongresso dell’Internazionale Comunista(1935), la lotta condotta dai partiti comunisti persconfiggere nelle loro file le deviazioniopportuniste di destra e di ultrasinistra, lecondizioni politiche e sociali necessarie per laformazione di Governi di Fronte unico e diGoverni di Fronte popolare. E ci richiamavamo,da ultimo, alle importanti esperienze di bloccooperaio e popolare in corso in Tunisia, Palestina,Ecuador, Messico, Francia e Spagna.

    Nel presente contributo intendiamodedicare un’attenzione specifica al ruolofondamentale della classe operaia in entrambe letattiche, con particolare riferimento alle dueesperienze dei Fronti popolari francese espagnolo negli anni ‘30 del Novecento,entrambe ricche di insegnamenti anche per lacostruzione di Fronti popolari nella fase attualedella lotta di classe sul piano nazionale einternazionale.

    2. Nel suo rapporto al VII Congresso,Giorgio Dimitrov così si esprimeva:

    «Non ci si deve accontentare della solaconclusione di un patto di azioni comuni o dellacreazione di commissioni di contatto compostedai partiti e dalle organizzazioni aderenti alFronte unico, simili a quelle, per esempio, cheabbiamo in Francia. Questo non è che il primopasso. Il patto è un mezzo ausiliario percondurre delle azioni comuni, ma di per sestesso non è ancora il Fronte unico. Lacommissione di contatto tra le direzioni delPartito comunista e del Partito socialista ènecessaria per facilitare le azioni comuni. Ma di

    per se stessa è di gran lunga insufficiente per uneffettivo sviluppo del Fronte unico, per attirarele grandi masse alla lotta contro il fascismo.

    I comunisti e tutti gli operai rivoluzionaridevono adoperarsi a creare negli stabilimenti,tra i disoccupati, nei quartieri operai, tra lagente minuta delle città, nelle campagne, degliorgani di Fronte unico, di classe - non di partito- elettivi (e, nei paesi a dittatura fascista, sceltifra gli elementi più autorevoli che partecipanoal movimento di Fronte unico). Soltanto degliorgani di questo genere possono conquistare almovimento di Fronte unico anche l’enormemassa dei lavoratori non organizzati».

    Per quanto riguarda la formazione deiFronti popolari, la direttiva di Dimitrov eraestremamente chiara:

    «Per la mobilitazione delle masselavoratrici contro il fascismo è in particolarmodo importante la creazione di un largo Frontepopolare antifascista sulla base del Fronte unicoproletario. Il buon successo di tutta la lotta delproletariato è strettamente connessoall’alleanza di combattimento del proletariatocon i contadini lavoratori e con le massefondamentali della piccola borghesia urbana,che costituiscono la maggioranza dellapopolazione anche nei paesi industrialmente piùsviluppati».

    Ma, data l’esistenza di condizioni sociali epolitiche diverse nei diversi paesi nei quali sidoveva fronteggiare la minaccia del fascismo,erano sorte - fra i comunisti - alcune perplessitàe incertezze sulla priorità da assegnare allacostruzione dell’uno o dell’altro Fronte. Suquesto particolare problema, la soluzionesuggerita da Dimitrov nel suo discorso dichiusura del Congresso si ispirava ai criteri delladialettica marxista:

    «Alcuni compagni si rompono inutilmentela testa con la domanda: da che cosaincominciare, dal Fronte unico del proletariatoo dal Fronte popolare antifascista?

    Gli uni dicono: non sarà possibile passare

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    Il ruolo della classe operaia nella politica di Fronte unico e di Fronte popolare

  • alla formazione del Fronte popolare antifascistaprima che si sia organizzato un saldo Fronteunico del proletariato.

    Ma poiché l’attuazione del Fronte unicodel proletariato - argomentano gli altri -incontra in molti paesi la resistenza dellasocialdemocrazia, è meglio incominciare subitodal Fronte popolare e soltanto su questa basesviluppare in seguito il Fronte unico della classeoperaia.

    Gli uni e gli altri non comprendono che ilFronte unico del proletariato e il Frontepopolare antifascista sono connessi dalla vivadialettica della lotta, si intrecciano, passanol’uno nell’altro nel corso della lotta praticacontro il fascismo e non sono per nulla separatida una muraglia cinese».

    Sarà, dunque, lo studio particolareggiato emetodico della situazione concreta e dei rapportidi forza fra le classi che, in ogni situazioneparticolare e in ogni realtà nazionale, indicheràai comunisti dove dirigere innanzitutto i lorosforzi, cioè da che cosa incominciare, senza maidimenticare che, come Dimitrov sottolinea conforza, «l’unità d’azione della classe operaia è laforza motrice» della formazione di ogni frontepiù ampio.

    3. Le indicazioni politiche di Dimitrovtrovarono conferma nella Risoluzione approvatadal VII Congresso al termine dei suoi lavori(“Risoluzione sull’offensiva del fascismo e icompiti dell’Internazionale Comunista nellalotta per l’unità della classe operaia contro diesso”, adottata il 20 agosto 1935):

    «La lotta vittoriosa contro l’offensiva delcapitale, contro i provvedimenti reazionari dellaborghesia, contro il fascismo - che è il peggiornemico dei lavoratori e li priva di tutti i diritti edi tutte le libertà senza riguardo alle loroconvinzioni politiche - esige imperiosamentel’unità d’azione di tutta la classe operaiaindipendentemente dall’appartenenza all’una oall’altra organizzazione, ancor prima che lamaggioranza della classe operaia si unisca suuna piattaforma di lotta contro l’abbattimentodel capitalismo e la vittoria della rivoluzioneproletaria. Ma appunto per ciò questo compitoobbliga il Partito comunista a tener conto dei

    cambiamenti della situazione e ad applicare latattica del fronte unico in modo nuovo, con degliaccordi per delle azioni comuni con leorganizzazioni dei lavoratori di diversatendenza politica nelle fabbriche e su scalalocale, regionale, nazionale e internazionale.

    […] Affinché lo sviluppo del movimentosia opera delle masse stesse, i comunisti devonoadoperarsi a creare degli organi di fronte unico,elettivi (nei paesi a dittatura fascista, scelti fra ipiù autorevoli partecipanti al movimento), diclasse, non di partito, negli stabilimenti, fra idisoccupati, nei quartieri operai, fra la genteminuta delle città e nelle campagne. Soltantodegli organi simili, che non devono certosostituire le organizzazioni particolaripartecipanti al fronte unico, possonoconquistare al movimento del fronte unico anchel’enorme massa dei lavoratori non organizzati,possono contribuire allo sviluppo dell’iniziativadelle masse nella lotta contro l’offensiva delcapitale e contro il fascismo e, su questa base,creare uno strato operaio numeroso di militantiattivi del fronte unico».

    4. Per quali ragioni la classe operaia può edeve esercitare la sua egemonia nella politica diFronte? La classe operaia, il proletariatoindustriale, è l’antagonista più irriducibile delcapitale perché lo sviluppo generale delcapitalismo non minaccia la sua esistenza (comeavviene, invece, per gli strati piccolo-borghesi),ma fa aumentare, a livello mondiale, il numerodegli operai e rende sempre più importante ilruolo economico e sociale che essi rivestonocome principali produttori della ricchezzamateriale della società; per cui, gli interessimateriali della classe stessa coincidono con lafondamentale tendenza di sviluppo delle forzeproduttive (compresa la scienza e le sueapplicazioni tecniche alla produzione).

    Il proletariato industriale - che nonpossiede alcun mezzo di produzione - è la classedirettamente sfruttata dal capitale, che ricava dalpluslavoro non pagato degli operai il profitto dicui vive l’intera classe borghese in tutte le sueramificazioni sociali. La classe operaia è,dunque, l’unica classe sociale che ha un rapportoantagonistico col capitale nella sfera stessa del

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  • processo produttivo. Per questo la classe operaiaè la classe più combattiva, la sola classerivoluzionaria fino in fondo della societàcapitalistica.

    Il lavoro nella grande industriacapitalistica educa quotidianamente gli operaiall’attività svolta in comune, all’organizzazione,alla disciplina e allo spirito del collettivismo.Ciò consente al proletariato industriale dielevare la propria coscienza di classe, di farproprie le idee del socialismo scientifico e diprepararsi al suo compito rivoluzionario:l’abbattimento - alla testa di tutti gli oppressi e ditutti gli sfruttati - del dominio politico dellaborghesia e l’instaurazione della dittatura delproletariato per il passaggio dal capitalismo alsocialismo e al comunismo.

    Sono queste le ragioni per cui, in tutte lefasi storiche del processo rivoluzionario, laclasse operaia può esercitare la sua egemonia sualtri strati di lavoratori oppressi e sfruttati, e -sotto la direzione del suo partito, il Partitocomunista - può estendere la sua egemonia edesercitare una funzione trainante anche su unaparte della piccola borghesia lavoratrice.

    5. Il recupero delle esperienze storiche deiFronti popolari realizzati in Francia e in Spagnanegli anni ’30 dello scorso secolo, èestremamente utile per comprendere comel’unità di azione della classe operaia organizzatanei suoi organismi è fondamentale per lamobilitazione delle masse e per il successo dellapolitica di fronte popolare.

    Come ebbe origine il Fronte popolare inFrancia? Il 6 febbraio 1934 la destra franceseorganizzò una sommossa, proclamando lanecessità di uno «Stato forte» (come nell’Italiadi Mussolini e nella Germania di Hitler) controil regime parlamentare «imbelle e corrotto».

    Per contrastare la minaccia della destrareazionaria e fascista il Partito Socialistafrancese SFIO esitava a fare appello allamobilitazione operaia, mentre il PartitoComunista francese lanciò un appello cheinvitava a una grande contro-manifestazione peril 9 febbraio. L’ampiezza della manifestazionedel 9 febbraio, nel corso della quale siricongiunsero unitariamente i due grandiosicortei dei lavoratori comunisti e dei lavoratorisocialisti, segnò un punto di svolta, seguito dalgrandioso sciopero generale del 12 febbraio.

    Sebbene la necessità di creare comitati difronte unico di azione, nelle fabbriche, fu sentitafin da subito, il Patto di unità d’azione stipulatonel luglio 1934 fra il Partito Comunista francesee il Partito Socialista francese, col quale i duepartiti si impegnavano a difendere le libertàdemocratiche e le istituzioni repubblicaneminacciate dal fascismo, non prevedeva laformazione di Comitati operai e di Comitati dibase unitari di lotta contro il fascismo. Icomunisti non rinunciarono in alcune occasionia chiederne la costituzione, ma la direzione dicentro-destra della SFIO, i cui leaders eranoLéon Blum e Paul Faure, fu sempre contraria.

    Dopo la vittoria del Fronte popolare nelleelezioni dell’aprile-maggio 1936 e la formazionedel governo di Fronte popolare presieduto daLèon Blum, la classe operaia francese seppeancora dimostrare la sua alta combattività.

    Tutto cominciò a Le Havre, con la lottadegli operai della fabbrica Bréguet contro ilicenziamenti di due delegati sindacali che sierano rifiutati di lavorare nella giornata del 1°

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  • maggio. In appoggio ai loro delegati, i 600operai della fabbrica incrociarono le braccia e,per la prima volta in Francia, uno sciopero fuaccompagnato dall’occupazione della fabbrica.A Tolosa e in altre località si ripetè lasospensione del lavoro in appoggio arivendicazioni sindacali, con l’occupazione deiluoghi di lavoro. La stessa forma di lotta dilagòda un capo all’altro della Francia, e il 28 maggioincrociarono le braccia i 35.000 operai dellaRenault, trascinando al loro seguito tutti imetalmeccanici della regione parigina. Nellaprovincia francese sono coinvolti nel movimentonon solo gli operai delle grandi fabbriche, maanche le lavoratrici e i lavoratori delle piccolefabbriche, a cui si uniscono più tardi anche iportuali e i lavoratori del mare.

    Nel corso delle occupazioni, gli operairimanevano sul posto giorno e notte, rifornitidalle loro famiglie e dalle popolazioni delle cittàvicine. All’interno delle imprese occupate ilpotere era concentrato nelle mani dei «comitatidi sciopero» e ogni giorno si teneva nei localioccupati un’assemblea operaia.

    Con gli scioperi e le occupazioni, ilavoratori ottennero dal governo del Frontepopolare importanti miglioramenti delle lororetribuzioni e delle loro condizioni di lavoro,senza però che in Francia si aprisse unaprospettiva rivoluzionaria dopo la caduta delgoverno di Léon Blum.

    Nei primi mesi del governo Blum, vi erastato un legame diretto fra le lotte che gli operaiconducevano in fabbrica e le leggi che i ministrifacevano adottare in Parlamento. All’iniziodell’azione di governo, questo legame fra classeoperaia, masse popolari e azione sul pianoistituzionale veniva rivendicato esplicitamente.

    Ma il governo finì col rappresentaresempre più i gruppi parlamentari che losostenevano, e sempre meno il movimentosociale che lo aveva portato al potere.

    Se il protagonismo della classe operaia fuindiscutibile in tanti momenti della sua lottarivendicativa, non vi fu, a livello di base, untessuto organizzativo che trovasse la suaespressione in organismi di Fronte unico operaioquale «forza motrice» del Fronte popolare,secondo la chiara indicazione di Dimitrov. Una

    grave responsabilità per questa mancanza fuquella dei capi riformisti della Confederazionedel Lavoro, che si opponevano al Fronte unico.

    E questa mancanza si fece sentire proprionei momenti in cui ai vertici, nelle riunioni delConsiglio dei ministri e nelle direzioni deipartiti, venivano prese decisioni di importanzacapitale, senza che su queste potesse essereesercitato alcun controllo da parte di organismidi massa proletari.

    Il limite fondamentale dell’esperienzafrancese del Fronte popolare degli anni ‘30 fudunque il fatto che l’unità d’azione fra i partitipolitici trovò la sua espressione in grandi radunipopolari o in grandi manifestazioni di massaunitarie nelle strade e nelle piazze, ma non anchenell’azione capillare di comitati di Fronte unicoo di Fronte popolare antifascista a livello di base,come quelli auspicati dall’InternazionaleComunista.

    6. In Spagna, dopo l’allontanamento del reAlfonso XIII in seguito alla sconfitta dei partitimonar