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Relatore Paolo Ciuccarelli Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano, spiegato in un anno di progetti in scambio Martina Bonetti DIECI : DIECI

Tesi di Laurea Triennale - DIECI:DIECI

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Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano, spiegato in un anno di progetti in scambio. Booklet presentato in occasione della mia laurea triennale in Design della Comunicazione presso il Politecnico di Milano. Avendo frequentato il terzo anno all'estero (nel corso di Product Design della Glasgow School of Art), la mia trattazione riguarda la percezione della diversità tra le due istituzioni e rispettive metodologie.

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Relatore Paolo Ciuccarelli

Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano,

spiegato in un anno di progetti in scambio

Martina Bonetti

DIECI : DIECI

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Tesi di Laurea triennale in Design della Comunicazione

Scuola del Design

27 Luglio 2015

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indice

Introduzione

PRESENTAZIONI

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The Glasgow School of Art

INTRODUZIONE

6DIDATTICA

dieci:dieci

INFORMAZIONI GENERALI

10LE ISTITUZIONI

LE PECULIARITÀ DEL MIO PERCORSO

LE PECULIARITÀ DELLA SCUOLA

VALUTAZIONE CRITICA SULL’UNIVERSITÀ E SULL’ESPERIENZA SVOLTA

CONCLUSIONE

Progetto 1 : Brand-X

Progetto 2 : Open Source Design

Progetto 3 : Design Theory

Progetto 4 : Food Access

Progetto 5 : Design for Experience

101823

2735

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INTRODUZIONE

Presentazioni

Il mio nome è Martina Bonettied nel 2012 ho iniziato il miopercorso universitario pressoil Politecnico di Milano, iscri-vendomi al corso di laurea inDesign della Comunicazione.Dopo la frequentazione re-golare dei primi due anni di triennale, ho avuto l’occa-sione di frequentare un anno in una università stranieragrazie al programma MEDes.

Il Master of European Design è una collabora-

zione fra sette scuoledi Design in Europa,

che permette ogni anno a poco più di una decina di studenti di trascorrereun biennio in due diversi

paesi stranieri.

Il programma è articolato subase quinquennale, dove iprimi due anni vengono fre-quentati in sede, il terzo e il

quarto sono affrontati in duediverse scuole partner e nelquinto prevede il ritorno nella propria istituzione originale.Ciò dà ad un ristretto grup-po di studenti la possibilità dientrare in una forte comunità internazionale, integrando-si contemporaneamente in tre diversi sistemi educativi.Ognuno segue un percorsodiverso combinando tre dif-ferenti nazioni, conoscenzee metodi secondo la propriaindole e le proprie aspirazio-ni. In questo modo il corso di studio prescelto all’inizio della propria carriera univer-sitaria non è più vincolante e si può esplorare davveropiù ampiamente tutto il cam-po del Design.Dopo due anni di studio inDesign della Comunicazione, ho deciso di dare una svoltaal mio percorso formativo edi trascorrere il mio primo

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anno di scambio presso laGlasgow School of Art, iscri-vendomi al corso di studi in Product Design.

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THE GLASGOWSCHOOL OF ART

Introduzione

Nata come scuola d’arte earchitettura alla metà dello Ottocento, la Glasgow School of Art introdusse il corso di Product Design nel 1948.

In più cinquant’anni gli insegnamenti si sono

evoluti, non incentrandosi più solo sul tradizionale prodotto industriale ma soprattutto su servizio

ed esperienza.

Gli studenti quindi sono in grado di esplorare nuove op-portunità per risolvere problemi nel settore pubblico e privato attraverso il design.

Le capacità che vengono svi-luppate si fanno spazio nei campi di service, interaction

QS World University Rankings

La Glasgow School of Art si

è guadagnata quest’anno il

decimo posto nella categoria

Arte & Design, terza a livello

europeo. Ciò grazie al clima

creativo che la scuola infonde

non solo nella comunità stu-

dentesca, ma anche nell’in-

tera città di Glasgow, nuovo

polo artistico britannico.

Ogni gruppo d’anno è com-posto da venti studenti che condividono lo spazio dello studio. Questo permette di lavorare in modo interattivo nella classe pur mantenen-do un approccio personale al problema. Il particolare rapporto molto collaborativo con i tutor crea un ambientemeno formale e più efficacedi apprendimento, dando agli studenti un ruolo più propositivo.

I professori non tengono vere e proprie lezioni con frequenza obbligatoria, ma offrono revisioni settimanali che intervallano il lavoro svi-luppato autonomamente dalla classe per il resto del tempo. In questi tutorial siricevono consigli su come

e environmental design, social innovation,ingegneria, scienze sia sociali che biome-diche e bioetica.

migliorare ed implementare i progetti piut-tosto che direttive troppo strette su come svolgere gli stessi.

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Didattica

Gli insegnamenti dati alla School of Art prevedono progetti in studio, progetti pratici e saggi.

I progetti pratici prevedono la messa in pratica delle teorie del design, utilizzando la sperimentazione nel workshop. Esso offre prototipazione veloce, lavorazione di plastica, legno e metallo, stampa 3D, lasercut e vacuum former.

L’obiettivo non è la realizzazione di un pro-dotto perfetto e finito, ma di un modello credibile e funzionale per comunicare in modo chiaro e tangibile la propria idea.

Le discipline teoriche vengono introdotte agli studenti grazie al Forum for Critical Inquiry, un corso a scelta svolto in multidisciplina-rietà che amplia la conoscenza degli studenti riguardo alle teorie del Design. Esso per-mette inoltre la collaborazione e il dialogo fra studenti dello stesso anno appartenenti a diversi dipartimenti.

I primi vengono diretti dai tutor e offrono la possibilità di lavorare con clienti live, svolti nell’ambiente dello studio. Esso è caratterizzato da zone di lavoropersonali, dove l’interazione e il team work sono allo stesso tempo stimolati dall’area ampia e aperta.Presentazioni e pecha kucha sono il me-todo fondamentale di esibizione e diconsegna del proprio lavoro, dando aglistudenti buone capacità espositive e abilità nel comunicare i concetti.

Il metodo didattico della scuola si avvale prevalentemente della prassi, è quindi

sostanzialmente differente rispetto al ri-goroso modello teorico del Politecnico. Gli studenti sono portati ad auto diri-gersi e lavorare sulle proprie capacità piuttosto che seguire in modo preciso

le indicazioni del docente.

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Ciò comporta da una parte lo sviluppo di una identità personale come designer in grado di effettuare scelte forti e di plasmare il proprio lavoro nei modi che ritiene più opportuni volta per volta; tuttavia, se uno studente non possiede sufficienti abilità tecniche e cultura del de-sign, il suo outcome risulta forzato all’interno di ciò checonosce e non può svilup-pare nuove abilità poiché non c’è un corso apposito per impararle.

L’offerta formativa

Il corso di Product Design propone due alternative: B.Des

(della durata di quattro anni) o MEDes (della durata di cinque

anni). Essi condividono primo e secondo anno, nei quali gli

studenti apprendono il metodo della scuola e conoscenze di

base (quali fare/modellare/utilizzare e interazioni/esperienze).

e del cliente, nonché autono-

mia, creatività e competenza.

Coloro che invece decidono

dopo il secondo anno di in-

traprendere il MEDes trascor-

rono il terzo e il quarto in due

diverse scuole partner, prima di

ritornare alla GSA per il quinto.

Durante il terzo (per il B.Des) e il

quarto anno (per il B.Des Hons) di

bachelor gli studenti continuano

il loro percorso all’interno della

scuola, con possibilità di uno

scambio. In particolare in questo

periodo viene sviluppata una

coscienza culturale, di contesto

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Informazioni generali

La Glasgow School of Art non è però sola al decimo

posto della QS World University Rankings. Essa infatti lo condivide con il

Politecnico di Milano.

All’annuncio, mi sono sentitaorgogliosa dell’occasioneche stavo cogliendo, poten- do avere una delle migliori combinazioni possibili per la mia educazione.

Incuriosita dalla classifica, ho deciso di informarmi sui suoi criteri di valutazione e ho notato come pur totaliz-zando lo stesso punteggio, le due istituzioni avessero i propri pregi in direzioni completamente opposte.Come la GSA eccelle in “Reputazione accademica”, il PoliMi è tra le migliori istitu- zioni per “Reputazione degliimpiegati”. Il primo criterio viene deifnito come posto

Ciò che vorrei illustrare in questo breve commentariodella mia esperienza, è come ho percepito le diversitàtra le due Scuole e perché ritengo di avere ora una visio-ne più completa rispetto al Design e alle sue professioni.

di preminenza per la ricer-ca universitaria nell’area di Arte & Design, il secondo come luogo di spicco per il reclutamento di laureati.Fin dall’inizio del mio scam-bio avevo trovato chiara ladifferenza totale fra le dueScuole, ma la prova ogget-t iva mi ha dato modo di riflettere sul percorso intra-preso e su come questo siain grado di influire sulla miapreparazione e il mio futuro.Due metodi di insegnamento in antitesi ma ugualmentevalidi, possono dare la for-mazione di cui il laureato habisogno per far spiccare lesue capacità e le sue indi-viduali caratteristiche.

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Le istituzioni

Va premesso che l’impronta delle due Uni-versità è opposta pur essendo nate a soli vent’anni di distanza. La Glasgow School of Art viene aperta come “Scuola Governativa per il Design”, abbracciando solo succes-sivamente le Belle Arti e l’Architettura, per essere centro della creatività e promuovere il buon design per l’industria manifatturiera.Il Politecnico di Milano viene fondato come“Regio Istituto Tecnico Superiore” per Inge- gneria, introducendo Architettura e Design in seguito, e diviene fulcro divulgazione tecnico-scientifica, propulsore di ricerca applicata e luogo di sperimentazione.Pur utilizzando metodi di insegnamento

diversi -in studio contro lezioni frontali- en- trambe le Scuole sembrano esprimere lapropria volontà nello sviluppo di linee inno- vative per rispondere alle reali necessità della società.

Nelle istituzioni ho frequen-tato corsi di studio differenti:Design della Comunicazione presso il Politecnico e Pro-duct Design presso la GSA.Il cambio di percorso mi hapermesso di sperimentare e comprendere la comples-sità del campo del Design. Non è stato un cambio di rotta totale, ma un’integrazione.

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Le peculiarità del mio percorso

Essendo le differenze tra i due metodi piuttosto difficoltosi da spiegare solo con la descrizione

Progetto di branding e cre- azione del suo sistema di prodotti.

BRIEFConsiderato un brand co-me un intreccio di artefatti, comportamenti e concetti, progettare il lancio di una nuova marca ispirata a uno dei sette peccati capitali.La sua identità deve essere forte e riconoscibile, por-tando un’innovazione per il mercato -seguendo cioè il comportamento degli uten-ti- o per l’offerta -creando

quindi nuove tendenze.La struttura deve essere im-prontata sui trend del futuro prossimo, come le personevivranno, a cosa si interes-seranno, di cosa avranno bisogno e cosa desidere- ranno nel quotidiano.il progetto è costituito da una parte di gruppo -DNA del brand- e da una indivi- duale -un prodotto o servizio di sviluppo personale. Ognuno dei componenti contribuisce con un lavoro coerente con gli altri e con la marca stessa.

verbale, ho deciso di servirmi dei progetti sviluppati durante il mio scambio per evidenziare i tratti fonda-mentali che li distinguono, utilizzando esemplificazioni concrete derivate dal mio lavoro.

BRAND-X

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CONCEPTAl mio gruppo è stata as-segnata la gola. Dopo aver analizzato gli aspetti sociali, tecnologici, economici e cul-turali che coinvolgono questopeccato nella società mo- derna, abbiamo identificatoi trend che ne danno mag-gior riscontro.Focalizzandoci sulla smania per l’acquisto di prodotti, abbiamo trovato stimolante indagare l’intensificazione

della gola in modo controllato e sicuro.Trovata l’opportunità, il progetto si è indirizza-to sulla creazione di un servizio di spedizioni che stimoli l’aspettativa prima dell’arrivo di un pacco. In questo modo si genera ecci-tamento per qualcosa di già comprato, in modo da mantenere il brivido dell’acquisto fino al momento in cui si ha il prodotto.Invece che contrastare la gola, trasformia-mo questo sentimento da veloce in lento egodibile. Puntando sull’aspettativa, si rendepiù piacevole l’utilizzo dell’oggetto per ridur- re la noia, che induce a nuovi acquisti.

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OUTCOMEPost Script è un servizio di spedizioni per-sonale e personalizzabile. Tiene il cliente sempre informato e coinvolto con una storia piacevole, prendendosi cura di lui, della suacorrispondenza e dei loro specifici bisogni.Una migliore esperienza di online shoppingviene data attraverso il sito internet facile dausare e sobrio. In questo modo, grazie allechiare condizioni di acquisto, l’unica sor-presa per il cliente è quella che lui decide di avere.

P.S. è un nome semplice e reminiscente.Richiama la tradizione epistolare ed è allostesso tempo acronimo di servizio postale. L’uso del post scriptum è indice solitamente di una corrispondenza personale, serve a lasciare un ultimo messaggio emozionale.Allo stesso modo questo servizio permettealle persone di dare un valore aggiunto a ciò che spediscono, senza aver bisogno discrivere altro.Il logo richiama le forme archetipiche di tim-bri e francobolli, con un gusto decorativo ma pulito.We don’t just carry, we care -ovvero non

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solo trasportiamo ma ci prendiamo cura- èil motto che esprime l’idea del brand di vi-cinanza al cliente e ai suoi beni. Esprime laattenzione personale e l’impegno accurato.

Usando riferimenti allo stile leggero e colo-rato di Wes Anderson, il gruppo ha creato un intero immaginario dietro al brand, per spingerlo al limite dei servizi di spedizione at-traverso un’esperienza fatta su misura con l’oggetto inviato. Forte coordinazione tra packaging, outfit delcorriere e mezzo di trasporto usato, crea

Il mio contributo individuale è arrivato nel campo della pre-parazione dei pacchi e delle spedizioni, comprensivo di design del packaging e dell’immagine ricevuta dal cliente.I pacchi sono composti da diversi elementi. Le scatole dicartone hanno una forma che permette l’apertura automa-tica di fronte agli occhi del ricevente, senza punti colla e riutilizzabile. Le lettere all’interno raccontano la storia del pacco seguendo il mood della consegna, per prolungarel’aspettativa. I due elementi si combinano per creare cinque diversi stili di consegna personalizzabile a cui può essere abbinata anche la scelta di un fattorino, adatto alla partico- lare occasione desiderata.In particolare, ho deciso di sviluppare tre stili al completo.

-insieme allo storytelling- un mood perso-nalizzabile di consegna.

I touchpoint del servizio sono un negozio -dove poter testare i prodotti con mano-, un sito internet -nel quale si può prenotareconsegne- e un’app in cui seguire la storiadella propria consegna. Nessuna presenza diretta sui social permette di avere un’allure anti-tech, ma l’attenzione online intorno albrand permette pubblicità indiretta. Il tuttoè improntato alle transazioni fra clienti e nonsu larga scala.

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RIFLESSIONELa mia preoccupazione mag-giore all’inizio del progettoera sviluppare il design di unprodotto. Oltre alla richiesta, anche il metodo di lavoro era nuovo per me.Seguendo ciò a cui ero abi-tuata, ho provato a cercareuna soluzione diretta inveceche ricercare prima sull’uni-verso delle possibilità offerte dal nostro argomento. Esplorando diverse strade, hanno iniziato a scorrere facilmente pensieri laterali, connessioni originali e metafore. È stato in questo modo piùfacile trovare un’interpretazione stimolante del nostro peccato.Sono soddisfatta per come l’idea ha preso vita e le persone hanno reagito al brand. Si

tratta di un lavoro convin-cente in quanto non c’è maistato bisogno di comunica- re a voce i nostri valori, che erano invece già emanati dalla coerenza di ciò che abbiamo creato e potevanoessere facilmente intuiti dai nostri clienti.

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Avendo portato avanti un progetto di branding anche all’interno del Politecnico diMilano, posso dire di avertrovato una grossa differenzadi fondo: invece che mettere sul mercato un’innovazione che crea un bisogno per la società, il brief partiva dalle necessità preesistenti per introdurre una novità.

Questo dimostra come, purin un progetto prettamente

visuale, l’attenzione all’utente non venga mai persa e deb-ba rimanere preminente. Non la ricerca tecnica ed industriale, ma la compren-sione dei fenomeni sociali doveva essere alla base delnostro concept. Lo scoponon era produrre una fortee convincente immagine co-ordinata per rappresentarela nostra marca, ma creare un canale credibile per aiu-tare un preciso target.

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Progetto OS con il comune di Glasgow.

BRIEFNel contesto del concorso“Smart Cities”, la città diGlasgow ha vinto un fondoofferto dal governo britannico per migliorare i suoi servizi.Il più grande hackathon dellaScozia si è tenuto un annofa per trovare idee su comeutilizzare il denaro, permet-tendo a cittadini, comunità creativa e governo di lavo-rare insieme per risolvere problemi.Nessuno dei concept forniti è riuscito però a soddisfare la commissione comunale,che -affidandoci le idee- ci ha chiesto di usarle come materiale sorgente per capi-re la città e trovare migliorie o nuove idee per stimolareun suo effettivo cambiamento di reputazione.

OPEN SOURCE DESIGN

CONCEPTAvendo prima di tutto com-preso la portata del termine “Open Source” e definito come classe i nostri valori di lavoro, abbiamo deciso di esaminare diverse aree in gruppi ma di presentarci al nostro cliente live come un tutt’uno coerente.

L’area del mio gruppo è sta-ta quella dei trasporti. Il primopasso è stato analizzare leidee dell’hackathon e i data set sulla città fornitici dalcomune. Entrambi hannorivelato delle lacune: spessol’unico obiettivo dei conceptstessi era raccogliere dati già presenti negli archivi epur avendo prova dei pro-blemi, il governo cittadino non fa nulla per correggerli.Inoltre entrambi non pre-sentano completamentecaratteristiche open source.

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Siccome ogni mezzo di tra-sporto è separato dagli altri, uno dei nostri obiettivi era riconnetterli. Per creare un concept basato su un’idea hardware, abbiamo deciso di basare la nostra direzio-ne sull’Open City Manifesto usato nel concorso gover-nativo iniziale.

Dopo interviste agli utenti per definire il loro punto di vista e letture dei piani del comune per comprendere meglio il nostro cliente, ab-biamo deciso di puntare sul’incoraggiamento ad usare di più i mezzi pubblici. Dando motivi agli utenti per essere fedeli e comprare ibiglietti, si investe conseguen-temente nell’economia locale e si migliorano i servizi per i cittadini stessi.Il risultato è un win-win per tutto il sistema.

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OUTCOMELa Wee Card è un nuovo tipo di biglietto di viaggio percerare un sistema integratodi trasporti a Glasgow. Grazie alla tecnologia ITSO,gli utenti possono passare la carta sugli scanner già presenti in città per entrare nelle stazioni o passare il con-trollo dell’autista sui mezzi.Iscrivendosi al servizio, gliutenti ricevono la carta ano-nima in due parti e un profilo personale sul sito internet della Wee Card. Questi sonoconnessi attraverso un codice identificativo per proteggere la propria privacy.

L’estetica della carta riflette Glasgow sia in immagine checaratteristiche. I possessori vengono rappresentati dallavolpe urbana, l’animale più conosciuto della città, e unagamma di diversi profili è

disponibile per le varie tipologie di utenti cittadini e non. Il colore e la tipografia richiamano l’immagine coordinata delle opere pubbliche cittadine.

La carta può essere ricaricata o controllata attraverso dei touchscreen posizionati in città, i quali forniscono anche orari e mappe. La tariffa di ogni viaggio viene convertita in punti, regolati da un sistema di ricompense che distribui-sce bonus agli utenti: una volta raggiunta una certa soglia si può avere diritto a sconti in attività locali.

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RIFLESSIONEIl progetto si è rivelato molto intenso in quan-to siamo passati dal buio completo dellaprima settimana senza aver incontrato il cli-ente, ad un risultato rifinito e di qualità nella quarta. La nostra risposta progettuale hagenerato interesse ed è stata presa in seriaconsiderazione grazie al suo aspetto.

Le circostanze di lavoro -un collettivo di diciannove studenti- sono state uniche el’esperienza si è conclusa bene grazie alla coesione e alla continua comunicazione tra

i gruppi. Ognuno ha avuto libertà di azione nel proprio tema, senza competizione ma supportando gli altri per dare un’aspetto pre-parato e coeso alla classe.Una delle ragioni del successo del lavoro sta nel fatto che, essendo studenti, il nostrointeresse maggiore era nell’imparare, speri-mentare e condividere senza tornaconto operdite economiche. In questo modo i prin-cipi di open source non sono mai stati persidi vista. Durante questo progetto ho impa-rato molto riguardo le tecniche di ricerca eil metodo user-centred utilizzato alla School of Art. Tutte queste abilità possono risultare efficaci per qualsiasi mia pratica futura, inquanto servono a costruire una forte base concettuale che va oltre la desk research.

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Questo è stato il primo pro-getto accademico a farmi uscire dall’università. In primo luogo ho potuto la-vorare per un cliente vero,percependo per la prima vol-ta le pressioni di consegne e presentazioni ufficiali, non solo finalizzate a ricevere unvoto ma a vendere il proprio concept. In questo modo laidea ha la possibilità di vive-re di vita propria e non siarticola solo come esecita-

zione del corso.In secondo luogo la ricerca effettuata sul campo e i datieffettivi raccolti con l’open source si contrappongono alla sola desk research di questionari online utilizzata alPoliMi. Gli studenti qui nonvengono spinti a conoscere, provare nuovi metodi di inda-gine, non acquisendo quindi abbastanza tecniche diverseda permettere l’adattabilità ad ogni tipo di progetto.

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Progetto sulla sperimenta-zione come artefatto.

BRIEFGli oggetti che progettiamopossono provocare reazioni inaspettate nei nostri utenti, permettendoci di imparare qualcosa sul comportamen-to delle persone. In questosenso i prodotti diventano esperimenti e possono ge-nerare conoscenza tramite un uso documentato.Il nostro obiettivo era produr-re una serie di artefatti da testare sugli utenti, docu-mentare e trarre conclusioni per dedurre il design di un nuovo oggetto quotidiano.

CONCEPTAl mio gruppo era stato affida-to il set di azioni riguardanti la preparazione di bevande.Ogni componente ne ha poi scelta una da analizzare in-

DESIGN THEORY

dividualmente.La mia preferenza è ricaduta sulla preparazione del cap-puccino ed ho lì deciso di concentrarmi sull’utilizzo delmontalatte, in quanto è la schiuma il tratto distintivo del-la bevanda.

Dopo aver studiato come illatte schizza dalla tazza e lereazioni che ciò provoca ne-gli utenti -con conseguenti influenze sul design finale-, ho iniziato a produrre gli ar-tefatti sperimentali.

Passando attraverso carta idrosensibile, reagente emultistrato, piattini con de-cori incisi e tovagliette che predicono il futuro, mi sono lasciata guidare dalle reazio-ni ricevute ed ho sviluppato una collezione di piatti.Anche questa è stata poi e-voluta grazie a user testing.

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OUTCOMEL’Alberta Set è un insieme di sei piattini per tazze da cappuccino. La loro dimensione per-mette di essere utilizzati anche come un normale set da tavola, ma nella parte convessa rivelano pattern incisi nella ceramica per far fluire il latte fuoriuscente durate la montatura. Ognuno dei pezzi ha un disegno e un colore diverso, per mantenere il prodotto più inte-ressante per il possessore.

RIFLESSIONEComplessivamente il proget-to è stato molto impegnativo per me in quanto è stata laprima volta che in cui mi so-no dovuta concentrare solo su un prodotto e le reazioni dei suoi utenti. In particolareè stato difficile testare qual-cosa senza sapere dove miavrebbe portato, ma si è ri-velato efficace quando mi ha dato risultati inaspettati.L’attività di documentazione e il coinvolgimento di perso-ne sono ancora migliorabili,ma si sono dimostrati in que-sto caso il modo migliore permotivare il mio processo dilavoro e le mie scelte finali.

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25DIECI:DIECI - Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano

Pur avendo già affrontato nel mio percorso accademico materie teoriche, mai mi erastato mostrato cosa fossero davvero la teoria e la ricer-ca nel campo del Design. Al Politecnico viene data mol-ta importanza alla sua storiae le tecniche dei grandi au-tori, escludendo però poi losviluppo moderno e la spe-culazione riguardo il futuro della pratica.

Il dibattito viene stimolatograzie a conferenze e inter-venti di teorici e di ricercatori,che spingono a provare stra-de inaspettate per risolvere in modo nuovo il brief.Questo aspetto viene consi-derato invece una preminenteconoscenza alla GSA, dovegli studenti si trovano ad ave-re meno cultura visuale e tecnica ma più apertura edinnovazione per i loro progetti.

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Le peculiarità della scuola

Esistono alcune caratteristiche della Glasgow School of Art che la rendono del tutto particolare. Soltanto conocchio critico alla fine del mio percorso qui mi sonoresa conto di come il suo punto di forza sia la costan-te attenzione di un contemporaneo sguardo al futuro e al passato.

Anche in questo caso, horitenuto più efficace uti-lizzare i miei progetti permostrare l’articolazioneconcreta dell’impronta data dalla Scuola.

La volontà di adattamento alla società circostante, ha permesso di trasformare l’in- dirizzo della Scuola. Nel corso di Product Design infatti ilprodotto non è più inteso co-me l’oggetto industriale, macome il focus centrale dellooutcome di progetto. Esso può quindi essere sviluppa-

to in diverse forme per per- seguire in modo versatile il risultato finale.L’innovazione e la capacità di cambiamento portano inquesti anni il Service Designal centro dell’interesse del corso, essendo una rispo-sta coerente con gli utenti moderni di oggi.

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27DIECI:DIECI - Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano

Progetto di educazione alla salute alimentare.

BRIEFLa richiesta era la creazionedi un servizio futuro collega-to al cibo, per risolvere dei complessi problemi sociali,economici o ambientali e-splorando come il tema puòessere risolto nel quotidiano.L’importante è trovare il mo-do di trasmettere alle persone la salute alimentare.Ogni gruppo ha un’area dif-ferente di cui occuparsi percreare un servizio e ogni com-ponente ha da solo il compitodi sviluppare un touchpoint dell’esperienza dell’utente.

Il mio gruppo si è occupatodel tema “Scuole ed Educa-zione”, approfondito nella prima settimana.

FOOD ACCESS

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CONCEPTGrazie all’uso della “social science” abbiamo potuto identificare una gamma di opportunità. Essendoci globalmente un bisogno concreto di

trovare nuovi modi di coltivare e diverse fonti nutrienti di cibo, abbiamo deciso di focalizzarci sui cosiddetti “Cibi del futuro” quali insetti, ghiande e alghe.La strada dell’introduzione di questi alimenti nelle nostre diete deve passare per l’educazione, in quanto il cambiamento culturale non può avvenire in ristoranti di lusso ma nelle case e nelle cucine.

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29DIECI:DIECI - Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano

Volendo offrire una propostavalida, ma soprattutto con-creta, abbiamo deciso disviluppare un piano strategi-co su tre generazioni in cui il nostro servizio si sviluppaed adatta alla società in cam-biamento. Per questo, cisiamo concentrati solo sultema degli insetti come unodei nostri prodotti e lo abbia-mo esteso su quattro fasi.

Dopo aver sperimentato per-sonalmente l’entomofagia,identificato le sue barriere nelprossimo futuro -basandoci su predizioni degli esperti ali-mentari- e aver definito delle persona, abbiamo deciso difornire un servizio che per-mettesse di imparare come cucinare gli insetti, fornendo conoscenza al riguardo erappresentando il punto diriferimento del sapere culina-rio nella cultura occidentale.

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OUTCOMENOM NOM -Non Ordinary Munchies, New Ordinary

Per rispondere in modo efficace alla società abbiamo identificato quattro target: scuole e strutture educative, famiglie, giovani adulti e produttori.La nostra strategia prevede l’ingresso nelmercato in un paio d’anni, orientandoci ad un pubblico adulto che vuole scoprire culture ed esplorare cibi nuovi. In dieci anni la ri-sonanza del tema lo renderà normale e gli insetti entreranno a far parte dei metodi di insegnamento scolastici. In trentacinque anni entreremo nelle famiglie perché i figli porteranno la conoscenza a casa ai loro

genitori. Una volta stabiliti come brand, po-tremo vendere ingredienti nei supermercati per cucinare a casa i propri pasti a base diinsetti. Questo si basa su produttori affida-bili, che garantiranno la sicurezza dei nostri prodotti, trasformando così la nostra im-presa in un collegamento tra la nuova generazione di produttori e di consumatori.

NOM NOM si declinerà quindi in nomShop in due anni, nomFarm in cinque anni, nomProject in dieci anni e nomLifestile in trenta cinque anni.

Munchies- è un brand chepunta a rendere i cibi del fu-turo disponibili e allettanti al

pubblico, che viene coinvol-to sia per l’aspetto etico cheproduttivo di questi cibi.

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31DIECI:DIECI - Il mio percorso tra Glasgow School of Art e Politecnico di Milano

Il mio sviluppo individuale consiste nella prima fase, dove mi sono dovuta confrontare con lo stigma per permetterealla novità di entrare nel nostro quotidiano. Dopo un’ana- lisi sui trend alimentari della società odierna, ho deciso diseguire la strada dell’introduzione lenta attraverso piatti non estremi e fusion.

Con un interesse specifico sull’aroma, i gusti vengonodescritti per eliminare lo sti-gma della forma, educandocosì il pubblico aperto e ac-culturato, nonché offrendo un’esperienza attraente e coinvolgente per i sensi.All’interno si trovano un’areadegustazione -in cui prova-re diversi sapori ed essere consigliati dal commesso sucosa comprare e come uti-lizzarlo nella propria cucina- e un coffee shop -dove ogninormale prodotto può esse-re combinato con polveri per esaltarne il gusto-.L’obiettivo è essere cercatoridi gusti e venditori di sapori.

Il nomShop è un punto ven-dita di polvere di insetti eoffre la più vasta selezione di sapori, ognuno dei quali viene spiegato con precisi termini gastronomici.

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RIFLESSIONEInizialmente il progetto mi ha aiutata ad aprire gli occhi sullacorrente situazione ambientale e su come il cibo debbaessere considerato una tradizione, non soltanto un nutri-mento. In particolare ho avuto la possibilità di riflettere sullemie abitudini e di discutere molto con chi mi sta intorno, in quanto il cibo è caro a tutti e parlando di entomofagiasono nate discussione etiche in cui ho dovuto giustificareil mio concept.

L’intero processo si è rivela-to molto ambizioso perchél’argomento scelto è ancora un taboo. Abbiamo dovuto progettare un’innovazione eun cambiamento culturale,che sembrava troppo gran-de all’inizio ma ha rivelato ilsuo enorme potenziale an-dando avanti. Il risultato è

stato una risposta pratica ad un problemache si porrà nel prossimo futuro, che ritengo molto valida.

Pur essendoci stato assegnato un tema che sembrava molto limitante, il gruppo èriuscito a trovare un’opportunità interes-sante. Questo grazie all’interpretazione di “educazione” come acquisizione di cono-scenza e all’applicazione di una struttura logica consequenziale per non perdere il punto in un sistema complesso.

Anche l’approccio al Service Design è sta-to nuovo e mi ha insegnato versatili strumenti,che potranno rivelarsi utili in futuro nella mia professione.

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In questo caso particolare non solo si punta a servireun bisogno attraverso un servizio più che un prodotto,ma si tenta di soddisfare una necessità prevista.Tutto il progetto è sviluppatoper evidenziare le potenzia-lità, tentando di ipotizzare glisviluppi economici e socialipartendo dalla ricerca soste-nuta dalla Social Science.

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Fondamentale in una istitu-zione storica è la protezionedel suo heritage. Ciò si rivela estremamente importante per la Glasgow School of Art in quanto casa spiritualedell’architetto Charles RennieMackintosh, vero punto diriferimento conosciuto e a-mato da tutta la città. Ciò che mi ha stupito mag-giormente è stata l’attenzionee la cura che la scuola mettenel proteggere e dare risal-to al proprio patrimonio, chesi compone allo stesso mo-do dei suoi storici edifici e

dei suoi alumni. Il Mackintosh e il Reid Buil-ding sono luogo di visite tu-ristiche durante l’arco dell’anno, e Renfrew St. è an-cora il cuore pulsante dellaistituzione nonostante l’incen-dio accaduto l’anno scorso.La storia non è fatta però solo di mattoni e grande or-goglio della Scuola sono isuoi ex- allievi, artisti tra i piùpremiati ed influenti in UK. Il lavoro degli studenti vienespesso messo in mostra unavolta completate le conse-gne. Ciò permette di ricevere

molta attenzione esterna e gli alunni si trovano facilitati nella ricerca di lavoro alla fi-ne del loro percorso di studi.L’ottima reputazione della Scuola e l’esaltazione della qualità dei suoi studenti, larendono quasi una garanziadi successo per i laureati.Per questo motivo una rigi-da selezione con colloqui e test è il metodo di ingresso.Questo orgoglio ed esalta-zione è ciò che mi ha datola spinta all’interpretazione del mio ultimo progetto du-rante lo scambio.

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Progettare un’esperienza in un luogo da rivalutare.

DESIGN FOR EXPERIENCE

BRIEFIl progetto mi ha richiesto di progettare indi-vidualmente un’esperienza in uno spaziotrascurato di Glasgow. Il posto doveva es-sere agibile, raggiungibile e accessibile, nonignorando però la sua posizione, tempo econdizione climatica. Dopo aver trovato un luogo e definito le sueopportunità, avrei dovuto pianificare e map-pare l’intera esperienza per poi produrre unartefatto centrale al contatto con l’utente.Dovendo comunicare l’anima e il feel dellaidea, il risultato finale avrebbe dovuto essereil touchpoint e una narrazione visiva dell’e-vento, che spieghi come le persone ne vengono a sapere, cosa accade e cosa neportano via.L’articolazione centrale si suddivideva in:aspettativa e scoperta, esperienza dell’e-vento, memoria residua e lascito.Le condizioni assegnatemi per la scelta delmio luogo erano “trascurato e liminale”.

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CONCEPTDopo l’identificazione di unagamma di opzioni, ho scelto di occuparmi della scalinata centrale del Reid Building nella Glasgow School of Art.Pur non essendo abbando-nata, essa risulta trascurata in quanto i passanti tendo-no a preferire l’ascensore anche se essa costituisce l’effettiva colonna portante dell’edificio. Inoltre il palazzo di per sé -ancora dopo più di un anno dalla sua apertu-ra- non è apprezzato dagli studenti, che continuano alamentarsi. Ciò significa nonaver raggiunto il suo com- pleto potenziale in quanto laScuola è stata costruita per e intorno a loro.

Il Reid Building è stato pro-gettato per essere una telabianca personalizzabile dachi vi lavora secondo le pro-

prie necessità, ma a causa dei limiti imposti dalla Direzioneciò non riesce ad avvenire e la struttura non può venir toc-cata. L’edificio necessita di essere riappropriato in modo da non essere più solo un’attrazione turistica, ma riveli connessione e proprietà degli alunni. Con un semplicesguardo d’insieme è ovvio sia una bella costruzione, ma sen-za studenti a viverla e rapportarvisi sembra fredda e asettica.Orgoglio può essere creato attraverso l’esaltazione delproprio lavoro, ma chi frequenta questa Scuola dimostraabbastanza sicurezza verso se stesso e la propria istituzio-ne. Gli alunni credono nella School of Art, ma non riesconoancora a vederne l’essenza in questo edificio come inve-ce succedeva nel Mackintosh Building. I due sono stati pensati come due metà complementari e ora che l’antico è in ricostruzione, il nuovo ha tutta la responsabilità del prestigio della Scuola da portare.

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Per far sentire gli studenti parte della loro Scuola, ho deciso di fornirgli un modo per visualizzare la loro appar-tenenza. Affidando ad ognistudente uno scalino dell’e-dificio da decorare significarendere ognuno un pezzo della colonna portante dellapropria scuola.Ho scelto questa opzioneperché l’ho ritenuta la piùsignificativa. Essendo vicinaalla fine dei miei studi qui,volevo chiudere con un pro-getto audace per lasciare un segno.

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OUTCOMEAdopt a Step è un’iniziativa che permetteagli studenti della GSA di riprendere il con-trollo sull’aspetto della propria Scuola, conl’esposizione al pubblico di lavori sulla sca-linata centrale del Reid Building.Lavorando in gruppi multi-dipartimentali, glialunni dello stesso anno possono imparareuni dagli altri collaborando nella prima setti-mana accademica -già votata ad un progetto per rompere il ghiaccio.Le classi di ogni anno possono esporre inperiodi diversi in modo da ricevere il dovuto interesse -primo anno nel primo trimestre, secondo anno nel secondo trimestre e ter-zo anno nel terzo trimestre. I laureandi hannoinvece la possibilità di esporre nel periodo che precede il Degree Show per attirare l’at-tenzione sull’evento e richiamare più visitatori. Nel periodo di esposizione, gli studenti pos-sono commentare a vicenda i propri lavori e i crediti dell’autore sono riportati per chi è interessato a vedere di più.

Alla fine dell’anno accademico, dopo la ce-rimonia di laurea, i lavori sono messi all’astaper creare un fondo da utilizzare nel suc-

cessivo Degree Show. Pur non lasciandoalcun pezzo alla scuola, i laureandi creano un’eredità scegliendo il tema per le opere che saranno prodotte l’anno successivo.

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Grazie a questa iniziativa, viene esaltata l’abrasione creativa che è la principale ragione percui le scale formano un circuito aperto che connette i maggiori spazi di ritrovo. La scalinata era stata infatti pensata per la condivisione di idee tra persone diverse, per il dibattito e ilcolloquio, non per il semplice passaggio. È stata quindi una risposta naturale trasformare ilmio concept in un progetto collaborativo, essendo il Design basato sulla compartecipazione.

Gli studenti rivelano il maggior fastidio nelpassaggio dei tour di visita all’interno deglispazi di lavoro. L’insegnamento deve es-sere il voto principale dell’edificio perchéil giorno in cui alunni e staff saranno forzatifuori dalla Scuola, sarà la morte della co-struzione stessa. L’aspetto davvero unico nella esperienza del visitatore è non solol’apprezzamento dello spazio fisico, ma an-che la vista del suo uso come scuola.

Quando lo studio viene invaso però, es-sendo il Reid Building piuttosto anonimosenza il lavoro degli studenti, essi si sentono traditi poiché viene ignorata la loro privacy.Grazie ai lavori esposti sulla scalinata, que-sto problema può essere risolto attraverso chiara divisione degli spazi e soddisfazionedella curiosità riguardo ciò che avviene all’in-terno della Scuola.In questo modo la convivenza è ristabilita.

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RIFLESSIONEConsidero questo progettoun degno finale ai miei studi presso la GSA. Avendo im-parato molto ho voluto darequalcosa in cambio, aiutandola Scuola a sviluppare il suocompleto potenziale. Vedo molte possibilità in questo edificio e il mio scopo prin-cipale era comunicarlo agli altri per far cambiare idea almeno a qualcuno.

La Scuola incita alla speri-mentazione ed è stata moltotollerante nei metodi. Per-mettendomi di creare graffitisugli scalini, appendere deiposter, affiggere nomi deglistudenti, ho potuto sperimen-tare molto sui comportamenti dei passanti e ricreare la miaintera esperienza in loco perla presentazione finale -av-venuta sulle scale stesse. Tutti si sono dimostrati mol-

to reattivi ed interessati a ciòche stavo provando a crea-re, rendendosi disponibili adaiutarmi solo perché crede-vano nella mia idea e non per dovere.Questo mi ha stimolata alavorare sodo per offrirgli un cambiamento grazie al mio progetto.

Essendo molto interessata astoria ed architettura, poterprendere in mano l’identitàdella School of Art è statoestremamente interessantee stimolante e provare a cre-are qualcosa per esaltarla mi ha fatto sentirne parte.Questo è un primo passoper permettere agli studenti di creare intorno a loro la Scuola in cui vogliono studia-re, rendendoli responsabili e custodi dell’ambiente incui si trovano a collaborare ogni giorno.

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Lo sguardo al proprio patri-monio diventa quindi il modoper risolvere un problemaattuale e rimettere la soluzio-ne alla volontà dell’utente.

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Valutazione critica sull’università e l’esperienza svolta

L’esperienza che ho fatto in questi dieci mesi, grazie alla possibilità di svolgere studi in altre università straniere, siè rivelata ricca di stimoli e apprendimenti molto più interes-santi e innovativi rispetto alle mie iniziali aspettative. Dalla didattica all’ambiente, dalla crescita come designer a quellapersonale, credo di essere riuscita a costruirmi un percorso formativo davvero completo.

Ogni metodologia e progetto affrontato mi ha offerto una nuova

prospettiva. Ciò mi ha permesso di ricevere

stimoli continui, che in corsi semestrali frequen-tati nei primi due anni al Politecnico non avevo

mai riscontrato.

Il numero contenuto dei membri della classe rende possi-bile una effettiva comunicazione con gli altri studenti, siadel proprio gruppo che di diversi anni o corsi di studi. Il beneficio è la creazione di un ambiente molto ricettivo, aperto e collaborativo, nonché l’incontro con molte più varietà di idee e di sviluppo delle stesse. Questa cultura dello studio incoraggia le revisioni informali e la critica; leidee possono essere condivise, i feedback raccolti e iproblemi risolti molto più velocemente che se fossero in-vece stati affrontati singolarmente.

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Uno degli aspetti che ho maggiormente apprezzato è stata l’importanza che vien data al modo di pensare dello studente e alla sua presentazione,

piuttosto che alla sua abilità tecnica. Il più importante fattore di valutazione

infatti è l’articolazione del collegamento tra ricerca, identificazione di insight ed

opportunità, e l’output risultante.

Il prodotto finale non necessita di tecnicismi,calcoli, dati, ma ha piuttosto bisogno di unaanima vicina all’utente e di rendersi convin-cente in quanto possibilità tangibile. Soprattutto grazie alla ricerca etnografica, gli alunni sviluppano una forte ricettività verso i bisogni insoddisfatti di chi li circonda e sono in grado di trovare soluzioni innova-tive, non avendo costrizioni di eccessiva meticolosità nei funzionamenti meccanici o tecnologici. Ciò a cui si punta è far entrare lo studente in contatto con una varietà di problemi con-temporanei e renderlo in grado di impiegare una gamma di approcci creativi per comu-nicare in modo professionale tutti i suoi output progettuali.

In questo senso si può dire quindi che il corso,

pur essendo detto Product Design, non sia

incentrato tanto sull’aspetto industriale quanto

più su quello di comunicazione e di ricerca.

Questo ha permesso anche a me, provenendo

dal corso di Comunicazione, di ricevere ottimi

feedback in quanto i dettagli nella trasmissione

della mia idea sono risultati efficaci. Mettere le

mie abilità visuali al servizio di un mio concept

originale è stato incredibilmente più stimolante

dei progetti portati avanti presso il Politecnico e

mi ha dato uno scorcio sulla futura professione.

L’indirizzo del corso

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All’interno del campo del Design, passare da prodotto a servizio e da interfaccia a interazione significa vagliare tutte le forme per raggiungere la

propria direzione.

Durante il terzo anno di corso dunque, lafilosofia dell’insegnamento si sposta dal solo imparare abilità di base, avendo consegne e linee guida chiare, alla pura responsabilità

ed esperienze. Ciò permette di visualizzare ed analizzare problemi complessi in modo da definire le rispettive opportunità per un prodotto, un servizio o un’esperienza.

per la propria educazione, sviluppando una personaleprospettiva progettuale.Il processo di progettazioneviene esplorato nel contestosia morale, che politico, etico ed economico per definire la rete di rapporti tra utente

In questo modo, il Design thinking diventa lo strumen-to per il cambio culturale ed il ruolo del designer entra afar parte del contesto più tradizionale, sostenibile ed economico della società in cui viviamo.

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Conclusione

Prima di questo program-ma non ero cosciente delle potenzialità che il design hanella vita di tutti i giorni. La pratica non è fatta perrimanere isolata ed essere autoreferenziale nell’ammi-rare l’aspetto estetico, ma per risolvere problemi co-muni ed aiutare le persone.Questo non è valido solo all’interno del disegno industri-ale di prodotti, ma, vivendo nella società moderna, risul-ta quanto più necessario nelcampo dei servizi per mi-gliorare la vita dei cittadini. Si rivela un processo più complesso, che produce nuove relazioni nella comu-nità in cui viviamo.

Credo sia molto interes-sante vivere in un epoca in cui stiamo assistendo

allo spostamento del paradigma dal “Design Tradizionale”, limitante in metodi e soluzioni, al

“Design Proattivo”, che si basa sulla cooperazione tra i soggetti. In questo modo diventa possibile

esplorare i problemi futuri di un mondo in trasfor-mazione e si rendono

chiare le nuove potenzia-lità del Design grazie al suo processo creativo.

Nella visione tradizionale i tre ruoli fondamentali sono: designer, che progetta il pro-dotto, cliente, che produce e distribuisce il prodotto, edutente, che compra e con-vive con il prodotto. Nella società moderna si puòassistere ormai invece alla co-creazione, dove ruoli e responsabilità si incrociano,uniscono e scambiano.Non esiste ancora un meto-do preciso, quindi il lavoro inquesto campo è sviluppatocollaborativamente con modiesplorativi e sperimentali.Trovo tutto ciò incredibilmen-te stimolante e mi rende ingrado di essere ottimista sul mio futuro come designer.

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Vedere la vera utilità del mioruolo nel futuro non sareb-be stato possibile senza ilprogramma MEDes, che siè rivelato molto più di quanto potessi mai aspettarmi.

Si dice che l’esperienza delErasmus abbia la capacitàdi potenziare tratti della per-sonalità di chi vi partecipa: la tolleranza, la fiducia in se stessi, le abilità di problem solving, la curiosità, la con-sapevolezza dei propri puntidi forza e di debolezza, e la ferma risolutezza. Con il Master of European Design tutto ciò risulta anche

ben più valido. Grande adat-tabilità si viene a creare conforte flessibilità in metodi etempi di lavoro, conoscenzadi culture del Design da tut-to il mondo e disponibilità asperimentare situazioni non familiari o sconosciute. Apertura all’imparare conti-nuamente si forma con interdisciplinarità del percorso, crescita personale oltre la didattica e lavoro di squadra. Unicità si compone grazie a contrastanti diversità fra gli studenti, gerarchia piatta ed esperienze personalizza-te. Eccellenza è il risultato finale di standard di lavoro

alti, esclusività del program-ma e nessun timore a dover prendere iniziativa.Grazie agli insegnamenti tec-nici ricevuti al Politecnico diMilano e all’apertura alla no-vità sperimentata in questoanno alla School of Art, sento che la mia formazione trien-nale sia completa e sia stata sfruttata al massimo.Ora, sono pronta ad usare tutto ciò che ho imparato finqui come base per iniziare il nuovo percorso alla Aalto University di Helsinki, dovespero di creare le fondamen-ta per il mio prossimo futuro professionale e personale.

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Tesi di Laurea triennale in Design della Comunicazione

Scuola del Design