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TCIO MILANO TAKE CARE ISTITUTO OSTEOPATICO
Anno
2015/2016
DIPLOMA DI OSTEOPATIA
Valutazione dell’efficacia del trattamento
manipolativo osteopatico nella cefalea di tipo tensivo e nell’emicrania: revisione sistematica
della letteratura
STUDENTI RELATORE Adamo Elisa Mirko Zardi PhD, D.O. Bongiorni Filippo Boni Elisa Bresolin Roberto Novara Daniele Peretti Riccardo
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Sommario
Abstract ......................................................................................................................................................... 3
Introduzione .................................................................................................................................................. 4
1 Cefalea di tipo tensivo ............................................................................................................................. 6 1.1 Definizione .................................................................................................................................................. 6 1.2 Fattori d rischio ........................................................................................................................................... 6 1.3 Sintomi e segni ............................................................................................................................................ 7 1.4 Classificazione ............................................................................................................................................. 7 1.5 Epidemiologia ............................................................................................................................................ 11 1.6 Eziopatogenesi e fisiopatologia ................................................................................................................. 13 1.7 Terapia farmacologica ............................................................................................................................... 15
2 Emicrania ............................................................................................................................................... 16 2.1 Definizione ................................................................................................................................................ 16 2.2 Fattori di rischio ........................................................................................................................................ 16 2.3 Sintomi e segni .......................................................................................................................................... 17 2.4 Classificazione e Diagnosi .......................................................................................................................... 20 2.5 Epidemiologia ............................................................................................................................................ 22 2.6 Eziopatogenesi e fisiopatologia ................................................................................................................. 23 2.7 Genetica dell’emicrania ............................................................................................................................. 29 2.8 Terapia famacologica ................................................................................................................................ 29
3 Terapie non farmacologiche ........................................................................................................... 35
4 Cos’è l’osteopatia e cosa fa l’osteopata ........................................................................................ 41
5 Materiali e metodi ................................................................................................................................. 49 5.1 Strategia di indagine .................................................................................................................................. 49 5.2 Risultati della ricerca ................................................................................................................................. 49
5.3 Analisi dei dati .................................................................................................................................... 50
6 Descrizione degli articoli ...................................................................................................................... 52 6.1 Partecipanti ............................................................................................................................................... 52 6.2 Disegno dello studio e randomizzazione ................................................................................................... 53 6.3 Descrizione del gruppo studio e del gruppo controllo .............................................................................. 54 6.4 Outcome valutativi .................................................................................................................................... 55 6.5 Intervento e risultati dell’intervento ......................................................................................................... 56
7 Conclusioni ............................................................................................................................................ 61
Bibliografia ............................................................................................................................................... 63
Ringraziamenti ........................................................................................................................................ 66
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Abstract
Obiettivo
Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare e revisionare la letteratura scientifica in merito
all’efficacia del trattamento osteopatico su pazienti con emicrania o cefalea di tipo tensivo. È stato
dato anche ampio spazio alla fisiopatologia ed alla eziopatologia di queste patologie, ed alle tipologie
di trattamento farmacologico e non, all’interno delle quali può rientrare anche il trattamento
osteopatico.
Materiali e metodi
Il lavoro svolto comprende una revisione della letteratura condotta in un periodo compreso tra
settembre 2006 e gennaio 2015. Per trovare il materiale necessario è stato interrogato il motore di
ricerca scientifico PubMed afferente al database MedLine. Sono state consultate anche altre riviste
scientifiche come l’International Headache Society (IHS), Cephalalgia e altre, tutte riferenti a
PubMed.
Risultati
Dai dati emersi tramite la disamina degli articoli, il trattamento osteopatico risulta essere efficace
nei confronti della cefalea di tipo tensivo e dell’emicrania. Sono emersi dati statisticamente
significativi per la riduzione di intensità, frequenza e altri outcome secondari degli attacchi
cefalgici.
Conclusioni
I risultati del trattamento osteopatico sono confortanti, anche se la ricerca e i trial sono ancora carenti.
Il trattamento manipolativo osteopatico si può ritenere una buona opportunità per il paziente, non
implica effetti avversi come le terapie farmacologiche, dimostrando una buon efficacia rispetto gli
outcome misurati.
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Introduzione "Secondo Platone, Socrate non prescrive alcun medicamento per il mal di testa di Carmide prima che
egli abbia alleviato la mente dai fastidi; il corpo e l'anima debbono essere curati assieme, come la
testa e gli occhi" (Robert Burton).
L'emicrania colpisce una cospicua minoranza della popolazione, si manifesta in tutte le civiltà ed è
stata riconosciuta fin dai primordi della storia. Se da un lato essa fu tormento, o forse un pungolo, per
Cesare, Paolo, Kant e Freud, essa è anche una realtà quotidiana per milioni di anonimi individui che
soffrono in silenzio e in segreto. Le sue forme e i suoi sintomi sono: come faceva notare Burton "
irregolari, oscuri, vari, tanto infiniti da superare lo stesso Proteo per varietà d'aspetti".
Mentre Pelope descriveva e dava un nome alla sintomatologia sensoriale che può precedere una crisi
epilettica (aura), Arteo osservava i sintomi analoghi che danno inizio a un attacco emicranico:
"...lampi neri o violenti davanti agli occhi, oppure tutti rimescolati insieme, così da avere l'aspetto di
un arcobaleno disteso nel cielo".
"Emicrania non è solo una descrizione a anche una meditazione sulla natura della salute e della
malattia, e su come, ogni tanto, gli esseri umani possano aver bisogno, per breve tempo, di essere
malati; una meditazione sull'unità del corpo e sull'emicrania come manifestazione esemplare della
nostra trasparenza psicofisica; infine, una meditazione sull'emicrania intesa come razione biologica,
analoga a quanto accade in molti animali." Sacks
L'emicrania non può essere considerata semplicemente come un evento che si verifica nel sistema
nervoso in modo spontaneo e senza motivo: l'attacco non può essere considerato separatamente dalle
sue cause e dai suoi effetti. Un'esposizione in termini fisiologici non può illuminarci sulle cause
dell'emicrania o sulla sua importanza come reazione, o come fattore del comportamento. Perciò già
nella stessa formulazione di una domanda come: " qual è la causa dell'emicrania?" è implicata una
confusione logica. E questo perché abbiamo bisogno non di un'unica spiegazione o di un unico tipo
di spiegazione, ma di diversi tipi, ciascuno con un'area di pertinenza sua propria.
Due sono le domande da porsi: perché l'emicrania assume le forme che assume? Perché si manifesta
quando si manifesta? Non è possibile fondere questi due interrogativi, e lo comprese molto
chiaramente Liveing il quale, dopo aver discusso le teorie vascolari sull'emicrania, osservava:
"nessuno pensa che una condizione di iperemia o ischemia dei centri nervosi sia l'antecedente
necessario di un attacco di starnuti, di riso, di vomito o di terrore, né immagina che tale ipotesi possa
aiutarci a comprenderlo".
Queste sono tutte reazioni a qualcosa, e perciò non possono essere spiegate senza fare riferimento a
questo qualcosa. Lo stesso vale per l'emicrania anzi per tutte le emicranie, anche per quelle che
insorgono periodicamente e senza essere in relazione a circostanze esterne, poiché anche queste
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
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devono essere interpretate in rapporto a qualche evento o a qualche ciclo interno dell'organismo.
Inoltre l'emicrania non è semplicemente un processo fisiologico; per quanto riguarda il paziente, essa
è un complesso di sintomi, e perciò deve essere descritta in termini esperienziali.
"Chiunque...Veda nella malattia un'espressione vitale dell'organismo, non la guarderà più come un
nemico. Nel momento in cui mi rendo conto che l'infermità è una creazione del paziente, essa diventa
per me una cosa della stessa sorta del suo modo di camminare o parlare, dell'espressione del suo volto,
dei disegni che ha fatto, della casa che ha costruito, delle attività che ha imparato, del modo in cui
procedono i suoi pensieri: un simbolo significativo delle forze che lo governano, e che io cerco di
influenzare quanto lo ritengo giusto." (Georg Groddeck)
Cosi, per descrivere l'emicrania abbiamo bisogno di tre diverse terminologie, di tre universi di
trattazione; in primo luogo, dobbiamo descriverla come un processo o un evento a livello del sistema
nervoso, e per questa descrizione si useranno i termini della neurofisiologia; in un secondo luogo,
dobbiamo descrivere l'emicrania come una reazione, e in questo caso useremo i termini della
riflessologia o delle scienze del comportamento; infine, dobbiamo descrivere l'emicrania come in
quanto essa si intromette nel mondo dell'esperienza come un particolare complesso di sintomi al quale
viene attribuito di solito un particolare valore affettivo o simbolico: per quest'ultima descrizione
useremo termini psicologici o esistenziali. È impossibile dire alcunché di adeguato sulla natura
dell'emicrania senza considerare il fenomeno allo stesso tempo come un processo, una reazione è
un'esperienza.
Impossibile quindi aspettarsi che la scoperta di una "causa" dell'emicrania stia per essere scoperta, da
un momento all'altro, grazie al sopravvenire di qualche rivoluzionaria "conquista" scientifica.
Il desiderio di individuare con certezza un singolo fattore nella patogenesi delle emicranie ha portato
molti ricercatori a estrapolare i dati in modo irragionevole, asserendo che l'emicrania fosse dovuta a
un disturbo acuto della microcircolazione (Sicuteri), oppure un deficit d'ossigeno in un'area strategica
del cervello (Wolff), o ancora ad un’alterazione del livello della serotonina ematica, e così via. La
ricerca di un unico fattore causale avrebbe, probabilità di successo se l'evento studiato avesse forma
fissa e determinanti fissi. Ma l'essenza stessa dell'emicrania, sta nella varietà delle forme che essa può
assumere e nella varietà di circostanze in cui può manifestarsi. Perciò sebbene un tipo di emicrania
possa essere associata a un fattore X e un altro a un fattore Y, sembra impossibile, a prima vista, che
tutti gli attacchi possano avere la stessa eziologia.
Detto tutto ciò, se si espone ordinate sequenze e costellazioni di sintomi, forse si rischia di aver
semplificato troppo, di non aver dato la necessaria attenzione alla qualità instabile dell'emicrania, alla
difficoltà di "fissarla" e di prevederne il corso, alla natura di quello stato complesso che ben si
definisce "agitato".
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1 Cefalea di tipo tensivo 1.1 Definizione
La cefalea di tipo tensivo (CCT) è una forma di cefalea primaria molto frequente, caratterizzata da
dolore di qualità gravitivo-costrittivo al capo, soventemente associato all’aumento del tono dei
muscoli del capo e/o della nuca. Il termine tensivo deriva da osservazioni ormai superate che facevano
risalire il dolore alla contrazione dei muscoli del capo o del collo. Attualmente si ritiene che la cefalea
di tipo tensivo non abbia un'unica causa definita.
1.2 Fattori d rischio
La cefalea di tipo tensivo ha una maggior prevalenza nel sesso femminile (65% in un sondaggio
Friedman AP. Et al). Si pensa che possa avere una predisposizione genetica nel 40% dei soggetti che
ne soffrono [Russell M. et al], anche se in uno studio su gemelli è stato trovato che il rischio di
sviluppare cefalea di tipo tensivo in gemelli omozigoti o eterozigoti è simile [Svensson DA. Et al]. I
sintomi possono avere inizio prima dei 10 anni di età nel 15% di popolazione con CTT, solitamente
si attenuano con l’età. Il collo è spesso implicato nell’insorgenza della cefalea. L’International
Headache Society classifica questo tipo di cefalea, con evidenze radiografiche che testimonino
disordini cervicali, come “cervicogenic headache”, ma molti terapisti non fanno differenza dalla
cefalea di tipo tensivo. [Classification and the diagnostic criteria for headache disorder, cranial
neuralgias and facial pain.] Molti altri fattori, sia di tipo fisico che di tipo psichico, possono favorire
o peggiorare la CTT [Spierings EL et al del 2001]. Spesso è necessaria la presenza di più di un fattore
per far precipitare l’attacco di CTT. Le categorie di pazienti più colpite sono quelle costrette al
mantenimento prolungato di una determinata posizione durante lo svolgimento di un impegno
mentale o fisico (studenti, insegnanti, impiegati, operai addetti alle catene di montaggio, ecc.) oppure
soggetti sottoposti a ritmi stressanti o con problematiche psicopatologiche di base [Rasmussen BK et
al del 1993]. Per questi stessi motivi, la sospensione dell’attività lavorativa, il riposo e il rilassamento
sono in grado di comportare un’attenuazione della sintomatologia. In genere, il caldo migliora, mentre
il freddo peggiora la CTT. In alcuni pazienti, fattori scatenanti tipici dell’emicrania, come i flussi
mestruali o le variazioni metereologiche, coincidono con insorgenza o peggioramento della CTT.
Riguardo al comportamento in attacco, a differenza del paziente emicranico, il paziente con CTT
solitamente non trova un particolare giovamento dal dormire o dal riposo psicosensoriale, anzi alcuni
pazienti riferiscono un miglioramento della cefalea mediante attività in grado di distrarli [Leone M.
et al].
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1.3 Sintomi e segni Come previsto dai criteri di classificazione, i dati di studi epidemiologici indicano che il dolore è
bilaterale nella maggior parte dei casi (nell’88% dei pazienti con CTT episodica e nel 90% con CTT
cronica nella casistica di Rasmussen BK, et al del 1991). Comunque, in una percentuale non
trascurabile, la localizzazione può essere unilaterale. Su una casistica clinica italiana di 1169 pazienti
con cefalee primarie di lunga durata (dolore superiore alle 4 ore), 181 soggetti riferivano una sede
costantemente lateralizzato del dolore: tra questi il 5% era costituito da soggetti con CTT (Leone M
et al del 1993). Da notare che durante l’intervista clinica, molti pazienti non sanno indicare la sede
del dolore, mentre molti soggetti indicano con precisione un punto [Faridaalaee G, et al.].
Tipicamente, molti pazienti descrivono un dolore “a cerchio” o “a fascia”. Spesso il dolore origina
nelle regioni posteriori ma poi si estende alla zona parietale o frontale, oppure viene riferita
un’irradiazione (o anche un’insorgenza) nell’area cervicale o delle spalle. L’intensità del dolore è
generalmente di grado lieve-moderato e in alcuni casi si limita a un senso di fastidio. Nei casi di CTT
cronica il fattore che determina la sofferenza e soprattutto la sua persistenza a lungo nell’arco della
giornata e nel corso di mesi/anni [Zirke N, et al.]. Normalmente, il dolore non è tale da impedire lo
svolgimento delle attività quotidiane a meno che non si tratti delle stesse attività che fungono da
fattori precipitanti per la cefalea. La durata della cefalea è molto variabile e, anche nello stesso
paziente, non presenta un pattern stereotipato come in altre cefalee primarie (cefalea non causata da
altre patologie primarie, come problemi psichiatrici ecc). Tipicamente è continuo o fluttuante nelle
forme croniche. La qualità del dolore è di tipo sordo, o gravativo-compressivo, spesso descritto come
“senso di pesantezza” o “cerchio che stringe” o di “casco”. In meno di un quarto dei casi può assumere
una qualità pulsante [Rkanjec Z, et al.].
In meno di un quarto dei casi può assumere una qualità pulsante. Una delle caratteristiche della CTT
e la scarsità, e in alcuni casi la totale assenza, di sintomi associati, tra i quali i più frequenti sono una
lieve inappetenza, una lieve fotofobia o fonofobia. Nella pratica clinica, alcuni pazienti associano al
dolore una sensazione di stanchezza, sensazioni vaghe di tipo vertiginoso, difficoltà nella memoria,
nella concentrazione o nel sonno [Stark CD et al.].
Una delle caratteristiche della CTT è la scarsità, e in alcuni casi la totale assenza, di sintomi associati,
tra i quali i più frequenti sono una lieve inappetenza, una lieve fotofobia o fonofobia. Nella pratica
clinica, alcuni pazienti associano al dolore una sensazione di stanchezza, sensazioni vaghe di tipo
vertiginoso, difficolta nella memoria, nella concentrazione o nel sonno [Spierings EL et al].
1.4 Classificazione
Nel 2013 l’Headache Classification Committee of the International Headache Society (IHS) ha
completato un lavoro di tre anni di classificazione delle cefalee. Sono state apportate ulteriori
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
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modifiche dalle due precedenti edizioni (ICHD I 1988, ICHD II 2004), per consentire una diagnosi e
una classificazione più accurata, e di conseguenza una terapia più precisa. La nuova versione è nata
dalla volontà di allinearsi maggiormente alla 11° edizione dell’“International Classification of
Diseases (ICD-11)” del World Health Organization (WHO).
La ICHD-II comprende, al primo livello diagnostico, 14 differenti gruppi: i primi 4 riguardano le
cefalee primarie, i gruppi dal 5 al 12 si riferiscono alle cefalee secondarie, gli ultimi 2 fanno
riferimento alle nevralgie craniche, dolori facciali primari e di origine centrale e ad altre cefalee.
I criteri proposti per le cefalee primarie sono essenzialmente di tipo clinico e, ad eccezione di alcune
forme, non hanno alcuna attinenza con i presunti meccanismi patogenetici delle varie entità cliniche.
Per ogni gruppo viene contemplata anche la forma “probabile” da attribuire quando vengono rispettati
tutti i criteri diagnostici per le forme “certe” eccetto uno.
A differenza della prima edizione i criteri diagnostici dell’aura attualmente comprendono ben precisi
parametri temporali e, in particolare, l’aura, per essere definita come tale, non può avere una durata
inferiore a 5 minuti.
La cefalea di tipo tensivo compare nella Ad Hoc Committee on Classification of Headache del 1962
[Ad Hoc Committee on Classification of Headache. Classification of Headache (1962)] con la dizione
cefalea muscolo-tensiva o, secondo una traduzione più letterale, cefalea da contrazione muscolare.
Già dal 1988 [ICHD 1988] la terminologia è stata opportunamente modificata in cefalea di tipo
tensivo in quanto i più moderni orientamenti patogenetici permettono di escludere che la causa di
questo tipo di cefalea sia da ricercare nella sola contrazione muscolare.
Attualmente vengono descritte, in relazione alla frequenza di presentazione, la cefalea di tipo tensivo
episodica sporadica, quando gli episodi si ripetono meno di 1 volta al mese, la cefalea di tipo tensivo
episodica frequente, se le crisi si presentano da 1 a 15 volte al mese, e la cefalea di tipo tensivo
cronica in cui gli episodi hanno una frequenza superiore a 15 al mese. Ciascuna forma può essere
accompagnata da tenderness dei muscoli pericranici e al terzo livello diagnostico viene prevista la
presenza o l’assenza di questa associazione. Il termine, difficilmente traducibile in italiano, indica un
parametro misurabile e pertanto quantificabile, direttamente correlato allo stato di contrazione e di
tensione della muscolatura. La dizione italiana più appropriata è “dolorabilità”. Il rilievo del
“tenderness” (anche se possibile con l’aiuto di dispositivo sensibile alla pressione per una valutazione
valida e riproducibile) può essere accertato semplicemente in modo manuale durante l’esame clinico.
La dolorabilità pericranica con il secondo e terzo dito della mano sui muscoli frontale, temporale,
massetere, pterigoideo, sternocleidomastoideo, splenio e trapezio. Ad ogni muscolo è possibile
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attribuire un punteggio di dolorabilità da 0 a 3 e la somma può determinare un punteggio totale di
dolorabilità per ciascun individuo.
I criteri diagnostici della cefalea di tipo tensivo risentono in modo negativo di quella, che dopo tutto,
può essere considerata una delle principali caratteristiche di questa forma di cefalea: la sua
indeterminatezza e vaghezza che si riverbera anche nella difficoltà che spesso i pazienti manifestano
nel descrivere i propri disturbi. I criteri diagnostici sono stati formulati in modo tale da consentire una
chiara distinzione dall’emicrania. Dal momento che il problema principale di diagnosi differenziale
è proprio nei confronti dell’emicrania senz’aura appare opportuna l’idea di elencare dei criteri che
sono singolarmente in contrapposizione con quelli dell’emicrania.
Il concetto viene ripreso ed affrontato anche nella descrizione dei criteri per i diversi sottotipi di
cefalea di tipo tensivo probabile: per formulare la diagnosi, infatti, non e sufficiente che la cefalea
rispetti tutti i parametri, eccetto uno, per un sottotipo di cefalea di tipo tensivo, ma è anche necessario
che non vengano soddisfatte le caratteristiche per l’emicrania senz’aura probabile.
Sotto elencati i codici di diagnosi dell’“International Classification of Headache Disorders,3rd edition
(beta version)” dell’emicrania e della cefalea di tipo tensivo. Delle due poi prenderemo in esame più
specificatamente solo la differenziazione fra emicrania con aura o senza, e per quanto riguarda la
cefalea di tipo tensivo solo la “episodico frequente” o “episodico sporadica” con associazione o non
a dolorabilità dei muscoli pericranici.
Cefalea di tipo tensivo
1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica
1.1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica associata a dolorabilità dei muscoli
pericranici
1.2 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica non associata a dolorabilità dei muscoli
pericranici
2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente
2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente associata a dolorabilità dei muscoli
pericranici
2.2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente non associata a dolorabilità dei muscoli
pericranici
3 Cefalea di tipo tensivo cronica
3.1 Cefalea di tipo tensivo cronica associata a dolorabilità dei muscoli pericranici
3.2 Cefalea di tipo tensivo cronica non associata a dolorabilità dei muscoli pericranici
4 Probabile cefalea di tipo tensivo
4.1 Probabile cefalea di tipo tensivo episodica sporadica
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4.2 Probabile cefalea di tipo tensivo episodica frequente
4.3 Probabile cefalea di tipo tensivo cronica
1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica
Criteri diagnostici:
A. Almeno 10 episodi di cefalea che si verifichino in media <1 giorno al mese (<12 giorni
all’anno) e che soddisfino i criteri B-D
B. Durata da 30 minuti a 7 giorni
C. Almeno due delle seguenti quattro caratteristiche:
1. localizzazione bilaterale
2. qualità gravativa o costrittiva (non pulsante)
3. intensità lieve o media
4. non aggravata dall’attività fisica di routine, come camminare o salire le scale
D. Si verificano entrambe le seguenti condizioni:
1. assenza di nausea e vomito
2. può essere presente fotofobia oppure fonofobia, ma non entrambe
E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-3
1.1 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica associata a dolorabilità dei muscoli pericranici
Criteri diagnostici:
A. Episodi di cefalea che soddisfino i criteri per 2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica
sporadica.
B. Aumentata dolorabilità dei muscoli pericranici alla palpazione manuale
1.2 Cefalea di tipo tensivo episodica sporadica non associata a dolorabilità dei
muscoli pericranici
Criteri diagnostici:
A. Episodi di cefalea che soddisfino i criteri per 2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica
sporadica
B. Nessun aumento di dolorabilità dei muscoli pericranici
2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente
Criteri diagnostici:
A. Almeno 10 episodi di cefalea che si verifichino in media 1-14 giorni al mese per > 3 mesi
(≥12 e <180 giorni all’anno) e che soddisfino i criteri B-D
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B. Durata da 30 minuti a 7 giorni
C. Almeno due delle seguenti quattro caratteristiche:
1. localizzazione bilaterale
2. qualità gravativa o costrittiva (non pulsante)
3. intensità lieve o media
4. non aggravata dall’attività fisica di routine, come camminare o salire le scale
D. Si verificano entrambe le seguenti condizioni:
1. assenza di nausea e vomito
2. può essere presente fotofobia oppure fonofobia, ma non entrambe
E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-3
2.1 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente associata a dolorabilità dei muscoli
pericranici
Criteri diagnostici:
A. Episodi di cefalea che soddisfino i criteri per 2.2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente
B. Aumentata dolorabilità dei muscoli pericranici alla palpazione manuale
2.2 Cefalea di tipo tensivo episodica frequente non associata a dolorabilità dei
muscoli pericranici
Criteri diagnostici:
A. Episodi di cefalea che soddisfino i criteri per 2.2Cefalea di tipo tensivo episodica frequente
B. Nessun aumento di dolorabilità dei muscoli pericranici
L’aspetto importante della classificazione è aver introdotto il concetto dei criteri, per cui per far
diagnosi è indispensabile che tutti i criteri siano rispettati. Nel caso in cui soltanto uno di questi non
sia rispettato, è prevista una categoria diagnostica ad hoc (Probabile emicrania/ cefalea di tipo tensivo
1.5/2.4) che racchiude le forme (senz’aura, con aura, cronica) che potrebbero essere emicranie ma
che non hanno tutte le caratteristiche necessarie per includerle nel gruppo con diagnosi definita.
1.5 Epidemiologia
I dati della letteratura pubblicati negli anni ‘90 (dopo la classificazione del 1988) forniscono
percentuali di prevalenza di questa forma di cefalea che variano tra il 24% e il 78% [Rasmussen BK
et al, 1991; Lavados PM et al 1998]. La discrepanza tra i vari studi epidemiologici dipende da
differenze metodologiche e soprattutto dalla non omogeneità dei criteri diagnostici. Tutti gli studi
sono comunque concordi nell’indicare alcune caratteristiche epidemiologiche: la CTT rappresenta la
forma più comune di cefalea primaria nella popolazione generale, tutte le età della vita possono essere
interessate, con massima prevalenza fra 30-39 anni ed età media d’insorgenza di 25-30 anni; la CTT
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colpisce prevalentemente il sesso femminile [rapporto maschi:femmine di 4:5 nello studio di
Rasmussen BG et al del 1991]. L’analisi dei risultati dei principali studi epidemiologici fornisce dati
più facilmente interpretabili considerando le percentuali di prevalenza nell’ultimo anno (one-year
prevalence) e sottraendo dall’analisi i soggetti con forme episodiche infrequent. La prevalenza delle
forme episodiche frequenti risulta essere intorno al 38% e quella della forma cronica intorno al 2-3%,
in studi condotti in vari Paesi Europei e in USA [Rasmussen BK et al, 1991; Gobel H et al, 1994;
Schwartz BSm Stewart WF et al, 1998].
Tabella 1 Prevalenza della CTT nella popolazione generale: dati di one-year prvalence in studi
europei (le cefalee – manuale teorico pratico)
CTT episodica frequente CTT cronica
Rasmussen BK et al
Danimarca 36% 3%
Gobel H et al
Germania 38% 2,5%
Schwartz BS et al
USA 38% 2,2%
È nota la possibilità della trasformazione della forma episodica in quella cronica, anche se in molti
soggetti la CTT va incontro a miglioramento con il passare degli anni. Recentemente sono stati
pubblicati dati interessanti riguardo alla prognosi della CTT. In uno studio danese sono stati valutati
146 soggetti con CTT episodica frequente e 15 con CTT cronica che avevano partecipato ad uno
studio precedente e che erano stati intervistati nel 1989. A distanza di 12 anni dalla prima ricerca, il
45% dei pazienti riportava CTT infrequente o era in remissione; nel 39% dei casi era presente CTT
episodica frequente e nel 16% era presente CTT Cronica. Tra i fattori che sembravano influenzare
negativamente l’outcome sono stati individuati i seguenti: cefalea cronica all’inizio della storia di
malattia, coesistenza di attacchi emicranici, il non essere sposati e la presenza di insonnia [Lyngberg
A. et al, 2005].
Se i dati sulla prognosi sono sostanzialmente incoraggianti, al contrario uno studio di Lyngberg et al
ha rilevato che la prevalenza della CTT nei soggetti giovani (25-36anni) tende ad aumentare nel corso
degli anni. Un confronto tra i dati ottenuti su un ampio campione della popolazione generale nel 1989
e nel 2001 ha evidenziato che la prevalenza di CTT è cresciuta dal 78% all’87%, che la forma
episodica frequente è presente nel 37% della popolazione e la CTT cronica nel 5% [Lyngberg et al].
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1.6 Eziopatogenesi e fisiopatologia
I meccanismi fisiopatologici alla base della cefalea di tipo tensivo (CTT) sono solo in parte noti.
Mentre precedenti definizioni, come cefalea muscolo-tensiva o cefalea psicogena, suggerivano
l’intervento causale
diretto della contrazione
muscolare e/o di
particolari stati
psicologici, attualmente
si ipotizza una genesi
multifattoriale della CTT,
basata sia su meccanismi
periferici che centrali. La
dolorabilità (tenderness)
miofasciale (muscoli
striati, ma anche fasce e
inserzioni tendinee) a livello pericranico è presente in molti pazienti ed è stata confermata da studi
clinici in cieco sia in pazienti con CTT episodica che cronica. Non è possibile essere certi se
l’alterazione muscolare sia un fenomeno primario della CTT o secondario al dolore. Se la seconda
ipotesi è suggerita dal fatto che anche in soggetti emicranici è stato riscontrato lo stesso fenomeno,
alcuni indizi indicano che la tenderness precede il dolore nella CTT: è infatti riscontrabile anche in
assenza di cefalea; studi sperimentali con l’utilizzo del digrignamento dei denti indicano che lo sforzo
muscolare può scatenare dolore definibile come CTT anche in soggetti normali o in pazienti
emicranici. Studi basati su misurazione della contrazione dei muscoli pericranici e paracervicali con
EMG di superficie hanno dato risultati contrastanti e la stessa classificazione della International
Headache Society (IHS) riconosce l’esistenza di forme di CTT non associata ad anomalie muscolari.
Comunque, anche se un lieve aumento della contrazione muscolare è comune nei soggetti con CTT,
è difficile che questa possa condurre ad una ischemia generalizzata del muscolo o ad accumulo di
metaboliti tali da provocare il dolore [Jensen R et al del 1993; Jensen R et al del 1996]. Il gruppo di
Schoenen ha studiato la soppressione esterocettiva (ES) nella CTT. La ES e l’inibizione dell’attività
elettromiografica volontaria del muscolo temporale indotta dalla stimolazione del nervo trigemino. Il
secondo periodo silente del riflesso ES2 è diminuito o abolito nei pazienti con CTT cronica. Visto
che il riflesso è mediato da interneuroni inibitori a livello del tronco dell’encefalo (soggetti a
modulazione limbica e di varie strutture corticali) questi dati elettrofisiologici suggeriscono
un’alterazione dei meccanismi di controllo centrale del dolore [Schoenen J et al del 1990]. Risultati
Figura 2 Modello fisio-patologico teorico della CCT. Da Bendtsen L. et al 2000
14
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
più rilevanti derivano dallo studio della sensibilità nocicettiva centrale e dei meccanismi di
sensibilizzazione centrale (central sensitization). Vari studi hanno rilevato, in particolare nei soggetti
con CTT cronica, una riduzione della soglia al dolore da pressione, ma anche ridotte soglie a stimoli
termici ed elettrici. Questa ipersensibilità a stimoli di diversa natura dipende da un’alterazione dei
meccanismi a livello sopraspinale. Infatti, le ridotte soglie sono state evidenziate sia a livello
pericranico che a livello extra-cefalico, indicando un interessamento a livello sopraspinale, piuttosto
che segmentario [Bendtsen L et al del 2000]. Esistono evidenze di central sensitization anche a livello
spinale/trigeminale (neuroni di secondo ordine del corno dorsale). Registrando la funzione stimolo-
risposta da muscoli altamente dolorabili, questa funzione assume un andamento lineare, che non è
invece evidente in registrazioni da muscoli in soggetti di controllo. Analizzando questi dati alla luce
delle teorie di Wolff sulla spinal sensitization, si può ipotizzare che nella CTT cronica esista una
ipersensibilità a livello trigeminale conseguente a prolungati stimoli nocicettivi dalla periferia con
conseguente attivazione di recettori che normalmente non mediano stimoli dolorosi. Sulla base di
queste evidenze, è stato proposto dalla scuola danese di Olesen un modello fisiopatologico della CTT.
Il modello prevede che il problema originario nella CTT sia l’aumentato input nocicettivo dalla
periferia (strutture miofasciali), che potrebbe essere favorito da situazioni locali anatomiche o
parafisiologiche (es. anomalie della masticazione, posture viziate, traumi). In presenza di stimoli
prolungati, si sviluppa la central sensitization a vari livelli. A livello dei neuroni del corno dorsale, le
afferenze dolorose (normalmente condotte dalle fibre A-delta e dalle fibre C), portano a modifiche
plastiche a livello del corno dorsale del nucleo trigeminale, per cui anche le fibre A-beta vengono
attivate (allodinia) e non svolgono il normale effetto inibitorio sul dolore con potenziamento ulteriore
della trasmissione dello stimolo doloroso (iperalgesia). I mediatori probabilmente coinvolti nelle
modifiche neuroplastiche sono la sostanza P, la neurokinina A, il glutammato con attivazione dei
recettori NMDA e conseguente innesco di meccanismi intracellulari. L’aumentata stimolazione
afferente al talamo e alla corteccia può poi portare ad un ridotto controllo inibitorio della trasmissione
dolorosa anche a livello sovra-spinale. Questi meccanismi non sono ancora chiari, ma probabilmente
coinvolgono le strutture centrali con funzione modulatoria, come la sostanza grigia periacqueduttale,
da cui originano le vie discendenti inibitorie dirette al corno dorsale, e i nuclei del tronco dell’encefalo
(RVM, Rostral Ventromedial Medulla) che contengono neuroni inibitori (off-cells) e eccitatori
(oncells). A livello di strutture sovra-spinali il mediatore coinvolto sarebbe soprattutto la serotonina.
Si può postulare anche un alterato controllo discendente da parte di aree limbiche (possibile
collegamento con fattori emozionali) e della corteccia motoria (conseguente aumento della
contrattura muscolare). Questo modello teorico permette di spiegare come fattori emotivi e
psicologici (stress psicosociale, sindromi ansiose e depressive) possano contribuire allo sviluppo della
15
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
CTT. Tali fattori potrebbero agire sia a livello periferico (aumento della contrazione muscolare) che
a livello centrale (facilitazione della percezione del dolore a livello limbico o alterazione delle vie
discendenti di modulazione della nocicezione). Inoltre, la teoria della central sensitization può anche
spiegare come pazienti affetti da emicrania possano sviluppare nel tempo una forma cronica di
cefalea, con attacchi di tipo emicranico associati ad un dolore quotidiano di tipo tensivo (Chronic
Daily Headache, Transformed or Chronic Migraine). Questa evoluzione potrebbe dipendere dalla
sensibilizzazione a livello del nucleo trigeminale da parte di ripetuti input a provenienza da strutture
vascolari (attivazione del sistema trigemino-vascolare con infiammazione neurogena e stimolazione
delle terminazioni perivascolari che si sommano agli input dalle strutture miofasciali). In conclusione,
le evidenze più recenti hanno portato alla considerazione che la CTT sia la manifestazione di
un’alterazione dei meccanismi di facilitazione/inibizione del dolore piuttosto che il risultato della
semplice contrattura muscolare. I meccanismi periferici sembrano essere maggiormente coinvolti
nella CTT episodica, mentre le modifiche funzionali a livello del sistema nervoso centrale potrebbero
giocare un ruolo più importante nella CTT cronica, probabilmente per l’esistenza di un particolare
habitus bio-genetico-comportamentale (difficoltà all’adattamento).
1.7 Terapia farmacologica
Nell’approccio terapeutico alla CTT si distinguono trattamenti acuti, intesi a interrompere l’attacco
doloroso o a ridurre l’intensità dei sintomi, e trattamenti di profilassi, mirati a prevenire o a diminuire
la frequenza degli attacchi.
L’analisi dei dati della letteratura non è semplice in quanto i criteri diagnostici e i metodi adottati non
sono uniformi e sono relativamente pochi i farmaci controllati contro placebo.
FANS
Diversi farmaci di questa classe sono comunemente utilizzati. Per alcuni di questi esiste la conferma
di efficacia in studi controllati.
L’aspirina è il farmaco più usato nel mondo per la CTT e ha mostrato, in studi controllati, un’efficacia
superiore al placebo. Le dosi consigliate vanno dai 0,5 ai 2 g/die.
Il ketoprofene si è dimostrato superiore al placebo per il trattamento della CTT episodica a dosi di
25-150 mg/die per os o 100 mg/die per via intramuscolare o endovenosa. L’ibuprofene ha mostrato
un vantaggio di efficacia uguale o superiore rispetto al placebo in diversi studi. Le dosi consigliate
sono 200-800 mg/die ed e caratterizzato da una buona tollerabilità gastrica. Il naprossene, utilizzato
in studi in doppio cieco, si è dimostrato più attivo del placebo e dell’acetaminofene.
Ha un’emivita di 14 ore e risulta per questo particolarmente indicato per gli attacchi di maggiore
durata, garantendo un sollievo dal dolore per almeno 12 ore. La tollerabilità gastrica del naprossene
16
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
è paragonabile a quella dell’aspirina. La dose consigliata e di 550 mg/die, anche se nella pratica
clinica è spesso necessario portare il dosaggio a 750-1100 mg. Per il paracetamolo esistono dati
contrastanti riguardo alla superiorità rispetto al placebo. Le dosi consigliate sono tra 500 e 1000
mg/die.
I principali effetti collaterali comuni a tutti i farmaci di questa categoria sono a carico dell'apparato
gastrointestinale (pirosi, nausea, vomito, stipsi, diarrea, dolore epigastrico e ulcera). Meno frequenti
i disturbi a carico della cute (rash e prurito) e del sistema nervoso centrale (cefalea, letargia e
confusione). Sono controindicati nei pazienti con ulcera gastro-duodenale, diatesi emorragica o in
trattamento con anticoagulanti.
Anche in Italia, sono spesso usati prodotti di associazione di vari farmaci.
La codeina è associata al paracetamolo e la caffeina è presente in molti composti da banco. Anche se
la presenza della codeina suggerisce un maggiore effetto e anche se è dimostrato che l'associazione
della caffeina a molti analgesici ne potenzia significativamente l'efficacia, in questi casi la prudenza
si impone per evitare cefalee da uso cronico con assuefazione o cefalea da rebound: il potenziale di
dipendenza ne limita l’uso ai casi di CTT episodica a bassa frequenza [9- Langemark M et al, 24-
Friedman AP et al].
Miorilassanti (evidenzio?)
Alcuni farmaci ad azione miorilassante, come le benzodiazepine o la tizanidina, sono talvolta usati
per interrompere un attacco di CTT. Il loro uso, comunque, appare più appropriato nella terapia di
profilassi.
Triptani
Da segnalare che i triptani non sono utili nella CTT, mentre il sumatriptan è risultato efficace in uno
studio in cui sono stati trattati episodi di CTT in pazienti emicranici [25- Lipton RB et al].
2 Emicrania 2.1 Definizione
L’emicrania è una forma di cefalea primaria caratterizzata da una triade sintomatologica di cui fanno
parte il dolore, i sintomi di tipo neurovegetativo e l’ipersensibilità agli stimoli neurosensoriali.
2.2 Fattori di rischio
Di particolare rilievo tra questi fattori sono i diversi aspetti del ciclo ormonale della donna. La
maggioranza delle donne affette da cefalea, in generale, riferisce di soffrire di attacchi in qualche
modo correlati al ciclo mestruale, che si presentano immediatamente prima, durante e/o subito dopo
17
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
i giorni del flusso mestruale. Ciò è particolarmente vero per le donne affette da emicrania senz’aura,
e non solo per il periodo mestruale. Infatti, anche l’assunzione di contraccettivi orali è in grado di
peggiorare il decorso dell’emicrania, mentre la gravidanza e la menopausa comportano generalmente
un miglioramento nell’andamento di questo disturbo [Kelman L. et al 2006]. I fattori in grado di
scatenare un attacco emicranico sono comunque molteplici, proprio in considerazione del fatto che
l’emicrania è una patologia di adattamento, per cui ogni situazione che comporta delle variazioni nei
ritmi dell’organismo è potenzialmente in grado di scatenare un attacco [Kelman L. et al]. Nella tabella
seguente sono presenti i principali fattori di rischio in grado di provocare attacchi emicranici.
Il ruolo giocato dai fattori scatenanti è meno chiaro rispetto a quanto osservato nella forma senza
aura. Per quanto riguarda i fattori ormonali, il ciclo ormonale influisce poco sullo sviluppo di crisi di
EcA, mentre è più frequente l’esordio delle crisi o una loro accentuazione in corso di gravidanza,
durante l’assunzione di contraccettivi orali e meno frequentemente, dopo la menopausa. Il 40% delle
pazienti affette da EcA continua ad avere crisi in gravidanza in confronto al 16% delle pazienti con
EsA. L’uso dei contraccettivi orali determina abitualmente un effetto negativo sul decorso dell’EcA
con un peggioramento delle crisi stimato intorno al 60%. [Etminan M et al.]
2.3 Sintomi e segni I sintomi premonitori dell’attacco emicranico nel 60% dei casi, si possono manifestare da poche ore
fino a quattro giorni prima dell’attacco. Essi sono costituiti principalmente da cambiamenti
dell’umore, alterazioni del comportamento, sintomi neurologici e sistemici.
L’insorgenza dell’attacco acuto può verificarsi in qualsiasi momento del giorno o della notte, ma più
spesso al momento del risveglio. L’esordio dell’attacco può avvenire in modo repentino oppure, più
Tabella 3 Possibili fattori scatenanti l’attacco di emicrania (Le cefalee – manuale teorico pratico)
Categorie Fattori
Psicogeni Emozioni, stress, rilassamento conseguente a stress, depressione
Endogeni Ormoni, sonno prolungato, insonnia, digiuno (ipoglicemia), affaticamento fisico. Febbre.
Ipertensione arteriosa
Alimentari Cibi e bevande contenenti nitriti, glutammati o tiramina: cioccolato, formaggi, vino e forti
alcolici, agrumi, cibi grassi fritti, carne di maiale, insaccati
Farmacologici Trinitrina, reserpina, fenfluramina, estrogeni, calcio-antagonisti
Ambientali Variazioni metereologiche, altitudine, esposizione al sole, luce abbagliante, rumori, odori
pungenti, monossido di carbonio
Altri Fumo, viaggi lunghi, traumi, attività fisica sostenuta
18
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
spesso, gradualmente. In questo caso l’acme della crisi viene raggiunto solitamente dopo circa due-
tre ore dall’inizio dell’attacco. La frequenza degli attacchi è variabile e in genere oscilla tra 1-2 al
mese e 2-3 alla settimana. Nel 75% dei pazienti la frequenza di crisi è compresa fra 1 attacco al mese
e 1 attacco alla settimana. Una frequenza superiore a 3 attacchi/mese si osserva nel 40% degli uomini
e in quasi il 90% delle donne. [Henry P et al]
La durata dell’attacco non trattato varia da un minimo di alcune ore ad un massimo di tre giorni (4-
72 ore nella classificazione ICHD-III).
La localizzazione del dolore è unilaterale nel 40% dei casi, bilaterale nei 28% dei casi, e variabile nel
restante 32% [Henry P et al]. Nella maggioranza dei pazienti in cui la localizzazione è costantemente
unilaterale, il lato varia da una crisi all’altra e solo in una piccola percentuale dei casi il dolore è
costantemente dallo stesso lato. In alcuni attacchi della durata di almeno due giorni, la localizzazione
del dolore può variare anche nel corso dello stesso attacco.
L’intensità del dolore è in genere medio-forte, tanto che il paziente non può attendere alle proprie
normali attività o è comunque limitato nello svolgimento delle stesse.
Il comportamento del paziente durante l’attacco è tipico. Tende a restare immobile, preferibilmente a
letto, al buio e lontano da rumori, cercando di evitare qualunque stimolo possa peggiorare il suo stato.
A volte alcuni pazienti non riescono a stare coricati in quanto questa posizione aumenta la pulsatilità
del dolore, per cui cercano riposo in posizione semiseduta.
I sintomi associati all’attacco di emicrania sono di tipo neurovegetativo e correlati ad intolleranza
agli stimoli: più frequentemente consistono in fotofobia (80%), nausea (74%), e vomito (52%).
Spesso il vomito provoca un’attenuazione dei sintomi, del dolore in particolare. La comparsa dei
sintomi associati si osserva più frequentemente nei pazienti di sesso femminile. Nella fase di
risoluzione dell’attacco i pazienti presentano sequele diverse, variamente combinate, rappresentate
da irritabilità, pallore, spossatezza, riduzione della concentrazione, variazioni dell’umore, sensazione
di rinvigorimento, euforia, malessere generalizzato, poliuria, alterazioni dell’appetito [Kelman L. et
al].
L’Emicrania con Aurea (EcA) si caratterizza per una ricorrenza di attacchi molto meno regolare
rispetto alla forma senz’aura, con periodi di remissione a volte molto lunghi (>1 anno) ed una
frequenza media degli attacchi decisamente inferiore (nel 60% dei casi <1 attacco/mese) [Stewart
WF, et al]. Non e, tuttavia, raro che gli attacchi si raggruppino in un breve periodo ripetendosi a
brevissima distanza di tempo (24-48 ore) per poi riprendere il ritmo usuale. Benché nella maggior
parte dei casi (84% degli uomini e 70% delle donne) l’EcA si presenti in forma isolata, in uno stesso
soggetto possono coesistere emicrania con e senza aura e comparire o addirittura sostituirsi alle crisi
di emicrania, aure emicraniche non seguite da cefalea soprattutto nei pazienti meno giovani [Vos T,
19
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
et al]. La coesistenza delle due forme di emicrania in uno stesso paziente costituisce oggetto di
dibattito sulla loro interdipendenza o autonomia patogenetica e clinica. [IHS] I soggetti con EcA,
analogamente a quelli con EsA, possono riferire sintomi premonitori, antecedenti di alcune ore fino
a 2-3 giorni l’insorgenza dell’attacco, come fatica, difficoltà di concentrazione, visione meno nitida,
fastidio per luci o rumori, pallore, sbadigli, alterazione del tono dell’umore, in varia combinazione
fra loro ma tendenzialmente costanti in uno stesso soggetto [Kaleman L, et al; Santos-Lasaosa S. et
al].
Il momento di insorgenza dell’attacco è variabile e non esistono orari preferenziali di insorgenza.
L’aura costituisce l’elemento caratteristico dell’attacco ed in oltre l’80% dei casi è costituita da
disturbi visivi [Kirchmann M, et al]. Questi ultimi possono essere rappresentati da sintomi sia positivi
che negativi e nella maggior parte dei soggetti presentano una distribuzione emianopsica (rigidità
pupillare con mancanza del riflesso pupillare alla luce per stimlazione delle metà cieche della retina)
che iniziando dal centro del campo visivo si sposta verso la periferia o viceversa. La tipologia
dell’aura è relativamente costante nello stesso paziente ma può assumere connotati molto diversi da
un soggetto all’altro. I sintomi visivi positivi sono rappresentati principalmente da fotopsie ovvero
spots, flash luminosi o semplici immagini geometriche che scintillano e meno frequentemente da
scotomi scintillanti denominati “spettri di fortificazione” o teicopsie caratteristicamente di forma
semicircolare “a ferro di cavallo” ma che possono anche manifestarsi come linee a “zig-zag”. I
sintomi visivi negativi sono più rari e costituiti da scotomi negativi spesso in forma di quadrantopsia.
[Smitherman TA, et al]
Nelle forme più gravi può manifestarsi una perdita parziale o totale del campo visivo. Meno
frequentemente i soggetti possono riferire una scomposizione (scotoma a mosaico) o una distorsione
delle immagini, quest’ultimo fenomeno è noto come “Sindrome di Alice nel paese delle meraviglie”
[Alessandra M. Liu et al]. Oltre ai disturbi visivi, l’aura emicranica può essere costituita da un’ampia
varietà di sintomi neurologici focali che accompagnano o più spesso seguono il deficit visivo e che
suggeriscono come il processo che ha generato l’aura possa in alcuni casi estendersi anche al di fuori
della corteccia visiva. [Cologno D, et al] Le aure somatosensoriali sono rappresentate da sensazioni
di ipoestesia o parestesie (tipo puntura di spilli) prevalentemente avvertite in regione cheiro-orale o
digito-linguale omolaterali al disturbo visivo e controlaterali alla fase algica. Anche deficit del
linguaggio come disartria o afasia transitorie possono associarsi al disturbo visivo e spesso risultano
di difficile inquadramento diagnostico. I deficit motori non costituiscono una modalità di espressione
tipica dell’aura emicranica e vanno considerati in prima battuta indicativi di un’altra forma di
emicrania ovvero l’emicrania emiplegica. (ICHD-III) La durata dell’aura è compresa per definizione
tra i 5 e i 60 minuti, anche se mediamente i deficit neurologici regrediscono in 20-30 minuti. Al
20
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
termine dell’aura, compare la fase dolorosa dell’attacco. Il suo esordio può verificarsi già nel corso
dell’aura, senza alcun intervallo temporale dalla fine dell’aura o a distanza di alcuni minuti, ma
comunque non oltre i 60 minuti. la fase dolorosa che segue l’aura, può presentare o meno
caratteristiche emicraniche. La durata della fase algica è inferiore alle 4 ore. [Cologno D, et al]
La localizzazione del dolore è unilaterale nel 55% dei casi e nel 50% il dolore è pulsante. Tuttavia, il
vissuto di forte preoccupazione e timore che caratterizza la fase dell’aura, è seguito dal sollievo
provato per la scomparsa dei preoccupanti sintomi dell’aura con conseguente migliore sopportazione
del dolore.
Più comunemente, nei pazienti che presentano “Aura tipica con cefalea emicranica”, il dolore può,
con l’avanzare degli anni, perdere le caratteristiche emicraniche o sparire completamente, mentre la
sintomatologia dell’aura può persistere. Si configura, pertanto, un sottotipo di emicrania individuato
da precisi criteri diagnostici e identificato come “Aura tipica senza cefalea”. Alcuni individui, specie
di sesso maschile, possono presentare unicamente questo tipo di sintomatologia fin dall’esordio e,
poiché spesso si tratta di soggetti in età avanzata, diventa particolarmente importante effettuare una
corretta diagnosi differenziale per escludere patologie organiche, in primis attacchi ischemici
transitori (TIA) [Kurth T et al].
2.4 Classificazione e Diagnosi
Codici dell’ICHD-3BETA
Codice Diagnosi
1. Emicrania
1.1 Emicrania senza aura
1.2 Emicrania con aura
1.2.1 Emicrania con aura tipica
1.2.1.1 Aura tipica con cefalea
1.2.1.2 Aura tipica senza cefalea
1.2.2 Emicrania con aura troncoencefalica
1.2.3 Emicrania emiplegica
1.2.3.1 Emicrania emiplegica familiare (FHM)
1.2.3.1.1 Emicrania emiplegica familiare tipo 1 (FHM1)
1.2.3.1.2 Emicrania emiplegica familiare tipo 2 (FHM2)
21
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
1.2.3.1.3 Emicrania emiplegica familiare tipo 3 (FHM3)
1.2.3.1.4 Emicrania emiplegica familiare, altri loci
1.2.3.2 Emicrania emiplegica sporadica
1.2.4 Emicrania retinica
1.3 Emicrania cronica
1.4 Complicanze dell’emicrania
1.4.1 Stato emicranico
1.4.2 Aura persistente senza infarto
1.4.3 Infarto emicranico
1.4.4 Epilessia indotta dall’emicrania
1.5 Probabile emicrania
1.5.1 Probabile emicrania senza aura
1.5.2 Probabile emicrania con aura
1.6 Sindromi episodiche che possono essere associate all’emicrania
1.6.1 Disturbo gastrointestinale ricorrente
1.6. 1.1 Sindrome del vomito ciclico
1.6.1.2 Emicrania addominale
1.6.2 Vertigine parossistica benigna
1.6.3 Torcicollo parossistico benigno
1.1 Emicrania senza aura
Criteri diagnostici:
A. Almeno 5 attacchi1 che soddisfino i criteri B-D
B. La cefalea dura 4-72 ore (non trattata o trattata senza successo)2,3
C. La cefalea presenta almeno due delle seguenti caratteristiche:
1. localizzazione unilaterale
2. dolore di tipo pulsante
3. dolore con intensità media o forte
4. aggravata da o che limiti le attività fisiche di routine (per es., camminare, salire le
scale)
D. Alla cefalea si associa almeno una delle seguenti condizioni:
1. presenza di nausea e/o vomito
2. presenza di fotofobia e fonofobia
E. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-3.
22
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
1.2 Emicrania con aura
Criteri diagnostici:
A. Almeno 2 attacchi che soddisfino i criteri B e C
B. Uno o più dei seguenti sintomi dell’aura completamente reversibili:
1. visivi
2. sensitivi
3. parola/linguaggio
4. motori
5. del tronco encefalo
6. retinici
C. Almeno due delle quattro seguenti caratteristiche:
1. almeno un sintomo dell’aura si sviluppa gradualmente in > 5 minuti e/o due o più
sintomi si verificano in successione
2. ogni singolo sintomo dura 5-60 minuti1
3. almeno un sintomo dell’aura è unilaterale2
4. l’aura è accompagnata, o seguita entro 60 minuti, da cefalea
D. Non meglio inquadrata da altra diagnosi ICHD-3 ed è stato escluso un attacco ischemico
Transitorio.
2.5 Epidemiologia
Nel corso dell’ultimo decennio e stata rivolta molta attenzione ad aspetti attinenti alla diffusione
dell’emicrania, come la prevalenza (percentuale di soggetti affetti in una determinata popolazione) e
l’incidenza (numero di nuovi casi ogni 100.000 abitanti all’anno).
Per quel che riguarda la prevalenza 1-year, cioè la presenza dell’emicrania nel corso dell’anno
precedente l’indagine, i tassi riportati nei Paesi occidentali sono abbastanza concordanti, variando dal
4% al 9,5% nei maschi e dall’11,2% al 25% nelle femmine [Rasmussen BK et al.]. Nella maggior
parte delle indagini condotte in Paesi non occidentali, in particolare in Africa e in Asia, si riscontrano
percentuali inferiori rispetto a quelli dei Paesi europei e del nord America [Lavados PM, et al.]. Anche
se queste differenze possono essere dovute a fattori metodologici, non si può escludere un ruolo da
parte di fattori culturali ed ambientali. [Queiroz LP, et al.] Uno studio condotto nella contea di
Baltimora nel Maryland in una popolazione multirazziale ha evidenziato una più alta prevalenza
dell’emicrania nei soggetti di razza caucasica rispetto agli africani e agli asiatici [Stewart WF, et al.].
Questi dati suggeriscono che i fattori genetici possano avere un ruolo importante nel determinare le
differenze della prevalenza legate alla razza. Il peso dello stato socio-culturale e della situazione
23
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
economica sulla prevalenza dell’emicrania è un aspetto ancora dibattuto. I primi studi condotti al
riguardo hanno descritto una relazione direttamente proporzionale tra la prevalenza dell’emicrania e
il livello di scolarità. [Henry P, et al.]
La prevalenza dell’emicrania varia non solo in rapporto al sesso, ma anche in rapporto all’età. Prima
della pubertà, l’emicrania è presente in circa il 3-5% dei bambini senza differenze significative tra
maschi e femmine mentre, in età successive, affligge più frequentemente le donne (rapporto F:M =
3:1). La prevalenza dell’emicrania aumenta progressivamente, in entrambi i sessi, dall’età di 12 anni
fino a circa 40 anni, età dopo la quale inizia a manifestare un graduale e progressivo decremento.
Questo andamento spiega le molto basse prevalenze (1-4%) dell’emicrania riscontrate nella terza età
[Lipton RB, et al].
Per quanto riguarda l’incidenza dell’emicrania, nell’unico studio prospettico condotto in un gruppo
di 1007 soggetti della popolazione generale di età compresa tra 21 e 30 anni, ricontattati dopo un
follow-up di 3,5-5,5 anni, il tasso riportato è pari a 24 nuovi casi/1000 abitanti/anno nelle femmine e
6 nuovi casi/1000 abitanti/anno nei maschi [Breslau N, et al].
2.6 Eziopatogenesi e fisiopatologia
L’emicrania è una condizione patologica complessa che potrebbe essere considerata una tendenza
ereditaria ad avere cefalea, accompagnata a sintomi vegetativi e ad ipersensibilità a diversi stimoli.
Alla base di questa predisposizione potrebbe esserci un’alterazione nei meccanismi centrali di
controllo del dolore e delle altre informazioni sensoriali. La nostra conoscenza sulle strutture craniche
che producono il dolore risale al 1963, con gli studi di Wolff. La stimolazione diretta del cervello,
dell’ependima, dei plessi corioidei e di buona parte della pia e della dura madre non causa dolore. Il
pavimento della fossa cranica anteriore e della fossa cranica posteriore dà origine a dolore, mentre la
fossa cranica media è sensibile solo nelle vicinanze dell’arteria cerebrale media. Le strutture
dolorifiche più importanti del cervello sono i vasi, particolarmente la porzione prossimale delle arterie
cerebrali, le arterie della dura madre, le vene ed i seni venosi. Le strutture ossee del cranio sono
insensibili ma il dolore può essere sperimentato per stiramenti del periostio. In condizioni fisiologiche
il cervello è un organo insensibile al dolore.
Il mediatore di tutto il dolore cefalico è un plesso nervoso avventiziale di pertinenza del nervo
trigemino che innerva i vasi sanguigni piali, durali ed extradurali. Quando vengono attivate, le fibre
amieliniche di tipo C e quelle mileniche Aδ trasmettono informazioni nocicettive dai terminali
perivascolari attraverso il ganglio trigeminale per proiettare al nucleo caudale del trigemino (NTC)
attraverso sinapsi con neuroni di secondo ordine. Il neurotrasmettitore principale delle fibre C è il
glutammato, ma le afferenze primarie contengono nei loro assoni centrali e periferici (meningei)
24
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
anche la sostanza P, il peptide correlato alla calcitonina (CGRP) e la neurochinina A, così come altri
neurotrasmettitori e neuromodulatori.
I neuroni afferenti trigemino-vascolari terminano nel NTC. L’attività di questi neuroni è modulata da
proiezioni provenienti da diverse sedi inclusa la corteccia cerebrale. Dal NTC, neuroni di secondo
ordine trasmettono informazioni nocicettive a numerose sedi sottocorticali, al cervelletto e al talamo
posteriore e mediale. Proiezioni trigeminali dalla porzione rostrale del tronco trasmettono
informazioni nocicettive ad altre aree del cervello (ad es. aree limbiche) coinvolte nella risposta
emozionale e vegetativa al dolore.
Quattro teorie principali sono state proposte negli anni per la fisiopatogenesi dell’emicrania: teoria
periferica o vasogenica, teoria trigemino-vascolare o dell’infiammazione sterile neurogenica, teoria
centrale o neurogenica ed infine una teoria unificante.
Teoria periferica o vascolare
Proposta nel XVII secolo da Willis e ripresa negli anni ’30 da Wolff, si basava sull’ipotesi che la
causa dell’emicrania fosse un’alterazione dell’attività dei vasi cerebrali che, con un meccanismo di
costrizione-dilatazione, produceva il classico dolore pulsante dell’emicrania. Oltre all’aspetto clinico,
a supporto di questa teoria veniva riportato l’effetto positivo sul dolore dell’ergotamina, noto farmaco
ad azione vasocostrittiva.
Teoria trigemino-vascolare
Moskowitz nel 1984, attraverso una serie di eleganti esperimenti in modelli animali, ha dimostrato
che il dolore emicranico può essere spiegato da una forma di infiammazione neurogena sterile.
Secondo questa teoria, la stimolazione antidromica delle fibre C trigeminali darebbe luogo al rilascio
di sostanza P, CGRP e neurochinina A. Questi neuropeptidi inducono edema tissutale con
conseguente infiammazione sterile.
Questo fenomeno può essere bloccato dagli alcaloidi dell’ergot, dall’indometacina, dall’ASA e dagli
agonisti dei recettori 5HT1 della serotonina [Moskowitz MA et al, Bolay et al]. Gli eventi che
sottendono l’infiammazione sterile si verificano sia nella dura madre che nei tessuti extracranici la
cui vascolarizzazione riceve fibre trigeminali. Fenomeni analoghi a quelli descritti nel ratto si
verificano anche durante attacchi spontanei di emicrania come dimostrato dalla presenza di edema
palpebrale, arrossamento cutaneo e incremento del CGRP nel sangue venoso prelevato dalla vena
giugulare.
Teoria centrale
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Diversi studi identificano la suscettibilità all’emicrania in una condizione di alterata eccitabilità
neuronale cerebrale. Per spiegare questo stato di ipereccitabilità sono state invocate diverse ipotesi
tra cui una disfunzione dei canali del calcio, un difetto energetico mitocondriale o una riduzione dei
livelli di magnesio, col risultato finale di incrementare l’attività elettrica cellulare a fronte di stimoli
di per sé non attivanti [Montagna P, et al]. Su questo terreno di predisposizione intervengono i fattori
precipitanti o favorenti, quali le fluttuazioni ormonali, i fattori psicosociali, il ritmo sonno-veglia,
sostanze vasoattive ecc., che innescano le modificazioni che sono alla base del meccanismo
patogenetico della crisi emicranica.
Teoria unificante
Oggi l’emicrania è considerata una patologia poligenica e multifattoriale, alla cui patogenesi
concorrono fattori sia ambientali che genetici. Probabilmente molti geni diversi potrebbero essere
coinvolti ed interagire tra loro generando la peculiarità del cosiddetto cervello emicranico. La teoria
unificante ipotizza che l’emicrania rappresenti una successione di eventi a partenza dalle aree
posteriori del cervello, caratterizzati da una scarica elettrica che tende poi a diffondersi in altre zone
cerebrali fra cui il tronco encefalico ed il sistema trigemino-vascolare. Questi eventi scatenano
processi biochimici cerebrali che producono alterazioni piastriniche, modificazioni del diametro
vasale e rilascio di sostanze algogene.
Altri aspetti del meccanismo patogenetico
Qual è il ruolo del nucleo caudale del trigemino (NTC)?
NTC a seguito di una stimolazione di questo nucleo si osserva l’aumento di sintesi di c-fos e di firing
cellulare. C-fos è una proteina che regola la trascrizione di geni ed ha un ruolo molto importante nelle
alterazioni cellulari a lungo termine. L’alterazione di questa proteina aumenta nelle cellule dove
terminano le fibre C (fibre nocicettive amielinizzate per la trasmissione del dolore) e dove proiettano
fibre spino-talamiche. Il NTC potrebbe rappresentare il generatore centrale dell’attacco emicranico.
L’importanza dei meccanismi tronco-encefalici nella patogenesi dell’attacco emicranico è stata
dimostrata nel 1995 con studi PET in corso di attacchi spontanei in cui è stata osservata l’attivazione
controlaterale alla sede del dolore del grigio periacqueduttale (PAG) e del locus coeruleus (LC).
Questi nuclei determinano le alterazioni nella regolazione neurovascolare e neurovegetativa,
spiegando così molti sintomi dell’attacco emicranico [FM Cutrer et al]. Un ruolo molto importante
nella fisiopatologia dell’emicrania è svolto dalla serotonina e dai suoi recettori. Modificazioni nel
contenuto di serotonina nelle piastrine possono riflettere simili cambiamenti anche a livello
neuronale. Infatti molte classi di farmaci preventivi vanno ad agire come antagonisti sui recettori
serotoninergici.
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
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Anche il sistema dopaminergico (DA) sembra coinvolto nella fisiopatologia dell’emicrania.
L’apomorfina, un agonista DA selettivo e specifico, ha un effetto vasodilatatore cerebrale e determina
un significativo aumento del flusso nell’arteria cerebrale media nei soggetti emicranici. Questo
fenomeno è stato ben documentato in studi controllati verso placebo supportando così l’ipotesi di
un’ipersensibilità dopaminergica nell’emicrania. I recettori dopaminergici sono localizzati sui vasi
piali, laddove avviene il processo dell’infiammazione sterile. Recentemente è stato dimostrato che i
terminali DA sono in stretto contatto con le arteriole penetranti e i capillari cerebrali nella corteccia.
Questa osservazione avvalora il ruolo del sistema dopaminergico nella regolazione della
microcircolazione cerebrale. Sono stati identificati 5 diversi recettori dopaminergici: D1 D2 D3 D4 e
D5. È stata identificata una relazione tra il fenotipo dopaminergico dell’emicrania senz’aurea (EsA)
ed il gene del recettore D2. L’ipersensibilità dopaminergica può essere spiegata sia da un’alterata
funzione del recettore, sia da un’anomala funzione delle vie nervose che trasducono il segnale.
Il ruolo dell’ossido nitrico (NO) è ancora discusso. L’NO, oltre ad essere un potente vasodilatatore,
è coinvolto nella neurotrasmissione nel sistema nervoso centrale. In soggetti emicranici, la
somministrazione di isosorbide dinitrato, un donatore di NO, induce una risposta vascolare cranica
che non può essere ascritta all’azione diretta dell’NO, data la sua brevissima emivita. Questa risposta
potrebbe essere, invece, mediata dalla liberazione di CGRP da fibre trigeminali perivascolari
depolarizzate.
CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide)
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ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Recenti studi stanno analizzando la funzione del CGRP, un peptide che sembra alla base
dell’insorgenza del dolore cefalgico. Il CGRP (acronimo dall'inglese Calcitonin Gene Related
Peptide, peptide correlato al gene della calcitonina) è un peptide composto da 37 amminoacidi ed è
prodotto tramite lo splicing alternativo della calcitonina (ormone tiroideo). È un potente
peptide vasodilatatore e può intervenire nella trasmissione del dolore, interessando il sistema nervoso
periferico e centrale. Il CGRP fa parte di una serie di molecole, come la sostanza P che vengono
rilasciate in caso di “infiammazione neurogenica”. Sembrerebbe che il rilascio di CGRP da parte
delle terminazioni nervose del trigemino nello spazio epidurale possa portare ad una dilatazione dei
vasi e un’attivazione infiammatoria delle cellule immunitarie, in particolare di mastociti, cellule ad
elevata attività infiammatoria [Goadsby PJ, et al.].
Il peptide viene rilasciato quando viene occupato il recettore TRPV1 (Transient
Receptor Potential Vallinoid), che è un canale ionico che si apre sotto l’azione di vari stimoli, tra
cui la capsaicina (ben presente nel peperoncino, ma anche nella mostarda e nel wasaby) e il calore
Figura 4 CGRP is involved in the pathophysiology of migraine. CGRP is released from trigeminal afferent nerve fibers during a migraine and causes vasodilatation and neurogenic infiammation. Raised levels of CGRP are observed both peripherally and centrally in migraine patients. CGRP antibodies and antagonists are thought to reduce migraine by reducing these CGRP levels or through blocking the actions of CGRP antibodies are peripherally restricted, whereas CGRP antagonists may have central actions.
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sopra i 43°C. La funzione del TRPV è quella di regolare la temperatura del corpo e provvede alle
sensazioni di calore e dolore (nocicezione) (Goadsby PJ, et al 2009).
Emicrania con aura
Studi recenti di RM funzionale e PET, ed in passato la magnetoencefalografia, hanno evidenziato
come il fenomeno della Cortical Spreading Depression (CSD), descritto per la prima volta da Leao
nel 1944 in seguito a studi effettuati sulla corteccia di coniglio, costituisca il substrato fisiopatologico
dell’aura emicranica [FM Cutrer et al, Sanchez del Rio M et al]. La CSD è un evento neuro-vascolare
caratterizzato da un’onda di depolarizzazione neuronale e gliale che si propaga anteriormente lungo
la corteccia cerebrale a partenza dai lobi occipitali alla velocita di 3-5 mm/minuto. La CSD è
accompagnata da un iniziale importante incremento del flusso ematico cerebrale di breve durata
seguito da una fase più prolungata di ipoperfusione cerebrale che si propaga parallelamente all’ondata
di depolarizzazione e determina manifestazioni neurologiche focali che caratterizzano l’aura
emicranica.
Cutrer e colleghi [6, FM Cutrer et al 15] hanno studiato con RM funzionale di perfusione soggetti
affetti da EcA in fase intercritica, osservando che non vi sono variazioni né differenze emisferiche di
flusso, volume ematico cerebrale e tempo medio di transito. Durante l’aura, il margine di perfusione
progredisce anteriormente senza modificazioni nella diffusione suggerendo che non si verificano
fenomeni ischemici. La progressione dell’oligoemia non rispetta territori vascolari e verosimilmente
non è causata da vasocostrizione. Nelle zone in cui è passata l’onda oligoemica si osserva una
riduzione della reazione all’ipercapnia, ma i meccanismi di autoregolazione risultano conservati.
L’iperperfusione corticale associata alla CSD nelle fasi iniziali, considerata per molto tempo un
epifenomeno di minore importanza, è stata rivalutata da recenti studi i quali dimostrano, sull’animale,
come il blocco di questa fase determini conseguenze dannose risultanti in una prolungata e marcata
ipoperfusione corticale con conseguenti infarti cerebrali. Eventi analoghi potrebbero spiegare
l’insorgenza degli infarti emicranici correlati alla EcA.
Studi PET hanno registrato eventi riconducibili alla CSD in corso di crisi emicraniche di soggetti che
tuttavia non riferivano aura. Queste segnalazioni, ancora limitate, potrebbero supportare l’ipotesi che
la CSD si realizzi anche nell’EsA suggerendo un legame fisiopatogenetico tra le due forme di cefalea.
Al momento, gli eventi molecolari capaci di innescare la CSD non sono conosciuti. Studi sugli
animali hanno evidenziato come stimoli elettrici, aminoacidi eccitatori e ioni possono causare la CSD
indicando come evento trigger primario un’alterazione dell’omeostasi neuronale e gliale. Tuttavia, il
fatto che angiografie cerebrali o dissezioni carotidee possano generare in alcuni pazienti aure
emicraniche, suggerisce la possibilità che anche fattori endoteliali possano innescare la CSD.
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Recenti studi di Moskovitz e colleghi [2] (2002) hanno dimostrato l’esistenza di un legame tra gli
eventi corticali (aura) e l’attivazione delle strutture sensibili al dolore della dura madre (fase algica),
da sempre oggetto di interesse. La CSD attiva omolateralmente il sistema trigemino-vascolare
attraverso il rilascio di numerosi metaboliti e neuropeptidi vasoattivi (sostanza P, CGRP, Neurokinina
A) che generano una infiammazione sterile in grado di sensibilizzare le afferenze trigeminali
perivascolari. Parallelamente, connessioni trigemino-parasimpatiche con le strutture del tronco
encefalico, promuovono l’incremento prolungato del flusso ematico nei vasi meningei omolaterali
implicato nei meccanismi della nocicezione. Infine, dati neurofisiologici indicano chiaramente che il
cervello emicranico presenta una mancanza di abitudine nell’elaborazione delle informazioni e che
la riserva energetica mitocondriale è ridotta a livello neuronale. L’ipereccitabilità corticale, dovuta
alla mancanza di abitudine associata agli stress riconosciuti come potenziatori/attivatori
dell’emicrania, potrebbe causare una eccessiva richiesta metabolica che, non potendo essere
soddisfatta, potrebbe favorire un’alterazione dell’omeostasi cerebrale responsabile della partenza
della CSD e della conseguente attivazione del sistema trigeminovascolare.
2.7 Genetica dell’emicrania
La tendenza dell’emicrania a ricorrere tra consanguinei, l’alta concordanza in gemelli omozigoti e
l’associazione di specifiche mutazioni in forme particolari di emicrania con aura (EcA) (Emicrania
Emiplegica Familiare FHM) confermano che l’emicrania ha una importante componente genetica. I
risultati più importanti riguardano l’FHM in cui sono stati descritti 3 differenti geni le cui mutazioni
sono trasmesse con una ereditarietà di tipo autosomico dominante la principale studiata è l’FMH1
associata a mutazioni del gene codificante per il canale del calcio. Per le altre forme di emicrania,
sicuramente esiste una predisposizione genetica, ma non sono state trovate ancora strette correlazioni
con geni specifici.
2.8 Terapia famacologica
La terapia dell’emicrania deve cominciare dall’atteggiamento del medico, che dovrebbe
rappresentare una combinazione di empatia e buone capacità comunicative. Il paziente, infatti, si
presenta spesso con il timore che il sintomo cefalalgico sia espressione di una patologia grave. La
natura fisiopatologica del dolore deve essere spiegata al paziente in termini che diano il giusto spazio
e la giusta importanza al problema, evitando l’impressione che la narrazione dei sintomi sia
un’esagerazione del disturbo oppure un’eccessiva banalizzazione. D’altro canto, aspettative irreali
circa le possibilità di guarigione vanno ridimensionate a favore di obiettivi più raggiungibili, quali un
efficace controllo della sintomatologia. Infatti, gli obiettivi della terapia antiemicranica sono la
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
riduzione o la prevenzione del dolore e dei sintomi associati e l’ottimizzazione delle funzioni
quotidiane del paziente. Pertanto, gli approcci terapeutici all’emicrania riconoscono strategie
terapeutiche per il controllo dell’attacco acuto e, in regimi di profilassi, per la riduzione di frequenza,
durata e intensità degli attacchi [Evers S et al, Pierengeli G et al].
Il primo passo della gestione terapeutica dell’emicrania consiste nell’identificazione e nella eventuale
eliminazione di fattori precipitanti l’attacco. Questi fattori possono comprendere:
• fattori psicologici: stress, ansia e affaticamento mentale prolungato;
• fattori ormonali (per le donne): il ciclo mestruale e l’assunzione di contraccettivi orali;
• fattori nutrizionali: il consumo di cioccolato, formaggi, agrumi o altri cibi contenenti nitrati
o tiramina, alcool in generale (vino rosso in particolare), birra e alimenti contenenti
glutammato monosodico;
• stress fisici: il digiuno, i cambiamenti climatici (in particolare le giornate calde e ventose),
la riduzione di ossigeno (in altitudine), la fatica, la mancanza o l’eccesso di sonno, gli sforzi
fisici (compresa l’attività sessuale), l’esposizione agli odori forti, al fumo di sigaretta, alle luci
forti e al rumore.
È soprattutto l’associazione di più stimoli che può rivestire grande importanza nell’induzione di un
attacco.
Principi generali
I parametri cui ci si riferisce allorché si sceglie il farmaco più adatto per il paziente emicranico devono
prendere in considerazione diversi fattori, non ultima la possibile diversità tra un attacco e l’altro
nello stesso paziente. In tal senso è necessaria una attenta registrazione da parte del paziente di tutti
gli episodi, descrivendone le caratteristiche di dolore, sintomatologia di accompagnamento, durata
dell’attacco, relazione con fattori eventualmente favorenti o peggiorativi. Quando possibile, si tenterà
di rimuovere o correggere tali fattori.
La terapia, sia dell’attacco che di profilassi, può essere correttamente impostata seguendo alcuni
parametri principali di riferimento di seguito riportati:
• frequenza degli attacchi: prendere in considerazione la possibilità di terapia di profilassi;
• durata degli attacchi: essa condiziona spesso la necessità di assumere dosi ripetute di
farmaco;
• intensità degli attacchi: i farmaci ad attività specifica dovrebbero essere considerati di prima
scelta nel dolore di intensità forte;
• controindicazioni relative: sono rappresentate generalmente da patologie concomitanti;
• indicazioni relative: possono obbligare la scelta (es.: gravidanza);
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
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• effetti collaterali: rappresentano un fattore limitante nel rapporto rischio/beneficio modalità
di assunzione: i farmaci devono essere il più possibile versatili per rispondere alle esigenze
personali del paziente e alle caratteristiche dell’attacco;
• costo: talora potrebbe rappresentare un fattore limitante ma non dovrebbe condizionare la
scelta se le indicazioni la impongono.
Verranno di seguito brevemente descritte regole generali per la terapia dell’attacco.
Terapia dell’attacco
La terapia sintomatica ha lo scopo di bloccare la crisi, una volta che questa è iniziata, nel tempo più
breve possibile e senza provocare effetti collaterali. Rappresenta l’approccio migliore quando la
frequenza degli episodi non sia elevata e, comunque, quando gli attacchi siano prontamente risolti
dalla terapia sintomatica e la compliance del paziente nei confronti di terapie di profilassi non sia
soddisfacente. Il rischio di eccessivo uso di farmaci per l’attacco in pazienti con elevata frequenza di
crisi impone di disegnare la profilassi migliore nei pazienti meno disponibili a tali trattamenti, in
modo da renderla il più possibile accettabile.
La terapia dell’attacco si serve sostanzialmente di tre classi di farmaci: triptani, FANS ed ergot
derivati, anche se l’uso di questi ultimi e sempre meno diffuso per la presenza di effetti collaterali
a lungo termine e perché fondato su pochi studi controllati accuratamente.
Le modalità di scelta delle diverse categorie farmacologiche possono seguire due possibili strategie:
la strategia a scalini e la strategia stratificata. La prima prevede che venga scelto per l’attacco il
farmaco a minor rischio di effetti collaterali ed a costo minore, modificando eventualmente la scelta
se il farmaco risulta inefficace. La seconda prevede, invece, che il farmaco venga scelto in base alla
disabilità globale dell’attacco. Poiché tali strategie possono risultare troppo rigide, l’atteggiamento
migliore risulta essere comunque quello di individuare attacchi di diversa disabilità nel singolo
paziente e consigliare per ciascuno di essi il farmaco più adatto.
È necessario conoscere la storia farmacologica del paziente stesso, onde evitare di riproporre inutili
e deludenti prescrizioni, a meno che non si abbia il sospetto che un farmaco, giudicato dal paziente
inefficace, non sia stato assunto correttamente. In tal senso, vanno considerati alcuni parametri di
correttezza che il paziente deve conoscere e che lo specialista deve sempre indicare:
• dosaggio adeguato;
• somministrazione tempestiva;
• somministrazione diversa dalla via orale se presente/i nausea e/o vomito.
Triptani
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I triptani rappresentano oggi la classe di prima scelta nella terapia dell’attacco emicranico. In Italia
sono attualmente disponibili sei diversi triptani: sumatriptan, zolmitriptan, rizatriptan, almotriptan,
eletriptan e frovatriptan. Il sumatriptan e disponibile nelle forme sottocute (6 mg), per gli attacchi con
dolore violento già all’esordio, orale (100 e 50 mg), rettale (25 mg) e spray nasale (20 e 10 mg).
Zolmitriptan (2,5 mg) e rizatriptan (10 mg) sono entrambi disponibili in formulazione orale standard
e come liofilizzato orale. Rizatriptan è presente in commercio in compresse da 5 mg, dosaggio
indicato in pazienti in terapia concomitante con β-bloccanti. Almotriptan (12,5 mg), eletriptan (40 e
20 mg) e frovatriptan (2,5 mg) sono disponibili solo come compresse standard [Ferrari MD et al].
Tutti i triptani mostrano una buona efficacia, con percentuali di risposta clinica a due ore intorno al
60-65% e con percentuali di scomparsa del dolore, sempre a due ore, intorno al 30%.
Sumatriptan 100 mg viene considerato il gold standard e le differenze di attività dei triptani più
recenti sono modeste, eccezion fatta per il rizatriptan 10 mg che mostra, solo nella scomparsa del
dolore a due ore, una percentuale di efficacia del 40%. Frovatriptan si differenzia dagli altri triptani
per una lunga emivita (26 ore) e per la minor percentuale di recidive.
Gli effetti collaterali sono di modesta entità e comunque reversibili in 30-60 minuti. Sono costituiti
soprattutto dal senso di peso o oppressione toracica, senso di calore, vertigini, faringodinia, disforia,
nausea. Gli ultimi triptani sembrano mostrare un miglior profilo di tollerabilità, soprattutto
almotriptan ed eletriptan; comunque tutti hanno il grosso vantaggio di non essere gastrolesivi.
I triptani sono controindicati in soggetti a rischio per patologia ischemica cardiaca o cerebrale e in
presenza di ipertensione arteriosa non controllata. Non vanno somministrati nelle 24 ore successive
all’assunzione di ergot derivati e in presenza di terapie con IMAO, SSRI e litio.
La mancata risposta clinica ad un singolo triptano non implica il fallimento di tutta la classe nel
singolo paziente. È opportuno, pertanto, scegliere un farmaco diverso nella stessa classe oppure una
diversa modalità di somministrazione, qualora la risposta clinica non fosse soddisfacente.
Gli studi clinici indicano per tutti i triptani una percentuale non trascurabile di ricaduta, ovvero la
ricomparsa del dolore entro 24 ore dall’assunzione del triptano che comunque si è rivelato efficace
nel bloccare l’attacco. La ricaduta è generalmente sensibile ad una seconda dose dello stesso farmaco.
Il problema della ricaduta può essere ridotto con l’impiego dei preparati a lunga emivita, naratriptan
e frovatriptan, quest’ultimo commercializzato dal 2004 anche in Italia. Con frovatriptan la
percentuale di ricadute scende dal 30-40% degli altri triptani al 7-25%. Talora può essere utile la
associazione di un triptano con un FANS a lunga emivita, in particolare per crisi di lunga durata (es.
crisi correlate al ciclo mestruale), ma tale strategia non è a tutt’oggi confortata da studi controllati e
rappresenta solo un suggerimento.
FANS ed analgesici
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ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Sebbene non specifici, gli antinfiammatori non steroidei (FANS) si inseriscono a buon diritto
nell’armamentario terapeutico dell’attacco emicranico, particolarmente quando somministrati in
associazione con antiemetici. Inoltre essi trovano applicazione in quei pazienti in cui l’uso di farmaci
specifici (triptani e derivati dell’ergot) è controindicato dalla presenza di patologie cardiovascolari.
Le loro proprietà antidolorifiche si esplicano con meccanismo simile a quello dell’acido
acetilsalicilico, non oppioide e non steroideo. Tali meccanismi garantiscono l’assenza di effetti
collaterali che caratterizzano gli oppioidi e gli steroidi. Il paracetamolo rappresenta il farmaco di
scelta in corso di gravidanza e comunque e controindicato in presenza di grave epatopatia e nefropatia.
Le controindicazioni ai FANS sono note e riguardano principalmente il rischio di sanguinamento
gastrico.
Coxibici
Fra i vari farmaci di questa categoria, rofecoxib e sicuramente il più studiato e quello che ha mostrato
i migliori risultati, sia impiegato in monoterapia che in associazione con rizatriptan. Dalla fine del
2004 pero il farmaco non è più in commercio per gli effetti collaterali di tipo vascolare. Celecoxib è
stato impiegato nell’emicrania parossistica e nell’hemicrania continua, mai nell’EsA.
Per valdecoxib, non in commercio in Italia, esiste solo un’evidenza non controllata che ne segnala
un’efficacia promettente.
Ergot derivati
La revisione di studi clinici concernenti farmaci a base di ergot derivati, evidenzia la mancanza di
parametri omogenei e la difficoltà di interpretazione degli stessi.
Essi sono rappresentati da ergotamina (1-2 mg per os, max 4 mg/24 ore; 0,5-2 mg rettali) e
diidroergotamina (1-2 mg spray, max 4 mg/24 ore o 12 mg/settimana).
Anche per i derivati dell’ergot le controindicazioni sono rappresentate dal rischio cardiovascolare,
anche in relazione alla vasocostrizione coronarica prolungata propria di questi farmaci. Inoltre, l’uso
eccessivo e l’abuso di derivati dell’ergot può indurre cefalea ed ergotismo. Essi possono, inoltre,
indurre ipotensione paradossa.
Antiemetici
Metoclopramide (10 mg per os, im, ev) e domperidone (20-30 mg per os, 60 mg rettali) rappresentano
gli antiemetici di più comune utilizzo in associazione alla terapia dell’attacco, particolarmente quando
effettuata con FANS. È disponibile in commercio l’associazione in forma orale di metoclopramide e
acetilsalicilato di lisina. Un’altra associazione, rappresentata da indometacina + caffeina +
proclorperazina, e disponibile sia in forma orale che rettale. In realtà la quantità dell’antiemetico
proclorperazina presente in questa combinazione non rappresenta il dosaggio terapeutico antiemetico
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
efficace e pertanto tale combinazione non rappresenta sempre un vantaggio rispetto alla indometacina
pura. Non esistono peraltro sufficienti studi controllati che dimostrino la superiorità clinica della
combinazione rispetto a preparati con sola indometacina.
Anticorpi monoclonali anti-CGRP
Proprio sulla base dei recenti studi sul CGRP e sul suo ruolo chiave negli attacchi di emicrania, sono
stati messi in commercio farmaci agonisti a questo enzima.
Le prime sperimentazioni, si erano concentrate su una tipologia di anticorpi che bloccano il ecettore
specifico del CGRP nel sistema trigemino vascolare. Sfortunatamente questi trattamenti sono risultati
dannosi per il fegato, e quindi la sperimentazione è stata interrotta (Miller et al 2016).
Invece, gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, mostrando un migliore profilo di sicurezza a breve
termine, hanno potuto proseguire le sperimentazioni controllate. Per il trattamento acuto non hanno
riscontrato benefici superiori ai triptani, secondo una recente meta-analisi sui 10 trial randomizzati
controllati pubblicati (Hong P, Liu Y 2016), mentre per la prevenzione della emicrania episodica
(ricorrente) i risultati appaiono alquanto modesti.
Infatti solo con dosaggi di anticorpi monoclonali molto elevati si riesce ad avere una efficacia
maggiore rispetto al placebo, che però consiste in una riduzione modesta: poco più di un giorno di
emicrania al mese, verificata alla fine dei 3 mesi di trattamento.
Da notare che un’elevata percentuale di pazienti trattati con gli anticorpi ha riportato alla fine del
periodo di trattamento un tasso di risposta del 100%, evento non riscontrato nel gruppo trattato con
placebo. Ciò potrebbe indicare che almeno per un sottogruppo di pazienti emicranici il CGRP svolge
un ruolo cruciale nella patogenesi del disordine.
Oltre alla potenziale minore tossicità rispetto alle terapie standard, correlabile all’elevata specificità
del bersaglio farmacologico, la terapia con gli anticorpi monoclonali presenta anche il vantaggio della
modalità di somministrazione poiché gli anticorpi vengono iniettati sottocute con una frequenza di
somministrazione mensile. Queste caratteristiche potrebbero determinare una maggiore adesione alla
terapia e una maggiore compliance da parte dei pazienti. Il dato che balza agli occhi è sicuramente
l’entità della riduzione della cefalea che comportano questi farmaci, solo lievemente superiore
rispetto al placebo. Anche se questo dato è in linea con i risultati dei trials effettuati con gli altri
trattamenti preventivi dell’emicrania, sarà interessante capire nelle fasi successive della
sperimentazione se con un follow up a più lungo termine (> 24 sett.), oltre alla conferma del profilo
di sicurezza di questi farmaci, si potrà osservare un ulteriore e persistente riduzione dei giorni di
cefalea, il che collocherebbe i nuovi farmaci biologici in una posizione di assoluta prima linea nel
trattamento dell’emicrania.
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Fino ad ora nei trial clinici non si sono registrati effetti avversi significativi, ma la fisiologia del CGRP
deve mettere in guardia da facili e rassicuranti conclusioni. Infatti il CGRP è presente in tutti i vasi
sanguigni a concentrazioni fisiologici, che possono diventare patologici, come nel caso
dell’emicrania, per una eccessiva stimolazione neuro-immunitaria. Ciò vuol dire che se da un lato
può avere effetti positivi sulla cefalea, lo stesso fenomeno può avere effetti opposti, sulla pressione
arteriosa e sulla funzionalità cardiaca, laddove, in caso di ipertensione, aterosclerosi, scompenso
cardiaco invece che ridurre la concentrazione di CGRP occorrerebbe, plausibilmente, aumentarla
(Russel et al 2014).
Un altro aspetto negativo della terapia con anticorpi monoclonali è che deve essere protratta nel
tempo, praticamente a vita, come già si fa in altre patologie autoimmuni (Chatzidionysiou et al 2016).
3 Terapie non farmacologiche Come spiegato in precedenza la terapia standard dell’attacco di emicrania, è basata sull’uso dei
triptani, molecole il cui meccanismo d’azione è ancora completamente da chiarire ma la cui efficacia
si fa risalire all’azione agonista sul recettore per la serotonina 5-HT1B/1D: il risultato è una
vasocostrizione che contrasta la vasodilatazione, indotta dall’infiammazione alla base dell’emicrania,
con effetti sulla risoluzione del dolore. Il primo dei triptani, messo in commercio nel 1992, è stato il
sumatriptan, seguito da altri sei: almotriptan, eletriptan, frovatriptan, naratriptan, rizatriptan e
zolmitriptan. Al di là di qualche differenza tra le varie molecole, l’efficacia media di questi farmaci
è decisamente modesta: le statistiche documentano un sollievo dal dolore, nel giro delle due ore
successive all’assunzione, in una quota variabile tra il 49 e il 69% dei pazienti, ma la possibilità che
questi farmaci liberino completamente dal dolore, senza causare effetti avversi, riguarda solo un 10-
20% dei pazienti studiati (Asseburg, Peura, Oksanen et al. 2012). Inoltre, considerata la loro azione
vasocostrittiva, con possibili effetti ipertensivi, il possibile abuso, soprattutto in corso di cefalea
ricorrente e cronica, i triptani giustificano la scarsa soddisfazione per le terapie delle cefalee di cui
accennavo all’inizio. Da qui la ricerca di un altro approccio alla prevenzione e alla terapia delle
cefalee in generale e dell’emicrania in particolare.
Qui in seguito spiegheremo altri trattamenti non farmacologici che vengono utilizzati come terapia di
attacco o di profilassi per le cefalee.
Tossina Botulinica
La tossina botulinica (TB) è in natura una tossina che viene prodotta da alcuni batteri. Da oltre 20
anni la tossina botulinica viene utilizzata per il trattamento di tutte quelle patologie, neurologiche e
non, in cui vi è una eccessiva attività muscolare e, dagli anni '90, nelle forme di iperattività ghiandolari
salivari e sudoripare.
36
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Questo farmaco infatti blocca la conduzione degli impulsi nervosi ai muscoli con un effetto quindi di
rilassamento di muscoli iper-contratti e se invece iniettato sottocute determina un blocco delle
ghiandole sudoripare. In particolare il meccanismo d’azione della tossina botulinca non è del tutto
chiaro, si pensa però vada ad inibire il rilascio di neuro peptidi e neurotrasmettitori correlati al dolore
come la sostanza P, il CGRP e il glutammato a livello terminale periferico delle afferenze trigeminali.
Inibendo questi peptidi e quindi anche l’infiammazione neurogennica, si inibisce anche la
sensitizzazione delle fibre nervose nocicettive che a loro volta inibirebbero in maniera indiretta il
meccanismo di sensitizzazione centrale. Studi randomizzati controllati hanno concluso che la BoNT-
A ha un’efficacia simile alle attuali terapie di profilassi, con minore incidenza di eventi avversi e con
un numero inferiore di pazienti che ha pertanto interrotto la terapia.
Nel 2010 la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’onaBoNT-A (in commercio come
BOTOX®, Allergan Pharmaceuticals Ireland, Castlebar Road; Westport; County Mayo; Irlanda),
come terapia di profilassi dell’emicrania cronica. Tale approvazione è stata ottenuta a seguito della
valutazione dei risultati di efficacia e tollerabilità degli studi di fase III randomizzati, doppio cieco,
controllati con placebo “Phase III Research Evaluating Migraine Prophylaxis Therapy” PREEMPT 1
and 2 con valutazione dell’endpoint primario alla 24esima settimana dall’inizio del trattamento,
seguita da una fase in aperto con follow-up fino alla 56esima settimana. Successivamente ne è stato
approvato l’uso anche in Europa (European Medicine Agency – EMA, agosto 2011) e dal 2013
l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha confermato l’autorizzazione e la rimborsabilità in Italia
per l’onaBoNT-A per la nuova indicazione terapeutica: “sollievo sintomatico in pazienti adulti che
soddisfano i criteri diagnostici per emicrania cronica. Gli studi di fase III effettuati su un totale di
1384 pazienti, hanno rilevato come dopo 24 settimane di trattamento, il 47,1% dei pazienti trattati
con onaBoNT-A presentava una riduzione di almeno il 50%, rispetto al baseline, della frequenza della
cefalea, rispetto al 35,1% dei pazienti trattati con placebo (p <.001). Alla 56esima settimana
dall’inizio del trattamento il 70% dei pazienti mostrava una riduzione di almeno il 50% rispetto al
baseline. Inoltre, alla 24esima settimana, i pazienti trattati con onaBoNT-A mostravano una riduzione
statisticamente significativa della severità della cefalea con conseguente miglioramento della qualità
di vita (confermato dal Headache Impact Test-6) rispetto ai pazienti trattati con placebo. Ogni seduta
di trattamento, da effettuare a intervalli minimi di tre mesi, è costituita da 31-39 iniezioni, secondo
uno schema con sedi e dose fisse di iniezione, ognuna da 5 unità di onaBoNT-A, distribuite tra sette
gruppi muscolari (bilateralmente) ovvero procero, frontale, corrugatore sopracciglio, temporale,
occipitale, cervicale e trapezio. L’elevata tollerabilità rende l’onaBoNT-A una risorsa terapeutica per
quei pazienti emicranici che non tollerano o che non rispondono alle terapie di profilassi orali
37
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
tradizionali, mostrando un buon rapporto costo/beneficio sia per i pazienti stessi sia per il Sistema
Sanitario Nazionale oltre a soddisfacenti parametri di efficacia, sicurezza e tollerabilità.
Neurostimolazione invasiva
La stimolazione dei nervi occipitali, si basa
sull’impianto di un elettrodo sui nervi
occipitali (nella parte posteriore della testa),
sotto la cute tramite un intervento chirurgico
ed è riservata a pazienti con emicrania cronica
intrattabile (nella quale abbiano fallito almeno
tre farmaci di profilassi). Gli elettrodi sono
collegati a un generatore (IPG) più
frequentemente posizionato in regione
infraclavicolare o nella parete addominale;
dopo una conferma intraoperatoria del
corretto posizionamento degli elettrodi, questi
ultimi vengono definitivamente impiantati e il paziente, tramite un telecomando esterno, può regolare
l’accensione del dispositivo, la sede (destra, sinistra o entrambe) e l’intensità (in un range predefinito)
della stimolazione stessa. Lo stimolatore invia moderati impulsi elettrici ai nervi occipitali. In uno
studio di Silberstein et al., randomizzato, controllato, multicentrico, l’endpoint primario era
rappresentato dalla differenza nella percentuale dei responders dopo 12 settimane di trattamento
definita come riduzione del 50% del dolore basata su una scala visuale. I risultati hanno dimostrato
che non c’era differenza significativa fra gruppo attivo e con stimolatore spento; era però rilevata
differenza significativa nei pazienti che riferivano un miglioramento del 30% (p¼0.01), nella
riduzione dei giorni di cefalea (gruppo attivo¼6.1, baseline¼22.4; gruppo di controllo ¼3.0,
baseline¼20.1; p¼0.008), nella disabilità legata all’emicrania (p¼0.001) e nella sensazione di
sollievo dal dolore (p¼0.001). L’effetto indesiderato più comune era il dolore nella sede d’impianto.
Più recentemente, un altro studio ha esteso a 52 settimane il periodo di osservazione di questi pazienti
osservando una riduzione significativa del numero di giorni di cefalea sia nel gruppo intent-to-treat
(ITT, 157 pazienti totali) che in quello dei pazienti affetti da emicrania cronica intrattabile (ICM, 125
pazienti), con una riduzione del 30% o 50% o dei giorni di cefalea o di intensità del dolore
rispettivamente nel 59.5% e 47.8% dei due gruppi. Anche i punteggi alle scale di valutazione MIDAS
(migraine disability assessment e Zung Pain and Distress (PAD) erano ridotti in entrambe le
popolazioni. Un sollievo dal dolore era riportato nel 65.4% della popolazione ITT e nel 67.9% della
popolazione ICM. Gli eventi avversi totali sono stati 183, di cui 18 hanno richiesto l’ospedalizzazione
Figura n 5 tratta da: neurotechzone.com
38
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
e 85 una revisione chirurgica; in genarale il 70% dei pazienti ha avuto un evento avverso. Prima di
andare in stampa il dispositivo ha perduto il marchio CE.
Neurostimolazione non invasiva
La stimolazione sopraorbitaria
transcranica tramite il dispositivo Cefaly
™ (CEFALY-Technology, Belgium) è
stata la prima ad essere usata per il
trattamento dell’emicrania. Il
dispositivo è fatto da un elettrodo
adesivo applicato sull’emergenza dei
nervi sopraorbitario e sopratrocleare
(entrambi derivanti dal nervo oftalmico
che deriva a sua volta dalla prima branca
del nervo trigemino). L’alta frequenza
(60 Hz) e la bassa intensità (16 mA)
intendono prevenire l’attivazione delle fibre Aδ e C, importanti nella nocicezione e nell’iperalgesia.
Lo studio PREMICE (PREvention of MIgraine using the STS Cefaly), doppio cieco, randomizzato,
controllato verso apparecchio inerte, hanno mostrato che Cefaly riduce il numero dei giorni di cefalea
in pazienti con emicrania episodica, con e senza aura, dal terzo mese di trattamento (2.06 giorni di
emicrania in meno nel gruppo attivo, 0.32 giorni in meno nel gruppo sham, p = 0.054). I pazienti
arruolati erano 67, con attacchi mensili in numero compreso fra quattro e sette e hanno usato il
dispositivo per 20 minuti al giorno per 90 giorni. Il gruppo attivo ha altresì mostrato una diminuzione
dei giorni al mese che hanno richiesto un trattamento acuto della cefalea (da 11.45 a 7.25, p= 0.0057).
Il responder rate a tre mesi (riduzione della frequenza della cefalea≥50 %) è stata del 38% nel gruppo
con trattamento attivo e del 12% nel gruppo sham (p =0.023), senza che siano stati riportati eventi
avversi seri. Magis et al. hanno coinvolto in un altro studio 2312 pazienti, rilevando una soddisfazione
complessiva del 54 % con un 4.3% di eventi avversi di piccola entità e reversibili; da notare che in
questo studio erano stati arruolati anche pazienti con emicrania cronica.
Figura n 6 tratta da Franz Riederer et al. (2015) Transcutaneous Supraorbital Nerve Stimulation (t-SNS) with the Cefaly® Device for Migraine Prevention: A Review of the Available Data
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
La stimolazione non invasiva del nervo vago è nata da osservazioni sporadiche
su pazienti epilettici con comorbidità emicranica trattati con questa tecnica.
L’esatto meccanismo col quale la stimolazione vagale determina sollievo dal
dolore non è del tutto nota, anche se uno dei possibili meccanismi potrebbe
essere l’inibizione del rilascio di glutammato nel nucleo caudalis del trigemino,
oltre al fatto che il nucleo afferente del vago ha un complesso network con
ipotalamo, nuclei talamici e aree corticali implicati nella nocicezione,
potendone quindi modulare la risposta. L’unico dispositivo studiato per la
stimolazione vagale nell’emicrania è il GammaCore (electroCore LLC,
Basking Ridge, NJ, USA), che stimola le fibre mieliniche A con pulsazioni per
90 secondi. Lo studio PREVENT (The Prevention of Chronic Migraine),
doppio cieco, randomizzato, verso sham ha arruolato pazienti con emicrania
cronica (con e senz’aura) che non assumevano alcuna profilassi. Il trattamento
era effettuato tre volte al giorno con due stimolazioni di 90 secondi separate da un intervallo di 5-10
minuti. Il gruppo che ha ricevuto trattamento attivo (n =26) ha riferito una riduzione di due giorni di
cefalea ogni 28 giorni, con un 11.5% di pazienti che hanno riferito una riduzione del 50% dei giorni
di cefalea e un miglioramento della qualità di vita misurato con la scala SF-12. Dopo due mesi di
trattamento tutti i pazienti sono passati in aperto per sei mesi mostrando riduzione dei giorni di cefalea
su 28 giorni di 8.8 giorni in coloro che erano già in trattamento attivo e di 5.5 giorni in coloro che
erano prima in sham. Gli eventi avversi sono stati non seri. Goadsby ha usato GammaCore in aperto
in 30 pazienti con emicrania episodica come trattamento in acuto con due stimolazioni di 90 secondi
con 15 minuti di intervallo ottenendo nel 21% assenza di dolore a due ore. Rainero ha trattato 15
pazienti con emicrania cronica e cefalea da abuso di farmaci, dopo 5 giorni di detossificazione, per 6
mesi con GammaCore in acuto: su 362 attacchi la percentuale di assenza di dolore a due ore è stata
del 33.4%.
L’agopuntura
Con una tradizione millenaria, l’agopuntura è sempre stata una valida alternativa al trattamento delle
cefalee, spesso con ottimi risultati. Innanzitutto il terapeuta agopuntore fa un’attenta anamnesi
energetica per vedere quali squilibri possono aver coinvolto il paziente. Da questa deve capire quale
struttura fasciale, viscerale o somatica è più in sofferenza, e quindi posizionare gli aghi di
conseguenza.
L’Agopuntura agisce sulla cefalea attraverso diversi meccanismi d’azione. Durante un trattamento
con agopuntura si osserva nel liquido cerebrospinale un aumento della concentrazione della
encefaline e delle endorfine simile a quello che si osserva dopo la stimolazione del grigio
Figura n 7 tratta da: Kinfe TM et al. 2015
40
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
periacqueduttale e si osservano modificazioni nel metabolismo della serotonina che influenzano i
sistemi discendenti inibitori che originano dal nucleo del Rafe e dal grigio periacqueduttale. Il sistema
inibitorio è dunque rafforzato con un effetto generale di riduzione dell’attività della cosiddetta pain
matrix. Grazie al suo effetto sull’ipotalamo e sui circuiti endorfinici stimola le vie ipotalamo-
trigeminali influenzando l’attività dei nuclei trigeminali e determinando una diminuzione
dell’attivazione nocicettiva che riduce la frequenza delle crisi. È possibile che l’effetto di
stimolazione meccanica ed elettrica diretta che l’ago determina sul grande nervo occipitale a livello
dei punti 10BL e 20GB in corrispondenza della prima vertebra cervicale moduli l’attività del
complesso trigemino-vascolare riducendone la reattività e determinando una normalizzazione
dell’attivazione vegetativa e dell’attività vasomotoria. L’Agopuntura determina anche una
stimolazione vagale sia diretta tramite la stimolazione dei punti del collo sia indiretta, tramite
l’ipotalamo. L’attivazione vagale determina un miglioramento del disturbo anche nelle forme più
complesse. L’agopuntura è di sicuro da considerarsi di prima scelta una volta effettuata una corretta
diagnosi per il suo effetto sulle dinamiche craniche che stanno alla base della cefalea. Il suo contributo
determina un effetto su diversi circuiti funzionali cerebrali che intervengono nella cronicizzazione
del disturbo e sulla gravità delle crisi e determina un miglioramento significativo dei sintomi e della
qualità della vita nel breve, medio e lungo termine.
All’interno delle terapie non farmacologiche per le cefalee, possiamo inserirci sicuramente anche
l’osteopatia. Nel capitolo 3 verrà spiegato in maniera più dettagliata cos’è e di cosa si occupa, e in
seguito sono stati riportati quattro studi randomizzati che mostrano interessanti risultati.
Terapie Mente-Corpo per la cura delle Cefalee
Gli eventi della vita
Che gli eventi di vita stressanti giochino un ruolo fondamentale nella patogenesi e nella
cronicizzazione della cefalea, in particolare dell’emicrania, può essere compreso se teniamo in
considerazione le conoscenze acquisite nell’ambito delle neuroscienze sul legame tra stress,
dolore e disturbi psichiatrici.
In letteratura c’è sovrabbondanza di dati, anche derivati da studi clinici sulla cefalea emicranica, che
supportano l’associazione tra maltrattamenti infantili e sviluppo di patologie legate al dolore cronico
(sindrome del colon irritabile, fibromialgia, sindrome da fatica cronica, artriti) e disturbi da stress di
tipo psichiatrico (ansia, depressione) in età adulta. L’alterazione precoce dei circuiti neuroendocrini
dello stress e del dolore predisporrebbe quindi i soggetti maltrattati a questo tipo di
sindromi (Tietjen 2016).
Gli studi sulla meditazione nella terapia delle cefalee si focalizzano soprattutto sulla Mindfullness e
su pratiche più antiche come lo Yoga. La meditazione Mindfulness, ideata da Kabat-Zinn negli
41
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
anni’70, è risultata essere efficace nel controllo del dolore cronico negli adulti e nei bambini; in studi
longitudinali non randomizzati, ampi per numerosità, il sottogruppo con cefalea cronica ha tuttavia
sperimentato il miglioramento di minore entità dello score clinico (Rosenzweig 2010).
Altri studi comprendono piccoli trial randomizzati controllati e studi pilota di poche decine di soggetti
generalmente giovani, emicranici e non, che non hanno mostrato una riduzione significativa del
numero e dell’intensità degli attacchi, ma un miglioramento dei sintomi legati
allo stress, al benessere fisico e alla qualità di vita. Un piccolo studio ha addirittura voluto dimostrare
l’effetto analgesico immediato della meditazione sottoponendo 27 emicranici inesperti a una seduta
di 20 minuti di meditazione Mindfulness durante l’attacco acuto. I risultati,
sebbene dovranno essere confermati, sono promettenti: si è registrata una riduzione efficace ed
immediata del 33% del dolore e del 43% della tensione emotiva, percentuale di efficacia del tutto
rispettabile in quanto in linea con quella dei farmaci sintomatici come i Triptani (Tonelli 2014).
Gli effetti dello Yoga sull’emicrania sono stati ampiamente studiati sin dagli anni’60 del Novecento,
ma è negli ultimi dieci anni che si sono prodotti lavori di qualità, randomizzati controllati, sebbene
ancora limitati dalla bassa numerosità del campione. In tutti, prevale la netta
riduzione della frequenza e dell’intensità degli attacchi e della scala del dolore percepito, nonché della
bilancia simpatovagale e della reattività allo stress, a favore di un incremento del tono vagale (Kisan
2014).
Anna Giulia Bottaccioli (Terapie Mente-Corpo per la cura delle Cefalee: Evidenze scientifiche di efficacia e sicurezza)
4 Cos’è l’osteopatia e cosa fa l’osteopata Questo capitolo ha lo scopo di introdurre l’Osteopatia descrivendone i principi e le modalità cliniche.
Inoltre spiega la funzione dell’osteopata e le linee guida di trattamento. Abbiamo voluto prendere
spunto da documenti ufficiali europei ed internazionali nel tentativo di una descrizione il più possibile
oggettiva, anche se talvolta non completamente esaustiva. I documenti sono il documento CEN
“Disposizioni per i Servizi Sanitari Osteopatici” il “Benchmark for training Osteopathy” e il
“Glossary of Osteopathic Terminology”.
Il documento CEN “Disposizioni per i Servizi Sanitari Osteopatici” è una Normativa europea che
riferisce i requisiti di sicurezza e qualità per la pratica osteopatica e per l’insegnamento. È stata redatta
dal Comitato Tecnico CEN/TC 414 in collaborazione con l’ente italiano UNI (Ente Italiano di
Normazione). Questa normativa non è una legge, quindi di fatto non obbliga nessuno ad espletarla,
ma di fatto è un documento ufficiale che bisogna tenere in considerazione.
42
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
I “Parametri di riferimento per la formazione in osteopatia” è stato redatto nel 2010
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), mentre il “Glossario Terminologico Osteopatico”
è stato pubblicato nel 2009, dopo precedenti edizioni, dal “American Association of Colleges of
Osteopathic Medicine” (AACOM).
Quest’ultimo ha il presupposto di presentare le parole, i termini o le espressioni più usate che sono
uniche dell’osteopata o con un particolare significato per il professionista. Il glossario offre il
consenso di un largo segmento di professionisti osteopati e serve per standardizzare la terminologia.
Descrizione dell'osteopatia
L'osteopatia fu sviluppata da Andrew Taylor Still, un medico e chirurgo statunitense vissuto alla metà
del XIX secolo, il quale fondò la prima scuola indipendente di osteopatia nel 1892.
L'osteopatia (denominata anche medicina osteopatica) si affida al contatto manuale per effettuare la
diagnosi palpatoria ed il trattamento. Essa rispetta il rapporto esistente tra il corpo, la mente e lo
spirito sia nella salute che nella malattia; essa pone particolare enfasi sull'integrità strutturale e
funzionale del corpo nonché sull'intrinseca tendenza del corpo a guarire sé stesso. Gli operatori di
osteopatia utilizzano un'ampia varietà di tecniche terapeutiche manuali per migliorare la funzione
fisiologica e/o sostenere l'omeostasi che sono alterate per la presenza di una disfunzione somatica
(struttura corporea), cioè della funzione danneggiata o alterata delle componenti del sistema somatico;
delle strutture scheletriche, artrodiali e miofasciali; e dei relativi elementi vascolari, linfatici e neurali.
Gli operatori di osteopatia sfruttano le proprie conoscenze del rapporto tra la struttura e la funzione
per ottimizzare le capacità di auto-regolazione e di auto-guarigione del corpo. L'approccio olistico
mirato alla terapia e alla guarigione del paziente si basa sul concetto che l'essere umano è un'unità
funzionale dinamica, nella quale tutte le parti sono intercorrelate e che è provvista di meccanismi per
la propria auto-regolazione ed auto-guarigione. Una componente essenziale della terapia osteopatica
è la terapia manuale, tipicamente denominata trattamento manipolativo osteopatico (TMO), che
indica una serie di tecniche manipolative le quali possono essere combinate con altri tipi di trattamenti
o consigli, per esempio riguardanti la dieta, l'attività fisica e la postura, o il counseling. La pratica
dell'osteopatia si distingue da altre professioni sanitarie che utilizzano le tecniche manuali, quali ad
esempio la fisioterapia o la chiropratica, nonostante alcune delle tecniche e degli interventi applicati
possano sovrapporsi. Poiché l'osteopatia prevede un approccio manipolativo per curare il paziente,
essa ha contribuito al corpo delle conoscenze delle terapie manuali e della medicina complementare
e alternativa. (Tratto da Benchmars for training Osteopathy).
Lo scopo dell'osteopatia è migliorare e promuovere tutti gli aspetti della salute e del sano sviluppo. Il
trattamento osteopatico può essere preventivo, curativo o adiuvante.
43
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Gli osteopati analizzano e valutano i processi funzionali del paziente e si avvalgono di principi
riconosciuti per la diagnosi e il trattamento personalizzati del paziente.
Tali principi sono i seguenti:
– l'essere umano è un'unità funzionale dinamica, sul cui stato di salute incidono il corpo, la
mente e lo spirito; se una delle parti del sistema si modifica, ciò influisce sull'equilibrio di
tutto l'insieme;
– il corpo è dotato di meccanismi di auto-regolazione ed è naturalmente in grado di guarire sé
stesso; l'essere umano cerca sempre di recuperare il proprio equilibrio dinamico e di stabilire
l'omeostasi;
– la struttura e la funzione sono interrelate a tutti i livelli dell'essere umano.
Nell'ambito dell'assistenza sanitaria, l'approccio osteopatico è centrato sul paziente ed è focalizzato
sulla salute del paziente piuttosto che sulla malattia.
Gli osteopati impiegano il contatto manuale per individuare e valutare il movimento in tutti gli aspetti
strutturali e funzionali del paziente, individuando le alterazioni della funzione e del movimento che
impediscono la salute, e intervenendo su di essi.
L'osteopatia è finalizzata a indurre e promuovere i meccanismi di auto-guarigione e di auto-
regolazione intrinseci del corpo; essa rispetta il rapporto tra corpo, mente e spirito nella salute e nella
malattia.
L'osteopatia è una disciplina sanitaria indipendente. Gli osteopati possono anche collaborare con
operatori di altre discipline.
L'osteopatia è basata sui principi derivanti dalla fisiologia, anatomia, embriologia umane e da altre
scienze mediche. In conseguenza della complessità dell'organismo umano, in osteopatia vengono
utilizzati numerosi modelli differenti.
Tipicamente, per ciascun paziente è necessario applicare una combinazione di modelli che devono
essere adattati alla relativa diagnosi differenziale, alle co-morbilità, ad altri regimi terapeutici e alla
risposta al trattamento.
Agli osteopati viene insegnato che il paziente deve essere considerato nella sua totalità, e che il modo
in cui il paziente si presenta per il trattamento dipende dalla sua personale salute fisica, mentale ed
emotiva. L'approccio osteopatico si basa su un senso del tatto molto sviluppato e tiene conto degli
aspetti unitari dei sistemi complessi.
(Disposizioni per i Servizi Sanitari Osteopatici CEN/TC 414)
Modelli osteopatici di struttura-funzione
Generalità
44
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Nel 2010 l'OMS enunciò i cinque modelli sottoelencati [11 World Health Organization, Benchmarks
for training in Osteopathy, 2010]. Tuttavia tali modelli non sono da ritenersi esaustivi né si intende
che descrivano completamente i diversi approcci che gli osteopati adottano per il trattamento della
disfunzione. Nel corso della diagnosi e del trattamento l'operatore osteopatico orienta il proprio
approccio in base a cinque principali modelli di struttura-funzione. Tali modelli vengono di norma
combinati in modo da fornire uno schema atto ad interpretare la significatività della disfunzione
nell'ambito delle informazioni cliniche oggettive e soggettive. La combinazione più adatta al paziente
viene selezionata in base alla diagnosi differenziale, alle co-morbilità, agli altri regimi terapeutici in
corso ed alla risposta del paziente al trattamento.
Modello biomeccanico
Il modello biomeccanico considera il corpo come di componenti somatiche collegate reciprocamente
in un meccanismo preposto alla postura e all'equilibrio. Eventuali stressori o scompensi di tale
meccanismo possono influire sulla sua funzione dinamica, incrementare il dispendio energetico,
alterare la propriocezione (il senso che consente a un individuo di percepire la posizione e il
movimento relativo delle varie parti del corpo), alterare la struttura delle articolazioni, impedire la
funzione neurovascolare ed alterare il metabolismo. Questo modello si avvale di alcuni approcci
terapeutici, incluse le tecniche manipolative osteopatiche, che permettono di ripristinare la postura e
l'equilibrio, nonché l'utilizzo efficiente delle componenti muscolo-scheletriche.
Il modello respiratorio/circolatorio
Il modello respiratorio/circolatorio fa riferimento al mantenimento degli ambienti extracellulari ed
intracellulari, tramite l'apporto privo di impedimenti di ossigeno e sostanze nutrienti, nonché la
rimozione dei prodotti del metabolismo cellulare. Lo stress tissutale e altri fattori che interferiscono
con il flusso o la circolazione di qualsiasi fluido corporeo possono influire sulla salute dei tessuti.
Questo modello ricorre a vari approcci terapeutici, tra cui le tecniche manipolative osteopatiche, per
influire sulla disfunzione nella meccanica respiratoria, nella circolazione e nel flusso dei liquidi
corporei.
Il modello neurologico
Il modello neurologico considera l'influsso della facilitazione spinale, della funzione propriocettiva,
del sistema neurovegetativo e dell'attività dei nocicettori (fibre del dolore) sulla funzione della rete
neuroendocrino-immunitaria. Particolare importanza viene attribuita al rapporto tra il sistema
somatico e quello viscerale (autonomo). Questo modello si avvale di alcuni approcci terapeutici,
incluse le tecniche manipolative osteopatiche, per ridurre gli stress meccanici, riequilibrare le
45
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
afferenze neurali e ridurre o eliminare l'impulso nocicettivo. A volte viene denominato anche modello
cranio-sacrale.
Il modello biopsicosociale della struttura-funzione
Il modello biopsicosociale riconosce le varie reazioni e i vari stress psicologici che possono influire
sulla salute e il benessere del paziente. Tra questi si possono annoverare i fattori ambientali,
socioeconomici, culturali, fisiologici e psicologici che influiscono sulla malattia. Questo modello si
avvale di vari approcci terapeutici, tra cui le tecniche manipolative osteopatiche, per occuparsi degli
effetti dei vari stressori biopsicosociali o delle reazioni ad essi.
Il modello bioenergetico
Il modello bioenergetico riconosce che il corpo cerca di mantenere un equilibrio tra la produzione, la
distribuzione ed il dispendio dell'energia. Mantenere tale equilibrio permette al corpo di adattarsi ai
vari stressori (immunologici, nutrizionali, psicologici, ecc.). Questo modello s’avvale di vari approcci
terapeutici, tra cui le tecniche manipolative osteopatiche, per influire sui fattori potenzialmente in
grado di alterare la produzione, la distribuzione e il dispendio di energia.
(Disposizioni per i Servizi Sanitari Osteopatici CEN/TC 414)
Tipi di tecniche utilizzate nel trattamento osteopatico
Generalità
Il trattamento osteopatico può avvalersi di numerose tecniche diverse, applicate in modi differenti.
Alcune di tali diverse tecniche sono elencate qui di seguito. L'elenco non comprende tutte le tecniche
utilizzate dagli osteopati. Alcune tecniche possono rientrare in più di una categoria.
Tecniche dirette (5)
Comprendono le tecniche a impulso ad alta velocità e bassa ampiezza (5.1), le tecniche articolatorie
(5.2), le tecniche dei tessuti molli (5.3) e le tecniche a energia muscolare (5.4).
Tecniche indirette (6)
Comprendono le tecniche funzionali (6.1), lo Strain-Counterstrain® (6.2), il rilasciamento
posizionale facilitato (6.3).
Tecniche di bilanciamento (7)
Comprendono il bilanciamento delle tensioni legamentose (7.1) e lo strain articolare legamentoso
(7.2).
Tecniche combinate (8)
Comprendono il rilasciamento miofasciale (8.1), le tecniche di miotensionamento (8.2), la tecnica di
Still (8.3), le tecniche di esagerazione (8.4), le tecniche craniali (8.5), la mobilizzazione viscerale e
neurale (8.6).
46
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
(Disposizioni per i Servizi Sanitari Osteopatici CEN/TC 414)
Bibliografia:
1. Gevitz N. The DOs: Osteopathic Medicine in America, 2nd ed. Baltimore, Johns Hopkins
University Press, 2004
2. Trowbridge C. Andrew Taylor Still 1828-1917, 1st ed. Kirksville, MO: the Thomas Jefferson
University Press, 1991.
3. World Osteopathic Health Organization Osteopathic glossary. (www.woho.org accessed 19
April 2008). Diagnosi palpatoria: termine usato dai praticanti osteopati per denotare il
processo di palpazione del paziente per valutare la struttura e la funzione dei sistemi
neuromuscolare e viscerali.
4. Disfunzione somatica: funzione danneggiata o alterata delle componenti somatiche del
Sistema (strutturale): scheletro, strutture artrodiali e fasciali, e i loro relativi elementi
vascolari, linfatici e nervosi. American Association of Colleges of Osteopathic Medicine.
Glossary of Osteopathic Terminology (http://www.aacom.org, revised 2002).
5. World Osteopathic Health Organization Osteopathic glossary. (www.woho.org accessed 19
April 2008). Tecniche manipolative osteopatiche dove viene ingaggiata la barriera restrittiva
viene applicata una finale forza per correggere la disfunzione somatica.
5.1 Alta velocità/ bassa ampiezza (HVLA): delle tecniche dove si utilizza una rapida forza
terapeutica di breve durata che percorre un breve range motorio dell’articolazione, e
che ingaggia la barriera restrittiva in uno o più piani di movimento per ottenere un
rilascio della restrizione. Anche conosciute come tecniche in Thrust.
5.2 Articolatorie (ART): tecniche a bassa/moderata velocità e alta ampiezza, dove
l’articolazione viene portata attraverso la sua completa mobilità con l’obiettivo
terapeutico di ripristinare il movimento articolare. La forza di azionamento è o uno
spring ripetitivo o ripetitivi movimenti concentrici dell'articolazione attraverso la
barriera restrittiva,
5.3 Tecniche sui tessuti molli: Tecniche dirette che solitamente consistono in uno
stiramento laterale, parallelo, una pressione profonda, una trazione o una separazione
dell’origine dall’inserzione del muscolo, mentre si monitora la risposta tissutale
cambiata, dalla palpazione. Anche chiamato trattamento myofasciale.
5.4 Tecniche ad energia muscolare: una tipologia di manipolazione osteopatica e
trattamento dove viene usata l’attivazione muscolare del paziente, da una precisa
47
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
posizione, in una specifica direzione, e ancora una consistente controspinta
dell’operatore. Prima descrizione nel 1948 da Fred Mitchell, Sr DO.
6. World Osteopathic Health Organization Osteopathic glossary. (WOHOOG) (www.woho.org
accessed 19 April 2008). Tecniche manipolative osteopatiche dove non viene ingaggiata la
barriera restrittiva è e le parti disfunzionali del corpo vengono mosse dalla barriera restrittiva
fino a che le tensioni tissutali sono uguali in uno o tutti i piani di direzione.
6.1 Tecniche funzionali: un approccio di trattamento indiretto che consiste nel trovare il
punto di bilanciamento dinamico, attraverso: l’applicazione di una forza indiretta,
mantenendo la posizione o aggiungendo compressione per esagerare la posizione e
permettere lo spontaneo riaggiustamento. L’osteopata guida la procedura manipolativa
mentre l’area disfunzionale viene palpata, per ottenere un continuo feedback della
risposta fisiologica per indurre il movimento. L’osteopata guida la porzione
disfunzionale così da creare un decremento della resistenza dei tessuti.
6.2 Strain-Counterstrain® Un Sistema di diagnosi osteopatico e di trattamento indiretto,
in cui la disfunzione somatica del paziente, viene diagnosticata dall’associazione di
punti dolorosi miofasciali (tenderpoints). Vengono trattati usando una posizione
passiva, provocando un rilascio spontaneo del tessuto e un decremento del 70% della
dolorabilità del punto (tenderness).
6.3 Il rilasciamento fasciale facilitato: Un Sistema di rilascio miofasciale indiretto. Le
componenti del corpo vengono posizionate in una posizione neutrale, diminuendo la
tensione dei tessuti e dell’articolazione in ogni piano spaziale, e viene aggiunta una
forza attiva di compressione o torsione. Tecniche per la prima volta descritte da
Stanley Schiowitz, DO.
7. Tecniche di bilanciamento: Tecniche utili per ripristinare lo stato ideale fisiologico di
equilibrio armonioso delle tensioni fra due o più strutture.
7.1 Bilanciamento tensionale legamentoso (BTL): In accordo con il modello di Sutherland,
tutte le articolazioni del corpo sono bilanciate da meccanismi tensionali legamentosi. Il
legamento provvede le informazioni propriocettive che guidano il muscolo responsabile
del posizionamento dell’articolazione. Il legamento guida lui stesso il movimento delle
component articolari. 2) la prima descrizione in “Osteopathic Technique of William G.
Sutherland”.
7.2 Tecniche di strain legamentoso articolare: tecniche manipolative dove l’obiettivo del
trattamento è quello di bilanciare le tensioni dei legamenti opposti dove è presente una
48
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
anormale tensione. Una serie di tecniche miofasciali sono descritte da Howard Lippincott
DO, e Rebecca Lippincoot, DO.
8. Tecniche combinate: una strategia di trattamento dove I movimenti iniziali sono indiretti,
quando la tecnica è finite il movimento cambia di direzione. Si applica una sequenza
manipolativa due o più volte. Concetto descritto da Paul Kimberly, DO.
8.1 Rilascio miofasciale: tecniche dirette ai muscoli e alla fascia, simile al trattamento per
tessuti molli.
8.2 Tecniche di miotensionamento: UN Sistema di diagnosi e di trattamento che usa la
contrazione muscolare e il rilascio contro resistenza dell’osteopata, rafforza o allunga
i muscoli e mobilizza le articolazioni.
8.3 La tecnica di Still: Caratterizzata da uno specifico, non ripetitivo metodo di articolare
prima in tecnica indiretta e poi diretta.
8.4 Le tecniche craniali: Un sistema di diagnosi e trattamento dall’operatore osteopata che
usa il meccanismo respiratorio primario e il bilanciamento delle tensioni membranose.
Riferito al Sistema di diagnosi e trattamento per la prima volta descritto da William G.
Sutherland, DO.
8.5 Mobilizzazione viscerale: un sistema di diagnosi e trattamento diretto ai visceri per
incrementare la loro funzione fisiologica. Tipicamente, i visceri sono mossi attraverso
le loro inserzioni fasciali ai punti di bilanciamento fasciale. Chiamate anche tecniche
ventrali. (WOHOOG)
49
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
5 Materiali e metodi 5.1 Strategia di indagine
Il lavoro di revisione della letteratura e la ricerca del materiale sono stati effettuati in un periodo
compreso tra settembre 2006 e gennaio 2015. Per trovare il materiale è stato interrogato il motore di
ricerca scientifico Pubmed afferente al database MedLine.
Sono state utilizzate le seguenti parole chiave: Tensione Headache and osteopathic treatment, migrain
and osteopatihic treatment, headache and osteopathic treatment.
Sono state prese in considerazione solo due tipologie di cefalea, per essere il più possibile precisi ed
esaustivi in queste due specifiche tematiche. La ricerca è stata eseguita inserendo parole chiave in
lingua inglese. Sono stati selezionati articoli che presentassero i full-text e free-full text. Ai fini di
una revisione della letteratura con un alto livello di scientificità sono stati utilizzati solo i lavori
sperimentali controllati randomizzati (RCT).
5.2 Risultati della ricerca Utilizzando i criteri sopra riportati, sono stati trovati in totale 119 articoli. Ne sono stati esclusi 52
perché duplicati, altri 50 perché non parlavano specificatamente dell’OMT, perché non erano in
lingua inglese, o perché trattavano di patologie specifiche abbinate a cefalea. Dei 17 articoli rimasti,
abbiamo selezionato solamente quelli randomizzati controllati. Per cui sono stati selezionati, infine
solo 4 articoli che risultavano utili alla revisione della letteratura. (Figura 1 Flow Chart)
50
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
5.3 Analisi dei dati L’analisi dei dati ha previsto la valutazione di 4 articoli secondo le scale di valutazione di Jadad e
Pedro Scale, strumenti validati per valutare la qualità e la metodologia di un articolo RCT. Essi, infatti
analizzano l’adeguatezza di randomizzazione, doppio cieco e perdita al follow up.
119 records identificati
provenienti da Pubmed Medline database
67 dopo aver rimosso i duplicati
50 esclusi:
- Non parlavano espressamente di OMT;
- Non in lingua inglese;
- Specifici per patologie non analizzate.
17 articoli full text valutati
6 studi inclusi nella sintesi descrittiva
11 esclusi, considerati solo:
- RCT
- Pre Post studies
- Case Series Study
51
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Nella scala Jadad il punteggio può variare da 0 a 5, tenuto conto di questi fattori si può ritenere di
buona qualità un articolo che superi o che coincida con un punteggio pari a 3.
Nella Pedro Scale invece il punteggio va da 0 a 11, e un articolo si può ritenere di buona qualità solo
se ha un punteggio pari o superiore a 6.
Tutti i quattro articoli selezionati hanno avuto ottime valutazioni secondo le scale descritte sopra.
Numero Autori Titolo Punteggio Jadad Punteggio Pedro
1 Rosemary E et al.
A comparison of
selected
osteopathic
treatment and
relaxation for
tension-type
headaches
4/5 10/11
2 Francesco
Cerritelli et al.
Clinical
effectiveness of
osteopathic
treatment in
chronic migraine
3-Armed
randomized
controlled trial
5/5 11/11
3 Karen Voigt et al.
Efficacy of
Osteopathic
Manipulative
Treatment of
Female
3/5 6/11
4 Guido Rolle
Pilot Trial of
Osteopathic
Manipulative
Therapy for
Patients With
Frequent Episodic
Tension-Type
Headache
4/5 9/11
52
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
6 Descrizione degli articoli 6.1 Partecipanti Nello studio numero 1, 46 persone hanno ricevuto interviste telefoniche per vedere se combaciassero
con il criterio dello studio. Solo 29 pazienti, sono risultati idonei allo studio, hanno firmato il consenso
e hanno potuto iniziare lo studio. Alcuni pazienti sono stati reclutati attraverso giornali, pubblicità di
riviste e volantini posti in cliniche di professionisti. Tutti i pazienti sono stati inizialmente intervistati
al telefono e poi hanno compilato questionari per essere certi che corrispondessero a tutti i criteri. I
pazienti accettati dovevano avere minimo 16 anni e soffrire di episodi frequenti di cefalea di tipo
tensivo in accordo ai criteri dell’International Headache society, 2004. Non sono stati esclusi i
pazienti che stavano assumendo farmaci per il dolore. Tutti i partecipanti tranne uno stavano
assumendo medicinali e molti erano ricorsi a diversi tipi di farmaci. Per quanto riguarda gli altri
avevano provato EMG biofeedback, yoga, terapia cranio sacrale, trattamenti terapeutici e nerve block,
osteopatia, fisioterapia, omeopatia, rilassamento, chiropratica, massaggio, e tutti ancora cercavano
sollievo. Alcuni pazienti sono stati esclusi per i seguenti motivi: 1) avevano cefalea indotta da trauma
e emicrania; 2) avevano disordini dell’articolazione temporo-mandibolare; 3) erano state
diagnosticate loro gravi forme di depressione, attacchi d’ansia, diabete non controllato, ipertensione,
disturbi nasali; 4) stavano assumendo antidepressivi.
Lo studio di Francesco Cerritelli et al è stato fatto nel dipartimento di Neurologia dell’ospedale di
Ancona, nel periodo tra marzo 2010 e novembre 2011. I pazienti ammessi allo studio dovevano
includere diversi criteri: diagnosi di emicrania cronica secondo i criteri del ICHD, almeno quindici
giorni di emicrania al mese per almeno tre mesi in assenza di medicinali e non attribuibili a malattie;
dolore refrattario prima dell’assunzione di medicine; cefalea presente per almeno 12 mesi o più. I
criteri di esclusione sono: pazienti con cefalea secondaria (dovuta ad altre patologie), malattie
croniche, disordini psichiatrici, donne in menopausa, età sotto i 18 e sopra i 60 anni, segni psicologici
significativi, uso abituale di droghe, trattamenti alternativi per l’emicrania (agopuntura, massaggi
ecc.) e trattamenti osteopatici precedenti.
Sono stati esaminati 225 soggetti, ma dopo le applicazioni dei criteri di esclusione, parteciparono solo
105 pazienti, divisi casualmente in tre gruppi (n. 35 in ciascuno): OMT, Sham Gruppo di controllo.
Il gruppo OMT aveva un’età media di 36.9, un BMI medio di 22.6 ed era composto da 8 maschi e 27
femmine. Il gruppo Sham aveva un’età media di 40.7 anni, un BMI di 23.8, ed era composto da 13
maschi e 22 femmine. Il gruppo di controllo infine, aveva un’età media di 38.4 anni, un BMI di 24.4
ed era formato da 15 maschi e 20 femmine.
Lo studio 3 è stato condotto su 42 pazienti femmina comprese tra i 18 e i 65 anni con un minimo di
3 attacchi di emicrania al mese.
53
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
I pazienti sono stati reclutati attraverso un avviso nel giornale locale e con volantini negli studi dei
dottori di Dresda (Germania) e in zone circostanti nel 2007/2008. I candidati vennero intervistati per
telefono rispettando i criteri di inclusione. Criteri di esclusione furono i seguenti: terapie non mediche
(come agopuntura, omeopatia) entro otto settimane prima dell’inizio dello studio, gravidanza,
lattazione, e disturbi neurologici (come tumori cerebrali, sclerosi multipla).
I pazienti, nello studio 4, sono stati reclutati da 5 medici di cura primaria (medici di famiglia), come
indicato nella guida per un esperimento controllato (Bendtsen L. et al).
I criteri di inclusione erano: la diagnosi di Cefalea di tipo tensiva Episodica Frequente (CTEF,
utilizzando i parametri dell’Internetional Classification of Headache Disorder).
I criteri di esclusione erano invece: un’età più giovane di 18 anni o più vecchia di 65 anni; l’uso di
farmaci per cefalee acute in più di dieci giorni al mese per almeno tre mesi; la durata del disturbo è
inferiore ad un anno; la presenza di maggiori problemi psichiatrici; la presenza della cefalea è il
risultato di altri disturbi (cefalea secondaria), includendo disordini cognitivi e dolori cranici; altri tipi
di trattamento profilattico continuativo durante il periodo di studio.
Sono stati visitati 67 pazienti di cui 58 sono stati iscritti allo studio. 14 si sono ritirati perché uscivano
dai protocolli, 10 a causa della povera conformità con le procedure dello studio (rifiuto ad aderire al
protocollo di trattamento alla visita iniziale) e gli altri 4 a causa dell’uso di terapia farmacologica
durante il periodo di studio. 21 pazienti sono stati assegnati casualmente al gruppo OMT e 23 al
gruppo controllo. Quattro pazienti nel gruppo di controllo sono stati esclusi dallo studio: 2 hanno
chiesto specificatamente di interrompere il protocollo durante il trattamento attivo, e gli altri 2 hanno
assunto farmaci durante il periodo di follow-up; tutti i pazienti nel gruppo di trattamento osteopatico
hanno completato lo studio. Perciò un totale di 40 pazienti hanno completato lo studio: 21 nel gruppo
OMT e 19 nel gruppo controllo. Il gruppo OMT include 4 maschi e 17 femmine con un’età di 32.7
anni (SO = 10.8) e il gruppo di controllo include 2 maschi e 17 femmine, con una media di età di 36.3
anni. Non sono stati riscontrati eventi avversi in tutto lo studio per entrambi i gruppi.
6.2 Disegno dello studio e randomizzazione Tutti i quattro studi sono randomizzati, tuttavia solo lo studio numero 2 utilizza l’R software per
dividere casualmente i pazienti nei tre gruppi. Nello studio 4 un operatore esterno ha utilizzato il
lancio della moneta per decidere in quale gruppo destinare i pazienti, mentre nello studio 1 e 3 non
viene usato uno specifico criterio per randomizzare i pazienti. Inoltre solamente negli studi 2 e 4 viene
utilizzato un gruppo controllo palcebo (sham terapy), di cui i pazienti non erano a conoscenza. Le
linee guida raccomandano uno studio in doppio cieco, ma le tecniche manuali non possono essere
praticate senza la consapevolezza dell’operatore, quindi il trattamento fisico non può essere cieco.
54
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
6.3 Descrizione del gruppo studio e del gruppo controllo
Lo studio 1 è un singolo caso clinico realizzato con un progetto sperimentale. I pazienti affetti da
cefalea di tipo tensivo sono state reclutati per questo studio e poste in cieco, senza un criterio
specifico, nel gruppo di controllo (c; n = 12) o nel gruppo sperimentale (E; n =14). Entrambi i gruppi
hanno eseguito esercizi per il rilassamento muscolare (PMR) a casa mentre il gruppo sperimentale ha
ricevuto anche 3 trattamenti osteopatici. Solo 26 persone hanno completato lo studio. Tre pazienti in
seguito sono usciti dallo studio: uno ha abbandonato perché non riusciva a trovare il tempo per fare
gli esercizi fisici, un altro perché non ha compilato il diario dopo la valutazione iniziale, il terzo è
dovuto uscire dallo studio.
Lo studio 2 è randomizzato in singolo cieco. Infatti tutti i pazienti sono stati inseriti nei tre gruppi in
maniera casuale usando l’R software. Il campione fu diviso casualmente nei gruppi: OMT + terapia
medica (gruppo OMT), effetto placebo + terapia medica (gruppo SHAM), solo terapia medica
(gruppo di controllo).
Il processo di randomizzazione è stato fatto da un operatore esterno. Le valutazioni cliniche sono state
fatte all’inizio dello studio (T0) e dopo 24 ore (T1) dello stesso neurologo che non conosceva né
l’assegnazione del gruppo né i risultati dei pazienti. Nessuno dello staff dello studio era a conoscenza
del gruppo di appartenenza dei soggetti, solo gli osteopati erano a conoscenza del tipo di trattamento
che i soggetti subivano. I dati clinici e osteopatici erano usati da un software ad hoc per evitare
contaminazioni ed erano usati solo da un esperto di statistica del centro. Il post trattamento era testato
attraverso un’unica domanda fatta per telefono dal neurologo.
Lo studio 3 è randomizzato controllato (non viene specificato il metodo di randomizzazione) senza
cieco ed è stato approvato dalla commissione etica del Faculty of Medicine Carl Gustav Carus e del
Dresden University of Technology il 27 agosto del 2007. I soggetti vennero divisi in un gruppo
sperimentale (n = 21) e in un gruppo controllo (n = 21). Il gruppo sperimentale includeva tutti pazienti
femmine tra i 18 e i 65 anni con un minimo di tre attacchi di emicrania al mese. Non ci sono deviazioni
significative tra i due gruppi, per quanto riguarda età, anni con emicrania, e sintomo di aura. Il range
d’età è tra 24 e 65 anni, con una media di 45. La diagnosi di emicrania con aura è stata assegnata a
13 pazienti, e gli anni con emicrania variano da 2 a 45, con una media di 23. Ogni gruppo ha avuto
due persone che hanno abbandonato lo studio a cause sconosciute.
Lo studio pilota è randomizzato placebo-controllato in singolo cieco, è considerato sperimentale,
senza quindi potere di analisi. I pazienti sono stati assegnati casualmente al gruppo di controllo o al
gruppo sperimentale, sulla base di un lancio della moneta del medico curante. I pazienti erano in
cieco, nel documento preliminare per il consenso informato, gli veniva detto che sarebbero stati
55
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
assegnati casualmente al primo o al secondo gruppo con due differenti trattamenti manuali
somministrati.
Nello studio numero 4 i pazienti sono stati collocati casualmente, sulla base di un lancio della moneta,
nel gruppo studio o nel gruppo controllo. Il gruppo studio riceve tecniche osteopatiche correttive,
adattate per ogni paziente; il gruppo controllo riceve una valutazione del ritmo cranico (placebo). Lo
studio include un mese di periodo base, un mese di periodo di trattamento e un ricontrollo a tre mesi.
6.4 Outcome valutativi Nei 4 studi esaminati non vi è omogeneità di outcome. Infatti nessuno di loro prendeva in
considerazione uno o più outcome uguali agli altri. Di conseguenza verranno descritti ora, per ogni
singolo studio.
Nello studio numero 1 gli outcome valutati sono stati il numero di giorni senza cefalea, il grado di
miglioramento della cefalea e l’intensità. Più precisamente sono state prese queste 4 variabili
dipendenti come outcome valutativi:
1) L’Indice del Diario della Cefalea (HD Headache Diary rating), considerato come maggior
parametro soggetto a cambiamento, che combina in un’equazione adoperata da Blanchard et al. la
frequenza e l’intensità della cefalea, per verificare il risultato di un‘ intera settimana e la percentuale
di miglioramento.
𝑃𝑢𝑛𝑡𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 − 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑝𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜)Punteggio pretrattamento 𝑥 100
2) L’Indice del mal di testa invece, (Index Headache HI) è stato calcolato aggiungendo 28 punti
dell’attività del mal di testa di una settimana e dividendolo poi per 7. Si ottiene così l’intensità
giornaliera della cefalea. La media del HI pre-trattamento meno l’HI post-trattamento, sarà uguale al
grado di miglioramento della cefalea.
3) Il miglioramento dei giorni senza cefalea (Improvment in Headache Free Days Per Week) è
calcolata confrontando la media dei giorni senza cefalea pre-trattamento con il numero di giorni senza
cefalea post-trattamento. (frequenza)
4) il miglioramento dell’intensità della cefalea è calcolato confrontando la media dell’intensità della
cefalea pre-trattamento con la media dell’intensità della cefalea post-trattamento.
Nello studio numero 2 il risultato primario era il cambiamento dei punti della HIT-6(Headache Impact
test). In seguito fu un questionario che valutava l’impatto della cefalea sulle attività quotidiane. HIT-
6 è stato sottoposto in un t0 e in t2. Per testare la differenza tra i tre gruppi, furono usati due punteggi:
il punteggio generale HIT-6 e la differenza tra t0 e t1 nel punteggio HIT-6. Quest’ultimo fu usato per
comparare i risultati con il MID index. Coeytaux et al stabilivano un MID di 2.3 punti tra il punteggio
HIT-6 di base e il post trattamento per affermare gli effetti clinici rilevanti della procedura data.
56
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Secondariamente il risultato era preso dal diario dei pazienti che segnalava giorni al mese di
emicrania, intensità, disabilità correlate e medicine prese. Le Misurazioni erano di 4 settimane
Nello studio 3 sono stati valutati e confrontati i questionari compilati prima dei trattamenti t1, da
quelli compilati dopo i trattamenti t2. In particolare è stato chiesto il numero di attacchi di emicrania,
e di quale intensità, come quest’ultima potesse condizionare la qualità della vita quotidiana, e come
le attività lavorative.
L’obiettivo principale dello studio 4 era quello di creare un esperimento randomizzato controllato
pilota, metodologicamente rigoroso, che valuti l’efficacia dell’OMT per il trattamento del dolore nelle
cefalee episodiche frequenti.
Per questo i parametri misurati per verificare l’efficacia del trattamento osteopatico, attraverso dei
“diari della cefalea”, sono stati: frequenza (numero di episodi nel periodo considerato), intensità, uso
di farmaci da banco e disabilità correlate.
6.5 Intervento e risultati dell’intervento Nello studio 1 è stato assegnato, a tutti i pazienti, un diario 2 settimane prima dell’inizio dello studio
come raccomandato da Blanchard et al. (1987), in modo da riuscire a tracciare una misura della
frequenza e intensità della loro cefalea. Ai pazienti è stato chiesto di compilare il questionario 4 volte
al giorno (ai pasti e alla sera) e classificare la cefalea su una scala da 0 a 6 (0 = niente cefalea, 6 =
cefalea che rende inermi). Dopo due settimane i pazienti hanno incontrato un professionista il quale
ha controllato i loro diari per accertarsi che lo stessero compilando correttamente. A questo punto ai
pazienti è stato chiesto di compilare il questionario e hanno iniziato a sottoporsi a trattamenti fisici.
Inoltre è stato dato ai pazienti un audio-registratore con le istruzioni per gli esercizi ed è stato chiesto
loro di svolgere esercizi per il rilassamento muscolare (PMR) che dovevano essere eseguiti a casa per
20 minuti al giorno fino al successivo controllo. Gli esercizi dovevano essere segnati ancora una volta
su un diario (Diario del rilassamento). Il registratore è stato fornito dal Center for Addiction and
Mental Helath in Toronto.
I pazienti del gruppo E (experimental) hanno ricevuto un trattamento osteopatico alla settimana per
tre settimane consecutive dal professionista osteopata, il quale si è concentrato sul bacino, sul cranio,
sulla cervicale, sulla colonna dorsale, sulle clavicole e sulle coste superiori. Sono state trattate queste
aree perché segnalate dalla letteratura osteopatica come aree primarie per il trattamento delle cefalee
di tipo tensivo. Il trattamento includeva distensione, inibizione, tecniche di allungamento dei muscoli
cervicali e dei legamenti pleurali. Sulla colonna cervicale sono state usate tecniche come la
mobilitazione delle articolazioni, che includono energia muscolare, la trazione e la contrazione e
tecniche osteoarticolari.
57
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Sono stati trattati anche le prime quattro vertebre della colonna dorsale, l’osso sacro e l’ileo. Sono
state utilizzate tecniche craniosacrali per facilitare il movimento delle ossa craniche e del sacro. Fra
queste tecniche la decompressione del IV ventricolo e il drenaggio dei seni venosi sono state usate
per facilitare lo scorrimento dei fluidi come sangue, linfa e i fluidi cerebrospinali.
Sono state incluse tecniche funzionali per lo sterno, clavicole, e per le prime due coste per completare
il trattamento della zona toracica. Le coste sono state trattate con tecniche di allungamento e prese
miofasciali usando il respiro per rilasciare le restrizioni in inspirazione ed espirazione. Tutti i pazienti
sono stati rivisitati dopo due settimane dal trattamento. I diari del mal di testa sono stati raccolti così
come i diari di rilassamento e i pazienti si sono sottoposti a un trattamento fisico identico a quello
iniziale.
I dati ottenuti dallo studio del diario del mal di testa, usando il t-test e l’analisi della varianza
(ANOVA), hanno mostrato un miglioramento nel numero dei giorni senza cefalea del gruppo E
rispetto al C (p = 0,16). Il gruppo sperimentale ha ottenuto un punteggio di 1,79 per quanto riguarda
i giorni senza cefalea settimanali mentre il gruppo controllo ha totalizzato ,21.
Inoltre il gruppo sperimentale ha ottenuto un miglioramento del 57,5% nella riduzione della frequenza
e dell’intensità della cefalea rispetto al gruppo controllo che ha mostrato un miglioramento del 15,6%.
Il miglioramento della cefalea (p = 0.75) e il punteggio del diario (p = ,059) non sono statisticamente
significativi. Non ci sono state dignificanti differenze nell’intensità del dolore della cefalea.
Per quanto riguarda lo studio 2 il gruppo OMT, in concomitanza alle medicine convenzionali,
ricevette 8 trattamenti osteopatici durante i 6 mesi di studio. Le tecniche usate erano, mio-fasciali,
BLT, bilanciamento membranoso, cranio sacrale. È stato applicato al gruppo di studio un trattamento
osteopatico in base all’effettiva valutazione operatore-dipendente. I criteri per queste valutazioni
erano, alterazione dei tessuti, asimmetria, range di movimento e tender point.
Il compito di valutare e trattare è stato dato a sei osteopati certificati ROI (Registro degli Osteopati
d’Italia), diplomati nella stessa scuola (Accademia Italiana Osteopatia Tradizionale) e con un
curriculum vitae simile. Ogni osteopata era responsabile dello stesso paziente dall’inizio alla fine del
periodo di studio.
Il gruppo Sham riceveva un falso OMT in concomitanza alle medicine tradizionali. Il gruppo riceveva
sia una valutazione che un trattamento senza intenzione di diagnosi da parte dell’osteopata. Il
trattamento Sham veniva fatto con un contatto manuale leggero e a paziente supino. Le aree
anatomiche erano diverse nelle diverse sessioni di trattamento e dipendevano solo dalla scelta
soggettiva dell’operatore. Non c’erano protocolli in termini di numero, durata e tipologia di tatto.
Questo per rendere lo Sham più credibile. Il gruppo Sham ricevette 8 trattamenti reali in più dopo la
58
DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
fine dello studio. OMT e terapia simulata durava 30 minuti ed era strutturata in: una volta a settimana
per le prime due sessioni, due volte per le successive due, mensilmente per le rimanenti 4 sessioni.
A differenza dei soggetti del gruppo OMT e gruppo Sham, che sono stati obbligati a mantenere
farmaci stabili (anche se la frequenza e la dose di farmaci acuti potevano cambiare, se necessario), i
soggetti del gruppo di controllo sono stati in grado di regolare, modificare e ottimizzare i regimi di
farmaci, come indicato dal medico.
Per analizzare i risultati e ancora meglio la varianza dei dati è stato utilizzato il test ANOVA per
verificare la differenza tra i tre gruppi. È apparsa chiara una differenza statisticamente significativa
nel punteggio HIT-6 tra i tre gruppi. Utilizzando il Turkey’s test, sono state approvate le differenze
statisticamente significative tra il gruppo OMT e il gruppo controllo (-8.74; -12.96, -4.52; p<0.001)
e il gruppo Sham (-6.62; -10.85, -2.41; p<0.001).
Si è dimostrato che il gruppo OMT aveva una riduzione statisticamente significativa in comparazione
al gruppo di controllo (-8.40; -11.94; -4.86; p<0.001) e Sham (-4.83; -8.36; -1.29; p<0.001). Sham
non dimostrò alcuna differenza significativa con il gruppo di controllo (-3.12; -6.61; 0.32; p = 0.08)
Alla fine dello studio ANOVA si è dimostrato che l’OMT è indipendentemente associato al cambio
del punteggio HIT-6 così come l’età e il sesso.
Considerando i giorni di emicrania al mese, i tre gruppi differiscono notevolmente alla fine dello
studio (p<0.001). L’analisi dimostrava che il gruppo OMT riduceva notevolmente la frequenza
dell’emicrania (OMT vs controllo: M = -21.06; 95% Cl -23.19, -18.92; p<0.001 e OMT vs Sham: -
17.43; -19.57; -15.29; p< 0.001). Sham è stato molo differente rispetto al gruppo controllo: -3.63; -
5.77; -1.49; p< 0.001.
Prendendo come parametro l’uso di medicine, OMT ridusse significatamente il numero di soggetti
che usavano medicine (OMT n= 7, Sham n= 32, controllo n=35, p< 0.001), decrescendo, dunque, il
relativo rischio.
L’intensità di dolore differiva notevolmente tra i gruppi. (OMT –Sham: RR = 0.42, 0.24---0.69; OMT
------ Controllo: RR= 0.31, 0.19 -----0.49). Anche il punteggio di disabilità variava
significativamente.
Nello studio 3 è stato chiesto ai pazienti di tenere un “diario della cefalea” che veniva usato per
valutare l’efficacia del trattamento. Questi diari includevano un cambiamento riportato nella
frequenza delle cefalee, nell’intensità (per ogni episodio durante il periodo dovevano classificare la
cefalea con una scala che partiva da 1[dolore minimo percepito] a 5 [dolore massimo percepito]. Per
incrementare la precisione dell’intensità del dolore della cefalea riportare dal paziente, è stata usata
una scala da 1 a 5 (invece della suggerita da 0 a 3).
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Si è valutato anche le disabilità correlate alla cefalea in accordo con l’Headache Disability Inventory
(HDI), con un questionario con 25 punti in cui il paziente risponde alle domande relative alla disabilità
con “No” (0 punti), “Qualche volta” (2 punti), o “Si” (4 punti). Il punteggio totale possibile per l’HDI
varia da 0 (no disabilità) a 100 (disabilità grave).
Il HDI è stato riportato dai pazienti alla fine del periodo di base, alla fine dei 30 giorni di trattamento,
e al primo e al terzo richiamo di ricontrollo. Il diario della cefalea riferente il punteggio per ogni
parametro precedente è stato ottenuto allo stesso tempo.
I pazienti nel gruppo d'intervento vennero trattati da un osteopata: un fisioterapista con licenza di
pratica di trattamenti osteopatici (educazione osteopatica completa
I trattamenti manipolativi osteopatici (OMT) sono stati somministrati cinque volte per 50 minuti per
un periodo di 10 settimane nel 2008. Il tipo di applicazione OMT (manuale, viscerale, e/o cranico)
dipendeva dalla particolare diagnosi osteopatica trovata in ogni paziente.
Il gruppo di controllo non ricevette alcun OMT, finto trattamento, o fisioterapia. I pazienti di questo
gruppo compilarono solamente il questionario.
Tutti i soggetti continuarono con le loro precedenti prescrizioni mediche.
Risultati per MIDAS Questionnaire e The Pain Questionaire:
Tra i risultati c’è stata una significativa riduzione nei giorni di emicrania nei risultati della total
MIDAS. Questi punteggi sono significativi (p<0.05 da 37,6 a 24.8 nel gruppo di intervento in
contrasto con il gruppo di controllo (p<0.05; 33.6 – 28.6). Il numero di giorni con emicrania è
diminuito da 23.1 a 19.2 nel gruppo di intervento comparato a una più piccola diminuzione nel gruppo
di controllo (19.1 – 18.7 giorni, sebbene è statisticamente insignificante nei due gruppi (p>0.05).
È stato riscontrato anche un significativo decremento di disturbi di emicrania durante il lavoro (nel
questionario sul dolore) nel gruppo di intervento (66.7 - 50.0 su una scala 0 - 100). Nel questionario
MIDAS, è stato visto un significativo miglioramento nei giorni di disabilità (da 2.5 a 0.5 giorni).
Nel gruppo di intervento (t1), il totale di 19 soggetti dichiararono un’influenza dell’emicrania nella
loro occupazione, che fu ridotta a 17 nel secondo questionario (t2). Dall’altro lato, nel gruppo di
controllo, una significativa (p=0.06) riduzione di disabilità durante il lavoro è stata accertata. Allo
stesso modo, non vi è stato alcun cambiamento significativo nei giorni di invalidità (2.25 – 1.42).
Analogamente, non è stata trovata alcuna alterazione dei soggetti che dichiararono un
condizionamento dell’emicrania sull’attività professionale (t1= 19; t2= 19).
L’intensità del dolore nel gruppo di intervento è diminuita significativamente da t1 a t2 e da 66.7 a
53.8 su una scala da 0 a 100 (MIDAS B). È significativo anche il risultato del dolore che è passato da
70.8 a 51.5, ma comunque non è stata riscontrata nessuna riduzione significativa in nessuna delle
scale dell’intensità del dolore.
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
ISTITUTO DI OSTEOPATIA
Risultati per Health-Related Quality of Life Outcomes (SF-36 Scores Poled Positively su una scala
da 0 a 100) da t1 a t2, comparata con il campione rappresentativo del sondaggio sanitario nazionale
tedesco:
È stato dimostrato nel gruppo OMT un significativo aumento in termini di vitalità, benessere mentale
e dolore corporeo. C’è stato anche un miglioramento riguardo il ruolo sociale, emozionale, generale
benessere e funzionamento fisico, ma non statisticamente rilevante. Il dato per il gruppo di controllo
mostrava non significanti miglioramenti, e occasionalmente peggioramenti. Nelle funzioni
emozionali un deterioramento significativo fu osservato nel gruppo di controllo.
I risultati di SF-36 in t1 comparati al campione rappresentativo tedesco per il gruppo di intervento
mostrava significative deviazioni (p <0,05) solo nel dolore corporeo e funzionamento sociale. Per i
controlli, trovammo deviazioni statistiche significative in cinque degli otto punti della SF-36: vitalità,
dolore corporeo, percezioni di benessere generale, funzionamento fisico e sociale.
Nello studio numero 4, i partecipanti hanno ricevuto una spiegazione scritta riguardante l’obiettivo e
lo scopo dello studio. In seguito hanno dato il loro consenso per l’uso di dati sensibili ai fini di
sperimentazione clinica. Lo studio include un mese di periodo base, un mese di periodo di trattamento
e un ricontrollo a tre mesi. Alla fine del periodo base, i pazienti del gruppo studio hanno ricevuto
tecniche osteopatiche correttive, adattate ad ogni paziente; quelli del gruppo controllo invece hanno
ricevuto una valutazione del ritmo cranico (placebo). Per minimizzare le differenze percepite fra i
trattamenti, i pazienti di entrambi i gruppi per prima cosa fornivano la loro storia medica, si
sottoponevano ad una valutazione posturale, e la quantità di tempo spesa per entrambi i gruppi era
simile. Il reclutamento dei pazienti è iniziato nell’ottobre del 2009 ed è finito nell’aprile del 2010, il
ricontrollo (follow-up) degli ultimi pazienti reclutati è stato completato nell’agosto del 2010. Ai
pazienti è stato chiesto di tenere un “diario della cefalea”, che veniva usato per valutare l’efficacia
del trattamento.
Tutti i valori significativi si sono collocati al p< 0,5. I test statistici sono stati scelti seguendo la
verificazione della normale distribuzione dei campioni usando il test Komogonov Smirnor. I
cambiamenti nel tempo e la presenza di una differenza significativa tra i due gruppi è stata valutata
con due metodi di analisi di variazione con una comparazione multipla del Test di Turkey. Ogni
differenza versus la linea base per ogni paziente è stata valutata con due T-test spaiati.
C’è stato un significativo cambiamento nella frequenza della cefalea nel gruppo OMT (una riduzione
approssimativamente del 50% contro la linea base; p <0,001). Per quanto riguarda gli effetti
secondari, i medicinali da banco sono stati ridotti solamente nel gruppo OMT, comparati con la media
del periodo base (risultati approssimativamente del 45% contro il periodo di prova dopo 3 mesi del
follow-up; p < 0,01). Infine i punti del HDI non ha mostrato un significativo miglioramento, infatti è
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
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richiesto un cambiamento del punteggio totale di 29 punti, per poter attribuire al trattamento un effetto
benefico. Il basso punteggio dell’HDI del campione nel periodo base potrebbe spiegare l’apparente
mancanza di effetti. Comunque, comparando il punteggio HDI tra i due gruppi, si evidenzia una
differenza nel tempo nel gruppo OMT (una riduzione approssimativamente del 40% contro la linea
base dopo 3 mesi di follow-up; p <0,001).
7 Conclusioni L’emicrania e la cefalea di tipo tensivo sono due patologie che sicuramente affliggono un gran
numero di persone. Secondo le statistiche epidemiologiche la cefalea di tipo tensivo ha una diffusione
che varia dal 24% al 78%, mentre l’emicrania ha una prevalenza nel sesso femminile che varia
dall’11% al 25%, mentre nei maschi dal 4% al 9,5%. Queste patologie sono di origine multifattoriale
e quindi caratterizzate da problematiche che spesso nemmeno la medicina primaria riesce ad
inquadrare. Il trattamento, anche quando coerente secondo i canoni dell’OMS, è inefficace e ricco di
potenziali effetti collaterali. Non si conoscono esattamente i meccanismi fisiopatologici e i pazienti
perdono la speranza e la fiducia nella medicina tradizionale. Negli ultimi venticinque anni, la terapia
standard dell’attacco di emicrania è basata sull’uso dei triptani, molecole il cui meccanismo d’azione
è ancora completamente da chiarire. Il primo triptani, messo in commercio nel 1992, è stato il
sumatriptan seguito da altri sei: almotriptan, eletriptan, frovatriptan, naratriptan, rizatriptan e
zolmitriptan. Al di là di qualche differenza tra le varie molecole, l’efficacia media di questi farmaci
è decisamente modesta: le statistiche documentano un sollievo dal dolore, nel giro delle due ore
successive all’assunzione, in una quota variabili tra il 49 e il 69% dei pazienti, ma la possibilità che
questi farmaci liberino completamente dal dolore, senza causare effetti avversi, riguarda solo un 10-
20% dei pazienti studiati (Asseburg, Peura, Oksanen et al. 2012). Inoltre considerata la loro azione
vasocostrittiva, con possibili effetti ipertensivi, il possibile abuso, soprattuto in corso di cefalea
ricorrente e cronica, i triptani giustificano la scarsa soddisfazione per le terapie. Da qui la ricerca di
un altro approccio alla prevenzione e alla terapia delle cefalee in generale e dell’emicrania in
particolare (Pnei Review).
Ecco perché in questo lavoro di review abbiamo voluto dare importanza anche a tutte quelle terapie
non farmacologiche che spesso vengono un po’ trascurate. Il capitolo sulle terapie non
farmacologiche è stato possibile realizzarlo grazie agli importanti spunti raccolti al congresso
nazionale sulle “terapie non farmacologiche e integrate per la cura delle cefalee” svoltosi a Firenze il
9 aprile 2016 dalla SIPNEI (Società italiana di psico - neuro - endocrino - immunologia). Un
particolare ringraziamento a questa società che ha permesso di venire a conoscenza, più nello
specifico di quanti approcci complementari e non, si possono adoperare su pazienti cefalgici. In
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DI PROPRIETA’ DI TCIO
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questo capitolo rientra sicuramente anche l’osteopatia che ha dimostrato aver una buona efficacia con
pochissime se non nulle controindicazioni.
Abbiamo analizzato quattro articoli in merito all’OMT, tre di questi hanno potere analitico in quanto
RCT, il quarto è uno studio pilota, per un successivo lavoro sperimentale altrettanto importante. I
risultati dei quattro articoli sono stati pressoché tutti concordi, con leggere differenze dovute
probabilmente agli outcome valutati e i metodi di sperimentazione utilizzati. In tutti si è riscontrato
un miglioramento dei giorni senza cefalea e una minor frequenza dell’insorgenza degli attacchi
statisticamente significativo. Nello studio 3 e 4 i pazienti hanno potuto anche ridurre i farmaci in
seguito al trattamento osteopatico e nello studio 3 ci sono stati notevoli miglioramenti per quanto
riguarda le disabilità nella vita quotidiana e al lavoro, ottenendo anche un miglioramento del
benessere psico-fisico.
Importantissimo, a nostro parere, questo ultimo aspetto proprio perché spesso una condizione cronica
di cefalgia può portare a stati depressivi altrettanto importanti, che rendono ancora più difficile la
terapia stessa. La relazione che c’è tra emicrania e disturbi dell’umore però si può considerare
bidirezionale, infatti non è raro che persone che soffrono di disturbi dell’umore soffrano, anche
successivamente, di cefalea (Minen et al 2016). Soffrire quindi di un disturbo psichiatrico espone
all’insorgenza di un disturbo cefalgico.
Questo può far capire la complessità delle patologie che abbiamo di fronte e come l’approccio
terapeutico debba essere multidisciplinare, senza trascurare tutti quei fattori che un semplice farmaco
non può sempre curare.
Bisogna quindi sicuramente perfezionare l’aspetto clinico di ogni terapeuta che si trovi a fronteggiare
una di queste patologie e bisogna, allo stesso modo, fare passi avanti nella ricerca scientifica.
Parlando infatti di osteopatia, se è vero che gli studi analizzati sono confortanti sull’efficacia della
stessa, è anche vero che sono ancora troppo pochi per poter aver una cospicua rilevanza nel mondo
scientifico. La ricerca nel mondo osteopatico è ancora poco sviluppata a differenza di altre discipline
come fisioterapia, agopuntura ed altre. Ci sono parecchi problemi in molti campi di ordine burocratico
e gestionale dei trial, ma gli autori selezionati in questa tesina ci danno la controprova che con una
buona equipe è possibile ricavare dati sensibili.
Sarebbe molto interessante paragonare l’efficacia del trattamento osteopatico rispetto a quella di un
trattamento farmacologico con triptani. Infatti come detto prima i triptani spesso hanno effetti avversi,
mentre l’osteopatia, seppur operatore-dipendente ha un livello di rischio praticamente nullo, proprio
perché lavora per ridare resilienza al paziente.
Vale la pena quindi parlare del trial che è in corso d’opera, del collega Guido Rolle et al. in
collaborazione con il responsabile Dott. Lucio Tremolizzo, ricercatore universitario del dipartimento
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di medicina e chirurgia dell’università degli Studi di Milano-Bicocca; dipartimento di Neurologia, A.
O. San gerardo. “Trattamento manipolativo osteopatico nella cefalea tensiva episodica frequente:
protocollo dello studio EBOTTH” è uno studio clinico multicentrico (che coinvolge 6 scuole di
osteopatia), in doppio cieco randomizzato contro gruppo sham per la valutazione dell’efficacia della
manipolazione osteopatica nella cefalea di tipo tensiva episodica frequente. Si andrà a valutare come
outcome primario la riduzione della frequenza media degli attacchi nel tempo e come outcomes
secondari la riduzione dell’intensità, la media degli attacchi, riduzione nel numero di farmaci assunti,
miglioramento significativo della qualità di vita (HDI; HIT-6); Goal Attainment Scale (GAS) sulle
disfunzioni osteopatiche ed effetti avversi.
Lo studio è diviso in 4 fasi: 1) screening di fase uno : reclutamento c/o ambulatori di Medicina
Generale; 2) Screening di fase due : visita neurologica 3) Valutazione da parte di un Osteopata
Valutatore (blind D.O.), randomizzazione; 4) Trattamento: quattro sedute settimanali, due rami di
studio: trattamento manipolativo osteopatico semistrutturato e trattamento manuale simulato (Sham).
Tutti i pazienti riceveranno valutazione strutturale e posturale, consulenza in merito a igiene
posturale, attività fisica, stile di vita. Follow-up a 1-2-3 mesi. Lo studio è stato approvato dal
Comitato Etico UNIMIB ed è iniziato a gennaio 2016 con probabile termine a maggio 2017.
Ci auguriamo che questo lavoro di tesi possa essere utile per future ricerche in ambito osteopatico più
complete e specifiche, che diano dati sensibili e utili al mondo clinico ma che soprattutto, possa
aiutare per via indiretta tutti quei pazienti che da anni non hanno trovato risposte confortanti dai
trattamenti ricevuti.
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Ringraziamenti
Come punto finale di questo lavoro, lasciamo i ringraziamenti che noi sei allievi, vogliamo rivolgere
con sentita riconoscenza.
Ringraziamo in primis Take Care Istituto Osteopatico, per averci non solo permesso questa
formazione, ma per avercela donata con professionalità, sacrificio, dedizione e soprattutto con
umanità e passione.
Ringraziamo quindi ogni singolo professore per la sua disponibilità e attenzione a noi data in questi
cinque anni.
Ringraziamo Mirko Zardi, nostro relatore, per averci offerto la sua esperienza in fase di rilettura e
correzione Tesi.
Lascio per ultimi i ringraziamenti alle nostre famiglie, non per dimenticanza, quanto per importanza,
nel citarle come conclusione di un lavoro per noi estremamente significativo. Le ringraziamo perché,
senza quest’ultime, non sarebbe stato possibile, sia il nostro percorso in TCIO, sia lo svolgimento e
la conclusione di questa tesi.
Le ringraziamo per l’amore, il coraggio, il supporto, il sacrificio e la speranza che hanno riposto in
noi, ogni giorno; crediamo fortemente in questi valori, e siamo altrettanto fieri di averli, oggi, a nostra
disposizione come preziosa arma di sostegno.
Daniele, Elisa A, Elisa B, Filippo, Riccardo, Roberto